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Discussione: Megascioperi in Cina

  1. #21
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    Predefinito Re: Megascioperi in Cina

    Li Ka-Shing è di Hong Kong e possiede molto, ma ad Hong Kong, non nella Cina continentale. Si è fatto i soldi sulla paura del comunismo. Quando tutti vendevano ad Hong Kong che ritornava sotto la sovranità cinese, lui comprava. Cmq ha molti investimenti anche in Occidente e Canadà. Politicamente sostiene il candidato pro-comunista ad Hong Kong
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  2. #22
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    Predefinito Re: Megascioperi in Cina

    Shadow o non shadow. I finanziamenti bancari sono in calo in Cina. Il credit crunch è un'altra cosa e si presenta ogni anno. a metà dell'anno. ma dipende da fatti contingenti.
    Ultima modifica di Red Shadow; 19-04-14 alle 09:38
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  3. #23
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    Predefinito Re: Megascioperi in Cina

    Parecchio sensazionalismo per un fatto che in Cina è all'ordine del giorno. Episodi di lotte operaie di massa succedono continuamente.
    Se si vuole parlare seriamente della questione, è stato tradotto recentemente in Italia un volume di Pun Ngai che secondo me sbaglia il frame concettuale ma è comunque una miniera d'informazioni.

  4. #24
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    Predefinito Re: Megascioperi in Cina

    Tra i meccanismi “spontanei” attivati dall’operare delle forze di mercato all’interno del processo di sviluppo cinese, il più importante è il tendenziale esaurimento del pur sterminato “esercito industriale di riserva” nelle campagne. Secondo alcuni studi, il fatidico “punto di svolta di Lewis” (il momento in cui, anche in condizioni di libero mercato e in assenza di interventi dello Stato, il flusso di contadini poveri verso l’industria urbana comincia ad affievolirsi, e quindi i salari iniziano ad aumentare parecchio, grazie al semplice interagire dell’offerta e della domanda di lavoro) sarebbe stato raggiunto intorno al 2003. E’ comunque un fatto che i salari, e specialmente i salari operai, stanno crescendo a tassi reali molto alti (spesso superiori al 10%), ormai da diversi anni.
    Ultima modifica di Red Shadow; 19-04-14 alle 14:39
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  5. #25
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    Predefinito Re: Megascioperi in Cina

    Citazione Originariamente Scritto da Red Shadow Visualizza Messaggio
    bella comunque l'immagine di una città che ormai ha livelli di redditi europei "l'attività principale è la prostituzione". Manco fosse l'Ucraina occidentale quella che vorremmo annettere all'Europa. Visetti viene letteralmente preso per il culo dalla maggior parte dei sinologi.
    Manco fossi un indovino arriva puntualmente l'accusa di plagio per Visetti
    Agente V.: Licenza di Plagio








    Sapevamo già che può trasformare il tranquillo sindaco di una città devastata dal terremoto in un superingegnere kamikaze.


    Sapevamo già che è in grado di leggere articoli scritti da altri e spacciarli per suoi.


    Lo avevamo lasciato mentre s’inventava olocausti nucleari capaci di valergli il prestigioso premio internazionale “Muro della vergogna- Fukushima”


    Ma adesso Giampaolo Visetti è tornato, e ha un’arma nuova di zecca: la licenza di plagio estesa a qualsiasi media straniero.


    Ora, prima di tornare a scrivere su queste pagine a distanza di quasi due anni mi sono posto un problema cruciale: ho davvero qualcosa di nuovo da dire, o questo “Licenza di plagio” sembrerà solamente uno stanco tentativo di sfruttare il successo di pubblico e critica degli altri post? Come farò a rendere il sequel all’altezza dei kolossal precedenti?


