Originale
L'abbiamo detto e ripetuto, scritto e ripreso. La politica che si svolge all'interno della democrazia rappresentativa equivale a una partita di calcio in cui le squadre si sono già accordate sul risultato.
Formalmente tutto è in regola e i tifosi, presi dalle scalmane della passione calcistica, non si accorgono che qualcosa non va nel comportamento dei giocatori.
Nella nostra democrazia vale lo stesso concetto.
Esistono partiti che assolvono la funzione di rappresentare l'archetipo di una certa famiglia politica (destra, sinistra, liberali, giustizialisti, populisti, cattolici, ecc.).
Ci sono istituzioni in cui i rappresentanti di questi partiti confluiscono mediante un voto a suffragio universale regolare.
Gli elettori sono davvero liberi di scegliere chi vogliono per farsi rappresentare e credono che le istituzioni soggette a democrazia siano quelle che realmente determinano il corso delle cose.
Quando qualcosa va male, contro i desideri del popolo, l'episodio viene derubricato a semplice "stortura" imputabile a qualche mela marcia e non a una deformazione patologica della democrazia stessa.
E invece è proprio su quest ultimo particoalre che bisogna soffermarsi.
Il graduale e crescente scollamento tra eletti ed elettori, la cessione di quote di potere sempre più ampie dalle istituzioni elette a quelle centralizzate, non elette e magari sovranazionali, non sono eccezioni a un sistema nel complesso buono ma rappresentano al contrario la natura ineludibile della democrazia stessa.
Da che mondo è mondo, dall'Atene di Clistene, agli Stati Uniti di Obama passando per l'Olanda dei diritti civili e la Svizzera dei referendum, il sistema rappresentativo ha sempre funzionato in questo modo: permettere alla gente di votare per eleggere chi, comunque, non governerà.
E se in una prima fase la cosa può essere mascherata, il tempo renderà tutto palese.
Infatti se è vero che il popolo è libero di eleggere questo o quel candidato è anche vero che più a monte la rosa dei candidati è già selezionata all'interno dei partiti da sostenitori economici dei partiti stessi, in modo che gli elettori potranno sì scegliere, ma tra persone senza sensibili distinzioni reciproche.
E così in Italia è impossibile avere un candidato del PD che non sia gradito a Intesa-San Paolo o Unicredit, negli USA non si avrà mai un congressista ostile alle lobbies, in Russia un parlamentare della Duma sgradito alle nomenklature.
Enti e potentati economici estranei all'agone democratico decidono alla base chi ne farà parte. Gli eletti dovranno così rendere conto del proprio operato non tanto ai propri elettori ma alle persone che per prime hanno loro aperto le porte della politica.
Il passare del tempo ha determinato anche un salto di qualità (verso il basso) di questo tipo di democrazia, che è, in fondo, l'unica democrazia possibile, vale a dire l'esasperazione della lontananza tra i cittadini e i loro rappresentanti, allorché questi ultimi, in barba a ogni promessa elettorale, procedono senza riserve in base all'agenda dei propri veri padroni.
E questo modo di far politica, in cui si viene democraticamente eletti per poi ignorare scientificamente la volontà del
demos, esige il controllo su quest ultimo affinché non si sollevi.
Da qui il recente stillicidio di provvedimenti liberticidi da parte dei governi democratici di tutto il pianeta, provvedimenti che se avessero la firma di Adolph Hitler o di Joseph Stalin avrebbero il biasimo generale e che invece, dosati goccia a goccia da governi eletti, vengono facilmente spacciati come atti a garantire la sicurezza dei cittadini: documenti e transazioni di denaro elettronici, vaccinazioni obbligatorie, telecamere di sorveglianza, controllo sulla libertà di opinione e informazione, restrizioni sulla libertà personale e controlli dei movimenti bancari ai fini dell'antiterrorismo, ecc.
Ci sarà nei prossimi anni un allargamento della forbice in cui il politico farà sempre più esplicitamente la volontà dei suoi veri rappresentati, aprendo centrali nucleari che il cittadino non vuole, facendo guerre che il cittadino non vuole, privatizzando l'acqua quando il cittadino non lo vuole, liberalizzando settori sociali anche se il cittadino non vuole, realizzando opere inutili ed ecocide pure se il cittadino non vuole.
Ma la gente sarà di fatto impossibilitata ad agire nel modo che le aggrada, ossia democraticamente, per il semplice motivo che la democrazia si sarà rivelata nel frattempo per quella farsa che è e tutto ciò che potrà fare sarà opporsi ad essa nelle piazze e subire la conseguente repressione.
Sarà allora, o meglio, è già una democrazia autoritaria e di controllo, in cui ogni voce ribelle è monitorata e repressa per tempo con gli strumenti che i governi hanno già disposto per tutelare la sicurezza, come abbiamo detto. La loro sicurezza.
Una
democrazia orwelliana, in cui le persone continueranno a votare per poter continuare ad avere un rapporto con le istituzioni.
Ma le figure istituzionali con cui dovranno abituarsi ad avere un dialogo saranno solo due:
il poliziotto in tenuta antisommossa e il secondino.
George Orwell diceva:
se volete un'immagine futura dell'umanità, immaginate uno scarpone che schiaccia a terra il volto di una persona per sempre.