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Discussione: l'Indipendensa

  1. #1601
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    Predefinito Re: l'Indipendensa

    2 Aprile 2014

    Secessionisti arrestati. Indagato Marchi. Ecco i nomi e l’ordinanza del pm





    di LEONARDO FACCO

    Blitz dei carabinieri del Ros contro un gruppo secessionista accusato di aver messo in atto “varie iniziative, anche violente”, per ottenere l’indipendenza del Veneto, e non solo. Ventiquattro gli arresti in corso di esecuzione da parte dei militari dell’Arma in varie regioni, su ordine della magistratura di Brescia.
    Nelle ordinanze di custodia cautelare, emesse dal gip del tribunale di Brescia su richiesta della procura, sono contestati i reati di associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico e fabbricazione e detenzione di armi da guerra. I Carabinieri stanno anche eseguendo perquisizioni a carico di altri 27 indagati. Tra gli indagati (51) anche il direttore del quotidiano l’Indipendenza” Gianluca Marchi, a cui hanno sequestrato il computer. I reati contestati sono il 270 bis e il 110. Tra le altre persone fermate ci sono Lucio Chiavegato, Franco Zanardo (poi rilasciato). Patrizia Badii e Roberto Bernardelli, presidente di Indipendenza Lombarda e parlamentare della Lega all’inizio degli anni Novanta. I soggetti nel mirino della procura sono “Alleanze tra i popoli”, “Veneto Serenissimo Governo”, “Veneta Seressima armata”. Arrestato anche l’ex deputato Franco Rocchetta.
    Ecco i nomi: Flavio Conti, Luigi Faccia, Tiziano Lanza, Giancarlo Orini, Corrado Manessi, Roberto Abeni, Angelo Zanardini, Lucio Chiavegato, Patrizia Badii, Felice Pani, Stefano Ferrari, Franco Rocchetta, Renato Zoppi, Maria Luisa Violati, Erika Pizzo, Maria Marini, Roberto Bernardelli, Elisabetta Adami, Andrea Meneghelli, Luca Evangelista, Corrado Turco, Riccardo Lovato, Michele Cattaneo, Vasco Vertuan, Marco Ferro, Pietro Pastò. Altri sono gli indagati.
    “Sono uscito da poco dalla caserma dei Carabinieri di Vicenza – scrive sul suo profilo Facebook Gabriele Perucca, responsabile del presidio di Vicenza del C9D – Sono arrivati alle 5 di stamattina per mettermi a soqquadro la casa, con tutta la famiglia a letto. Hanno spaventato a morte i bambini. Poi mi hanno portato via. Questo è un paese “letamaio” chiamato Italia. Cercavano un TANKO e delle armi. A casa mia.. Mai avuta una pistola, tantomeno un TANKO . Comunque, non riuscivano a capire cosa fosse “el TANKO”. Gliel’ho dovuto spiegare io che poteva stare solo in garage e non in camera di mio figlio Vittorio… Intanto mi hanno sequestrato il cellulare, il computer di casa che usa la famiglia e il mio computer di lavoro. Magari il TANKO è dentro li… Ho saputo poi solo ora dell’arresto di molti patrioti veneti. Rabbia e ancora rabbia. Ma capisco anche che siamo sulla strada giusta. Tutte le notifiche sono state firmate da LEONARDO LESTI, sostituto procuratore delle Repubblica italiota di Brescia. Ricordiamoci di lui come di GIOVANNI VALMASSOI a Treviso”.
    Gianluca Busato, dopo aver annunciato una manifestazione a Venezia, fa un passo indietro e annuncia sul sito di Plebiscito.eu: “Cari cittadini veneti, poco fa sono stato contattato dalle forze dell’ordine che mi hanno comunicato il divieto di manifestare per questa sera in Piazza San Marco. Mi hanno anche comunicato che in caso di manifestazione non autorizzata saranno tenuti a reprimerla, anche con la violenza”.
    Secondo le indagini del Ros, le persone arrestate avrebbero fatto parte di un “gruppo riconducibile a diverse sigle di ideologia secessionista che aveva progettato varie iniziative, anche violente, finalizzate a sollecitare l’indipendenza del Veneto e di altre parti del territorio nazionale dallo Stato italiano”.
    Tra gli episodi contestati ai secessionisti arrestati oggi dai carabinieri su disposizione della magistratura di Brescia c’è anche quello, riferiscono gli investigatori, della “costruzione di un carro armato da utilizzare per compiere un’azione eclatante a Venezia, in piazza San Marco”. Il mezzo è stato sequestrato. I particolari dell’operazione saranno resi noti in una conferenza stampa che si terrà alle 11 nella procura di Brescia dal pm Leonardo Lesti.
    CLICCA E LEGGI IL TESTO DELL’ORDINANZA DELLA PROCURA DI BRESCIA
    ————–
    L’articolo 270 bis del codice penale, come sostituito dall’articolo 1 della legge 15 dicembre 2001 n.438
    “Art. 270-bis (Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico). – Chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico è punito con la reclusione da sette a quindici anni. Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Ai fini della legge penale, la finalità di terrorismo ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione e un organismo internazionale. Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l’impiego”.
    L’articolo 110 prevede il concorso in reato.