    La risposta me l’hanno fornita il protagonista indiscusso e il suo desk, che nel segno dell’impunità più totale riescono a inventare metodi sempre nuovi e creativi per massacrare quel poco che resta della fiducia nel mestiere di giornalista: sicuramente prima o poi salteranno fuori foto compromettenti, tipo immagini delle grandi firme di Repubblica impegnate a lanciare nani contro un bersaglio a forma di deontologia mentre Eugenio Scalfari intervista Gesù e scrive le risposte al posto suo, ma per ora dobbiamo accontentarci di quanto già pubblicato.


    E vi assicuro che siamo già a livelli altissimi.


    Il pezzo da analizzare, stavolta, è uno spettacolare reportage su Dongguan, la capitale cinese del sesso, pubblicato su Repubblica martedì 25 febbraio. (Il link rimanda a Dagospia perché non tutti sono abbonati a Rep.)


    Nell’articolo, Visetti si aggira per una Dongguan semideserta, dove la nuova campagna anti-prostituzione scatenata dal governo centrale di Pechino ha imposto a saune e bordelli uno spietato coprifuoco. Il primo personaggio in cui si imbatte è un certo “Ou Yunqui”, presentato come “gestore del più elegante centro benessere di Dongguan”.
    Ciao, organizzo cene eleganti



    Se tralasciamo che “Yunqui” sembra più un nome spagnoleggiante che cinese, ciò che lascia perplessi è l’audacia di un “gestore di centro benessere” che si lascia intervistare con nome e cognome mentre per le strade della sua città la polizia sta arrestando i “gestori di centri benessere”. A una ricerca più approfondita, però, salta fuori che tale “Ou Yunqi” (questo sì un nome cinese) è stato intervistato dal South China Morning Post – il più importante quotidiano di Hong Kong – in data 20 febbraio. Questo Ou Yunqi, però, si rivela il general manager della Dongguan Qile Shangcheng, una ditta che produce “giocattoli per adulti, biancheria intima e preservativi”. Si tratta della stessa persona? Fa il magnaccia dietro la palese copertura di gestore sala benessere o è semplicemente un manager? Ha una doppia vita?

    Ciao, in realtà faccio il manager in una fabbrica di vibratori


    Ma non solo i lavoratori dell’industria del sesso, anche quelli del settore immobiliare subiscono la campagna moralizzatrice: prendiamo ad esempio Ye Weijie, che a Repubblica dice di essere un costruttore e racconta di dover riconvertire il suo business.
    Mi chiamo Ye Weijie e sono uno squalo dell'immobiliare




    Vuoi vedere che si tratta dello stesso Ye Weijie che, nell’articolo del SCMP di cui sopra, si presenta invece come un semplice agente immobiliare?


    Nah,volevo solo impressionarti: faccio l'agente Tempocasa


    E soprattutto: com’è possibile che – in barba a ogni legge probabilistica – in una città di oltre 8 milioni di abitanti Giampaolo Visetti sia andato a intervistare proprio le stesse due persone che hanno rilasciato dichiarazioni ai giornalisti del South China Morning Post, Zhang Hong e He Huifeng?


    Largo Fochetti dissipa subito i nostri dubbi, perché qualche riga dopo è di scena la celebre Li Yinhe, studiosa dell’Accademia di Scienze Sociali, sociologa e nota femminista: Li, curiosamente, invece di parlare della sua materia si abbandona a considerazioni economiche alla Loretta Napoleoni, dicendo addirittura che la provincia del Guangdong –la più industrializzata di tutta la Cina, per intenderci – perderebbe il 2% del PIL se l’industria del sesso fosse costretta a chiudere i battenti. In pratica, secondo le parole che Repubblica attribuisce alla sociologa, dei mille miliardi di dollari di PIL che il Guangdong produce ogni anno, 20 miliardi arrivano dalla prostituzione.


    Industria pesante? Qui il vero business è il pelo!




    Nelle dichiarazioni rese al Financial Times Li è molto più prudente, e si limita a una metafora tipo “estinguere un incendio con un bicchiere d’acqua”, che curiosamente riporta anche Repubblica, ma come una voce dal web.


