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    Predefinito Guglielmina la Boema, eresiarca per forza

    Guglielmina la Boema, eresiarca per forza





    Arrivata in città intorno al 1270, era la figlia di re Premislao, o almeno così diceva. Poi fu travolta da un amore impossibile.





    Il disegno imponente del campanile dell’abbazia di Chiaravalle si staglia netto contro un cielo plumbeo e carico di pioggia. Il sagrato è gremito da una folla che attende silente l’arrivo delle spoglie di Guglielmina, soprannominata da tutti la Boema. Lo spacco di un tuono rompe il silenzio e una lieve pioggerella che entra nelle ossa comincia a cadere dal cielo. La folla muta resta immobile. Qualcuno alza il suo cappuccio per ripararsi. Chi è più vicino all’abbazia si stringe per coprirsi sotto il portale. Ma nessuno abbandona il suo posto. Il corteo funebre intanto si fa largo fra due ali di folla con il capo chino. Il silenzio è quasi un ronzio, interrotto, solo a tratti, dal tamburellare della pioggia, ora più insistente, sul catafalco portato a braccia da quattro frati, su cui si trova il corpo di Guglielmina. La pioggia le picchietta il volto cinereo in cui ogni scintilla di vita è ormai spenta. Le gocce scendono come lacrime sul volto pallido e spento, e qualcuno tra la folla si commuove.



    Oggi è un giorno speciale, una santa è morta e il popolo di Milano vuole esserle accanto in questo ultimo, difficile viaggio. Guglielmina era arrivata a Milano intorno al 1270. Era la figlia di re Premislao di Boemia, o almeno, questo è quello che lei raccontava. La sua prima casa la prese in affitto in zona Bregonia, tra porta Orientale e porta Tosa. Presto questa giovane e bella ragazza dagli occhi scuri fu presa in simpatia dagli abitanti della zona che iniziarono a chiamarla, affettuosamente, la Boema. La gente cominciò velocemente a fantasticare su quella altera ragazza e si diffusero una serie di racconti che girarono di bottega in bottega, di quelli che si sentono, la sera, in taverna davanti al vinello nuovo in una sera fredda d’autunno. E così la Boema fu una monaca travolta da un amore impossibile, costretta alla fuga per espiare le colpe sue e di quel figlio nato dal peccato più grave. Probabilmente niente più di una diceria da bettola, comunque, nonostante la paventata discendenza nobiliare la bella Guglielmina non aveva molti soldi e il suo unico e vero grande tesoro era il figlio piccolo. Nonostante le difficili condizioni la giovane e bella fanciulla era sempre disposta ad aiutare gli altri. Poi suo figlio morì. Poi la sua vita sembrò crollare. Eppura Guglielmina si rialzò. Continuò ad aiutare gli altri. Guglielmina si trasferì, prima in porta Nuova, poi in via San Pietro all’Orto. Ma la sua notorietà non sembrava scemare, in tutta la città si favoleggiava di quella ragazza gentile che aiutava i poveri e i malati. Presto anche i frati dell’abbazia di Chiaravalle e le suore di Santa Caterina in Brera si accorsero di lei e, tenendola in alta considerazione, alimentavano fra i milanesi la credenza che fra di loro camminnasse una santa. E la coda fuori dalla porta della sua casa era sempre più lunga. E così i malati, gli storpi che volevano anche solo una carezza, erano in ogni posto dove lei andasse. L’Inquisizione si interessò della Boema per almeno due volte, ma non trovando niente di pericoloso nelle sue azioni, fu costretta a lasciarla andare.


    La sua fama proseguì in un’ascesa costante anche grazie all’amicizia di un ricco mercante milanese, Andrea Saramita. Il Saramita cominciò a dire che Guglielmina era l’incarnazione dello Spirito Santo, esattamente come Cristo era incarnazione del figlio di Dio. Con il trascorrere del tempo le invenzioni dell’ex mercante si arricchirono di nuovi particolari, come la visitazione ricevuta da Costanza, madre di Guglielmina, da parte dell’angelo Raffaele che le avrebbe annunciato la nascita di una figlia santa. Guglielmina continuò ad aiutare gli altri come aveva sempre fatto, negando le parole dell’amico fino alla morte.

