Pagina 13 di 38 PrimaPrima ... 312131423 ... UltimaUltima
Risultati da 121 a 130 di 375
  1. #121
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Il Teorema di Dio
    Pubblicato da Berlicche
    Sento a volte qualcuno lamentarsi del fatto che Dio non si è rivelato chiaramente, in modo incontestabile, evidente.
    Voi sapete che c’è gente che dubita di tutto, dal fatto che siamo sbarcati sulla Luna a quello che la Terra sia tonda. Però non ho ancora sentito nessuno mettere in discussione il teorema di Pitagora.
    Poniamo che l’esistenza di Dio o la resurrezione di Cristo fossero come il teorema di Pitagora. Assolutemente evidenti, dimostrabili. Nessuna discussione.
    L’unica cosa da fare sarebbe adeguarsi.
    Nessuna lotta, nessuna fede. Nessun cammino di miglioramento. Nessun desiderio di approfondire. Nessuna decisione. Solo l’applicazione un po’ pallosa di una “regola”.
    Ilquadratocostruitosullipotenusaèugualeallasommade iquadraticostruitisuicateti.
    Fine della discussione, e della libertà.
    Non si è liberi, sul teorema di Pitagora. E’ una evidenza. Non richiede sforzi. Non dà soddisfazione.
    Si è tutti uguali, nell’applicarlo, non c’è alcun merito.
    E’ come se ci fosse una porta che conduce direttamente sulla cima del Monte Bianco. Se non devi fare nessuna fatica, non è più un luogo speciale.
    Pensate essere sposati ad un robot che ti compiace sempre. Non puoi amarlo, perché non c’è libertà nei suoi atti. E’ un oggetto.
    L’amore implica libertà. La felicità, sacrificio. Non ci sono scorciatoie.
    Per questo Dio non è un teorema.
    Il Teorema di Dio | Berlicche



    CEDRO
    Rino Cammilleri
    Ho letto su «Il Cedro» n. 3-2013 una storia che val la pena di essere raccontata. Il vecchio p. Stanislas, prete del Sacro Cuore, la narrò a un’anziana suora che la riferì alla consorella suor Mary Veronica Murphy. Un capitano della forestale, in Lussemburgo, era dal macellaio quando entrò una vecchietta. Chiese un pezzetto di carne ma non poteva pagarla, così disse che avrebbe offerto in cambio la messa a cui stava andando. I due, di fatto agnostici, risero ma stettero al gioco.
    Lei andò, tornò e, su invito dei due, scrisse su un pezzetto di carta: «Ho offerto la messa per te». Il macellaio mise il foglietto su un piatto della bilancia e, sull’altro, un pezzo di carne. Ma la carta risultava più pesante. Quello aggiunse carne, con lo stesso risultato. Controllò la bilancia, mise dell’altra carne ma, niente, il foglio pesava di più. I due uomini, impressionati, garantirono alla donna carne ogni giorno in cambio di un ricordo nella messa.
    Il capitano prese ad andare a messa tutti i giorni. Un suo figlio si fece gesuita, l’altro era padre Stanislas.
    Antidoti » Blog Archive CEDRO » Antidoti

    Francesco sfratta i Francescani (dell'Immacolata) dalla Liguria
    da Il Secolo XIX del 01.03.2014
    Imperia - I fratelli dicono che lui, il Santo Padre, «ha agito così perché lo hanno male informato». E tuttavia è stato Jorge Maria Bergoglio, il papa della tenerezza, a consentire - se non proprio intimare - uno sfratto umiliante e clamoroso. Ieri i francescani dell’Immacolata, saio turchino, hanno dovuto abbandonare le comunità di Porto Maurizio e San Bartolomeo al mare. Entro novembre dovranno sloggiare quelli di Albenga. Il seminario marchigiano di Sasso Ferrato è già stato chiuso e il suo rettore, Settimio Manelli, spedito a fare il parroco a Portovenere.
    Francesco, anche il nome scelto dal Pontefice stride con la spietatezza mostrata nei confronti dei frati devoti al Santo di Assisi, aveva deciso di commissariare l’Ordine già l’estate scorsa. Motivo, divagazioni liturgiche e dottrinali denunciate da alcuni fratelli. «Calunnie», si sono sempre difesi gli accusati.
    Da qui la «carta bianca» data dal Papa alla Congregazione dei religiosi, il ministero della Santa Sede che sovrintende ai vari Ordini. Il suo presidente, il brasiliano Joao Braz de Aviz (grande elettore di Bergoglio) ha nominato subito un commissario, Fidenzio Volpi. Il commissario ha fatto scattare le epurazioni, allontanando i priori dalle varie Case francescane e chiudendo il seminario, dove studiavano settanta giovani. «Un delitto», si dispera un anonimo epurato, «hanno tagliato le gambe a noi ma anche al futuro della Chiesa. Con la crisi di vocazioni che c’è... ».
    MiL - Messainlatino.it: Francesco sfratta i Francescani (dell'Immacolata) dalla Liguria



    Liquida Chiesa in liquido stato
    di Giorgio Mariano
    La volontà di decentrare ancor più il potere pontificio e frazionare l’autorità in una serie di poteri uguali e distinti quali le conferenze episcopali locali appare un passo decisivo verso quella collegialità tanto deprecata dai Concili e dai Padri in ogni epoca della Chiesa.
    Tanto più nell’attuale anomala condizione di un “co-papato”, non de iure ma de facto, primo ed unico caso nella storia. Le ultime immagini del primo concistoro nella storia della Chiesa presieduto da due Papi legittimamente eletti hanno allo stesso tempo toccato e scioccato. L’invenzione di un papa in carica e di un papa “emerito”, di un magistero papale attivo e di uno, per così dire, “passivo-contemplativo”, non ha convinto fra l’altro il buon Antonio Socci il quale, da diverse settimane sul suo blog sta giustamente ponendo dei seri interrogativi in merito. Non ha tutti i torti il giornalista senese quando ricorda che tale sdoppiamento dell’esercizio del ministero petrino non ha alcun fondamento né teologico né canonico. Insomma non sta né in cielo né in terra.
    Alcuni l’hanno definito come “l’ennesimo colpo al dogma del primato petrino” che tiene unito, in sostanza, tutto il “sistema-Chiesa”. Senza dubbio questa “doppia papalità” indebolisce l’importanza del Sommo Pontefice declassato, se non sul piano canonico, certamente sul piano del sensus communis, a mero primus inter pares. La sua autorità decisionale in materia di fede e di morale non sarebbe che quella di un vescovo fra gli altri.
    Esagerazioni? Leggiamo alcuni passaggi tratti dall’ultima esortazione Evangelii gaudium: "Anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l’appello ad una conversione pastorale. Il Concilio Vaticano II ha affermato che, in modo analogo alle antiche Chiese patriarcali, le conferenze episcopali possono portare un molteplice e fecondo contributo, acciocché il senso di collegialità si realizzi concretamente". La volontà, dunque, è chiaramente quella di traghettare la Chiesa Cattolica ad un organismo collegiale pluralistico di stampo federale. Tuttavia questo auspicio conciliare, osserva il Papa, "non si è pienamente realizzato, perché ancora non si è esplicitato sufficientemente uno statuto delle conferenze episcopali che le concepisca come soggetti di attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale. Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria". Ossia, non solo potere giurisdizionale alle conferenze episcopali ma anche autonomia dottrinale (come se già i vescovi non insegnassero tutto e il contrario di tutto!). Secondo l’auspicio di papa Francesco si dovrebbe, dunque, adottare una struttura ecclesiale federalista sul modello delle chiese “ortodosse” le quali sono autocefale per giurisdizione e per dottrina, organizzate appunto in “federazioni”.
    Nel viaggio di ritorno da Rio, alla richiesta sul perché in Brasile non ha parlato di aborto, Francesco ha risposto: "Non era necessario. I giovani sanno perfettamente qual è la posizione della Chiesa". A questo tipo di risposta, tuttavia, verrebbe da far notare: “Caro Papa, a suo figlio crede sia sufficiente dirgli una volta soltanto nella vita che deve fare i compiti e rimettere a posto la stanza, o non dovrà piuttosto con fatica e costanza ripeterlo fino alla nausea?”. Se questo vale in una famiglia in cui i figli sanno perfettamente come il padre la pensa, tanto più nella Chiesa attuale in cui i fedeli vivono, oggettivamente, nella più relativistica libertà d’opinione e non solo su questioni etiche ma sulle fondanti questioni della fede. Le generazioni di giovani, infatti, mutano ad una velocità crescente e non si può certamente affermare che sappiano già come la Chiesa la pensi in materia di aborto o anche di rapporti prematrimoniali dato che a seconda della parrocchia che vai, fede che trovi.
    In questo scenario di anarchia dottrinale, di contraddizione in materia di fede e di morale alimentato dal frazionamento campanilista dei c.d. “movimenti ecclesiali”, l’unica preoccupazione dell’attuale pontificato è quella di aumentare ancora di più l’autonomia dottrinale e giuridica dei vescovi e delle chiese locali? Il discioglimento dell’autorità prelude al discioglimento dei valori e, quindi, della società. Una Chiesa “liquida”, dunque, che vorrebbe realizzare le aspirazioni di una tendenza che è sempre stata presente nelle frange più eterodosse della cattolicità.
    All’epoca del santo Concilio tridentino, ad esempio, la situazione era analoga alla presente: parte dell’episcopato premeva per la collegialità, la confusione dottrinale era diffusa (certo non come oggi) e tuttavia l’unica soluzione efficace fu di sottolineare la centralità del Sommo Pontefice e il rafforzamento del Papato, non la sua dissoluzione. Solo il Papa può riportare la barca di Pietro col vento in poppa, non delegare al nostromo o ai comandanti in seconda: il timone è stato dato a Lui.
    L’abbattimento del principio di autorità con il suo indispensabile accentramento, la moltiplicazione dei punti di riferimento che diventano punti di disorientamento, corrisponde a quella che è stata già definita la “svolta federalista di Francesco”. Il relativismo dottrinale e l’antidogmatismo sono i nuovi “dogmi” della Chiesa presente. Lo stesso presidente Napolitano ha elogiato l’antidogmatismo di papa Francesco. Un brivido ci corre lungo la schiena nell’assistere ai plausi del mondo al regnante pontefice, eletto personaggio dell’anno da “The Advocate”, la più nota ed antica rivista omosessuale americana la quale ha dichiarato: "Che piaccia o no", il suo "drastico cambiamento […] potrebbe avere un effetto duraturo sulla religione". Come dargli torto? Tanto più che sulle vetrine di alcune cliniche abortiste americane è apparsa questa frase in forma di slogan: “Chi sono io per giudicare?” firmato pope Francis.
    Mistificazioni, manipolazioni, estrapolazioni, travisamenti? Inutile discutere sull’imprudenza del vescovo di Roma o sulla cattiva fede dei media. Noi ben sappiamo che “un albero si giudica dai frutti” e intanto ci risuonano assordanti le parole di Nostro Signore: “Guai a voi, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti”(Lc 6,26).
    Liquida Chiesa in liquido stato (prima parte) ~ CampariedeMaistre



    "Fermate quel vescovo conservatore"
    Marcia di protesta in Svizzera contro il vescovo di Coira: "subito la comunione ai divorziati risposati"
    Almeno duemila tra vecchi, giovani, madri e padri, divorziati e separati hanno invaso San Gallo per protestare contro il vescovo di Coira, Vitus Hounder. Armati di cartelli, striscioni e fischietti, si sono diretti in corteo verso la cattedrale, con l'obiettivo di consegnare al presidente della conferenza episcopale svizzera, Markus Buechel, una lettera di protesta contro mons. Hounder, accusato "essere un conservatore che emargina e discrimina omosessuali, divorziati risposati e concubini". Tra le richieste messe nero su bianco, quella di "nominare un amministratore da affiancare al vescovo di Coira" e l'appello al Papa perché "la si smetta con l'esclusione e la discriminazione di vive situazioni irregolari".
    Il capo dell'episcopato locale ha sottolineato come "la manifestazione dimostri che l'unità della chiesa è messa alla prova".
    "Fermate quel vescovo conservatore" - [ Il Foglio.it › La giornata ]

    Una Chiesa che può piacere al mondo, ma che non gli fa alcun bene
    By Riscossa Cristiana
    … Per quanto nella relazione di Kasper vi siano anche molti passaggi che, in sé, non pongono problema, non si può negare che ogni capoverso, ogni riga trasudino dell’idea di un innaturale dialogo tra i valori del mondo e la morale cristiana. Un cavallo di Troia penetrato nella cittadella cattolica, al tempo stesso, come fine e come mezzo.
    di Alessandro Gnocchi – Mario Palmaro
    Un ospedale da campo in cui a malati, feriti e moribondi si dice che stanno bene così come sono. Di tornare al primitivo stato di salute neanche se ne parla e dei medicamenti, specialmente se sgradevoli al palato, men che meno. A voler mettere a frutto la metafora cara a papa Francesco ed entrata nell’immaginario collettivo cattolico a furor di media e di omelie, non si può definire diversamente il senso della relazione con cui il cardinale Walter Kasper ha aperto al concistoro sulla famiglia. Non ci possono essere dubbi quando dice “Dobbiamo però essere onesti e ammettere che tra la dottrina della chiesa sul matrimonio e sulla famiglia e le convinzioni vissute di molti cristiani si è creato un abisso”: non ci sono dubbi perché tutto il suo ragionamento non è centrato sul recupero delle pecorelle fuggite dal gregge e sulle cause della fuga, ma sulla necessità di adeguarsi alla nuova situazione. Il pastore non solo deve sapere dell’odore delle sue pecore, ma soprattutto di quelle che se ne sono andate.
    Che qualcosa di nuovo stia accadendo dentro la Chiesa è sottolineato dal clamore suscitato in tutto il mondo dallo scoop del Foglio che ha pubblicato lo scritto del cardinale. Può illudersi che tutto sia tranquillo solo chi mette sul bilancino le parti conservative e rassicuranti del discorso di Kasper illudendosi che siano almeno un milligrammo in più rispetto a quelle innovative e inquietanti. Come se una sola ombra di disordine non bastasse a turbare un ordine di origine celeste.
    La notizia c’è, e non riguarda soltanto i giornali, i quali per loro natura rincorrono i bambini che mordono i cani invece dei cani che mordono i bambini. C’è anche per i fedeli di ogni ordine e grado e per ogni creatura razionale esistente sulla faccia della terra, perché la Chiesa deve, o dovrebbe, parlare a tutti gli uomini indistintamente testimoniando ovunque la stessa verità. E se i giornali fanno festa davanti al bambino che morde il cane per il semplice fatto che è accaduto qualcosa di nuovo, credenti, diversamente credenti, agnostici e atei devono capire se quel qualcosa sia buono o cattivo e non possono far festa a prescindere.
    Basta fare la conta di chi festeggia e chi no per comprendere che il cardinale Kasper, citato nel primo Angelus di papa Francesco come “un teologo in gamba, un buon teologo” per il suo libro sulla “Misericordia”, questa volta ha dato un bel morso al cane. Ciò che emerge dalla sua relazione è il disegno di una Chiesa prossima ventura completamente liquida e sempre più ignara dei sacramenti.
    Ma, al di là del merito, è prima di tutto il metodo a inquietare. Un misto di soggiacenza alle voglie del mondo e di desiderio di spalancare i battenti della cittadella all’assediante furioso. Bisogna replicare la strategia adottata durante il Vaticano II, dice pacificamente il cardinale: “Il Concilio, senza violare la tradizione dogmatica vincolante ha aperto le porte”. E’ la strategia che nasconde dietro un insignificante permanere della lettera il mutamento sostanziale della prassi. Il modernista don Ernesto Buonaiuti l’aveva teorizzata in un vero e proprio protocollo: “Fino a oggi si è voluto riformare Roma senza Roma, o magari contro Roma. Bisogna riformare Roma con Roma, fare che la riforma passi attraverso le mani di coloro che devono essere riformati. Ecco il vero e infallibile metodo; ma è difficile. Hoc opus, hic labor (…) Il culto esteriore durerà come la gerarchia, ma la Chiesa, in quanto maestra dei sacramenti e dei suoi ordini, modificherà la gerarchia e il culto secondo i tempi: essa renderà quella più semplice e liberale, e questo più spirituale; e per quella via essa diventerà un protestantesimo ortodosso, graduale, e non uno violento, aggressivo, rivoluzionario, insubordinato”.
    Non è necessario attribuire al cardinale Kasper le stesse intenzioni del modernista scomunicato Buonaiuti. Altri tempi, altre teorie, che comunque conformano a propria immagine e somiglianza la prassi. Bisogna avere il coraggio e l’onestà intellettuale di ammettere che la pastorale, questo concetto talismano che oggi serve a giustificare ogni cedimento, è sempre figlia di una dottrina. E’ vero che, in omaggio alla deriva illuminista, spesso la prassi finisce per mangiarsi una dottrina non vigile. Ma è lecito chiedersi dove nasca una pastorale devastante, se non nel grembo di una dottrina almeno in nuce problematica.
    Per quanto nella relazione di Kasper vi siano anche molti passaggi che, in sé, non pongono problema, non si può negare che ogni capoverso, ogni riga trasudino dell’idea di un innaturale dialogo tra i valori del mondo e la morale cristiana. Un cavallo di Troia penetrato nella cittadella cattolica, al tempo stesso, come fine e come mezzo. L’uno e l’altro si sono saldati nel lavoro di distruzione dei concetti di natura e di persona che avevano caratterizzato la teologia fin dai suoi albori.
    Il pensiero ormai dominante anche nella chiesa cattolica che soggiace al discorso del cardinale Kasper si trova anticipato da Enrico Chiavacci in una riga del “Dizionario enciclopedico di teologia morale” pubblicato nel 1973: “la vera natura umana è di non aver natura”. Da cui segue come corollario che la morale diviene autonoma dalla fondazione metafisica della natura umana e che l’"amore", inteso solo sul piano naturale, diventa l’unica regola del comportamento umano.
    “I nuovi moralisti, definiti da qualcuno ‘pornoteologi’” ha spiegato in proposito Roberto de Mattei “sostituivano alla oggettività della legge naturale, la ‘persona’, intesa come volontà progettante, sciolta da ogni vincolo normativo e immersa nel contesto storico-culturale, ovvero nell’‘etica della situazione’. E poiché il sesso costituisce parte integrante della persona, rivendicavano il ruolo della sessualità, definita ‘funzione primaria di crescita personale’, anche perché, a dir loro, il Concilio insegnava che solo nel rapporto dialogico con l’altro, la persona umana si realizza. Citavano a questo proposito il concetto secondo cui ‘ho bisogno dell’altro per essere me stesso’, fondato sul n. 24 della Gaudium et Spes, magna charta del progressismo postconciliare”.
    Nel 1966, la Conferenza episcopale francese produsse la “Documentation catholique” nella quale di “catholique” rimaneva solo il titolo e veniva sancita autorevolmente la fine della teologia classica. “All’indomani del Concilio” dicevano i vescovi francesi “la cristologia esige una speciale attenzione. Nell’ordine teologico, si tratta, ad esempio, della necessità di mantenere i concetti fondamentali di natura e di persona. A tale riguardo, la filosofia moderna pone nuovi problemi: l’accezione dei termini ‘natura’ e ‘persona’ per uno spirito filosofico è diversa da quella che era nel quinto secolo o nel tomismo. (…) Quali concetti della natura e della persona si debbono usare affinché possano esprimere, per i nostri contemporanei, la verità delle definizioni dogmatiche?”.
    L’esito finale di tale premessa poteva essere solo l’impossibilità di accedere alla verità delle definizioni dogmatiche che i vescovi francesi dicevano pelosamente di avere ancora a cuore. L’attacco alla teologia del V secolo e al tomismo non era casuale poiché significava distruggere la definizione di persona formulata da Boezio poi ripresa, tra gli altri, da San Tommaso. “Persona” diceva Boezio “est rationalis naturae individua substantia”, “La persona è la sostanza individuale di una natura razionale”.
    La relazione del cardinale Kasper è fatta di questa stoffa, buona per sventolare la bandiera bianca dentro la cittadella di Dio assediata.
    L’atto fondativo di tale azione, come prescritto nel protocollo Buonaiuti, è l’aggressione al sacramento, ciò che nel mondo è segno del divino, della presenza di Dio tra gli uomini: ciò che, in definitiva, è principio e garanzia di ordine terreno poiché trasmette la Grazia proveniente dall’ordine divino. Dunque, l’obiettivo è quello di penetrare nella teologia cattolica e pervertirla fin nella radice.
    I veri nodi che hanno imbrigliato la teologia cattolica e che lo hanno soffocato sono stati l’abolizione del peccato e la separazione tra fede e sacramenti. Il sacramento è, insieme, vincolo e mezzo per proteggere le creature dal peccare. Ecco qui il tema fondamentale, dimenticato e negletto: il peccato. Ecco lo scandalo, la vergogna senza la quale l’uomo è incomprensibile. Va bene il mistero pasquale, va bene la Resurrezione, va bene il trionfo della pietra rotolata. Ma non esiste alcuna garanzia che le nostre anime siano preservate dalla morte ineluttabile. Il peccato porta con sé il mistero della dannazione eterna.
    Ed ecco qui spuntare nella storia, insieme all’incarnazione, il sacramento, il mistero che è nello stesso tempo fondamentale per salvare l’uomo dalla sua condizione di peccatore. Una chiesa senza sacramenti è semplicemente impensabile, una terra di nessuno, o se va bene un ospedale da campo, dove l’uomo si salva da sé.
    La discussione in corso intorno alla riammissione delle coppie divorziate risposate è estenuante, per certi versi assurda. La vera domanda è molto più semplice: da che cosa l’uomo deve salvarsi? Ma da che cosa si deve salvare se si predica o si lascia intendere che l’inferno non esiste o, se esiste, è vuoto?
    Cristo non si è fatto crocifiggere per salvare gli uomini dalla guerra, dalla povertà, dall’invidia, dal matrimonio andato male, dalla tristezza. Lo ha fatto per salvarli dalla dannazione eterna. E i sacramenti sono il mezzo per uscire da questa terribile malattia.
    Il vecchio Catechismo di San Pio X spiegava che “I sacramenti sono segni efficaci della Grazia, istituiti da Gesù Cristo per santificarci”. E poi che “sono efficaci della Grazia perché, con le loro parti che sono sensibili, significano o indicano quella Grazia invisibile che conferiscono; e ne sono segni efficaci perché significando la Grazia realmente la conferiscono”.
    Quando portarono a Gesù un sordomuto supplicandolo perché gli imponesse le mani, Lui gli mise le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua, poi, levando gli occhi al cielo, sospirò e disse “Effatà” e l’uomo guarì. Gesù, che era Dio, avrebbe potuto ridare l’udito e la parola al sordomuto col semplice comando della sua volontà. Ma il contatto delle dita e della saliva significavano e conferivano realmente la grazia della guarigione. Era l’immagine del sacramento, dell’irrompere della Grazia nella vita dell’uomo trasformando in rito le azioni e la materia quotidiana. La Chiesa non potrà mai privarsene, pena la sua fine.
    In un mondo privato dell’ancoraggio insieme carnale e spirituale dei sacramenti, il peccato non può più essere vinto perché non viene più riconosciuto e combattuto per quello che è.
    Come diceva Gilbert Keith Chesterton, una chiesa siffatta può piacere al mondo, ma non gli fa alcun bene: “Non abbiamo bisogno, come dicono i giornali, di una Chiesa che si muova col mondo. Abbiamo bisogno di una Chiesa che muova il mondo”.
    Una Chiesa che può piacere al mondo, ma che non gli fa alcun bene ? di Alessandro Gnocchi ? Mario Palmaro | Riscossa Cristiana



    Bergoglio plaude Kasper: teologia cattolica messa in ginocchio
    La morale scaturisce solo dalla Verità. Se si snatura e si estromette il Sacrificio di Cristo Signore (si moltiplicano i colpi di scure sul Rito Romano), la Chiesa snatura i suoi munera docendi, regendi e sanctificandi, e nulla più si tiene, perché i tralci vengono scissi dalla vera Vite. Ciò che sta accadendo non è che conseguenza delle spinte antropocentriche innescate nella teologia e nell'ecclesiologia negli anni post-conciliari.
    Oltre al Catechismo, c'è un'altra cosa che quell'asino di Kasper non ha tenuto in debita considerazione: il fatto che a creare questa galassia di matrimoni "nulli" o "in crisi" e di "divorziati risposati" è stata la pluridecennale accondiscendenza dei preti postconciliari, che hanno spessissimo benedetto "nozze" di sposi poco coscienti del significato e dei fini del sacramento del matrimonio, e dei vescovi postconciliari, che hanno massacrato i preti che "scandalizzavano" i fedeli rifiutando di unire in matrimonio i campioni della faciloneria (cioè praticamente quasi tutti gli aspiranti sposi).
    Anziché curare il male (cioè riproporre il sacramento del matrimonio per quello che è e osservare che lo scandalo conseguente dipende solo dall'aver chiuso non uno ma due occhi per mezzo secolo), i cattomodernisti vogliono curare i sintomi, brutalizzando non solo il sacramento del matrimonio ma anche quello dell'Eucarestia. Il che è naturale, visto che per loro conta più l'apparenza televisiva che la verità cattolica. Per loro conta solo il plauso dell'aver "pastoralmente" risolto un problema, poco importa averne creato uno cento volte più grosso, l'importante è raccogliere il plauso oggi.
    Un sacerdote di queste parti mi confidava: l'ultima volta che ho avuto da ridire sulle risposte al processetto matrimoniale il vescovo mi ha convocato immediatamente per farmi una reprimenda pazzesca dicendo che io non dovevo essere così "rigorista"; da allora, se proprio non ho modo di scaricare la patata bollente su un altro prete, li sposo anche se sono due emerite capre, perché non ho altra alternativa...
    Insomma, è il solito Concilio Pastorale Vaticano II che non cessa di danneggiare la Chiesa istituendo, al di sopra delle pure e semplici verità di fede, le esigenze "pastorali" del momento, dove "pastorale" significa far sembrare che tutto vada bene, madama la marchesa, come se la Chiesa fosse un'azienda fornitrice di servizi religiosi che deve trovar modo di accontentare i clienti anche quando i clienti chiedono qualcosa di contrario allo statuto.
    Il che è una vera asineria, anche se un assonnato gesuita la applaude, come mette in risalto Sandro Magister.
    Chiesa e post concilio: Bergoglio plaude Kasper: teologia cattolica messa in ginocchio



    Anche in tempi di epurazioni si scopre di non essere soli sul cammino
    di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
    By Riscossa Cristiana
    Se non ne fossimo già stati convinti fin dal principio, adesso avremmo 867 ragioni in più per ritenere integralmente cattolico l’articolo che ha portato anche Roberto de Mattei all’espulsione da Radio Maria. Sono le 867 firme in calce all’appello che abbiamo lanciato qui, su “Riscossa Cristiana”, a sottoscrivere il pezzo incriminato.
    Come qualsiasi cattolico dovrebbe sapere, ma ormai pochi sanno, la verità, con “v” minuscola e con la “V” maiuscola, non può essere sottoposta ai voti. D’altra parte, non era questo il senso dell’operazione: anche se fossero rimaste solo le nostre due firme assieme a quella di Mattei, non avremmo mutato parere. La nostra intenzione era quella di scoprire se e quanti compagni di strada stanno camminando nella nostra stessa direzione. E, più ancora, se e quanti compagni di strada sono pronti a mostrarsi in pubblico.
    Da questo punto di vista non possiamo che trarre un gran sospiro di sollievo. Questo piccolo campione di cattolicesimo residuale che galleggia sulle acque di una Chiesa in dolce balia del mondo è tutt’altro che piccolo. Ed è cattolico finanche nella sua composizione, dall’operaio all’intellettuale, fino al sacerdote e al sacerdote intellettuale.
    In queste operazioni, non è mai bello fare la cernita dei nomi. Di solito la fa chi vuole punire e soffocare la libertà dell’intelligenza: e, coi tempi che corrono, se non sta già provvedendo, provvederà. Per conto nostro vogliamo soltanto dire che certi nomi, attesi ma non scontati, ci hanno fatto davvero piacere. Anzi, ci hanno fatto davvero bene, sono stati balsamo su ferite tanto più dolorose perché inflitte da chi professa, o dovrebbe professare, la nostra stessa fede. E altrettanto balsamo è quello versato dalle tante persone che non conosciamo e hanno voluto comunque testimoniare il nostro stesso dolore per lo stato disastroso in cui si trova la nostra povera Chiesa.
    Scoprire di non essere in pochi fa bene. Grazie di vero cuore.
    Sia lodato Gesù Cristo
    Anche in tempi di epurazioni si scopre di non essere soli sul cammino ? di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro | Riscossa Cristiana


  2. #122
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Gli anglicani tolgono il “peccato” e il “Diavolo” dal Battesimo. «Ma così sembra la benedizione della Fatina buona»
    La nuova formula già in uso è appoggiata dall’arcivescovo di Canterbury. Ma molti vescovi protestano: «Così il Battesimo non ha più senso. La chiesa banalizza i suoi stessi insegnamenti»
    Leone Grotti
    Niente più “peccato”, niente più “Diavolo”. La Chiesa anglicana aggiorna la liturgia per quanto riguarda il rito del Battesimo e non chiederà più a genitori e padrini di «rifiutare il peccato» e «rinunciare al Diavolo». Secondo l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby (nella foto, ndr) la nuova formula, per ora facoltativa, sarà più facilmente «comprensibile» da tutti e al passo con i tempi.
    NIENTE “SOTTOMISSIONE”. La nuova dicitura viene già usata in oltre mille parrocchie in Inghilterra. Così, invece che pentirsi e rinunciare al peccato e al Diavolo, i parenti dovranno «rinunciare al male, a tutte le sue forme e a tutte le sue false promesse». Secondo il nuovo testo, a genitori, padrini e madrine non verrà più chiesto di «sottomettersi a Cristo come Dio» perché «l’idea di sottomissione» oggi è «problematica», soprattutto per le donne.
    SEMBRA LA «FATINA BUONA». Dure critiche sono arrivate dal vescovo anglicano di Rochester Michael Nazir-Ali, secondo cui si sta cercando di «ridurre il cristianesimo a citazioni facilmente digeribili». Un altro importante membro del Sinodo Generale, che ha preferito rimanere anonimo, ha affermato al Daily Mail: «Questa sembra più una benedizione da parte della Fatina buona che un rito della Chiesa. Il problema è che gran parte della Chiesa anglicana non crede più nell’inferno, nel peccato e nel pentimento. Pensano che sia sufficiente unire le mani e sorridere per andare in Paradiso. Ma questo non è quello che pensava Gesù».
    BATTESIMO BANALIZZATO. «Se si esclude il peccato originale e il pentimento, non resta quasi niente – continua – La nuova formula distrugge il significato del Battesimo e colpisce al cuore l’intera idea della necessità del Battesimo». Nazir-Ali aggiunge: «La Chiesa banalizza i suoi stessi insegnamenti, tanto è ansiosa di far sentire tutti a casa e di non offendere nessuno». Così il vero senso del Battesimo, insiste il vescovo, «è stato rimpiazzato da un “benvenuto” che non ha nessun fondamento nelle promesse che Dio ha fatto o nella fede dei genitori e della Chiesa».
    Battesimo: anglicani eliminano "peccato" e "diavolo" | Tempi.it

    Le sentenze e le condanne di "Radio Maria"
    La Misericordia bergogliana di Padre Livio
    di Marco Bongi
    "In questi ultimi tempi ho dovuto fare un bel 'repulisti' fra i conduttori di Radio Maria... A qualcuno ho dovuto farlo scendere dalla cattedra e metterlo su un semplice seggiolino... Perchè deve essere ben chiaro: o si mangia questa minestra o si salta dalla finestra..."
    Sono circa le ore 9 di giovedì 13 marzo 2014. Non sono trascorse neppure ventiquattro ore dai funerali del prof. Mario Palmaro. Con queste parole, piene di misericordia, p. Livio Fanzaga commenta la stampa del giorno ed, in particolare, il primo anniversario dell'elezione di Papa Francesco.
    Ed il discorso procede quindi, secondo una logica nota soltanto a lui, sull'inutilità pastorale delle condanne, sulla necessità di presentare la bellezza della vita cristiana senza mostrarsi inclini a tranciare giudizi, sull'importanza della riflessione pastorale che i Vescovi stanno compiendo in materia di famiglia.
    Il contrasto fra le due parti del discorso, già comunque evidente in ogni circostanza del nuovo corso, oggi mi pare però particolarmente stridente. Un pugno nello stomaco mi impedisce di essere sereno per il resto della giornata. Penso al luminoso esempio di Mario Palmaro, alla sua splendida figura di cristiano coraggioso, alla sua perseveranza fedele fino alla fine dell'esistenza terrena.
    Penso ad alcune espressioni della sua ultima lettera al direttore de La Nuova Bussola, a quando dichiarò di non essere riuscito a chiudere occhio in una delle sue ultime notti di vita, alla domanda in cui si chiedeva perchè i cattolici non siano capaci di urlare dai tetti il loro sdegno per la deriva dottrinale dei pastori contemporanei.
    Penso..., penso... e mi viene quasi da piangere.
    Ma ecco che la voce "bonaria" di p. Livio continua la sua requisitoria. Si passa al commento di un recente libro scritto dal primo Vescovo argentino dell'era Bergoglio:
    "Già a Buenos Aires il card. Bergoglio non godeva delle simpatie di ambienti tradizionalisti. E' così è anche oggi in Italia, cari amici... Sono i rigoristi, gli eticisti, i tradizionalisti, insomma i cristiani ideologici... Non bisogna stupirsene. Andiamo avanti tranquilli seguendo i nostri Pastori..."
    Condanne, giudizi, sentenze... No, ma che dite... Il divieto per tali atteggiamenti vale solo per i nemici di Dio, mica per i buoni cristiani! Per loro la Misericordia è: o mangi questa minestra, o salti dalla finestra!
    MiL - Messainlatino.it: Le sentenze e le condanne di "Radio Maria"