    Secessionisti arrestati. Indagato Marchi. Ecco i nomi e l?ordinanza del pm | L'Indipendenza



    Ultima modifica di Eridano; 02-04-14 alle 21:50
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  2. #1602
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    Predefinito Re: l'Indipendensa

    italia stato mafioso e massonico
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  3. #1603
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    Predefinito Re: l'Indipendensa

    Citazione Originariamente Scritto da Eridano Visualizza Messaggio
    italia stato mafioso e massonico
    Financo non diventerà uno stato africano, allora ce ne saranno di belle da vedere, come terries e neKKKri a darsele !
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  4. #1604
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    Predefinito Re: l'Indipendensa

    3 Aprile 2014

    Abbasso l’Italia! Lotta dura per l’indipendenza. Venite a prenderci tutti!

    di ROMANO BRACALINI



    A Livorno, città libertaria che amo (i miei genitori sono originari di lì)
    , in fondo a viale Carducci che sfocia in piazza della Repubblica, c’è sulla destra il monumento a Guglielmo Oberdan (Oberdank nella grafia originaria slava), raffigurato nel marmo bianco col cappio al collo, nell’allegoria della ferocia vendicativa austriaca. Adolescente, non mi soffermavo davanti al monumento senza un moto di commozione.Vengo da una famiglia garibaldina e risorgimentale ed ero convinto che gli irredentisti, da Oberdan a Battisti, sotto il “giogo asburgico”, immaginassero una patria libera e generosa che rinnegasse i principi illiberali di Cecco Beppe rappresentato dalla propaganda come “l’imperatore degli impiccati”. Si ricorderà come Oberdan, suddito austriaco, avesse attentato alla vita dell’imperatore e la sentenza per il diritto penale in vigore all’epoca non poteva essere che la pena di morte per impiccagione.
    Oggi è la storia, per strana ironia, che si è incaricata di ribaltare la metafora e i significati delle colpe. Con l’aggravante che gli indipendentisti veneti non hanno ammazzato nessuno ma hanno solo affermato con forza di simboli un ideale di libertà che l’antica memoria non ha cancellato. Oggi è l’Italia repubblicana, timorosa di ogni idea contraria, che imprigiona le idee e fa strame delle opinioni non conformi. Così s’è inventata una insurrezione simbolica come un’azione armata tesa a rovesciare il potere costituito. Gli indipendentisti veneti che vogliono la liberazione dall’Italia, pensiero legittimo e in linea con la dottrina liberale, sono perseguitati come eversori e terroristi ed esposti al ludibrio pubblico dalle cronache patriottarde che ne amplificano le intenzioni e le colpe. E’ il segnale che lo stato centralista autoritario comincia a temere i contraccolpi di una campagna di libertà che si è diffusa in misura della illegittimità storica che ha caratterizzato la nascita e la formazione dello stato italiano. Il Veneto non ha mai dimenticato l’ingiustizia storica di cui è stato vittima, in base ai maneggi delle potenze che disponevano dei popoli come branchi di animali. La stessa Lombardia, aggregata al Piemonte regio, subì il medesimo oltraggio, come il resto dell’Italia messa insieme in forza di conquiste regie e plebisciti mendaci.
    Arriva sempre il momento in cui la storia di ribella e i popoli chiedono conto a chi li segregò. Oggi è il Veneto che guida il processo di rivendicazione storica di libertà. Ma la mano autoritaria dello stato italiano è giunta a colpire la stessa opinione dei giornalisti indipendentisti. Professare lo stesso ideale di libertà diventa una colpa grave. Gianluca Marchi, direttore di questo quotidiano, e mio amico fin dal primo numero della Padania, è per questo motivo indagato. I carabinieri hanno bussato alla sua porta in cerca di armi, fucili, pistole, che denunciassero la sua complicità con gli indipendentisti veneti. Un reato di opinione rubricato nel delitto di lotta armata. Basta rifiutare la logica dello stato autoritario per mettersi nei panni degli eversori armati, com’è successo ai Serenissimi. E’ il momento di accentuare la lotta nel momento in cui lo Stato mostra la sua debolezza. Sono a fianco di Marchi con tutte le implicazioni del caso. Venite a prenderci tutti!

    Abbasso l?Italia! Lotta dura per l?indipendenza. Venite a prenderci tutti! | L'Indipendenza



    Ultima modifica di Eridano; 03-04-14 alle 09:59
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  5. #1605
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    Predefinito Re: l'Indipendensa

    3 Aprile 2014

    La parola che fa terrore allo stato italico è una sola: INDIPENDENZA!


