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  1. #901
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    Nessuno ha notato la bandiera ieri issata rovesciata?
    Ma forse è solo un caso...
    sklöpp & kanù

  2. #902
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    finalmente sono riuscito a leggere l'articolo. dalle altre parti era scritto troppo in piccolo e, ingrandendone i caratteri, appariva troppo pasticciato per poter leggere.

  3. #903
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    Citazione Originariamente Scritto da Scarpon Visualizza Messaggio
    Nessuno ha notato la bandiera ieri issata rovesciata?
    Ma forse è solo un caso...
    Si, volevo scriverlo ma poi mia mamma ha servito in tavola e mi sono dimenticato.
    TIOCFAIDH ÁR LÁ
    ╾━╤デ╦︻

    革命无罪,造反有理

  4. #904
    Alleanza Ribelle
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    Comunque a me sta altamente sui coglioni la storia dei "Dieci", mi pare ognuno voglia di nuovo la sua fettina come cani con l'osso.

    Non ho ancora sentito risposte concrete, la cosa mi crea disagio francamente.

    Sbàtare pegnàte semo boni tuti, vedemo ki serve ła połenta.
    TIOCFAIDH ÁR LÁ
    ╾━╤デ╦︻

    革命无罪,造反有理

  5. #905
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    Citazione Originariamente Scritto da Scarpon Visualizza Messaggio
    "Del referendum on line sull’indipendenza del Veneto sorride Mario Isnenghi, per anni titolare della cattedra di Storia contemporanea a Ca’ Foscari. «Non vorrei infierire né apparire poco rispettoso, - esordisce lo storico - davanti ad un’iniziativa probabilmente ispirata da sentimenti sinceri e oneste attese. Ma devo dirglielo con franchezza: il popolo veneto non esiste............."

    Che dire, a personaggi di siffatta cultura?
    Accecati dall'ideologia, rinnegherebbero anche la propria madre.
    Dico che dovrebbe farsi un ripasso di storia moderna... chieda al suo collega Gullino se può fargli qualche lezioncina...

    Citazione Originariamente Scritto da Durru Visualizza Messaggio
    SONO USCITI?
    (semplicemente ci ho scommesso sopra soldi vs un amico leghista...)
    Mi pare di no, da quanto ho capito in settimana gli osservatori internazionali, guidati dall'ex ambasciatore georgiano in ITA, dovrebbero pubblicare uno short report. Mentre per un report completo bisognerà attendere ancora parecchio.

  6. #906
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    Citazione Originariamente Scritto da Scarpon Visualizza Messaggio
    Nessuno ha notato la bandiera ieri issata rovesciata?
    Ma forse è solo un caso...
    Le bandiere rovesciate mai sono messe a caso.
    Il Piemonte ne è pieno.
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  7. #907
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    Sembra che in commissione regionale, sia stato approvato il p.d.l. 342 per l'indizione del referendum di autodeterminazione.....
    sklöpp & kanù

  8. #908
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    sai che giorno è oggi ?