    Quei cattolici di destra che la Chiesa ripudia
    Arriva in libreria "Questo papa piace troppo" di Gnocchi e Palmaro. Una lettura critica del pontificato di Bergoglio che farà discutere
    Rino Cammilleri -
    Giuliano Ferrara, nella prefazione, ricorda un'intervista in cui Giuseppe Alberigo, caposcuola del «cattolicesimo democratico» (cioè, progressista e orientato a sinistra), rivelò di aver pregato perché Pio XII, papa «reazionario», morisse. Alberto Melloni, firma del Corsera e attuale leader della cosiddetta «scuola di Bologna», vide un filo diretto tra la lotta antimodernista di san Pio X e la nascita dei totalitarismi. Quando Romano Prodi -stessa scuola- mandò a quel paese i vertici della Chiesa perché lui era un «cattolico adulto» nessuno, tra quei vertici, osò fiatare. Enrico Letta -stessa scuola- ricevette una cordiale telefonata di commiato dal papa, mentre la governativa Unar provava a indottrinare studenti e giornalisti sulle tematiche Lgbt.
    L'impressione, insomma, è che la Chiesa sia attentissima alle «istanze» provenienti da sinistra, siano cattocomunisti, gay, atei militanti, preti alla don Gallo e trans alla Luxuria. Per le quali istanze, profonde sondaggi, sinodi, cattedre dedicate, dialoghi e «misericordia» a gogò. Se invece qualche cattolico si azzarda a esprimere il suo disagio perché non ci capisce più niente, dalla «misericordia» si passa all'Inquisizione.
    Benedetto XVI aveva liberalizzato, per esempio, la messa tridentina. Ma solo un pugno risicato di vescovi la permette, e con cerimonie di nicchia pure guardate a vista. I pochi intellettuali cattolici che hanno osato prendere la penna e dire la loro su questo flagrante doppiopesismo hanno visto chiudersi tutte le porte clericali.
    L'unico a offrire loro ospitalità è stato Il Foglio, quotidiano laico, dove i Palmaro e i De Mattei hanno potuto far sapere che in casa cattolica non esiste solo la sinistra. Certo, il cattolicesimo conservatore non ha cattedre prestigiose né esprime presidenti del consiglio. Gesù però aveva un diverso stile: tenerezza fino alla commozione con gli inermi e durezza fino all'insulto coi potenti. Beh, Giuliano Ferrara nulla deve al mondo clericale e nemmeno allo stesso cattolicesimo, perciò può dire quel gli pare e farlo dire a chi gli pare. Da qui la sua partecipazione al libro di due paria come Mario Palmaro e Alessandro Gnocchi, Questo papa piace troppo. Un'appassionata lettura critica (Piemme, pagg. 220, euro 15,90).
    «Senza questa parola di contraddizione papa Francesco risulterebbe il beatissimo cocco di quel mondo che si vuole assolto nei peccati e nei vizietti mondani dalla sua strategia della carità». Infatti, è qui il punto: un papa così osannato dai media rischia di fare la fine di Pio IX (al quale Ferrara dedica un capitoletto), la cui iniziale «strategia della carità» era portata in palmo di mano dalla «sinistra» di allora e dai media. Col solo scopo di indurlo a talmente diluire il cattolicesimo da ridurlo all'insignificanza. Quando Pio IX osò ricordare la dottrina di sempre, gli osanna si tramutarono in crucifige. Ma fu un laico come Giovanni Spadolini a ricordare che l'ingresso dei cattolici nella vita pubblica nazionale fu dovuto agli «intransigenti», mentre i «cattolici liberali» (ieri come oggi) non erano che liberali che andavano a messa.
    Tutti i capitoli in cui il trio Gnocchi-Palmaro-Ferrara esprime critiche e messe in guardia (argomentate e garbatamente ironiche) riassumono questa posizione: sappi, caro papa, che le campane sono due, e chi vuol fartene sentire solo una non ti fa un piacere. Un esempio di miopia indotta da frastuono unidirezionale? L'atteso sinodo dei vescovi in cui si discuterà dei divorziati risposati, sinodo preceduto da sondaggi diocesani a cui ha risposto, ovviamente, la solita campana. Un'indagine condotta dal sociologo Massimo Introvigne per la Nuova Bussola Quotidiana ha rivelato che in Italia quasi l'80% dei parroci non conosce un solo caso di divorziati risposati che attendano la sentenza del sinodo. Infatti, sono in tanti a fare regolarmente la comunione. La confessione? Seeh! E figurarsi cosa accade all'estero. Ciò significa una cosa sola: nelle omelie si parla di tutto, tranne che della dottrina.
    Però, lamentano Gnocchi&Palmaro, «chi critica errori dottrinali, confusioni, silenzi sui grandi temi della teologia e della morale viene marchiato come un derelitto senza fede, un fariseo che non prega, un ipocrita che non crede in Cristo e lo usa per alimentare un'ideologia. È la “nuova Chiesa della misericordia”, bellezza. È la Chiesa che proclama di accogliere tutti e di non volere giudicare nessuno, ma che si mostra senza pietà per i suoi figli innamorati e insieme perplessi».
    Quei cattolici di destra che la Chiesa ripudia - IlGiornale.it

    Liquida Chiesa in liquido stato (seconda parte)
    di Giorgio Mariano
    «Io nel marzo scorso non avevo alcun progetto di cambiamento della Chiesa. Non mi aspettavo questo trasferimento di diocesi, diciamo così». Così il papa nell’ultima intervista rilasciata al Corriere della sera. Francesco ribadisce ancora di non ritenersi “papa” ma un vescovo come gli altri. Per lui l’elezione al soglio pontificio sarebbe un semplice “trasferimento di diocesi”. Alla domanda stringente sulla posizione della Chiesa in merito ai casi di malati in stato vegetativo ha dichiarato: «Io non sono uno specialista negli argomenti bioetici. E temo che ogni mia frase possa essere equivocata».
    Come non rimanere disorientati quantomeno spiazzati dinanzi ad una tale dichiarazione? Non è forse lui il garante della fede e della morale? Il mondo (in particolare quello cattolico) non guarda forse a lui per sapere cosa sia giusto specialmente nelle cogenti questioni bioetiche ed antropologiche? Se il papa non si documenta e non è preparato, chi dovrebbe dare una parola chiara che sia di riferimento per i cattolici? Almeno Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno dimostrato preoccupazione e dato importanza alla gravità delle sfide poste in ambito etico e bioetico: e Francesco? Afferma Pio XI: «Insisti a tempo opportuno e anche non opportuno; riprendi, esorta, sgrida, con grande pazienza e dottrina" (II Tim. IV, 2): insistenza richiesta dai tempi nostri, nei quali purtroppo si deplora una sì grande mancanza di chiari e sani principi anche circa i problemi più fondamentali». E prosegue: «Dio stesso ha fatto la Chiesa partecipe del divino magistero e, per beneficio divino, immune da errore; ond'è degli uomini maestra suprema e sicurissima, e le è insito l'inviolabile diritto a libertà di magistero».
    Oggi invece si evita di condannare il peccato per il timore che additando il male si condanni anche il peccatore. Ma questa è pusillanimità non misericordia. Non si può scambiare il buonismo per carità. Una Chiesa che non vuole correggere, che si rifiuta di correggere è una chiesa che si rifiuta di educare.
    Ciò la pone in linea perfetta con la pedagogia, o meglio, l’anti-pedagogia che ha contraddistinto le istituzioni dal '68 ad oggi. “Vietato vietare” è uno degli slogan più conosciuti di quello sventurato decennio dal quale si è snodato lo sfaldamento dei tessuti umani primari (matrimonio, paternità, maternità, famiglia). Dal Concilio Ecumenico Vaticano II, la gerarchia ecclesiastica ha progressivamente rinunciato al suo mandato di guida spirituale e morale delle genti abbassandosi al livello di un dialogo egualitario che la pone sul piano di una qualunque organizzazione umanitarista. Si è scelto di non condannare più gli errori del secolo ma si cerca affannosamente la “comunione”, a costo di sacrificare la Verità sull’altare del politically correct. Avete udito che fu detto (fino a quel fatidico 1965) che per la Chiesa la salus animarum prima et suprema lex, ma ora la “nuova legge” che regola gli interventi della gerarchia è il “dialogo”, sia esso ecumenico, interreligioso o con il mondo laicista ed ateo. La parola d’ordine è “comunione”, fine a se stessa, tutta umana e completamente priva di qualsiasi tensione alla Verità che ci sovrasta.
    E’ certo, però, che l’uomo ha un bisogno intrinseco ed essenziale di essere “educato”, di essere in qualche modo plasmato. L’uomo ha un disperato bisogno che gli sia indicato il bene da seguire e il male da evitare per realizzare pienamente la propria umanità. Quale organismo più della Chiesa può rivendicare tale mandato educativo? Chi più della Chiesa fondata da Cristo può indicare cosa è bene per l’uomo? Ma se la Chiesa non educa, se la Chiesa non corregge, se la Chiesa non punisce, come farebbe un buon padre di famiglia nell’assistere alle trasgressioni del figlio adolescente, a cosa serve? L’uomo non ha bisogno di compassione fine a se stessa o, peggio ancora, di pietismo, bensì che gli sia indicata la strada da seguire per non sbagliare più.
    Nostro Signore alla peccatrice ha detto certamente “nessuno ti ha condannata” ma ha anche aggiunto “va e non peccare più”. La correzione è la via per l’emendazione. L’autorità, pertanto, non si condivide “democraticamente”, ma deve essere chiaro che essa si riceve come un onere, ossia per servire. Ciò significa che per esercitarla bisogna essere fedeli al deposito della Fede e custodirla con estrema venerazione e sacro timore perché l’altro nome di autorità è “sacrificio”. La tentazione della baumaniana “liquidità”, dunque, sta progressivamente intaccando anche il tessuto ecclesiale. Un movimento che finora abbiamo visto salire dal basso clero, ed ora apertamente promosso dalle “alte sfere” vaticane.
    Per quanto riguarda, poi, la libertà di coscienza, non serve essere cattolici per capire che essa è il preludio all’anomia e al regno del caos. Papa Francesco ha dichiarato: “La questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza”. Dostoevskij, invece, gli risponderebbe: “Non dire mai a qualcuno di seguire la propria coscienza senza dirgli anche subito che deve preoccuparsi di formarsi una coscienza secondo verità. Altrimenti gli avrai insegnato la strada più facile per rovinarsi”(dal “Diario” di F. Dostoevskij).
    Liquida Chiesa in liquido stato (seconda parte) ~ CampariedeMaistre

    Santità, con tutto il dovuto rispetto, non Le sembra di esagerare?
    di Giovanni Servodio
    Non affannatevi dunque dicendo:
    Che cosa mangeremo?
    Che cosa berremo?
    Che cosa indosseremo?
    Di tutte queste cose si preoccupano i pagani;
    il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.
    Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia,
    e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
    Non affannatevi dunque per il domani,
    perché il domani avrà già le sue inquietudini.
    A ciascun giorno basta la sua pena.
    (Mt. 6, 31-34)
    Giovedì 6 marzo 2014, nell’aula Paolo VI, Papa Francesco ha incontrato i parroci di Roma, ai quali ha tenuto un discorso incentrato sulla misericordia. È comprensibile, quindi, che la “misericordia” la si trovi citata 27 volte; ciò che è incomprensibile è che non si trovi citata nemmeno una volta la “salvezza”.
    Il Papa ha introdotto il suo discorso richiamando la peregrinazione di Gesù:
    “Qual è il posto dove Gesù era più spesso, dove lo si poteva trovare con più facilità? Sulle strade. Poteva sembrare che fosse un senzatetto, perché era sempre sulla strada. La vita di Gesù era nella strada”. E Gesù, sulla strada, “vede le persone ‘stanche e sfinite, come pecore senza pastore’ … Un po’ come tante persone che voi incontrate oggi per le strade dei vostri quartieri”. […] “I preti si commuovono davanti alle pecore, come Gesù, quando vedeva la gente stanca e sfinita come pecore senza pastore. Gesù ha le “viscere” di Dio, Isaia ne parla tanto: è pieno di tenerezza verso la gente, specialmente verso le persone escluse, cioè verso i peccatori, verso i malati di cui nessuno si prende cura” […] “Il prete è chiamato a imparare questo, ad avere un cuore che si commuove. I preti - mi permetto la parola – ‘asettici’ quelli ‘di laboratorio’, tutto pulito, tutto bello, non aiutano la Chiesa. La Chiesa oggi possiamo pensarla come un ‘ospedale da campo’. Questo scusatemi lo ripeto, perché lo vedo così, lo sento così: un ‘ospedale da campo’. C’è bisogno di curare le ferite, tante ferite! Tante ferite! C’è tanta gente ferita, dai problemi materiali, dagli scandali, anche nella Chiesa... Gente ferita dalle illusioni del mondo…”
    Su questa chiave, il Papa svolge tutto il suo discorso ed esorta i preti ad usare misericordia e compassione. Ora, non v’è alcun dubbio che nei Vangeli si parli della compassione di Gesù, ma è altrettanto indubbio che questa compassione è per le miserie interiori degli uomini, non per le miserie esteriori, che sono solo il simbolo delle prime. Gesù non guarisce i corpi per se stessi, ma in vista della guarigione delle anime: “Va’ e non peccare più” è il monito che Egli rivolge al miracolato.
    Nello stesso capitolo 9 di San Matteo, prima dell’osservazione sulla compassione di Gesù (v. 36), è detto: “Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità” (v. 35). Il versetto citato prima, 36, segue semplicemente questo versetto 35, e dev’essere letto di seguito e in dipendenza di esso, così che si capisce che la prima e primaria azione di Gesù è “predicare il vangelo del regno”, mentre “curando ogni malattia e infermità” è l’azione di accompagno subordinata alla prima, perché la cura e la guarigione dei corpi è simbolo tangibile della cura e della guarigione delle anime.
    E questo è sottolineato dal successivo versetto 37: “Allora disse ai suoi discepoli: La messe è molta, ma gli operai sono pochi!”. Con evidente riferimento alla necessità che ci siano tanti “pastori” per le pecore da guarire e da riportare a Dio (v. 36); e per questo Gesù esorta i discepoli: “Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!”.
    E il padrone della messe è Dio, e la messe sono gli uomini che devono convertirsi, e gli operai sono i preti che devono aiutare gli uomini a convertirsi e a santificarsi per tornare ad essere graditi a Dio.
    Niente “ospedali da campo”, né stuoli di infermieri e di medici che curino “le ferite, tante ferite”, né buoni samaritani che si chinino su “tanta gente ferita, dai problemi materiali, dagli scandali, anche nella Chiesa... Gente ferita dalle illusioni del mondo”, e men che meno azioni pratiche che scaturiscano da un moto interiore sgorgante dalle viscere. Elemento quest’ultimo che fa capire come ci si trovi al cospetto di un grande equivoco: lo scambio del cuore con le viscere, dell’intimo con il viscerale, della misericordia – la pietà del cuore – con la concupiscenza – l’esigenza delle viscere -.
    Niente di tutto questo nei Vangeli, contrariamente a quanto vorrebbe far credere Papa Francesco. La logica del ragionamento che regge questo discorso di Papa Francesco è una logica intrinsecamente materiale ed estrinsecamente superficiale e fin troppo umana, e questo spiega perché in tutto il discorso, centrato sulla misericordia, il Papa non cita nemmeno una volta la “salvezza”.
    Come si evince dalle sue parole, nella sua mente la misericordia non è propedeutica alla conversione e quindi alla salvezza, ma è fine a se stessa, ed è soprattutto finalizzata al benessere materiale e psicologico dell’uomo.
    La salvezza delle anime non è in cima ai pensieri del Papa. Nessuno dubita che Papa Francesco abbia a cuore anche la salvezza eterna delle anime dei fedeli, ma da come parla, da come giocoforza “insegna”, da come esercita il suo ministero supremo, si è obbligati a considerare che la sua prima preoccupazione non sia la salvezza delle anime, non sia il loro allontanamento da Dio, ma è il loro benessere terreno. E c’è da chiedersi se egli non sia convinto che senza il benessere terreno, l’uomo non possa volgersi a Dio.
    Questa primaria preoccupazione di Papa Francesco, lo pone in una situazione critica rispetto alla Chiesa stessa: una sorta di mancanza di sentire con la Chiesa. Poiché, mentre la suprema legge della Chiesa è la salvezza delle anime, la suprema legge di Papa Francesco appare essere il benessere terreno degli uomini.
    Quando poi si pensi che per tutto questo il Papa prende spunto dal Vangelo, si è obbligati a considerare che Papa Francesco è come se proponesse una nuova dottrina attraverso la rilettura del Vangelo in chiave sociologica. Tale che Nostro Signore non si sarebbe incarnato per salvare le anime, ma per operare le guarigioni raccontate dai Vangeli. Una rilettura dei Vangeli che trascura l’essenziale per concentrarsi sull'appariscente, che trascura il messaggio trascendente per concentrarsi sul racconto transeunte, che trascura l’insegnamento di Gesù per concentrarsi sull’impressione che di Gesù ha un qualsiasi lettore, che trascura la Passione per concentrarsi sulle piaghe, che trascura la Crocifissione per concentrarsi sui chiodi, che trascura la Resurrezione per concentrarsi sul sepolcro. Una rilettura, tra l’altro, che oscura nel Vangelo quegli insegnamenti basilari che disturbano i nuovi esegeti umanitarii, come il passo che abbiamo riportato in epigrafe e che da solo basta ad annullare tutto il discorso di Papa Francesco e a relegarlo tra i moderni rigurgiti del paganesimo.
    Santità, con tutto il dovuto rispetto, non Le sembra di esagerare?
    Santità, con tutto il dovuto rispetto, non Le sembra di esagerare? - di Giovanni Servodio

    MOTUS IN FINE VELOCIOR
    F.COLAFEMMINA,
    Suore che partoriscono in ospedale e “non hanno sensi di colpa”, preti che mettono nel presepe due San Giuseppe per “aprire il confronto sull’omosessualità”, monsignori arrestati per truffe milionarie che convivono da trent’anni more uxorio con altri sacerdoti (bestie!), Vescovi che vorrebbero sostituire l’eucaristia con una semplice benedizione, Cardinali che si fanno ricresimare da pastore metodiste, Papi che confidano a Papi ombra che “la famiglia tradizionale oggi non esiste quasi più”. E’ questo il quadro tragicomico di inizio 2014. C’è da sospettare che il delirio non finirà qui.
    E’ l’incedere rapido del caos, la stabilità dell’instabilità, la crisi permanente. Teoria dei giochi, strategie della flessibilità, rinnovamento perpetuo e casuale sono le chiavi di volta del sistema economico-sociale contemporaneo. Un sistema fondato sulle leggi del potere che lo domina, essenzialmente il potere finanziario. Caos e contraddizione, instabilità permanente e alimentazione della crisi (di qualsiasi crisi) sono i “valori” della finanza internazionale. E ad essi oggi si conforma tutto il sistema, anche – ahimè – la Chiesa Cattolica. E dunque ecco andare a braccetto il Vaticano pauperista di Papa Francesco con le società di consulenza internazionale dalle parcelle salatissime (McKinsey, Erns & Young, Kpmg, etc.). La Ford Focus con tariffe da migliaia di euro all’ora…
    Ma c’è un’ulteriore chiave interpretativa di questa realtà. Il caos come dionisiaco, il caos come delirio demoniaco, attrazione di forze ctonie, espressione di Ecate o Kali, o più semplicemente dell’ambivalente danza di Shiva, il distruttore. Noi cattolici identifichiamo questo scatenamento disordinato di forze oppositive con l’azione corruttrice del Nemico. Altro che “fumo di Satana entrato nel tempio di Dio”, oggi sembra quasi di vederne zampillare le fiamme.
    E tutto questo accade mentre la “ggente” è sempre più innamorata del Papa che – possiamo dirlo in maniera chiara e senza paure? – ha finalmente rimosso il katechon (concetto spirituale o politico che sia). Non occorre né innalzare lamenti, né farsi prendere dallo sconforto, occorre pregare in questo momento per i consacrati. Sono loro le prime vittime di questa orgia di caos demoniaco. E’ per loro che dobbiamo pregare, perché non arretrino davanti ai tanti lupi scatenati e pronti a dilaniare la loro fedeltà a Cristo.
    MOTUS IN FINE VELOCIOR | Fides et Forma

    MOSCHE
    Rino Cammilleri
    Sono più coerenti i cristiani che si fanno buddisti o induisti o musulmani di quelli che insistono affinché la dottrina cattolica venga modificata secondo i loro gusti. Divorziati risposati, preti che si vogliono sposare, omosessuali praticanti, donne che vogliono fare i preti e via elencando (cioè, pillola, aborto, eutanasia, inseminazione artificiale, uteri in affitto…): tutti costoro, se avanzassero tali pretese con qualunque altra religione, sarebbero cacciati a pedate. Così, seguitano a ronzare come mosche attorno al miele assediando la Chiesa, che non ha il coraggio di dir loro di andare a ronzare altrove. Si comportano come uno che, iscrittosi al club del bridge, comincia a far storie perché a lui piace lo scopone.
    Quando molti discepoli abbandonarono Gesù perché il suo «linguaggio» era «duro», Cristo non fece una piega e, anzi, chiese agli Apostoli se per caso non volessero andarsene anche loro. Certo, non gli fece piacere, ma dovendo scegliere tra la sua dottrina e i molti seguaci non ebbe dubbi.
    Non è obbligatorio essere cattolici e, se la dottrina ti sembra troppo gravosa, puoi sempre andartene. O non venirci nemmeno. Il fatto è che, sotto sotto, vuoi la botte piena e la moglie ubriaca, vuoi fare quel che ti pare in questa vita e avere pure il passaporto per la beatitudine eterna. Ma, anche se un Chiesa intimidita te lo desse, il passaporto, credi davvero che il Padreterno (padrone anche della Chiesa) ti farebbe entrare? Leggi il Vangelo, scoprirai che rimedierai solo mazzate, tu e quelli che ti hanno dato il passaporto.
    Antidoti » Blog Archive MOSCHE » Antidoti



  3. #123
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Linguaggio virile e battagliero
    Tempo fa ho sorriso quando ho letto l'accusa di un signore anonimo, il quale sosteneva che il mio modo di esprimermi è simile a quello usato dai cinegiornali dell'Istituto Luce del “Ventennio”. Evidentemente costui non ha mai letto i testi dei discorsi di Pio XII (anche lui usava un linguaggio virile e battagliero), penso ad esempio al magistrale discorso “Una gioia”, con cui il 30 dicembre del 1953 benedisse la santa Crociata della purezza indetta dalla gioventù femminile di Azione Cattolica. L'eroico Pontefice, col suo linguaggio tutt'altro che “politicamente corretto”, espresse il suo pensiero sulle storiche Crociate in Terra Santa con queste energiche parole: “Il degno e felice nome di Crociata, da voi scelto e imposto alla bella e grande vostra campagna, mentre s’ingemma della Croce, faro di salvezza al mondo, risveglia i gloriosi ricordi storici delle Crociate dei popoli cristiani, sante spedizioni e battaglie fatte e combattute insieme, sotto i sacri labari, per la conquista dei Luoghi Santi e per la difesa delle regioni cattoliche dalle invasioni e minacce degli infedeli.”
    L'8 settembre 1953, così si rivolse agli assistenti ecclesiastici diocesani della Gioventù Italiana di Azione Cattolica. “In questi tempi di tanta trepidazione e così risolutivi per la salvezza degl'individui, per l'ordine nelle nazioni e per la pace fra i popoli, la Chiesa ha chiamato e continua a chiamare a raccolta tutti gli uomini di buon volere, affinchè si considerino come mobilitati per la lotta contro un mondo così disumano, perchè così anticristiano. Noi stessi andiamo ripetendo che, crollate alcune vecchie strutture, occorre intraprendere l'opera della ricostruzione di un mondo in molti aspetti diverso e migliore. Ora Noi guardiamo la Gioventù cattolica come una delle più belle forze, sulle quali si può fare sicuro assegnamento. Oltre 200.000 Iuniores e 300.000 Aspiranti sono certo preziose reclute di un grande, promettente esercito: splendida primavera di giovinezze da poco sbocciate o che stanno per aprirsi alla vita. Ci pare quasi di vedere qui raccolte tutte le anime di questi carissimi figli, pupilla degli occhi Nostri. Voi infatti li portate, in modo misterioso ma vero, nel vostro cuore sacerdotale, e in questo momento state come presentandoli a Noi per invocare su di essi la benedizione di Dio. Dite loro che il Papa li ama di tenerissimo amore e conta su ciascuno di loro. Dite che abbiamo bisogno di giovani eroi, disposti a tutto per amore di Cristo e della sua Chiesa. Noi siamo certi che basterà un Nostro « cenno », una Nostra « voce », perché l'Altare abbia il suo esercito, pacifico ma ardito, pronto alla difesa, alla conquista, alla positiva costruzione.”
    Pochi giorni dopo, nell'Allocuzione del 19 settembre, si espresse con queste parole: “Noi abbiamo raccomandato di preparare alla Chiesa un esercito di giovani eroi, pronti a qualsiasi ardimento. Volete anche voi essere coraggiose avanguardie di questo esercito? Volete corrispondere pienamente a ciò che la Chiesa aspetta dalla sua gioventù studiosa? Dopo il felice successo nel Concorso «Veritas», vi attende un'altra vittoria: quella sopra un mondo senza Cristo, senza Dio. Ma non si combatte e non si vince una tale battaglia spirituale, se non con una fede viva, integra, coerente. Haec est victoria, quae vincit mundum, fides nostra.”
    Potrei citare anche altri discorsi, tra cui l'entusiasmante radiomessaggio “Con inmenso gozo”, del 16 aprile 1939, con cui si rallegrò della vittoria delle eroiche truppe della coalizione anticomunista che era riuscita a sconfiggere le milizie “rosse”, liberando così la Spagna dalla feroce, sanguinaria e anticristiana tirannide anarco-marxista.
    Quel signore anonimo probabilmente non ha mai letto le parole della Canzone “Bianco Padre”, l'inno della Gioventù Italiana di Azione Cattolica, che contiene frasi del tipo “falange di Cristo Redentore”, “siamo arditi della fede”, “siamo […] un esercito all'altar”, "Balde e salde s'allineano le schiere [...] ed ogni figlio è pronto alla guerra [spirituale, n.d.r.]" (testo e musica di Mario Ruccione).
    Dunque, come dimostrato, il linguaggio virile e battagliero non è una prerogativa esclusiva dei cinegiornali dei tempi che furono, ma è un linguaggio che ha avuto piena cittadinanza anche nella Chiesa Cattolica. Insomma, io non cerco di ispirarmi ad Achille Starace o a qualche altro gerarca del Ventennio, ma a Pio XII, uno dei più grandi condottieri della Chiesa militante.
    Cordialiter, il blog sulla Tradizione Cattolica: Linguaggio virile e battagliero



    Bianco Padre che da Roma
    Qual falange di Cristo Redentore
    la gioventù Cattolica è in cammino,
    la sua forza è lo spirito divino
    origine di sempre nuovo ardore;
    ed ogni cuore affronta il suo destino
    votato al sacrificio ed all'amor.
    Bianco Padre che da Roma,
    ci sei meta luce e guida
    in ciascun di noi confida,
    su noi tutti puoi contar.
    Siamo arditi della fede,
    Siamo araldi della Croce,
    al tuo cenno alla tua voce,
    un esercito all'altar.
    Balde e salde s'allineano le schiere
    che la gran madre dal suo sen disserra,
    la più santa famiglia della terra,
    eleva in alto i cuori e le bandiere
    ed ogni figlio è pronto alla guerra,
    votato al sacrificio ed all'amor.
    Bianco Padre che da Roma,
    ci sei meta luce e guida
    in ciascun di noi confida,
    su noi tutti puoi contar.
    Siamo arditi della fede,
    Siamo araldi della Croce,
    al tuo cenno alla tua voce,
    un esercito all'altar.

    Magistero fluido e 'neolingua'. L'idioletto di Bergoglio
    Il linguaggio fluido e non più definitorio tipico della Chiesa post conciliare, sembra aver raggiunto l'apice di una parabola ingravescente per effetto del cristianesimo in pillole del papa attuale. Questo di per sé non creerebbe problemi, se poi arrivassero le dovute esplicitazioni. Ma, ormai, non facciamo altro che ascoltare i soliti mantra e ad attendere invano gli approfondimenti e i completamenti di svariati discorsi, che risultano privi di obbiettività e così ognuno può darne l'interpretazione corrispondente alla sua tendenza. Non solo, ma con l'aggravante della reiterazione della comunicazione fluida di interviste e discorsi a braccio, divenuta quasi esclusiva, che si traduce in un vero e proprio magistero liquido, portatore di confusione, con temibili esiti di sovversione.
    Riferendosi all'oratoria stringata, semplice, colloquiale, imperniata su parole od immagini di immediata presa comunicativa, Stefania Falasca, una giornalista amica da tempo di Bergoglio, definisce le formule linguistiche usate del papa col termine letterario "pastiche". Si tratta dell’accostamento di parole di diverso livello o di diverso registro con effetti espressionistici, tratto tipico della comunicazione del web e del linguaggio postmoderno: associazioni linguistiche inedite nella storia del magistero petrino.
    A di là di questa valutazione, c'è da riflettere su un particolare aspetto del linguaggio usato da Bergoglio nei suoi frequenti discorsi a braccio, cioè sul suo idioletto[1] e sui relativi effetti. Nel caso del vescovo di Roma si tratta di un idioletto che potremmo definire da borgataro bairense: un gergo peculiare[2] che fa rizzare i capelli anche ai parlanti ispanici, costituito talvolta da neologismi e da argentinismi non colti, che nessun vocabolario può tradurre. Attraente e stimolante in una conversazione brillante e "creativa", problematico dalla cattedra di Pietro. Peraltro imbastardito da un'italianizzazione approssimativa. Di fatto un linguaggio "periferico" e in più sui generis, importato nell'Urbe, non coniugabile con la sua universalità ed intraducibile anche da parte dei media che lo veicolano, altrettanto incolti sia in senso linguistico che in senso teologico ed ermeneutico. Ne troviamo riferimenti in Argentina (bergoglionismos), mentre Vatican Insider coglie l'occasione per magnificare i neologismi di Francesco.
    Il fenomeno ben si adatta al linguaggio della Chiesa post-conciliare, le cui parole ormai esprimono concetti che risultano svuotati dello spessore e significato originari.
    Ecco uno dei perché prevale la comunicazione basata sull'effetto immediato, sentimentale, che esclude la ragione e gli approfondimenti. Accattivante ma non nutriente per la moltitudine che riceve in maniera acritica e superficiale il ripetitivo martellamento amplificato dai media.
    1. Viene detto idioletto l'insieme degli usi linguistici caratteristici e propri di un singolo individuo o di un piccolo gruppo di parlanti. In altre parole la lingua individuale, cioè la particolare varietà d’uso del sistema linguistico di una comunità che è propria di ogni singolo parlante.
    2. Il cosiddetto lunfardo (slang) di Buenos Aires (Osservatore Romano)
    Chiesa e post concilio: Magistero fluido e 'neolingua'. L'idioletto di Bergoglio

    I dubbi di una cattolica “bambina”
    Che può pensare una cattolica “bambina” che si sente figlia della Chiesa Cattolica senza se e senza ma, che ha sempre tratto dalle parole dei Papi che ha conosciuto motivi di conforto e di rassicurazione della propria fede, come Cristo raccomandò a Pietro, ma ora teme di perdere l’orientamento? Il “mondo” fa di tutto per allontanarci da Cristo…
    di Carla D’Agostino Ungaretti
    La rinuncia al pontificato di Benedetto XVI, un Papa che ho amato moltissimo, è stato un trauma che sono riuscita in parte ad assorbire, accettandola come volontà di Dio e come opera dello Spirito Santo, ma l’avvento di Francesco non mi ha consolato, né ha riempito quel senso di vuoto che ora frequentemente mi assale e che non avvertivo al tempo dei due grandi Pontefici che lo hanno preceduto. Allora vorrei inserirmi anch’io nella riflessione che tanti cattolici, sicuramente più saldi e più avanti di me nel loro cammino di fede, conducono sulla figura di Papa Francesco, per cercare di capire se il disagio che provo sia dovuto alla mia semplice insipienza (come spero, perché dall’insipienza si può sempre guarire) o alla tentazione del demonio (molto più difficile da combattere). Spero perciò con tutto il cuore di essere corretta e illuminata, dove sbaglio, dai fratelli che mi faranno l’onore di leggere le mie confidenze. Del resto, “consigliare i dubbiosi” non è la prima opera di misericordia spirituale? Ed io invito fraternamente chi mi leggerà a fare un’opera del genere nei miei confronti.
    Sicuramente Papa Francesco è un uomo dotato di una notevole carica di simpatia umana, e il suo affabile sorriso lo dimostra, ma perché quando inizia le sue allocuzioni saluta con “buongiorno” o “buonasera”, come se fosse un qualunque lettore del Telegiornale, invece di dire “Sia lodato Gesù Cristo!“, che è da sempre il normale saluto del Pastore al suo gregge, che gli risponde: “Sempre sia lodato“? Mi si insinua il dubbio che forse non ritiene importante rammentare a chi lo ascolta che egli parla a nome di Cristo.
    Francesco riscuote un grande successo di folla e a livello di massa tutti si dichiarano entusiasti di lui, ma questo avveniva anche con Giovanni Paolo II (del quale si diceva addirittura che “bucasse il video”) il cui carisma non richiamava alla mia mente, come avviene ora con Francesco, gli entusiasmi popolari per i campioni sportivi o per i divi del cinema che sfilano sul “red carpet“, perché sentivo in esso il vero soffio della santità. Perché Francesco sembra sempre porre l’accento sull’essere Vescovo di Roma, prima ancora che Vicario di Cristo e quindi Capo visibile della Chiesa universale? Non alimenta in questo modo la pretesa protestante di ritenerlo soltanto un Vescovo come tutti gli altri?
    Anche altri piccoli episodi mi turbano, perché rivelano comportamenti forse un po’ troppo “popolari” o”democratici”, ai quali io non ero abituata, come telefonare direttamente ad alcuni fedeli invitandoli a dargli del tu, o farsi fotografare con il cellulare da alcune ragazze, come se fosse un membro della loro comitiva o addirittura un compagno di scuola. Cerco di pensare che, dopotutto, anche Gesù Cristo non era un formalista e non disdegnava certo la compagnia dei peccatori: anzi, si autoinvitava addirittura a casa loro, come fece con Zaccheo (Lc 19, 2). Francesco è un sudamericano, abituato – come tutti gli americani sia del Nord, che del Sud – a intrattenere con il prossimo rapporti molto meno formali di quelli cui sono abituati gli Europei. “Ma queste sono sciocchezze!” dirà qualcuno, come usare scarpe nere, invece di quelle rosse dei Papi, indossare abiti neri sotto la talare bianca lasciandone trasparire il colore e portare da sé la cartella dei documenti. Convengo che queste sono sciocchezze, ma sciocchezze - come la notizia del rinnovo del passaporto argentino del Papa – che appannano il simbolo e fanno sembrare il Papa un prete qualunque, mentre non lo è affatto.
    Francesco ha esortato a non usare paramenti troppo lussuosi nelle grandi cerimonie, ma non bisogna dimenticare che la sontuosità della liturgia e dei paramenti del cattolicesimo favorì più di una conversione, anche se non ne fu il fattore determinante. Perciò io penso che la Chiesa debba stare attenta a non erodere troppo il simbolo e condivido in pieno le perplessità espresse da Faramir su RISCOSSA CRISTIANA dello scorso 20 febbraio, domandandomi come mai queste “sciocchezze” non si siano verificate con i due precedenti Papi. Per di più, essendo carnevale, nell’udienza di mercoledì 26 febbraio erano presenti in Piazza S. Pietro molti bambini mascherati e diversi giornali hanno pubblicato una foto del Papa cui viene presentato un bambino “mascherato” da Papa.
    Ripeto per l’ennesima volta che sono una cattolica “parruccona” (oltre che “bambina”) per gridare a gran voce il mio scoraggiamento e la mia tristezza, non perché il Papa abbia benedetto bambini vestiti da Zorro, Superman o “draghetto” (cosa in sé tenerissima e commovente), ma perché ci siano genitori che possano pensare di ridurre l’abito bianco del Vicario di Cristo (anch’esso un simbolo) a una maschera carnevalesca per il loro innocente e inconsapevole bambino. Il simbolo è uno degli elementi portanti del Cristianesimo. Tutta la nostra fede si basa sul simbolo. Il primo che mi viene in mente è quello usato dai primi cristiani per riconoscersi tra loro: il “pesce”, il cui termine greco, ɩχθύς, forma l’acronimo della professione di fede ”Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore“. Altri simboli importantissimi sono il Simbolo Niceno – Costantinopolitano, il Credo che ogni domenica noi professiamo nel corso della S. Messa e il “Vincastro”, il bastone pastorale dall’estremità ricurva usato dal Vescovo nella celebrazione dei Pontificali. Il vincastro di Dio, in particolare, è citato dal Salmista come simbolo di sicurezza per l’uomo “che cammina in una valle oscura” (Sal 23, 4). Perché allora adottare o accettare comportamenti che possano sminuire l’importanza del simbolo?
    La famosa frase “Chi sono io per giudicare i gay?” ha fatto il giro del mondo, ma non nel senso che con ogni probabilità il Papa voleva attribuirle. E’ ovvio che nessuno di noi ha il diritto di ergersi a giudice degli altri esseri umani perché solo a Dio spetta il giudizio su di essi, ma il mondo si è servito abbondantemente di quella frase per pubblicizzare l’ideologia omosessualista, facendo sembrare che il Papa reputi legittimi i comportamenti gay. Il più recente esempio che mi è venuto sotto gli occhi proviene dall’attore e regista Geppy Gleijeses[1], nella sua presentazione alla stampa della commedia di Oscar Wilde “L’importanza di chiamarsi Ernesto“, in scena al Teatro Quirino di Roma. In questa divertente e spiritosa commedia, dalla quale sono stati tratti anche diversi film, il ruolo maschile del giovane Algernon è stato volutamente affidato dal regista all’attrice Marianella Bargili, da lui stesso definita androgina, nonostante che il personaggio non sia affatto effeminato e l’autore non l’abbia affatto concepito come ruolo en travesti; eppure il regista ha fatto quella scelta per dichiararsi anche lui favorevole del “gay – monio“, citando anche la famosa frase del Papa, finendo anche per avvalorare la teoria del “gender”.
    Come tutti sanno, Giuliano Ferrara – riferendosi a quello che io chiamerei il “rumoroso silenzio” della Chiesa e dei Vescovi sulle aberranti teorie che imperversano oggi nel mondo – ha rivolto al Papa la preghiera “di non subire il ricatto delle avanguardie fanatizzate del mondo secolare”, ma “di promuovere una controffensiva di preghiera, di azione pastorale, di idee”. Questa iniziativa, sottoscritta da migliaia di intellettuali sia laici che cattolici e da persone comuni, non è molto piaciuta in alto loco, soprattutto per l’uso della parola “controffensiva“, come se si volesse insegnare al Papa il suo mestiere. Ma cosa c’è di male, si domanda una cattolica “bambina” nel chiedere al Pastore universale lumi e certezze, ma soprattutto di essere confermati nella fede? Non è in atto una vera guerra, grazie a Dio non cruenta, tra forze anticristiane e coloro che vogliono rimanere attaccati a Cristo? Perché noi, sinceramente cattolici, non dovremmo confidare al Papa le nostre incertezze chiedendogli maggiore chiarezza nei suoi pronunciamenti e (perché no?) di raccomandare a tutti una maggiore aderenza dei comportamenti alla Tradizione? Non ebbe questo coraggio sovrumano S. Caterina da Siena, Patrona d’Italia e Dottore della Chiesa? Caterina era una semplice ragazza analfabeta, come quasi tutte le donne del suo tempo, ma ebbe la forza spirituale di criticare il Papato Avignonese, rammentando al Pontefice di essere “Cristo in terra” e riuscì a convincere il Papa Urbano VI a sottrarsi all’influenza laicista del Re di Francia riportando la Sede di Pietro a Roma.
    Nella famosa intervista concessa dal Papa a P. Antonio Spadaro de “LA CIVILTA’ CATTOLICA”, Francesco sembra aver captato le perplessità e i dubbi che, con il suo pontificato, sono sorti nelle menti di tanti cattolici, tra i quali la vostra amica cattolica “bambina“, ma il suo commento non li ha dissipati: “Le lamentele di oggi su come va il mondo “barbaro” finiscono a volte per far nascere dentro la Chiesa desideri di ordine intesi come pura conservazione, difesa. No: Dio va incontrato nell’oggi”. Santità, di grazia, ci spieghi che cosa significa “incontrare Dio nell’oggi“! Forse ha ragione il Card. Maradiaga che reputa la Chiesa non al passo con i tempi? Forse ha torto il Card. Burke, che ritiene i problemi bioetici l’emergenza del nostro tempo perché mettono in pericolo la stessa vita umana? Invece “i poveri (Sua principale preoccupazione, Santità) li avremo sempre con noi”, come ha detto Gesù, e occuparci di loro deve essere nostra cura, mentre mai la vita umana più debole e indifesa ha subito tanti attacchi come in questa nostra epoca. Forse la Chiesa dovrebbe adeguarsi al “mondo“, accettando divorzio, omosessualità, aborto, eutanasia? Questo è quello che il mondo propone oggi, ma non dice la lettera a Diogneto che i cristiani vivono nel mondo ma non gli appartengono? E che significa “conservazione” se non desiderio di rimanere attaccati alla Parola di Cristo, senza allontanarsene mai e senza permettere che essa venga manipolata secondo i comodi del mondo? Non è stato Gesù a dire: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno“?(Mt 24, 35).
    Che può pensare una cattolica “bambina” che si sente figlia della Chiesa Cattolica senza se e senza ma, che ha sempre tratto dalle parole dei Papi che ha conosciuto motivi di conforto e di rassicurazione della propria fede, come Cristo raccomandò a Pietro, ma ora teme di perdere l’orientamento? Il “mondo” fa di tutto per allontanarci da Cristo e il demonio usa tutte le sue seduzioni per farci credere che il bianco è nero e il nero è bianco. Che cosa rimane al piccolo gregge se non rimanere attaccato al suo Pastore?
    I dubbi di una cattolica ?bambina? ? di Carla D?Agostino Ungaretti | Riscossa Cristiana

