La Destra in cammino
Saremo noi il "partito della Nazione"
Intervista a Domenico Fisichella
di Maurizio Amoroso
Il Tempo - Giovedì 26 gennaio 1995
Di domande, in una settimana, gliene hanno fatte centinaia. Gli hanno chiesto di fascismo, di democrazia, di scissioni, di libertà, di riforme istituzionali. E lui, il senatore Domenico Fisichella, 59 anni, per otto mesi ministro dei Beni culturali e per trent'anni politologo tra i più acuti e attenti, ha chiarito dubbi, ha precisato posizioni e ha seminato speranza. Mentre qui a Fiuggi il Msi scompare, abbiamo chiesto al senatore Fisichella, padre di Alleanza nazionale, di tracciare una sorta di carta d'identità della nuova Destra.
D. - Senatore, vogliamo provare a dire, in quattro parole-chiave, cos'è Alleanza nazionale?
R. - Nella tradizione anglosassone c'è una espressione: country party, cioè partito della Nazione. Io credo che Alleanza nazionale debba qualificarsi innanzitutto così, come il partito della Nazione. Non perché abbia un'aspirazione egemonica e totalizzante. Ma, al contrario, perché deve porsi al servizio degli interessi generali. Anche perché uno degli elementi che hanno concorso potentemente a delegittimare la Prima Repubblica è stato il fatto che i vecchi partiti, anziché essere mezzi per il perseguimento di fini generali, sono diventati essi stessi la finalità primaria dell'azione politica. E poi il rischio grande del quadro italiano è quello di una dispersione particolaristica, che percorre la storia della penisola. Ecco perché oggi ogni vera formazione che voglia prefiggersi il servizio del Paese deve assumere in qualche modo il carattere di country party.
D. - Partito della Nazione. E poi?
R. - Il nostro è un partito nel quale, proprio in virtù della storia del Paese, il ruolo della spiritualità religiosa è un fatto importante.
D. - Insomma un partito di cattolici...
R. - Poiché la religione del nostro Paese è cattolica ed è strettamente intrecciata con le vicende nazionali, è evidente il ruolo cruciale che il cattolicesimo riveste. Senza nulla togliere al rispetto per le altre confessioni, che è ineludibile per le caratteristiche di libertà di una democrazia moderna.
D. - Va bene. Andiamo avanti.
R. - Alleanza nazionale si pone anche come partito delle distinzioni.
D. - E che vuol dire?
R. - Talvolta si dice: la sinistra è per l'uguaglianza, la destra è per la disuguaglianza. Non è così.
D. - Perché?
R. - Anche noi riconosciamo che ci sono delle uguaglianze, per esempio quella di fronte alla legge. O l'uguaglianza delle pari opportunità, che devono essere assicurate a tutti i cittadini.
D. - Che vuol dire, allora, partito delle distinzioni?
R. - Che sappiamo che la vita è assai più ricca di quanto non possa immaginare un'ottica strettamente livellatrice. Noi, insomma, cerchiamo di valorizzare quella varietà di esperienze - intellettuali, professionali, civili, scientifiche e produttive - che costituiscono il patrimonio di una società complessa, cioè di una società antica. Una società, cioè, che deriva da una molteplicità di esperienze trascorse. E che ha in sé una grande copiosità di apporti, di contributi, che ne fanno per un verso una esperienza pluralizzata, e per un altro verso una esperienza ricca di distinzioni. Che noi non vogliamo mortificare, ma anzi riunire in un grande concerto, teso a realizzare le più grandi opportunità per il più grande numero. In questo senso ci distinguiamo da altri che non sanno vedere la società se non attraverso un principio di livellamento, che mortifica i migliori e mortifica i più deboli.
D. - Lei non ha ancora mai citato la parola "moderati".
R. - E' vero. Perché si presta ad alcuni equivoci.
D. - Per esempio?
R. - Lungo il corso della storia ha significato tante cose.
D. - Non mi dica che rifiuta di sentirsi un moderato...
R. - Certamente siamo moderati in quanto le caratteristiche delle regole del gioco sono quelle di una competizione pacifica. E questo esige una misura di temperanza - ed è la parola che preferirei usare - che è assolutamente indispensabile per una serena convivenza civile.
D. - Cosa non le va, allora, della "moderazione"?
R. - Esiste in taluni momenti la necessità di prendere posizione, anche severa, soprattutto su alcune questioni di principio. Voglio dire che, se moderatismo significa compromesso, allora non è certo coerente con la nostra impostazione.
D. - Cos'è? Una polemica con la vecchia Dc?
R. - No, non è una questione congiunturale. La mia è una valutazione generale. Dico solo che, al moderatismo, preferisco la nozione di temperanza, che è più antica. Platone, ad esempio, deplora l'eccesso contrapponendogli proprio la temperanza. Io vorrei rifarmi a questa impostazione classica. Il moderatismo, che ha in sé elementi di pregio, potrebbe rischiare di essere confuso con prospettive centriste le quali, pur avendo avuto un ruolo nella recente storia italiana, tuttavia sono oggi superate da una impostazione bipolare che esige che ci sia una temperanza generale, senza che per questo debba esserci necessariamente un moderatismo centrista.
D. - In che cosa Alleanza nazionale si distingue da Forza Italia?
R. - In Forza Italia, almeno sinora, viene privilegiato l'elemento economico. Noi abbiamo invece una visione più composita. Il benessere sociale è un fine dell'azione collettiva, ma non è l'unico. Ci sono altri valori che devono essere perseguiti. A mio avviso la visione di Alleanza nazionale è più corposa. Ciò non significa che in Forza Italia non possa esserci una evoluzione.
D. - Cioè?
R. - Forza Italia è un movimento ancora nascente. In quanto tale può riempire di contenuti ulteriori il proprio bagaglio programmatico e ideale.
D. - Come padre di Alleanza nazionale, cosa vorrebbe che facesse "da grande"?
R. - Vorrei che governasse il Paese, secondo quelle linee di equilibrio che sono tipiche di tutte quelle forze che hanno una reale vocazione di servizio per la Nazione.
D. - E naturalmente a Palazzo Chigi ci vede Fini...
R. - Fini è un uomo giovane e riflessivo. Da tempo ha avviato e sviluppato una rivisitazione di tanti passaggi della storia del movimento del quale ha fatto parte.
D. - L'uomo giusto, insomma.
R. - Sì. Io però mi pongo il problema se siano maturi i tempi per l'acquisizione della suprema responsabilità di governo da parte di un esponente di An. In quella logica di temperanza che ci caratterizza, dico che bisogna avere pazienza, saper attendere qualche tempo. E' giusto che un approdo di questo genere sia valutato dall'opinione pubblica come un fatto fisiologico. Non dobbiamo fare forzature. Certamente non ha intenzione di farle Fini. E poi queste cose dipendono certo dall'impegno dei singoli, ma anche dall'intreccio delle circostanze.
D. - E cosa vorrebbe che Alleanza nazionale non facesse "da grande"? Non c'è ad esempio il pericolo del "carrierismo"?
R. - L'ambizione, la voglia di primeggiare, sono elementi di cui l'uomo di Destra riconosce la presenza. Ma il problema è un altro. E' mettere a punto un quadro istituzionale che trovi forme di filtraggio tali da mantenere entro limiti tollerabili quelle che sono le spinte negative delle passioni umane.
D. - Cioè?
R. - Noi dobbiamo mettere in opera meccanismi di selezione della classe dirigente che consentano di non massimizzare i costi delle passioni negative degli uomini. E' una impresa difficile, ma non impossibile.
Domenico Fisichella