  9. #909
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    Indipendentisti d’Europa: anche in Corsica vince un nazionalista
    Amministrative francesi, a Bastia vince Gilles Simeoni, con un passato vicino all'estremismo corso. Dalla Scozia alla Catalogna l'avanzata degli autonomismi
    È ancora presto per dirlo, ma la prima impressione è che il vento dell’indipendentismo, quello che soffia con alterne fortune e significati, ma pur sempre soffia dalla Crimea al nostro Nordest e che ha già delle solide capitali in Scozia e Catalogna, abbia deciso di infrangere qualche tabù anche in Francia, dove l’unità della Republique è onorata come una sorta di religione laica.
    A Bastia, capitale economica della Corsica, un nazionalista ha infatti vinto il ballottaggio contro l’ultimo rampollo di una vera e propria dinastia, quella degli Zuccarelli, legati al centrosinistra, che dominava la scena da più di mezzo secolo. Del resto, la politica corsa è da sempre cosa di clan e famiglie, già aristocratiche, che dal potere sulla terra e i pascoli sono passati a quello sulle istituzioni e l’economia. Nel sud dell’isola, fino ad ora sono stati ad esempio i Rocca Secca ad assicurare la maggioranza al centrodestra dell’Ump.
    Gilles Simeoni, 46 anni, da oltre un decennnio consigliere comunale nazionalista del movimento Femu a Corsica, e che guidava la lista Inseme per Bastia, era già arrivato in testa al primo turno, ma domenica ha inferto un distacco notevole, di quasi dieci punti, 55 contro 44 per cento a Jean Zuccarelli, il sindaco uscente eletto tra i Radicali di sinistra. In questo caso, però, i numeri non dicono tutto.
    Avvocato di Yvan Colonna, l’estremista corso condannato per l’omicidio del prefetto Claude Erignac, avvenuto nel 1998, il nuovo sindaco di Bastia è figlio di Edmond Simeoni, uno dei leader dell’indipendentismo locale che partecipò all’occupazione della tenuta agricola di Aleria nel 1975, conclusasi con la morte di due poliziotti, una vicenda drammatica da cui nacque il gruppo clandestino del Fronte di liberazione nazionale della Corsica, attivo ancora oggi, e da cui prese avvio l’intera storia recente dell’autonomismo locale.
    Da tempo, però, l’orizzonte dei Simeoni, padre e figlio – anche per loro vale la tradizione dinastica della politica isolana –, si è separato nettamente da quello della lotta armata e delle notti bleu scandite dagli attentati spettacolari condotti dai nazionalisti contro le caserme o i villaggi turistici, “colpevoli” a diverso titolo di colonizzare l’isola. Non solo, dopo che negli anni Novanta le divisioni nel movimento corso avevano condotto ad una lunga serie di azioni violente, e a diversi omicidi, proprio Edmond Simeoni si è fatto interprete di una linea moderata, auspicando, l’ultima volta nel 2011 in occasione delle Ghjurnate internaziunale di Corte, sorta di assemblea annuale degli indipendentisti, una «soluzione politica e un’alternativa nazionalista» per l’isola. In altre parole: l’abbandono definitivo della lotta armata e un’ipotesi di liberazione dei nazionalisti ancora detenuti per le azioni del Flnc, contemporaneamente al varo di un progetto unitario dell’intero fronte indipendentista.
    Simeoni si mostra prudente, parla di «riconoscimento del popolo e dell’identità corsa» e di un «movimento nazionalista che deve misurare l’esito vittorioso della sua unità», ma nella folla che lo ha acclamato appena sono stati resi noti i primi exit poll, le grida di “indipendenza” non sono passate inosservate.
    In un paese profondamente centralista come la Francia, perfino una riforma sul tipo di quella che regola nel nostro paese le regioni a statuto speciale, rappresenterebbe già un’enorme novità. Oggi, ufficialmente, le priorità sono «il cambiamento politico e lo sviluppo economico dell’isola», ma c’è già chi scommette che più che a Parigi, d’ora in poi Bastia guarderà soprattutto in direzione di Barcellona.
    Indipendentisti d'Europa: anche in Corsica vince un nazionalista | Europa Quotidiano