    CERTO, CERTO… C’E’ CONTINUITA’…
    F.COLAFEMMINA
    30 Marzo 2006
    Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, l’interesse principale dei suoi interventi nella vita pubblica si centra sulla protezione e sulla promozione della dignità della persona e per questo presta particolare attenzione ai principi che non sono negoziabili. Tra questi, oggi emergono chiaramente i seguenti: - protezione della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del suo concepimento fino alla morte naturale; - riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, come unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, e la sua difesa di fronte ai tentativi di far sì che sia giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che in realtà la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo ruolo sociale insostituibile; - la protezione del diritto dei genitori ad educare i loro figli. Questi principi non sono verità di fede, anche se sono illuminati e confermati dalla fede; sono insiti nella natura umana, e pertanto sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nella loro promozione non è quindi di carattere professionale, ma si dirige a tutte le persone, indipendentemente dalla loro affiliazione religiosa. Questa azione è anzi ancor più necessaria nella misura in cui questi principi sono negati o fraintesi, perché in questo modo si compie un’offesa alla verità della persona umana, una grave ferita provocata alla giustizia stessa.

    22 Febbraio 2007
    Il culto gradito a Dio, infatti, non è mai atto meramente privato, senza conseguenze sulle nostre relazioni sociali: esso richiede la pubblica testimonianza della propria fede. Ciò vale ovviamente per tutti i battezzati, ma si impone con particolare urgenza nei confronti di coloro che, per la posizione sociale o politica che occupano, devono prendere decisioni a proposito di valori fondamentali, come il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme.Tali valori non sono negoziabili.

    12 Maggio 2008
    La vostra iniziativa presso la Commissione per le Petizioni del Parlamento Europeo, nella quale affermate i valori fondamentali del diritto alla vita fin dal concepimento, della famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e una donna, del diritto di ogni essere umano concepito a nascere e ad essere educato in una famiglia di genitori, conferma ulteriormente la solidità del vostro impegno e la piena comunione con il Magistero della Chiesa, che da sempre proclama e difende tali valori come “non negoziabili”.

    16 Giugno 2010
    Non è proprio la legge naturale questo fondamento, con i valori non negoziabili che essa indica? Il Venerabile Giovanni Paolo II scriveva nella sua Enciclica Evangelium vitae parole che rimangono di grande attualità: “Urge dunque, per l’avvenire della società e lo sviluppo di una sana democrazia, riscoprire l’esistenza di valori umani e morali essenziali e nativi, che scaturiscono dalla verità stessa dell’essere umano, ed esprimono e tutelano la dignità della persona: valori, pertanto, che nessun individuo, nessuna maggioranza e nessuno Stato potranno mai creare, modificare o distruggere, ma dovranno solo riconoscere, rispettare e promuovere”

    27 Maggio 2011
    D’altro canto, ciascun cattolico, anzi, in verità, ogni uomo, è chiamato ad agire con coscienza purificata e con cuore generoso per promuovere in maniera decisa quei valori che spesso ho definito come “non negoziabili”.

    21 Dicembre 2012
    Nel dialogo con lo Stato e con la società, la Chiesa certamente non ha soluzioni pronte per le singole questioni. Insieme con le altre forze sociali, essa lotterà per le risposte che maggiormente corrispondano alla giusta misura dell’essere umano. Ciò che essa ha individuato come valori fondamentali, costitutivi e non negoziabili dell’esistenza umana, lo deve difendere con la massima chiarezza. Deve fare tutto il possibile per creare una convinzione che poi possa tradursi in azione politica.

    Francesco, 4 Marzo 2014
    “Non ho mai compreso l’espressione valori non negoziabili. I valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un’altra. Per cui non capisco in che senso vi possano esser valori negoziabili.”
    “Gli Stati laici vogliono giustificare le unioni civili per regolare diverse situazioni di convivenza, spinti dall’esigenza di regolare aspetti economici fra le persone, come ad esempio assicurare l’assistenza sanitaria. Si tratta di patti di convivenza di varia natura, di cui non saprei elencare le diverse forme. Bisogna vedere i diversi casi e valutarli nella loro varietà“.
    CERTO, CERTO... C'E' CONTINUITA'... | Fides et Forma



  4. #124
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Più di 2.000 persone rischiano la vita per andare a Messa in Nigeria
    Testimonianza di fede a Maiduguri dopo il più grande attacco di Boko Haram degli ultimi mesi
    Più di 2.000 persone nel nord della Nigeria hanno rischiato la propria vita andando a Messa domenica 16 marzo, quando la loro città veniva bombardata. Padre John Bakeni, che ha presieduto la celebrazione, ha definito la cattedrale di Maiduguri “gremita” e ha detto che i fedeli gli hanno poi confessato che preferivano morire in chiesa che in qualsiasi altro luogo.
    La Messa di domenica è stata celebrata dopo che estremisti di Boko Haram avevano lanciato una delle loro maggiori campagne degli ultimi mesi, nella quale hanno tirato granate lanciate da razzi e preso d'assalto la caserma.
    Centinaia di persone sono morte a causa degli attacchi, respinti dall'esercito nigeriano. Cresce ad ogni modo la preoccupazione che il Governo non sia capace di frenare gli estremisti.
    In un'intervista concessa il 17 marzo ad Aiuto alla Chiesa che Soffre, la fondazione cattolica per i cristiani perseguitati e bisognosi, padre Bakeni ha affermato: “Ieri mattina ci sono state moltissime detonazioni, ma questo non ha impedito che la gente accorresse in chiesa. È stata una lezione di umiltà e un'esperienza edificante vedere tanta gente a Messa: la chiesa era gremita”.
    “Quando è arrivato il momento dell'omelia, ho detto che non c'era bisogno di predicare: ‘La vostra presenza così consistente è un'omelia in sé’”.
    Appello alla preghiera
    Il sacerdote ha chiesto ad Aiuto alla Chiesa che Soffre di lanciare un appello per invitare il resto del mondo a pregare per i nigeriani: “Per favore, pregate per la fine di questa violenza”.
    In un messaggio precedente, ha descritto in questo modo l'inizio degli attacchi venerdì mattina: “Ci siamo svegliati con il rumore assordante delle bombe, le granate lanciate da razzi e gli spari. La confusione e il caos si sono diffusi ovunque”. Centinaia di insorti, vestiti con abiti militari, hanno assaltato la caserma di Giwa di Maiduguri e sono riusciti a liberare i propri compagni prigionieri. Sono state attaccate anche zone residenziali e un campus universitario. Quest'ultimo attacco è tipico di Boko Haram, che significa letteralmente “l'istruzione occidentale è proibita”.
    Durante lo scontro militare, durato più di quattro ore, più di 200 insorti sono morti per un massiccio contrattacco militare per respingerli, ma si teme che Maiduguri sia stata sul punto di cadere nelle mani degli estremisti. Padre Bakeni e altri hanno reso noto che le forze nemiche si sono riunite e stanno preparando nuovi attacchi. Ci sono state inoltre notizie di connivenze tra gli estremisti e determinati elementi dell'esercito nigeriano, il che, a quanto si dice, spiega il fallimento di quest'ultimo al momento di schiacciare il nemico.
    Timore di altri attacchi
    “Ora siamo tutti in preda alla paura, ed eleviamo lo sguardo a Dio per chiedergli che le nostre preghiere diano frutto”, ha detto padre Bakeni. “L'esercito nigeriano sta agendo come meglio può, ma non ha armi moderne per frenare gli insorti, che sono molto più sofisticati”. “Grazie a tutti voi e ad Aiuto alla Chiesa che Soffre per le vostre preghiere e il vostro sostegno in questo momento difficile”, ha aggiunto. “Sentiamo davvero la forza della gente che ci sostiene dentro e fuori il Paese”.
    Gli attacchi contro Maiduguri hanno coinciso con la violenza perpetrata da pastori musulmani Fulani contro alcuni villaggi cristiani non lontani da Kaduna, nel cosiddetto Middle Belt del nord della Nigeria. Almeno 100 persone sono morte per gli attacchi del pomeriggio del 14 marzo.
    Più di 2.000 persone rischiano la vita per andare a Messa in Nigeria - Aleteia

    Comunione ai risposati. Il cardinale Caffarra contro Kasper
    Quello che segue è un passaggio saliente dell’intervista che il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna e fondatore e primo presidente del pontificio istituto Giovanni Paolo II per studi sul matrimonio e la famiglia, ha pubblicato su “Il Foglio” di sabato 15 marzo.
    Con questa intervista cominciano a venire alla luce – al pari della relazione introduttiva del cardinale Walter Kasper, anch’essa resa pubblica da “Il Foglio” – le critiche rivolte allo stesso Kasper da numerosi cardinali di primo piano, nel concistoro del 20-21 febbraio.
    L’intervista è molto ampia e prende tra l’altro le difese della “Familiaris consortio” di Giovanni Paolo II e della “Humanae vitae” di Paolo VI, giudicate da molti “superate”.
    D. – Si parla della possibilità di riammettere all’eucaristia i divorziati risposati. Una delle soluzioni proposte dal cardinale Kasper ha a che fare con un periodo di penitenza che porti al pieno riaccostamento. È una necessità ormai ineludile o è un adeguamento dell’insegnamento cristiano a seconda delle circostanze?
    R. – Chi fa questa ipotesi, almeno finora non ha risposto a una domanda molto semplice: che ne è del primo matrimonio rato e consumato? Se la Chiesa ammette all’eucarestia, deve dare comunque un giudizio di legittimità alla seconda unione. E’ logico. Ma allora – come chiedevo – che ne è del primo matrimonio? Il secondo, si dice, non può essere un vero secondo matrimonio, visto che la bigamia è contro la parola del Signore. E il primo? È sciolto? Ma i papi hanno sempre insegnato che la potestà del papa non arriva a questo: sul matrimonio rato e consumato il papa non ha nessun potere. La soluzione prospettata porta a pensare che resta il primo matrimonio, ma c’è anche una seconda forma di convivenza che la Chiesa legittima. Quindi, c’è un esercizio della sessualità umana extraconiugale che la Chiesa considera legittima. Ma con questo si nega la colonna portante della dottrina della Chiesa sulla sessualità. A questo punto uno potrebbe domandarsi: e perché non si approvano le libere convivenze? E perché non i rapporti tra gli omosessuali? La domanda di fondo è dunque semplice: che ne è del primo matrimonio? Ma nessuno risponde. Giovanni Paolo II diceva nel 2000 in un’allocuzione alla Rota che “emerge con chiarezza che la non estensione della potestà del romano pontefice ai matrimoni rati e consumati, è insegnata dal magistero della Chiesa come dottrina da tenersi definitivamente anche se essa non è stata dichiarata in forma solenne mediante atto definitorio”. La formula è tecnica, “dottrina da tenersi definitivamente” vuol dire che su questo non è più ammessa la discussione fra i teologi e il dubbio tra i fedeli.
    D. – Quindi non è questione solo di prassi, ma anche di dottrina?
    R. – Sì, qui si tocca la dottrina. Inevitabilmente. Si può anche dire che non lo si fa, ma lo si fa. Non solo. Si introduce una consuetudine che a lungo andare suggerisce questa idea assurda al popolo non solo cristiano: non esiste nessun matrimonio assolutamente indissolubile. E questo è certamente contro la volontà del Signore. Non c’è dubbio alcuno su questo.
    Comunione ai risposati (3). Il cardinale Caffarra contro Kasper ? Settimo Cielo - Blog - L?Espresso





    Il prete che sfruttava e picchiava i bisognosi: Don Ciotti. Il beniamino dei giacobini
    E don Ciotti picchiò il lavoratore che chiedeva il giusto. Lui, il professionista dell’antimafia delle chiacchiere, che ingrossa solo il volume di affari di Libera. Lui, il prete che sino all’altra settimana cantava “bella ciao” e “bandiera rossa” a messa. Lui, l’adoratore, più che di Dio, di quella Costituzione che inizia con un “L’Italia è un paese fondato sul lavoro”. E a quanto pare pure il circo di Ciotti è fondato sul lavoro: sullo sfruttamento almeno. E sulla violenza ai lavoratori. Sono anni che domandiamo di indagare sulla condizione dei giovani che lavorano nelle sue strutture… perché la magistratura e la finanza torinese non vanno a fare un controllo? Chissà chissà…
    Qualsiasi altro sacerdote, al suo posto, sarebbe maltrattato dalla stampa. Ma non lui: don Ciotti, infatti, è intoccabile. Pure quando mostra che dietro il “paladino dell’antimafia” si nasconde un uomo che dirige in modo poco corretto le sue associazioni. Come mostra il recente caso dell’uomo da lui picchiato solo perché voleva essere assunto con un contratto regolare.
    di Marco Margrita
    Cosa direbbe il “giornalista collettivo” – dando fiato ed argomenti ai complottisti di varia sfumatura – di un sacerdote che guida un’organizzazione che ha generato o sostenuto una rete di opere sociali, a cavallo tra profit e no-profit, condizionando il modello di welfare (e la partita dei finanziamenti) di più di un Ente Locale? E se questo sacerdote, poi, godesse di una grande visibilità mediatica e di una trasversale “buona stampa”, facendo pesare la propria firma su giornali anche importanti? E se, ancora, lo stesso avesse avuto – c’è chi dice come ideologo, quasi – rapporti stretti con i protagonisti dei processi per mafia?
    Nulla di buono, probabilmente. Se solo questo sacerdote non fosse don Luigi Ciotti e l’organizzazione in questione non fosse il “Gruppo Abele” o l’onnipresente “Libera” che ne è filiazione.
    Cappellano dell’antimafia militante, ha in Gian Carlo Caselli (istruttore del “processo storico” a Giulio Andreotti) un organico sostenitore. Non si può non ricordare, poi, la vicinanza ad Antonio Ingoia. La galassia donciottina (associazioni, cooperative, fondazioni e comunità) è campione nel ricevimento di finanziamenti pubblici in terra subalpina (e non solo).
    Don Ciotti pratica con la stessa solennità palchi e pulpiti, oltre che studi televisivi, lo si ricorda addirittura comiziante ai girotondi morettiani. La politica, quindi, è faccenda frequentata. E non solo nella poesia (vendoliana, probabilmente, nel caso) dei massimi sistemi, ma pure nella prosaica prassi elettorale.
    Si viene eletti, sotto la Mole, in forza del legame con il sacerdote e del mondo associativo che gli è nato intorno (e certo non senza il supporto di denaro pubblico e privato). Si pensi a Davide Matiello (collocato dal Pd in posizione sicura alla Camera, alle ultime elezioni politiche, in “quota don Ciotti”) o al ras locale di Sel Michele Curto (segretario provinciale di Sel e capogruppo a Palazzo di Città, con un passato come referente per l’area europea di “Libera” e fautore di un rapporto organico tra il partito di Vendola ed il movimento No Tav). Questi sono due casi, ma nelle varie sinistre, tira forte e “pesa” l’eticismo post-cattolico di don Ciotti.
    E nessuno dice niente
    Qui nessuno, però, forse perché il nostro non dedica energie al tema dei principi non negoziabili ed è da decenni si è sistemato sul comodo divano del "dissenso" (che tanti consensi borghesi produce), lamenta e denuncia indebite ingerenze.
    Nella Torino azionista ed azionaria (per dire: La Stampa non ama certo i preti, ma per don Ciotti fa sempre eccezione, salvo poi, in quasi tutti gli altri casi… confermare la regola) non si può dirne male. Veda il lettore quale interprestazione dare alla formula.
    Accade così che sia quasi nullo il clamore intorno alla vicenda di Filippo Lazzara, un lavoratore impegnato nell’associazionismo che ha presentato denuncia ai carabinieri (la quale, per la cronaca, è stata successivamente ritirata) proprio contro il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti. Lazzara aveva depositato l’esposto nel 2011, ma lo ha reso pubblico solo negli ultimi giorni dell’anno appena trascorso, pubblicando la notizia sulla propria bacheca Facebook. I fatti: ancora nel 2010, Filippo lavorava con un contratto a tempo indeterminato in un supermercato a Partinico, in provincia di Palermo. Conosce don Ciotti e dopo un confronto col prete si convince a denunciare per infiltrazioni mafiose l’impresa per cui lavora, pesantemente collusa con alcune cupole. Nonostante la promessa di un impegno, non gli viene offerto nulla più di un passaggio da un’associazione all’altra, senza alcuna regolarizzazione. Non solo, quando riesce ad incontrare il sacerdote per esporre la sua situazione, si prende pure spintoni e calcioni
    «Oltre a essere stato picchiato – ha spiegato Lazzara a Libero -, mi hanno fatto terreno bruciato intorno. Non avevo un lavoro e non sapevo dove sbattere la testa. Lui è un intoccabile. Denunciare lui è come denunciare Nelson Mandela. Chi mi crede? Chi starà dalla mia parte? Per me tutte le porte si sono chiuse. Per il peso che ha, in certi ambienti, don Ciotti è come il Papa. Ma ricevere dei cazzotti dal Papa è una cosa che ti lascia scosso. Se questa è l’antimafia».
    Si potrebbe parlare, se si usassero gli stessi criteri per tutti, di una lobby. Ma, ovviamente, non sta bene quando si parla dei “professionisti della bontà”. Così, anche i malpancisti di sinistra, di fronte al peso politico di don Ciotti e dei suoi, il massimo di critica che riescono ad esprime è individuare il rischio «una super lobby della società civile in grado di esercitare notevole influenza sui gruppi dirigenti dei partiti e nell’establishment progressista».
    Pesi e misure. Come sempre, diversi caso per caso, in questo strano Paese.
    Il prete che sfruttava e picchiava i bisognosi: Don Ciotti. Il beniamino dei giacobini | Papalepapale.com



    Che bella la Chiesa anti-mafia
    Accantonato il problema della salvezza dell’anima e della vita eterna, si direbbe che la maggior preoccupazione della Chiesa cattolica sia un’azione sociale che, lodevolissima, è però un po’ pochino per chi vorrebbe sentir ancora parlare di vita eterna, di dottrina e di fede. E poi ci sono tanti equivoci dietro l’angolo…
    di Paolo Deotto
    Bellissimo. Un bellissimo appello contro la mafia, un invito ai mafiosi a pentirsi e a cambiare vita. Tutto lodevole, tutto indiscutibile… però, c’è un però legittimo. Mi vorrete scusare, sarà per l’età ormai un po’ avanzata, ma continuo a ricordare, con nostalgia, una Chiesa che aveva anzitutto come preoccupazione il depositum Fidei, l’annuncio della Parola di Cristo, l’indicazione per i fedeli sulla via da seguire per salvare l’anima e andare in Paradiso. E poiché la via può essere solo una, perché la Verità, per sua natura, non può essere che una, continuo a ricordare con nostalgia una Chiesa custode della Tradizione. Già, perché “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto” (Mt, 5, 17-18).
    Beh, che c’entra? Forse che allora la Chiesa dovrebbe tacere sul crimine, sulla mafia? Assolutamente no, perbacco! Altri Pontefici hanno già fatto sentire la loro voce contro la criminalità organizzata. Lo stesso Giovanni Paolo II e poi Benedetto XVI, entrambi hanno parlato chiaro in materia.
    Però avevano parlato chiaro, chiarissimo, anche su altre materie.
    Facciamo un esempio pratico: in preda all’entusiasmo, don Luigi Ciotti ha dichiarato: “sarebbe bello che il 21 marzo diventasse istituzionalmente per tutti gli italiani” ciò che è per i familiari delle vittime, e cioè “il giorno in cui i loro cari, in tante città d’Italia, vengono chiamati per nome, uno a uno, in un appello rivolto alle coscienze di tutti”. E allora, mi chiedo, perché non istituire anche un giorno della memoria per le vittime innocenti, per le più innocenti che ci siano? La data potrebbe essere quella del 22 maggio perché, per chi lo avesse scordato, il 22 maggio del 1978 fu approvata in Italia la famigerata legge 194, che legalizzò l’aborto. Da allora, fino alla fine del 2012 (il ministero della Salute non ha ancora fornito i dati del 2013) sono stati uccisi oltre 5.414.000 bambini. Nel 2012 la produttività del sistema che assicura l’esercizio del “diritto” di aborto è stata di 290 assassinati al giorno. Sfuggono da questo conto gli assassinati con aborto chimico o farmaceutico. Le supreme gerarchie non parlano di questo, forse perché la Dottrina in materia è chiara, e allora non vale la pena parlarne…
    C’erano una volta i valori non negoziabili, ma ci è stato detto che non bisogna essere “ossessionati” da queste bazzecole e di recente è stato detto anche che non era comprensibile che si parlasse di valori “non negoziabili”. Glissons.
    Proviamo un attimo a fare il punto sul rassicurante panorama morale della nostra Patria e del mondo cosiddetto civile in genere:
    - L’aborto è talmente entrato nelle menti e nelle coscienze (laddove ce ne siano ancora), che non se ne parla più, è un dato di fatto consolidato e incontrovertibile
    - L’eutanasia è alle porte, tanto più dopo l’appoggio irresponsabile fornito da chi dovrebbe (divertente, vero?) essere “super partes”. Per la cronaca è lo stesso tizio che ha ricevuto un’onorificenza dalla Pontificia Università Lateranense
    - La famiglia è allo sfascio, ma la cosa non sembra preoccupare troppo le menti più “aperte”, tant’è che abbiamo un’eminenza, teologo tenuto in gran conto, che non trova di meglio che ragionare sul perché e sul percome i divorziati risposati potrebbero di nuovo accostarsi ai Sacramenti
    - L’omosessualismo, che diffonde le più infami e ripugnanti perversioni, che corrompe alla radice la società, avanza a grandi passi e a breve anche nel nostro Paese avremo una legge che tapperà la bocca a chiunque voglia dire la verità. Del resto, nelle scuole circolano già istruttivi testi in cui si spiegano tutte le peggiori schifezze, e le si fanno passare per cose belle e normali. La cosa sembra non preoccupare la Chiesa, visto che solo pochi Vescovi – che Dio li benedica! – hanno fatto sentire la loro voce in materia, difendendo l’ordine naturale voluto dal Creatore
    La società è avviata alla morte, nel modo più turpe, e non abbiamo mai il conforto di sentire la voce della Chiesa, quell’unica voce che può dare chiare indicazioni al mondo, levarsi alta e forte. Non sentiamo mai ammonire i politici sulle tremende responsabilità che si stanno assumendo, condannando il Paese alla distruzione e loro stessi alla dannazione. Sembra che la schifosa legge Scalfarotto sia discussa su Marte, e invece è discussa a pochi chilometri da Santa Marta. Come può la voce della Chiesa tacere su questo? E come può la voce della Chiesa tacere sullo sterminio inarrestabile dei bambini? Re Erode ormai è dimenticato, era un dilettante al confronto di un qualsiasi medico “democratico” del giorno d’oggi.
    La Chiesa tace. Ma si rifà il look con una bella predica antimafia. Rispettabilissima, beninteso. Ma allora sempre più la Chiesa si confonde con tante altre, lodevolissime, organizzazioni puramente umane, che si occupano di lotta al crimine, e con tante altre cosiddette “chiese” che altrettanto tuonano contro il crimine e la mafia. Forse che i protestanti, o i valdesi, o gli ebrei sono favorevoli al crimine? No di certo. E allora ecco che queste esibite manifestazioni di “impegno civile” diventano anche un ottimo ausilio per il sincretismo, altro cancro che avanza sempre più.
    Che bello. Una Chiesa che non dà seccature sul peccato, sulla famiglia di coppie di fatto, di divorziati risposati, e magari a breve anche sulle famiglie omosessuali. Una Chiesa misericordiosa con tutti (beh, i Francescani dell’Immacolata saranno un caso particolare…) , che fa la voce grossa contro la mafia e così di sicuro riceve l’applauso del mondo.
    No, così non va. Qualcuno in un domani ormai alle porte dovrà ben spiegarci perché Nostro Signore è disceso in terra si è fatto crocifiggere ed è risorto. Ci sono cose belle e lodevoli che possono fare in tanti. C’è una cosa che può fare solo la Chiesa cattolica, custode della Vera Fede: indirizzarci sulla strada della salvezza, custodendo quella Parola eterna che le è stata affidata. Questo, francamente, viene ben prima della lotta anti-mafia. Ma se non c’è questo, e lo si vede e si sente sempre di meno, che ci interessa della lotta anti-mafia?
    Che bella la Chiesa anti-mafia ? di Paolo Deotto | Riscossa Cristiana

    La gerarchia del male. Una utile bussola nelle tenebre odierne
    Un giorno un mio amico, piuttosto rozzo ma cattolico sincero, sentenziò, in riferimento a un prete che era stato sorpreso a rubare e all’attuale crisi della Chiesa: “meglio ladro che eretico”. Aveva ragione: il ladro ruba al corpo e al portafoglio, l’eretico ruba l’anima e la salvezza eterna.
    di Massimo Viglione
    Meglio ladro che eretico. Perché dico questo? Per difendere i ladri? No, ovviamente, ma per ristabilire la gerarchia del male.
    Un noto teologo odierno (uno dei rari casi di teologi buoni) a sua volta diceva (sempre in riferimento a preti peccatori): “meglio erotico che eretico”. E a ragione. Non perché si voglia giustificare i preti che cadono nel peccato grave al VI comandamento, ma per la stessa ragione suddetta. Per ristabilire l’ordine gerarchico del male.
    Non so se per un prete sia peggio essere ladro o cadere nel peccato di impurità (a meno che non sia di omosessualismo: in questo caso non vi possono essere dubbi): ma so per certo, per certissimo, che il peccato più grave in assoluto che si possa commettere, specie per uomo di Dio, è l’eresia, che uccide l’anima e la Verità e prepara l’inferno. È anche vero che spesso le due cose sono legate, perché è indubbio che il disordine nel corpo si traduce inevitabilmente in un disordine anche mentale. È la temperanza che salvaguardia la dottrina.
    Occorre ricordare e sottolineare senza stancarsi che in questi giorni si sta combattendo una guerra decisiva, anche all’interno della Chiesa, fra la Verità e l’eresia. E ognuno deve pensare bene da che parte schierarsi....
    http://www.riscossacristiana.it/neww...o1-218x300.jpg

