Dopo un grande periodo di assenza, torno in questa splendida e nuova sezione di Pir, chissà se la mia presenza sarà assidua, dato che gli impegni sono tanti! hefico::giagia:
Seguendo il corso di "Storia delle istituzioni politiche e parlamentari" afferente alla mia Magistrale in Giurisprudenza, sono capitato in questo scambio fugace di parole con il mio prof, di formazione catto (solo teorica) liberale.
La mia domanda, precisamente, è forse una domanda fra Le Domande:
Citando il famossisimo passo di Schmitt ne "Le Categorie del Politico", volevo chiedere al prof se, secondo lui, il nostro caro amico tedesco vivesse la sua teorizzazione della teologia politica come una sofferenza o come un'apologia.
Schmitt infatti più o meno dice questo:
Tutti i concetti più pregnanti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati.
Più avanti parla dell'accostamento protestantesimo - liberalismo affermando che quest'ultimo voleva, con la codicizzazione e con l'illuminismo, prevedere tutta la normativa delle fattispecie umane, negando l'eccezione (trovandosi poi disarmato, quando l'eccezione in realtà si verificava), così come il protestantesimo, voleva negare il miracolo che invece è riconosciuto dalla Chiesa Cattolica Romana.
Dunque:
protestantesimo - cattolicità
razionalismo - miracolo
normativismo - decisionismo (imperium)
Il prof mi ha risposto dicendo che Schmitt in realtà viveva con esaltazione questo passaggio dall'Organicismo Medievale, a suo dire "senza potere" (a mio dire però, il potere d'imperium, tomisticamente parlando, esisteva), alla totalità dello Stato moderno.
Voi che dite?
Perchè io, con la lettura che do di Schmitt, vedo da parte sua una semplice e genuina lettura della realtà, magari dandone anche un giudizio negativo (se prima c'era Dio, ora è lo Stato l'Onnipotente Legislatore, colui che può tutto), tra l'altro con un pizzico di nostaliga verso una forma imperium di Medioevo in cui, con le fondamenta romano cattoliche, si ammetteva l'eccezione. Il princeps tomista era colui che non creava diritto, ma che lo riconosceva e tutelava in quanto preesistente, e lasciava, sussidiariamente, i corpi intermedi funzionare da se.
Ma una forma sua di imperium e di sovranità già esisteva, e si palesava durante l'ECCEZIONE, durante la guerra, durante la catastrofe.
Secondo me il giudizio dato dal mio prof, che è comunque un accademico, è fuorviante.
La bellezza di Schmitt la si ritrova a mio avviso in un lavoro immenso che ha compiuto prettamente in maniera non ideologica.
Sarebbe stato facile scrivere testi dal giudizio parziale (seppur giusto). Non sarebbero state opere di diritto, ma opere politiche, e di quelle ne abbiamo già tante.
Ben ritrovati a tutti!