da Trudovaja Rossija, numero 232
Âïåð¸ä, Áåëîðóññèÿ! (Áîðèñ ÃÓÍÜÊÎ) - "Òðóäîâàÿ Ðîññèÿ"
Avanti, Bielorussia!
Boris Gunko
Dopo la pubblicazione di un intervento di Aleksey Prigarin (“Nuove resistenti”, numero 123, Il dibattito tra i marxisti russi sull), proseguiamo nella rassegna di contributi al dibattito in corso tra i marxisti russi e della CSI sull’esperienza della Bielorussia, che sta per affrontare la scadenza delle elezioni presidenziali.
L’articolo che proponiamo (caratterizzato, a nostro avviso, da una visione eccessivamente schematica e semplificata del processo di transizione al socialismo, che sembra non fare del tutto i conti con le tremende difficoltà derivanti dagli attuali scenari dell’ex URSS e dalla cruda realtà dei rapporti di forza mondiali) è apparso nel giornale del Partito Comunista Operaio Russo – Partito Russo dei Comunisti (PCOR – PRC), la più importante organizzazione comunista russa (dopo il PCFR), anch’essa rappresentata nel parlamento della Federazione Russa.
Anche in questo intervento, al di là delle critiche avanzate, emerge comunque la determinazione a difendere con fermezza la Bielorussia e il suo presidente dai pesanti ricatti e dalle minacce di aggressione dell’imperialismo americano ed europeo. Una posizione ampiamente condivisa da quasi tutti i settori della sinistra dell’ex URSS.
M.G.
Dal momento della mia ultima visita in Bielorussia erano trascorsi già più di dieci anni, e molte volte avevo provato il desiderio di ritornarvi. Tanto più che sempre più frequentemente capitava di sentire che in Bielorussia non si era seguito l’esempio del capitalismo di rapina della Russia, che quasi si era in presenza del potere sovietico e del socialismo. Ecco perché, quando è stato reso noto che il presidente A.G. Lukashenko aveva invitato i giornalisti russi, e in particolare il rappresentante della nostra “Trudovaja Rossija” (Russia Lavoratrice), a visitare la Bielorussia, non ho mancato di approfittare di questa possibilità.
Non è certo cosa semplice scegliere dalla mole delle impressioni ricavate nel corso di questo eccezionale viaggio. Ma, dal momento che è necessario limitare la scelta, cercherò di fare riferimento alle questioni che più mi stanno a cuore: come si presenta la Bielorussia sul piano sociale, economico e politico, in che direzione si sta muovendo e che cosa ci si può attendere nel prossimo futuro?
La Bielorussia conserva il ricordo dell’epopea titanica del popolo sovietico. Molti segnali lo testimoniano. La conservazione di tutti i monumenti dell’epoca sovietica; la “Linea di Stalin” sotto Minsk; il fatto che il Giorno dell’Indipendenza della Bielorussia – il 3 giugno – non rappresenti un’assurdità, come in Russia, ma segni l’anniversario della liberazione di Minsk dall’occupazione nazi-fascista; e ancora, a differenza della Russia, l’inviolabilità della grande festa dell’Ottobre.
Se la paragoniamo alla Russia e agli altri paesi della CSI, la Bielorussia risulta più avanti per quanto riguarda molti indicatori economici e sociali, e per qualcuno di essi anche rispetto ad alcuni dei paesi altamente sviluppati dell’Occidente. Questo successo è stato conseguito, poiché si è consapevolmente rifiutato di procedere alla privatizzazione totale dagli effetti catastrofici e alla meccanica adozione delle ricette occidentali, e si è prestata particolare attenzione al mantenimento e allo sviluppo delle imprese d’avanguardia del settore dell’economia reale. La conseguenza di tale strategia nel periodo dal 1996 al 2005 è rappresentata dalla crescita media annua del 6,9% del Prodotto Interno Lordo, dall’aumento di 2,47 volte del volume della produzione industriale, di 2,74 volte della produzione dei prodotti destinati al consumo, di 1,23 volte della produzione agricola.