    Un anno con Francesco.
    Un anno di sorprese.
    di Padre Cristóvão
    «Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto»
    (Gal. 2, 11)
    Dopo un anno con Francesco, mi sento proprio come un naufrago, come un sopravvissuto ad un disastro navale. Ogni mattina, l’inquietudine per ciò che potrebbe accadere. Un’intervista? Una dichiarazione ambigua? Un “rimbrotto” omiletico? Un’etichettatura? ... Di tutto! Tra gli applausi isterici dei media anti- cattolici! Mai un papa è stato così amato dai nemici di Cristo!!!
    Di fatto, nel papato è arrivata la rivoluzione e l’instabilità è diventata il segno distintivo del vertice della Chiesa.
    Pochi ci avranno fatto caso, ma quattro giorni - quattro! - dopo le dimissioni di Benedetto XVI, un politico italiano, Mario Staderini, segretario del Partito Radicale (che si definisce anti-proibizionista e quindi ha lavorato alla legalizzazione del divorzio, dell’aborto, ecc.), in un’intervista a Radio Radicale ha fatto la seguente dichiarazione:
    Domada - È stata anche la settimana dell’abdicazione del papa. Tu che hai un’attenzione meno teologica rispetto alle cose del Papa, cosa ne pensi di quello che sta succedendo in Vaticano?
    Risposta - Io credo una cosa: la vera sfida per il prossimo Papa sarà quella di liberare la Chiesa dal potere temporale, ovvero quell’immenso potere economico e politico che gli deriva dall’essere il più grande proprietario immobiliare nel mondo e di avere degli imperi finanziari ed economici. Ecco, quel potere che ha determinato le lotte per il controllo di questo potere, un potere che è in grado di condizionare gli Stati, di corrompere gli Stati, ma soprattutto se stessa. Per questo io credo che il prossimo papa debba chiamarsi Francesco I, come San Francesco, il poverello di Assisi che si liberò di tutti i suoi averi per meglio vivere secondo il vangelo, piuttosto che vivere secondo la Chiesa di Roma. Francesco I avrebbe questo significato e credo che sia l’auspicio massimo che si possa fare in questo momento. Ci sarà anche un motivo per cui negli 800 anni dopo la morte di S. Francesco nessun Papa abbia deciso di chiamarsi Francesco, e lo capisco anche perché sarebbe difficile girare con il nome del simbolo della povertà quando si continua a essere i più grandi proprietari di cose. Credo che questa sarà allora la sfida del prossimo Papa e non è neanche qualcosa di irrealizzabile. Ad esempio, si potrebbe convertire tutto il patrimonio del Vaticano in un grande fondo per un welfare universale da affidare eventualmente all’Onu in maniera fiduciaria, nel senso che se l’Onu poi si comporta male gli viene ripreso, secondo le regole di diritto internazionale; un grande fondo che abbia come obiettivo quello di garantire il diritto umano a vivere senza la miseria e credo che nessuno meglio della chiesa potrebbe dare il via a questo, a patto però di separarsi da quella che è stata in questi anni la vera cappa che ha distrutto la possibilità stessa di occuparsi di religiosità anziché semplicemente continuare a blaterare di morale e delle vite delle persone. Credo che questa sia una sfida importante che potrebbe poi avere riflessi positivi anche sugli Stati. Facciamo un esempio: tutti sanno come la penso sull’8 per mille, ma da Francesco I io mi aspetterei che dicesse allo Stato italiano che quel denaro vada direttamente ad aumentare questo fondo. Anzi, meglio ancora: la garanzia sarà che, se lo Stato continuerà a darlo alla Chiesa cattolica, questa si impegnerà a versarlo in questo fondo. Quindi benvenuto, io spero, a Francesco I!
    Quattro giorni dopo la rinuncia di Benedetto XVI. Venticinque giorni prima dell’elezione di Francesco. Strano. Ma è anche strano che queste parole siano state riprese da Radio Radicale e si possano visualizzare solo in cache (aggiunta il 17.3.14: non essendo più reperibile la copia cache, si può consultare l'articolo pubblicato su Il fatto quotidiano).
    Ugualmente strana la “profezia” di Leonardo Boff, che su Twitter è arrivato ad annunciare il nome di Francesco. Egli ha anche “anticipato” vari passaggi del programma del suo pontificato. Non sbaglia mai questo Boff! … Profeta? Fortunato? Informazioni privilegiate? Come direbbero gli italiani: chi lo sa?
    L’entusiasmo delle masse
    Comunque, non manca di suscitare stupore l’entusiasmo appassionato espresso con ogni zelo “apostolico” dai media che, lo sappiamo!, sono tutt’altro che devoti amanti del Romano Pontefice e della Chiesa Cattolica.
    Il fenomeno quasi ipnotico determinato dall’ossessiva informazione su tutti gli atti di Francesco, anche i più banali e ripetitivi, ha generato un vero e proprio fenomeno mediatico che, contrariamente all’autentica convinzione di fede, crea solo ammirazione per un personaggio artatamente confezionato, per una figura mitizzata ancora da viva, per qualcuno la cui immagine viene accuratamente presentata al culto popolare, insomma per un papa-star, compreso il diritto di pubblicare una rivista di gossip, tipo “Chi”, totalmente dedicata a lui. Ma… in cambio di cosa?…
    Per inciso notiamo che il fenomeno ha avuto luogo fin dal primo momento, senza la minima distrazione: all’improvviso i giornalisti sono diventati evangelisti; e sempre all’improvviso la Chiesa ha messo da parte tutti i suoi presunti scandali, e tutti hanno incominciato a vivere in funzione di…un uomo.
    Il Papa versus Francesco
    Sì, non mi sbaglio quando dico che la Chiesa sta vivendo in funzione di un uomo, perché quando Francesco ostenta sua umiltà, facendolo con una roboante auto-proclamazione narcisistica, mentre esalta la sua persona demolisce il papato cattolico. Francesco sì, il Papa no.
    C’è stato anche un vescovo, il Presidente della Conferenza Episcopale Polacca, che ha accusato il colpo ed è arrivato a dire: “Con il Papa si combatte oggi in Polonia contro i vescovi: papa Francesco buono, vescovi cattivi, papa Francesco sì, vescovi e Chiesa in Polonia no”
    È la sintesi dell’opera.
    Chi dovrebbe sacrificarsi nel pontificato: occultando il proprio “io” perché risplenda il Successore di Pietro, il Vicario di Cristo, immola invece il pontificato per rendere omaggio a se stesso.
    «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte» (Gv. 13, 38).
    La vanità per niente francescana di Francesco traspare dalla cura che egli mette nel cercare di non apparire scomodo e amico del Crocifisso, di Colui che il mondo ha rifiutato. No! Francesco non vuole la Croce, vuole la gloria!
    Per questo è presente tra le personalità più onorate: non s’era mai visto un papa tanto amato dai comunisti, dagli abortisti, dagli atei, dai gay, dagli ecologisti e persino…, incredibile!, dai rockettari satanisti. Francesco è apprezzato all’unanimità come raramente è accaduto.
    Disgraziatamente, noi cattolici siamo costretti ad assistere al triste spettacolo di un papa in disaccordo con i “valori non negoziabili”, per la gioia dei relativisti. Certo, elogia il predecessore! Ma lo sa chi fu che coniò l’espressione che Francesco dice di non capire? Indovina. Niente di più e niente di meno che… Benedetto XVI. Questa espressione fu da lui coniata in occasione di un discorso rivolto al Parlamento Europeo, ed essa è diventata una formula utilizzata in molti importanti dibattiti di rilevanza pubblica. Ma, bisogna capirlo!, Francesco non era informato.
    Disgraziatamente, Francesco evita di parlare dei temi più spinosi, crea aspettative circa una rivoluzione dottrinale che tocca il santo sacramento del matrimonio e la Santissima Eucaristia, si comporta come qualcuno che è al di sopra della dottrina, con quella superiorità tipica dei progressisti alla Kasper, che si considerano superiori alla tradizione della Chiesa per rimanere ammantati dall’aura sacra della modernità, regola e misura di tutto. Frivolo, egli dà l'impressione che tutto sia mutevole, mentre invece si impone con la sua autorità facendo a modo suo come fosse il padrone di tutto.
    “Pasci le mie pecorelle”
    In effetti, pochi papi sono stati così autoritari come Francesco. Le canonizzazioni li fa per decreto, escludendo miracoli e cerimonie. L’umiltà la usa davanti alle telecamere, ma in pratica fa quello che vuole. Nomina Mons. Ricca, legato alla lobby gay, e, avvertito pubblicamente, il nominato resta nominato; cioè: Francesco è infallibile. Nessun Papa è così infallibile come lui.
    Di questo gregge, Francesco si sente il padrone, non il vicario del padrone. Per questo tratta con tanta leggerezza le cose importanti, prega come un parroco, senza misurare le parole né considerare i suoi limiti. Nell’intervista al Globo disse di essere un “incosciente”. E infatti sta dimostrando di esserlo davvero!
    I poveri di Francesco
    “Poveri”. Parola che appare sempre sulla bocca di Francesco. Tuttavia, chi sono questi poveri? I mendicanti, i senzatetto, i barboni?… No! I poveri di Francesco sono quelli degli “intellettuali organici”, delle ONG, dell’ONU.
    Su questi poveri si sono scritte intere biblioteche, distribuiti dottorati, si sono spesi milioni in conferenze, mentre essi sono ogni giorno sempre più poveri. In bocca a Francesco, “povero” suona demagogico, populista. Forse è per questo che è stato segnalato come candidato al Premio Nobel per la Pace.
    La carità cristiana non è mai retorica, è sempre pratica, e per questo poco loquace, perché troppo occupata a fare, poiché è noto che la perdita di tempo equivale alla perdita di vite umane.
    La fede di Pietro
    Di fronte a parole così severe, il lettore, abituato ad etichettare le persone per le posizioni che assumono, sarà tentato di collocarmi tra i nemici del papa regnante. Se lo facesse, sbaglierebbe. Il mio sentire è lo stesso di quello di Cristo: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc. 22, 31-32).
    La parola qui tradotta con “non venga meno”, in greco ekleipo, esprime omissione, cedimento, morte, fine; esprime quindi una fede svanita… perché la fede di Pietro può venir meno. E noi dobbiamo essere pronti per questa eventualità, che oggi non è solo teorica.
    Allo stesso Pietro, Cristo dice:
    «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Mt. 16, 17-18)
    e tre versetti dopo, dice:
    «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mt. 16, 23).
    Da pietra di fondamento a pietra dello scandalo vi è solo un passo: dal pensare secondo Dio al pensare secondo gli uomini.
    Le porte dell’Inferno non prevarranno mai contro la Chiesa, ma Pietro può essere chiamato da Satana, quando si discosta dalla confessione di fede che è il fondamento della Chiesa.
    Al fondo di tutto questo, resta la preghiera di Cristo, la cui unica intenzione è chiara: “che non venga meno la tua fede”.
    È la fede che dobbiamo conservare, è la fede che ci guiderà in mezzo alla confusione e sarà il nostro porto sicuro, perché “senza la fede è impossibile piacere a Dio” (Eb. 11, 6).
    Pertanto, ci conviene pregare per il Papa, perché egli rimanga radicato nella fede e non nelle sue opinioni personali, né tanto meno nella simpatia del mondo, e quando la sua fede si indebolisce, non esitiamo a tenere lo stesso comportamento di San Paolo: «Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto» (Gal. 2, 11).
    Sulla scia dei Santi
    È con questa pietà ferma e senza anonimato che Dio ha guidato la Chiesa in tempi di crisi. In essa ha brillato Santa Caterina da Siena, il cui amore sublime per il Papa è arrivato a tale manifesto trasporto che lei lo chiamava il dolce Cristo in terra, senza che questo le facesse dimenticare il dovere di censurarlo e di esortarlo a fare il suo dovere.
    Nessuno ha amato il Papa con tanta devozione come lei, e tuttavia nessuno lo ha ripreso con tanta libertà ed energia, perché le due cose non sono in contraddizione, se non per coloro che coltivano il rispetto umano come una scusa per perpetuare il proprio comodo.
    Che i santi di tutti i tempi, eroi della fede e del coraggio, ci insegnino ad amare, a pregare, a riparare… e a resistere se necessario.
    Un anno con Francesco. Un anno di sorprese - Articolo di Padre Cristóvão


  5. #125
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Roma, le dicono che il feto è morto ma non abortisce e nasce un figlio sano
    di Adelaide Pierucci
    Per i medici del Pronto soccorso del San Giovanni Calibita Fatebenefratelli, non restava che la via dell'aborto terapeutico: il feto per loro era morto, il cuoricino non batteva, l'ecografia era piatta. Ed invece quel bimbo è nato in perfetta salute, nello stesso ospedale. Oggi ha tre mesi e mezzo. Ma tutto ciò è stato possibile solo grazie alla testardaggine della giovane madre che quel giorno non si è voluta fidare della diagnosi dei medici del pronto soccorso. Oggi chiede giustizia e, visto che il reato di tentato omicidio colposo non può essere contestato, ha deciso di puntare al risarcimento dei danni morali: «Non si può precludere la vita di un bimbo innocente per una superficialità» chiarisce, assistita dall'avvocato Pietro Nicotera, che per lei ha indirizzato all’ospedale la lettera con cui preannuncia l'azione legale.
    DIAGNOSI ERRATA
    La mamma che ha salvato la gravidanza grazie al suo istinto si chiama Maria S., abita all'Eur ed ha un altro figlio, una bambina di due anni. Il 4 aprile del 2013 si era presentata al pronto soccorso di ginecologia dell'ospedale sull'Isola Tiberina perché preoccupata dalla comparsa di perdite ematiche. Temeva che quel segno potesse significare la fine della gravidanza appena cominciata. «Signora, ha avuto un aborto interno» le dice una dottoressa «Non c'è traccia del battito in ecografia. E anche se alle prime settimane di gravidanza, alla quinta bisognerà procedere col raschiamento. Consigliamo il ricovero. Se vuole lo disponiamo subito». Maria S., invece, preferisce andar via.
    Ha una gran voglia di piangere, il marito e la bimba l'aspettano a casa, non se la sente all'istante di dire addio al puntino che cresce in lei e neanche di finire subito sotto i ferri. Su suggerimento della dottoressa, decide, in alternativa all'intervento, di assumere un farmaco per provocare l'espulsione e torna a casa. Il tutto viene sintetizzato sul verbale di pronto soccorso. La paziente «entra alle 11.06 ed esce alle 15.44». «Diagnosi: aborto interno. Informata sul decorso clinico della terapia, la paziente decide il trattamento con Methergin cpr». La mamma, spinta dal fiuto, compra il farmaco ma non lo assume. Anzi il giorno dopo, di buon'ora, si fa visitare dal suo medico di base, all'Eur, specializzato in ginecologia. «Quel giudizio al pronto soccorso di ostetricia del Fatebenefratelli, nonostante le analisi e l'ecografia, mi era sembrato troppo frettoloso - racconta - quindi la sera, a casa, ho messo subito via il Methergin, e ho cominciato a cercare informazioni su internet dove ho trovato la conferma di quanto avevo già intuito, ossia che non sempre il battito degli embrioni è individuabile alla quinta settimana. Meglio aspettare quindi per farmaci e ferri. Io il mio bambino, anche se la gravidanza non era stata pianificata, lo volevo». Il medico di base conferma la bontà della sua decisione. «E' vero il battito non c'è, ma la gravidanza è appena cominciata» si sente rispondere Maria S. l'indomani dalla sua dottoressa. «Aspettiamo una settimana per capire se c'è stato o meno l'aborto interno». Qualche giorno dopo una ecografia scioglie ogni dubbio: l'embrione è vivo e cresce. La diagnosi elaborata al pronto soccorso era errata.
    LA TESTIMONIANZA
    «Il mio bambino è nato il 2 dicembre del 2013», racconta ora Maria. «Pesava tre chili e mezzo. Ho avuto una gravidanza e un parto naturale sereno. E ogni volta che mi soffermo a guardare il mio piccolo mi rendo conto del pericolo scampato. Se non avessi seguito il mio istinto sarei stata io stessa la carnefice di mio figlio. Ecco perché sono sempre stata convinta che un'azione legale fosse un'iniziativa non solo giusta, ma doverosa. Nei pronto soccorso il personale deve essere altamente qualificato. Non si può sbagliare con la vita».
    «Il feto è morto» ma la mamma lo salva dall'aborto e nasce un figlio sano: denunciati medici del Fatebenefratelli - Il Messaggero

    Parla il Cardinale Raymond Leo Burke: “Servono cattolici senza compromessi”
    In un’intervista esclusiva al mensile “Radici Cristiane”, il Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica affronta senza giri di parole e con toni decisi i temi oggi più dibattuti e scottanti promossi dall’agenda laicista
    Cristina Siccardi
    Il Cardinale di Santa Romana Chiesa, Raymond Leo Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, ha parlato chiaramente e senza ombra di equivoci: «Servono cattolici senza compromessi» per contrastare aborto, fecondazione assistita e “gender”. In un’intervista esclusiva, straordinaria e molto lunga al mensile «Radici Cristiane», diretto dal Professor Roberto de Mattei, il Cardinale Burke affronta ragionevolmente e cattolicamente i dibattuti e scottanti problemi promossi dai laicisti che si impossessano sempre più della cultura e della mentalità europea mediante un lavaggio del cervello che ora viene perpetrato fin dalla scuola materna. Non è più tempo di stare a guardare o a dileggiarsi nei compromessi, neppure rassegnarsi è legittimo: anche la rassegnazione silenziosa, di fronte a una tale devastazione psicologica, morale e spirituale delle persone, è compromissione con il male.
    Il Cardinale Burke invita con determinazione genitori e insegnanti «a controllare che niente venga introdotto nel programma scolastico, tale da violare l’innocenza del bambino ed instillare in lui concezioni fortemente sbagliate, come programmi scolastici che insegnino a 4 o 5 anni come il matrimonio possa assumere forme diverse dall’unione eterna, fedele e procreativa di un uomo e di una donna».
    Basta tacere, basta avere paura, basta essere codardi, occorre testimoniare la Verità di Cristo, affermare la legge naturale, ribadire la sana Dottrina cattolica e contrastare le perversioni sferrate dal relativismo e dal laicismo nel mondo contro la fede, contro la Chiesa, contro la vita, contro la famiglia.
    Certe tiepidezze degli scorsi decenni hanno permesso l’affermarsi di concezioni contrarie al Vero, al Bello, al Bene: «Un vero cattolico, invece, accetta senza compromessi tutte le verità che la Chiesa insegna. La nozione di “cattolicesimo parziale” è una contraddizione in termini».
    Da qui un «no» convinto e fermo all’aborto, alla mentalità contraccettiva, alla fecondazione assistita e niente Santa Comunione a quei politici che agiscono contro la legge morale, per evitare il sacrilegio e salvaguardare i fedeli dallo scandalo. Le scuole e le famiglie devono lottare senza esitazione contro la dittatura della perniciosa teoria del “gender”: «I genitori oggi devono vigilare sull’istruzione dei figli alla verità circa la sessualità umana ed alla loro salvaguardia da falsi messaggi impartiti nelle scuole e sui media», evitando che partecipino «a lezioni o attività didattiche, che tradiscano la verità sulla natura umana, maschile e femminile».
    Su aborto e “nozze” omosessuali ha invitato a protestare a voce alta, scendendo nelle piazze contro quei governi che «vìolino la legge naturale». Ciò che si ripropone di fare, ad esempio, la prossima Marcia nazionale per la Vita, prevista per il 4 maggio a Roma.
    Il Governo Obama ha provocato nel mondo un’accelerazione delle teorie perverse: «le politiche del Presidente degli Stati Uniti d’America sono divenute progressivamente sempre più ostili nei confronti della civiltà cristiana. Molti fedeli cattolici stanno reagendo alla crescente persecuzione religiosa in atto. Purtroppo, si ha tuttavia l’impressione che una larga parte della popolazione non sia ancora pienamente consapevole di quanto stia avvenendo».
    In Francia la reazione è decisamente più sentita, ha ancora detto il Cardinale: «Il logo Manif pour Tous è potente: mira alla verità. L’azione posta in opera dai francesi rappresenta un modello anche per altre Nazioni. I cittadini devono essere pronti ad agire».
    Per chi desiderasse ricevere una copia del numero di Marzo della rivista "Radici Cristiane", con le eccezionali 8 pagine di intervista al Cardinale Burke, contattare Radici Cristiane | il mensile che si ispira ai valori perenni della Civilt cristiana e della tradizione occidentale
    MiL - Messainlatino.it: Parla il Cardinale Raymond Leo Burke: ?Servono cattolici senza compromessi?

    L’enigma Papa Francesco. Terza e ultima parte
    di Patrizia Stella
    By Riscossa Cristiana
    Meglio agitarsi nel dubbio che riposare nell’errore (Manzoni)
    Molte persone impegnate nel mondo socio-politico, preoccupate di come sta andando tutto alla deriva, compresa l’economia, ritengono inutili queste “diatribe” sul Papa, sulla Chiesa e sulla fede perché il vero problema a loro avviso, è anzitutto “umano”, cioè quello di salvare l’Italia dal crollo economico e morale attraverso mirate e opportune strategie socio-politiche e non religiose! Certamente è di basilare importanza l’aspetto umano, con tutte le scienze pedagogiche, sociali, politiche, ecc. perché è assurdo voler costruire la casa senza cemento e mattoni, però se ci illudiamo di costruirla senza l’aiuto di Dio, anzi rifiutandolo come fosse un intralcio ai nostri progetti, è come se usassimo cemento e mattoni di prima qualità, ma andassimo a porre le fondamenta sulla sabbia, per cui, come dice Cristo nel Vangelo, alle prime piogge, questa casa crollerà.
    L’umanità non può più prescindere da Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, e dalla Chiesa voluta da lui, forte baluardo contro il potere delle tenebre e difesa della nostra vita umana e soprannaturale, come afferma S. Pietro: “Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale è stabilito che possiamo essere salvati”. In tutto questo la figura del Papa riveste un ruolo di basilare importanza, perché per i cristiani è il Vicario di Cristo, cioè la massima autorità spirituale, e per i non cristiani rappresenta sempre una “Voce” morale autorevolissima.
    Ne è ben convinta la massoneria, la quale, consapevole della potenza soprannaturale della Chiesa, vuole neutralizzare la sua forza spirituale proprio dall’interno, coinvolgendo Vescovi, Cardinali e lo stesso Papa, al fine di indebolire tutto il tessuto socio politico della Nazione, in particolare dell’Italia, sede del Papato, (di quello vero), ma anche allo scopo di rendere più debole e vulnerabile il mondo intero per poterlo più facilmente manovrare in vista dell’instaurazione del “Nuovo Ordine Mondiale” assoggettato a Satana, dal quale essi credono (poveri illusi) di avere potere, successo e denaro. Le dispute sulla Santissima Trinità sono cose di vecchi tempi che non interessano più, dicono gli orchestratori del Male, ma c’è una mossa strategica “vincente” per far crollare tutti gli uomini in massa e subito, ed è quella del sesso liberalizzato, anzi imposto come diritto-dovere.
    Infatti chi avrebbe mai potuto escogitare un programma più diabolicamente perverso come quello del “gender”, imposto come obbligo scolastico sin dall’asilo, per distruggere l’umanità in massa e in fretta, riducendo l’uomo a povero idiota senza cervello, in balìa delle sue tendenze più basse, se non la massoneria che ormai imperversa ovunque perché non trova più opposizione nemmeno da parte della Chiesa? Molti laici, associazioni, scuole ecc. si sono mobilitate per rivendicare il diritto del bambino ad avere un padre e una madre in una famiglia costituita da un solo maschio e da una sola femmina, come è stato sempre nella storia dell’umanità.
    Ma quale voce da parte della Chiesa si è alzata per tuonare contro questo crimine? Si tuona contro le ingiustizie sociali, contro la Chiesa ricca, contro i morti a Lampedusa, però non si sente nessuna autorità ecclesiastica, ancor meno Papa Francesco, che punti il dito contro questo crimine diabolico contro l’umanità, il più pericoloso in assoluto di tutti i crimini perché si uccide l’innocente nel corpo e nell’anima! La Chiesa preferisce ignorare, tacere, peccando di gravissime omissioni di cui il Signore chiederà conto a ciascuno a seconda delle sue responsabilità.
    Oppure si sente qualche debole e incerto commento, come da un’intervista di Mons. Paglia, discorso talmente nebuloso che la gente capì così: “Cari amici omosessuali, fate pure quello che volete che è nel vostro diritto, purchè non abbiate la pretesa di chiamare matrimonio la vostra unione!”. Assurdo! Inconcepibile! Perché bisogna spiegare che al di là dell’assurdità di chiamare matrimonio qualunque unione e del diritto del bambino di avere un padre e una madre, la Chiesa deve avere il coraggio di andare oltre e di affermare con forza che si tratta di atti intrinsecamente contro natura, che creano sofferenza, malattie e morte, e che si possono vincere con l’aiuto di Dio, come moltissimi stanno facendo nel silenzio dei media. Ma chi parla chiaro? Di chi hanno paura? Delle lobby gay, del loro potere, dei loro ricatti e delle loro ritorsioni.
    Sono le stesse e potenti lobby gay massoniche che spadroneggiano anche in Vaticano a dettare le “linee guida ecclesiastiche” a tal punto da costringere un grande Papa come Benedetto a dare le dimissioni, chissà dietro a quali terribili ricatti, proprio nel periodo in cui, guarda caso la coincidenza, egli trovò il coraggio di fissare dei grossi paletti all’avanzata dell’omosessualità nella Chiesa e nei Seminari!
    Non per nulla fu scelto un successore, Bergoglio, già noto negli ambienti ecclesiastici per la sua visione più “liberale” il quale, sin dal primo momento della sua elezione, promise grandi riforme, grandi cambiamenti nella Chiesa. La Chiesa si può “riformare” in meglio ma anche in peggio, a tal punto da farle perdere la sua “identità soprannaturale”, come ha fatto Lutero. E che l’artefice di questo possa essere un monaco come Lutero o Vescovi eretici come Ario o Nestorio, o un Papa come Francesco, poco importa al diavolo, quando il consacrato perde la bussola e si propone ufficialmente come grande riformatore, forse anche in buona fede, questo non lo sapremo mai, però i risultati finora sono chiari: la massoneria sta imperversando nel mondo partendo dai diritti gay, grazie alla subdola collaborazione di politici e di ecclesiastici di spicco. E’ inutile che fingiamo che sia normale ciò che sta accadendo nella Chiesa perché ci consola il fatto che folle numerose osannano Papa Francesco fino alle lacrime!
    Se ai tempi di S. Caterina da Siena e oltre, durante il travagliato periodo dello scisma d’Occidente che durò più di quarant’anni a partire dal 1400, con Papi, contro Papi e anti Papi fino ad averne anche tre contemporaneamente, c’erano personaggi illustri e perfino gli stessi santi che optavano o per l’uno o per l’altro in assoluta buona fede, tanto grande era la confusione, perché non deve essere concesso anche a noi, poveri cattolici frastornati da tante brutte vicende del terzo millennio nella società civile e anche religiosa, avere le nostre perplessità davanti alla presenza di due Papi viventi? Due che vestono lo stesso abito papale, che risiedono entrambi in Vaticano, uno che si fa chiamare Sommo Pontefice emerito, e l’altro Vescovo di Roma? Ricordiamo, ad esempio, il controverso pontificato di Giovanni XXIII, (1410-1415) (nell’elenco ufficiale dei pontefici non è riconosciuto come Papa legittimo perché fu deposto dal Concilio dopo cinque anni, così da rendere possibile che il suo nome e il suo numero fossero assunti nel 1958 da Papa Roncalli). Questo Papa era il terzo vivente, e si contendeva il primato petrino assieme a Gregorio XII romano, e a Benedetto XIII Avignonese, finchè vennero deposti tutti e tre, perché i Cardinali, dopo interi decenni di lotte, scandali e divisioni all’interno della Chiesa, decisero di nominare, nel Concilio di Costanza, un solo, legittimo Papa, e scelsero Martino V, al secolo Oddone Colonna. Ma anche lui non ebbe vita facile. Mi permetto di segnalare, a tale proposito, due libri di Roberto de Mattei “Vicario di Cristo, Il primato di Pietro tra normalità ed eccezione, ed. Fede & Cultura, e “La Chiesa nella tempesta”, Sugarco Edizioni.
    Siamo tutti in trepidante attesa del Sinodo voluto da Bergoglio sulla famiglia perché, dalle premesse “a vasto raggio” che circolano e dalla intervista rilasciata dal Card. Maradiaga, braccio destro del Papa, al quotidiano tedesco “Kolner Stadt-Anzeiger” ci sono frasi che destano molta preoccupazione, come questa: “Per quel che riguarda il matrimonio Cristo dice “ciò che il Signore ha unito, l’uomo non può separare. Sono parole che non si discutono. Si possono però interpretare!”. “Interpretare” come? Quando Cristo afferma che “il vostro parlare sia si, si; no, no perché il resto viene dal maligno!”. Che non si venga a dire, come sempre, che sono i giornalisti a male interpretare, per favore, perché ormai abbiamo la possibilità di verificare tutti i discorsi dalle vere fonti.
    Più che confermare i fratelli nella fede sembra che Bergoglio sia più preoccupato di confermare tutti nel dialogo interreligioso. Infatti grandi perplessità ha suscitato domenica 19 gennaio, nella giornata dei migranti, quando ha esortato l’Italia ad accogliere tutti i rifugiati con l’impegno di: “custodire i valori delle loro culture di origine”. Cosa significa? Altra frase enigmatica. Che i migranti non sono tenuti a rispettare nemmeno la costituzione dei paesi che li ospitano, ignorando o disprezzando leggi, fede e costumi di chi li accoglie e li mantiene? Più dignitoso per tutti sarebbe invitarli a rimanere nella loro terra d’origine investendo per loro in attività agricole o artigianali, visto che quasi tutti hanno una casa e un campo da far fruttare. Significa forse che l’annuncio della buona novella di Cristo ai “pagani” non serve più perché essi devono custodire gelosamente le loro culture di origine, anche quelle che prevedono la lapidazione, l’infibulazione, la poligamia, i riti magici, tribali, ecc. perché l’evangelizzazione è diventata, secondo il Papa, una “solenne sciocchezza”?
    L?enigma Papa Francesco. Terza e ultima parte ? di Patrizia Stella | Riscossa Cristiana

    CAVALLI E CAVILLI DI TROIA
    In margine al cardinal Walter Kasper e dintorni
    di L. P.
    Nella nostra quotidiana escursione per i territorii della classicità, ci siamo inoltrati per le ampie e fascinose pagine di Aulo Gellio – Le Notti Attiche – ove abbiamo còlto il passo del libro XII - capitolo 11, che così recita:
    “Alius quidam veterum poetarum, cujus nomen mihi memoriae non est, Veritatem Temporis filiam esse dixit”
    cioè: un altro degli antichi poeti, del quale mi sfugge il nome, disse che la Verità è Figlia del Tempo. (cfr. Notti Attiche – ed. Rizzoli 1997 II v. pag. 874).
    Lo scopo di questo nostro intervento non mira al commento dell’erudito latino ma intende adottare il suo pensiero, o meglio, la sua informazione, perché ci sembra che l’aforisma rispecchi, e assai lucidamente, quanto sta verificandosi nell’Istituzione Unica, Delegata alla Custodia e alla Diffusione della Verità, la Chiesa Cattolica.
    La logorrea che, dal Concilio in poi, si è fatto costante forma e mezzo di catechesi, da un anno in qua, sotto il segno del pontificato attuale di papa Bergoglio, sta trasmutandosi, col concorso dei massmedia mondiali a cui non pare vero inzuppare il biscotto nelle cappellate che giornalmente escono dalla sacre stanze, in un turbinìo vorticoso di voci, ognuna impegnata a cantare su un personale spartito ora etico, ora sociologico, ora politico, ora dogmatico.
    Il Papa domina sui massmedia con un tripudio di testate che fanno a gare a chi celebra e vende di più, le Conferenze episcopali predicano il regno della terra, i parroci interpretano liturgìe sempre più personalizzate, i cristiani adulti, superato da tempo Marx, scoprono e commentano Vattimo e Kikko, i laici atei disquisiscono su teologia e conversano con eminenze e gerarchia.
    Ma non si pensi a chissà quale diaspora del pensiero ché, a vista dal basso, sembra strategìa diversiva di individuali iniziative, mentre osservata dall’alto appare come moto che persegue, per vie singole, lo stesso fine: l’attuazione della Chiesa Universale.
    A ciascuno il compito proprio. Nel dare inizio al recente Sinodo, il Papa ha conferito il ruolo di apripista al cardinal Walter Kasper, teologo tedesco di vecchio e certificato puzzo di eresìa. E la questione che maggiormente ha dominato, e dominerà non solo il prossimo Sinodo di ottobre ma tutto il periodo precedente, e già fin da ora, è la questione matrimoniale, intesa nella più larga accezione problematica.
    Papa Bergoglio ricorderà che la chiave della riuscita sta in tre magiche parole: permesso, grazie, scusa; ci dirà che altra chiave sta nel coraggio della felicità – concetto che nessuno ha saputo spiegare. Egli va avanti con siffatti vuoti semantici trionfante nel turbinìo festoso dei massmedia e tutti distraendo mentre, nel frattempo, gli ascari della demolizione lavorano in silenzio, o quanto meno, all’ombra della sua protezione.
    Essi si premurano di rendere insindacabile ogni parola del Pontefice comminando l’ostracismo, come è avvenuto in quel circolo esclusivo di Radio Maria, quanti osano, con umiltà e con franchezza, denunciare la deriva massonica della Chiesa.
    E’ il “Vangelo secondo Francesco” la cui interpretazione va fatta “sine glossa”, mentre, sempre nello spirito della “veritas filia temporis”, è il Vangelo che va interpretato “cum glossa”.
    Ed, infatti: cosa ci viene a dire il cardinal Maradiaga, uno del C8?
    “Il matrimonio sacramentale è indissolubile, però… chi può dire quanto sia valido un matrimonio se non sappiamo cosa passa nella testa degli sposi al momento di dire sì?”.
    Come dire: caro Gesù, tu hai sancito la legge ma sai bene che essa va interpretata nello spirito dei tempi, c’è di mezzo la libertà di coscienza, ed oggi la maggior parte dei matrimonii fallisce. Possiamo tener lontani dalla Comunione ecclesiale questa legione di peccatori? Noi stiamo studiando, caro Maestro, un espediente per poter, non dico cancellare ma – consentici - di aggirarlo questo tuo comando in nome della “tenerezza e della misericordia” che tanto preme a papa Francesco. Il quale, giust’appunto giorni or sono, nell’ennesima intervista salottiera – Corriere della Sera 5 marzo scorso – ha testualmente affermato – contraddicendosi, obietta qualcuno che poverino non sa, però, considerare il “contesto”, sì il contesto – che è vero che la casistica è una trappola per gli uomini e contro Dio ma è altrettanto vero che i casi sono tanti sì che è necessario “vederli e valutarli nella loro varietà”.
    Eh sì! I casi sono tanti, diceva Geppetto al suo burattino, e questi casi sono i segni pilota a cui la Chiesa, delegata a conservare il Depositum Fidei nel solco della Tradizione inalterata, va dietro, anzi, ci accompagna. Papa Bergoglio dice che bisogna valutare ogni singola esperienza, senza preclusione dogmatica e camminare insieme con nel cuore la misericordia!
    Ci sale un’osservazione semplice e forse banale: ma non c’è, delegato all’ufficio di questo esame, il Tribunale della Sacra Rota? Non sarà, allora, questo un cavillo “di Troia” per eliminarla e rendere automatico, e giustificato ogni divorzio? In fondo, come attesta Sua Santità, ci sono donne che, divorziate e con sulla coscienza anche l’aborto, ora hanno trovato la dimensione di pace in un nuovo matrimonio reso felice da molti figli. Che cosa potrà fare e dire il confessore?
    Caro papa Bergoglio, noi pensiamo che a questo punto anche il confessore, che già è sparito dai seminarii per far posto allo psicanalista, sarà, con quest’altro cavillo di Troia, messo in disarmo e ospitato nel museo della Chiesa tridentina.
    Ma non faccia troppo conto sulla sua capacità rivoluzionaria che la stampa mondiale celebra con tonnellate di trionfi e di applausi, perché questa è la strategìa fin troppo smaccata del Principe di questo mondo che lusinga la Chiesa ad entrare nel mondo, capovolgendo così il comando di Cristo che assegnava alla SUA CHIESA la missione di portarlo a Sé.
    “Noi non abbiamo bisogno, come dicono i giornali, di una Chiesa che si muova col mondo. Abbiamo bisogno di una Chiesa che muova il mondo” ( G. K. Chesterton).
    Cavalli e cavilli di Troia - di L. P.