    di GIANLUCA MARCHI



    Agenzia Ansa di ieri pomeriggio
    : “Anche il direttore del quotidiano online ‘L’Indipendenza’, Gianluca Marchi, primo direttore del quotidiano della Lega Nord La Padania, sarebbe stato contattato dagli esponenti dell’Alleanza, sgominata dal Ros, per «ottenere appoggio finanziario e soprattutto mediatico al momento» dell’azione in piazza San Marco. Un appoggio, scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare, che sarebbe stato fornito sia attraverso la testata online «sia attraverso emittenti televisive locali» lombarde. Sarebbe stato il leader dei secessionisti bresciani, Giancarlo Orini, a tenere i contatti con Marchi e con l’ex parlamentare leghista Roberto Bernardelli, nelle intercettazioni detto «il facoltoso», indicato nelle indagini come tra i finanziatori del gruppo”.
    Vero, ho avuto contatti con Giancarlo Orini e l’ho incontrato in diversi convegni pubblici e a cena in un ristorante dove erano presenti anche Luigi Faccia e Flavo Contin. Lui mi parlava di probabili azioni che avrebbero dovuto essere eclatanti, ma certo non mi raccontava di armi, di trattori modificati o di che altro. Si discorreva se L’Indipendenza avrebbe rilanciato queste azioni quando fossero avvenute: chiaro che sì, questo giornale ha la missione di dare risalto a quanto tenta di dar voce alla causa indipendentista. Ma sfido chiunque a trovare nel nostro archivio un solo articolo dove si anticipasse della preparazione di qualcosa di eclatante. E allora quando il gip scrive, nei provvedimenti di custodia cautelare, di un “appoggio che sarebbe stato fornito attraverso la testata online” (cioè L’Indipendenza) sarebbe interessante capire dove, come e quando tale appoggio si è realizzato, visto che nessuna delle operazioni annunciate è mai stata posta in essere. In altri termini: nulla è mai avvenuto e nulla noi abbiamo potuto scrivere.
    Mi viene allora il sospetto di essere entrato nel novero degli indagati perché avrei assicurato all’Alleanza, che per la verità non ho mai saputo fino a ieri si chiamasse in tal modo, un appoggio mediatico di là da venire, così come di là da venire erano le presunte azioni violente che gli inquirenti attribuiscono come intenzione agli arrestati. Insomma, una sorta di processo alle intenzioni, almeno nei miei confronti, per essere alla guida di una testata che dà spazio a questi pazzi ed esaltati di indipendentisti, “gentaglia” che ha in mente di far saltare lo Stato italico. Sì, lo ammetto, ho questa aspirazione e con me ce l’hanno tante persone. Ma non mi son mai sognato di affermare o scrivere che ciò dovesse avvenire attraverso l’uso delle armi.
    Quindi c’è da presumere che anche una piccola realtà come la nostra finisca per dare eccessivo fastidio al malato e decrepito moloch statale italico che, a fronte dei fermenti sempre più evidenti provenienti da certi settori della società veneta e non solo, reagisce cercando di diffondere terrore, di far paura mostrando i propri muscoli attraverso i propri apparati. Tommaso Buonanno, procuratore di Brescia, ha detto in televisione che l’Alleanza si “proponeva l’indipendenza dalla Stato”. Ecco la parola magica che invece induce terrore nelle vene italiche: INDIPENDENZA! E allora processiamola questa parola: il “torto” principale di Roberto Bernardelli, Franco Rocchetta, Lucio Chiavegato, Giancarlo Orini e degli altri arrestati è quello di battersi per essa.

    La parola che fa terrore allo stato italico è una sola: INDIPENDENZA! | L'Indipendenza



    Ultima modifica di Eridano; 03-04-14 alle 10:00
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
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  6. #1606
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    Predefinito Re: l'Indipendensa

    la solidarietà pelosa della lega, più che farmi paura, mi fa cagare.

  7. #1607
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    Predefinito Re: l'Indipendensa

