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    Predefinito L'origine etnica nella competizione elettorale

    L’Origine etnica nella competizione elettorale. Le Regionali del 2010.

    di Moreno Menini

    https://sites.google.com/site/quader...one-elettorale

    La Costituzione italiana stabilisce che ciascun deputato e senatore rappresenta La Nazione[1]. I costituenti volevano rimarcare che la relazione di rappresentanza eletto – elettore non va ristretta fra il parlamentare e coloro che l’hanno votato[2]. Un secondo dopo l’elezione l’unica entità cui l’eletto deve rendere conto è la Nazione, entità collettiva ed atemporale, non la somma degli elettori che l’hanno in qualche modo scelto, (ad esempio indicando il partito o esprimendo la preferenza, quando ancora questo era possibile[3]) e nemmeno il corpo elettorale[4].

    E’ bene precisare che tale particolare rapporto di rappresentanza politica non esisterebbe solo per “i palazzi romani”, a rigore dell’ordinamento italiano: anche “i Consiglieri regionali rappresentano l’intera Regione senza vincolo di mandato”[5].

    Il meccanismo attraverso il quale lo stato centrale annichilisce e vanifica la rappresentanza politica delle Regioni però, è a valle del percorso legislativo, ed attiene al procedimento con cui acquistano efficacia le deliberazioni del Consiglio Regionale: prima di essere promulgate dal Presidente della Giunta queste devono essere comunicate al Commissario di Governo che può “vistarle” entro 30 giorni dalla comunicazione, o altrimenti opporsi (su istanza del Governo Centrale) e rimandarla al mittente.

    Anche la nozione di “rappresentanza” negli enti locali[6] è piuttosto curiosa: c’è un prefetto per ogni provincia che valuta ogni delibera dei consigli comunali (votati dalla gente) ed annulla con un tratto di penna quelle che reputa non consone all’interesse di chi l’ha nominato[7]. Sembrerebbe quindi che i membri dell’organo legislativo abbiano la prerogativa della rappresentanza politica vera e propria, quelli degli enti meramente amministrativi no.

    Tutto chiaro e lineare tranne un punto: la Regione non è un ente meramente amministrativo ma anche politico. Produce leggi con efficacia pari a quella di fonte statale[8].

    E’ il massimo organo rappresentativo del Popolo Veneto, l’unico in grado di raccogliere la volontà della maggioranza dei Veneti[9] in una unica consultazione. I consiglieri della Regione Veneto, indipendentemente dall’ordinamento in cui si svolgono le elezioni, avrebbero quindi la piena legittimità a rappresentare la Nazione Veneta[10] per il fatto di essere stati designati dal Popolo Veneto. Ne hanno raccolto la volontà e sono conseguentemente legittimati a tutti gli effetti ad imporla con tutti i mezzi a disposizione.

    Vorremmo chiederci in questo articolo chi o cosa costituisca l’oggetto della rappresentanza politica del Veneto: ogni lista elettorale ne da una sua interpretazione sia esplicita (attraverso i programmi elettorali e le ideologie di riferimento dei suoi maître a penser) che implicita (attraverso la scelta dei candidati).

    Prima di tentare di rispondere osserviamo che anche riguardo questo punto le due concezioni contrapposte della nazione (quella volontaristica e quella naturalistica) divergono circa l’esistenza o meno di una continuità nel tempo di un legame, fra i membri della nazione stessa, che trascenda gli aspetti contingenti assunti dalle forme del politico. Questa punto di discrimine si riversa anche nella differente idea di stato, pensato come pura espressione delle transeunti combinazioni e contrapposizioni di classi ed individui che lo informano in un dato momento storico, attraverso un ipotetico contratto sociale per i volontaristi, o espressione della Nazione eterna ed irriducibile nella propria identità per i naturalisti[11]