  6. #126
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    ORDINI
    Rino Cammilleri
    Ha scritto Antonio Socci su “Libero” (5 gennaio 2014): “Secondo le statistiche ufficiali dal 1965 (quando finisce il Concilio) al 2005, i membri della Compagnia di Gesù (i gesuiti) sono crollati del 45 per cento, i salesiani del 24 per cento, i Frati minori (francescani) del 41 per cento, i Cappuccini del 29 per cento, i Benedettini del 35 per cento, i Domenicani del 39 per cento”. Speriamo che almeno le Orsoline, dopo l’applaudita performance pop di suor Cristina a “The Voice”, siano in ripresa…
    Antidoti » Blog Archive ORDINI » Antidoti

    In verità vi dico: potete e dovete “giudicare” il prossimo!
    "La grande marcia della distruzione mentale proseguirà. Tutto verrà negato. Tutto diventerà un credo. È un atteggiamento ragionevole negare l’esistenza delle pietre sulla strada; sarà un dogma religioso affermarla. È una tesi razionale pensare di vivere tutti in un sogno; sarà un esempio di saggezza mistica affermare che siamo tutti svegli. Accenderemo fuochi per testimoniare che due più due fa quattro. Sguaineremo spade per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Non ci resterà quindi che difendere non solo le incredibili virtù e saggezze della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile: questo immenso, impossibile universo che ci guarda dritto negli occhi. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Saremo tra coloro che hanno visto eppure hanno creduto."
    Sono parole di Chesterton, e sono state la sua ulteriore profezia: sta parlando dei nostri giorni, ma ne ha scritto un secolo fa. Con queste parole mi piace iniziare questa mia improvvisata riflessione di mezzanotte.
    ***
    Questa storia qui che “non si giudica” e che si rovescia nell’esatto contrario. Non si giudica cosa? Le persone e il cuore delle persone, nel cui scrigno i segreti solo Dio conosce. E giudicherà. Non possiamo anticiparne la sentenza, anche perché non la si conosce, o almeno non sappiamo a quali attenuanti o aggravanti vorrà ricorrere. Siamo d’accordo, su questo. Tuttavia, si è abusivamente esteso questo divieto a tutta una serie di risvolti che nient’affatto sono esentati dal giudizio umano. E lo si è fatto non esattamente in buona fede, ma per sentirsi ciascuno in licenza di fare e dire ciò che vuole “tanto nessuno mi può giudicare”, solo Dio, e non è detto esista, e se esiste è il Dio della “misericordia”, ossia, per come la vedono loro, della condiscendenza, delle amnesie totali, delle amnistie generali e, magari, della complicità.
    Certo, nessuno vuol giudicare l’anima delle persone e i segreti dei loro cuori, anche se molti hanno quel sesto senso, oserei dire quella sensibilità di leggere entro le pieghe di molti animi. Ma neppure questo basta a trasformare l’intuizione profonda in giudizio, almeno in giudizio pubblico di condanna, quantunque quasi sia un istinto (o una tentazione istintiva) connaturata all’uomo.
    Ma esiste una dimensione pubblica della colpa, un momento in cui i segreti del cuore al giudizio di Dio soltanto sottoposti, si trasformano in pensieri, parole, opere, omissioni, qui e ora, sulla terra, e i cui riverberi si estendono su tutti noi. Ecco, è questo il momento esatto in cui il “giudizio” cessa di essere soltanto sfera di competenza del divino e diventa anche non privilegio, non abuso, ma dovere preciso, e obbligo di ogni cristiano. Di segnalare con la denuncia onesta e rispettosa, anche se forte una cattiva azione od omissione di un qualcuno che ha perpetrato o permesso il male, foss’anche solo limitato al contesto religioso… e anzi a maggior ragione. Malazione che non può che nascere da un cattivo animo.
    Ora, in ogni pagina del Vangelo, IN OGNI PAGINA, si riportano giudizi su azioni o omissioni dei diversi protagonisti che hanno condotto al male, e a questi si aggiunge il giudizio che segnala l’origine delle cattive azioni di tanti, radice che è quasi sempre allocata nel cuore: “ipocriti” è una sentenza che ricorre spessissimo in quelle pagine, pronunciata molteplici volte dallo stesso Gesù, con la quale si dice, in pratica, che la parvenza formalmente corretta di un’azione è in contrasto con l’animo malevolo e magari corrotto di chi l’ha compiuta. È quando Gesù parla dei “sepolcri imbiancati”, ad esempio: sepolcro imbiancato non è necessariamente sempre chi accusa, ma anche chi difende… magari pure l’accusato di aver compiuto il male, il corrotto. Persino chi dice “chi sei tu per giudicare?” persino costui può essere il sepolcro imbiancato: anzi, quasi sempre è lui il vero sepolcro imbiancato. Stiamoci attenti a questa cosa!
    I “giudizi” espressi nelle vicende evangeliche, dunque. Si dirà: ma quello era Gesù e poteva! Come no, certamente! Ma è lo stesso Gesù che indica quasi un metodo per riconoscere le incoerenze, per vagliare e dunque giudicare, additare e condannare le stesse azioni cattive degli uomini.
    A un certo punto Gesù chiama Pietro in disparte e gli dice che se qualcuno, “un fratello” sbaglia, tu devi prenderlo da parte e farglielo notare. Ma se continua imperterrito allora lo devi portare davanti all’assemblea e accusarlo pubblicamente. Detto questo, Gesù fa un’operazione difficilmente spiegabile, enigmatica: all’improvviso accusa ad alta voce Pietro davanti a tutti, lo prende a male parole senza averlo prima redarguito in privato.
    Abbiamo una coscienza, e non è fatta solo per auto-giudicare le nostre stesse azioni e lo spirito con cui le abbiamo compiute; serve anche ad applicare lo stesso meccanismo per il vaglio delle azioni altrui. “Chi sono io per giudicare?” Una bestialità, si dirà, avrà detto quel funesto giorno il papa. Perché, mettiamocelo in testa, chi crede che a, prescindere, nulla e nessuno sia “giudicabile”, che lecita è l’immunità e l’impunità di chiunque perché a Dio solo spetterebbe giudizio e condanna, non è né per rispetto a Dio né al prossimo che parla così; così pensa e dice perché vittima fra le tante del relativismo strisciante, di quella cattiva coscienza che professa quel “tutto uguale a tutto” e dunque tutto “è lecito” se solo “a me piace”, dove si smarrisce non solo il senso del peccato e la nozione di colpa, ma persino l’idea stessa di giustizia e di coscienza. In nome della maestà del “Secondo Me”, vera detronizzazione di Dio e del suo tanto sbandierato (a parole, respinto nei fatti) “giudizio”.
    Convinciamocene: il decalogo, il vangelo, la bibbia, il magistero, sono libretti di istruzioni per farci individuare le cose sbagliate, in pensieri, parole opere e omissioni. “Istruzioni” che servono a esaminare anzitutto la nostra vita e la nostra coscienza per avere certezza che queste siano in sintonia con Dio; ma allo stesso tempo e per la stessa ragione, tale esame si può estendere, seppure entro certi limiti, alle azione altrui. E talora si deve. Esiste una dimensione privata ma anche pubblica e sociale del peccato, del peccato individuale.
    Ma oggi se qualcuno, sovente un religioso, fa una cosa discutibile, contro le regole, contro persino la legge di Cristo si dice… quasi si intimidisce con un “non si deve giudicare” chi osasse far rimostranze; perché a prescindere dall’azione di un tale ci starebbero un tot di cose, intime, che non sappiamo e solo Dio conoscerebbe. Per cui si arriva all’assurdo di qualcuno che sostiene dal pulpito (sovente televisivo) che il quadrato è tondo, ma guai a giudicarlo per quel che è, un imbecille, perché - ed è questa la ragione di fondo – la verità nella sua assolutezza “non esiste”, ordunque il quadrato può essere tondo e il tondo triangolo. Tutto è relativo.
    Talora il “non giudicare” peloso di molti si rovescia e si trasforma in un giudizio spietato e feroce su chi sta cercando di porre rimedio o fine a un pubblico scandalo, dicendo che un cerchio non può essere quadrato, tacciati, maschini!, di essere “integralisti”, “ipocriti”, “bacchettoni”, magari pure “fascisti”. Ed è, paradossalmente, anche un giudizio sulla persona additata dalla presunta mandria di “ipocriti”, dalla comunità cristiana cioè, e “difesa” dal generalista “non giudicare” di un tale che deve atteggiarsi a buono e umile, per diritto divino, della situazione (si giudica in ogni caso, in bene e in male: Cristo in realtà intendeva vietare entrambi). Ma che in genere non è per delicatezza e pietas christiana che s’appella senza discernimento a tale proibizione divina, il “non giudicare”: egli pure vede l’errore di quel soggetto “additato”, solo che non lo riconosce come tale, come peccato. Semmai come un “diritto”. Perché è d’accordo con lui. O perché, magari, è il medesimo peccato al quale egli stesso vuol aver diritto. Dispensato non solo dal giudizio degli uomini, ma financo da quello del Dio detronizzato… per troppa altrui “umiltà” frammista a “bontà”. Ossia dalle ideologie dell’umilismo e del buonismo. In una parola: dagli ipocriti.
    In verità vi dico: potete e dovete ?giudicare? il prossimo! | La cuccia del Mastino

    “Bergoglio: Il papa che sta cambiando il mondo”. Ma va’ là!
    Di Antonio Margheriti Mastino
    Uso questa parola in tutta la sua accezione negativa, perché di positivo nulla ha né mai avrà, è la parola diabolica per eccellenza: rivoluzione. Ecco, le rivoluzioni, iniziano sempre dalle parole: manipolandole, abolendole, proibendone alcune e sostituendole con altre: pure la rivoluzione liberal-radicale con il suo politically correct, che all’inizio da quegli imbecilli che siamo ci sembrò tanto figo tutti quanti caricandocelo carponi in groppa, pure quella ha iniziato la sua marcia trionfale dalle parole: non si dice “spazzino” ma “operatore ecologico”, non si dice “cieco” ma “videoleso” e poi manco più così ma “non vedente” e poi… “non si dice e basta”. E così per i bidelli, i negri, i froci, gli immigrati. Le parole sono pesanti, le parole sono pietre. Le parole “sono uomini” diceva il poeta Hikmet...
    Vado in edicola e vedo un newsmagazine. Grande foto del papa. Poi il titolo: “Il segreto di Bergoglio: il papa che sta cambiando il mondo” (e, va da sé, “la Chiesa”). E ti ricordi titoli simili tributati nell’ordine a Giovanni XXIII, Giovanni Paolo I financo con i suoi soli 33 giorni di papato, e Giovanni Paolo II. Benedetto XVI no, lui portava il mondo “indietro di 200 anni”, anche perché parlando parlava chiaro strafottendosene di giornalisti e titoli di giornali, e ancora più del loro consenso… e allora ecco il “reazionario” a detta loro. Ma questo di mò… ‘sto papa, questo “cambia il mondo”.
    Di grazia: cosa cazzarola avrebbe fatto di preciso?
    Nel frattempo, mentre il mondo starebbe cambiando, persino ad opera (Dio solo sa come!) di un papa, nelle scuole aumentano i corsi obbligatori di omosessualizzazione coatta, a Londra (dove fra l’altro si alimenta il riscaldamento con i feti abortiti) i cattolici non vengono assunti o sono licenziati perché tali, in Medioriente vengono martirizzati a getto continuo e intere etnie cristiane scompaiono nel sangue; l’aborto, l’eutanasia persino dei bambini, la pedofilia strisciante e istituzionalizzata, la zoofilia, le leggi familicide, l’obbligo per le scuole cattoliche di censurare brani della Bibbia scomode per il pensiero unico dominante, i “matrimoni” gay … questo, tutto questo carrozzone infernale procede nella sua mortifera marcia trionfale.
    E allora cosa starebbe cambiando e dove Francesco?
    A domandarlo ai giornalisti – anche “cattolici”, e va da sé organici al pensiero radicale e più a sinistra di quelli laici – che gli tributano il cambiamento del mondo, s’imbarazzano, brancolano nel buio, balbettano parole a caso sentite dire da qualche parte: “misericordia”, “nuova faccia”, “cambiamento”, “liquidazione”. Non più del mondo, attenzione, ma della stessa Chiesa. Quella di “prima”, come ne esistesse una per ogni stagione. Ed ecco dove casca l’asino del giornalista presunto “franceschista”, nel lapsus freudiano: dicono cambiare il mondo, ma per non svelare la loro vera intenzione: “liquidare” la Chiesa, come non fosse diventata da un anno a ‘sta parte già abbastanza liquida di suo. Chiesa dalla quale si pretende “apertura”. Ossia il rompete le righe generale. Che è ben oltre la “misericordia” che apre le braccia: vogliono apra anche le gambe, la Chiesa. Al mondo.
    Dunque il papa sta “cambiando il mondo” dice, dicono.
    Io mi chiedo piuttosto se non avesse ragione Flaubert, quando notava che è Dio che ha creato il mondo, ma è il diavolo a portarlo avanti.
    ?Bergoglio: Il papa che sta cambiando il mondo?. Ma va? là! | Qelsi









    "Questo Papa non mi piace, e dirlo è un preciso dovere"
    Il giornalista e scrittore Alessandro Gnocchi: "Lo dispone il codice di diritto canonico. Francesco ha “assolto” al telefono il mio amico morto 24 ore dopo l'uscita del libro: “Le critiche fanno bene”"
    Stefano Lorenzetto
    Vittorio Feltri, pur dichiarandosi non credente, dice che non bisogna mai parlare male del Papa e cita a mo' d'esempio il caso di Umberto Bossi, che nel 2004 attaccò Giovanni Paolo II e pochi giorni dopo fu colpito da ictus cerebrale. «Essendo cattolico, le superstizioni non mi sfiorano», sorride mesto Alessandro Gnocchi, che firma con Giuliano Ferrara e Mario Palmaro il saggio Questo Papa piace troppo, «un vademecum al vetriolo» - così lo presenta l'editrice Piemme - contro Jorge Mario Bergoglio: «I gesti e le parole di Papa Francesco sono un campionario di relativismo morale e religioso; le sue esibizioni di ostentata povertà stucchevoli e ben poco francescane; la sua proclamazione dell'autonomia della coscienza in palese contrasto con il catechismo e il magistero dei papi precedenti».
    Anche a Gnocchi, per la verità, è accaduto qualcosa di terribile. Mercoledì 12 marzo, appena 24 ore dopo che il volume era arrivato nelle librerie, ha dovuto accompagnare al camposanto Palmaro, 45 anni, l'amico di una vita, del quale nel 1998 era stato testimone di nozze insieme con Eugenio Corti, autore del celebre romanzo Il cavallo rosso. «Martedì 4, ormai consumato dal cancro al fegato, ha voluto inviarmi alcune integrazioni per il nostro articolo sulla relazione con cui il cardinale Walter Kasper aveva aperto il concistoro sulla famiglia, uscito l'indomani sul Foglio: conservo le note battute al computer con caratteri rossi come se fossero una reliquia. Giovedì 6 ha fatto in tempo a vedere la copia staffetta di Questo Papa piace troppo: era felice. Domenica 9 ha reso l'anima a Dio».
    Ma è il modo in cui quest'anima è tornata a Dio che forse dovrebbe impressionare, più del libro, l'augusta persona oggetto degli strali di Gnocchi e Palmaro. «Sono arrivato a casa di Mario alle 19.30. Al capezzale c'erano la moglie Annamaria con i figli Giacomo, 14 anni, Giuseppe, 12, Giovanna, 8, Benedetto, 7, la matrigna, perché la madre morì nel 1968 partorendolo, e due vicine. L'agonia è stata dolorosa, tremenda. Alle 22 abbiamo cantato il Salve Regina. Alle 22.10 è spirato».
    Adesso guardi, a pagina 35, il capitolo iniziale dell'ultimo libro, con quell'intestazione assai più assertiva del titolo, «Questo Papa non ci piace», e quella firma commerciale, «di Gnocchi & Palmaro», e potresti scambiarlo per un copione farsesco alla Garinei & Giovannini o per un pamphlet ingiurioso. Invece la poco premiata ditta Gnocchi & Palmaro, ben nota ai lettori del Giornale, è stata un'autentica fucina di libri - una ventina - sempre molto documentati, rigorosissimi, dettati soltanto da ardore apologetico nella difesa della Chiesa, della tradizione, della dottrina e della morale, in una parola di quello che un tempo si definiva «depositum fidei».
    Gnocchi, 54 anni, bergamasco di Villa d'Adda, sposato, tre figli, è giornalista professionista dal 1992. All'anulare sinistro porta, unito alla fede nuziale, un rosario d'oro di forma circolare; un altro rosario da frate trappista, con i grani di legno che sembrano chicchi di caffè, il teschio ai piedi della croce e otto medagliette sacre ciondolanti, lo tiene nella tasca dei pantaloni. Laureato in filosofia alla Cattolica, ha scritto come free-lance per Gente e Oggi prima d'essere assunto a Historia e poi a Tv Sorrisi e Canzoni. Oggi lavora per i periodici Mondadori. È considerato il maggior studioso di Giovannino Guareschi, al quale ha dedicato cinque saggi, oltre a due antologie scritte in collaborazione con Palmaro. «L'amicizia con Mario nacque proprio da una recensione che dedicò nel 1995, sul Cittadino di Monza, al mio primo saggio sull'inventore di don Camillo e Peppone».
    Perché è innamorato di Guareschi?
    «Don Camillo fu l'unico libro che mio padre, un operaio, mi regalò. Avevo 14 anni. Non ho più smesso di leggerlo».
    Com'è approdato al giornalismo?
    «Avrei voluto fare il ricercatore, ma l'università non garantiva il pane. Cominciai a collaborare al Candido, il settimanale fondato da Guareschi. Due colleghi, Maurizio Cabona e Alberto Pasolini Zanelli, mi trovarono un posto nella segreteria di redazione del Giornale diretto da Indro Montanelli. Era il 1987».
    In che modo si definirebbe?
    «Cattolico tradizionalista. Partecipo alla messa tridentina che si celebra la domenica alle 9 nella chiesa di Santa Maria della Neve a Bergamo. Non provengo da una famiglia bigotta. A 8 anni feci le prove per diventare chierichetto, ma resistetti solo due settimane».
    Che cosa non la convince di Papa Francesco?
    «Il consenso generale di cui gode. Il Vangelo insegna: “Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi”. Luca 6, 26. Mi allarma l'assoluta omogeneità con i mass media, ai quali è sensibilissimo. Crede di servirsene, invece lo usano in chiave mondana. Ormai è costretto a dire solo ciò che s'aspettano da lui».
    Che altro?
    «Ha demolito lo spirito della liturgia. Porta una croce pettorale che “deve” sembrare povera. In realtà è d'argento, non di ferro. Ma pare fatta apposta per attirare l'attenzione sulla persona che la indossa, più che su Colui che vi è appeso. Anche quell'incomprensibile decisione di abitare nella Casa Santa Marta, anziché nel Palazzo apostolico... È come se rimproverasse ai predecessori d'essere stati fuori posto».
    Dice che là si sarebbe sentito solo.
    «Ma il Papa è solo! L'uomo più solo che esista al mondo. Dei precedenti pontefici percepivo che erano diversi da me. In Francesco non colgo il senso del sacro».
    «La Chiesa è un ospedale da campo dopo una battaglia», ha spiegato, non una fortezza. «È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti».
    «Come dire che al malato non va imposta nessuna terapia. Invece io penso che la medicina per chi è lontano da Cristo sia molto amara. È l'aspetto forse più inquietante del suo magistero: far credere che vi sia un'alternativa insanabile fra rigore dottrinale e misericordia. Ma il Padreterno è prima di tutto giusto nel distribuire premio e castigo. Se fosse solo buono, non avremmo motivo di migliorarci. Quando poi il Papa in un'intervista a Eugenio Scalfari arriva a dire “io credo in Dio, non in un Dio cattolico, non esiste un Dio cattolico”, è arduo per L'Osservatore Romano o Avvenire dare la colpa a una frase estrapolata dal contesto».
    Perché avrà invitato a pranzo proprio Scalfari?
    «Qualche consigliere gli avrà fatto credere che La Repubblica era il pulpito perfetto per farsi ascoltare dai non credenti. Ma quella su Dio che non sarebbe cattolico è un'affermazione che acquista valore dottrinale anche se raccolta da un giornalista, perché nel mondo secolarizzato di oggi un'intervista conta assai più di un'enciclica, forma le coscienze. Il cattolico medio è ignorante, pensa che il Papa sia infallibile sempre, anche quando non parla ex cathedra. Ecco, Francesco ha trasformato un quotidiano laicista in cattedra, dando ragione a Marshall McLuhan, secondo il quale il mezzo è il messaggio. La stampa s'è erta a cathedra e veicola il verbo pontificio che più le fa comodo».
    In meno di sei mesi Francesco ha dato interviste anche alla Civiltà cattolica, alla Stampa, al Corriere della Sera, alla radio argentina Bajo Flores.
    «Dovrebbe parlare meno. Il silenzio è eloquente. Giovanni Paolo II evangelizzò di più con la sua muta agonia che non con tutti i viaggi apostolici. So di molti atei che si sono convertiti nel vederlo inchiodato alla croce della sofferenza».
    Dall'intervista che Leone XIII concesse nel 1892 a Caroline Rémy del Figaro a quella che Paolo VI rilasciò nel 1965 ad Alberto Cavallari del Corriere, trascorsero 73 anni. Ora non passa mese senza un'uscita pubblica.
    «Quando lavoravo a Historia, un collega propose: “Dovremmo intervistare il Papa”. Il caporedattore Gian Piero Piazza, un non credente, lo zittì: “Il Papa non concede interviste perché è un re”. Aveva colto in pieno la maestà del ruolo».
    Ma a un cattolico è consentito criticare il Sommo Pontefice?
    «È addirittura un obbligo sancito per i laici dal canone 212, paragrafo 3, del codice di diritto canonico: “In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli”. Non creda che sia stato facile, per Palmaro e per me, dire a nostro padre che cosa pensassimo di lui».
    E nemmeno conveniente.
    «Mi ha turbato il modo in cui padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria, ci ha cacciati dopo 10 anni di interventi trasmessi gratis et amore Dei. Non erano neppure passate 24 ore dalla sepoltura di Mario quando l'ho sentito infierire via etere, vantandosi del “bel repulisti” compiuto fra i conduttori: “Qualcuno ho dovuto farlo scendere dalla cattedra e metterlo su un semplice seggiolino”. Fra tanti denigratori, nessuno, neppure un prete, ha presupposto la nostra buona fede. Siamo stati inondati di mail e telefonate d'insulti, ci hanno cancellato le conferenze già fissate in giro per l'Italia. Non potendo demolire gli argomenti, sono state demolite le persone».
    Sa che cosa diceva Nello Vian, amico di Paolo VI e padre di Giovanni Maria Vian, quando il futuro direttore dell'Osservatore Romano da giovane osava avanzare qualche timida critica a un pontefice in carica? «Il Papa è il Papa e tu sei un furfante!».
    «Si vede che conosceva bene suo figlio. Battuta a parte, capisco l'argomento: il Papa ha sempre ragione. Vorrei tanto che fosse così. Ma bisognerebbe andare a rileggersi la profezia, tanto cara a padre Fanzaga, che la Madonna fece nel 1846 ai ragazzi francesi di La Salette, là dove dice che “Roma perderà la fede”».
    Come mai le gerarchie sono sempre pronte a bastonare i difensori della tradizione e a rincorrere gli atei?
    «Me lo chiedo anch'io. Ho visto Giovanni Zenone, editore di molti dei libri che ho scritto con Palmaro, relegato al ruolo di bidello e poi estromesso dall'insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Il vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, che dialogava in pubblico con Margherita Hack, ha giustificato la rimozione con presunte “carenze pedagogiche e didattiche”. Eppure Zenone, sposato, 6 figli, laureato, ha più titoli di tutti i suoi colleghi, è assiduo ai sacramenti, e tre mesi dopo il provvedimento ha ricevuto in Vaticano il premio Giuseppe Sciacca dalle mani del cardinale Darío Castrillón Hoyos con questa motivazione: “Docente di straordinaria perizia e qualità pedagogiche, ha dato impulso alla diffusione di una sana cultura teologica e storica, scevra da compromessi ideologici e unicamente orientata a superiori finalità spirituali nel rispetto della verità oggettiva, secondo il perenne insegnamento del magistero della Chiesa”».
    Ma lei che cosa si aspettava da un pontefice nato e vissuto in un Paese dove il 70% dei minori vive nell'indigenza e ogni 5 minuti una ragazza madre fra i 13 e i 17 anni partorisce un bimbo concepito per caso?
    «Chi diventa Papa, non è più lui: è il vicario di Cristo sulla terra, non l'arcivescovo di Buenos Aires. Anche se si chiama Francesco, dovrebbe tenere ben presente che i diseredati non sono più buoni per il solo fatto d'aver fame. La miseria non rende migliori. È il primo insegnamento che don Camillo impartisce a don Chichì, curato progressista: “La povertà è una disgrazia, non un merito”».
    "Questo Papa non mi piace e dirlo è un preciso dovere" - IlGiornale.it


  7. #127
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Allora si inginocchia!
    Radio Vaticana - Convertirsi non è questione di un momento, è un impegno che dura tutta la vita. Lo ha detto Papa Francesco, presiedendo la Celebrazione penitenziale, il pomeriggio di ieri 28 marzo in Basilica Vaticana. Durante il rito, il Pontefice ha confessato alcuni fedeli: prima, egli stesso aveva scelto di confessarsi con uno dei 61 sacerdoti e penitenzieri presenti. La celebrazione ha aperto l’iniziativa quaresimale del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione “24 ore per il Signore”.
    “A quanti incontrerete, potrete comunicare la gioia di ricevere il perdono del Padre e di ritrovare l’amicizia piena con Lui. E dire loro che nostro Padre ci aspetta, nostro Padre ci perdona e, di più, fa festa”.
    Vista la non difficoltà a vederlo in ginocchio in alcune occasioni, come ad esempio nell'immagine di ieri, resta una domanda che molti sacerdoti e fedeli si fanno. Perché questo papa non si inginocchia alla Consacrazione?
    Chiesa e post concilio: Allora si inginocchia!

    Papato, tempo, apostasia e autodistruzione
    F.COLAFEMMINA
    Cerco di leggere il meno possibile notizie e commenti che concernono la Chiesa Cattolica. Cerco, sinceramente, di limitare il senso di pena che sento montare in me, non tristezza o lamento gratuiti, ma pura pena.
    Povertà, misericordia, carità, tenerezza, tutti validi strumenti per erodere la dottrina, per distruggere la Chiesa, come l’abbiamo conosciuta, trasformandola in una sorta di setta evangelica. Per appiattirla sul mondo e le sue esigenze, per adeguarla alla mentalità dominante fra i fedeli che non amano essere “educati” o “guidati”, che sono assetati non di istanze superiori, ma di analogie dal basso. E’ una strategia vecchia come il cucco, la stessa – per dire – adottata da Giuseppe II d’Austria quando commissionò a Mozart “Le Nozze di Figaro”. Aristocratici e servitori uniti da brame, desideri, bassezze morali capaci di colmare ogni distanza sociale. E’ la medesima strategia di Francesco, papa di una Chiesa in piena apostasia. Il gesto “popolare” come cavallo di Troia della dottrina, della struttura, dei contenuti etici e teologici del Cattolicesimo. Tutto svuotato attraverso il continuo ricorso a questi quattro principi: povertà, misericordia, carità, tenerezza (e semplicità ossia celebrazione dell’informalità). Non c’è nulla di severo, nessuna condanna. Ieri, ad esempio, il predicatore degli esercizi spirituali quaresimali ha annunciato che l’uomo si è costruito un’immagine erronea di Dio, fondata sul terrore, sulla paura, sulla condanna, in sintesi sul “farisaismo”.
    Ecco, la Chiesa si autodemolisce. Resta l’appiccicosa e melensa lagna della misericordia e della tenerezza. Lagna perché alla misericordia si dà il senso di una porta sempre aperta, di una lettura consumistica della pietà e della pazienza divina che annienta il senso stesso del peccato e della redenzione. Si evocano solo il candore e l’assenza di pretese. Concetti che arrestano ogni accusa, perché come fai ad accusare qualcuno che si mostra candido e tenero, indifeso, autentico, povero, umile, praticamente un santo… Ma quando un “santo” non è affatto scomodo, non è un punto interrogativo per il mondo, non una pietra d’inciampo per il potere e la sua voce (i media), non un fastidioso pungolo per non credenti e cattolici pigri, non un temibile nemico per vecchi volponi di curia, bensì l’esatto contrario, allora c’è da chiedersi se questa “santità” non sia piuttosto un instrumentum regni funzionale proprio a quel “potere” che dovrebbe essere ostile ad ogni forma di santità, uno strumento strategico, insomma, ben pianificato dal collegio cardinalizio, ma viziato da una vetustà ideologica di fondo.
    Un anno fa fummo in molti a restare basiti dinanzi all’elezione di Francesco. Io forse più di altri. In un mio romanzo rimasto incompiuto proseguivo una sorta di “visione geopolitica” della Chiesa avviata ne “La serpe fra gli ulivi”. Nel mio primo romanzo, in una breve digressione, ricostruivo – era il 2009 – quel che sarebbe accaduto dopo Ratzinger. Una cordata di Cardinali (espressione della imponente quanto parassitaria massa di diplomatici vaticani), mossi dalla volontà di adeguare la Chiesa al nuovo paradigma unipolare sintetizzato dal relativismo e dall’anti-etica della società dei consumi promossa da Stati Uniti ed Europa, avrebbe continuato ad affondare la nave di Pietro nel fango degli scandali, con uno scopo ben preciso:
    “In realtà questi furfanti travestiti da uomini di Chiesa, le cui bocche stillavano miele ma i cui cuori erano anneriti dalla perfidia, preparavano il loro pontificato: quello in cui sarebbe stato eletto il vero Apostata, l’autentico Antipapa. Lo coltivavano blandendolo attentamente. Ne soddisfacevano ogni possibile desiderio, ogni ambizione, purché egli restasse nel silenzio: un cardinale tra i tanti. Al momento opportuno, quando la Chiesa sarebbe stata screditata, maltrattata, umiliata dalle Nazioni e dai loro statisti massoni ed illuminati, quando il Papa santo e retto sarebbe stato cancellato dal cuore dei cristiani assieme al suo altissimo magistero, soltanto allora avrebbero attuato il loro piano. Il nuovo papa sarebbe stato latinoamericano [...]“
    Nel nuovo romanzo che cominciai a scrivere nell’agosto del 2010 prevedevo l’elezione proprio di Bergoglio, nell’anno 2013. E prevedevo che questo nuovo pontefice avrebbe pian piano demolito la Chiesa dall’interno, cominciando dagli elementi di contesa con il “mondo”: vita, morte, sessualità. Prevedevo – non ci voleva certo una gran fantasia – che la demolizione sarebbe iniziata a partire dalla morale sessuale. Mi sbagliavo! E il mio errore è imputabile ad un certo candore, questa volta tutto mio. Solo oggi comprendo che gli strateghi dell’adattamento della Chiesa al mondo non potevano certo partire dal tema della “sessualità”, questo perché il mondo non tollera ingerenze in questo campo, né divieti, né concessioni. Non riconosce affatto in merito a tale aspetto della vita umana l’autorità della Chiesa. La riconosce invece laddove si parla di matrimonio, ossia di organizzazione della società. E’ dunque dal matrimonio, dal sacramento del matrimonio, che parte oggi la demolizione o l’adeguamento della Chiesa al mondo. Tutto il resto seguirà. Lo si attua a partire dall’introduzione della regola della società dei consumi: la possibilità di tornare indietro, la sostituzione del “per sempre” con il provvisorio. E la “pretesa democratica” dell’accesso al sacramento dell’Eucaristia. Il tutto introdotto attraverso la “misericodia” e la “cura pastorale”, come se la “dottrina” non fosse già pastorale.
    La famiglia è il centro dell’attacco che parte dall’esterno della Chiesa ed oggi viene ampiamente condiviso dalla Chiesa stessa. Sarà questo uno degli elementi centrali del breve pontificato di Francesco. Il prossimo, ad esempio, potrà occuparsi del celibato dei sacerdoti. Ma perché – vi domanderete – parlo di un pontificato “breve”? Perché è ormai una voce sempre più fondata quella che pone la scadenza del pontificato di Francesco nell’anno 2017, nel corso dell’ottantesimo compleanno di Bergoglio. D’altro canto non fu il Cardinal Hummes ad annunciare a Tornielli poco prima del Conclave dello scorso anno: “basterebbero quattro anni di Bergoglio per cambiare le cose”? E non è stato lo stesso Bergoglio ad annunciare a De Bortoli che di “papi emeriti” ce ne saranno altri nel futuro?
    Ebbene, il primo anno è già passato. Non sappiamo cosa accadrà nei prossimi tre, possiamo tuttavia con adeguata certezza affermare che la Chiesa cambierà volto. O più semplicemente imploderà. Le forze centrifughe di Bergoglio e compagni non hanno infatti fatto ancora i conti con l’episcopato mondiale e con i sacerdoti, ossia con l’oggetto principale degli strali quotidiani del Papa. Un Papa che ogni giorno demolisce la Chiesa invece di proteggerla, che pone se stesso come unico modello cui conformarsi – implicitamente – mentre il resto della cattolicità sarebbe più opportunamente da revisionare se non proprio da rottamare. Che sostiene di non essere nessuno per giudicare un peccatore, ma nella realtà tuona ogni giorno contro certi suoi fantasmi di vita cattolica che si sente pienamente autorizzato a disprezzare o condannare.
    E le progressive aperture ai divorziati risposati, ai conviventi, e a tutte le categorie che vanno sotto il nome di “periferie esistenziali”, finiranno per accrescere lo iato fra un Papa amato dalla gente perché dice ciò che la gente vuol sentirsi dire (“fate quel che vi pare, tanto io non vi giudico, non vi condanno, non vi ordino nulla!”), e un clero sempre più sull’orlo di una crisi di nervi, perché lasciato scoperto dinanzi ad un aggiornamento che sembra denunciare la presunta “ipocrisia” e il presunto “farisaismo” della Chiesa di ieri. Questa implosione che tecnicamente definirei apostasia si esplicherà in tempi forse neppure così lunghi. Non coinciderà certo con la fine della Chiesa, perché basteranno anche poche fiammelle a mantenere acceso e vivo il Corpo Mistico, tuttavia verranno minati tutti gli elementi chiave del Cattolicesimo: dal ministero petrino alla morale sessuale, ai sacramenti. Tutto è destinato a trascolorare in un vago quanto provvisorio miscuglio.
    Questa, si badi, non è una analisi disfattista, ma una semplice constatazione dei fatti. A noi non resta che pregare e continuare a vivere quanto più possibile da cattolici, cercando sempre più di disinteressarci ai fatti papali o vaticani in genere. Ne va della nostra fede!
    PAPATO A TEMPO, APOSTASIA E AUTODISTRUZIONE | Fides et Forma