    7 Aprile 2014

    Liberi i delinquenti e in galera le persone che hanno idee di libertà



    di GILBERTO ONETO



    Roberto Bernardelli ha ucciso, stuprato, rapinato né spintonato nessuno.
    Bernardelli non spaccia droga, non scippa vecchiette, non detiene illegalmente armi, non fa ricatti, prestiti a usura e neppure stalking. Magari qualche volta ha superato i limiti di velocità o ha posteggiato in seconda fila ma non per questo si mette una persona in galera. Eppure Roberto Bernardelli è rinchiuso da giorni in una cella con l’accusa di avere finanziato una pericolosa comitiva di eversori, di briganti che avrebbero attentato all’unità nazionale. Bernardelli è un imprenditore che dà uno stipendio a molte decine di persone, è un uomo generoso che ha trovato un lavoro e aiutato un sacco di gente in difficoltà. Bernardelli ha delle sue idee di libertà: era militante autonomista anni prima che Bossi incontrasse Salvadori, è stato consigliere comunale, assessore, deputato. La sua carriera potrà anche sembrare un po’ ondivaga nel suo rapporto con i partiti, ma è sicuramente coerente nelle idee e negli obiettivi. Coerenza e generosità che hanno spinto Bernardelli ad abbracciare con entusiasmo l’avventura di questo nostro giornale on line e a contribuire sostanziosamente al suo avvio.
    Un gruppo di indipendentisti gli ha prospettato un progetto politico e lui – con la solita prodigalità – ha messo mano al portafoglio. Nessuno gli ha detto di progetti violenti, di azioni eversive e neppure di tanki un po’ surreali. Forse lui avrebbe dovuto stare più attento e non confondere la nobiltà degli ideali con la faciloneria un po’ stralunata di qualcuno li porta avanti. Secondo l’accusa Bernardelli avrebbe dato al movimento politico “L’Alleanza” ben 3.500 Euro, tre giorni di pensione di Giuliano Amato, un giorno lavorativo di Mauro Moretti alle Ferrovie. Ciumbia!
    Ma non si mette per questo in galera una persona per bene, un padre di famiglia, un imprenditore. Soprattutto in un paese dove i delinquenti veri girano indisturbati, violenti e assassini fanno tranquilli i fatti loro e una bella fetta di garruli imbecilli è sempre pronta a piagnucolare che “non si tocchi Caino”, che si sia gentili con i Kabobo, che si riportino a casa le Baraldini. Un paese che è governato da furbini, margniffoni, parassiti e pregiudicati. Un paese in cui il regime opprime i cittadini per bene, spenna i produttori, tollera sprechi, furti e fanigotterie, e schiaccia qualsiasi forma di protesta e opposizione che non rispetti le sue regole del gioco, o che non sia organica al sistema, come sindacati, centri sociali, immigrati, criminalità organizzata e sinistrume vario.
    Dalla vicenda emergono alcune evidenze.
    La prima. Bernardelli e gli altri sono perseguitati per le loro idee, per reati di opinione, per cose che nei paesi liberi sarebbero non solo tollerate, ma incoraggiate come espressioni di libertà, e che invece qui sono oggetto di indagini poliziesche e repressioni giudiziarie. Bernardelli e gli altri sono vittime di un regime che utilizza polizie più o meno segrete, tribunali e carceri per difendere sé stesso. Che è peggio dei regimi sovietici o sudamericani: quelli non perdevano tempo con gente per bene che non rappresenta alcun pericolo terroristico o insurrezionale.
    La seconda. Tutti i perseguitati sono veneti o lombardi, e cioè padani. Tutti i persecutori – poliziotti, maggistrati, secondini e anche giornalisti di regime – sono italiani. Non è solo la repressione di un regime contro alcuni suoi cittadini “indisciplinati”: è lo scontro fra due realtà identitarie incompatibili.
    La terza. Le accuse fatte ai Serenissimi di oggi sono esattamente le stesse fatte a quelli del 1997, che alla fine erano stati tutti assolti. C’era proprio bisogno di ripetere lo stesso identico ambaradan? È questa la disposizione che Papalia ha lasciato al suo successore?
    La quarta. Lo Stato italiano ladro, mafioso, massone e comunista è in difficoltà e reagisce per paura e per insicurezza. Quando lo stesso Stato italiano era solo fascista si sarebbe limitato a convocare i sospettati e minacciare di non farli uscire la sera o – ai più decisi – di calmarli con un po’ di olio di ricino. Oggi lo stesso Stato è debole, fragile, attorcigliato nella sua lunghissima coda di paglia, frastornato da contraddizioni e lacerazioni, forse anche da sensi di colpa o dalla paura di finire una mattina come Ceausescu, schiacciato dalla ribellione e dal disprezzo della gente.
    Oggi Bernardelli è accusato di avere finanziato un gruppo politico. Si sostiene – giustamente – che bisogna abolire il finanziamento pubblico ai partiti sostituendolo con i contributi degli associati o donazioni magari detraibili. Ma se qualcuno lo fa viene accusato delle peggiori nequizie.
    Che sia un modo per difendere il finanziamento pubblico? O ribadire che si possono finanziare solo certi partiti? Nessuno però ha inquisito chi ha dato somme molto più importanti a Renzi per le sue campagne. Si dirà che Renzi non è eversivo, non è a capo di una banda armata. Può darsi, ma i danni che fanno lui e i suoi sodali ai cittadini sono pesanti e concreti; l’attentato alle libertà, alla democrazia rappresentativa e alla loro Costituzione sono reali e pericolosi. Fanno molto più danno loro che i Serenissimi. Sono più pericolose le loro auto blu blindate di una ruspa blindata. Che magari forse un giorno si scoprirà essere stata costruita come omaggio da presentare al Colle in ricordo di certe vocazioni cingolate di gioventù.
    Nel frattempo stiamo vicini a Roberto Bernardelli, a Lucio Chiavegato, a Franco Rocchetta e alle altre persone per bene imprigionate dagli italiani.

    Liberi i delinquenti e in galera le persone che hanno idee di libertà | L'Indipendenza



    Ultima modifica di Eridano; 07-04-14 alle 19:08
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  8. #1608
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    Predefinito Re: l'Indipendensa

