Risultati da 1 a 6 di 6
  1. #1
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    Predefinito Gli italiani non esistono

    Gli italiani non esistono

    Articolo di Società cultura e religione, pubblicato sabato 27 marzo 2010 in Svezia.
    [Sydsvenskan]

    Il treno da Salerno a Roma è ovviamente in ritardo. Quando finalmente arriva in stazione, va ad una lentezza esasperata. Ha lasciato Palermo stamattina alle sette. Ora sono le quattro del pomeriggio. Questo vuol dire che il treno ha sferragliato lungo i malandati binari ad una velocità media di 80 chilometri all’ora.
    Lo scompartimento è rovinato e i sedili così sporchi che si esita a sedercisi. La situazione suggerisce quel razzismo domestico che ancora permea l’Italia. I treni fatti di ferraglie sono usati per i viaggi al sud, mentre i vagoni nuovi ed eleganti vengono collegati alle locomotive che viaggiano a nord di Roma. Ci sono voluti anni ai treni veloci italiani “Eurostar” per raggiungere Napoli e Bari. E su quelle tratte si va comunque molto più lenti che verso Milano e Torino.
    “L’Italia è fatta, ora dobbiamo fare gli italiani.” Scrisse più o meno questo Massimo d’Azeglio, uno tra i principali uomini che unificarono l’Italia, negli anni 1860. È tuttora altrettanto vero.
    Gli italiani si riconoscono nella bandiera nazionale solo in occasione dei mondiali di calcio o delle medaglie olimpiche. Altrimenti sono ancora prima di tutto siciliani, lombardi o veneti. Notate bene che gli sportivi italiani indossano non i colori della bandiera nazionale, bensì l’azzurro, il “blu Savoia”, il colore della famiglia reale. Quanto è unita l’Italia, veramente? Il Paese si prepara a festeggiare i suoi primi 150 anni come nazione l’anno prossimo. La dichiarazione di unità venne letta il 17 marzo 1861. Il conto alla rovescia è già cominciato.
    Una delle città principali per i festeggiamenti sarà Torino. La città fu la capitale d’Italia per i primi quattro anni. Diventò velocemente anche il centro industriale del Paese, grazie principalmente alla FIAT. Quando chi cercava lavoro dal sud prese il treno verso nord in cerca di lavoro alla fabbrica automobilistica, si ripeté il dramma degli italiani che non si “lasciano fare”. Il lavoro l’ottennero. Con l’alloggio andò peggio. “Si affittano stanze, ma non a cani e meridionali” c’era scritto su molte insegne.
    Torino è il capoluogo del Piemonte. Quando l’Italia andrà alle elezioni regionali nel fine settimana, uno dei candidati alla regione sarà Roberto Cota, del partito settentrionale del discontento Lega Nord. Il partito conduce una politica xenofoba in relazione sia ai meridionali sia agli stranieri, e vuole fare dell’Italia uno stato federale. Il sogno è che l’Italia del nord diventi un piccolo regno autonomo col fiume Po come confine meridionale.
    Cota ha buone possibilità di vincere. La Lega Nord ritiene di poter andare avanti per la propria strada senza il partito di Berlusconi (il Popolo della Libertà) nelle regioni del nord. Gli italiani sono ben lungi dall’essere fatti, pure oggi.
    Mentre il treno lurido si trascina lentamente verso Roma, vedo la campagna campana scorrere, con edifici abusivi e montagne di spazzatura tra i peschi in fiore. L’Italia meridionale avrebbe gli stessi problemi con la criminalità organizzata oggi, se gli italiani fossero fatti, se l’intero Paese si riconoscesse nella Costituzione, se la politica venisse percepita come giusta e i politici come onesti?
    La bandiera italiana sventola sull’edificio della stazione di Formia. È verde, bianca e rossa come il basilico, la mozzarella e il pomodoro. Ecco una cosa su cui la maggioranza degli italiani concorda.