    MODERNE SECESSIONI IN EUROPA
    Riporto qui un testo trovato nel web di Brenno che potra’ dare interessanti spunti di riflessione ai più.
    “Dei 47 stati oggi esistenti in Europa, ben 25 (53%) hanno conquistato l’indipendenza nel corso del XX secolo.
    Di questi, soltanto la Yugoslavia è sorta dall’unione di più parti, mentre tutti gli altri sono nati dalla separazione da uno stato esistente.
    In particolare, due (Malta e Cipro) sono colonie che si sono liberate, lo Stato del Vaticano nasce come una sorta di “restituzione-ammenda” per una annessione violenta e tutti gli altri 21 traggono vita dalla secessione da uno stato di cui erano parte.
    Di questi, quattro sono il risultato di eventi bellici che hanno coinvolto aree molto più estese (le guerre balcaniche per l’Albania e la prima guerra mondiale per Finlandia, Polonia e Cecoslovacchia) ma che hanno visto la partecipazione attiva di movimenti indipendentisti locali.
    Tutti gli altri si sono liberati e separati senza alcun consistente intervento esterno e grazie a movimenti e lotte di liberazione che si sono svolte nella stragrande maggioranza dei casi in forma pacifica. In realtà, solo l’Irlanda ha ottenuto l’indipendenza con una lunghissima e sanguinosa guerra di liberazione; la Croazia e la Bosnia hanno dovuto combattere per periodi più o meno lunghi ma soprattutto per questioni legate alla definizione di confini e a causa di una situazione di estremo frastagliamento e compenetrazione delle comunità etniche locali. La Slovenia – che non aveva gli stessi problemi di spartizione – si è limitata a scontri militari poco più che simbolici.
    Tutti gli altri 14 hanno seceduto e ottenuto la loro libertà con atti di volontà politica, con colpi di mano e con manifestazioni elettorali di autodeterminazione, sviluppati su tempi più o meno lunghi che hanno a volte conosciuto momenti di disordini e tensioni ma mai situazioni di violenza che abbiano potuto far loro perdere la connotazione di operazioni pacifiche.
    Sintomaticamente si riscontrano condizioni del tutto analoghe anche nel comportamento dei numerosi movimenti autonomisti e indipendentisti oggi attivi in Europa.
    Fra i numerosi paesi dove sono in atto forme di lotta per l’indipendenza o per il raggiungimento di una fortissima autonomia, solo 3 (Irlanda del Nord, Paesi Baschi, Corsica) sono interessati da episodi di violenza sporadica o sistematica; solo nei paesi caucasici (e cioè in un’area piuttosto marginale in termini geografici e cultura rispetto al resto d’Europa) si assiste a vere e proprie operazioni di guerriglia.
    Da tutti questi dati si traggono alcuni elementi di riflessione estremamente importanti.
    Innanzitutto che la secessione non è un atto straordinario (e improbabile) ma che costituisce in Europa il normale strumento di raggiungimento dell’autonomia e della libertà politica.
    E poi che la secessione è stata nella stragrande maggioranza dei casi in cui ha avuto luogo un atto fondamentalmente pacifico.
    Raccontano delle volgari balle quelli che ci dicono che la secessione è una pericolosa stravaganza storica, che le secessioni comportano inevitabilmente lunghe scie di sangue e di violenza e che le divisioni non possono che portare danno a tutti. Questi agitano spettri bosniaci dimenticando che lì – secessione o non secessione – si sono sempre accapigliati e che la divisione politica può proprio essere l’unico modo per evitare che continuino a farlo. Questi agitano immagini di tragedia che derivano solo dalla loro malafede e dalla frequentazione giovanile di film come Via col Vento e che non vogliono tenere conto di come si sia mossa la storia nella stragrande maggioranza dei casi
    Questi ci sbattono in faccia le bombe basche (spesso, oltre a tutto, di origine “istituzionale”) si dimenticano delle gioiose manifestazioni dei paesi baltici e delle civili votazioni di Norvegia e Slovacchia.
    Ci prospettano scenari di miseria e fingono di non vedere che ovunque i paesi liberati sono diventati più prosperi, che sempre la secessione ha migliorato le loro condizioni economiche, per non parlare di quelle sociali: e se non fosse così perché l’avrebbero fatto?
    La storia delle secessioni europee è una statistica di pace e civiltà. Noi vogliamo che tale statistica si arricchisca di occorrenze e si colori sempre più di pace. Noi siamo persone pacifiche e civili. E gli italiani?
    MODERNE SECESSIONI IN EUROPA | Vivere Veneto