    15 Aprile 2014

    Venetismo, padanismo, indipendentismo: o si coglie l’attimo o meglio chiuderla lì


    di GILBERTO ONETO


    Alcuni recentissimi sondaggi Swg dicono che il 47% degli abitanti del NordOvest
    è favorevole all’indipendenza, che la percentuale raggiunge il 50% nel NordEst. Non è una novità.
    Nel gennaio del 1996 la rivista Limes aveva pubblicato un’inchiesta di Ilvo Diamanti sulla percezione e gradimento dell’idea di indipendenza padana. Ne risultava che per il 36,5% dei padani l’indipendenza era “un’ipotesi inaccettabile”, per l’8,5% “una via che porterebbe al disastro”, per il 30,7% “una prospettiva vantaggiosa sul piano concreto, ma inaccettabile” e per il 24,4% “una prospettiva vantaggiosa ed auspicabile”. Nel dicembre dello stesso anno, il commento a una analoga inchiesta di Poster-Limes era significativo: “L’indipendenza, nonchè rifiutata in quanto prospettiva istituzionale, sia comunque considerata da ampi settori sociali come un’ipotesi vantaggiosa sul piano concreto. Poco più del 50% degli intervistati ritiene che se il Nord fosse uno Stato indipendente le cose andrebbero meglio per quel che riguarda l’economia, in primo luogo, quindi per l’occupazione e i servizi pubblici. Una quota di poco più limitata ritiene che ne trarrebbero beneficio anche il modo di vita e la condizione sociale”.
    Nel 2005 un sondaggio Demos-Banca Intesa sul senso di appartenenza dava i seguenti risultati: alla domanda “A quale delle seguenti aree sente di appartenere maggiormente?”, il 15,4% rispondeva alla sua città, il 13% alla regione, il 16,9% alla macroregione (Nord, Centro, Sud), il 26,4% all’Italia, il 7,8% all’Europa e il 19% (di “originali”) al mondo intero. La risposta localista complessiva arrivava al 45,3%, il doppio di quella italianista.
    Nella primavera del 2006 si è tenuto il referendum sulla cosiddetta Devolution che è stato stravinto a livello nazionale dai contrari. Un esame più sereno sullavicenda rivela però che: nonostante la sgangheratezza del progetto di riforma (in realtà più centralista che federalista), esso (ovvero l’illusione federalista) aveva vinto in 22 province padane su 46, in altre 10 aveva superato il 40%; in tutta la Padania aveva preso il 47,4% nonostante (o forse perché) il progetto fosse stato dipinto come “secessionista”, che nelle regioni rosse molta gente avesse votato per fedeltà di partito e che una larga fetta di padanisti “duri e puri” avesse votato contro o si fosse astenuta perché il progetto non era percepito come sufficientemente indipendentista.
    Nel 2010 un sondaggio Swg-AffariItaliani diceva che il 61% dei settentrionali vedeva con favore l’indipendenza della Padania.
    Nel marzo 2014 è Demos ad affermare che il 55% dei veneti sia favorevole all’indipendenza.
    Davanti a questi dati (che vanno presi con la giusta cautela, nel senso che non tutti gli intervistati sono ancora convinti che esprimere una pulsione indipendentista sia “politicamente corretto”: è probabile che nel segreto dell’urna i numeri sarebbero anche più alti) viene da fare alcune considerazioni.
    La prima è: “perché di fronte a questa domanda di libertà non esiste una offerta politica adeguata?”, ovvero “perché la Lega Nord non ha trasformato queste opinioni in consenso politico?”. E ancora: “perché davanti al fallimento leghista nessun altro attore politico l’ha sostituita?”, oppure “Perché nessun altro movimento indipendentista riesce a soddisfare le richieste così chiaramente espresse?”