    Nonostante la pioggia continui a cadere, uno squarcio di luce si apre nel cielo e un sole pallido illumina la facciata dell’abbazia. La gente sta scemando, deve tornare al lavoro dei campi. Crocchi di persone con gli occhi arrossati si fermano davanti al portone e con voce sommessa ricordano del loro incontro con Guglielmina. Oggi è un giorno triste, ma bisogna gioire perché finalmente Guglielmina è tornata nel Paradiso da cui veniva.Sono i frati di Chiaravalle i primi a promulgare la fede in questa donna che merita la santità. Ogni giorno sulla sua tomba uno storpio ricomincia a camminare, un cieco riacquista la vista. Ma in quegli stessi mesi dopo il funerale, a Milano, Andrea Saramita sta seguendo altre strade. Insieme a una monaca seguage di Guglielmina, Maifreda, il Saramita raccoglie attorno a sé un folto numero di fedeli. Il clero milanese, inizialmente, sembra vedere di buon occhio questi nuovi proseliti, almeno fino a che il mercante si autoproclama teologo e decide di organizzare i seguaci di Guglielmina in un vero ordine religioso, i Guglielmiti. Per dare lustro alle suo parole, il Saramita compone quattro nuovi vangeli che devono sostituire quelli vecchi. In queste scritture si ribadisce come Guglielmina sia incarnazione dello Spirito Santo e di come Maifreda sia ora il suo vicario nel mondo. Secondo il Saramita, Maifreda deve rilevare tutti i poteri papali e, divenuta papessa, diffondere la nuova novella nel mondo.

    Stranamente nessuno sembra preoccuparsi dei vaneggiamenti dei due, o forse il fatto che Maifreda sia cugina di Matteo Visconti, signore di Milano, impedisce al clero e all’Inquisizione di muoversi con la libertà che sono soliti avere. I Guglielmiti hanno sempre più seguaci e decidono di sostituire la vecchia messa con una nuova, elaborata da Andrea Saramita. Anche le voci che cominciano a circolare sulle pratiche che prevedeva questa nuova messa, atti sessuali pubblici e ogni genere di oscenità, sembrano non toccare più di tanto la Chiesa ufficiale.

    Andrea Saramita, Maifreda e i Guglielmiti, per quasi vent’anni sono liberi di coltivare la loro religione senza eccessivi disturbi dall’esterno, almeno fino al giorno in cui Corrado Coppa, un ex Guglielmita, si reca da Matteo Visconti per denunciare con chiarezza le pratiche della nuova religione. Il Visconti, visto che le molte dicerie sono diventate ormai realtà, è costretto a ignorare i legami di sangue e denunciare la setta al tribunale dell’Inquisizione. In pochi giorni tutti i Guglielmiti sono arrestati.A differenza del solito l’Inquisizione non usa il pugno di ferro e dopo lunghi mesi di estenuanti interrogatori e processi, tutti i Guglielmiti sono liberi di andarsene. Tutti tranne Andrea Saramita e Maifreda. I due eresiarchi sono bruciati in pubblica piazza nel dicembre del 1300. Purtroppo il furore religioso dell’Inquisizione non risparmia neanche la povera Guglielmina. Con l’accusa di aver iniziato l’eresia, il corpo della Boema viene riesumato e mandato al rogo. La sua tomba viene distrutta. A distanza di qualche anno nessuno a Milano si ricorda più di Guglielmina detta la Boema, morta in odore di santità.