    TRA POLITICA E FEDE…
    da uno scritto di Don Floriano Pellegrini
    In risposta all’editoriale comune dei nove direttori dei settimanali diocesani del Veneto – schieratisi apertamente contro l’indipendenza – riceviamo e pubblichiamo il comunicato n.1664 di Venerdì 28 marzo 2014 scritto da Don Floriano Pellegrini (tratto da ” Il libero maso de i Coi”).
    I DIRETTORI DEI SETTIMANALI DIOCESANI DEL VENETO SONO ANDATI FUORI STRADA
    I direttori dei settimanali diocesani del Nordest hanno fatto una dichiarazione contro l’indipendenza del Veneto, dichiarandola “sbagliata, antistorica e impraticabile”. Non portano però alcuna motivazione e risultano smentibili.
    In quanto all’essere un progetto sbagliato, infatti, il vero è una possibilità come un’altra; se essi lo considerano sbagliato, non hanno diritto di pretendere, come vorrebbero, che tutti ragionassero con la loro testa.
    In quanto all’essere un’eventualità contraria alla storia, la loro stessa frase è una barzelletta! Quante volte nella storia sono stati necessari dei ritorni al passato! Dopo il ventennio fascista e dopo i decenni del comunismo in URSS è stato necessario ricominciare; dopo due secoli da che le Regole erano state abolite, sono state ripristinate; il latino nella Messa era stato tolto ed è tornato, e si potrebbero fare tanti altri esempi di situazioni tornate in vigore, mentre poco prima si credevano morte e sepolte.
    In quanto a progetto impraticabile, anche questa è una barzelletta! Se lo fosse, perché spingono affinché non la gente non lo realizzi?
    Si tratta dunque solo di loro volontà politica, quando, come direttori di giornali diocesani, non dovrebbero fare scelte politiche. In contrasto, tra l’altro, con il magistero della Chiesa che dichiara la libertà dei credenti nelle questioni istituzionali e politiche, vincolandoli solo in quelle che non riguardano la fede e la morale. Lo stesso papa Pio XII, quindi prima del concilio, pur avendo una sua linea politica, non pretese che i cattolici votassero monarchia o repubblica, ma li lasciò liberi.
    Non credo che i direttori dei giornali siano dei profeti, che sanno che un Veneto indipendente non sarà mai legittimo; se, perciò, non sono profeti, piuttosto che dire cose gravi e miserabili, come quelle che hanno detto, avrebbero fatto meglio a tacere.
    TRA POLITICA E FEDE? | Vivere Veneto

    Giovanni Paolo II: “La Chiesa rispetta la legittima autonomia dell’ordine democratico e non ha titolo per esprimere preferenze per l’una o l’altra soluzione istituzionale o costituzionale”
    Abbiamo letto con dispiacere la presa di posizione dei giornali diocesani del Veneto contraria all’indipendenza e con altrettanto dispiacere abbiamo dovuto prendere atto che sia stata fatta con un comunicato comune in quello che è una specie di cartello che non ha precedenti nella storia della buona stampa cattolica nella nostra Regione.
    Dobbiamo francamente ammettere che la cosa ci ha spiacevolmente sorpresi e non solo poiché vìola con ogni evidenza le conclusioni a cui pervenne Giovanni Paolo II nell’Enciclica Centesimus Annus («La Chiesa rispetta la legittima autonomia dell’ordine democratico e non ha titolo per esprimere preferenze per l’una o l’altra soluzione istituzionale o costituzionale. Il contributo, che essa offre a tale ordine, è proprio quella visione della dignità della persona, la quale si manifesta in tutta la sua pienezza nel mistero del Verbo incarnato») ma anche per l’evidente contraddizione con cui la buona stampa cattolica si pone rispetto alle dichiarazioni preoccupate dei Vescovi del Triveneto a stigmatizzare il tentativo di inserimento nella scuola pubblica della teoria del gender; se infatti questo Stato è vessatorio nell’imposizione fiscale che non ha eguali al mondo e intrinsecamente ateo nei modelli educativi, non dovrebbe necessitare di una difesa nella sua retorica sul dogma dell’unità.