    Ci sono due generi di risposte. Perché lo Stato italiano dispone di strumenti di distrazione, di dissuasione e di corruzione straordinari. Li esercita nella scuola, nella propaganda, con tutti i possibili mezzi di disinformazione di massa, ma anche attraverso la repressione poliziesca e la minaccia giudiziaria (i fatti di questi giorni ne sono una prova) e corrompendo chi dovrebbe rappresentare le istanze indipendentiste. Troppi leghisti (ma non solo loro) si sono fatti irretire da stipendi, potere, vanagloria, cadreghe e medagliette. C’è chi lo ha fatto volentieri (voleva solo quello) e chi ha ceduto per debolezza, ma la maggioranza c’è cascata per ignoranza, inadeguatezza e scarsa convinzione. È lo scotto che si paga a mandare nelle istituzioni gente raffazzonata, senza preparazione, senza solide radici culturali, magari selezionata solo sulla base dell’efficienza delle mucose linguali esercitata nei confronti del lato B o del lato A, a seconda delle circostanze, dei generi e delle singole vocazioni. Che la Lega non si sia mai molto sforzata nell’opera di informazione, propaganda o diffusione culturale è cosa fin troppo nota e su cui è inutile soffermarsi ulteriormente, ma il tempo, le occasioni e i Segretari passano e nulla cambia.
    La disperazione cresce se si va a vedere il mondo che dovrebbe essere alternativo e sostitutivo della Lega: una voragine di litigiose nullità che fanno frenetica concorrenza agli uomini del Carroccio in fatto di idiosincrasia per la cultura e per la “pacata” capacità di argomentazione ideologica.
    Che appeal di consenso possono avere buontemponi che agitano pesci in Parlamento o che blindano ruspe?
    Serve sempre più urgentemente un riferimento serio per un mondo che aspira alla libertà e all’indipendenza. Noi su questo piccolo e povero giornale (che ha un bilancio inferiore a due mesate di qualche svaporato zerbinotto eletto a Roma o in un Consiglio regionale) ci proviamo con passione ma i risultati – a giudicare dagli interventi di tanti sezionatori di capello o di psicopatici della tastiera – sono scoraggianti. Anche più desolante è il quadro rappresentato da tutti i micropatrioti, regionalisti, municipalisti, che aspirano a indipendenze sempre più circoscritte e rapportate alla loro incapacità di raffrontarsi con gli altri.
    Ne sono testimonianza anche gli attivissimi venetisti che temono i lombardi più del demonio, che sarebbero pronti a perdere un occhio pur di non avere nulla a che spartire con Milano (vecchia, bimillenaria malattia…), che preferiscono restare schiavi di Roma piuttosto che affrontare progetti che non abbiano la becera semplicità di un riferimento storico da figurina Lavazza. Come spiegano che l’ultimo sondaggio citato – quello del 55% di veneti favorevoli all’indipendenza – dice anche che il 43% degli intervistati vorrebbe l’indipendenza del Nord, e cioè della Padania? La stragrande maggioranza dei secessionisti si rende perfettamente conto della necessità di articolare il progetto in una visione più organica e realistica. La Lega ha preso il 35% dei voti veneti, i venetisti esclusivisti viaggiano attorno a briciole rancorose. Che la Lega abbia buttato via quei consensi o che non sia riuscita ad avere quelli di tutti gli indipendentisti (il 55% che – fatta la tara dell’astensione – potrebbe significare il 70-75% del voto espresso) per soddisfare una aspirazione di libertà fortemente condivisa, è l’altra triste faccia della medaglia.
    Cosa c’è che non va nel venetismo, ma anche negli altri indipendentismi regionali e nello stesso padanismo? Non è un problema di polizia, di Codice Rocco e neppure – si spera – psicanalitico: è un problema di cultura, ragionevolezza e maturità. Davanti – dicono i sondaggi – c’è un’autostrada in discesa ma non si riesce a percorrere un metro. Se non si riesce adesso a mettere assieme quel che di buono c’è rimasto nella Lega e nei movimentini con la pacata ma forte voglia di libertà della nostra gente, allora è meglio chiuderla lì e rassegnarci a morire italiani.