    [Articolo originale "Italienaren finns inte" di Kristina Kappelin]

    Gli italiani non esistono | Italia Dall'Estero
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  2. #2
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    Predefinito Rif: Gli italiani non esistono

    Limes - rivista italiana di geopolitica

    Esiste l’Italia? Sì e no
    di Paolo Coluzzi

    L'Italia come "macronazione" e l'importanza dei suoi dialetti. Una nazione multietnica che trae la sua forza dalla diversità. Il problema degli etnonazionalismi e la loro forza crescente. Il dilemma fra forte federalismo e appiattimento culturale.
    (12/03/09)

    Esiste l’Italia? Bisognerebbe prima provare a rispondere a un’altra domanda: esiste un’etnia italiana, con una sua lingua storica, una propria cultura relativamente uniforme, propri caratteri somatici, ecc.? La risposta è chiaramente negativa. Si può solo affermare che da 150 anni a questa parte esiste un popolo italiano che condivide una cultura in formazione e una lingua franca che gli serve per comunicare con chi non parla il proprio ‘dialetto’ (anche se questa situazione sta rapidamente cambiando ed il numero di chi usa l’italiano in ogni situazione è in costante aumento) e per poter accedere al mondo dell’economia e della cultura che questa lingua utilizza. Quindi dal momento che non esiste (ancora) un’etnia italiana su cui costruire una nazione italiana, l’Italia deve essere considerata una ‘macronazione’, ovvero uno stato multietnico in cui circa metà della popolazione (vedi dati ISTAT 2006) parla una lingua locale, una delle dodici lingue minoritarie riconosciute dalla Legge 482 del 1999 (francese, occitano, franco-provenzale, tedesco, ladino, friuliano, sloveno, sardo, catalano, albanese, greco e croato) o una della quindicina di lingue regionali non riconosciute a livello statale che di solito si conoscono come ‘dialetti’. È importante sottolineare che l’uso del termine ‘dialetto italiano’ sarebbe improprio dal momento che i cosiddetti ‘dialetti italiani’ non derivano dall’italiano ma sono lingue romanze a sè stanti derivate dal latino, esattamente come lo stesso fiorentino del XIV secolo che diverrà ciò che ora conosciamo come italiano.
    Chiarito ciò possiamo provare a domandarci di nuovo: esiste l’Italia? La risposta che si può dare è: sì e no. Non esiste per le ragioni appena esposte; esiste invece perché la maggior parte degli stati al mondo sono ‘macronazioni’, cioè stati multietnici che comprendono più di una piccola nazione o gruppo etnico, proprio come l’Italia, uno stato in cui a livello storico, linguistico, sociale, di tradizioni, di territorio le varie parti che lo compongono (il Nord, il Centro e il Sud) differiscono notevolmente. Al punto che si può facilmente affermare che paesi indipendenti come la Danimarca e la Norvegia o la Croazia e la Serbia sono molto più simili tra loro che non il nostro Settentrione ed il nostro Meridione, nonostante l’avvicinamento a cui l’emigrazione interna, i mass media e la scuola hanno fortemente contribuito. Naturalmente ci sono anche molte ‘micronazioni’, formate da un solo gruppo etnolinguistico, che forse, come dicono alcuni, funzionano meglio grazie alla maggiore coesione sociale, senso comunitario e trasparenza che queste tendono a possedere, ma anche una macronazione può funzionare bene se ai gruppi che la compongono viene data la necessaria rappresentatività politica e/o autonomia. Anzi, uno stato multietnico può risultare molto più interessante e vario, cosa che può portare svariati vantaggi, anche di tipo economico. Dunque affermare che uno stato multietnico come l’Italia non possa funzionare è fondamentalmente sbagliato. È vero che esistono stati multietnici nel mondo che non hanno saputo gestire questa diversità, ma ce ne sono tanti altri che evitando politiche di assimilazione sono riusciti a prosperare e a diventare addirittura poli economici