    Il diritto a scegliere tra Veneto e Italia è in primo luogo un diritto di libertà
    Carlo Lottieri, professore di Filosofia politica all’università di Siena
    L’editoriale firmato dai direttori dei settimanali diocesani del Veneto sul tema del referendum autogestito in merito all’indipendenza del Veneto pone alcune questioni cruciali, ma offre risposte che mi paiono alquanto deboli.
    Innanzi tutto, nel testo nulla si dice in merito alla questione fondamentale posta da questa iniziativa di “dissenso”, sorta dal basso e per iniziativa di volontari, lontana da ogni centro di potere politico o di altro tipo. Nulla quell’articolo dice, infatti, a proposito della rivendicazione del “diritto di voto”, ossia della facoltà di votare sul proprio futuro, scegliendo tra Italia e Veneto. Si può essere anche contrari a un Veneto libero e indipendente, ma non è facile comprendere come si possa essere contrari a una richiesta di democrazia emergente dal basso: alla richiesta di esercitare un fondamentale diritto di libertà.
    Il testo apparso sui settimanali diocesani veneti afferma che si tratterebbe di un voto antistorico, e poi però si fa cenno a Catalogna e Scozia, ma si sarebbe potuto anche parlare di Fiandre, Paesi Baschi e altre realtà ancora. Non è allora solo il Veneto a rivendicare la propria libertà e il diritto all’autogoverno, perché queste spinte sono presenti un po’ ovunque e sono quanto di più nuovo e innovatore sia apparso sulla scena del Vecchio Continente.
    A essere in una crisi davvero profonda è dunque lo Stato nazionale ottocentesco, che in Italia è stato il frutto di una conquista regia, di una dura e spietata lotta al cattolicesimo, di una falsificazione costante (si pensi ai plebisciti truffa del 1866), di una manipolazione delle coscienze che ha usato l’istruzione di Stato per dotarsi di soldati da mandare al fronte, e di contribuenti ubbidienti.
    Lo Stato nazionale è in crisi per molte ragioni e in primo luogo perché è ormai improponibile la mistica nazionalista che ha prodotto i sanguinosi conflitti risorgimentali e quella Grande Guerra che papa Benedetto XV definì un’inutile strage, e che continua a essere al centro della metafisica statuale italiana.
    L’Italia unita a forza dalle armi sabaude è al tramonto, perché la gente vuole istituzioni proprie, e vicine. Restituire libertà alle comunità e responsabilizzarle, mettendole in concorrenza, è l’unica strada per uscire dal disastro sociale contemporaneo.
    Non si deve neppure dimenticare che le difficoltà sociali che stiamo vivendo sono in larga misura conseguenti al fatto che l’economia veneta è vittima di una redistribuzione che toglie molto più di quanto non dia, mentre altre parti del Paese sono devastate da una ricchezza non prodotta sul territorio, e di conseguenza sono corrotte dall’assistenzialismo, dalla politicizzazione della società e dell’economia, dai legami tra Stato e mafia, dalla corruzione. Ormai è chiaro che l’unità fa danni tanto in Veneto o in Lombardia come nel resto del Paese.
    Il fallimento delle Regioni, si dice nel testo, è sotto gli occhi di tutti. È vero: e questo dimostra come l’Italia non sia riformabile, e come ogni chiacchiera su fantomatiche riforme federaliste, su illusorie devolution o su immaginarie macroregioni non porti da nessuna parte, soprattutto se si ignora la questione centrale posta dai volontari che hanno distribuito casa per casa i moduli del referendum spontaneo e autogestito: ossia il “diritto di voto” preteso dai veneti. Quel voto che il civilissimo Regno Unito non ha avuto difficoltà a riconoscere agli scozzesi e che da noi, invece, gli attardati difensori di logiche autoritarie vorrebbero negare.
    È ragionevole ritenere, però, che quel voto ci sarà, dato che oggi sono fuori dalla storia quanti pretendono di schierarsi per lo status quo e contro la richiesta della gente di decidere attraverso procedure democratiche. Come lo Statuto albertino non prevedeva la Repubblica, così l’ordinamento attuale non prevede un Veneto libero. Ma lo stesso valeva quando gli Stati Uniti hanno visto la luce. La storia ignora tutto questo, procede per la sua strada e non è possibile restare prigionieri della retorica statolatrica dei Giuseppe Mazzini e dei Giovanni Gentile. Le istituzioni sono solo strumenti, nient’altro, e lo sa bene chi non ha mai posto le proprie attese nello Stato, dal momento che crede in Dio e rigetta ogni idolo e quindi ogni idolatrica religione civile.
    Anche chi a Roma non vuole il Veneto libero non lo fa perché innamorato della mistica nazionale (che ormai non esiste quasi più nel cuore degli italiani) ma solo perché difende posizioni di potere e logiche redistribuitive che si sono comunque rivelate fallimentari. Ci sono quindi molti interessi schierati contro l’aspirazione veneta alla libertà, ma è irragionevole pensare che possano avere la meglio su quanti sono impegnati a difendere la propria libertà e a costruire un Veneto diverso e più aperto al
    mondo.