    Venetismo, padanismo, indipendentismo: o si coglie l?attimo o meglio chiuderla lì | L'Indipendenza



    Ultima modifica di Eridano; 16-04-14 alle 21:33
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  9. #1609
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    Predefinito Re: l'Indipendensa

    26 Maggio 2014

    Il voto delle Europee e i tempi duri per l’opzione indipendentista


    di GIANLUCA MARCHI


    Qualche riflessione sul voto per le Europee in chiave indipendentista.
    Diciamo subito che non c’è da stare allegri: se qualcuno aveva, magari anche legittimamente, pensato che la separazione dall’Italia di alcune aree potesse essere a portata di mano a seguito degli esiti numerici del ben noto plebiscito digitale, alla luce del voto di ieri non può non concludere che la strada sarà lunga e assai difficoltosa, ammesso e non concesso che ci sia la voglia di percorrerla. Il fatto che un partito come il Pd – al di là dell’effetto Renzi, che indubbiamente c’è stato – tocchi percentuali del 40% in regioni come la Lombardia e il Piemonte, dove la sinistra statalista e centralista era data pressoché per dispersa da diversi lustri, la dice lunga sulla volatilità degli elettori padani, e sulla disponibilità di una consistente maggioranza di essi a seguire il pifferaio magico di turno. Certo, esiste un altro buon 40% di cittadini che alle urne non ci sono proprio andati, ma pensare di poterli recuperare tutti o quasi alla causa dell’indipendenza mi sembra una prospettiva del tutto irrealizzabile.
    Per quanto riguarda invece gli indipendentisti “radicali” – fra i quali molti postatori di commenti su questo giornale -, quelli convinti che il percorso verso l’indipendenza possa essere ripreso solo dopo la scomparsa e la cancellazione della Lega Nord, ebbene alla luce del 6 e rotti per cento ottenuto da Matteo Salvini (lui è stato il motore del risultato) dovranno obiettivamente mettersi il cuore in pace. Il segretario federale ha ricevuto in “dono” un movimento pressoché sfasciato e, va detto, anche attraverso messaggi un po’ disordinati, l’ha rimesso in piedi e posto in condizioni di camminare. Per andare dove è difficile da sancire al momento, ma la Lega è viva e anche abbastanza vegeta. E ciò vale non tanto per la sua dirigenza, i cui limiti e la cui indecenza sono sempre stati denunciati da L’Indipendenza, ma per alcune centinaia di migliaia di persone che non vivono di politica ma che, se hanno in mente un’ipotesi indipendentista o autonomista, continuano, a torto o a ragione, ad affidarsi al Carroccio. Il resto è onanismo mentale…
    A questo punto cosa abbiamo davanti? Teoricamente solo tre possibilità per continuare a nutrire una qualche speranza indipendentista: tre sembrano tante, ma il problema è che ciascuna sembra di più difficile realizzazione dell’altra. Vediamole:
    1) Smettendola di inseguire la chimera che il plebiscito digitale svoltosi a marzo in Veneto equivalga a un pronunciamento codificato della volontà del popolo veneto, il referendum regionale consultivo previsto dal progetto di legge n. 342 (che il Consiglio regionale dovrebbe discutere e votare nelle prossime settimane se non vi saranno clamorosi voltafaccia) potrebbe essere un grimaldello inserito nella corazza del malconcio stato italico e da lì dar vita a un’effetto domino. Facile? Tutt’altro, non solo perché bisognerà arrivare a indire il referendum, ma soprattutto perché bisognerà vincerlo, il che non appare del tutto pacifico alla luce del voto di ieri;
    2) Come qualcuno ha già proposto da queste colonne, tutte le anime e i movimenti indipendentisti dovrebbero cercare di sedersi a un tavolo con la Lega Nord (l’unica che dispone di voti e di forza organizzativa) per capire se esiste lo spazio di un’azione comune, mettendo da parte acredini e gelosie che abbondano. Facile? Nemmeno per sogno, se non altro perché in troppi dovrebbero tacitare pulsioni personalistiche e poi per un motivo che definirei più politico: ho l’impressione che la Lega stia imboccando una strada più autonomista che indipendentista, il che non andrebbe d’accordo con il palato degli indipendentisti;
    3) Fregarsene di quel che fa via Bellerio e cercare di dar vita a un movimento autenticamente indipendentista federato e trasversale, che stia al di sopra delle divisioni fra destra e sinistra. Si tratta della più complicata delle possibilità sul tappeto per vari motivi: la difficoltà a individuare un leader in grado di caricarsi sulle spalle un tale compito immane, la carenza di mezzi, l’atavica parcellizzazione territoriale degli indipendentisti e la loro diffidenza gli uni con gli altri
    Come dice e ripete da sempre Gilberto Oneto, per inseguire il sogno dell’indipendenza ci vuole il consenso della gente: il tasto di un computer aiuta sicuramente a crearlo e pure a consolidarlo, ma poi ci vogliono i voti nell’urna, altrimenti rimaniamo inchiodati al solito onanismo mentale.
    Questi sono gli elementi di riflessione che avvertivo la necessità di sottoporre ai nostri lettori. E aggiungo un ultimo discorso riguardante questo giornale online, L’Indipendenza. Qualche settimana fa avevo già messo in allerta chi ci segue che la mia direzione probabilmente non sarebbe proseguita a lungo. Confermo che, a mio modo di vedere, il compito de L’Indipendenza come la concepivo io è arrivato al capolinea. Entro la metà di giugno dovrei lasciare la direzione e con me dovrebbero lasciare anche gli amici Facco, Oneto e Bracalini (gli altri collaboratori decideranno che fare in piena autonomia). L’Indipendenza però continuerà e verrà gestita da altre persone, nessuno è indispensabile… Sono stati due anni e mezzo intensi, per certi versi entusiasmanti ma anche molto difficili, soprattutto perché gestiti con risorse molto limitate. Cosa faremo noi “quattro dell’avemaria”? Ancora non lo so, di certo non un quotidiano che si metta a fare concorrenza a L’Indipendenza nel piccolo bacino di riferimento. Più probabilmente daremo vita a un forum, un blog, un pensatoio o una rivista – chiamatelo come preferite – di riflessione e approfondimento sui temi che ci sono cari, ma senza l’impegno di ore e ore al giorno profuse in questo giornale per tenerlo continuamente aggiornato, avendo avuto la pretesa iniziale, condivisa da tutti, di farne un quotidiano.
    Perché il compito de L’Indipendenza – come lo vedo io, sia chiaro, non pretendo che tutti siano d’accordo – sarebbe esaurito? Al nostro esordio ci eravamo ripromessi di creare un “filo rosso” fra tutto il mondo indipendentista così altamente polverizzato, sperando di dare ad esso una forza politica che aveva perduto. Fin dalla convention di Jesolo di fine maggio del 2012 abbiamo perseguito tale obiettivo, con la presunzione di svolgere un ruolo “politico” che probabilmente non spetta a un giornale, ancorché online ma inteso in senso tradizionale. Possiamo dire di essere diventati un punto di riferimento del mondo indipendentista e questo è il massimo che potevamo raggiungere. Per tale ragione se daremo vita a qualcosa di nuovo, lo faremo con caratteristiche diverse.

    http://www.lindipendenza.com/il-voto...dipendentista/
    Ultima modifica di Eridano; 27-05-14 alle 09:44
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
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  10. #1610
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    Predefinito Re: l'Indipendensa