e d’attrazione turistica (e non solo) anche per la loro multietnicità. In Europa possiamo citare esempi come la Svizzera, in cui si parlano almeno quattro lingue storiche, la Spagna (tre lingue co-ufficiali principali oltre a varie lingue minori e allo spagnolo) e la Gran Bretagna (l’inglese, tre lingue minoritarie principali più una miriade di lingue d’immigrazione molto usate). Al di fuori dell’Europa potrei citare la Malesia, dove oltre al malese, che è la lingua nazionale, e all’inglese, si parlano e godono di un certo livello di ufficialità il cinese e il tamil portativi dal gran numero di immigrati dalla Cina meridionale e dall’India meridionale che vivono in quel paese oramai da generazioni (24% cinesi e 7% indiani), più un gran numero di lingue minoritarie storiche, particolarmente in Malesia orientale, sull’isola del Borneo in cui risiedo. Altro esempio calzante è Singapore in cui all’inglese si affiancano in egual misura il malese, il cinese e il tamil.
    L’Italia è forse il paese più variegato d’Europa, ed è proprio la sua diversità architettonica, naturalistica, culturale e linguistica che la rende così speciale. Chissà, forse non sarebbe dovuta mai nascere come nazione, ma c’è. Purtroppo però dominano ancora nella cultura ufficiale i vecchi miti nazionalisti di ‘una nazione, una cultura, una lingua’ che tanto danno hanno fatto e stanno facendo alla ricchezza culturale del nostro paese.
    E accanto a questo ‘nazionalismo di stato’ è nato a partire dagli anni ’80 un tipo di etnonazionalismo nel Nord (mi riferisco alla Lega Nord) che è andato velocemente perdendo le sue (poche) prerogative culturali per spostarsi sempre più verso destra. Alle culture locali quest’ultima forma di nazionalismo, se così si può ancora chiamare, ha fatto tanto danno quanto la prima. Non è un caso che nel 1994 la European Free Alliance, il gruppo parlamentare europeo che comprendeva sia i verdi che buona parte dei gruppi etnonazionalisti europei, decise di espellere la Lega Nord per la sua politica razzista e reazionaria che contrastava visibilmente con quella del gruppo progressista ed ecologista.
    Ciò di cui probabilmente ha bisogno l’Italia per evitare di diventare un paese piatto ed uniforme in cultura è una forma di federalismo che sia solidale a livello economico e in cui le culture e le lingue locali possano mantenersi e prosperare. Se ciò è importante per la ricchezza culturale che le lingue locali rappresentano e per i diritti linguistici di chi queste lingue ancora le parla, la promozione delle lingue e delle culture locali potrebbe avere anche un tornaconto economico notevole, soprattutto nel settore turistico. Poiché un turista può trovare natura e storia in tante parti del mondo (e fuori dall’Europa adesso anche a prezzi molto più bassi), ma natura e storia associate ad una cultura locale ricca e vivace le potrà trovare solo laddove si decida di lottare contro l’uniformizzazione e l’appiattimento ora in atto. Un esempio emblematico in Italia è ora il Salento, meta di un notevole afflusso di turisti che oltre al mare, al sole e alla storia cercano tradizioni locali come la pizzica o altre che si esprimono attraverso il ‘dialetto’ salentino o il grecanico della minoranza greca.
    Ogni nazione, e soprattutto quelle che includono una popolazione multietnica, sono ovviamente delle costruzioni; la questione è se questa ‘invenzione’ vogliamo che funzioni bene o no, e questo dipende solo da noi. Con trasparenza, autonomia, solidarietà, tolleranza, curiosità e voglia di conoscere, un paese chiamato Italia potrà prosperare mantenendo la ricchezza culturale materiale ed immateriale che ci ha contraddistinto da sempre. E se arriverà il giorno in cui tutti gli italiani parleranno nello stesso modo, mangeranno le stesse cose e ragioneranno alla stessa maniera, quel giorno forse si sarà costruita una nuova etnia italiana, ma quanto altro si sarà perso!