    TERRORISMO DI STATO!
    di Guidotin
    Sono stati scritti numerosi articoli sul dramma degli imprenditori suicidi di cui il veneto detiene il triste primato. Agli inizi di marzo se ne contavano 135 nella nostra terra (cifra annunciata durante la convention del Tea Party Veneto). Vorrei parlarne ancora per rendere loro omaggio.
    Mi rendo conto che è un argomento delicatissimo ma voglio ugualmente fare delle riflessioni in merito perché non riesco a togliermi dalla testa il pensiero del dolore non gestibile dalla ragione che porta una persona ad un simile atto senza rimedio. Un dolore che evidentemente supera ogni capacità di mettere in atto risorse e provvedimenti che riescano a compensarlo e, infine, a superarlo. Spesso un dolore così intenso è rappresentato da una crisi di panico, da un tale stato di terrore non controllabile che scaturisce quando si è minacciati, o si pensa di esserlo, da un pericolo. Incapace di controllarlo con la riflessione, la disperazione che ne consegue, porta la persona a compiere l’atto irreparabile.
    Ma quale è il terrore così grande che ha sopraffatto così tanti imprenditori, Veneti in primis? Non ho la verità in mano ma, da piccolo imprenditore, cerco di mettermi nei loro panni. Penso sia la vergogna ad averli ridotti allo stremo. Una vergogna che trae però le sue origini … non dall’aver commesso peccati inconfessabili ma, per assurdo, dall’onestà! Il senso del dovere e del rispetto delle regole è stato così profondamente inculcato nelle loro menti da generazioni di instancabili lavoratori da non potere neppure immaginare di disattenderli!
    Persone deboli? Instabili? Direi di no se si conosce l’impegno costante, il rischio e il coraggio che servono in italia per dar vita ad una attività autonoma, creativa, che può dare, a sua volta, lavoro ad altri. Chiunque rinuncerebbe prima di cominciare se non fosse sostenuto da uno spirito di sacrificio che non viene certo considerato ma se mai osteggiato dalle istituzioni!
    Rimanendo nel campo delle istituzioni politiche mi domando se lo stato non abbia delle responsabilità riguardo al suicidio di così tante persone terrorizzate dal non riuscire a mantenere gli impegni che tali imposizioni comportano! A tale proposito si è parlato di “omicidi bianchi”… perpetrati come? Secondo me facendo del vero e proprio terrorismo! Da wikipedia leggo “… un ulteriore modo, proprio degli stati e non replicabile da soggetti non statali, di fare terrorismo è l’istituire un ordinamento giuridico e di pubblica sicurezza estremamente punitivi: tramite organizzazioni di polizia segreta (finanza?) e regolamenti molto rigidi si instaura un clima di paura in cui ogni cittadino diventa passibile di punizione, in pratica “colpevole fino a prova contraria”!”.
    La vergogna per non riuscire a mantenere il modello di imprenditore integerrimo, che paga fino all’ultimo centesimo (anche se si tratta di un furto!), che pensa ai suoi dipendenti prima di tutto … è tale da non pensare che “la vita e la libertà” sono le cose più importanti, sicuramente più delle tasse imposte da uno stato vessatorio e iniquo! A questo siamo stati educati da uno stato che attinge a piene mani dalle sofferenze di quello che definisce il “suo popolo” : a tirare il carro senza crollare sotto la stanchezza e l’ingiustizia … pena la vergogna. Il terrore di non farcela fa perdere la cognizione di cosa è giusto o sbagliato e fa soccombere chi crede di essere senza speranza.
    Ma sta “tirando” un vento nuovo che la certezza di poter cambiare le cose nutre di buoni propositi. Sta tirando un vento di rinascita della dignità dell’essere umano, di recupero del rispetto per l’uomo e per il suo scopo in questa vita: essere felice e non soggiogato dalla falsità, dalla falsa solidarietà, dall’incapacità di istituzioni politiche nel mantenere un, se pur minimo, livello di giustizia e di umanità!
    Sapete cosa diceva F. Nietzsche ne “La Gaia Scienza”? “Che cos’è per te la cosa più umana? Risparmiare vergogna a qualcuno!” E noi da bravi Veneti che hanno alle spalle una Storia di giustizia millenaria (al cui esempio molte nazioni si sono ispirate), saremo “più umani” e risparmieremo la vergogna, che si meriterebbe, ad uno stato italiano disinteressato al suicidio dei nostri imprenditori e che, indefessamente, ha gettato le basi per il suo!
    TERRORISMO DI STATO! | Vivere Veneto