    L’esaltazione della ghigliottina che ha desacralizzato il Papa tra falsi profeti e cattivi maestri
    Lettera del padre Ariel S. Levi di Gualdo al padre Antonio Rizzolo, direttore del mensile Jesus
    Caro Confratello.
    La rivista Jesus è divenuta una tale melassa di luoghi comuni di estrazione modernista da farla ormai apparire come un’appendice della esotica congrega bosiana del cattivo maestro Enzo Bianchi, vostra firma di punta assieme a Gianfranco Ravasi.
    Se l’autorità ecclesiastica avvertisse la propria naturale vocazione alla difesa della verità contro l’errore, anziché essere paralizzata nel ristagno originato dal peccato di omissione che genera la peggiore impotenza, la vostra congregazione religiosa sarebbe stata commissariata al posto di quella dei Francescani dell’Immacolata, ed al vostro giornale la Conferenza Episcopale Italiana avrebbe provveduto da tempo a togliere il titolo di “cattolico”, con relativa precisazione che Jesus per un verso, Famiglia Cristiana per un altro, non rappresentano il sentire della comunità cattolica italiana e quello dei vescovi che la guidano.
    Come spiegavo a un auditorio di Rieti pochi giorni fa durante una conferenza promossa dalla Fondazione Internazionale Tomas Tyn, oggi il peccato di omissione va per la maggiore tra i nostri vescovi, mentre il principio di inversione tra bene e male pare regnare sovrano. La conseguenza logica e al tempo stesso tragica è uno stato di ristagno che genere quella impotenza in virtù della quale tutti fanno tutto e nessuno reagisce, se non nei confronti di chi tenta di difendere la sana dottrina cattolica.
    Dopo che nel corso degli ultimi cinquant’anni il dogma è stato fatto a pezzi dall’ascia dei Rahner e degli Schillebeeckx, per poi seguire appresso con la dispersione dei brandelli sezionati per opera del prolifico esercito dei loro nipotini ideologici, la situazione odierna è quella di una Chiesa nella quale una non meglio precisata “dottrina” antropocentrica si è andata sostituendo a quella cristocentrica.
    Passo adesso a commentare una frase chiave apparsa sul tuo ultimo editoriale di Jesus: «E’ passato un anno dall’elezione di Papa Francesco, il 13 marzo 2013, ma la sensazione è che si siano fatti enormi passi in avanti nella Chiesa, riducendo quel ritardo di 200 anni di cui parlava il cardinale Martini». In occasione di questo anniversario bisogna «riflettere sulla Chiesa del futuro, sulle prospettive aperte dalla rinuncia di Benedetto XVI, gesto profetico che ha desacralizzato la figura del Papa, e l’elezione di Bergoglio che ha rimesso al centro il Vangelo».
    Sorvolo sui deliri fanta-ecclesiali dell’ultimo Carlo Maria Martini citato in somma gloria come un profeta e riguardo il quale pochi osano dire la verità a proprio rischio e pericolo. Proverò a dirla io con la devozione dovuta a un vescovo dalla sincera tenerezza di un sacerdote che reputa opportuno richiamare quanti fossero interessati a un’evidenza così solare: «Il re è nudo!».
    L’Arcivescovo emerito di Milano ha vissuto gli ultimi anni della sua vita ed è morto colpito da una profonda crisi di fede, lo dimostrano i suoi ultimi discorsi angosciosi e alcuni inquietanti libri-intervista. Se ne facciano una serena ragione, i devoti Martinitt. Perché se negli anni Settanta molti preti progressisti, anziché fare i confessori e i direttori spirituali si sono messi invece a giocare con le indagini psicanalitiche, inevitabilmente, quelle stesse tecniche d’indagine, finiranno all’occorrenza applicate simile modo ai preti stessi e a certi loro vescovi bandiera.
    Se li boni gesuiti compirono un’opera altamente meritoria, tale fu quella di smontare su La Civiltà Cattolica il libro di Vito Mancuso nel quale erano concentrate perlomeno una dozzina di eresie, siffatta opera resta però compiuta a metà e in modo pure maldestro, perché nessuno scrittore di quella prestigiosa redazione si è premurato di rammaricarsi per l’eminente firma che a quel libro vergò prefazione: il Cardinale Carlo Maria Martini, in assenza della quale mai avrebbe riscosso il successo avuto. Né alcuno ha puntualizzato che fu Carlo Maria Martini in persona a consacrare sacerdote Vito Mancuso per la Diocesi di Milano nel 1986 all’età di soli 23 anni con la prevista dispensa chiesta e ottenuta dalla Santa Sede. Infatti, l’età minima prevista dal Codice di Diritto Canonico per l’ordinazione dei presbiteri è fissata a 25 anni dal canone 1031. Il vescovo ha facoltà di dispensare un anno, ma al di sotto dei 24 anni è obbligatorio chiedere e ottenere la dispensa dalla Santa Sede.
    Nel 1987, ad appena un anno dalla sacra ordinazione, Vito Mancuso mostra tutta la solidità della sua formazione conseguita nel seminario di una diocesi governata dal più celebrato astro del progressismo episcopale italiano, chiedendo di essere sospeso dal sacro ministero. A quel punto, Carlo Maria Martini, cerca di farlo riprendere dalla crisi inviandolo a studiare presso Bruno Forte, affinché la toppa potesse risultare nel tempo molto peggiore dello strappo.
    A questo punto la domanda sorge a dir poco legittima: considerando che il Cardinale Carlo Maria Martini chiese e ottenne persino la dispensa dalla Santa Sede per poter procedere all’ordinazione sacerdotale di questa stella nascente della teologia che un anno dopo appena abbandonava il sacro ministero; può essere credibile che dinanzi al vespaio sollevato da questo libro, l’eminente prefatore facesse affermare a varie interposte persone che in verità, questo Vito Mancuso, in pratica quasi non lo conosceva?
    Appresso, li boni gesuiti de La Civiltà Cattolica, per bocca e per penna del Padre Gianpaolo Salvini tentavano di far credere tra le righe che Vito Mancuso aveva strappato al povero cardinale una prefazione quasi con artifizio e inganno, usando sue lettere private e amenità circonlocutorie di vario genere atte però di fatto ad offendere l’intelligenza di chiunque se le sia viste presentare come plausibili giustificazioni veritiere mirate a smontare un dato oggettivo e grave: Carlo Maria Martini ha scritto la prefazione all’autentico distillato di eresie di un personaggio che in verità conosceva così bene da averlo consacrato sacerdote con la prevista dispensa pontificia al di sotto del limite di età, da averlo dispensato come proprio presbitero dall’esercizio del sacro ministero, da averlo inviato a studiare con Bruno Forte e suvvia a seguire. Dal canto suo, Vito Mancuso, ritrovandosi ad essere accusato dai maestri della “riserva mentale” e della “doppia coscienza” di avere compiuto un gesto che in sé sarebbe a dir poco infame — ossia l’avere estrapolato una prefazione da alcuni messaggi privati — essendo sì fuori discussione un eretico conclamato, ma non essendo affatto un uomo né disonesto né bugiardo, rispose dimostrando che quella prefazione era autentica senza facile pena di smentita.
    Con queste dovute precisazioni desideravo far calare una trapunta di lana pesante sulla cara persona del Cardinale Carlo Maria Martini, che taluni si ostinano a presentare da morto ancora più che da vivo come un autentico Santo Padre e Dottore della Chiesa, nonché difensore della vera fede cattolica.
    Vorrei poi che tu spiegassi con approfondita ecclesiologia l’altra tua frase agghiacciante: «L’elezione di Bergoglio che ha rimesso al centro il Vangelo». E sarebbe bene spiegarla perché molti cristiani non “adulti”, poiché non cresciuti alla gloriosa Scuola di Bologna di Dossetti&Alberigo, tra un ritiro spirituale a Bose ed un drink ecumenico con una vescovessa luterana lesbica che si diletta a ordinare preti gay, nel loro povero infantilismo pre-adolescenziale e cattolico-paesano potrebbero persino dedurne che sotto i pontificati di Paolo VI, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI il Vangelo non era affatto al centro della vita della Chiesa.
    Infine l’ultima domanda: siamo forse giunti alla celebrazione della ghigliottina sulle riviste “cattoliche”? Perché nel caso in cui la cosa sfuggisse, merita allora ricordare ai membri dell’episcopato italiano preposti a vigilare ed a difendere la verità dall’errore, che la cultura radicale, anticlericale e massonica ha sempre celebrato il taglio della testa dell’ultimo Re di Francia con parole ben precise: «Il taglio della testa di Luigi Filippo e di Maria Antonietta ha de-sacralizzato la figura del Re, portandolo dalla sua dimensione di monarca avvolto d’aura trascendentale, a quella di cittadino assoggettato come tutti alle leggi del Popolo Sovrano». Quel Popolo ideale e quel Popolo idolo ideologico che voleva dire tutto e niente, perché nei concreti fatti non valeva e non contava niente, visto che padrone della vita e della morte, sulla base di puri umori ed arbitri, era un autocrate sanguinario come Maximilien de Robespierre, il quale finì poi col fare la fine che fece, come del resto quasi tutti i tiranni.
    Lasciami pertanto rammaricare per la tua carente cultura storica, teologica ed ecclesiologica, di cui il mensile Jesus ci ha data eloquente saggio in questo numero con l’editoriale da te firmato. E detto questo la chiudo in breve allegando qui di seguito una serie di collegamenti a dei filmati che parlano e che spiegano più di qualsiasi parola quel che è stato prodotto dalla ghigliottina che ha «desacralizzato la figura del Papa».
    Negli anni Settanta io ero adolescente, sono nato nell’agosto del 1963. In quegli anni, quando i sacerdoti paolini cominciarono a gettare per primi la talare alle ortiche per indossare completi in giacca e cravatta, esisteva un giornale chiamato Il Male, fatto tra l’altro anche molto bene a livello grafico, al di là dei contenuti difficilmente accettabili per qualsiasi mente cattolica. Questo giornale pubblicava attacchi periodici molto pesanti nei confronti del Sommo Pontefice Paolo VI, nonostante fosse ormai anziano e gravemente ammalato. E non fu solo Paolo VI a subire attacchi d’ogni sorta, li subì anche il Beato Pontefice Giovanni Paolo II nel corso di tutta la prima e la seconda fase del suo pontificato. Sempre in quegli anni, il giovane rockettaro Edoardo Bennato cantava una canzone irriverente intitolata «Affacciati affacciati», che era tutta una dura contestazione al Pontefice e alla istituzione religiosa e storica del papato.
    La differenza che corre tra queste due diverse epoche storiche con annesse conseguenti reazioni, è questa: gli attacchi passati, o se vogliamo quelli di sempre, erano mossi da credo religiosi diversi, da ideologie, da dottrine politiche, da forze occulte quali ad esempio la Massoneria, che miravano all’attacco preciso e deciso, spesso infarcito di filosofismi e politicismi animati da apparente buonsenso e, talvolta, supportati anche su errori o su politiche sicuramente sbagliate portate avanti dalla Chiesa o dai Pontefici nel corso delle varie fasi storiche legate al passato recente e remoto.
    Oggi che invece siamo giunti alla desacralizzazione celebrata dal giacobinismo del tuo mensile “cattolico”, quella del Romano Pontefice — casomai non te ne fossi accorto — è una figura che da molti è stata mutata in oggetto di pubblico sberleffo sui giornali e sulle televisioni. Una figura — e si badi bene che parlo della figura e non di Jorge Mario Bergoglio — trattata giornalmente alla stregua di quella di un pagliaccio. Subdola e terribile è infatti la logica: si distrugge l’ufficio, ossia il papato, ed al contempo si esalta la simpatia e l’amabilità della persona di Jorge Mario Bergoglio, che da questo ufficio è stato completamente scisso a livello mediatico. Insomma: «Bergoglio si, papato no!».
    Sarebbe poi interessante fare un’indagine storica con relativa ricerca per verificare in quale stile erano impastate nel corso dell’Ottocento le pesanti e infamanti vignette satiriche che prendevano di mira principalmente il Beato Pontefice Pio IX. Immagini durissime nelle quali il Pontefice era ritratto in modo sprezzante sotto la forma di porco o di rospo. Delle immagini che erano mirate a suscitare profondo disprezzo; e per questo lungi dal presentare il Romano Pontefice come un pagliaccio che tra una risata e l’altra suscitava invece simpatia e senso di affetto a scapito del ministero e del mistero da esso incarnato: «Tu es Petrus»[cf. Mt 16,18].
    Credo che dovresti ricercare e studiare certi testi e immagini del passato, facili peraltro da trovare perché i tuoi colleghi di Micromega le hanno messe a gentile disposizione in una preziosa pubblicazione nella quale troverai prova e ragione di quanto ti ho appena espresso in toni doverosamente allarmati.
    Dio benedica i tempi nei quali, quando la salma del Pontefice Pio IX fu traslata nella Basilica di San Lorenzo al Verano tra la notte del 12 e 13 luglio 1881, un gruppo di anticlericali furenti cercò di scagliarsi sul suo feretro al grido «Al fiume il papa porco!», con l’intento di gettare la bara nel Tevere. Perché dietro a quell’odio furibondo verso un grande uomo di Dio, c’era un dato di fatto: quegli aggressori riconoscevano — seppure con profondo sprezzo interiore — che il cadavere di quell’uomo era appartenuto al Romano Pontefice. Cosa del tutto chiara, questa, anche ad Ali Ağca un secolo dopo, che pure non proveniva da una cultura né da un contesto storico e sociale cattolico e che tentò di assassinare in Piazza San Pietro Giovanni Paolo II in quanto Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, come anni prima accadde a Manila a Paolo VI.
    Era molto meglio quando si tentava di gettare a fiume le salme dei Sommi Pontefici consapevoli che erano Pontefici o quando si tentava di assassinarli in Piazza San Pietro. Era molto meglio allora rispetto ai giorni d’oggi, dove grazie alla tua celebrata desacralizzazione i Pontefici sono invece presentati dai mass-media anticattolici e filo massonici come dei buffoni, che in quanto tali strappano un sorriso facendo amorevole tenerezza alla stessa stregua del mitico matto del villaggio, mentre si fa a pezzi il mistero e il ministero di Pietro sul quale Cristo ha fondato la sua Chiesa [Supra: Mt 16,18]
    E adesso guardati a una a una le immagini filmate che seguono, poi dimmi se la mia analisi è sbagliata, illustre direttore di Jesus, mensile cosiddetto “cattolico” che esalta «un gesto» — che non è affatto un semplice «gesto» ma una lacerazione e un trauma forse irreversibile — attraverso il quale è stata «desacralizzata la figura del Papa», dopo che noi siamo riusciti a realizzare dall’interno ciò che mai riuscì a realizzare dall’esterno neppure il periodo del terrore della Rivoluzione di Francia che si avventò con rara ferocia contro la Chiesa Cattolica.
    Ariel S. Levi di Gualdo
    ________________________
    FILMATI ALLEGATI:
    da “Striscia la notizia” Canale5
    Striscia la Notizia - Video


    Striscia la Notizia - Video


    Striscia la Notizia - Video


    Striscia la Notizia - Video


    Striscia la Notizia - Video


    Striscia la Notizia - Video


    da “Crozza nel Paese delle Meraviglie” La7
    https://www.youtube.com/watch?v=gsnl3PyHqN0


    https://www.youtube.com/watch?v=6uQ-nsshTjI


    Crozza-Papa Francesco impara da Renzi: ''Benedico con una mano in tasca'' - Repubblica Tv - la Repubblica.it


    https://www.youtube.com/watch?v=ipbfjvaaONc


    Maurizio Crozza “Ballarò” Rai3

    https://www.youtube.com/watch?v=y-iZKvYAn-w

    Ecc … Ecc …
    Chiesa e post concilio: L?esaltazione della ghigliottina che ha desacralizzato il Papa tra falsi profeti e cattivi maestri

  8. #128
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Parole per i morti
    Pubblicato da Berlicche
    Nonostante i milleeuno impegni e il tempo che non basta mai, ho sempre cercato una maniera di dare una mano in parrocchia. Quest’anno mi è stata chiesta un’attività per me un po’ inconsueta.
    Dico il rosario ai morti.
    Quando in paese c’è un defunto, la sera prima del funerale di solito si dice in chiesa la preghiera del rosario. Il parroco ha delegato l’incarico a noi laici. Ci si è divisi i giorni della settimana. Per adesso mi tocca il giovedì.
    Non so sinceramente perché le brave donne della parrocchia abbiano pensato a me e mi abbiano chiesto se ero disponibile. Non credo di essere un tipo funereo. A dirla tutta, poi, questo tipo di impegno è quanto di più lontano dal mio temperamento io riesca ad immaginare.
    Forse anche per questo ho accettato. Posseggo una vena di masochismo che mi fa scegliere sempre la strada più difficile, quella maggiormente sgradita, nella convinzione alla fine di essa si possa nascondere una bellezza, un’opportunità che mi era in precedenza sfuggita.
    Mia moglie, che mi conosce, quando l’ha saputo si è sbellicata dalle risate. Lei lavora da anni al “Gruppo battesimi”. “Tu li battezzi, io li sotterro”, le ho detto, con la mia migliore voce da vecchio west.
    Se c’è una cosa che mi infastidisce sono quei rosari recitati con voce miagolante che sembrano sparati con una mitraglietta. Oh, è una preghiera magnifica, ma corre il rischio dell’abitudine e della noia. Non siamo buddisti, che recitano migliaia di volte lo stesso mantra, che banderuole e ruote di preghiera vanno bene lo stesso. L’ho presa come una sfida. Trovare anche in queste preghiere ripetitive a voce alta, magari di fronte a gente che ha difficoltà a rammentarsele, una fonte di senso e bellezza.
    Così, mentre le decine si inanellavano, cercavo di comprendere. Se si è davanti a qualcosa, è proprio quella cosa che deve dettare il metodo.
    Io avevo davanti, se così si può dire, una persona defunta. I suoi parenti, i conoscenti. Quello che dovevo fare era quindi leggere quelle preghiere come se veramente contenessero la salvezza di quelle anime e della mia. Senza il dubbio, la sufficienza, l’alterigia, lo scetticismo di noi moderni ignoranti. Non cinquanta generiche Ave Maria, ma cinquanta occasioni di ripetere quell’invocazione, ogni volta uguale e ogni volta diversa.
    E le cose cambiano. Ogni parola acquista un peso, uno spessore. Non è più un ripetere meccanico. Sto dicendo cosa dovrei davvero dire.
    E’ cancellata la noia. Come un tema musicale ripreso ancora e ancora in una sinfonia, che suona ogni volta differente.
    IL rosario termina. E mi sorprendo a pensare: se sempre avessi questa chiarezza, se ogni parola che pronuncio fosse all’altezza del suo significato!
    Come sarebbe più viva e ricca la mia vita.
    Parole per i morti | Berlicche


    Per ritornare al cristianesimo delle “origini”, censurano il Vangelo
    Se volessero sul serio tornare alle origini del cristianesimo, allora, con le parole dell’Evangelista, avrebbero davvero il coraggio di “riconoscere la propria miseria”. E convertirsi.
    Antonio Margheriti Mastino
    Leggevo qualche mese fa il saggio di un grande ma anche equivoco storico del cristianesimo, Robert Wilken, uno che accetta la ormai desueta teoria del cattolicesimo romano nato da una “lotta”, nella quale avrebbe prevalso, fra le tante “correnti” cristiane dei primi secoli; teoria madre degli studiosi protestanti e antipapisti, suggestiva ma piuttosto in malafede, tagliata su misura per relativizzare il cristianesimo romano.
    Quei dolci fessi dei cristiani dei primi secoli
    Ho letto dunque il suo”I cristiani visti dai romani”. E’ iniziata così la scoperta di questa storia incredibile, strana e meravigliosa: il cristianesimo dei primi secoli raccontato (e anche screditato) dagli intellettuali pagani dell’epoca, l’impagabile Celso in primis, ma anche il medico Galeno, Plinio il giovane e il vecchio, altri.
    Ho cominciato a leggere e mi sono commosso, meravigliato: per i dilettantismi, la passione frammista alla gonzaggine, il coraggio sperperato nell’ingenuità, l’isolamento sociale unito alla verve polemica spericolata dei primi cristiani. Tutt’altro da come li abbiamo idealizzati. E soprattutto: per un secolo, dopo la morte di Cristo, nessuno se li è filati, salvo appunto gli intellettuali pagani, i loro “nemici” giurati. E non sempre avevano torto, i dotti pagani.
    Fu il pagano Galeno a dire loro «cari idioti, ma se il vostro libro sacro dice quelle cose sulla genesi di tutto, allora dovete rivedere le credenze sulla creazione del mondo, perché filosoficamente siete in contraddizione». E i cristiani (poveretti!) veramente si misero a meditare, studiare la questione, e si resero conto che Galeno, il dotto scienziato pagano, aveva ragione e bisognava rimediare: dopo anni di scervellamento se ne uscirono con la teoria creazionista, il mondo “creato dal nulla”, come quell’anticristiano gli aveva suggerito, un po’ per sfotterli un po’ per pena. Poveri piccoli… disarmati… sperduti primi cristiani.
    Ha ragione Wilken a dire che male si è fatto a non tenere presenti le polemiche, spesso insolenti e beffarde, di quegli ultimi intellettuali pagani contro i primi cristiani: perché proprio quelle ci aiutano a capire come i primi cristiani venivano percepiti dal mondo civile del quale erano ai margini, irrilevanti e ignorati, snobbati sì ma si erano anche autoesclusi, perché la percezione che gli altri hanno di noi è anche e sempre un po’ della verità, di ciò che uno veramente è.
    E poi quei polemisti pagani furono utilissimi agli stessi cristiani: dal momento che, confusi e pasticcioni com’erano, le serrate critiche degli intellettuali romani gli furono provvidenziali a capire e chiarire a se stessi prima e poi agli altri, chi e cosa il cristiano era e doveva essere. A capire persino la reale portata e le conseguenze logiche delle parole e azioni del Nazareno.
    Ritorniamo al cristianesimo delle origini, ma non tanto da rischiare di incrociare Gesù
    Chi veramente conosce il cristianesimo delle origini, beh, ne conosce certo l’entusiasmo ma anche la confusione, lo squallore, la labilità, l’incoerenza totale, mancando ancora una solida tradizione cristiana. Chi ha studiato quel cristianesimo lì come storia e non come mito, ai quei tempi non ci vorrebbe tornare neppure morto.
    È curioso che nella Chiesa chi vuol tornare sempre indietro, alla mitica e inesistente "purezza delle origini", sono i progressisti, che pure, per altro verso, vorrebbero cassare tutta quella storia di mezzo, ossia quel 90% di patrimonio cattolico, che sta tra le “origini” mitologiche e il post-concilio ideologico. Salvo dare ai cattolici ortodossi del “tradizionalisti” che stanno “200 anni indietro”, del “passatisti”, i quali semmai, se proprio indietro vogliono tornare, è al massimo a 60 anni fa.
    È curioso che oggi vi siano tanti buoni “cattolici” dipendenti dal pensiero unico dominante (dominante pure all’interno della Chiesa, ormai), che si sentano bisognosi di “autenticità”. Che poi in genere si riduce a questioni spicce tipo “comunione per tutti”, “divorzio”, “seconde nozze”. E per trovare i cavilli necessari a giustificare tali pretese, se li vanno a cercare nelle immaginarie “origini”. Addirittura si richiamano prassi del 1139 per poter giustificare la fornicazione degli uomini.
    Per accampare pretese, e sarebbe meglio dire pruriti futuristici, fanno un percorso a ritroso, nella mitologia del cristianesimo “primitivo”. Ma avendo premura di fermarsi un momento prima, magari 300 anni prima di far coincidere il loro flash-back con l’epoca in cui scrissero gli evangelisti e visse Gesù: di modo da non inciampare nella sentenza eterna uscita direttamente dalla bocca di nostro Signore: “Tu uomo e tu donna sarete una carne sola e un corpo solo: l’uomo non osi dividere ciò che Dio ha unito”. Fine delle discussioni sul divorzio e le seconde nozze.
    Come per tutti gli ideologi, se la realtà incontrovertibile dei fatti smentisce il loro schema, vadano pure a farsi fottere i fatti e chi li ha compiuti, ma si salvi lo schema ideologico. E poco conta che quei “fatti” lì siano stati compiuti dalla sola “origine” del cristianesimo: Gesù, il Gesù come ci è stato raccontato dagli evangelisti. In genere rimediano all’intralcio dichiarando “mitologia” i vangeli canonici, e andandosene a cercare altri tra gli “apocrifi”. San Paolo aveva previsto già tutto: «Si stancheranno della sana dottrina e per appagare certi pruriti s’inventeranno cose nuove».
    «Ritorno alle origini», dice. Ma tenendosi a distanza di sicurezza di almeno qualche millennio da quel Vecchio Testamento dove Mosè riceve le tavole della Legge, nelle quali, fra le altre cose, sono indicate le origini prime e sovente ultime della fine di un matrimonio e dell’inaugurazione di un altro, ossia – chiamiamo le cose col vocabolario cristiano – il concubinaggio:
    Sesto comandamento: non commettere atti impuri né adulterio.
    Nono comandamento: non desiderare la donna (o l’uomo) d’altri.
    L’eterogenesi dei fini ancora una volta, la maledizione delle ideologie e dei mondi immaginari, la fantasia scatenata dalla corruzione: succede infatti che vi siano tanti “cattolici”, cardinali, papi che a furia di voler tornare alle “origini” del cristianesimo finiscono col dover censurare l’origine di tutto: il vangelo. E Cristo.
    Se volessero sul serio tornare alle origini, allora, con le parole dell’Evangelista, avrebbero davvero il coraggio di “riconoscere la propria miseria”. E convertirsi.
    Per ritornare al cristianesimo delle ?origini?, censurano il Vangelo | Papalepapale.com

    I Vescovi britannici rassicurano i deputati cattolici: appoggiare il "matrimonio" omosessuale non impedirà loro di accedere alla Comunione.
    La Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles ha in questa settimana rassicurato i deputati cattolici che "non è in programma" di rifiutare loro la Comunione all'indomani del voto favorevole alla legge sul "matrimonio gay", entrata in vigore martedì. Greg Pope, che coordina i rapporti della Conferenza con il Parlamento (ed è un ex deputato laburista), ha scritto ai parlamentari garantendo loro che le sanzioni canoniche previste per i "peccatori pubblici" e richiamate poco tempo fa dal Vescovo di Portsmouth, Philip Egan, non saranno loro applicate.
    La lettera è stata inviata con il pieno supporto dei Vescovi inglesi. Greg Pope è stato scelto come "ponte" tra la Chiesa Cattolica britannica e il Parlamento nonostante egli abbia costantemente, testardamente votato in palese opposizione al Magistero morale della Chiesa: ha infatti sostenuto l'aborto, la contraccezione artificiale e l'adozione da parte di coppie omosessuali. Dulcis in fundo, Greg Pope è stato anche nominato direttore del Catholic Education Service, col benestare di Malcolm McMahon, Arcivescovo di Liverpool.
    Il Vescovo Philip Egan aveva invece ricordato, in un'intervista su LifeSiteNews, che la negazione dell'Eucaristia ai pubblici peccatori ai sensi del Canone 915 CJC è "un atto di misericordia" e un rimedio "medicinale": "se una persona non agisce in comunione con la Chiesa Cattolica... è giusto allora che non riceva la Comunione", aveva detto il prelato, che aveva concluso, in risposta ad ogni possibile obiezione: "nessuno è obbligato ad essere Cattolico. Non è la 'mia' verità, è la verità di Dio. Bisogna sperare che queste persone siano incoraggiate a cercare la comunione col Signore, nella verità, pentendosi di essersi perdute".
    Il Cardinal Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, ha insistito con forza sull'"obbligo" di rifiutare la Comunione a chi pubblicamente si opponga agli insegnamenti morali cattolici: il problema è appunto il c.d. enforcement, ossia tutti quei Vescovi - la maggioranza - che si rifiutano di applicare il Canone. Mentre il tema è molto "caldo" negli Stati Uniti, Egan l'ha portato per la prima volta alla ribalta nel Regno Unito.
    Conor Burns, parlamentare cattolico di Portsmouth che ha votato a favore della legge sul same-sex marriage, ha dichiarato al Telegraph che il messaggio del suo Vescovo è stato per lui "una tragedia": "ora nella mia Diocesi mi sento un po' meno gradito di quanto mi sentissi un paio di settimane fa". Sul Tablet, rivista "cattolica dissidente", Burns ha rimproverato Egan di poca coerenza con il programma di Papa Francesco: "Questo Vescovo non ha capito che abbiamo un nuovo buon pastore, che predica un messaggio autenticamente cristiano di inclusività, amore, tolleranza e perdono".
    Sul Tablet sono altresì apparse le dichiarazioni del deputato laburista Siobhain McDonagh: "La più parte dei Cattolici guarderebbe con orrore all'esclusione di qualcuno dalla Comunione per il solo fatto di aver votato a sostegno di Cattolici omosessuali, o di donne cattoliche che vogliono il diritto di scegliere" (!!!).
    Cloro al clero: delirii ecclesiali di qua e di là dall?Atlantico | Radio Spada

    Scandalo nella cattedrale di Cordoba
    «Se non ci fosse stato papa Francesco non sarebbe stato facile battezzare una bambina nata da una coppia lesbica»
    Christian De Benedetto
    Sabato 5 aprile la piccola Umma Azul ha ricevuto il sacramento del Battesimo presso la cattedrale di Cordoba in Argentina. Non si può che gioire per la rinascita in Cristo di Umma. Tuttavia sorge più d’una perplessità quando si scoprono i particolari di questo insolito Battesimo, così pubblicizzato da aver scatenato una vivace polemica internazionale prima ancora d’essere celebrato. Umma, infatti, è il frutto di una fecondazione artificiale, figlia di una donna che risulta unita in “matrimonio” ad un’altra donna. Entrambe le donne si presentano come “madri” di Umma rivendicando la così detta omogenitorialità.
    La piccola, secondo questa strana logica, avrebbe due “madri” e nessun padre, essendo il padre biologico ridotto ad un impersonale “fornitore di sperma”. Soledad Ortiz e Karina Villarroel, le “madri” di Umma, non solo hanno contratto, la prima coppia a Cordoba, «matrimonio igualitario (omosessuale)», istituto giuridico illegittimo perché contrario al diritto naturale recentemente introdotto nella legislazione argentina, ma pure manifestano pubblicamente la propria adesione alla “cultura gay” e il proprio orgoglio d’essere lesbiche rivendicando una nuova idea di genitorialità declinata in senso omosessuale.
    Il battesimo della piccola Umma è stato così presentato, dalle due donne come dalla quasi totalità dei media, quale sorta di benedizione ecclesiale alle unioni gay. Le due donne hanno rilasciato ampie dichiarazioni in merito e la galassia gay non ha perso l’occasione per rilanciare strumentalmente la vicenda.
    La scelta stessa della madrina è indicativa. Le due donne hanno voluto che, ad accompagnare Umma Azul al fonte battesimale, fosse Cristina Fernandez de Kirchner, ovvero proprio colei che, in qualità di presidente dell’Argentina, promulgò la legge istitutiva dei “matrimoni omosessuali”. La presidente Kirchner ha accettato e, pur non essendo fisicamente presente al Rito, ha svolto per procura la funzione liturgica assumendo titolo e oneri di madrina. È difficile credere che la scelta della cattedrale quale luogo e del Capo dello Stato quale madrina sia priva di finalità mediatiche e ideologico-propagandistiche. Ci si chiede perché le autorità ecclesiastiche abbiano permesso simile strumentalizzazione d’un sacramento. Sacramento amministrato con il dichiarato consenso, anche relativamente a luogo e modi, dell’arcivescovo monsignor Carlos Nanez.
    L’arcidiocesi di Cordoba avrebbe potuto stabilire un luogo più appartato e modesto per la celebrazione del battesimo e imporre la massima discrezione, avrebbe potuto eccepire più d’una obbiezione circa la scelta della madrina, viste le oggettive e pubbliche posizioni assunte dalla Kirchner in aperto contrasto con la Dottrina cattolica. E, invece, nulla di tutto ciò! Ci si chiede, poi, perché l’arcidiocesi di Cordoba abbia accettato di riconoscere Umma come figlia delle due donne quando è figlia solo di una delle due e di un padre ignoto. Cosa rende “madre di Umma” la seconda donna? Forse il fatto d’essere unita alla madre della bimba in uno scandaloso vincolo “matrimoniale” omosessuale?
    Aver riconosciuto a Soledad e Karina lo status di genitori, riconoscimento addirittura liturgico avendo svolto, le due donne, ciò che il Rito del Battesimo prevede per i genitori (papà e mamma), e averle persino definite “madri” (a parlare, per prima, di “madri” al plurale è stata Rosana Triunfetti responsabile del Servizio di Comunicazione pastorale dell’arcidiocesi di Cordoba) lascia perplessi costituendo un reale, se pur non esplicito, riconoscimento delle rivendicazioni gay alla omogenitorialità. A rendere ancora più problematica e preoccupante la vicenda ci hanno pensato don Javier Klajner, stretto collaboratore di Bergoglio a Buenos Aires, e padre Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà cattolica”, collegando la vicenda di Cordoba con il pontificato di Francesco.
    Padre Spadaro, parlando ad un convegno promosso dalla rivista “Limes”, si è spinto a dire che: «se non ci fosse stato papa Francesco non sarebbe stato facile battezzare una bambina nata da una coppia lesbica». Il direttore de “La Civiltà cattolica” indica così nella vicenda di Cordoba, addirittura, un frutto del pontificato di Bergoglio. Fa rabbrividire notare come per così autorevole gesuita la vicenda di Umma non sollevi alcuna problematicità ed anzi si possa presentare il tutto tra i meriti di papa Francesco. Che poi per padre Spadaro Umma sia “nata da una coppia lesbica” e non, come invece è, da un uomo (irresponsabile) e una donna (“sposata” con un’altra donna) dice quanto l’ideologia omosessualista sia penetrata nel clero.
    Abbiamo premesso la gioia per la grazia ricevuta nel Battesimo dalla piccola Umma, che certo non porta su di sé le colpe della madre lesbica e del padre “fornitore di sperma”, ma non possiamo fare finta che non si sia consumato uno scandalo oggettivo, che un Sacramento sia stato strumentalizzato per fini di propaganda immorale, che dentro la cattedrale di Cordoba si sia de facto celebrata la omogenitorialità, che l’autorità ecclesiastica si sia dimostrata connivente e, infine, che tutto ciò sia stato autorevolmente spiegato come frutto della nuova linea impressa alla Chiesa da papa Francesco.
    Come la Chiesa insegna, per l’ammissione al sacramento del Battesimo è necessaria le fede. «Nel caso del battesimo degli infanti, la fede dei genitori e del padrino/madrina i quali si impegnano a educare cattolicamente il battezzato. Qualora non vi sia la fondata speranza di ciò, non è lecito battezzare quel bambino» (cfr. CIC, can. 868).
    Ma se la fede è l’assenso soprannaturale col quale l’intelletto, sotto l’impero della volontà e l’influsso della grazia, aderisce con fermezza a tutte e singole le verità da Dio rivelate e come tali dalla Chiesa insegnate, come si può avere la fondata speranza che Umma sia educata nella fede cattolica quando la madre e l’altra donna pubblicamente professano idee radicalmente contrarie alla Dottrina cattolica in campo antropologico e morale? Considerato che il padrino e la madrina «devono essere credenti solidi, capaci e pronti a sostenere nel cammino della vita cristiana il neo-battezzato» (CCC, 1255), come può la signora Kirchner adempiere a tale “officium” ecclesiale (Sacrosanctum Concilium, 67) quando ella stessa condivide i medesimi errori sposati dalle due donne e tali errori ha persino tradotto in leggi civili? Compito del padrino/madrina è «adoperarsi ugualmente che il battezzato conduca una vita cristiana conforme al battesimo ed adempia fedelmente agli obblighi ad esso inerenti» (CIC, can. 872);
    Come può la presidente Kirchner garantire ciò se, per prima, professa convinzioni ideologiche incompatibili con la Dottrina cattolica? Come è evidente, la madrina di Umma non è stata scelta per garantire l’educazione cattolica della piccola, piuttosto per sottolineare propagandisticamente l’opzione per l’omogenitorialità compiuta dalle due donne e dalla Kirchner resa possibile per legge grazie al così detto “matrimonio omosessuale” introdotto nell’ordinamento argentino. Una funzione ecclesiale è stata, così, manifestamente pervertita, strumentalizzato, per fini contrari al bene, un sacramento, dato scandalo attraverso un atto liturgico e tutto con il tacito consenso delle autorità ecclesiastiche.
    Considerato il rilievo mediatico accordato alla vicenda, per evidente iniziativa delle due donne e della rete omosessualista ma non senza responsabilità delle autorità ecclesiastiche e di personalità come p. Spadaro, lo scandalo è stato universale coinvolgendo la figura del Romano Pontefice. Urge, pertanto, una parola di verità che ripari a simile scandalo e tale parola deve venire da Roma. Confidiamo la Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti intervenga con autorità facendo chiarezza e ristabilendo la verità del Battesimo.
    Scandalo nella cattedrale di Cordoba



