"L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
"Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
"O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch
mi spieghi (da ignorante quale sono) una cosa che non ho mai capito al cospetto del marxismo/socialismo: come è possibile passare da una dittatura (del proletariato, immagino, comunque dura) a una specie di anarchia dove non esistono nè classi nè stati?
questa sì, mi è sempre sembrata una sega mentale prima di tutto di marx e poi di tutti gli intellettualoidi radical-chic del secolo ventesimo (non è una critica a te, ovviamente, approfitto del tuo post).
Marx , in realtà, non ha speso molte parole a tal proposito. La sua azione , fondamentalmente , fu di analisi e di critica nei confronti del sistema produttivo capitalistico.
Per lui , comunque, la dittatura del proletariato (ribattezzata "socialismo"), avrebbe dovuto portare il proletariato al potere e dare lo start non solo alla redistribuzione della ricchezza ma, gradualmente, anche all'abolizione delle classi.
Il comunismo è da intendere come una società basata sull'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e delle classi, oltre che dello stato e della divisione tra lavoro manuale e intellettuale. Altro aspetto importante: il valore di scambio sarà sostituito da quello d'uso.
Però, come già scritto, Marx ha scritto poco a tal proposito. Perché, semplicemente, non riteneva prioritario né utile farsi seghe mentali sul "Sol dell'Avvenire".
Passare da una dittatura staliniana all'anarchia sociale è praticamente impossibile. Al massimo si potrà puntare a una sburocratizzazione e maggiore proletarizzazione dell'ente statuale. I deliri di Bakunin e Kropotkin andavano bene nell'800, quando la forma stato era ancora giovane e quando, cosa importante, le esperienze cooperativistiche e i falansteri ancora non avevano dovuto scontrarsi con la concorrenza capitalistica o con le pallottole della borghesia.
Ultima modifica di LupoSciolto°; 15-03-14 alle 14:43
ma ti dirò, Bakunin lo considero un intellettuale anche interessante (sebbene gli intellettuali non mi piacciano e preferisca un Turgenev e un Dostoevskij da leggere), benchè molti anarcoidi radical chic vecchi e nuovi lo considerino un guru dell'anarchia politicamente corretta, lui era profondamente russofilo e nazionalista, ad esempio.
detto ciò, oltre a insegnarcelo la storia, è lapalissiano che nessun sistema socialista o legato al pensiero marxista può, nella pratica, mutare da una condizione burocratica ed autoritaria a una sua formale estinzione.
nessuna rivoluzione che muta in casta abbandonerebbe il potere che ha conseguito in nome di un'idea o per il bene delle masse. neppure se tale movimento nascesse dagli strati poveri della società.
è la sintesi della natura dell'uomo.
il fatto che i capitalisti siano persone spregevoli e detengano il potere politico ed economico è solo un fatto occasionale di contingenza: le rivoluzioni bolsceviche hanno dimostrato che anche i proletari si possono trasformare in casta parassitaria e oppressiva.
non c'è molta differenza tra la borghesia e il proletariato nel momento del bisogno: e questo è il grande fallimento delle ideologie e l'intuizione del pensiero nichilista, a mio avviso.
Ultima modifica di Lèon Kochnitzky; 15-03-14 alle 15:19
Non la vedo così drammatica. E' chiaro che nell'essere umano aleggia l'individualismo e la voglia di prevaricare gli altri. Ma un autentico partito comunista deve prenderne atto e attuare una rivoluzione culturale per evitare che si instauri di nuovo un regime borghese.
eh ma dammi un esempio nella longeva storia dell'uomo in cui non sia avvenuto ciò che ho detto. esclusa quella liberal-capitalista (che non aveva alcun intento emancipazionista), nessuna "rivoluzione" è riuscita nell'intento di emancipare realmente le masse (specie gli oppressi), comunismo, socialismo, fascismo o democrazia che sia.
poi comprendo che un individuo ideologico, naturalmente, continui a sperare che ciò possa avvenire (anche grazie all'apporto della propria visione o del proprio gruppo di appartenenza, se ne ha uno) e con questo non nego per primo il fascino che un'idea, dal punto di vista strategico o culturale, possa avere, lasciandomi affascinare per primo, ad esempio, dall'avanguardismo di inizio '900 come ho avuto modo di dire tempo fa, però alberga in me un crudo e cinico realismo che negli anni mi ha fatto diventare un po' nichilista e mi ha condotto alla medesima conclusione che già grandi filosofi e scrittori hanno raggiunto, e cioè che è inutile riversare speranze nel genere umano.
Ultima modifica di Lèon Kochnitzky; 15-03-14 alle 18:09
Ho appunto parlato di rivoluzione culturale. Mao e i suoi riuscirono a estirpare la tirannide borghese che si stava ricreando all'interno del PCC e della società cinese. Gli occidentali dipingono quella rivoluzione come sanguinaria e "stalinista" ma, nella realtà dei fatti, fu un grandioso e riuscito tentativo di non cristallizzare il potere politico ed economico nelle mani dei pochi.
L'esempio maoista dovrà spronare i paesi socialisti affinché non si crei più un ordine come quello precedentemente contestato. Un ordine borghese, per l'appunto.
Perché non nutrire speranze nel genere umano? Capisco che certe letture, certe constatazioni personali e certe esperienze di vita possono condurre al pessimismo. Però non bisogna cadere nel disfattismo e nel nichilismo. Come insegna Gramsci: "pessimismo della ragione e ottimismo della volontà". L'essere umano è un essere sociale. Una volta svincolato dalle dinamiche del capitalismo potrà esprimere liberamente questa sua natura.
Ultima modifica di LupoSciolto°; 15-03-14 alle 18:23