    “Caso” della settimana è stato, infine, il referendum online sull’indipendenza del Veneto, con gli organizzatori che hanno dichiarato un’alta partecipazione un risultato ampiamente favorevole all’abbandono dell’Italia. Secondo il sondaggio Ixé, fra gli elettori veneti i favorevoli all’indipendenza sarebbero il 47%, dato significativo e coerente con la ben più diffusa opinione che il Veneto sarebbe in grado di sopravvivere come Stato indipendente: infatti lo pensa il 64%.
    Sondaggio Ixé per Agorà: Italiani tiepidi sull?uscita dall?Euro, favorevoli all?indipendenza quasi metà dei veneti 0 - Termometro Politico



    VENETO INDIPENDENTE/
    Contini (Serenissimi): non ci serve l'Italia. Rifarei come nel '97…
    Fabio Franchini
    Nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1997 un commando armato di otto persone della Veneta Serenissima Armata, a pochi giorni dal bicentenario della caduta della Repubblica di Venezia, occuparono il campanile di San Marco (issando la bandiera con il leone di San Marco, simbolo della Serenissima) per rivendicare l’indipendenza del Veneto dall’Italia. La dimostrazione fu stroncata al mattino dalle teste di cuoio che, con un blitz incruento, arrestarono tutti i membri del gruppo. Tra loro c’era Flavio Contin: alla luce del referendum secessionista promosso in Veneto lo abbiamo contattato per ripercorrere le istanze alla base del loro gesto e parlare di quella voglia indipendentista che, nella sua terra, ha radici profonde.
    17 anni fa conquistava il campanile di San Marco in nome dell’indipendenza del Veneto. Cosa l’ha animata?
    Partiamo dal presupposto che – a differenza di quanto hanno scritto i giornali, che hanno cercato di ridicolizzarci – la nostra non fu un’azione improvvisata e raffazzonata, bensì ben calcolata e preparata. Lo dimostra il fatto che lo Stato italiano impegnò sul campo le teste di cuoio, che ci presero dopo otto-nove ore. Fatto sta che per quelle ore la Serenissima rinacque. Noi non occupammo Piazza San Marco, no: noi liberammo Piazza San Marco per rimarcare il diritto all’indipendenza, non all’autonomismo. Il nostro fu un fatto irripetibile. Sono sì passati 17 anni, ma lo spirito è sempre quello.
    Ora rinnega la lotta armata?
    Chiariamolo subito: la nostra non fu una lotta armata, bensì un’azione determinata e determinante.
    Oggi irripetibile, dice. Perché?
    Erano tempi diversi, con un clima molto più in fermento: la Lega Nord – con la quale non avevamo nulla a che fare, sia chiaro – premeva per il riconoscimento della Padania. Oggi le cose non sono più così: la Lega, a furia di pissare fora del bocae, è finita. Ma da noi non si placa la voglia di indipendenza: noi veneti abbiamo uno spirito diverso rispetto alla Lombardia e al Piemonte. Il sentimento, in virtù anche della nostra eredità storica, è forte.