    LA FAMIGLIA E I FARISEI ACCIDIOSI
    F.COLAFEMMINA
    Il tempo quaresimale dovrebbe introdurci al mistero della morte e resurrezione di Cristo, dunque al mistero della salvezza dell’uomo. Purtroppo in questi nostri tempi difficili sembra quasi che questo mistero sia secondario e tutto, proprio tutto, viene pedestremente ricondotto a necessità materiali, sociali, politiche, financo ideologiche. I problemi della Chiesa ci interrogano come uomini che attendono guide in grado di introdurli nel mistero della salvezza, ci interrogano anche come meri spettatori di una storia della fede cattolica che sembra passare repentinamente da una lunghissima (già paleocristiana) fase docente ad una fase che si potrebbe definire conciliante. Già San Paolo ammoniva, obbligava, insegnava, pur nel grande mare della misericordia. E poi così per secoli. Una Chiesa che pretende, che insegna, che obbliga, anche quando i suoi uomini sbagliano, si abbruttiscono nel peccato. Che lascia i cristiani liberi di scegliere, ma non liberi di credere. Che spiega cosa sia il bene e cosa il male, che divide le anime nei tre luoghi spirituali ultraterreni, ma non lascia l’uomo libero di definire il bene e il male né tantomeno il cattolico libero di credere o meno in quei luoghi. Se si è cattolici si è obbligati. Non giustificati, mai giustificati. Ma obbligati sì.
    E si deve essere cattolici e peccatori, e avere nondimeno chiaro che il peccato è tale, che è grave, per sé e per i propri fratelli. Che dal peccato e dalla sua schiavitù dipenderà la nostra salvezza. La nostra vita ultraterrena. Tutto qui. Tutto molto semplice pur nella sua complessità.
    Il problema è posto oggi in maniera determinante dall’atteggiamento e dalle parole di Papa Francesco. Un Papa sui generis, indubbiamente, ma anche un Papa che criticando ogni giorno con violenza verbale quei cristiani che a suo dire sarebbero un “problema” nella Chiesa, mira a strutturare il consenso verso la sua persona e verso la “nuova Chiesa” che incarnerebbe. Di qui le continue, estenuanti prediche in Santa Marta che nonostante la loro concinnitas sono di una disarmante ripetitività. Prediche nelle quali ritorna in maniera ossessiva il paragone fra i farisei evangelici e presunti cattolici che si credono detentori di ortodossia e rettitudine e in questo modo condizionano l’immagine della Chiesa. Cattolici bollati oggi dal Papa come “ipocriti” o accidiosi. Gente disturbata, insomma, che crede di salvarsi solo perché obbedisce a “regolette” al “si deve fare” e non alla “dialettica della libertà di Cristo”. Immagini di una “Chiesa del no” cui bisogna contrapporre una “Chiesa del sì”.
    E’ vero che nella Chiesa c’è stata e c’è tuttora una grande ipocrisia. Ma l’ipocrisia è il carattere tipico dell’incoerente, ossia di chi predica bene e razzola male. Di chi afferma un principio condiviso e santo, ma pratica la sua negazione. Il Papa invece sembra voler buttare via il bambino con l’acqua sporca. E condannando con violenza spesso priva di carità questi cattolici, sembra condannare anche i principi sacrosanti che essi sostengono. Oggi in che modo i cattolici sarebbero simili ai farisei? Lo sono forse quando lottano contro l’aborto? O quando difendono il sacramento del matrimonio? Lo sono quando adorano il Signore in una liturgia priva di strepiti e di incursioni mondane? Lo sono quando esprimono il loro impegno nella società denunciando il peccato radicale, anche quando questo rischia di annientare le loro voci? Sarebbero costoro dei farisei?
    O non sono piuttosto farisei coloro che si sono talmente allontanati dalla fede in Cristo da pensare che la “relazione” con Dio possa prescindere dalla redenzione e dalla condanna del peccato? Cristiani solo a parole, cristiani logici, perché nel loro cuore piegano il Vangelo alle esigenze della mondanità. E non rischiano il confronto e lo scontro col mondo, perché da un lato sarebbe disdicevole e dall’altro nel mondo loro ci stanno ben saldi.
    Chi sono, allora? Chi sarebbero questi temibili cattolici farisei di cui parla il Papa? I tradizionalisti (ossia lo 0,000000x% dei cattolici mondiali)? I neocon americani? Gli anti-abortisti? I membri dell’Opus Dei? I Legionari di Cristo? I Francescani dell’Immacolata? Sono questi gruppi il problema della Chiesa? Ma soprattutto: lo è forse la condanna del peccato, la condanna senza se e senza ma?
    E’ notizia di ieri che in Argentina una coppia di lesbiche ha ottenuto dal proprio Vescovo non solo il battesimo del proprio figlio, ma anche la possibilità di ricevere la cresima per sé. Tralasciando per un attimo il battesimo, mi domando come possano due lesbiche unite in una specie di matrimonio civile venir cresimate? Quanto poi al battesimo, certo, una delle madrine del bambino è la presidentessa argentina, ma questa più che una garanzia di cattolicità, dovrebbe essere una garanzia di una educazione cristiana negata. Una nota del 1980 della Congregazione per la dottrina della fede stabiliva d’altro canto che in alcune situazioni, simili evidentemente a questa, è giusto rifiutare il battesimo, un sacramento fondamentale che non si amministra come fosse una sorta di sigillo alla vita immorale dei “genitori”.
    E d’altro canto Giovanni Paolo II ribadiva nell’anno da lui consacrato alla famiglia, il 1994:
    “Ciò che non è moralmente ammissibile è l’approvazione giuridica della pratica omosessuale. Essere comprensivi verso chi pecca, verso chi non è in grado di liberarsi da questa tendenza, non equivale, infatti, a sminuire le esigenze della norma morale (cfr. Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, 95). Cristo ha perdonato la donna adultera salvandola dalla lapidazione (cfr. Gv 8, 1-11), ma le ha detto al tempo stesso: “Va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8, 11).
    Questo dico con grande tristezza, perché tutti abbiamo rispetto della Comunità Europea, del Parlamento Europeo; conosciamo i meriti di questa istituzione. Ma si deve dire che con la risoluzione del Parlamento Europeo si è chiesto di legittimare un disordine morale. Il Parlamento ha conferito indebitamente un valore istituzionale a comportamenti devianti, non conformi al piano di Dio: ci sono le debolezze – noi lo sappiamo – ma il Parlamento facendo questo ha assecondato le debolezze dell’uomo. Non si è riconosciuto che vero diritto dell’uomo è la vittoria su se stesso per vivere in conformità con la retta coscienza. Senza la fondamentale consapevolezza delle norme morali la vita umana e la dignità dell’uomo sono esposte alla decadenza ed alla distruzione. Dimenticando la parola di Cristo: “la verità vi farà liberi” (Gv 8, 32), si è cercato di indicare agli abitanti del nostro Continente il male morale, la deviazione, una certa schiavitù, come via di liberazione, falsificando l’essenza stessa della famiglia.
    Non può costituire una vera famiglia il legame di due uomini o di due donne, ed ancor meno si può ad una tale unione attribuire il diritto all’adozione di figli privi di famiglia. A questi figli si reca un grave danno, poiché in questa “famiglia supplente” essi non trovano il padre e la madre, ma “due padri” oppure “due madri”.”
    Queste le parole di un Papa che a breve sarà santificato. Un Papa che nel 1994 decise di offrire il suo dolore, la sua sofferenza fisica alla causa della famiglia! Un Papa che non scendeva a compromessi col mondo e tantomeno pensava che chi difende la famiglia fosse un fariseo.
    Oggi, a distanza di 20 anni, il Sinodo sulla famiglia rischia solo di vanificare quell’oblazione della sofferenza di un Papa. Di sacrificare i valori non negoziabili, i principi fondamentali, sull’altare delle convenienze sociali. Che Giovanni Paolo II ci protegga dal cielo, e ci dia la forza di non aver paura della giustizia e della verità, la forza di essere coerenti e retti, non per giudicare il prossimo, non per condannarlo, ma per salvarlo dalla dannazione.
    LA FAMIGLIA E I FARISEI ACCIDIOSI | Fides et Forma

    I cardinali vanno alla guerra. Del Sinodo. Ma Bergoglio con chi sta?
    Di Antonio Margheriti Mastino
    Santità, sia più gentile!
    C’è aria di tempesta in Vaticano, ma soprattutto nell’episcopato italiano, con riverberi sul clero internazionale. Un neo-prete americano è andato dal suo vescovo e ha detto: «Eccellenza, a questo punto dovremmo dimetterci tutti, noi preti». Dinanzi allo stupore del vescovo, ha spiegato: «Perché secondo il papa tutti noi preti siamo fatti male e il migliore di tutti è solo lui: sempre lì a umiliarci». Ed è rimasto non poco sorpreso il papa dinanzi alla richiesta di un benefattore cattolico che, ricevuto in udienza, al rituale «preghi per me» di congedo del papa, con garbo ha replicato: «Certo, Santità: però Lei sia più gentile coi preti».
    Oggetto del contendere sarebbe la «parzialità» di papa Francesco, e certe sue presunte «spericolatezze e superficialità» dottrinali e omiletiche. Qualche vescovo italiano ha cominciato a intitolarlo «Jorge Mario Badoglio». E si tira in ballo tutto, senza badare a spese: la manifesta ambizione di chi gli sta più vicino, come il giovane gesuita Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica e intervistatore del papa, liquidato come «arrampicatore pronto a tutto»; il «patriarca» della cordata curiale-diplomatica, che ha organizzato l’elezione di Bergoglio, e poi premiata con le migliori poltrone, il cardinale Sodano, già segretario di Stato. Di quest’ultimo si ricorda l’omelia nella messa Pro eligiendo romano pontifice del 2013, prima dell’ingresso in conclave, che come decano dei cardinali presiedeva, e dove oltre a disegnare la figura del futuro papa, che fin troppo somigliava al cardinale Bergoglio, ne ha anche indicato il compito futuro: «promuovere senza sosta l’ordine mondiale», non si sa se nuovo o meno. Fatto sta che quella frase è stata subito censurata dall’Osservatore Romano e dal sito ufficiale della Santa Sede. Neppure il nuovo segretario di Stato Pietro Parolin è risparmiato: si fa notare che «sta per andare a vivere nel suo mega lussuoso appartamento in Prima Loggia, quello che fino a Pio XI era il vero appartamento del papa, e che da allora non è più abitato dai papi», e sardonici aggiungono che «poteva stare all’hotel a cinque stelle di Santa Marta». Avvisaglie di guerriglia, fin qui.
    Kasper il bugiardo
    Ma la battaglia campale non è ancora venuta: si è solo alle prove generali. I vescovi più o meno ortodossi e gli assi del Collegio Cardinalizio, in realtà, stanno già accampandosi per il Sinodo d’autunno sulla famiglia, dove si aprirà anche il capitolo della comunione ai divorziati risposati. È lì che intendono scatenare la vera battaglia.
    «Sono sul piede di guerra», confermano fonti di curia. In prima linea, per l’Italia, ci sarà il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano e ciellino, che si dice essere uscito psicologicamente distrutto dal conclave dove era convinto di venirne fuori da papa, ma che adesso «si è ripreso», ed è «furente»: col cardinale progressista Walter Kasper, in primis. Poi c’è il cardinale di Bologna, Carlo Caffarra, mandato avanti a sondare il terreno con una ponderosa intervista al Foglio (giornale che già aveva avuto la sua parte in “battaglia”, pubblicando in anticipo la prolusione completa di Kasper sul Sinodo per la famiglia, e di fatto quasi bruciandola) dove spiega, tra l’altro, che su certe cose «i papi hanno sempre insegnato che la potestà del Papa non arriva a questo: sul matrimonio rato e consumato il Papa non ha nessun potere». Un chiaro avvertimento a Francesco.
    Poi c’è l’anziano cardinale di curia Walter Brandmüller, tedesco e amico di Ratzinger, insigne storico della Chiesa, considerato da molti in fama di santità. Infine, l’altro tedesco: il prefetto dell’Ortodossia, Gerhard Müller. Da questo gruppo di porporati è partito il cecchinaggio contro la prolusione Kasper, in pieno concistoro, a febbraio, quando si stavano disegnando le linee guida del futuro Sinodo sulla famiglia, in ottobre.
    Brandmüller in particolare: ha detto davanti a tutti, svergognandolo, che Kasper mentiva usando fonti patristiche e teologiche che avrebbe manipolato. Per esempio dicendo che i divorziati facevano la comunione nell’antichità: lo storico della Chiesa Brandmüller ha citato studi su studi che dimostrano il contrario, studi autorevoli, recenti e anche firmati da lui stesso. E lo stesso ha fatto su sant’Agostino che in realtà chiedeva il pentimento e la conversione, «manipolato», questo pure, da Kasper per portare acqua al suo mulino «ideologico». Ciò non sorprende: il card. Kasper fu quel teologo liberal che nero su bianco osò sostenere che i miracoli di Gesù altro non erano che «mitologia».
    A questo punto, la prolusione affidata dal papa – sorprendendo e allarmando i settori più ortodossi dell’episcopato – a Kasper era ampiamente bruciata. Ed è qui che è avvenuto un inaspettato strappo alla regola, che ha esacerbato oltre gli animi: è intervenuto il papa direttamente, con una filippica mirata a salvare Kasper e la sua prolusione: «Ieri, prima di dormire, ho letto… ho ri-letto il lavoro del cardinale Kasper… Vorrei ringraziarlo, perché ho trovato profonda teologia, anche un pensiero sereno nella teologia. È piacevole leggere teologia serena. E ho trovato quello che Sant’Ignazio ci diceva, quel sensus ecclesiae, l’amore alla Madre Chiesa, lì. Mi ha fatto bene e mi è venuta un’idea, ma mi scusi eminenza se la faccio vergognare, ma l’idea è: questo si chiama fare teologia in ginocchio. Grazie. Grazie». Parlando così, pubblicamente, ha reso queste dichiarazioni, apparentemente estemporanee, di fatto parte del magistero ordinario.
    Verso la trincea del Sinodo
    Un vero endorsement. Qualcuno dei vescovi presenti, infastidito, ha fatto notare: «Ma non era lo stesso papa che appena eletto ha detto “non mi frega niente della teologia, ci pensino i teologi”?». Il cardinale Caffarra, fra i denti, ha dovuto ammettere che «c’è in atto una guerra contro Giovanni Paolo II e Ratzinger; e in particolare contro Humanae vitae e Familiaris consortio», le due encicliche fondamentali su vita umana, contraccezione e famiglia.
    Il fatto è stato grave. Il papa ha salvato Kasper, ma in tal modo si è anche apertamente schierato. E invece «poteva e doveva stare zitto», si lamentano. Fin lì si era creduto che il papa avesse usato il teologo progressista Kasper per far venire allo scoperto le tesi progressiste dell’episcopato mitteleuropeo, lasciandole poi impallinare in anticipo, per salvare la dottrina tradizionale della Chiesa in materia. Ma dopo l’irrituale e appassionata difesa di Kasper, è stato chiaro a tutti che il papa ha affidato la prolusione a lui proprio perché ne condivideva il pensiero. E su questa strada, col suo intervento diretto, vorrebbe indirizzare e se necessario spingere il Sinodo. Perché in sé avrebbe già maturato una decisione. In questo usando la tecnica tipica dei gesuiti, maestri nel dare alle assemblee l’illusione di prendere esse, democraticamente, le decisioni, ma in realtà portandole senza farsi accorgere a ratificare scelte che sono state già prese dal superiore. Persino Kasper sarebbe, in questo senso, solo una «pedina» di Bergoglio.
    Sono in molti ad ammetterlo, ma tutt’altro che rassegnati, anzi. Che ormai si sta delineando sempre più la terza via per il Sinodo: il divorzio accettato dal vescovo diocesano con una dichiarazione extra giudiziale di nullità matrimoniale. Che di fatto salva la dottrina col sofisma, ma allo stesso tempo favorisce una prassi eterodossa.
    A questa si aggiunge un’ulteriore consapevolezza: «è solo l’inizio». Essendo la rivoluzione per sua natura «bulimica», si sostiene, questo è solo il primo passo per poi legittimare «tutto il resto», come han fatto le denominazioni protestanti europee (e quasi subito dissolvendosi). E questa sarebbe l’intenzione dell’episcopato mitteleuropeo: applicare un punto alla volta «tutti i punti dell’agenda progressista»: una autentica «mondanizzazione» della Chiesa. «E’ l’inizio, certo: l’inizio della fine!», assicura un prelato della Sacra Rota.
    E allora si capisce perché attorno a questo Sinodo tutte le componenti pensanti della cattolicità (romana e ortodossa) si stanno accampando in attesa della battaglia finale. L’unica possibilità che hanno è arrivare preparati al Sinodo di ottobre, giocando d’anticipo: consapevoli che dietro l’esangue maschera dell’ottuagenario Kasper, come hanno sospettato appena gliel’hanno strappata, potrebbe esserci il papa. Ed è questo il loro vero problema.
    Ma come giocare d’anticipo avendo dinanzi il “mostro” mediatico di Francesco? Sensibilizzando i cattolici militanti con interventi delle punte di diamante dell’intellighenzia cattolica ortodossa, laici e cardinali compresi: con interventi e interviste mirate. E hanno in effetti cominciato a parlare, come dimostra la fluviale e toccante intervista di Caffarra. E nel frattempo escono cose strane, tutti vanno dicendo che il papa «è bravissimo», ma se leggi fra le righe si capisce che poi al Sinodo sarà il finimondo, se il tutto non scoppia prima, naturalmente. Finimondo verbale, teoretico, teologico: «per evitare derive».
    I cardinali vanno alla guerra. Del Sinodo. Ma Bergoglio con chi sta? | Qelsi


  9. #129
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Pavia ripara il crimine dell’aborto
    Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dell'amico Giorgio Vedovati, che ringraziamo, e ne approfittiamo per invitare tutti alla Quarta Marcia per la Vita, domenica 4 maggio a Roma.
    di Giorgio Vedovati
    Mentre si diffondono sempre più in tutta Italia le lodevoli iniziative delle Sentinelle in Piedi con annesso – ahinoi – schiamazzo osceno delle solite congreghe sodomitiche, c’è anche chi si affida costantemente alla preghiera. L’esempio viene da Pavia, dove nella prima mattina di mercoledì 9 Aprile centinaia di passanti hanno potuto vedere celebrata una Santa Messa in riparazione al crimine dell’aborto proprio davanti all’ingresso principale del Policlinico cittadino.
    Il segno è stato potente. Non siamo generalmente più avvezzi a incontrare il sacro nelle nostre vite quotidiane, avendo la modernità sancito inderogabilmente che tra tutte le libertà solo quella cattolica debba restare relegata nella sfera privata o all’interno delle chiese, tanto che diventa sempre più raro incontrare e riconoscere per strada un prete o una suora. Volendo invece portare all’attenzione pubblica il dramma dell’aborto, che qualsiasi persona razionale di buona volontà può riconoscere come un vero e proprio delitto, si è deciso che una Santa Messa fosse il metodo migliore per attirare l’attenzione e indurre alla riflessione. Ma non basta: per comunicare al meglio il valore di espiazione e di riparazione della celebrazione, è stato utilizzato il rito romano vetus ordo (la volgarmente detta “messa in latino”), sommamente sobrio, composto e grave. È così che, all’interno della Quaresima e in particolare della Settimana di Passione, il sacrificio di Cristo s’è fatto carico anche del sacrificio di tutti quegli innocenti che, a poca distanza, vengono immolati all’altare dell’utilitarismo, dell’egoismo e dell’indifferenza.
    Oltre ai fedeli che sono accorsi di proposito a questa celebrazione antelucana (la Santa Messa è iniziata, dopo un Rosario, alle 7), sono stati diversi i passanti che si sono fermati ad assistere, anche solo per qualche minuto, al rito, colpiti dalla sua autenticità sacrale e – vogliamo sperare – dal pensiero alle vittime innocenti. Si è avuta così la dimostrazione di come bisogna superare paure e scrupoli eccessivi e non esitare nel far sentire pubblicamente, con forza ma con compostezza, la nostra voce di cattolici: la gente, almeno in parte, è ancora pronta a recepire i messaggi, non è ancora inevitabilmente persa.
    L’iniziativa di questa Santa Messa contro l’aborto è arrivata dopo ben 29 appuntamenti settimanali durante i quali ogni mercoledì alle 6 – in barba a nebbie, gelo, oscurità e pioggia – Marco Crevani e un manipolo di fedelissimi si radunano davanti al Policlinico di Pavia per la recita del Santo Rosario, nel giorno settimanale assegnato allo svolgimento di questa carneficina. È Marco, vero pro-life in parole e opere, il fulcro organizzativo di queste iniziative, che hanno come corollario l’impegno radiofonico sulle frequenze della diocesana “Radio Ticino”: ogni giovedì pomeriggio, infatti, conduce “La Grande Guerra. L’umanità contro se stessa”, un programma di attualità e di approfondimento sulle tematiche della difesa della vita, dal Magistero dei Pontefici alla cronaca quotidiana dell’assalto alla famiglia, al matrimonio e, appunto, alla vita dal suo concepimento alla morte naturale. Invito tutti all’ascolto, soprattutto quei “cattolici adulti” che nulla temono o sospettano circa il gramo destino verso cui si sta incamminando la società contemporanea.
    Pavia ripara il crimine dell?aborto ~ CampariedeMaistre

    IDIOZIA E INGENUITA’ MONACALE
    Impazza sulla “rete” e ne dànno notizia le cronache, l’esibizione chitarraiola e canterina di tale Suor Cristina, orsolina energica, genuina, grande voce del programma tv The voice of Italy – una della tante insipienti, vacue e bischere trasmissioni che presumono di sfornare genii della musica.
    Suor Cristina canta, balla e si agita suscitando un tripudio di applausi e un delirio festivaliero. “Un vero talento sotto gli abiti consacrati. Perfino il cardinal Ravasi (e te pareva!!) ha lanciato un tweet su di lei – Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri – (I Pietro, 4, 10).
    Cosa dice l’interessata?
    “Solo perché siamo suore non possiamo esibirci? E’ un messaggio forte quello di una giovane che consacra la propria vita a Dio e continua a fare cose come qualsiasi persona della sua età”.
    Consacrare la vita a Dio e continuare a fare le cose solite non sembra essere lo spirito richiesto dalla consacrazione. La vocazione alla vita religiosa esige un cambio netto di usi e di costumi. Se la suorina intende fare le cose che fanno gli altri, può tornare nel mondo dove almeno non si avvertirà lo stridente contrasto tra il carisma della vocazione e la carriera di canterina.
    In quanto al messaggio che essa afferma essere forte, noi diciamo che di messaggio si tratta ma non di quello che il Signore si aspetta, quello che è scritto nella professione dei voti. Il suo, ad onta di dichiarazioni entusiastiche di offerta e di apostolato, è un messaggio debole e vuoto e pericoloso.
    Come si vede, il mondo è entrato nei conventi col cavallo di Troia del rock, del ballo e delle trasmissioni mondane televisive.
    In quanto al cardinal Ravasi, che tutto vede nell’ottica della cultura, e mai nella austera prospettiva di fede, vorremmo consigliargli maggior discernimento nelle citazioni della Sacra Scrittura e rammentargli che il maggior dono che Suor Cristina ha avuto da Dio non è il canto o l’abilità ballerina, ma la sua vocazione.
    Concludiamo ricordando ai lettori quel famoso frate cappuccino, Giuseppe Cionfoli che, molti anni fa – 1982/1983 - si impalcò sul festival musicale leggero di Sanremo, in tonaca e chitarra annunciando al mondo che metteva a disposizione il dono di Dio – il canto – per la gloria del Signore e per la diffusione del Vangelo. Cionfoli non ha, per quanto se ne sappia, convertito alcuno, ha vagato da una trasmissione all’altra sino alla becera e scostumata “Isola dei famosi”. Oggi, rientrato al mondo da cui era partito con in spalla la chitarra e tanto ardore apostolico, è sposato, padre di tre figli e, dicono le cronache, anche nonno.
    E suor Cristina? Chissà: madre Cristina…
    FOLLIA E RIDICOLO - di L. P.



    La ribellione dei padri modernizzanti e le incaute concessioni di Giovanni XXIII
    di Piero Vassallo
    By Riscossa Cristiana
    Uno dei più influenti e celebrati protagonisti dello storico evento, nell’introduzione ai documenti del Vaticano II, afferma risolutamente – e si è tentati di dire sfacciatamente: “Non si può negare che un determinato gruppo di teologi romani nei mesi precedenti all’apertura, avesse creduto che il Concilio non potesse fare praticamente altro che accettare ed applaudire al progetto di decreti elaborati dalle commissioni preconciliari e che non fosse né possibile né pensabile, qualunque discussione o diversità di opinione notevole. Ma il Concilio, e fin dalla prima sessione, ha sempre respinto recisamente questo metodo e questo sistema, Le discussioni si svolsero in piena libertà e con indiscussa franchezza e così il Concilio arrivò a conclusioni che prima non solo non erano prevedibili ma nemmeno pensabili” (Cfr. Karl Rahner, Introduzione a “I Documenti del Concilio Vaticano II”, edizioni Paoline, Roma 1967).
    Lo studioso di storia ecclesiastica, se onestamente impegnato nella ricerca della verità sul Vaticano II, deve affrontare pertanto il problema della doppia ispirazione del Vaticano II, quella dei documenti preparatori, elaborati da teologi obbedienti al magistero, e quella emergente dai documenti finali, prodotti da una agguerrita minoranza assembleare, che, pur dichiarandosi refrattaria e ostile alla dottrina proposta dai teologi del regnante pontefice, ottenne da lui l’autorizzazione a procedere contromano.
    Paolo Pasqualucci può dunque affermare, senza temere smentite, che “il vero Concilio era quello preparato dalla Curia sotto la guida del cardinale Alfredo Ottaviani e di padre Cornelio Tromp. Un eccellente e validissimo lavoro, al quale avevano preso parte i migliori teologi ortodossi, fu buttato a mare nella convulsa e anomala fase iniziale del Concilio, grazie a una serie di colpi di mano procedurali dei progressisti, che riuscirono a conquistare la prevalenza nelle dieci Commissioni conciliari incaricate di elaborare gli schemi dei testi da sottoporre all’assemblea”.
    Ora il radicale e rovinoso mutamento d’indirizzo (che è vantato senza ritegno da Karl Rahner) non sarebbe stato possibile se non fosse intervenuta l’approvazione talora esplicita talora surrettizia e occulta di Giovanni XXIII. Il nodo che deve sciogliere il qualunque fedele intenzionato a capire l’enigma del Vaticano II, è stretto intorno al doppio pontificato di Angelo Roncalli, che fu padre esitante dei documenti pre-conciliari e padre entusiasta dell’anti-concilio.
    Edito in questi giorni dalla casa editrice veronese Fede & Cultura il saggio di Paolo Pasqualucci, “Il Concilio parallelo“, propone la soluzione del dilemma che si presenta al qualunque fedele che esamina senza pregiudizio quelle alterazioni e quegli abusi del diritto canonico e del regolamento conciliare, che favorirono l’impresa dei teologi intenzionati a compiere la metamorfosi dei testi proposti dalla Curia romana. Da una tale lettura emerge infatti l’immagine di un’assemblea alterata dall’agitazione dei modernizzanti e di un pontefice ingannato dall’abbacinante miraggio che rappresentava l’errore dei moderni nell’avanzata fase della autocritica.
    A dimostrazione delle incertezze (per non dire delle ambiguità) di Giovanni XXIII, Pasqualucci cita un brano del Giornale dell’anima scritto durante il drammatico dibattito sullo schema presentato dal card. Ottaviani: “Dibattito increscioso circa le fonti della Rivelazione. Nonostante gli sforzi per la corrente Ottaviani, essa non riesce a contenere l’opposizione che si rivela molto forte”.
    Pasqualucci sottolinea la sorprendente definizione (corrente) che papa Roncalli applicò alla commissione da lui istituita. E giustifica il proprio stupore: “Lo schema presentato e difeso da Ottaviani, e con lui dagli altri cosiddetti “conservatori”, non conteneva né voleva contenere tesi personali ed originali, per il semplice motivo che esponeva, con la massima chiarezza possibile, l’insegnamento ufficiale e plurisecolare del Magistero. Ma per il Papa esso era l’espressione della “corrente Ottaviani”, un prodotto di parte! Il punto di vista di una “corrente” teologica! I novatori non dicevano forse lo stesso?”
    In un’altra annotazione di Giovanni XXIII si leggono parole ancor più stupefacenti e francamente sgradevoli: “Anche oggi ascolto interessante di tutte le voci del Concilio. In gran parte sono di critica agli schemi proposti (dal card. Ottaviani), che, preparati da molti insieme, rivelano però la fissazione un po’ prepotente di uno solo e il permanere di una mentalità che non sa divincolarsi dal tono della lezione scolastica. La semi cecità di un occhio è ombra sulla visione dell’insieme. Naturalmente la reazione è forte, talora troppo forte…”.
    Pasqualucci commenta: “Qui lo stupore non nasce solo a causa del doppio senso di cattivo gusto, non privo di malignità, sulla parziale cecità che aveva cominciato ad affliggere il cardinale Ottaviani; nasce soprattutto dalla constatazione che a Giovanni XXIII l’esposizione e la difesa del dogma della fede contenuto nello schema De Fontibus altro non appaiono se non la “fissazione di una mentalità che non sa divincolarsi dal tono della lezione scolastica”; ragion per cui, “naturalmente”, la reazione è forte. Anche qui, Giovanni XXIII usa lo stesso linguaggio dei teologi novatori, sprezzatori, come si è visto, del Magistero: i testi dello schema, che esprimono la dottrina di sempre (ovviamente chiusa ad aperture e compromessi con l’errore) sono “scolastici” e quindi non vanno bene”.
    Di qui una severa ma motivata opinione sull’ingiustificato voltafaccia di papa Roncalli: “Con il suo comportamento, Giovanni XXIII legittimava di fatto l’interpretazione che i novatori davano delle aperture “ecumeniche” da lui volute; legittimava di fatto l’abbinamento “ecumenismo = mutamento dottrinale”, consentendo così al Concilio di consolidarsi nell’andamento anomalo, rivoluzionario, che i novatori avevano voluto imprimergli sin dall’inizio, in quello che Amerio chiamò il suo carattere “autogenetico, improvviso, atipico”.
    Pasqualucci dimostra peraltro che Giovanni XXIII non nascose il suo autentico pensiero, per evitare che potessero sorgere equivoci su cosa si dovesse intendere con “aggiornamento” della Chiesa: “Di fronte ad interpretazioni, come quella del cardinale Siri, che volevano vedere nella sua allocuzione di apertura del Concilio principalmente la difesa della dottrina e della tradizione, egli, nel discorso d’auguri per il nuovo anno tenuto come da tradizione al Collegio dei Cardinali (gennaio 1963), citando sé stesso nella versione in volgare, più audace in alcuni punti del testo latino, soprattutto nella famosa frase in cui affermava che la dottrina deve essere “studiata ed esposta attraverso le forme dell’indagine e della formulazione letteraria del pensiero moderno”, fece capire che l’allocuzione valeva soprattutto per le novità che enunciava“.
    Il libro di Pasqualucci, filosofo del diritto e perciò in grado di misurare la gravità degli abusi compiuti da papa Roncalli, si raccomanda per la magistrale ricostruzione delle irregolarità che hanno punteggiato e tormentato lo svolgimento del Concilio Vaticano II, fino all’infelice esito rappresentato dalle ambiguità insinuate nei documenti, che hanno sviato il clero cattolico e narcotizzato i fedeli. E offre finalmente un’immagine veritiera e non zuccherina del “papa buono” tale da giustificare i dubbi manifestati da Roberto de Mattei sull’opportunità di santificare un uomo che incise sulla vicenda del Vaticano II il segno delle contraddizioni del suo carattere e la traccia della sua debolezza davanti all’errore dei moderni.
    La ribellione dei padri modernizzanti e le incaute concessioni di Giovanni XXIII ? di Piero Vassallo | Riscossa Cristiana



