Nella prefazione alla sua tesi di dottorato Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella d’Epicuro, il giovane Marx nel 1841 grida la professione di fede di Prometeo, citando il Prometeo incatenato di Eschilo (475 avanti Cristo): «Odio tutti gli Dei; essi mi sono obbligati, e da essi io subisco un trattamento iniquo». Questa è «la sua professione di fede, la sua massima contro tutti gli Dei del Cielo e della Terra, che non riconoscono per divinità suprema la coscienza che l’uomo ha di sé». Cita poi ciò che Prometeo risponde a Hermes, il servitore degli Dei: «Con una servitù uguale alla tua, sappilo chiaramente, non cambierei la mia sciagura. Preferisco essere legato a questa roccia che vedermi fedele messaggero di Zeus, padre degli Dei». E Marx: «Prometeo è il più nobile tra i santi e martiri del calendario filosofico».
1. Religione e “filosofia”
Nel 1844 Marx scrive in La critica del diritto di Hegel: «La critica della religione è la condizione preliminare ad ogni critica (...) Lottare contro la religione è lottare contro questo mondo, questa valle di lacrime, di cui la religione è il vapore spirituale. La religione è il sospiro dell’uomo sfruttato, il suo oppio per allontanare chimicamente la sofferenza, il suo paradiso artificiale! Una volta denunciata l’auto-alienazione dell’uomo nella sua forma sacra, l’uomo potrà smascherare l’alienazione nelle sue forme non sacre, e la critica del Cielo si trasformerà in critica della Terra!».
Nella storia del pensiero moderno la critica della religione è cominciata con la teoria materialista meccanicista, apparsa dapprima nel XVII secolo in Gran Bretagna con Bacon, Hobbes, John Locke, poi in Francia nel XVIII con Condillac (discepolo di Locke), Helvetius, D’Holbach, Diderot. Né La Sacra Famiglia, scritta nel 1844, Marx dichiarerà: «I francesi hanno dato al materialismo inglese lo spirito, la carne e il sangue, l’eloquenza. Gli hanno dato il temperamento che gli mancava e la grazia. Lo hanno civilizzato».
Nelle Tesi su Feuerbach, scritte nel 1845, Marx getta le basi del materialismo scientifico, del “nuovo materialismo” a venire, definendo così l’”antico materialismo”: «Il punto di vista dell’antico materialismo è la società “umana”, o l’umanità socializzata (...) La dottrina materialista che vuole che gli uomini siano dei prodotti delle circostanze e dell’educazione, e che, per, conseguenza, gli uomini trasformati siano dei prodotti di altre circostanze e di una diversa educazione, dimentica che sono appunto gli uomini che trasformano le circostanze e che l’educatore ha lui stesso bisogno di essere educato». Quindi: «I filosofi non hanno fatto altro che interpretare il mondo in differenti maniere, ora si tratta di trasformarlo». Il marxismo non è una “filosofia”, ma una interpretazione del mondo “al servizio della storia”, che fornisce la chiave per cambiarlo.
Per Marx ed Engels si tratta, in Germania in questa prima parte del XIX secolo, di combattere le vestigia idealiste.
Ciò che incalza la filosofia dell’epoca e riempie sempre più i sistemi idealisti di un contenuto materialista è il progresso impetuoso della scienza della natura e dell’industria. La dialettica idealista del filosofo Hegel all’inizio del secolo, tappa fondamentale della storia del pensiero moderno, generò diverse correnti, tra le quali quella di Bruno Bauer, che scrisse una storia, largamente copiata, del cristianesimo primitivo, successivamente quella di Ludwig Feuerbach, che si avvicina al marxismo, e infine il materialismo marxista che sviluppa la concezione materialistica della storia. Marx ed Engels mettono in evidenza le lacune della critica, ancora troppo segnata dall’idealismo hegeliano, senza negare gli immensi meriti di Bauer e Feuerbach in numerosi scritti. Basti ricordare che la famosa espressione di Marx: “La religione è l’oppio dei popoli” è tratta da Bauer!
Engels nel 1866 dichiara in Ludwig Feuerbach e la filosofia tedesca che il grosso della lotta contro la religione era portata in Germania dalla montante borghesia radicale. La rivista “La Gazzetta renana” fu espressione di una ala sinistra della scuola giovane-hegeliana, uscita con la scissione degli anni 1830-40. Il primo impulso fu dato dal libro di Strass del 1835 La vita di Gesù dove il Cristo è presentato non come un Dio ma come un, notevole, personaggio storico. Feuerbach costituisce l’anello intermedio tra la filosofia hegeliana e la concezione materialistica, che considera non l’idea ma la natura la sola realtà: nella sua opera L’essenza del cristianesimo rivendica appieno il materialismo. Scrive Engels: «La natura esiste indipendentemente da ogni filosofia; essa è la base sulla quale noi altri uomini, noi stessi prodotti dalla natura, siamo cresciuti; niente è al di fuori della natura degli uomini, e gli esseri superiori creati dalla nostra immaginazione religiosa non sono altro che il riflesso fantastico del nostro proprio essere».
Rileggiamo qualche passaggio dell’Introduzione alla Critica della filosofia del diritto di Hegel scritta da Marx nel 1844 dove si afferma la premessa ad ogni critica: è l’uomo che crea la religione e non è la religione che crea l’uomo!
«L’uomo, nella realtà fantasmagorica del cielo, dove ha creato un superuomo, riflesso di se stesso, non potrà trovare che l’apparenza di sé, il non-uomo, là dove egli deve necessariamente cercare la sua vera realtà. Il fondamento della critica irreligiosa è che è l’uomo che crea la religione e non è la religione che crea l’uomo.
«Certo, la religione è la coscienza di sé e il sentimento di sé che ha l’uomo che non ha ancora trovato sé stesso, o meglio, si è smarrito. Ma l’uomo non è un essere astratto nascosto in qualche parte fuori dal mondo. L’uomo è il mondo dell’uomo, lo Stato, la società. Questo Stato, questa società producono la religione, coscienza rovesciata del mondo, perché essi stessi sono un mondo alla rovescia. La religione è la teoria rovesciata di questo mondo, la sua summa enciclopedica, la sua logica sotto forma popolare, il suo punto di onore spirituale, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo complemento solenne, la sua consolazione e la sua giustificazione universale. È la realizzazione fantastica dell’essere umano, poiché l’uomo non possiede una vera realtà. Lottare contro la religione è dunque, indirettamente, lottare contro questo mondo, di cui la religione è il vapore spirituale.
«Il tormento religioso è, da una parte, l’espressione del tormento reale e, dall’altra, la protesta contro questo tormento. La religione è il sospiro della creatura oppressa, l’anima di un mondo senz’anima, è lo spirito di condizioni sociali da cui lo spirito è escluso. È l’oppio dei popoli. L’abolizione della religione, già benessere illusorio del popolo, è la conseguenza imposta dal suo benessere reale. Esigere che egli rinunci alle illusioni della sua situazione è esigere che rinunci a una situazione che ha bisogno d’illusioni. La critica della religione è dunque in germe la critica di questa valle di lacrime di cui la religione è l’aureola. La critica ha spogliato le catene dei fiori immaginari che le ricoprivano, non perché l’uomo porti delle catene senza fantasia, disperanti, ma perché egli getti le catene e colga i vivi fiori. La critica della religione distrugge le illusioni dell’uomo perché egli pensi, agisca, foggi la sua realtà come un uomo senza illusioni, pervenuto all’età della ragione, perché egli graviti attorno a se stesso, vale a dire al suo Sole reale. La religione non è che il Sole illusorio che gravita attorno all’uomo finché l’uomo non gravita più attorno a se stesso.
«Questo è dunque il compito della storia, dopo la sparizione della verità dell’Aldilà, di stabilire la verità del mondo di qua. È in primo luogo compito della filosofia che è al servizio della storia, una volta denunciata l’auto-alienazione dell’uomo nella sua forma sacra, smascherare l’auto-alienazione nelle sue forme non sacre. La critica del Cielo si trasforma in critica della Terra, la critica della religione in critica del diritto, la critica della teologia in critica della politica».
Marx risponde in una serie di articoli apparsi nel luglio 1842 sulla “Gazzetta Renana” a un reazionario cattolico, agente del governo prussiano, che se la prende con le posizioni anti-religiose del giornale di Marx. Per l’idealista l’apogeo delle nazioni che hanno raggiunto un’importanza storica superiore coincide con il massimo fiorire del loro senso religioso, e la loro decadenza con la decadenza della loro cultura religiosa. Ascoltiamo Marx: «È rovesciando esattamente l’affermazione dell’autore che si ottiene la verità; egli ha messo la storia a testa in giù. La Grecia e Roma sono sicuramente i paesi della più alta “civiltà storica” tra i popoli dell’antichità. L’apogeo della Grecia all’interno ha luogo all’epoca di Pericle, quello all’esterno all’epoca d’Alessandro. All’epoca di Pericle, i sofisti, Socrate (che si può definire l’incarnazione della filosofia), l’arte e la retorica avevano soppiantato la religione. L’epoca d’Alessandro fu quella d’Aristotele, che rigetta l’idea dell’eternità dello spirito “individuale” e il Dio delle religioni positive. E Roma adesso! Leggete Cicerone! Le filosofie epicuree, stoiche o scettiche erano le religioni dei Romani colti, quando Roma raggiunse il culmine della sua storia.
«Se la caduta degli Stati dell’antichità porta con sé la scomparsa delle loro religioni, non c’è bisogno di cercare spiegazioni altrove, poiché la “vera religione” degli antichi era il culto della loro “nazionalità”, del loro “Stato”. Non è la rovina delle religioni antiche che ha portato con sé la caduta degli Stati dell’antichità, ma la caduta degli Stati dell’antichità che ha portato con sé la rovina delle religioni antiche (...) Nel momento stesso in cui la caduta del mondo antico era imminente, si apriva la scuola di Alessandria che si ingegnava a dimostrare ad ogni costo la “verità eterna” della mitologia greca e il suo pieno accordo “con i risultati della ricerca scientifica”.
La scuola d’Alessandria rappresentò la filosofia nel momento agonico della società schiavista. Nei successivi decenni della nostra era, ad Alessandria, divenuta il centro della vita intellettuale dell’epoca, i filosofi si impegnavano a combinare la filosofia idealista greca con il misticismo orientale. Uno dei suoi principali rappresentanti fu Filone (20 a.C., 54 d.C.), il vero padre del cristianesimo secondo Engels, e poi Plotino.
2. Religione e Storia
Nel Manifesto del Partito Comunista del 1848, capitolo II, Marx ed Engels ricordano che le idee si trasformano con la produzione, e queste non sono che le idee della classe dominante. «Che cosa dimostra la storia delle idee se non che la produzione intellettuale si trasforma con la produzione materiale? Le idee dominanti di un’epoca non sono mai state altro che le idee della classe dominante. Quando si parla di idee che rivoluzionano interamente una società, si enuncia solamente il fatto che, nel seno dell’antica società, si sono formati gli elementi di una società nuova e che la sparizione delle vecchie idee va di pari passo con la sparizione delle antiche condizioni d’esistenza. Quando il mondo antico era al suo declino, le antiche religioni furono vinte dalla religione cristiana. Quando nel XVIII secolo le idee cristiane cedettero davanti alle idee dei Lumi la società feudale muoveva la sua ultima battaglia alla borghesia allora rivoluzionaria. Le idee di libertà di coscienza, di libertà religiosa non fecero che proclamare il dominio della libera concorrenza sul piano del pensiero».
Per lottare contro la religione bisogna quindi saperci spiegare materialisticamente la sorgente della fede e della religione nelle masse. In primo luogo «la religione non guarda al Cielo ma alla Terra», come scriveva Marx a Ruge nel 1842. La religione non è quindi il frutto di un astratto spirito umano ed occorre superare la critica della religione in sé, per applicarci ad una critica delle condizioni di vita da cui nasce il bisogno di religione.
Ne L’ideologia tedesca Marx ed Engels nel 1845 spiegano chiaramente da dove vengono le idee e quale è il mezzo per cambiarle: «La produzione delle idee, delle rappresentazioni e della coscienza è innanzitutto direttamente e intimamente legata all’attività materiale e al rapporto materiale tra gli uomini, è il linguaggio della vita reale. Le rappresentazioni, il pensiero, il rapporto intellettuale degli uomini appaiono qui ancora una volta come l’emanazione diretta del loro comportamento materiale. Così è per la produzione intellettuale, come si presenta nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della religione, della metafisica, ecc. di un popolo. Sono gli uomini gli artefici delle loro rappresentazioni, delle loro idee, ecc. (...) Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza (...) Questa concezione della storia ha dunque per base lo sviluppo del processo reale della produzione, e quindi dalla produzione materiale della vita immediata (...) Non si spiega la pratica con le idee, si spiega la formazione delle idee con la pratica materiale; si arriva pertanto al risultato che tutte le forme e i prodotti della coscienza possono essere risolte non grazie alla critica intellettuale, alla riduzione alla “coscienza di sé” o alla metamorfosi in “apparizione di spettri”, in “fantasmi”, in “pazzie”, ecc., ma unicamente al rovesciamento pratico dei rapporti sociali concreti da cui sono nate queste fandonie idealiste». Non la Critica ma la Rivoluzione è la forza motrice della storia, della religione, della filosofia e di ogni altra teoria.
3. Religione e Rivoluzione
Con la religione la specie umana ha dato una risposta fantastica alla sua incapacità di padroneggiare o di difendersi dalle forze esterne da cui dipende la sua sopravvivenza. Nelle società del paleolitico e del neolitico, che non conoscevano le classi né lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, i fenomeni naturali, pioggia, sole, tuono, tempesta, e gli elementi necessari alla loro sussistenza, piante, animali, divennero elementi religiosi sotto la forma del Totem, il generatore del clan, e con il quale il clan immagina legami di parentela, di dipendenza, ma non di dominio.
Con la fine del neolitico e l’apparire delle società di classe, dello schiavismo, le misteriose forze esterne, “celesti”, da cui dipende la sopravvivenza della classe oppressa, vennero a personificarsi in personaggi fantastici che avevano gli attributi e l’aspetto della terrestre classe dominante. La mitologia greca ne è una illustrazione perfetta!
A uno stadio più avanzato, con il monoteismo, che culmina nel cristianesimo, l’insieme degli attributi degli Dei è rappresentato da un solo Dio, riflesso dell’Uomo astratto.
In Socialismo utopico e socialismo scientifico, del 1892, Engels scriverà che, quando l’Europa stava uscendo dal medioevo, la borghesia emergente delle città costituiva in esse l’elemento rivoluzionario. Essa aveva conquistato nell’organizzazione feudale una posizione divenuta troppo stretta per la sua forza di espansione. Il feudalesimo doveva dunque essere distrutto. Ma il grande centro internazionale del feudalesimo era la Chiesa cattolica romana. La lunga lotta della borghesia contro il feudalesimo fu segnata da tre battaglie decisive: la Riforma protestante in Germania, col grido di guerra di Lutero e due grandi insurrezioni nel 1523 e nel 1525; il movimento calvinista in Inghilterra nel 1648; la grande rivoluzione francese del 1789-93.
Lo sviluppo incessante delle forze produttive crea tra gli uomini dei rapporti economici che evolvono per salti qualitativi con dei cambiamenti dei modi di produzione: comunismo primitivo - schiavismo - feudalesimo o il modo di produzione asiatico - capitalismo.
Gli uomini sono dominati dai rapporti economici come da una forza estranea che essi non comprendono e che modifica le loro relazioni, il loro modo di esistere e di pensare. Solo un “atto sociale”, la rivoluzione del proletariato, potrà permettere di prendere in mano i rapporti di produzione e di padroneggiare le forze esterne.
Allora soltanto la religione, specchio di queste forze, potrà sparire. Già nel 1874 Engels si beffa dei blanquisti che pretendevano nella Comune di Parigi del 1871 di trasformare per decreto i credenti in atei “per ordine del moufti”! Nel 1878 risponde nel suo Anti-Dühring al socialista piccolo borghese Eugène Dühring, “più bismarckiano di Bismarck”, che pensava di sbarazzarsi delle religioni e dei sacerdoti per legge: «La religione muore della morte naturale che le è prescritta», e non occorre che noi la aiutiamo «ad assurgere al martirio», prolungandone così la vita.
«Ogni religione non è che il riflesso fantastico, nel cervello degli uomini, delle forze esterne che dominano la loro esistenza quotidiana, riflesso in cui le forze terrestri prendono la forma di forze soprannaturali. All’inizio della storia sono le forze della natura soggette a questo riflesso che senza un seguente sviluppo passano, presso di differenti popoli, per le personificazioni più diverse e più varie. Questo processo è stato smontato dalla mitologia comparata, almeno per i popoli indoeuropei, fino alla sua origine nei Veda dell’India; poi nella sua continuazione è stato mostrato nel dettaglio presso gli Indiani, i Persiani, i Greci, i Romani e i Germani e, nella misura in cui abbiamo abbastanza documentazione, ugualmente presso i Celti, i Lituani e gli Slavi.
«Ma presto, accanto alle forze naturali, entrano in azione anche le forze sociali, forze che si ergono di fronte agli uomini, ugualmente estranee, inesplicabili, e li dominano con la stessa apparenza di necessità naturale che hanno le stesse forze della natura. I personaggi fantastici, nei quali non si riflettono inizialmente che le forze misteriose della natura, ricevono degli attributi sociali, divengono i rappresentanti delle forze storiche.
«A uno stadio ancora più avanzato dell’evoluzione, l’insieme degli attributi naturali e sociali dei numerosi Dei è riportato su un solo Dio onnipotente, che a sua volta non è altro che il riflesso dell’uomo astratto. Così è nato il monoteismo, che fu nella storia l’ultimo prodotto della filosofia greca volgare al suo declino, che trovò la sua incarnazione già pronta nel Dio nazionale esclusivo degli Ebrei, Jahvè. Sotto questo aspetto, comodo, maneggevole e suscettibile da ogni adattamento, la religione può sussistere come forma immediata, vale a dire delle emozioni degli uomini nel rapportarsi con forze estranee, naturali e sociali, che li dominano finché gli uomini sono sotto il dominio di queste forze.
«Nella società borghese attuale, gli uomini sono dominati dai rapporti economici creati da loro stessi, dai mezzi di produzione prodotti da loro stessi, come da una forza estranea. Dunque sussiste la base effettiva dell’azione religiosa riflessa, e con essa, il riflesso religioso stesso. E anche se l’economia borghese permette di gettare uno sguardo sul concatenamento causale di questa dominazione estranea, ciò non cambia affatto la questione. L’economia borghese non può impedire le crisi in generale, né proteggere il singolo capitalista dalle perdite, dai debiti senza copertura e dal fallimento, o il singolo operaio dalla disoccupazione e dalla miseria. Il proverbio è sempre vero: l’uomo propone e Dio dispone (Dio, vale a dire il dominio estraneo del modo di produzione capitalistico).
«La semplice conoscenza, per quanto vada più lontano e più in profondità di quella dell’economa borghese, non basta a sottomettere le forze sociali al dominio della società. È necessario anzitutto un atto sociale. Quando questo atto sarà compiuto, quando la società, con la presa di possesso e il maneggio pianificato dei mezzi di produzione, si sarà liberata e avrà liberato tutti i suoi membri dalla servitù in cui sono tenuti presentemente da questi mezzi di produzione prodotti da loro stessi, ma che si ergono di fronte ad essi come una forza estranea opprimente; quando l’uomo cesserà di proporre solamente, ma anche disporrà, è solo allora che sparirà l’ultima forza estranea che si riflette ancora nella religione, e quindi sparirà il riflesso religioso stesso, per la semplice ragione che non avrà più niente da riflettere».
Engels conclude: «Soltanto la conoscenza reale delle forze della natura caccia gli Dei o il Dio da una posizione dopo l’altra (...) Questo processo ora è così avanzato che può essere teoricamente considerato come terminato».
4. Impotenza della critica alla religione in sé
Teoricamente... ma il bisogno di religione non può sparire che con il cambiamento dei rapporti di produzione: le classi dominanti utilizzano la religione allo scopo di difendere i loro interessi terreni.
Lenin nel 1905 spiega già con chiarezza che «l’unità della lotta effettivamente rivoluzionaria della classe oppressa per crearsi un paradiso in terra» è ben più importante che «l’unità d’opinione dei proletari sul paradiso del cielo» (Socialismo e religione, dicembre 1905). I comunisti marxisti, vuol dire, irreligiosi dalla nascita e necessariamente, non hanno nel loro programma la parola d’ordine, interclassista e portatrice di confusione, propria del razionalismo borghese del XVIII secolo e piccolo borghese oggi, della “soppressione” delle religioni, ma quella della soppressione materiale dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dell’abolizione del lavoro salariato e della proprietà privata!
Ne Il Capitale Marx ci spiega che gli uomini saranno liberi dalla religione in una società in cui essi si assoceranno liberamente, allorquando domineranno la loro propria dinamica sociale: «Una società dove il prodotto del lavoro prende generalmente la forma di merce e dove, di conseguenza, il rapporto in generale tra i produttori consiste nel comparare i valori dei loro prodotti e, in questa ottica, a comparare l’un l’altro il proprio lavoro privato a titolo di lavoro umano eguale, una tale società trova nel cristianesimo con il suo culto dell’uomo astratto, e soprattutto nelle sue espressioni borghesi, protestantesimo, deismo, ecc., il complemento religioso più adeguato.
«Nei modi di produzione dell’antica Asia, dell’Antichità in generale, la trasformazione del prodotto in merce non gioca che un ruolo subalterno, che peraltro acquista più importanza a mano che le comunità si avvicinano alla loro dissoluzione. Popoli mercantili propriamente detti non esistono che negli interstizi del mondo antico, alla maniera degli Dei di Epicuro, o come gli ebrei nei pori della società polacca. Questi vecchi organismi sociali sono, riguardo ai rapporti di produzione, infinitamente più semplici e più trasparenti della società borghese; ma essi hanno per base l’immaturità dell’uomo individuale – a cui la storia non ha ancora reciso per così dire il cordone ombelicale che l’unisce alla comunità naturale di una tribù primitiva – o delle condizioni di dispotismo e di schiavitù (...)
«In generale il riflesso religioso del mondo reale non potrà sparire che allorquando le condizioni del lavoro e della vita pratica presenteranno all’uomo dei rapporti trasparenti e razionali con i suoi simili e con la natura. La vita sociale, di cui la produzione materiale e i rapporti che essa implica formano la base, non sarà liberata dalla nebbia mistica che ne nasconde l’aspetto che il giorno in cui in essa si manifesterà l’opera di uomini liberamente associati, agenti coscientemente e artefici della propria dinamica sociale. Ma ciò esige nella società un insieme di condizioni di esistenza materiale che non possono essere esse stesse che il prodotto di un lungo e doloroso sviluppo».
Nella Critica della filosofia di Hegel Marx aveva affermato: «Senza dubbio l’arma della critica non può sostituire la critica delle armi, la spinta materiale non può essere abbattuta che dalla spinta materiale. Ma anche la teoria diviene un spinta materiale di cui s’impossessano le masse. La teoria può essere compresa dalle masse quindi dimostra ad hominem (sulla base dell’uomo), e procede a delle dimostrazioni ad hominem e quindi diviene radicale. Essere radicale è prendere le cose alla radice. Ma la radice, per l’uomo, è l’uomo stesso. La prova evidente del radicalismo della teoria tedesca, e dunque della sua energia pratica, è che essa ha per punto di partenza l’abolizione risoluta e positiva della religione.
«La critica della religione arriva ad insegnare che l’uomo è l’essere supremo per l’uomo, vale a dire all’imperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti sociali che fanno all’uomo un essere umiliato, asservito, solo, spregevole, rapporti ben caratterizzati da questa esclamazione di un francese in occasione di un progetto di tasse su cani: “Poveri cani, vi vogliono trattare come degli uomini!”
«Allo stesso modo, storicamente, l’emancipazione teorica ha per la Germania un significato specificatamente pratico. Il passato rivoluzionario della Germania è in effetti teorico, è la Riforma (...) Lutero ha spezzato la fede nell’autorità restaurando l’autorità della fede (...) Alla vigilia della Riforma, la Germania ufficiale era il valletto più sottomesso di Roma. Alla vigilia della Rivoluzione è il valletto più sottomesso, ben meno che di Roma, della Prussia e dell’Austria, il valletto dei nobilotti di campagna e dei filistei. Sembra peraltro che una difficoltà essenziale sbarri la strada ad una rivoluzione tedesca radicale. Le rivoluzioni hanno in effetti bisogno di un elemento passivo, di una base materiale. La teoria non si realizza in un popolo che nella misura in cui essa è la realizzazione dei suoi bisogni (...) Non è sufficiente che il pensiero tenda a realizzarsi, bisogna anche che la realtà tenda a divenire pensiero».
Parlando della situazione tedesca, in cui il proletariato non è sufficientemente affermato in ragione del debole sviluppo industriale, Marx afferma che il ruolo d’emancipatore potrà essere assunto solo da una classe della società civile costretta dalla sua situazione immediata, dalla necessità materiale, dalle sue stesse radicali catene: «una classe della società civile che non sia una classe della società civile (...) che possieda un carattere di universalità per l’universalità delle sue sofferenze e non rivendichi un diritto particolare, perché gli hanno fatto subire non una ingiustizia particolare ma l’ingiustizia in sé (...) che non possa emanciparsi senza emanciparsi da tutte le sfere della società e senza emancipare in seguito a ciò tutte le altre sfere della società, che sia, in una parola, la perdita totale dell’uomo e non possa quindi riconquistarsi essa stessa senza una riconquista totale dell’uomo. Questa dissoluzione della società realizzata in una classe particolare è il proletariato».
Noi, ancora, con Marx, aspettiamo la sollevazione di questa classi di barbari!
Partito Comunista Internazionale