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    Predefinito Rif: Guglielmina la Boema, eresiarca per forza

    GUGLIELMINA LA BOEMA
    Abbazia di Chiaravalle

    L'Abbazia di Chiaravalle risale al XII secolo e fu fondata dall'abate e teologo francese Bernardo di Clairvaux, venerato come santo dalla Chiesa Cattolica e tra i patroni delle apicultori. Profondo sostenitore della contemplazione mistica, la sola in grado di portare alla conoscenza del Divino, lottò contro le eresie e l'autorità assoluta della Chiesa, fu un fertile scrittore e con le sue tematiche religiose condizionò profondamente il Medioevo del suo tempo. Singolare una frase tratta da una delle sue opere (Sermones super Cantica Canticorum): "Quanto più si è buoni, tanto più si è cattivi, se si attribuisce a proprio merito ciò per cui si è buoni". L'Abbazia di Chiaravalle si trova nel comune di Milano, tra il quartiere Vigentino e il quartiere Rogoredo, dove un tempo esisteva un borgo che formava un comune indipendente chiamato Chiaravalle Milanese, soppresso e aggregato a Milano nel 1923. La costruzione è uno dei primi esempi di gotico in Italia anche se, nel tempo, contagiato da tratti romanici. L'alta torre nolare, che parte dal tiburio e termina con una croce posta su un mappamondo, è chiamata in dialetto milanese Ciribiciaccola. Notevole il portale d'ingresso, scolpito in rilievo nel XVI secolo con le figure di quattro santi e lo stemma dell'Abbazia. L'interno è a croce latina disposta su tre navate con volta a crociera e abside piatta. In contrasto con il volere del fondatore, nel XVI e XVII secolo, l'Abbazia fu affrescata in stile barocco, perdendo la caratteristica dell'Ordine cistercense ossia il simbolo di povertà. La cupola, in fase di restauro, era decorata con le figure dei quattro Evangelisti sovrastati da un cielo stellato. Nella navata centrale si ammira un superbo coro ligneo (1640-1645), mentre il transetto è ricoperto dagli affreschi dei Fiammenghini . Nel 1281, presso il cimitero dell'Abbazia, fu sepolta Guglielma la Boema, una figura misteriosa che apparve a Milano nella seconda metà del 1200, insieme al figlioletto, sostenendo di essere figlia del Re boemo. La sua storia tuttavia non trovò mai riscontro. Guglielmina si prese cura dei poveri e degli ammalati. Per tutti fu considerata una santa e come tale fu onorata alla sua morte. La sua tomba divenne luogo di culto, la sua fama di guaritrice crebbe e dette vita a un movimento religioso chiamato dei Guglielmiti. Questi fatti portarono l'Inquisizione a indagare e nel 1300 il culto fu interrotto, le spoglie di Guglielmina, giudicata eretica, furono bruciate e i suoi seguaci arsi vivi. Curiosamente nel 1973 nel cimitero di Chiaravalle, già luogo di sepoltura della Boema, volle essere tumulato Raffaele Mattioli amministratore delegato della Banca Commerciale Italiana, un uomo di grande influenza che si diceva facesse parte di una potente organizzazione esoterica.







    Guglielmina La Boema
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    Predefinito Rif: Guglielmina la Boema, eresiarca per forza

    CHIARAVALLE (MI) - L'ABBAZIA DI CHIARAVALLE
    LA TOMBA DI UNA PAPESSA MOLTO AMATA


    Qui ha vissuto Guglielma, la donna simbolo della più grande eresia femminile del Medioevo. Fu figlia del re di Boema e raggiunse Milano nel 1260 con un figlio. Lavorò presso l’abbazia di Chiaravalle fino a quando divenne il punto di riferimento per molta gente, attirando l'attenzione di tutti, anche della Santa Inquisizione…
    Era difficile passare inosservata, profetizzava un nuovo modo di pensare e cioè che Dio poteva essere trovato in se stessi, senza l’obbligato passaggio ecclesiale, inoltre per arrivare di fronte a Dio non era essenziale attendere il giudizio universale.