Sono state realizzate misure serie sul terreno della difesa sociale della popolazione. Tra i paesi della CSI, la Bielorussia occupa il primo posto nella capacità di acquisto del salario medio mensile e della pensione media mensile. In Bielorussia si è registrato il livello più basso di disoccupazione tra i paesi della CSI, 1,6% ( in Russia 2,1%, in Ucraina 2,8%, in Moldova 6,3% e nei paesi contigui alla Bielorussia, in Lituania 10%, in Lettonia 11,4% e in Polonia 20%). In Bielorussia c’è la più alta disponibilità abitativa tra tutti i paesi della CSI (23 metri quadrati per abitante) ed anche i tempi più veloci di messa in funzione di nuovi appartamenti.
Il sistema statale di assistenza sanitaria è basato sul finanziamento di bilancio e sulla assicurazione delle prestazioni mediche a tutti gli strati della popolazione. Nel 2005 gli stanziamenti per l’assistenza sanitaria costituiscono il 5% del bilancio, una somma superiore a quella di tutti gli altri paesi della CSI (in Russia, l’1%). Tra i paesi della CSI la Bielorussia è la prima nell’aspettativa di vita: 69 anni. Sebbene in Bielorussia la mortalità superi la natalità, a differenza della Russia tale tendenza sta subendo un arresto, e già si è raggiunto, nell’ambito della CSI, il più basso livello di mortalità infantile: 69 su 10.000 nati (116 in Russia, 95 in Ucraina). Nel 2005, gli stanziamenti di bilancio destinati all’istruzione rappresentano il 25,9%, vale a dire il 6,34% del PIL, una quota superiore non solo a quella di tutti i paesi della CSI, ma anche di paesi come USA, Gran Bretagna, Germania e molti altri.
Dalla realizzazione del Programma Statale di sviluppo 2006-2010 ci si attende una crescita del PIL del 50% in presenza di una riduzione delle spese energetiche del 30%. Alla base della crescita economica sta il sostegno statale alle produzioni di qualità, destinate all’esportazione e competitive. Già oggi la quota di produzione di macchinari di qualità rappresenta il 24%, di gran lunga superiore rispetto a quella di tutti i paesi della CSI. In virtù della realizzazione del Programma di approvvigionamento alimentare, nella crescita della produzione nel settore agricolo la Bielorussia è ai primi posti nel mondo.
Sorge una domanda: prendendo in considerazione i successi economico-sociali della Bielorussia, si può ritenere che, in questo caso, abbiamo a che fare con il socialismo o, almeno, con un orientamento socialista?. A nostro avviso no. E non solo perché i successi della Bielorussia vengono valutati sullo sfondo del crollo totale dell’economia della Russia e di altri paesi, dove è avvenuta la restaurazione del capitalismo. La pienezza del socialismo oppure la presenza di un orientamento socialista sono definiti non solo dagli indicatori macroeconomici (per cui, paradossalmente, si dovrebbe considerare gli USA il primo paese socialista). L’attributo fondamentale del socialismo è la proprietà sociale sui mezzi di produzione che opera attraverso la dittatura del proletariato, e la cui gestione si realizza sulla base di piani statali fondati scientificamente e nell’interesse della massima soddisfazione delle esigenze materiali e culturali di tutta la società (e non del profitto di determinati produttori).
Cosa abbiamo allora in Bielorussia? Nel documento ufficiale “BELARUS 2005. Situazione e prospettive dello sviluppo economico-sociale” i concetti di “capitalismo” e “socialismo” non vengono neppure menzionati. In ogni caso, il contenuto di questo documento evidenzia che nel paese è stato avviato un processo di approfondimento del capitalismo, che si differenzia da quello russo esclusivamente per i tempi meno accelerati e più cauti. “Il paese ha scelto un cammino evolutivo di sviluppo”, leggiamo. Ma in che direzione? Lo chiarisce questa frase: “Lo Stato svolge un ruolo attivo nella formazione di rapporti di mercato…”. Ciò non ricorda forse Gorbaciov, che a lungo ha utilizzato il termine “rapporti di mercato” per mascherare il concetto di “capitalismo”? Leggiamo ancora: “Dalla misura in cui verranno create istituzioni di mercato, deriverà una graduale e conseguente limitazione della partecipazione diretta dello stato ai processi economici”. Il discorso riguarda il graduale scivolamento verso il capitalismo. Uno scivolamento già in atto. Oggi il 60% della produzione industriale si realizza in imprese di proprietà privata e mista.