    27 Maggio 2014

    Il partito egemone al Nord


    di STEFANIA PIAZZO



    Si può dire che nulla è più come prima? Forse. Anni fa ci si interrogava sul perché il Pd non vincesse al Nord. La sua vecchia classe politica non comprendeva la questione settentrionale, si diceva. Eppure, oggi, senza mai aver tirato fuori questo arnese territoriale, è il primo partito dove un tempo egemoni erano altri. Per ambizione o per alleanza.
    In altre parole, è vero che la Lega non è morta, che non smette di sorprendere, che allearsi con la Le Pen dà i suoi frutti, ma un’era è finita, soprattutto nel centrodestra. E che il cannibalismo berlusconiano è diventato quello renziano.
    Siamo sempre del parere che chi vince al Nord governa. E’ sempre stato così, solo che oggi l’ordine dei fattori si è invertito: ieri Berlusconi parlava a operai e imprenditori con lo stesso linguaggio. Ora lo fa Renzi, e il risultato è lo stesso: vincere.
    Il centrodestra ha perso il Piemonte. In Lombardia il grigiore formigoniano incombe ancora. In Veneto nulla è scontato, ma l’asse macroregionale che doveva staccare il Nord da Roma è un’iperbole crozziana punita in cabina elettorale.
    Nel 2009, circoscrizione Nordovest, il Carroccio era al 19,3% con 1,6 milioni di voti contro l’11,7% e 933mila voti del 2014; al Nordest era al 19% con 1,2 milioni di consensi contro il 9,9 attuale e 565mila voti. Dimezzata, ma viva e ora si appella a Berlusconi e Alfano per ricompattare il centrodestra.
    L’interlocutore del centrosinistra è infatti ancora Forza Italia o semmai è l’araba fenice con Salvini? E il Pd può aver bisogno dei partiti territoriali per governare? Il tempo darà le sue risposte. Intanto anche senza agitare le ragioni del Nord, il Nord vota Pd e consacra il corso del rinnovamento stagionale, il segnale del cambiamento minimo o virtuale, come credito per essere tirato fuori dalla crisi del troppo: troppe parole, troppe promesse, troppe tasse, troppi sogni, troppe fregature, troppi figli, troppi tira e molla, troppo di tutto.
    La Lega resta lo zoccolo duro, può andare da qui in avanti all’incasso del fare opposizione. Ma se Renzi sfrutta l’inerzia del risultato per pensare alle prossime politiche, ripulire del tutto gli armadi di casa, come si muoverà il centrodestra? Diviso, alleato? Con quale leader? E l’anima indipendentista del Nord con tutte le sue ragioni schiacciate dal renzismo, dove troverà una patria politica? Sarà nella casa comune della Lega?
    Ci eravamo già chiesti, in tempi non sospetti, se esista sulla piazza di governo “un soggetto politico in grado di parlare la lingua del Nord, di incarnarne il tormento sociale, di coglierne il senso, gli umori persi nella nebbia, nella pancia. O la questione settentrionale resterà irrisolta ancora una volta, bella, affascinante ma seppure addormentata, ancora incompiuta, ingabbiata da promesse tattiche?
    Chi è l’interprete di una rappresentanza disorientata dalla crisi, dalla libera uscita sui temi etici, come se il territorio fosse una matrioska economica e il resto non ci interessa? Marco Alfieri con il suo “Nord terra ostile. Perché la sinistra non vince”, ripercorreva nell’indigestione del linguaggio della vecchia sinistra l’incapacità della nomenklatura di avvicinare senza paraventi ideologici imprese e operai, che sono sulla stessa barca”.
    A distanza di anni, la questione è irrisolta, ma la rabbia viene ingabbiata dalla nuova democrazia cristiana di Renzi, un po’ da Grillo e il resto dalla Lega. Per ora prevale ancora il fascino oratorio e una sola operazione contabile da 80 euro, basta questo per dirottare il consenso su quello che ci aspetta, forse, per i prossimi 20 anni. Fino alla prossima piazzale Loreto con la censura sociale e politica della casta consumata dal tempo. Fosse così, sarebbe da spararsi.
    Nel frattempo, c’è un altro fenomeno che avanza. Tsipras chi? Quello greco. In sei mesi hanno inventato un partito di sinistra d’importazione, senza il bagaglio dell’ideologia post Pci, e hanno vinto. La sorpresa del 25 maggio è forse anche in quest’anima rivoluzionaria che sa parlare chiaro e la cui lista, in Grecia, si è affermata come primo partito e si conquista da “signor nessuno” il 4% a casa nostra.
    In Europa i partiti contro il sistema sfondano e vincolo insomma le elezioni. Tsipras, appunto, arriva ad Atene al 30%. L’onda trasversale si ripete, a destra, in Francia con il Front National di Marine Le Pen, al 25% ovvero 23 seggi; è successo in Gran Bretagna, il partito Ukip di Nikel Farage esplode al 29% e porta a casa 22 seggi, pregiudicando la tenuta dei laburisti e anticipando i sogni di autonomia del referendum scozzese di settembre. In Irlanda il Sinn Fein è al 27%, primo.
    In Austria l’Fpoe, fondato da Haider, è al 20%. In Germania, il partito Alternativa per la Germania, alla sua seconda uscita (alle politiche 2013 era rimasto fuori di poco) sfonda il 7% e fa tremare la maggioranza della Merkel, vincitrice ma non trionfatrice al 35%, con pezzi della sua maggioranza usciti bastonati dalle urne. La Lega agguanta il 6,5%.
    Ma a governare l’europarlamento è il Partito popolare europeo, con un fronte euro critico più ampio. Basterà per fare la rivoluzione?

    http://www.lindipendenza.com/il-part...emone-al-nord/
    Ultima modifica di Eridano; 27-05-14 alle 09:47
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