    Già questa forma di pensiero era altamente pericolosa per i tempi, se poi veniva espresso anche da una donna, si può tranquillamente immaginare la reazione del Vaticano.
    E invece no. Contrariamente alle aspettative, questa volta l’inquisizione arrivò tardi, perché Guglielma fece in tempo a morire di morte naturale e ad essere seppellita proprio nel cimitero dell'abbazia di Chiaravalle.
    Ebbe molti seguaci che cercarono di proseguire il suo messaggio, tra cui Maifreda che addirittura tenne messa nella Pasqua del 1300 in zona Brera con altre due donne diacone. In una successiva messa nella Chisa di S. Maria Maggiore venne investita al ruolo di papessa.
    Questa volta il sant’Uffizio non solo non perdonò quest’affronto, ma ne approfittò per punire anche Guglielma che gli era sfuggita per poco. Il Vescovo Guido da Cocconato fece riesumare il cadavere di Guglielma e lo fece bruciare, insieme ai corpi vivi di Maifreda e dei suoi seguaci, in P.zza Vetra a Milano, di fronte a Sant’Eustorgio, dove si trovava allora le sede della Santa Inquisizione.



    “Guglielma è già in cielo e non nuoce alla sua gloria questa sentenza” si sentiva mormorare tra i monaci di Chiaravalle, fedeli a questa grande donna.
    Ancora oggi a Chiaravalle si trova la cappella dedicata a lei.







    CHIARAVALLE (MI) - L'ABBAZIA DI CHIARAVALLE - LA TOMBA DI UNA PAPESSA MOLTO AMATA
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    Predefinito Rif: Guglielmina la Boema, eresiarca per forza

    Guglielma la Boema













    La storia di Guglielma è la storia di uno sdoppiamento, dell´incarnarsi e vivere come guida spirituale nel corpo di un´altra donna, Maifreda, che di Guglielma raccolse l´eredità portandola alle estreme conseguenze dottrinali ed esistenziali. Tutto ha inizio a Milano, tra il 1260-1262, allorché fa la sua comparsa una donna, Guglielma che con la sua parola e la sua santità si conquistò ben presto non soltanto la fedeltà di un folto gruppo di seguaci, quasi tutti appartenenti agli strati medio-alti della città, ma altresì dei monaci di Chiaravalle, dai quali partì appunto quel culto ufficiale della santità di Guglielma che avrebbe potuto sfociare nella canonizzazione e che invece si risolse, per l´azione decisa di Maifreda, in una sanguinosa tragedia.


    L´unica notizia certa su tale figura è la data della sua morte, 24 agosto 1281, nemmeno certo è il suo pensiero, tanto sfumate sono le testimonianze, irrimediabilmente contaminate dalle interpretazioni post mortem di Maifreda. Dalle posizioni dei suoi seguaci si può tuttavia supporre che Guglielma avesse proposto la straordinaria idea di una incarnazione femminile di Dio, pur respingendo per sé l´identificazione con lo Spirito Santo.


    Guglielma comincia ad esistere post mortem, allorché suor Maifreda ne raccoglie l´eredità spirituale, estrapolandone ed esasperandone le valenze femminili. Mentre il Saramita si occupa di costruire l´immagine della maestra diffondendo la leggenda delle sue nobili origini, Maifreda si costruisce come alter ego di Guglielma e fa propria l´eversiva teologia guglielminita.


    Priva del carattere contemplativo della Boema e decisa a vivere in uno stato in cui il suo essere donna non fosse un essere inferiore sminuito, Maifreda si dedica anima e corpo a Guglielma, una donna come lei e ne fa il proprio Dio, poiché solo la maestra era riuscita ad indicarle la strada per affermare il diritto di essere finalmente persona.


    Dietro alla visione di Guglielma c´è ben altro: c´è l´analisi del significato di essere donna come persona; c´è la contestazione di una cultura al maschile che addossa ad Eva e alle sue figlie la colpa di aver separato l´uomo da Dio; c´è la volontà di cancellare il segno infamante e discriminante della differenza sessuale. Il fatto è che le due donne avevano finito col costruirsi una teologia tutta al femminile finalizzata a ricomporre la finitezza originaria.