    Ed ecco il referendum online per chiedere la secessione dall’Italia. Non se ne sta parlando tantissimo…
    Qui se ne parla eccome. Chi ha partecipato (moltissimi) sa bene che non si tratta di qualcosa di determinante: è, in sostanza, un sondaggio. Certo, è servito per far crescere nella coscienza dei veneti il senso di appartenenza al territorio, alla loro patria. Quindi è sicuramente un buon viatico per tener vivo e alimentare lo spirito indipendentista.
    La vostra voglia di indipendenza è storicamente ben radicata, ma per il momento è sempre caduta nel vuoto…
    Io non ho la sfera di cristallo, ma vedo una crescita costante (seppur lenta) nella popolazione veneta, a partire da quel maggio del ’97. Penso che i presupposti non manchino…
    Valicando i confini nazionali, in Europa non manca la spinta disgregativa e diverse sono le istanze separatiste: Crimea, Catalogna, Scozia…
    È stato un tema molto cavalcato dai promotori del referendum che si è appena tenuto; ma per quanto riguarda gli altri movimenti europei, noi Serenissimi non ci facciamo caso, anche se condividiamo valori simili. Certo è che l’Europa del futuro deve essere un’Europa dei popoli e non degli Stati, che è fallita. Comunque, noi abbiamo la nostra storia, non dobbiamo imparare niente da nessuno. Poi è diverso: rispetto alle altre realtà come Catalogna, Scozia e Paesi Baschi, che hanno già dei margini di autonomia, il Veneto non ne ha alcuna. Lo Stato italiano – ancora di stampo giacobino-massonico, centralista e di derivazione napoleonica – è indietro mille anni luce rispetto a un Paese come la Germania. In termini di federalismo siamo ancora all’età della pietra. Poi…
    Prego.
    Nei primissimi anni Ottanta, quando la Lega Nord non era ancora nata, noi della Liga Veneta chiedevamo lo statuto speciale come il Südtirol, la Sardegna, la Sicilia e il Friuli. Poi, visto che lo Stato non ha risposto alle nostre richieste, si è alzato il prezzo e il tiro. Ora pretendiamo l’indipendenza: siamo una regione storica dell’Europa. La Repubblica Veneta è esistita per più di mille anni e nel 1861 ci hanno imposto di essere italiani. Noi siamo contro la forma dello Stato italiano. Chiediamo che lo Stato italiano se ne vada fuori dalle scatole: non ne abbiamo bisogno. Risorgeremo da soli.
    Insomma, lo spirito dei Serenissimi è vivo quanto mai…
    Io la farei anche domani un’azione come quella di 17 anni fa…lo spirito è sempre quello, anzi si è rafforzato.
    VENETO INDIPENDENTE/ Contini (Serenissimi): non ci serve l'Italia. Rifarei come nel '97?


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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    ARRESTATI 24 SECESSIONISTI VENETI
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