Naturalmente, si cerca di convincere del fatto che “la privatizzazione …non persegue scopi politici e ideologici, ma innanzitutto economici: l’attrazione di investimenti strategici, la modernizzazione e l’elevazione della capacità competitiva della produzione, la crescita dei redditi reali dei lavoratori dipendenti”. E’ evidente, però, che la privatizzazione, privando i lavoratori dei mezzi di produzione creati dal loro lavoro, persegue chiaramente scopi politici, rappresentati dalla consegna del potere reale alla classe della borghesia. Nel documento citato si afferma che il modello dell’economia bielorussa permette di combinare “l’efficienza economica con un elevato livello di difesa sociale dei cittadini”. Eccola l’ “efficienza”. Proprio quello da cui ci si dovrebbe difendere!
Nonostante la relativa morbidezza della capitalizzazione e l’aspirazione della maggioranza delle persone a conservare un punto di vista socialista, è in atto un’offensiva dell’ideologia borghese. Incontro un membro del Partito Comunista Bielorusso, funzionario dell’amministrazione presidenziale e gli sento dire che non esiste né il capitalismo né il socialismo, non ci sono mai stati e neppure ci saranno, ma può esistere solo una vita brutta e una vita buona! Gli chiedo: da cosa dipende se la vita è “brutta” o meno? Risponde: dal fatto che il padrone sia buono o cattivo.
Ecco il più semplice degli esempi. Lukashenko è indiscutibilmente un buon dirigente e un uomo onesto. Alla conferenza-stampa ha affermato: “Abbiamo 10 milioni di abitanti, ma oggi ce ne occorrerebbero 30 (manca la manodopera! – nota dell’autore), e potremmo sostentarne anche 70”. Ma se manca la manodopera, perché allora nel paese ci sono quasi 86 mila persone che non sono in grado di nutrirsi? La ragione è evidente: il capitalismo, la cui natura è basata sulla caccia al profitto derivante dalla proprietà privata. Nessun presidente potrà mai cambiare tale natura.
Ancora un esempio. Nel corso della conferenza-stampa Lukashenko ha affermato che in Bielorussia è stata assunta la decisione che prevede che un dirigente di azienda non debba percepire uno stipendio superiore di 4 volte a quello medio. Sembrerebbe un’ottima decisione, dal momento che il dirigente, per ottenere un aumento per sé, dovrebbe preoccuparsi di ottenere anche la crescita del salario degli operai. Ma, in realtà, la maggior parte delle aziende ha le caratteristiche di società per azioni, dove la fonte del reddito per i dirigenti è rappresentata non dallo stipendio, ma dal possesso della maggior parte del pacchetto azionario. In presenza di tale situazione non è certo necessario preoccuparsi della giustizia sociale.
Per qualche ragione la domanda, da me rivolta a Lukashenko, e la sua risposta non sono state pubblicate nel sito dell’amministrazione presidenziale e, di conseguenza, non sono apparse nelle pagine dei giornali. Per questo la ripropongo.
“Compagno presidente! La stragrande maggioranza dei cittadini in Russia e Bielorussia vuole la riunificazione dei nostri popoli fratelli. Inoltre, se in presenza della riunificazione verrà conservato il sistema presidenziale, la maggioranza del popolo La appoggerà. La ragione è evidente: la Bielorussia più di tutte le altre repubbliche ha mantenuto i valori materiali, sociali, morali, acquisiti nell’era sovietica. La gente vuole la riunificazione dei nostri paesi anche perché vede in questo un passo nella direzione della ricostruzione dell’URSS. Perché solo questo potrà impedire la Terza guerra mondiale, verso la quale l’imperialismo sta trascinando il pianeta.
C’è ancora un problema, persino più serio. Oggi in Russia si sta preparando un vero e proprio atto vandalico sulla Piazza Rossa. Vogliono liquidare il Mausoleo di V.I, Lenin e il Memoriale con le tombe di molti dei migliori uomini della nostra Patria. Ma questo non è solo vandalismo. E’ la testimonianza, è la dimostrazione che la Russia ha accettato senza discutere la “democrazia” americana e che non ha intenzione di battersi per la propria dignità, al contrario di quanto oggi fanno Cuba, Venezuela e Bielorussia.
Cosa pensa riguardo a tali problemi, e non Le sembra che non potranno essere completamente risolti fino a quando non ci libereremo nel mondo dal male della proprietà privata?”.
Nella risposta del presidente non è stato difficile individuare le contraddizioni del processo in corso in Bielorussia. Occorre notare che, a tal riguardo, sono in contraddizione tra loro anche le posizioni dei due partiti comunisti della Bielorussia. Uno di essi appoggia la politica di Lukashenko, affermando in particolare che il socialismo può basarsi sull’economia di mercato. E’ chiaro che tale posizione non permette di considerarlo un partito comunista. L’altro partito, invece, respinge la politica di Lukashenko, accusandolo, per così dire, di tutti i mali possibili e immaginabili.
Certo, non bisogna dimenticare che Lukashenko è arrivato alla guida del paese solo nel 1994, quando la Bielorussia, come la Russia, si trovava in una situazione di sconquasso dell’economia e dell’assetto sociale, e che proprio grazie a Lukashenko si è riusciti a non cadere nel baratro, e in seguito a riportare il paese a un livello d’avanguardia. Non bisogna dimenticare che ciò è stato fatto e continua ad essere fatto in un paese, che non dispone di proprie risorse energetiche e che deve sostenere l’assedio di un vicino reazionario, quale l’imperialismo mondiale, che non nasconde la sua rabbia per i tentativi della Bielorussia di costruire il proprio futuro in piena autonomia.
Lukashenko, nei limiti del possibile, utilizza strumenti caratteristici dell’Unione Sovietica. Ad esempio, si svolgono regolarmente Congressi Popolari, che riuniscono fino a 3 mila delegati dei collettivi di lavoro, delle organizzazioni sociali e dei partiti, dove si decidono gli orientamenti di fondo per il successivo piano quinquennale. In molti settori è conservata la pianificazione. La politica verso le minoranze nazionali in un paese, in cui abitano i rappresentanti di oltre 140 nazionalità, ha un carattere prettamente internazionalista. Nel paese assistenza sanitaria ed istruzione sono di fatto gratuite. Non è stata chiusa una sola istituzione culturale. Per alcuni aspetti la situazione in Bielorussia è addirittura migliore di quella dell’URSS. Ad esempio, nell’esercito non esiste il “nonnismo” (un’autentica piaga nell’esercito russo, nota del traduttore) e, per questa ragione, non si fugge dal servizio militare, ma vi si entra…per concorso!
In una parola, nell’attuale situazione, anche osservandola dal punto di vista di un marxista ortodosso, è difficile attuare una politica più progressista ed ottenere migliori risultati di quelli realizzati da Lukashenko. Allo stesso tempo, è chiaro che tale situazione non è destinata a durare nel tempo. La borghesia bielorussa, nelle condizioni di un seppur ammorbidito capitalismo, cercherà di rafforzare le proprie posizioni e, con l’aiuto dell’Occidente, di realizzare un colpo di Stato. Tale situazione si è già verificata in Georgia e in Ucraina. La stessa cosa era successa in precedenza con l’URSS. Per questo prima o poiin Bielorussia occorrerà scegliere: il passaggio violento al capitalismo selvaggio con la distruzione di tutto ciò che è stato realizzato, oppure uno strappo verso il socialismo.
A questo punto sorge una domanda: è possibile che Lukashenko si metta alla testa di questo processo in senso socialista? Noi affermiamo che è possibile. E’ un uomo che fino ad ora non si è dichiarato marxista, ma che dimostra onestà irreprensibile e amore per la Patria. Condizioni particolari potrebbero indurlo a scegliere la strada giusta, a diventare un rivoluzionario e persino un marxista. La storia conosce molti di questi casi. E’ successo con Fidel Castro e con Hugo Chavez e, in Russia, in una certa misura, con Lev Rokhin (popolarissimo esponente di rilievo delle forze armate, vicino ai comunisti, prematuramente scomparso, in circostanze ancora da chiarire, nota del traduttore). Vogliamo credere che Lukashenko non si limiterà ad essere un dirigente democratico progressista e che il suo popolo lo sosterrà con ancora maggiore entusiasmo di quello dimostrato fino ad ora.
Naturalmente, tutto sarebbe estremamente più semplice se il primo passo in avanti lo facesse la Russia. Ma oggi è la storia stessa ad incitare: Avanti, Bielorussia!
Traduzione dal russo a cura di Mauro Gemma