    Per loro il corpo della donna appariva come un luogo di passione non cruenta in cui si doveva realizzare il mistero della passione redentrice di Cristo nella differenza sessuale. In tal modo quell´alterità che i Padri della Chiesa condannavano in quanto frutto del peccato originario poteva ricomporsi nel rispetto della persona maschile e femminile e la donna cessava di essere colpevolizzata ed esclusa dall´armonia universale.


    Il corpo femminile, accettato e tollerato solo in quanto vaso insostituibile della procreazione, diventava così un segno divino e dunque portatore di un nuovo itinerarium di salvezza e di redenzione destinato a manifestarsi anche nell´esperienza femminile. E proprio in quanto tale, il corpo della donna poteva anche essere l´involucro in cui avrebbe dovuto incarnarsi lo Spirito Santo, a prova definitiva che Dio ha creato l´uomo e la donna come "due soli", due esseri di pari dignità pur nella differenza sessuale.


    Ciò che stupisce è che una tale visione fu condivisa anche dagli uomini, in genere mariti che si trovano irretiti dalla passionale spiritualità delle loro compagne, mogli, o figlie. Gli ultimi sogni di Guglielma- Maifreda si consumano sul rogo cosi come l´ipotesi di poter scrivere una storia celeste e terrena della salvezza al femminile, la donna torna a dibattersi in quelle maglie della reclusione coatta nel tentativo di costruirsi una propria strada verso il divino.


    Una statua a Guglielma

    di Elena Urgnani


    Siamo state invitate dal Circolo Culturale Giordano Bruno di Milano a partecipare a una raccolta di firme per dedicare una statua a Guglielma Boema e Maifreda da Pirovano. Queste due donne, protagoniste di una ricerca spirituale che coinvolse molti milanesi, donne e uomini, e che fu giudicata eretica dal tribunale dell'Inquisizione, potrebbero essere ricordate con un monumento in Piazza Vetra, nel Parco delle Basiliche, nel luogo che vide nel 1300 il loro supplizio. Sull'opportunità di questa iniziativa noi della redazione del sito ci siamo trovate divise, fra chi - come Luisa Muraro - ritiene che l'autorità vera non abbia niente a che fare con i monumenti, e chi - come la sottoscritta - ritiene che un'opera d'arte in ricordo di due eretiche scomparse sia un tardivo e comunque utile riconoscimento e risarcimento simbolico alla ferita della memoria che ci ha fin qui accompagnate. Poiché il dibattito è ancora aperto, ci piacerebbe conoscere il parere delle frequentatrici e dei frequentatori del sito.

    Chi vuole informarsi sui fatti, può leggere il libro di Luisa Muraro, Guglielma e Maifreda, storia di un'eresia femminista (Milano, La Tartaruga, 2003), uscito per la prima volta alla fine degli anni settanta, e di recente ripubblicato; Marina Benedetti, Io non sono Dio. Guglielma di Milano e i Figli dello Spirito santo (Milano, Edizioni Biblioteca Francescana, 1998). Marina Benedetti ha curato anche gli atti del processo di condanna di Guglielma e dei suoi seguaci: Milano 1300. I processi inquisitoriali contro le devote e i devoti di santa Guglielma, Milano, Libri Scheiwiller, 1999.