  3. #3
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    Predefinito Rif: Gli italiani non esistono

    Inoltre consiglio :

    L'italia non esiste .

    Sergio Salvi

    Comprate, leggete, diffondete.
    Pietra miliare.

  4. #4
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    Predefinito Rif: Gli italiani non esistono

    Citazione Originariamente Scritto da alberto90 Visualizza Messaggio
    Inoltre consiglio :

    L'italia non esiste .

    Sergio Salvi

    Comprate, leggete, diffondete.
    Pietra miliare.
    Ottimo libro già mio da molto tempo!:giagia:

  5. #5
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    Predefinito Rif: Gli italiani non esistono

    Sono appena usciti i Quaderni Veneti di Coscienza Etnica n.4 (anno 2011), a chi interessa

    Edizioni Quaderni Veneti di Coscienza Etnica - quaderniveneti

    Ultima modifica di nostran; 08-03-11 alle 18:51

  6. #6
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    Predefinito Rif: Gli italiani non esistono

    Citazione Originariamente Scritto da Eridano Visualizza Messaggio
    Gli italiani non esistono

    Articolo di Società cultura e religione, pubblicato sabato 27 marzo 2010 in Svezia.
    [Sydsvenskan]

    Il treno da Salerno a Roma è ovviamente in ritardo. Quando finalmente arriva in stazione, va ad una lentezza esasperata. Ha lasciato Palermo stamattina alle sette. Ora sono le quattro del pomeriggio. Questo vuol dire che il treno ha sferragliato lungo i malandati binari ad una velocità media di 80 chilometri all’ora.
    Lo scompartimento è rovinato e i sedili così sporchi che si esita a sedercisi. La situazione suggerisce quel razzismo domestico che ancora permea l’Italia. I treni fatti di ferraglie sono usati per i viaggi al sud, mentre i vagoni nuovi ed eleganti vengono collegati alle locomotive che viaggiano a nord di Roma. Ci sono voluti anni ai treni veloci italiani “Eurostar” per raggiungere Napoli e Bari. E su quelle tratte si va comunque molto più lenti che verso Milano e Torino.
    “L’Italia è fatta, ora dobbiamo fare gli italiani.” Scrisse più o meno questo Massimo d’Azeglio, uno tra i principali uomini che unificarono l’Italia, negli anni 1860. È tuttora altrettanto vero.
    Gli italiani si riconoscono nella bandiera nazionale solo in occasione dei mondiali di calcio o delle .medaglie olimpiche. Altrimenti sono ancora prima di tutto siciliani, lombardi o veneti. Notate bene che gli sportivi italiani indossano non i colori della bandiera nazionale, bensì l’azzurro, il “blu Savoia”, il colore della famiglia reale. Quanto è unita l’Italia, veramente? Il Paese si prepara a festeggiare i suoi primi 150 anni come nazione l’anno prossimo. La dichiarazione di unità venne letta il 17 marzo 1861. Il conto alla rovescia è già cominciato.
    Una delle città principali per i festeggiamenti sarà Torino. La città fu la capitale d’Italia per i primi quattro anni. Diventò velocemente anche il centro industriale del Paese, grazie principalmente alla FIAT. Quando chi cercava lavoro dal sud prese il treno verso nord in cerca di lavoro alla fabbrica automobilistica, si ripeté il dramma degli italiani che non si “lasciano fare”. Il lavoro l’ottennero. Con l’alloggio andò peggio. “Si affittano stanze, ma non a cani e meridionali” c’era scritto su molte insegne.
    Torino è il capoluogo del Piemonte. Quando l’Italia andrà alle elezioni regionali nel fine settimana, uno dei candidati alla regione sarà Roberto Cota, del partito settentrionale del discontento Lega Nord. Il partito conduce una politica xenofoba in relazione sia ai meridionali sia agli stranieri, e vuole fare dell’Italia uno stato federale. Il sogno è che l’Italia del nord diventi un piccolo regno autonomo col fiume Po come confine meridionale.
    Cota ha buone possibilità di vincere. La Lega Nord ritiene di poter andare avanti per la propria strada senza il partito di Berlusconi (il Popolo della Libertà) nelle regioni del nord. Gli italiani sono ben lungi dall’essere fatti, pure oggi.
    Mentre il treno lurido si trascina lentamente verso Roma, vedo la campagna campana scorrere, con edifici abusivi e montagne di spazzatura tra i peschi in fiore. L’Italia meridionale avrebbe gli stessi problemi con la criminalità organizzata oggi, se gli italiani fossero fatti, se l’intero Paese si riconoscesse nella Costituzione, se la politica venisse percepita come giusta e i politici come onesti?
    La bandiera italiana sventola sull’edificio della stazione di Formia. È verde, bianca e rossa come il basilico, la mozzarella e il pomodoro. Ecco una cosa su cui la maggioranza degli italiani concorda.

    [Articolo originale "Italienaren finns inte" di Kristina Kappelin]

    Gli italiani non esistono | Italia Dall'Estero
    Leggendo quest'articolo che descrive l'Italia con gli occhi di uno straniero, si ricava l'impressione che il vero spartiacque tra le due italie sia il Tevere piuttosto che il Po, con Roma che svolge il ruolo di citta' di frontiera tra due mondi diversi: il primo e il terzo.
    Bisogna adattarsi al presente, anche se ci pare meglio il passato.

 

 

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