    Perché usare una complessa metafora cinese quando puoi metterci il pelo?




    Lo stesso pezzo del Financial Times, scritto da Demetri Sevastopulo e Julie Zhu, riporta le dichiarazioni di un altro accademico cinese, Wu Jiaxiang, da sempre a favore della legalizzazione della prostituzione: “L’industria del sesso e il denaro sono come gemelli siamesi”, dice Wu sulla versione cinese di Twitter. Le dichiarazioni di Li e Wu, infatti, scaturiscono da un dibattito nato in rete, ma dato che Repubblica non cita la fonte South China Morning Post – un giornale che ha raccolto dichiarazioni sul campo, a Dongguan-, non si vede per quale ragione dovrebbe fare riferimento ai blog dei due studiosi.




    Tralasciamo i dubbi sul “sondaggio riservato che allarma la leadership” citato da Visetti, secondo il quale “6 cinesi su 10 dormirebbero con uno sconosciuto per denaro”, e superiamo anche il personaggio successivo, Li Sipan, un’antropologa che nelle dichiarazioni rese al New YorkTimes in un pezzo del 17 febbraio si limita a inquadrare politicamente la campagna antiprostituzione, mentre con Repubblica si lancia in considerazioni molto audaci sulla ‘deportazione’ di migranti, tanto più scomode se pronunciate da un personaggio pubblico. Tralasciamo anche la dichiarazione da brividi attribuita allo storico Zhang Lifan, che secondo Repubblica paragona la campagna dell’ex presidente Hu Jintao in Tibet a “una guerra”; dichiarazione che suona stonata anche in bocca al più strenuo oppositore del Partito, dato che per ragioni storiche radicatissime non troverete neanche un cinese disposto a negare la sovranità di Pechino sulle aree tibetane. Se lo storico Zhang Lifan avesse detto le stesse parole all’AssociatedPress, che pure lo ha intervistato, probabilmente avrebbe ancora più problemi con la giustizia di quelli che lo funestano al momento. Ma con l’AP, che non condivide “una certa idea del mondo” con Repubblica, si è mantenuto molto più sul vago. Speriamo solo che i funzionari della polizia di Pechino non capiscano l'italiano, perché dopo le parole rivolte a Rep. il professor Zhang potrebbe avere altri problemi.
    E sulla protezione delle fonti in Cina sono serissimo.


    Il vero punto forte del reportage di Visetti, quello in cui il corrispondente di Repubblica raggiunge una vetta insuperata di giornalismo investigativo, sono le considerazioni filosofiche di tale Liang Yaohi, presentato come “gestore di venti karaoke”, che affida al quotidiano italiano la sua visione del mondo su sesso, denaro e Cina.


    Sono Liang Yaohi, faccio il pappone ma studio da opinionista:dici che l'Italia è il Paese giusto per me?


    Visetti deve vantare entrature insuperate nel mondo carcerario cinese, visto che – a meno di un caso di omomimia – l’unico Liang Yaohi coinvolto nella vicenda di Dongguan in realtà si chiama Liang Yaohui ed è un proprietario di alberghi a cinque stelle tra i primi arrestati della campagna, come riporta sempre il SCMP in un altro articolo.
    Sicuramente i responsabili di un sistema penitenziario rilassato come quello cinese non avranno avuto alcun problema a garantire a Visetti l’accesso nel carcere in cui Liang è rinchiuso, né a concedere al prigioniero tutte le liberatorie necessarie per rendere dichiarazioni alla stampa straniera.
    Per visitare gli unicorni ripassate settimana prossima: ne abbiamo ordinati tre da Fantasilandia.


    Niente, il povero Liang se lo sono già bevuto.




    Alla fine di questa rilettura dell’articolo pubblicato da Repubblica spunta una domanda: il pezzo di Visetti è un reportage dalla metropoli di Dongguan o un reportage dalla funzione Google News del suo browser? Perché, normalmente, per reportage s’intende un pezzo in cui ci si sforza di tirare fuori almeno una o due fonti originali, mentre abbiamo visto che persino nel concedere voce all’uomo della strada Visetti va a beccare gli unici due abitanti di Dongguan che hanno già parlato con il SCMP, come dire che c’erano 2 possibilità su oltre 8 milioni. O non sarà invece che quello che Repubblica spaccia come reportage è solo un miscuglio di altri media, un cocktail in cui si mescolano 2 parti di South China Morning Post, 1 di NYT, e alla fine si serve il tutto? Agli agenti con licenze speciali, tipo quella di plagio, i cocktail piacciono agitati, non mescolati.


    Il dubbio è legittimo perché – al di là dei precedenti che sappiamo –solo il mese scorso, in questo articolo sulla chiusura dei campi da lavoro, Visetti riesce a intervistare due prigionieri appena rilasciati, di nome Jiang Chengfen e Guo Qinghua.


    Jiang Chengfen, colta da Repubblica subito dopo il rilascio


    Guo Qinghua:dai cessi al campo di lavoro




    Esattamente gli stessi prigionieri intervistati in esclusiva da Malcolm Moore in un articolo pubblicato alcuni giorni prima sul Telegraph.




    Jiang Chengfen, intervistata qualche giorno prima dal Telegraph
    Il Telegraph ruba un altro scoop a Repubblica avvalendosi della Macchina del Tempo




    Delle due l’una: o i prigionieri liberati non avevano molta voglia di tornare a casa e c’era una coda di corrispondenti stranieri per intervistarli lunga giorni, oppure Repubblica potrebbe presto ricevere una chiamata dall’ufficio legale del Telegraph.
    E dall'ufficio legale del South China Morning Post.
    E dall'ufficio legale di chissà quante altre testate straniere.
    Tutto questo, ovviamente, se a livello di autorevolezza internazionale la stampa italiana non fosse già l'equivalente di quel cugino un po' deficiente che ti tocca aiutare con i numeri durante la tombola di Natale.


    Adesso, tutti gli affezionati lettori del quotidiano di Largo Fochetti mi si avventeranno addosso perché sono un monomaniaco che ha deciso di distruggere Visetti e – attraverso Visetti – gettare discredito su un’intera testata; un’argomentazione che suona curiosamente simile a quelle che abbiamo ascoltato per tipo vent’anni da parte di un certo leader politico.


    Ma questa non è “la macchina del fango”, per usare un’espressione talmente banale che Monsieur LaPalice si mette a piangere ogni volta che viene pronunciata.


    Giampaolo Visetti è solamente il simbolo di un sistema fondato su veti incrociati, ipocrisie e quella che, da calabrese, posso riconoscere senza ombra di dubbio come una forma di omertà. Se Repubblica lascia indisturbato al suo posto e paga profumatamente un soggetto che tradisce da anni la fiducia dei lettori, se il compito di raccontare l’area economicamente più dinamica del mondo dalle colonne di quello che dovrebbe essere il più autorevole quotidiano d’Italia viene affidato a un individuo che non si è fatto alcuno scrupolo nel raccontare la tragedia di Fukushima come se fosse unvideogame giapponese, allora significa che Repubblica ha un grande problema di meritocrazia o di malafede, e il giornale che sbatte in prima pagina gli intoccabili preferisce chiudere entrambi gli occhi davanti ai suoi scandali interni.


    Quando Ezio Mauro presenterà “una certa idea di mondo” dal palco del prossimo Festival delle Idee, guardalo bene: se noti un sorrisetto dietro il cipiglio pensoso, forse è perché sta ridendo di te.


    Se vedi lo stesso sorrisetto quando in tv Vittorio Zucconi ti spiega i segreti della vita, forse è perché lui ha già svoltato da anni facendo leva su un malinteso senso di superiorità intellettuale nei tuoi confronti.


    E magari è lo stesso identico sorriso del prode vicedirettore Massimo Giannini quando si scaglia contro il marciume della politica.


    Finché Carlo Rivolta non risorgerà dal mondo delle ombre per prenderli tutti quanti a pernacchie.


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  6. #26
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    Predefinito Re: Megascioperi in Cina

    Siccome dalla Cina le notizie filtrano col contagocce e gli economisti, sinologi o no, non ne hanno mai azzeccata una, crederò al livello di ricchezza raggiunto dal cinese medio quando si verificherà il controesodo in massa degli immigrati dagli occhi a mandorla dall'Italia alla Cina, da Prato di nuovo alle sperdute periferie di pechino. Nel frattempo il mondo occidentale che si è suicidato permettendo l'ingresso della Cina nel WTO, deve fare due cose: primo, dazi doganali esorbitanti per qualsiasi tipo di merce che abbia un minimo di ideogramma stampato sullo scatolone. Secondo, stanare l'illegalità che le comunità cinesi producono nei paesi in cui si sono insediate. Costoro hanno la furbesca e malsana abitudine di lavorare in scantinati e/o capannoni industriali in condizioni di schiavitù in cambio di pochi spiccioli distorcendo il mercato e uccidendo quelle imprese italiane oneste che tentano di pagare le tasse e rispettare i diritti dei lavoratori. E' storia nota. E' appunto il caso di Prato il cui quartiere cinese andrebbe nottetempo circondato dai nostri carri armati permettendo alla fanteria, baionetta alla mano, di stanare i lavoratori illegali cinesi e i loro capibastone uno ad uno. Siano poi messi su una nave da carico e rispediti in Cina. Si proceda poscia all'arresto dei proprietari italiani di quegli edifici che per il vile danaro hanno concesso in locazione a questi moderni mercanti di schiavi e gli si chiedano indietro gli introiti così furbescamente conseguiti per destinarli all'abbattimento del debito pubblico. Trattandosi di una operazione di guerra è ovvio che chi si rifiuta debba essere fucilato sul posto. Vogliamo scommettere che la crisi in tre mesi passerebbe?

  7. #27
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    Predefinito Re: Megascioperi in Cina

    In Italia i cinesi sono in calo. In Cina il saldo migratorio è negativo. Dovrebbero essere i nostri a dare l'esempio pagando le tasse la cui evasione è rimasta costante con o senza i cinesi. Gli occidentali in Cina sono oltre due milioni. In un solo anno sono triplicati gli italiani che vivono in Cina.
    Nel 2013 triplicati gli italiani residenti in Cina: "Sono i giovani a partire"
    "Nel 2013 triplicati gli italiani residenti in Cina: "Sono i giovani a partire"

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    Ultima modifica di Red Shadow; 28-04-14 alle 00:53
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  8. #28
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  9. #29
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    Predefinito Re: Megascioperi in Cina

    LA CINA SCOPRE LO SCIOPERO: 45MILA OPERAI HANNO INCROCIATO LE BRACCIA NELLA FABBRICA YUE YUEN DOVE SI PRODUCONO NIKE E ADIDAS OTTENENDO AUMENTI SALARI E ARRETRATI

    Pechino cerca il modo per riequilibrare l’economia in rallentamento: meno produzione a basso costo, salari e pensioni migliori per avere un aumento dei consumi interni - Il viceministro del Lavoro cinese ha chiesto (ordinato) alla Yue Yuen di trovare una soluzione e l’azienda ha versato 37 milioni di dollari di arretrati...


    Guido Santevecchi per il "Corriere della Sera"
    SCIOPERO FABBRICA CINESE ADIDAS NIKE
    Zhang Zhiru ha cambiato l’ora dell’appuntamento una quantità di volte. E fino all’ultimo è rimasto sul vago per il luogo. Ha i suoi motivi, perché è il capo del Centro Shenzhen Chunfeng per le controversie sul lavoro, un’organizzazione non governativa che insegna agli operai le tecniche di contrattazione collettiva, attività non facile in Cina.
    SCIOPERO FABBRICA CINESE ADIDAS NIKE 8
    Nelle ultime settimane Zhang ha consigliato i 45 mila operai in sciopero della Yue Yuen di Dongguan, il primo produttore al mondo di scarpe sportive: sette impianti per 1,4 milioni di metri quadrati e circa 320 milioni di paia all’anno per marchi come Adidas, Nike, Asics. È stata la protesta operaia più imponente nella storia del Guangdong, la provincia meridionale nota come la Fabbrica del Mondo.Zhang ha anche una certa esperienza delle celle di sicurezza della polizia; ci dice che il suo vice, Lin Dong, è «ospite delle autorità in una casa al mare da settimane» (significa che lo hanno arrestato). «In effetti da noi c’è un modo di dire: “Le autorità non aiutano la gente a mettere a posto i loro problemi, mettono a posto la gente che indica i problemi”» ci spiega con un mezzo sorriso. Quindi, meglio essere prudenti con gli appuntamenti.
    SCIOPERO FABBRICA CINESE ADIDAS NIKE 7
    La cautela non è servita a molto: nell’ufficio del sindacalista indipendente, una specie di garage con due computer, una fotocopiatrice e qualche scaffale tra biciclette e motorini, troviamo persone strane e silenziose. «Sicurezza di Stato» sussurra Zhang accennando a un giovanotto in maglietta a righe che non perderà una parola del nostro colloquio.Perché lo sciopero? «È cominciata ad aprile, quando un lavoratore della Yue Yuen appena pensionato è andato a ritirare i soldi accumulati con i contributi sociali. O meglio i soldi che credeva di avere da parte, perché l’azienda aveva omesso di versare la quota degli straordinari, che sorpassano di molto la paga minima (per otto ore al giorno a sfornare scarpe sportive si prendono 1310 yuan al mese, circa 155 euro)».
    SCIOPERO FABBRICA CINESE ADIDAS NIKE 5
    La voce si è sparsa, moltissimi altri sono andati a controllare: c’è stato chi ha scoperto di avere ricevuto contributi per 35 mesi mentre aveva lavorato per 85; altri non hanno trovato traccia della quota prevista per l’edilizia popolare, l’assistenza sanitaria. «Il primo sciopero è stato il 5 aprile, due ore per andare a presentare una petizione al governo locale a Dongguan, ma la polizia è intervenuta» dice Zhang. «Il 10 gli operai ci hanno contattato, siamo andati a Dongguan la sera del 13: eravamo riuniti da due minuti quando sono arrivati venti agenti e ci hanno portati via».
    SCIOPERO FABBRICA CINESE ADIDAS NIKE 4
    Lin Dong è finito «ospite della polizia al mare»; Zhang Zhiru è controllato, ma lo sciopero dei 45 mila è andato avanti per venti giorni con poche intimidazioni per gli standard cinesi, solo qualche bastonatura e 5 o 6 arresti. Segno di una certa comprensione da parte delle autorità.Il governo di Pechino da mesi sta cercando il modo per riequilibrare l’economia in rallentamento: meno produzione a basso costo, salari e pensioni migliori per avere un aumento dei consumi interni. Sta di fatto che il viceministro del Lavoro cinese ha chiesto (ordinato) alla Yue Yuen di trovare una soluzione e l’azienda ha accettato di versare 37 milioni di dollari di arretrati.
    SCIOPERO FABBRICA CINESE ADIDAS NIKE 3
    Hanno vinto i lavoratori? Vorremmo vedere le cose dall’interno della grande fabbrica. Jerry Shum, responsabile del Dipartimento relazioni con gli investitori di Yue Yuen Industrial Holdings, è molto gentile al telefono da Hong Kong (la cortesia è il suo mestiere), ma ci risponde che è meglio di no: «Non possiamo ricevere visite, lo sciopero ha provocato ritardi nella produzione e siamo indietro con le forniture ai clienti, dobbiamo concentrarci per recuperare».Jerry è rassicurante (anche questo è il suo mestiere): «Ora la situazione è calma. Tutti sono contenti. Prima versavamo i contributi per le assicurazioni sociali facendo riferimento allo stipendio medio standard pubblicato dalle autorità locali, cosa che era completamente legale, ma ora paghiamo tutto in base agli stipendi reali dei dipendenti. Sono tutti soddisfatti».
    SCIOPERO FABBRICA CINESE ADIDAS NIKE 2
    Andiamo a vedere. Davanti alle fabbriche grandi striscioni ammoniscono: «L’indolenza produce perdite». Il personale della security ci tiene a distanza dai cancelli: vestono uniformi ben stirate, con stivaletti anfibi, guanti bianchi e baschi rossi. Aspettiamo l’uscita del turno cominciato al mattino per chiedere se davvero sono tutti soddisfatti.Un gruppetto va di filato dentro una trattoria per noodles : perché non mangiate alla mensa? «Perché fa schifo» risponde un ragazzo. Zhuo Qi, maglietta, calzoncini corti e ciabatte (sono tutti vestiti così), ha 43 anni: «Lavoro qui da 10, sono un migrante, vengo da Chongqing, faccio il caposquadra».Avete vinto? «Guardi che anche noi operai dovremmo pagare gli arretrati per metterci in regola: io ho fatto i calcoli, 50 mila yuan (6mila euro) e chi ce li ha? Abbiamo provato a spiegarlo ai giornalisti cinesi, ma nessuno ne ha voluto scrivere». Una donna: «Mi chiamo Yan Gairong (Gairong significa “La riforma è gloriosa”), ho 45 anni, vengo dallo Shandong e lavoro qui da 9. Ho due figli a casa con i nonni, li vedo una volta l’anno.
    SCIOPERO FABBRICA CINESE ADIDAS NIKE 6
    Guadagno bene, 1.700 yuan con gli straordinari e ora dopo lo sciopero ne faccio tanti. Sto alla pressa delle forme per le Nike, 500-600 al giorno», dice e si massaggia continuamente la spalla. E lei un bel paio di Nike le ha? «Nooo, mi costerebbero un mese di salario». Ambizioni? «Tornare per sempre nello Shandong, il bambino più piccolo non sapeva nemmeno di avere una mamma».Peng Yaohui ha 25 anni, migrante come tutti, arrivato dallo Hunan. Ha partecipato all’organizzazione dello sciopero nel suo reparto, che programma al computer i fregi e i colori delle scarpe. Avete vinto? «Finora solo promesse e offerta di licenziarsi con una buonuscita. E comunque, chi li gestirà i fondi pensione? Funzionari locali corrotti, come sempre».I salari nella Fabbrica del Mondo tra Shenzhen, Dongguan, Guangzhou, Foshan nel 2013 sono cresciuti del 16%. Prima o poi qualcuno dei 45 mila di Dongguan avrà i soldi per comprarsi un paio di Nike o di Adidas. «È come la vecchia storia di Henry Ford che capì la necessità di pagare i lavoratori abbastanza perché potessero acquistare una delle sue auto» ha detto alla Bloomberg David Dollar, ex funzionario del Tesoro Usa.
    UN PALAZZO COSTRUITO SUL MODELLO DI UN TEMPIO POI ABBATTUTO A SHENZEN JPEG
    «Penso che il governo centrale sia più tollerante, sono le autorità locali che temono le richieste dei lavoratori, perché se i costi aumentano le multinazionali se ne vanno» ci dice Zhang. I 45 mila della Yue Yuen forse hanno vinto e forse no. Pechino comunque non li ha repressi, perché chiedevano solo più potere d’acquisto e questo va bene. Ma che succederebbe se a Dongguan si formasse un movimento sindacale simile a Solidarnosc? Qualcuno lo chiama «l’incubo polacco».

    La cina scopre lo sciopero: si ferma la fabbrica di nike e adidas (e ottiene gli aumenti) - Business

 

 
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