    Qui riassumerò i fatti principali. Tale Guglielma, della quale si disse che fosse figlia del re di Boemia, giunse a Milano, pare in compagnia di un figlio, e qui si stabilì raccogliendo attorno a sé un gruppo piuttosto nutrito di uomini e donne, che si riunivano per pregare e fare opere di bene. Con lei operavano e pregavano anche alcune appartenevano alle Umiliate di Biassono, un ordine laico di converse che vivevano in comunità, senza una particolare autorità maschile a controllarle. Questo era parte del costume religioso (piuttosto libero) del Duecento. La congregazione delle devote e devoti di Guglielma non destò dapprima gravi sospetti, tant'è vero che Guglielma, dopo la sua morte tra il 1281 e il 1282, fu sepolta nell'abbazia di Chiaravalle, in quanto devota e amica dei monaci di quell'abbazia. Guglielma aveva infatti abitato a lungo in una casa di proprietà dell'ente monastico milanese; la sua decisione di indossare in punto di morte l'abito monastico e di farsi seppellire fra le mura del chiostro era un modo di legarsi al monastero.

    Dopo la sua morte il gruppo di devoti continuò a riunirsi in suo nome, sotto l'autorità di una delle umiliate, Maifreda da Pirovano (cugina prima di Matteo Visconti) e sotto la guida di certo Andrea Saramita, il quale insegnava che Guglielma era di sostanza divina, come Cristo, che in lei si era incarnato lo Spirito santo, e che questa incarnazione nel sesso femminile era necessaria alla salvezza dei non cristiani. In quanto rappresentante in terra di Guglielma, nel 1300 suor Maifreda arrivò a celebrare una messa solenne. Questo non poteva sfuggire all'Inquisizione, e neppure altri aspetti della dottrina predicata da Guglielma potevano sfuggire, e cioè verosimilmente (le uniche fonti sono gli atti dei processi contro i devoti) le tre tesi della salvezza dei non cristiani, della consustanzialità fisica di Cristo e Guglielma nello Spirito Santo, della necessità del sesso femminile per la salvezza dell'umanità.

    In un primo momento il priore dell'abbazia di Chiaravalle tentò di esercitare qualche pressione presso l'arcivescovo di Milano, affinché si occupasse lui stesso del processo, invece di lasciarlo in mano all'inquisizione romana, ma non essendo in grado di influire sulle sorti del meccanismo, oramai avviato, abbandonò Guglielma e i suoi seguaci al loro destino.

    Così, circa vent'anni dopo la sua morte, per Guglielma iniziò un processo per eresia, che vide coinvolti numerosi suoi amici. Si noti dunque che l'accusa non si dirige contro Guglielma, ma contro i suoi seguaci, forse strumentalmente adoperata (secondo un'ipotesi storiografica) contro Maifreda da Pirovano, per colpire il "partito", o meglio la "casata" (viscontea) di cui quest'ultima faceva parte.

    Alla fine del processo, che avrebbe dimostrato la sua "colpevolezza", tra il 2 e il 9 settembre 1300 i resti di Guglielma vengono esumati e messi sul rogo. Oltre a lei, vengono condannati a morte mediante il rogo, in quanto eretici relapsi, Andrea Saramita, il tesoriere e custode del gruppo, Maifreda da Pirovano e alcune sue consorelle. In seguito alle condanne il movimento dei Figli dello Spirito Santo si disperde.

    Sulla figura di Guglielma la Boema, o Guglielma da Milano, come alcuni preferiscono chiamarla, il dibattito storiografico è ancora aperto. Marina Benedetti contesta che Guglielma fosse effettivamente figlia del re di Boemia, e non ritiene questa genealogia sufficiente provata; da notare che se la discendenza regale fosse confermata, Guglielma si troverebbe ad essere la sorella di una santa ufficiale del calendario cattolico, Agnese da Praga. Inoltre alcuni storici hanno preferito spostare l'accusa di eresia da Guglielma ai suoi seguaci: Guglielma infatti non avrebbe detto di essere lo spirito santo, anzi avrebbe protestato con veemenza "Io non sono Dio". In effetti, non si vede altrimenti come Guglielma avrebbe potuto godere della protezione dei monaci dell'abbazia di Chiaravalle. In questa prospettiva Guglielma potrebbe addirittura aspirare alla santità (che oggi, dopotutto, non si nega a nessuno).