    QUANDO UN PONTEFICE PIACE ALLA MASSONERIA
    -di Davide Consonni-
    Pochi ricorderanno le incredibili parole con cui il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Gustavo Raffi accolse l’elezione al soglio pontificio di Jorge Mario Bergoglio, le riporto per spolverare le memorie:
    "Con Papa Francesco nulla sarà più come prima. Chiara la scelta di fraternità per una Chiesa del dialogo, non contaminata dalle logiche e dalle tentazioni del potere temporale. Uomo dei poveri e lontano dalla Curia. Fraternità e voglia di dialogo le sue prime parole concrete: nella Chiesa nulla sarà più come prima. Il nostro auspicio è che il pontificato di Francesco, il Papa che 'viene dalla fine del mondo' possa segnare il ritorno della Chiesa-Parola rispetto alla Chiesa-istituzione, promuovendo un confronto aperto con il mondo contemporaneo, con credenti e non, secondo la primavera del Vaticano II. Il gesuita che è vicino agli ultimi della storia - prosegue Raffi - ha la grande occasione per mostrare al mondo il volto di una Chiesa che deve recuperare l'annuncio di una nuova umanità. Bergoglio conosce la vita reale e ricorderà la lezione di uno dei suoi teologi di riferimento, Romano Guardini, per il quale non si può staccare la verità dall'amore. La semplice croce che ha indossato sulla veste bianca - conclude il Gran Maestro di Palazzo Giustiniani - lascia sperare che una Chiesa del popolo ritrovi la capacità di dialogare con tutti gli uomini di buona volontà e con la Massoneria che, come insegna l'esperienza dell'America Latina, lavora per il bene e il progresso dell'umanità, avendo come riferimenti Bolivar, Allende e José Martí, solo per citarne alcuni. E' questa la 'fumata bianca' che aspettiamo dalla Chiesa del nostro tempo".
    Non a caso Raffi cita Romano Guardini, uno dei teologi di riferimento di Bergoglio (ma non solo del Bergoglio ovviamente, fu apprezzato dai molti che accolsero e gradirono i frutti del Concilio Vaticano II), in quanto Guardini con il suo testo “Lo spirito della Liturgia” (1918), considerata colonna e pietra miliare del Movimento Liturgico, aprì e spalancò le porte alla riforma liturgica attuata dal massone Arcivescovo Bugnini durante il Concilio Vaticano II. Il Guardini fu per esempio, ben prima del Concilio Vaticano II, uno dei primi sperimentatori della “celebrazione eucaristica rivolta verso il popolo”.
    Torniamo al Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Raffi. Il suo gradimento per l’elezione di Bergoglio al soglio pontificio l’ha esplicitato perfino nell’ultima allocuzione del 4/4/2014, ultima in quanto domenica 6 aprile cederà la carica di Gran Maestro al suo successore, ne scriverò poco più avanti. Nell’allocuzione sopra citata le dichiarazione del Raffi sono a dir poco allarmanti, ne riporto una parte:
    “Certamente questa, tra le mie allocuzioni, è la più difficile. Si tratta, infatti, dell’ultima occasione che posso condividere con tutti voi da Gran Maestro e vorrei, quindi, che il mio discorso potesse diffondere tutta quella carica di ottimismo, di positività, di dinamismo, di apertura e di trasparenza che spero di aver contribuito a consolidare all’interno della nostra Istituzione durante gli anni di mia Gran Maestranza. […]Il mondo sta cambiando ad una velocità pochi anni or sono del tutto inimmaginabile. Questo mondo “liquido”, per usare il termine coniato da Zigmunt Baumann, sta trasformando radicalmente tutte le strutture “rigide” che il mare del passato ha depositato sui lidi del presente. Basterà volgere lo sguardo dentro quelle mura che separano l’Italia dal Vaticano per capire che qualcosa sta cambiando. Osserviamo con attenzione e rispetto come questo Papa stia accelerando i tempi di cambiamento epocale entro l’orizzonte di strutture tradizionalmente restie ad accogliere i fermenti di innovazione. E di riflesso il suo influsso si riverbera ben oltre i confini delle sagrestie. […]Ma tocca anche a noi! Tocca a noi fare la traversata di questa realtà liquida. Tocca anche a noi fare i conti con la mutevole contemporaneità. Con la pretesa, mai tradita, di essere sempre contemporanei della posterità. Saremo in grado di traghettare attraverso questa era liquida il lavoro delle nostre officine? Un'arte, ma anche una visione del mondo che la Libera Muratoria ha affidato a ciascuno di noi. C’è da essere ottimisti. Molto ottimisti! Ottimisti perché il futuro dell’uomo è prima di tutto costruito dalle mani dell’uomo. L’edificio del nostro futuro sarà quello che noi, Muratori, avremo costruito nella nostra libertà, pietra su pietra. E possiamo forse mancare di fiducia in noi stessi? Possiamo forse non concederci la speranza? […] Un’istituzione prima considerata come indegna di cittadinanza, della quale si diffidava e dalla quale ci si teneva a debita distanza, è, senza tema di smentite, entrata tra le realtà più vive, trasparenti, attive della nostra Italia. La storia del pensiero e delle istituzioni libero muratorie è così divenuta nuovamente argomento serio di dibattito accademico; nelle università si organizzano seminari e convegni su temi massonici e i libri su questi argomenti costellano i cataloghi di editori oltremodo prestigiosi, ed il pensiero massonico non pascola più solo tra i bollettini di parrocchiette esoteriche o nei tipi di varia pubblicistica di livello scadente. Le più importanti Autorità delle istituzioni nazionali, i rappresentanti stessi dello Stato Italiano, le più alte cariche del Parlamento e della Comunità Europea ci hanno onorato della loro considerazione, invitandoci a partecipare a meeting di rilevanza internazionale. Se è pur vero che per alcuni di noi, sempre meno per fortuna, una medaglia o un paludamento valgono di più di ciò, noi abbiamo voltato pagina e abbiamo rimesso l’accento su altri contenuti e quindi su ben altre priorità, aprendo la via ad ulteriori, nuovi e insperati, interlocutori.”
    Come può un’affermazione simile, se detta dal Gran Maestro della più importante e numerosa obbedienza massonica italiana, non turbare e inquietare il fedele cattolico? “Basterà volgere lo sguardo dentro quelle mura che separano l’Italia dal Vaticano per capire che qualcosa sta cambiando. Osserviamo con attenzione e rispetto come questo Papa stia accelerando i tempi di cambiamento epocale entro l’orizzonte di strutture tradizionalmente restie ad accogliere i fermenti di innovazione. E di riflesso il suo influsso si riverbera ben oltre i confini delle sagrestie. […]Ma tocca anche a noi!”. Soprattutto se consideriamo che lo stesso GM Raffi gongolò all’elezione di Bergoglio affermando: “Con Francesco nulla sarà più come prima”. E’ chiaro ed evidente che diverse dichiarazioni di Bergoglio lascino ben sperare i massoni del Grande Oriente d’Italia.
    Proprio mentre scrivo il Gran Maestro Raffi sta presiedendo l’annuale ritrovo massonico denominato Gran Loggia di Rimini a cui mediamente partecipano 3000 massoni, tale incontro del 2014 avrà risonanza storica per il passaggio di gran maestranza da Raffi a Stefano Bisi.
    Bisi ha vinto proponendo come programma “elettorale” «Presenza, laicità, tradizione. Pragmatici ed esoterici». Senza voler tediare il lettore con la biografia del Bisi segnalo che è autore di un testo titolato”Mitra e Compasso”, nel quale ripercorre, dal punto di vista massonico, il burrascoso rapporto tra Chiesa Cattolica e massoneria, partendo dalla scomunica per i massoni contenuta nella lettera apostolica “In eminenti” di Clemente XII fino a giungere a quelle che definisce “grandi concordanze” contemporanee. Bisi è da molti considerato il prosecutore ideale della politica raffiana di apertura delle logge verso la società profana, di mediatizzazione delle questioni massoniche, essendo giornalista alcuni ritengono che le politiche del Bisi saranno ancora più aggressive e spregiudicate in questo senso. Il 3/4/2014 è uscita un’intervista di Bisi che potrebbe fornire conferme in merito al suo futuro modus operandi. L’intervista citata è stata rilasciata da Bisi a Panorama, nella quale si affrontano diversi temi: gli elenchi segreti degli iscritti al Grande Oriente d’Italia, Bisi si giustifica: «Non esiste nessuna associazione in Italia che pubblichi l’elenco dei suoi iscritti”, l’intervistatore chiede di render conto dell’esclusione delle donne dalle logge, Bisi risponde: “«C’è una ragione di carattere storico ed esoterico. Gli uomini rappresentano la parte solare, le donne quella lunare, che ad essa è complementare. Storicamente tutta la massoneria internazionale collegata al Grande Oriente non prevede la presenza delle donne nelle logge. Però vi sono organizzazioni di donne legate alla massoneria, i Capitoli delle Stelle d’Oriente, che sono molto attive, soprattutto nel campo della solidarietà”.
    Il giornalista di Panorama chiede conto delle infiltrazioni mafiose nelle logge calabresi e siciliane e del malaffare generalizzato che ha coinvolto alcune logge del Grande Oriente d’Italia, come dimostrano diverse inchieste giudiziarie, il Bisi si giustifica: “Il Gran Maestro Raffi è stato molto drastico sotto questo profilo. Nei confronti dei fratelli massoni che avevano commesso degli errori ha preso delle decisioni molto nette”, aggiungerei che il Raffi fu drastico solo dopo che si mossero le magistrature, mai prima.
    Giungiamo ora al quesito più rilevante dell’intervista di Panorama al Bisi: “Che impressione le fa Papa Francesco?”
    «Mi suscita simpatia perché mi pare che sia molto aperto alle novità. Parla con i giornalisti di tutto il mondo e mi pare che mostri apertura su argomenti che finora erano stati tabù per la Chiesa cattolica. Non so se cambieranno le idee delle gerarchie ecclesiastiche anche sulla massoneria. Credo che la breccia di Porta Pia vada superata nel senso che oggi non bisogna più essere anti qualcosa ma a favore di qualcosa. Forse non è un caso che il bersagliere che suonò la tromba per la breccia di Porta Pia fosse un senese, Niccolò Scatoli. Spero che oggi un altro senese possa superare le antiche divisioni e aprire una nuova stagione di dialogo. Giovanni XXIII, alla vigilia del Concilio Vaticano II, in viaggio in treno verso Loreto e Assisi, parlando con il presidente del Consiglio Amintore Fanfani disse: “Vede quei due uomini che camminano insieme laggiù, nella campagna? Non ha tanta importanza da dove vengono, conta invece dove vogliono andare e se ci vogliono andare insieme”. Credo che molte barriere e molti steccati vadano abbattuti. Da parte dei massoni oggi sono superati».
    Piuttosto spregiudicata la risposta del Bisi, il quale auspica una nuova “stagione di dialogo” in cui “molte barriere e steccati verranno abbattuti” sottolineando come Bergoglio si sia dimostrato “aperto alle novità e aperto su argomenti che finora erano stati tabù per la Chiesa Cattolica”; dice di non sapere se “le idee delle gerarchie ecclesiastiche cambieranno anche sulla massoneria”, ma ovviamente se lo augura, essendo conscio che grandi dialoghi sono già stati avviati da tempo. Il paragone proposto nella risposta successiva, tra il senese neo Gran Maestro Bisi, aperto al dialogo, con il bersagliere senese, il quale con la sua tromba diede inizio all’attacco a Porta Pia, è un esempio di come oggi venga inteso il rapporto tra logge massoniche e Vaticano, rapporto in cui entrambe le fazioni considerano le trincee questione passata, dove il conflitto a viso aperto è trasmutato in dialogo riservato e celato, dialogo fecondo al mutamento delle dottrine cattoliche, non certo di quelle massoniche.
    E’ la dottrina Cattolica, compresa quella liturgica, ad esser stata mutata dalla massoneria, non certo i rituali massonici mutati dalla dottrina Cattolica. L’ex GM Raffi e il neo GM Bisi dimostrano di essere chiaramente consci di quest’aspetto, il primo citando il Guarini caposcuola del Movimento Liturgico e il secondo auspicando una nuova e feconda stagione di dialogo utile ad abbattere ulteriori steccati e barriere. Considerando inoltre le numerose esternazioni dell’ex e del neo Gran Maestro in merito ai segni di evidente e particolare apertura di Bergoglio (basta citare il rapporto continuato tra Bergoglio e il B’nai B’rith, massoneria ebraica, e la carica di Bergoglio di membro onorario del Rotary Club Argentino, per dimostrare nei fatti tale evidente apertura. Gli eventi futuri non lasciando bene sperare coloro i quali auspicano, invece, una coerenza dottrinale e un ritorno all’integrismo Cattolico professato e difeso da secoli di Magistero Cattolico e da numerosissimi Servi di Dio.
    Quando un Pontefice piace alla massoneria | Radio Spada



    Qual è la tentazione più difficile da superare per la Chiesa?
    Monsignor Cortés parla delle tentazioni della Chiesa
    Parleremo dell'ultima tentazione della Chiesa, non in senso cronologico, ma in quello della tentazione più importante, quella definitiva, la più intensa e difficile da superare. Potremmo chiamarla anche “la tentazione delle tentazioni”, perché in essa si riuniscono e si accumulano e intensificano tutte le prove, gli inganni e i pericoli che minacciano la Chiesa nel corso della sua storia.
    Come si può capire, ci ispiriamo o riproduciamo ciò che Nikos Kazantzakis ha voluto esprimere nel suo noto romanzo “L'ultima tentazione di Cristo”, portato sullo schermo con scarsa fortuna da Martin Scorsese. Una trasposizione, da Cristo alla sua Chiesa, che riteniamo legittima, perché come ha detto Gesù “un discepolo non è da più del maestro... se hanno perseguitato me...”. Mettiamo da parte il radicalismo di Kazantzakis, che presenta un Gesù tormentato da una lotta interiore che culmina con la Croce; una lotta che veniva ad essere riflesso della tragedia che viveva lo stesso autore. È una visione esagerata e parziale, ma risponde a una realtà.
    Quando arrivano i momenti più difficili e sembra che tutte le ingiustizie, i mali fisici, psicologici e morali, i fallimenti, le solitudini e le frustrazioni si riversino su una persona proprio perché ha creduto e ha voluto essere fedele a una missione, allora la grande tentazione è dire: “Tutto questo è assurdo e inutile, sono stato vittima di un inganno o di una delusione”... Questo impulso si chiama “tentazione di scendere dalla croce”. Sulla croce la tentazione, secondo il romanzo citato, fa passare davanti a Gesù tutto ciò che avrebbe significato l'instaurazione del Regno di Dio se avesse predicato solo la concordia, il benessere, il progresso, in un ambiente di normalità e tenerezza in cui avessero regnato l'armonia e la pace. Sarebbe stato un cristianesimo accettabile e confortevole. Risulta allora molto attraente la seduzione di dedicarsi a messaggi e compiti più visibili, accettati dalla maggior parte delle persone per il loro carattere umanitario, e che di per sé non hanno bisogno di alcun riferimento al Dio di Gesù Cristo. Gli appelli evangelici alla negazione di sé e alla sequela personale prendendo la propria croce dovranno essere messi tra parentesi o semplicemente a tacere.
    Ma la Chiesa non può scendere dalla Croce. La Chiesa crocifissa è un albero florido, frondoso e fecondo, che anche in tempo di siccità non muore, ma rinverdisce, perché è piantata accanto al fiume della Legge, quella dell'amore di Dio. Così ci dicono il Salmo 1 e il profeta Geremia (17,8). Magari quelle parole fossero un anticipo della nostra Chiesa.
    Qual è la tentazione più difficile da superare per la Chiesa? - Aleteia








  10. #130
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    FOLLIA E RIDICOLO
    di L. P.
    RICERCA E STUDIO – Papa Bergoglio cerca di capire…
    Il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di Nuova York, ha rilasciato, tempo fa, un’intervista alla NBC sul deprimente e scandaloso tema delle unioni omosessuali, annunciando che papa Bergoglio “studia le unioni gay, cercando di capirne le ragioni”.
    L’intera intervista è l’esempio di quel nefasto linguaggio che Romano Amerio definiva, con dotto termine, “circiterista” poggiante sul “circiter” latino, equivalente all’italico “circa”: dire/ non dire, negare/ammettere, si/no, no/però, mai/tuttavia -
    Noi, senza togliere valore semantico all’attribuzione ameriana, definiamo tale discorsività come vera, smaccata e propria ipocrisìa non priva di dissacrante e supponente superbia intellettuale. Il Papa, insomma, ancora non sa perché in taluni Stati del mondo si stia imponendo il tristo costume delle unioni omosessuali e vuol vederci chiaro. Vuole “studiare per capirne le ragioni”.
    Ora, noi che da decenni fatichiamo su noi stessi, sulle carte e sulla storia, in continua ricerca dei perché, sappiamo per esperienza che ci son argomenti di cui è necessario tentare lo scavo per cavarne le ragioni interne che spesso non appaiono, ed argomenti che si qualificano da sé medesimi per quanto lineari, chiari e indeclinabili sono. Studiare per capire le ragioni per cui le anguille sciamano, in tempo di riproduzione, verso il Mar dei Sargassi o cercare le ragioni per le quali il clima determina i tipi della flora, è cosa di ovvia impresa dacché non tutti i meccanismi di natura sono evidenti, compresi i fenomeni e l’eziologìa delle patologie fisiche che affliggono l’uomo e di cui si occupa la medicina. Ma voler studiare i motivi costitutivi di un fenomeno immorale, quale è l’infame unione sodomitica, e la sua giustificazione “de jure”, tema che già Qualcuno ha definito dall’eternità bollandolo come sacrilegio, atto contro natura e degno della perdizione eterna, pare debba essere inteso come:
    1) ignoranza dottrinario/teologica - 2) superbia intellettuale - 3) condiscendenza alle voglie del mondo.
    Prima di ricordare all’ipocrita prelato, e allo smemorato pontefice, i luoghi della Scrittura in cui la voce stessa di Dio stabilisce il suo giudizio, riportiamo, quale esempio di contorsionismo logico il testo dell’intervista tratto da - Il Messaggero on line - 09 marzo 2014. «Papa Francesco vuole studiare le unioni gay (!) per capire come mai alcuni Stati hanno scelto di legalizzare le unioni civili delle coppie omosessuali». Il Papa studierà le unioni gay per scoprirne le ragioni, perché mai (!) taluni Stati le legalizzino. Bene: e quando le avrà trovate, che se ne farà?
    Perché, è facilissimo trovarle: basta riflettere sul ruolo di Satana, sul suo disegno e sullo scopo delle sue azioni, perché le ragioni sue e quelle del mondo appaiano evidenti: sfasciare la famiglia naturale a vantaggio di una promiscuità che nemmeno le bestie praticano, nella creazione di una società corrotta e degradata, e tutto in nome del diritto individuale.
    La disonesta strategìa, che si mette in moto con queste folli dichiarazioni, fa forza sul manipolato concetto di misericordia e su quell’infausto “Chi sono io per giudicare un gay?” da cui ne deriva la accattivante, untuosa e slombata e codarda ritrosìa a condannare. C’è, quindi, un nuovo stile: non condannare ma porre domande, così come non convertire ma camminare insieme; uno stile che sarà l’emblema nel prossimo Sinodo.
    Amici lettori, attenzione: il Papa “sta cercando di capire”: siffatta dichiarazione, con l’uso del verbo “cercare”, dice che, in questa fase di studio, il Papa trova difficoltà a scorgere, nel quadro, i motivi e i presupposti che lo giustificano.
    Eh, sì! perché il verbo “cercare” sta a significare l’opera di chi non ha ancora trovato il bandolo della matassa, in questo caso, papa Bergoglio che non ha ancora ben compreso il sesto Comandamento, quello che proibisce l’atto impuro – e tale è la sodomia - perciò studia, e cerca, nell’intento di capire perché mai il Signore abbia voluto inserire tale ordine nel Decalogo e perché mai gli uomini tentino di scardinarlo.
    Ci si dirà che non è questa la visione di Sua Santità. Certo, ma cercando di capire perché mai alcune nazioni vogliono inserire nelle proprie norme giuridiche la sodomia è come se egli dubitasse dei Comandamenti.
    Poiché sembra evidente che tanto il prelato che il pontefice difettino di buone basi dottrinarie, e di poca fede in Colui che è VIA/VERITA’/VITA, ci assumiamo, con umiltà e modestia oltre che con rispetto ma con franchezza, l’incarico di rammentare loro alcuni passi della Scrittura in cui la voce che parla non è la nostra o quella di Scalfari o quella di De Bortoli o quella di Maradiaga, ma quella del Signore degli Eserciti, del Legislatore che ha, senza circiterismi o perifrasi buoniste, ipocrite e untuose, scolpito sulla roccia delle montagne e nel cuore dell’uomo i suoi Comandamenti.
    Ecco alcuni esempi:
    1 - “Disse dunque il Signore: - Il clamore delle colpe che giunge a Me da Sodoma e da Gomorra è grande, e il loro peccato è molto grave” (Gen. 18, 20);
    2 - “Fa’ uscire da questo luogo generi, figli e figlie e chiunque de’ tuoi si trovi in questa città [Sodoma] perché noi siamo qui per distruggere questo luogo: grande è il clamore dei peccati che da loro si è innalzato al Signore, e il Signore ci ha mandato a distruggerlo” (Gen. 19, 12/13);
    3 - “Io sono il Signore: non giacere con un maschio come si fa con una donna. È cosa abominevole” (Lev. 17, 22);
    4 - “Chiunque commetterà una di tali azioni abominevoli [sodomia], tutti quelli che le commettono, saranno sterminati di mezzo al popolo” (Lev. 17, 29);
    5 - “Se un uomo giace con un altro uomo come si fa con la donna, tutti e due hanno commesso una cosa abominevole: siano messi a morte. Il loro sangue ricada sopra di loro” (Lev. 20,13);
    6 - “Per questo, Iddio li ha abbandonati a delle turpi passioni. Le loro donne infatti hanno cambiato l’uso naturale in quello che è contro natura; e gli uomini pure, abbandonato l’uso naturale della donna, si sono accesi di perversi desiderii gli uni per gli altri, commettendo turpitudini maschi con maschi, ricevendo in se stessi la mercede meritata dal loro pervertimento” (Rom. 1, 26/27);
    7 - “Quello che ho inteso dirvi ora è di non aver relazione con chiunque, anche se ha nome di fratello, sia fornicatore, avaro, idolatra, maldicente, ubriacone, ladro: con gente simile non dovete neppure prendere cibo insieme.” (I Cor. 5, 11);
    8 - “Non sapete voi che gli ingiusti non possederanno il regno di Dio? Attenti a non illudervi: né fornicatori, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapitori saranno eredi del regno di Dio” (I Cor. 6, 9/10);
    9 - “Sappiatelo bene: nessun fornicatore, nessun impudico, nessun avaro… partecipa al regno di Cristo Dio” (Ef. 5, 7),
    10 - “Bisogna tener presente che la Legge non è fatta per il giusto, bensì per i cattivi e i ribelli, gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e i profanatori, i parricidi e i matricidi, gli omicidi, gli impudichi, i sodomiti, i commercianti di uomini…” (I Tim. 1, 9/10).
    Se tanta è la volontà di cercare le ragioni, ecco approntato il repertorio dal cui contenuto ne segue che, nei confronti della sodomia e del peccato impuro:
    1 – Dio condanna; non compatisce, né, tanto meno, come intende papa Bergoglio, pone domande;
    2 – La Parola di Dio è indiscutibile e priva di retro pensieri.
    Le ragioni delle nazioni corrotte sono le ragioni di Satana, le ragioni di Dio sono Dio stesso. E ciò basti al pontefice e al suo portavoce.
    Pertanto, alla luce di ciò che abbiamo letto, sarebbe opportuno che entrambi rileggessero la Scrittura evitando di dispensare moine e vezzi al mondo col mostrarsi, per una forma di captatio benevolentiae, come ansiosi di capirne le oscene problematiche.
    Dice il profeta: “Chi di noi può restare presso un fuoco divoratore? Chi di noi può restare presso un braciere continuo? Chi cammina santamente e parla di giustizia… chi si tura gli orecchi per non sentire propositi di sangue e chiude gli occhi per non vedere il male” (Is. 33, 14/16).
    Ecco la vera strategìa: evitare di indagare il male per conoscerne le ragioni perché, presumendo di vincerlo attraverso un duello, il rischio di esserne catturati è notevole. E questo avviene quando l’uomo fa sicuro, pieno e totale affidamento sulla propria capacità persuasiva e sul proprio bagaglio culturale. Come ben dimostra il lacrimevole esempio di quel tale don Mario Mazzoleni il quale, recatosi nel 1992 in India col santo e ardente proposito di convertire, confidando esclusivamente sul bagaglio della propria scienza teologica, quel satanista di Sai Baba, ne venne rapito diventando un fervente discepolo (R. Grillo, Attenti al lupo – Ed. Ares 2006 pag. 61), parimenti a quanto successo all’ex vescovo Milingo. “Nisi Dominus aedificaverit domum, in vanun laboraverunt qui aedificant eam” (Ps. 126, 1).
    Satana, Santità, è scaltro, lusinghevole e sottile e, tra l’altro, come testimonia Dante, è anche “loico” (Inf. XXVII, 123).
    Un’ultima chiosa: se, per il cardinal Dolan, mescolare coppie gay e coppie naturali è “annacquare il matrimonio sacramentale”, ci sia permesso dubitare della sua capacità di scegliere i termini adatti e consentanei perché, in detta contingenza, più che annacquare tràttasi di “avvelenare”. A meno che, siffatta distrazione terminologica non nasconda, sotto le forme retoriche della litote, uno scopo che, per il momento non si vuole indicare ma i cui segni indiziarii ce lo fanno immaginare. Similmente al fil di fumo che ci testimonia l’esistenza di un fuoco.
    AMENITA’, TENEREZZA E BANALITA’ – La nuova pastorale del perdono
    Papa Bergoglio, riportano le cronache, parlando di Scalfari Eugenio - il papa laico con cui ha duettato salvo poi sbianchettarne, sul sito del Vaticano, la lunga intervista - ha fatto sapere che “lo perdona anche se non crede”.
    Alla persona disattenta tale espressione si configura come manifestazione di misericordia e di simpatia ma, alla luce della dottrina cattolica e del Vangelo, altro non è che stravolgimento irenistico e patetico che annulla la missione della Chiesa: convertire ed ammonire.
    Perdonare chi, per il fatto di non credere, tròvasi in stato di peccato è dire cosa contraria alla morale. Il perdono si lucra solo col pentimento e col ritorno allo status quo ante di grazia. Il Papa non inquini la perenne dottrina della Chiesa perché anche uno come Scalfari, per salvarsi, deve credere, diversamente Cristo avrebbe comandato al vento ordinando ai suoi discepoli, e ai loro successori, di andare per il mondo intero annunciando il Vangelo ad ogni creatura e battezzando nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per il che, chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato (Mc. 16, 15/16). Ciò nonostante, il pontefice ha tenuto a dire, di Scalfari, che non è sua intenzione convertirlo. Cosa dobbiamo pensare?
    La sorpresa viene, però, da un altro fatto di cronaca recentissimo, vogliamo dire dell’incontro che papa Bergoglio ha tenuto il 21 marzo, nella chiesa di san Gregorio VII a Roma, con oltre 700 familiari delle vittime di mafia (Il Giornale 22/3/2014 pag. 21 ), al termine del quale ha supplicato i mafiosi a convertirsi, a cambiare vita, a cambiare strada, (mica a pentirsi!) “Ve lo chiedo in ginocchio per il vostro bene”.
    Eh sì, il pentimento, oggi, col nuovo corso teologico che predilige la misericordia e la tenerezza, è un obbligo e un adempimento che quasi quasi disonora ed avvilisce la dignità dell’uomo peccatore anche, perché, “pentirsi” sa tanto di umiliazione mentre il “convertirsi” esprime il sapore di un’operazione razionale più adeguata al valore della persona, pertanto lo si chiede, se lo si chiede, con garbo e tatto.
    Ma non è tanto questa involontaria omissione papale che a noi dà da pensare, perché maggiormente autolesivo, pesante e inspiegabile è quel “chiedere in ginocchio” perché non sia mai che il mafioso, uomo d’onore, si offenda. Ora, se qualche lettore ci può citare passo alcuno del V.T. o del N.T. ove si parla di Dio o di Gesù che invitano, ginocchioni, i peccatori alla conversione, noi siamo disposti ad abbandonare le posizioni tradizioniste che ci vengono, tra il faceto e lo stizzito, periodicamente rimproverate e rientrare, così, nel fiume del conformismo postconciliare.
    Con papa Bergoglio, il peccatore diventa soggetto di reverenza con l’automatico declassamento del pontefice a minus habens. Diciamolo: una cosa indegna.
    Peraltro, considerato che i mafiosi mostrano tutti devozione a qualche santo e tengono in casa, o nei rifugi, cappelle ed altarini, vien da chiedersi se papa Bergoglio abbia fatto uno sforzo a chiederne la conversione piuttosto che domandarsi, mettendosi in ginocchio davanti a loro: “Chi sono io per giudicare un mafioso devoto che è in cerca di Dio?”
    Ma, a dimostrazione che l’azione della Chiesa non è quella di papa Francesco, senza voler escutere esempi evangelici – che non figurano – è sufficiente dare uno sguardo alla storia della Chiesa per conoscere, ad esempio, l’episodio del tremendo ed autoritario atteggiamento che sant’Ambrogio tenne nei confronti dell’imperatore Teodosio, reo responsabile della strage di Tessalonica (390), allorché lo costrinse ad espiare il delitto, in ginocchio fuori della chiesa, basandosi sul principio secondo cui “anche l’imperatore è nella Chiesa, ma non sopra la Chiesa”.







    Altro che papa Beregoglio, che invoca, ginocchioni, la conversione dei picciotti!
    E che dire di Gregorio VII che, a Canossa (gennaio 1077) costringe l’imperatore Enrico IV di Germania, ad attendere fuori del castello, per tre notti al gelido inverno, in sacco di penitente?







    Altro che papa Bergoglio, che chiede in ginocchio la conversione dei mafiosi!
    Santità, visto che c’era, e l’ambiente era attento ad ogni suo detto, poteva rivolgere ai mafiosi, per l’eventuale accoglimento del suo invito, le tre magiche parole: permesso, grazie, scusa. Sarebbe stato il trionfo della tenerezza e la completa definizione della sua nuova teologìa!
    Potremmo tirar fuori dal repertorio storico esempi ed esempi in cui si evidenzia una verità contraria a quella ventilata da papa Bergoglio, secondo la quale verità è il peccatore che deve inginocchiarsi per la richiesta di perdono sottomettendosi alla Chiesa di Cristo. Ma quel commosso invito rivolto dal Papa al mafioso dice che costui è sopra la Chiesa per cui, ovviamente, è il sommo pastore che si umilia invocandone la conversione a titolo di piacere o di favore.
    Instaurare una siffatta pastorale, opposta e capovolta alla Tradizione, vuol dire stravolgere e snaturare, rinnegandolo, il principio su cui la Chiesa ha fondato, durante i secoli, il sacramento della Penitenza.
    FOLLIA E RIDICOLO - di L. P.

    Bergoglio nega il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci
    Un’affermazione di Bergoglio di incredibile gravità è passata sotto silenzio: la rendiamo pubblica e aspettiamo la risposta di chi preferisce arrampicarsi sugli specchi invece di testimoniare la verità.
    “Pochi hanno notato che quello che in realtà sta accadendo è il trionfo del neomodernismo. Ricordate il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci fatto da Gesù stesso per sfamare la folla dei fedeli che ascoltavano la sua parola? Ebbene l’esegeta modernista Loisy, condannato e scomunicato dalla Chiesa, non poteva ammettere il miracolo e quindi affermava che la moltiplicazione dei pani e dei pesci era solo un’allegoria mistica (benché riportata da tutti e tre i Sinottici) e simboleggerebbe, niente meno che: ‘la dottrina del successivo discorso di Gesù sul pane vivo; ma né la moltiplicazione né il discorso sono realtà storiche’ (Cfr. Giuseppe Ricciotti in “Vita di Gesù Cristo”, n.372).
    Proposizione n. 14 condannata dal Sant’Uffizio col decreto Lamentabili del 7 luglio 1907: “Gli Evangelisti riferirono in molte narrazioni non tanto ciò che effettivamente accadde, quanto ciò che essi ritennero maggiormente utile ai lettori, ancorché falso”.
    Jorge M. Bergoglio, 17 maggio 2013, Città in Vaticano: “(…) In particolare in quello dei pani e dei pesci, i quali “non si moltiplicarono” – ha spiegato – ma “semplicemente non finirono, come non finì la farina e l’olio della vedova. Quando uno dice ‘moltiplicare’ può confondersi e credere che faccia una magia… No, semplicemente è la grandezza di Dio e dell’amore che ha messo nel nostro cuore, che, se vogliamo, quello che possediamo non termina (…)”.
    Zenit.org
    Insomma miracolo= magia…per cui la religione diverrebbe una sorta di società filantropica. Vorrei ricordare la preposizione n.14 condannata dal S. Uffizio col decreto Lamentabili del 7 luglio 1907 che condanna esplicitamente l’interpretazione modernista ed eretica del Vangelo…Del resto oggi siamo all’abolizione del peccato come nel caso della Comunione ai divorziati che, dopo le dichiarazioni di un altro ‘antipapa’, il Cardinal Kasper, si cercherà di introdurre attraverso la ‘nuova pastorale’, ovvero l’ortoprassi…piano, piano, si abolirà in effetti il Sacramento del matrimonio che, per sua natura è indissolubile: ‘Non osi ‘uomo dividere ciò che Dio ha unito’.
    Ma c’è di più e di peggio. Dice San Paolo : ‘Se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede’…ovvero se da quel sepolcro, dopo tre giorni, non fosse risuscitato veramente, e non simbolicamente, l’uomo di Nazareth, non avrebbe senso la nostra fede, la nostra religione…per questo la Pasqua di Resurrezione, più che il Natale, è una festa che disturba, perché certifica non una verità ma la Verità: il Cristo, nostra forza e nostra speranza, è veramente risorto, con nelle mani e nei piedi il segno delle ferite della croce.
    Ebbene l’altro giorno Bergoglio è apparso, mano nella mano, con don Luigi Ciotti, per commemorare le vittime della mafia…con quel don Ciotti difensore della libera droga, dell’aborto, dell’eutanasia e, soprattutto, con quel don Ciotti che, a una domanda che gli venne posta sulla resurrezione e sulla vita eterna rispose che in effetti ogni uomo resuscitava e viveva di nuovo nel nostro ricordo. Capito? La stessa spiegazione che Bergoglio ha dato del miracolo della moltiplicazione del pane e dei pesci… un simbolo: così come la vita nel ricordo delle altre persone. No! Noi risorgeremo in anima e, nel giudizio finale, anche in corpo, con quel nostro corpo a cui si deve rispetto (infatti ora la gente si fa cremare, così, come si bruciano le carcasse degli animali morti per epidemia) perché è il tempio dello Spirito Santo.
    Del resto lo stesso Bergoglio non ha detto che non esistono i ‘valori non negoziabili’, non ha forse detto che coloro che si ostinano a fare ‘crociate’ contro l’aborto sono dei ‘fissati’? Non ha detto ai giornalisti che gli hanno chiesto dei matrimoni gay: ‘Chi sono io per giudicare?’ E, infine, non ha taciuto forse di fronte all’eutanasia sui minori che viene già eseguita in Belgio, contro questo crimine che grida vendetta al cospetto di Dio?
    Bergoglio nega il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci

    Ferrara e Gnocchi alla Fondazione Lepanto
    Riprendiamo da Corrispondenza Romana.
    Non un laico minuto di silenzio, ma una convinta, partecipata preghiera recitata per Mario Palmaro dagli oltre 200 presenti ha aperto la conferenza, promossa da Fondazione Lepanto martedì scorso a Roma, per presentare Questo Papa piace troppo (ed. Piemme, Milano 2014, €15,90), il libro, l’ultimo, scritto da Palmaro a sei mani con Alessandro Gnocchi e Giuliano Ferrara, presenti all’evento.
    «Mario Palmaro non è presente soltanto nel ricordo – ha detto, aprendo la serata, il Prof. Roberto de Mattei – ma anche con l’esempio ed il modello lasciatoci di cristiano integro e libero».
    Appassionato e coinvolgente l’intervento del direttore del “Foglio”, Giuliano Ferrara, che fin dall’inizio ha avuto il coraggio ed accettato la sfida di ospitare senza filtri, senza infondati timori e senza inutili censure gli articoli di Gnocchi e Palmaro sul proprio giornale, aprendo così le sue pagine ad un interessante dibattito teologico e culturale. «La Chiesa aveva bisogno di nuovo cemento – ha detto ad un pubblico numeroso ed attento – dopo la pastoralità arrembante e vigorosa di Giovanni Paolo II e dopo il dialogo forte avviato col mondo da Joseph Ratzinger, come Cardinale prima, come Benedetto XVI poi».
    Ma il nuovo Pontefice, Papa Francesco, divenuto sacerdote dopo il Concilio Vaticano II, latinoamericano, corrisponde a questo cemento? Il fatto che di botto le violente critiche, vomitate dal mondo sulla Chiesa flagellata dall’accusa di pedofilia, fossero sparite di fronte al «gesuita che dice buonasera» ha ingenerato in Ferrara la percezione che «le forze che vogliono democratizzare e laicizzare la Chiesa ce l’avessero fatta». Bastano il «patetismo e il sentimentalismo mimetico versato nell’abisso del perdono, trascurando i rigori della giustizia, dell’etica cattolica, della pedagogia esterna all’interiorità del credente», bastano «uno stile ed un atteggiamento pastorale diverso», per «operare la riconquista» del mondo secolarizzato?
    La «Chiesa Cattolica esce indebolita dalla frattura, dall’abisso tra ciò che insegna e le pratiche dei credenti – ha detto ‒ Giocando la carta della collegialità confusa, si passerà dalle nuove forme di pastoralità ad una nuova esperienza di dottrina e questo rappresenta un cedimento strutturale, il trionfo del relativismo. Io – ha proseguito – sono innamorato della Chiesa che contraddice il mondo e che si lascia anche contraddire dal mondo, portando Verità e Tradizione. Una rottura dottrinale sulla famiglia, ad esempio, costituirebbe un dramma dalle conseguenze incalcolabili».
    Alessandro Gnocchi ha invece proposto un sentito, commosso ricordo dell’«amico fraterno» e collega Mario Palmaro: «Io e Mario parlavamo quotidianamente del fatto di non essere di fronte ad una cesura tra tradizione e progresso, bensì tra Chiesa e mondo», una Chiesa lentamente, progressivamente privata delle proprie connotazioni più specifiche ovvero degli aspetti sacramentale, dogmatico e liturgico. Dal «“buonasera” di Papa Francesco è giunta una popolarità mediatica, che ne ha fatto un leader invece del Sommo Pontefice». Ciò cui siamo oggi di fronte è uno «stravolgimento di quella che è la struttura della Chiesa» e questo «con la connivenza dei mezzi di comunicazione. Ciò che ha spaventato me e Mario è stato constatare come tutti coloro ai quali questo nuovo Pontificato piace tanto siano gli stessi, che noi abbiamo sempre combattuto». Ma Mario Palmaro oggi porta avanti la propria battaglia ad un altro ed alto livello, dopo aver accolto con «piena sottomissione» la volontà divina. Osservarlo attraverso le lenti del male che progrediva, della sofferenza che avanzava inesorabile, ma anche della serenità con cui attendeva l’abbraccio col Padre, «è stato per me un motivo di Grazia», ha ricordato Gnocchi, commuovendosi e commuovendo con le parole e con uno sguardo, in cui si leggeva con chiarezza la profonda fraternità cristiana vissuta con l’amico e collega.
    Il prof. de Mattei, dopo un ampio, partecipato dibattito, ha concluso, proponendo un confronto: «Se pensiamo allo stile della Compagnia di Gesù, una formidabile armata guidata come da un generale da S.Ignazio di Loyola e capace di fermare il protestantesimo dilagante della Riforma, e lo confrontiamo con certe scelte quali lo show canoro proposto in tv da Suor Cristina, capiamo come certe parole e certe movenze non esprimano una Chiesa capace di conquistare il mondo, bensì un mondo capace di secolarizzare la Chiesa». Una prospettiva, cui è urgente opporre, invece, un progetto di riconquista culturale e spirituale della società e dell’uomo.
    Chiesa e post concilio: Ferrara e Gnocchi alla Fondazione Lepanto


 

 
Pagina 13 di 38 PrimaPrima ... 312131423 ... UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. carne della nostra carne
    Di cireno nel forum Fondoscala
    Risposte: 10
    Ultimo Messaggio: 31-01-14, 10:24
  2. Il verbo avere e il verbo dovere in napoletano
    Di Mike Suburro nel forum Fondoscala
    Risposte: 14
    Ultimo Messaggio: 17-05-12, 23:51
  3. Il verbo di Vendola
    Di Quayag nel forum Padania!
    Risposte: 1
    Ultimo Messaggio: 22-12-10, 13:08
  4. Sondaggio: chi è il più verbo di POL?
    Di Nicki (POL) nel forum Il Seggio Elettorale
    Risposte: 15
    Ultimo Messaggio: 08-07-06, 18:28
  5. Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 11-10-04, 15:15

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito