Max l'africano. In viaggio con D'Alema a Dakar: "Io, Berlusconi e il mio più grande errore"
Il nostro settimanale in edicola da mercoledì pubblica una lunga intervista esclusiva a Massimo D’Alema, seguito passo passo da un giornalista e da un fotografo al Forum Sociale Mondiale che si è appena tenuto a Dakar, in Senegal. L’ex segretario dei Ds si confessa e pronuncia su tutto: dal caso Ruby al «compagno» Vendola, dalla malattia della moglie a tutti i punti controversi della sua carriera e dell’attuale fase politica. A partire da Berlusconi.
«Berlusconi ha fallito, è un uomo con la morale sotto i tacchi» «Berlusconi è il passato. Un passato che non vuole uscire di scena, ma pur sempre un passato. È un uomo con la morale sotto i tacchi. Continua a fare promesse ma dovrebbe fare bilanci».
Parola di Massimo D’Alema, che in una intervista al nostro settimanale parla del premier, del futuro leader del centrosinistra, delle prospettive politiche e dei propri errori. «Berlusconi ha fallito e, anche a voler tralasciare il curriculum giudiziario, che riempirebbe l’Enciclopedia Britannica, va detto che ha fallito nei suoi due campi: quello di imprenditore e di uomo immagine. Da imprenditore ha inflitto al Paese tre piaghe: la crescita zero, l’aumento delle tasse, l’impennata della spesa pubblica. Quanto all’immagine… Time ha messo “bunga bunga” tra le dieci parole dell’anno». Continua D’Alema nell’intervista: «Berlusconi è un formidabile combattente, cerca di resistere. Sono quelli che gli danno retta a lasciarmi senza fiato. Parlo dei 315 deputati della Repubblica che hanno votato un documento in cui c’è scritto che il premier, nella sua veste di capo del governo, ha dovuto intervenire per evitare un incidente diplomatico perché la nipote di Mubarak era ostaggio della Questura di Milano. Quella votazione è il punto più basso della storia del Parlamento italiano. Quei 315 mi fanno paura perché hanno perso il rispetto di sé. Tra l’altro, rendono un pessimo servizio a Berlusconi: lo fanno passare per un credulone oltre ogni limite». Al giornalista che gli ricorda una sua famosa frase («Umanamente, Berlusconi mi è proprio simpatico»), dice: «Sì, l’ho detta. È una frase che, dopo gli ultimi avvenimenti, sottoporrei a una seria revisione critica».
«Per guidare una Grosse Koalition non è Draghi il mio candidato»
Nell’intervista, D’Alema rilancia l’ipotesi di una Grosse Koalition: «Nascerebbe con due “collanti” fondamentali: chiudere la pagina del berlusconismo, aprire una fase nuova. Siamo in una situazione simile a quella del dopoguerra, quando l’Italia scelse tra monarchia e repubblica». E sulla guida dice: «Io propongo un patto costituente e il leader sarà deciso da tutti quelli che vorranno farne parte. Non lo posso, ovviamente, indicare io». E alla domanda se potrebbe essere il governatore di Bankitalia Mario Draghi il candidato giusto risponde: «Draghi è candidato a presiedere la Banca centrale europea, e sarebbe una gran cosa per l’Italia. È un uomo straordinario, capacissimo. Il suo profilo è quello giusto: non viene dalla politica, sarebbe il punto di sintesi di uno schieramento ampio. Ma non è il mio candidato. Il nome ce l’ho, ma non lo faccio, altrimenti lo “brucio”». Secondo D’Alema, comunque, in caso di vittoria alle elezioni la nuova coalizione deve fare tre cose: « Stabilire, magari tramite un referendum elettorale, se vogliamo un presidenzialismo alla francese, che non demonizzo, o un parlamentarismo alla tedesca, che preferisco. Poi va fatta una legge sul conflitto d’interessi…Infine serve un patto sociale per la crescita e per dare una speranza ai giovani».
«Non mi pento per la famosa telefonata a Consorte ma per aver lasciato la testa del partito per fare il premier»
Nell’intervista concessaci, D’Alema rivendica o giustifica molte scelte che gli sono state contestate, dalla “passeggiata” con un deputato di Hezbollah a Beirut nel 2006 al bombardamento del Kosovo, alla telefonata allo scalatore della Bnl Giovanni Consorte («Vai, facci sognare»): «Era una presa in giro, ma non sono pentito. Che le cooperative diventassero proprietarie di una grande banca italiana mi sembrava, e continua a sembrarmi, un fatto positivo: avrebbe cambiato il panorama economico italiano, un panorama dove il potere è in mano sempre agli stessi. E comunque: meglio le cooperative dei francesi, che alla fine si sono presi la Bnl. Se poi, durante quell’operazione, sono state compiute delle irregolarità, saranno i giudici a stabilirlo». Con Oggi, D’Alema ammette però di essersi pentito della scelta compiuta ormai molti anni fa: «Aver lasciato la testa del partito per fare il premier. Il problema del Paese era costruire una grande forza politica riformista e quello sarebbe dovuto essere il mio posto, la mia responsabilità. Forse le cose, in Italia, sarebbero andate diversamente».
«Le mie foto a Sankt Moritz? Berlusconi si chiama fuori ma so per certo che è lui che indica chi colpire» «Le mie foto a Sankt Moritz? Berlusconi si chiama fuori ma so per certo che è lui che indica chi colpire» Nell’intervista a Oggi D’Alema torna sulle fotografie scattate a Sankt Moritz pubblicate dal settimanale Chi: «Viviamo in uno strano Paese», dice D’Alema, «dove uno che cammina tutto intabarrato, con la propria moglie, in un paese di montagna, diventa oggetto di una campagna scandalistica…Il settimanale Chi è la prosecuzione della politica con altri mezzucci. Ma Signorini è un dipendente, esegue degli ordini. Berlusconi si chiama fuori, ma io so per certo che è lui che indica chi colpire, come colpirlo, quando colpirlo».
Max l'africano. In viaggio con D'Alema a Dakar: "Io, Berlusconi e il mio più grande errore" - Oggi
parole sante Massimo,con te alla Segreteria del PDS forse oggi non avremmo sto PD sen'anima.