    Tuttavia a molte di noi non piace l'idea di una santa Guglielma, tradita da seguaci troppo zelanti, e ci riconosciamo invece molto di più nell'interpretazione femminista della sua vicenda che in questo movimento un importante antecedente dell'aspirazione femminile al sacerdozio. E d'altro canto la forza dell'eresia era proprio questa: il suo essere crocevia di speranze e di pratiche religiose non conformiste, che permettevano l'incontro di classi sociali differenti e di una lettura "altra" del divino. Io penso che il messaggio di libertà di questi eretici e di queste eretiche non può essere facilmente ridimensionato, e permettere ad un gruppo di donne dei nostri tempi di riconoscersi in queste loro antenate, scegliendo per sé e per le proprie figlie simboliche una genealogia più utile di quella proposta dai canoni della cultura corrente, mi sembra il miglior modo di continuare a far vivere in maniera utile il loro messaggio di libertà. Messaggio tanto più forte se Guglielma la vediamo nella sua relazione con altre donne e uomini del suo tempo, che avevano potuto beneficiare della sua parola. Per questo il monumento a Guglielma dovrebbe almeno includere Maifreda, proprio per significare la relazione.


    Certo tutto questo discorso suscita un interrogativo di fondo: che senso ha oggi proporre un monumento a un'eretica bruciata sette secoli fa? Secondo Luisa Muraro la vera autorità non ha bisogno di monumenti, ma secondo me il piano simbolico ci guadagnerebbe: il ricordo di una donna ispirata, che ha saputo radunare attorno a se laici e religiosi, rivendicando la salvezza per entrambi e operando un sostanziale spostamento del simbolico può essere utile in questa Milano "multiculturale", e poi Guglielma appartiene alla storia di Milano, sarebbe utile restituirgliela, e riparare - anche se in ritardo - l'accanimento contro di lei e i suoi seguaci.

    Sarebbe utile anche per ricordare i misfatti che l'inquisizione ha perpetrato a Milano, e che i nostri avventati fratelli illuministi hanno provveduto improvvidamente a cancellare con il rogo degli archivi del 1788.

    A mio avviso il parco delle basiliche - che è vicino alla via Giangiacomo Mora, altro capro espiatorio già individuato dal Manzoni nella sua indimenticabile Storia della colonna infame - sarebbe il posto ideale per accogliere un simile monumento, che sarebbe monito ad ogni intolleranza, presente passata e futura. Quanti milanesi saprebbero dire oggi dove si trovavano i tribunali e gli archivi dell'inquisizione milanese? Quanti sanno perché corso Monforte si chiama ancora oggi così? Offriamo un contributo alla memoria...


    Le riunioni del Circolo Giordano Bruno, durante le quali si raccolgono le firme, si svolgono il martedì sera alle ore 21 in Via Bagutta 12.


    Per informazioni sul Giordano Bruno è possibile consultare il sito: Avviso importante





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    Predefinito Rif: Guglielmina la Boema, eresiarca per forza

    Santa, o per qualcuno eretica. Strano destino avvolse Guglielmina la Boema, così chiamata per le sue origini mitteleuropee che nessuno potè mai verificare. Era il 1270 quando, per le vie di Milano, si vide aggirare una donna con pochi spiccioli in tasca, un figlio al collo, accento straniero e lineamenti forestieri. Trovò casa in San Pietro all’Orto e raccontò una storia a cui era difficile credere. Si attribuiva nobili natali, ma non spiegava i motivi della sua fuga, né di chi era quel figlio. Insomma un mistero. Eppure Guglielmina seppe farsi benvolere, poi ammirare, infine addirittura venerare. Dedicò la sua vita a poveri e ai malati, privandosi anche di quel poco che aveva. Accettò l’amicizia di un uomo, che di lei si era innamorato, senza concedersi. Ma Andrea Saramita le rimase affezionato per sempre, anche dopo la morte che si portò via Guglielmina il 24 agosto 1281. La Boema fu sepolta a Chiaravalle con tutti gli onori dovuti a una santa. E tale ella fu per tutti. Il Saramita alimentò il culto dei guglielmiti, di coloro cioè che credevano nella santità di Guglielmina, la invocavano, chiedevano grazie e, a loro detta, venivano esauditi. Ma la Chiesa non perdonò e l’Inquisizione fece i suoi accertamenti: molti finirono al rogo per eresia e anche Guglielmina fu condannata post mortem, da santa che era, in eretica millantatrice.



