di A. Gnocchi pg.6 de ilgiornale.it 15 febb. 2011
Il complesso di superiorità del*la sinistra non è mai stato così svi*luppato come in questi giorni.
Do*po uno stuolo di opinionisti, dome*nica sono intervenuti attori e can*tanti suggellando il dibattito sul*l’*etica con un’analisi raffinata qua*si quanto la loro arte: la maggioran*za degli italiani, quella che nelle ur*ne ha scelto il centrodestra, è com*posta da «co***ni».
Parola di Dario Fo e Gino Paoli.
Il cantante, ospite di Antonello Piroso su La7, si è ad*dentrato in una profonda disami*na del Paese:
«Io parlo della menta*lità della maggioranza. Mio padre mi ha insegnato a essere onesto, non a essere furbo.Ho l’impressio*ne che oggi si insegna ( sic, ndr ) a essere furbi. Le regole sono più im*portanti di tutto il resto. Le regole etiche, che hanno a che vedere col buongusto, col comportamento, col non offendere gli altri. Vivere insieme significa rispettare le rego*le ».
Purtroppo tutto è inutile: «La maggioranza vuole Berlusconi. È la democrazia, e io la rispetto.
Il di*fetto della democrazia è che se la maggioranza è poco intelligente, una maggioranza di co***ni, allo*ra... ».
Ecco, questo sì che è «rispet*to ».
Il premio Nobel è andato oltre, ha fustigato anche gli ignavi:
«Ber*lusconi è dentro ai nostri cuori», ha detto Fo in piazza a Milano, «nel senso che ce li sballa. Io non capisco le persone che credono che con o senza Berlusconi sia la stessa cosa e non gli interessa. A lo*ro dico co***ni».
Poi ha espresso una sua opinione sulla decadenza dei costumi, accelerando la sor*prendente transizione da liberti*no a bacchettone:
«Ho sempre vi*sto gente che determinava il valo*re della loro ( sic, ndr ) vita dal nu*mero delle donne di cui si circon*dava *e di cui godeva spesso pagan*dole con denaro della comunità. E questo lo fa anche Berlusconi».
Paoli e Fo sono comunque dilet*tanti.
Resta insuperabile l’appello di Umberto Eco pubblicato prima del voto nel maggio 2001.
Il semio*logo sviscerava l’argomento da par suo: L’elettorato di centrode*stra si divide in due categorie. C’è quello «Motivato» di cui fanno par*te «il leghista delirante»,«l’ex fasci*sta », e i malviventi reali o aspiran*ti, cioè tutti coloro i quali «avendo avuto contenziosi con la magistra*tura, vedono nel Polo un’alleanza che porrà freno all’indipendenza dei pubblici ministeri».
Poi c’è l’elettorato «Affascinato».
Vi ap*partiene chi «non ha un’opinione politica definita, ma ha fondato il proprio sistema di valori sull’edu*cazione strisciante impartita da decenni dalle televisioni, e non so*lo da quelle di Berlusconi. Per co*storo valgono ideali di benessere materiale e una visione mitica del*la vita».
Caratteristica comune ai due gruppi è l’ignoranza: tutti quanti leggono «pochi quotidiani e pochissimi libri».
L’appello ebbe un tale successo da dettare la linea alla politica.
Massimo D’Alema, a esempio, non molto tempo fa (2008) godeva all’idea di essere minoranza nel Paese ma maggioranza nella «par*te più acculturata del Paese ».
Esul*tava: siamo «il primo partito nelle aree urbane tra gli italiani che leg*gono libri, che leggono i giornali»; «rappresentiamo la classe dirigen*te del Paese in tutti i campi»; «è molto difficile che chi governa pos*sa cambiare le cose senza il con*senso attivo dell’elettorato di cen*trosinistra ».
Ma basterà leggere un libro in più, conoscere una canzone in più, scoprirsi all’improvviso guardiani della pubblica decenza, per riaffer*mare la propria supremazia cultu*rale?
La storia recente delle bato*ste elettorali subite dal centrosini*stra racconta un’altra storia, anche se pochissimi tra i progressisti vuo*le starla a sentire.
È una storia fatta di vecchie risposte stataliste su qualsiasi tema: a partire dall’eco*nomia (la patrimoniale, già, un’idea nuova di zecca) per arriva*re all’istruzione passando per la sa*nità.
Segno che l’egemonia cultura*le, e il razzismo etico che purtrop*po si porta appresso, è finita da un pezzo e perdura solo come occupa*zione dei posti che contano.
saluti