    Nella concezione liberale “la nazione non viene più pensata come una gerarchia di ordini differenti per natura, bensì come un’entità astratta comprendente in sé una moltitudine di individui uguali. La cittadinanza, confusa con la nazionalità è lo sbocco di un atto razionale, un’adesione volontaria, contrattualizzata, a principi generali incarnati in un dato memento storico dallo Stato francese (libertà, eguaglianza, diritti dell’uomo…)”[12]. Di conseguenza le liste che concorrono alla ripartizione dei seggi e i partiti e/o correnti di cui sono emanazione fungono grosso modo da collettori lobbistici delle diverse istanze dei governati verso i governanti. Mirano a rappresentare in parlamento quel particolare segmento di società di cui sono espressione, difendendone gli interessi particolari contro le altre componenti. Le classi sociali vengono immaginate come soggetti autonomi[13] che “contrattano” politicamente i propri privilegi, i propri specifici valori, le proprie prerogative, e lo Stato un ente passivo che sostanzialmente ufficializza l’esito dello scontro/incontro dei conflitti sociali, senza intervenire direttamente. Da questa prospettiva lo Stato altro non sarebbe che un “contratto sociale” secondo la definizione Russeau: un accordo tra diversi soggetti autonomi, siano essi individuali che aggregati in associazioni più o meno volontarie.

    Nella concezione identitaria dello Stato invece, i membri della nazione e le relative formazioni sociali non sono “soggetti autonomi” né tantomeno originari; la loro stessa identità soggettiva è dovuta, almeno in parte, ai caratteri della propria nazionalità, che pre-esiste ad essi e continuerà ad essere se stessa anche dopo la loro morte.

    Da questa prospettiva i Candidati espressi dalle liste elettorali ambiscono a rappresentare la Nazione nel suo complesso: generazioni passate, presenti e future. L’obiettivo prioritario di ogni lista non è quindi rappresentare una frazione della società, bensì rappresentare al meglio lo “spirito” di un Popolo, i suoi caratteri distintivi, ciò che lo rende unico ed irripetibile al mondo; il suo diritto ad esistere e prosperare nel consesso della Storia, l’affermazione dei suoi valori, la preservazione della sua cultura e tradizione, del suo specifico carattere. Nella prospettiva volontaristica[14] il rapporto eletto elettore è utilitaristico. In quella identitaria è retto dalla capacità di assolvere ad un dovere collettivo ritenuto inderogabile. Ma se la Nazione non è una mera somma di individui o di classi sociali, bensì il “patto fra i vivi, i morti e i non ancora nati”[15] ne consegue che dovere primario dell’eletto al Consilio Regionale, prima ancora della difesa degli interessi di categoria, settoriali, lobbistici di cui ogni lista/partito è in parte portatore, sarà mettere in atto la “volontà a priori” della Nazione: quella di imporne al mondo l’esistenza[16].

    La Repubblica Veneta ci ha dato a suo modo un esempio di questa concezione. Lo Stato Veneziano riservava ai nobili (ceto patrizio) il governo. Ma al tempo stesso si era sforzato di ergere sopra di essi una istanza superiore di fronte alla quale dovevano piegarsi le fedeltà politiche e le dedizioni personali. In epoca di potere associato al principe Venezia costituisce una entità politica sovrana affrancata dalle persone al governo[17]. Questa entità sovra-ordinata agli uomini ed ai loro intrighi nel nome della quale la Serenissima ha esercitato il proprio potere costituisce l’originalità della concezione veneziana dello Stato e del Potere, ed è alla base dell’etica del servizio e del senso dello Stato, che il patriziato veneto ha espresso nei secoli[18].

    Seguendo questa impostazione i rappresentanti del Popolo Veneto devono quindi avere le radici ben piantate in questa terra e lo scopo della loro partecipazione elettorale sarà prioritariamente la lotta per l’affermazione dei valori senza tempo della nostra nazionalità.


    Le elezioni regionali del 2010: un caso concreto.

    Abbiamo provato a controllare, fra le liste che hanno partecipato alle elezioni regionali del Marzo 210, quanto i candidati proposti abbiano le carte in regola minimali per “Rappresentare la Nazione Veneta”. Prima ancora di capire cosa vogliono per il Veneto, è importante capire chi sono per il Popolo Veneto questi personaggi. Innanzitutto: sono almeno Veneti?

    Mettiamo chiarezza subito su un punto: essendo questo un criterio pre-politico va correlato col dato etnico più che amministrativo. Abbiamo considerato quindi come “Veneto” non solo il territorio Regionale, ma anche tutti i territori dove il Veneto costituisce la lingua propria a rigore della Carta dei Dialetti d’Italia[19], elaborata da M. Cortellazzo e G. Pellegrini per conto del CNR nel 1977.

    Il primo e più semplice dato che possiamo controllare è il luogo di nascita[20], il secondo il cognome dei nati in Veneto. Sono due dati che ci “avvicinano” all’informazione cercata con gradi di approssimazione differente. Mentre il luogo di nascita rappresenta un dato certo ed incontestabile (anche se non esaustiva ai fini dell’etnicità) la ricerca sui cognomi appare più problematica per due ordini di motivi:

    1. il cognome ci dice qualcosa di certo solo sul padre del soggetto
    2. molti cognomi sono di difficile attribuzione territoriale o perché diffusissimi un po’ ovunque, o perché molto rari in via di sparizione.

    Per quanto attiene alla metodologia dell’indagine abbiamo applicato un principio prudenziale. Per i nati all’estero, se il cognome è chiaramente Veneto, trattandosi di oriundo, il soggetto non viene considerato tra i nati fuori[21].

    Per i rimanenti nati in Veneto, vengono considerati “Cognomi certamente Allo-Veneti” solo quelli la cui distribuzione di frequenza in Italia è senza ombra di dubbio esterna ai territori Veneti, ossia superiore al 95% dei casi, ma solo in presenza di attestazioni sufficientemente numerose da poter ipotizzare un campione gaussiano della popolazione di riferimento[22]. Non rientrano in questa categoria, quindi, quei cognomi che pur denotando una frequenza relativa bassissima nella nostra regione non hanno un campione di riferimento sufficientemente grande da renderci certi che quel cognome si trova nella nostra regione per immigrazione recentissima.

    Le osservazioni sui cognomi vanno quindi prese come mera indicazione statistica, ma sono sicuramente sottostimati i casi di cognomi allo-veneti per la metodologia restrittiva scelta.

    La Tabella n. 1 considera le candidature nelle liste circoscrizionali proporzionali, nelle quali ciascuna lista poteva complessivamente presentare 48 candidati. Possiamo fare alcune osservazioni iniziali.


    Tabella 1. Candidati liste proporzionale - circoscrizioni provinciali

    Le liste, rispetto al legame del candidato col territorio possono essere suddivise in 3 sottoinsiemi: Estero-file (ovvero propense a candidare dei non veneti), Semi-territoriali, Territoriali. E’ interessante notare che le esterofile sono ideologicamente quasi tutte di sinistra. Ciò può derivare dall’impostazione internazionalista dei dirigenti di questi partiti, che storicamente hanno considerato la componente etnica un elemento di mobilitazione politica irrilevante o censurabile[23]. In particolare la lista Italia dei Valori conta oltre un quarto di candidati nati nel Sud Italia (Campania e Sicilia soprattutto), cui vanno sommati i cognomi sicuramente non veneti che denotano una “calata dall’esterno” nella rappresentanza dei Veneti sicuramente superiore ad un terzo del totale (stima prudenziale dei non veneti 35,42%). A queste liste si aggiunge l’Alleanza di Centro (collegata col centro-destra). Va ricordato che questo nuovo partito è nato su imput di alcuni dirigenti laziali fuoriusciti dall’UDC.

    Fra le liste semi-territoriali invece, vanno annoverati quelli dei partiti “moderati” P.D.L. e U.D.C., il P.D. (che in questo punto si differenzia nettamente dagli altri partiti di sinistra) e l’Unione Nord-est.

    Le liste territoriali, com’era facile aspettarsi raggruppano i movimenti indipendentisti e la Lega Nord[24]. Lista Indipendensa e P.N.V. annoverano due candidati nati fuori dal Veneto[25], e tutti con cognomi che non presentano una origine riferibile con certezza ad aree extra-venete.

    L’ultimo caso da segnalare è la lista di Forza Nuova, che ha candidato solo 27 aspiranti consiglieri regionali su posti 48 disponibili; di questi nessuno è nato fuori dal Veneto[26]. La decisione di candidare solo personaggi legati al territorio senza ricorrere all’odiosa pratica di “imbarcare” candidati dai 4 angoli d’Italia pur di riempire le liste va segnalato come un criterio di serietà.

    Discorso a parte merita il listino bloccato su una unica circoscrizione regionale, composto per ciascun candidato governatore di 12 nominativi. Sono stati eletti i primi 6 del listino Zaia[27]. I candidati dei 5 listini perdenti erano quasi sguarniti di forestieri (Movimento 5 stelle per Borelli con 1 nato fuori Veneto, Bortolussi con 2[28], lista Indipendenza con 1, Alleanza di Centro zero, come Forza Nuova, PNV): la loro elezione era di fatto esclusa in partenza visti i pronostici plebiscitari a favore di Zaia. Probabilmente laddove non ci sono possibilità concrete di vittoria, la candidatura di gente Veneta non costituisce un problema.


    Considerazioni finali

    I consiglieri risultati eletti nelle liste provinciali proporzionali sono 53. Di questi solo 3 sono i nati fuori dal Veneto[29]. Una percentuale ben più bassa dei candidati di questa categoria presenti nelle liste elettorali. In qualche maniera indica un atteggiamento diffidente dei veneti verso candidature considerate “foreste”. Per contro rileviamo che dei 3 Consiglieri Regionali eletti nelle liste dell’Italia dei Valori, 2 vengono da fuori.

    Da un punto di vista organizzativo sembra di poter concludere che le liste espressione di partiti e movimenti strutturati tandano a proporre agli elettori preferenzialmente candidati Veneti. Fattori quali la conoscibilità sul territorio del candidato, l’autoidentificazione dei cittadini con l’aspirante consigliere portano le segreterie di partito a selezionare gente che non venga percepita come “foresta”; i movimenti nuovi e meno strutturati sono più inclini a imbarcare candidati calati da fuori o dall’alto.

    Da un punto di vista ideologico invece, la sinistra si presenta abbastanza incurante dell’origine territoriale dei propri candidati, puntando in alcuni casi a diventare punto di riferimento degli immigrati italiani in Veneto; il P.D. ultimo erede di una lunga scia che porta fino al PCI, può essere considerato un partito semi-territoriale sganciato dai suoi alleati progressisti e comunisti.

    I movimenti indipendentisti, com’era logico aspettarsi, segnalano l’importanza programmatica dell’identità veneta a partire dai candidati, seguiti su questo punto dalla Lega Nord. La forte caratterizzazione ideologica in senso venetista del P.N.V. e della lista Indipendenza ha determinato una rosa di candidati quasi interamente veneta nonostante i 2 movimenti in questione siano di recentissima costituzione.

    Da questa breve disamina possiamo solo ipotizzare che per alcuni partiti e movimenti una svolta identitaria sia praticamente impossibile al momento: sono i movimenti di sinistra, eredi del pensiero vetero-comunista, ambientalista radicale e gli svariati epigoni del pensiero no-global new-global, nonché della lista di Di Pietro. La tematica identitaria in queste formazioni verrà rigettata anche nell’immediato futuro per il semplice motivo che una parte considerevole dei loro quadri in Veneto non è Veneta.

    In conclusione occorre rimarcare che ridare il Veneto ai Veneti significa, preliminarmente, riservare la rappresentanza politica del Veneto a gente Veneta. Coloro che rappresentano il Veneto non da semplicemente voce ad alcune istanze di qualche decina di migliaia di cittadini casualmente residenti in in un anonimo angulus d’Italia o d’Europa; chi rappresenta il Veneto accetta il compito di dare voce alla Nazione Veneta; essa è composta da quei milioni di Veneti che dalla notte dei tempi ininterrottamente si sono succeduti su questa stessa terra, e i milioni che di padre in figlio continueranno l’epopea del Popolo “gens universa Veneti appellati”



    [1] Art. 67 “ Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Il dibattito che si è svolto sul vincolo di mandato di deputati e senatori è stato illuminante al riguardo. Alcune proposte miravano addirittura ad imporre un obbligo di dimissioni per i parlamentari che avessero cambiato coalizione in corso di legislatura. Ovviamente non sono passate, in quanto incostituzionali.

    [2] In altre parole la rappresentanza non è la rappresentatività.

    [3] La Legge elettorale vigente, “legge porcata”, come si sa impedisce all’elettore di scegliere l’eletto. Oltre l’80% dei parlamentari italiani sono designati e sostanzialmente decisi dalle relative segreterie di partito.

    [4] Sul punto si veda, ad esempio, il paragrafo “La rappresentanza politica” nel testo di Temistocle Martines, Diritto Pubblico, Giuffrè, Milano, 2000, pag. 100-101

    [5] Art. 1 della L. n. 108 del 1968.

    [6] “Il comune è l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo” (art. 2 L.n. 142 del 1990)

    [7] I prefetti sono nominati dal Governo Italiano, nella persona del Ministro dell’Interno. Ogni prefetto si avvale di una commissione che periodicamente si riunisce per valutare le libere decisioni dei comuni e della provincia. Si ricordi al riguardo nel maggio/giugno 1997 l’annullamento della delibere di alcuni comuni veneti, fra cui quello di Montecchio Maggiore che disponeva l’esposizione del gonfalone di S.Marco da alcuni edifici pubblici; essa fu invalidata d’imperio dal prefetto della provincia di Vicenza.

    [8] Temistocle Martines Diritto Pubblico, Giuffrè editore ,Milano, 2000, pag.336 : “il rapporto fra la legge statale e quella regionale non appare ordinato secondo il criterio gerarchico per cui la prima (anche quando fissa il limite dei principi o da esecuzione ad obblighi internazionali) non è sovraordinata alla seconda, con la conseguenza che le eventuali antinomia fra le due fonti vanno risolte non invocando la maggiore forza (intesa come efficacia formale) della fonte statale”.

    [9] Restano esclusi dalle consultazioni regionali i Veneti del Trentino, del pordenonese, della Bisiachìa e della Venezia Giulia oltre a Dalmati e Istriani

    [10] o almeno dovrebbero rappresentarla: compresa la volontà di autodeterminazione.

    [11] Irriducibile nella propria diversità culturale, così come la concepiva, per esempio Herder, la Nazione conserva la propria identità indipendentemente dalle caratteristiche particolari che essa assume nel contingente. La concezione naturalistica o identitaria si può associare alla categoria di Nazione etnica adoperata dallo studioso di scienze politiche James Kallas, Nazionalismi ed etnie, il Mulino, Bologna 1983.

    [12] Charles Champetier, Gli equivoci del nazionalismo, Diorama letterario, n.158, Giugno 1992, pag. 35.

    [13] Anche la concezione marxista mutua da quella illuminista l’idea che le classi sociali vivano vita autonoma e lottino le une contro le altre (antagonisticamente) per imporre i propri interessi particolari. La differenza sostanziale con i liberali è l’esito, non la premessa, del conflitto fra classi: dittatura del proletariato per i marxisti, “contratto sociale” per i liberali.

    [14] Ma specificamente, qui consideriamo la sua declinazione liberalcomunista, tralasciando quella fascista che meriterebbe un discorso a parte.

    [15] Edmund Burke, in Reflections on the revolution in France, 1790. Per il concetto naturalistico della Nazione si veda anche Moreno Menini “Alla radice delle radici: considerazioni preliminari”, Quaderni Veneti di coscienza etnica n. 1 nuova serie, 2005.

    [16] Il carattere aprioristico della volontà di esistenza istituzionale della Nazione deriva dal fatto che ogni eletto non rappresenta solo i Veneti di oggi. Rappresenta i milioni di veneti nati e vissuti prima di noi, e da cui noi discendiamo. Rappresenta allo stesso momento anche i Veneti che verranno dopo di noi se riusciremo ad evitare l’annientamento, l’invasione e l’annegamento etnico prima di aver ripreso il potere sulle nostre terre.

    [17] Alberto Tenenti, Il senso dello Stato, Storia di Venezia, Treccani, Vol. IV parte I, Cap V°, pag. 326.

    [18] Basti pensare che i patrizi dovevano tutto al ragion di Stato, all’occorrenza anche la vita. A Candia, nei 25 anni di furibonda guerra col Turco, è morto un quarto della gioventù patrizia per difendere un possedimento diventato simbolo dell’epica difesa veneziana della Cristianità.

    [19] Oltre al territorio della Regione Veneto la provincia di Pordenone, le vallate orientali del Trentino, Trieste e provincia, Gorizia.

    [20] I nati all’estero sono stati classificati come Veneti se il cognome era palesemente Veneto

    [21] Questi sono Giacon Luigi nato in Australia (Unione Nord-est a Padova), Diego Cancian nato in Belgio (PDL a Venezia), Sambugaro Ezio nato in Svizzera (Alleanza di Centro a Vicenza), Giust Maurizio nato in Svizzera (Italia dei valori a Treviso), Soldà Aurora nata in CHE (PD a Verona), Reolon Sergio nato in Venezuela (PD a Belluno),

    [22] è stato utilizzata la ricerca di frequenza del sito gens.labo.net

    [23] 2 candidati di Sinistra Ecologia e Libertà e 2 di Rifondazione Comunista sono nati in paesi extracomunitari

    [24] E’ stato considerato veneto il goriziano Andrea Boccato, candidato a Venezia.

    [25] Fra questi nella lista Indipendenza è stata candidata anche la romena Elena Bizoi.

    [26] E’ stato considerato Veneto anche Signorelli Damiano nato a Desenzano e candidato nella circoscrizione di Verona per evidente contiguità territoriale; Desenzano è a pochissimi Km dal confine amministrativo di Verona. Sirmione e tutti i comuni della riviera bresciana fino a Salò danno ancora parte della diocesi di Verona.

    [27] Questi consiglieri in base alla legge elettorale sono stati attribuiti automaticamente con la designazione del presidente, senza possibilità di esprimere preferenze a differenza delle liste provinciali. Sono: Luca Zaia, Marino Zorzato, Piergiorgio Cortellazzo, Bruno Cappon, Mauro Mainardi, Lereo Naroni, cui va aggiunto Giuseppe Bortolussi dell’omonima listino bloccato. Sono tutti nati in Veneto

    [28] Uno dei 2, Campedelli Elena, è nata nella vicina città di Mantova.

    [29] Cristiano Corazzari (candidato a Rovigo con la Lega), nato a Ferrara; Antonino Pipitone (candidato a Padova con l’Italia dei Valori) nato a Marsala; Gennaro Marotta (candidato con l’Italia dei Valori a Venezia) nato a Cuneo.
    Ultima modifica di Bèrghem; 08-03-11 alle 21:23
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

 

 

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