    Secondo alcuni studiosi, da tempo i cosiddetti «guglielmiti» militerebbero tra gli ebrei ereticali della setta dei Dunmeh, mentre tra le donne che venerano la memoria di Guglielmina c'è chi ritiene che il suo spirito immortale abbia preso stabile dimora nella "Madonna con le corna", il celebre affresco di Vincenzo Foppa a Sant'Eustorgio.

  6. #6
    Ritorno a Strapaese
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    Predefinito Rif: Guglielmina la Boema, eresiarca per forza

    Secondo Blondet, il banchiere Cuccia è stato sepolto nella tomba dell'eretica, e pare che nell'anniversario della sua morte, vengano celebrati strani riti notturni...
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  7. #7
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    Predefinito Rif: Guglielmina la Boema, eresiarca per forza

    La questione ormai e trita e ritrita. Bisogna approfondire, l'affare Calvi ha molte similitudini con il fallimento di Tanzi. Vorrei puntare il faro su questo capo d'industria: capro espiatorio dell'insaziabile finanza internazionale come della Banca d'Italia dal geometra Antonio Fazio all'infame (così definito da Cossiga) Mario Draghi. Oggi stanno succedendo fatti devastanti per la finanza Italiana governata da interessi ornìmai lontani dalla nostra povera Italia e si vuole festeggiare i 150 anni dall'unificazione. Cuccia era un devoto servitore dell'economia e pensava sempre e costantemente alla sua Italia come Monti e Beneduce! Dovete sforzarvi di andare piùin là.
    La finanza occulta e degenere governa il mondo, domina le monete, incamenra le ricchezze e si sta impossessando dell'economia mondiale.
    Il vaticano ha le sue molteplici responsabilità e si accontenta anche delle bricciole con il Gotti Tedeschi.

  8. #8
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    Predefinito Rif: Guglielmina la Boema, eresiarca per forza

    Fra Dolcino anche tu era a tuo modo una persona che aveva un'idea su come andava condotta la finanza e divisa la ricchezza anche se Marx doveva nasceremolti secoli dopo. Forse il Cuccia aveva evocato l'anima del martire Fra Dolcino morto dopo giorni di attroci sofferenze per aver difeso i poveri e per poco stessa sorte era preparata dagli inquisitori di Frate Francesco di Bernardone. Cuccia era mosso da grande dignità e combatte durante la sua esistenza l'infame potere finanziario papalino ed ebraico.
    Ormai siamo alla resa dei conti! l'Italia sta per soccombere!

  9. #9
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    Predefinito Rif: Guglielmina la Boema, eresiarca per forza

    Citazione Originariamente Scritto da Il Matto Visualizza Messaggio
    Secondo Blondet, il banchiere Cuccia è stato sepolto nella tomba dell'eretica, e pare che nell'anniversario della sua morte, vengano celebrati strani riti notturni...
    In realtà mi pare che Blondet parli di riti diurni, occultati ad occhi indiscreti, tra il gotha della finanza legata alla Comit...hefico:


    Comunque qualcosa c'è scritto anche qui:

    Paolo Franceschetti: Autorità criminali e culti misterici - Parte seconda. I fratelli chiamati a fregare l'Itali
    "Sarebbe anche simpatico, se non fosse nazista!" (Malandrina) :gluglu:


    "Al di là dell'approvazione o disapprovazione altrui!" :gluglu:

 

 

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