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Risultati da 1 a 4 di 4

Discussione: La Grazia

  1. #1
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    Predefinito La Grazia

    Berlicche
    Berlicche
    Una lama nella notte
    Il mio coltello è ancora sporco di sangue.
    Sì, ho mirato per uccidere. Non capivo più niente. Ci si spintonava,
    e i bastardi erano armati, e quello ha detto qualcosa, non ricordo
    neanche cosa, e allora ho tirato fuori il coltello e ho colpito.
    Se non era svelto lo aprivo in due.
    La ferita era comunque brutta, sanguinava come un porco.
    Credo che per poco non ci abbiano ammazzati tutti, erano molti più di noi
    e insomma, noi eravamo anche vecchi e ragazzini e gente per bene,
    che un coltello non l'ha avuto mai, mica tutti mezzi delinquenti come me.
    Io il ferro lo so usare, con il mio lavoro, e mi era già capitato di tirarlo fuori.
    Prima.
    E pensare che quel Giuda è anche più svelto di me. Ma oh, guardate,
    l'avrei sgozzato se fossi riuscito a prenderlo.
    Alla fine siamo scappati.
    Mi fanno male i polmoni per la corsa. Ho la mano appicicosa per il sangue.
    Non ci capisco più niente. Non ci capisco più niente.
    Volevo dargli il tempo per fuggire. Gliel'ho anche urlato, scappa,
    è te che vogliono. Con quello che l'ho visto fare, avrebbe potuto
    sbatterli tutti giù con una parola.



    Invece si è messo in mezzo.
    L'orecchio penzolava, quello sanguinava, e lui l'ha guarito.
    E poi l'hanno preso.
    E io sono scappato, tutti siamo scappati.
    Il mio coltello è ancora sporco di sangue. Io, sono ancora sporco di sangue.
    Non so adesso cosa succederà. Sono solo un pescatore che per un attimo
    ha creduto di essere qualcosa di più. Un pescatore ignorante e rissoso,
    duro come la pietra, a cui qualcuno ha messo un nome troppo pesante.
    Dove andrò? Chi mi salverà, adesso? Chi salverà tutti noi?










    L'albero
    E' lontano ma lo vedo bene, l'albero. Sono ore che lo guardo,
    da quando è fiorito.
    Il caldo di questa settimana ha asciugato tutte le pozzanghere, ma
    ora il cielo è di nuovo cupo, livido, come un mantello sospeso sulla città.
    Frange di tempesta si abbassano quasi a toccare le colline, e la gente
    cammina guardando in alto.
    Cammina parlando piano, sussurrando, trovandosi in capannelli
    agli angoli dei viottoli, e di tanto in tanto sbirciando l'albero.
    Io me ne sto nascosto. Ho un livido sulla spalla che mi fa male,
    ma quello che fa più male non si vede. Sul tetto ci siamo io e Filippo,
    dietro il muretto che dà sul vicolo. Non so gli altri.
    Credo che sotto l'albero ci sia Giovanni, sono quasi sicuro che è lui.
    Adesso non c'è quasi più nessuno lassù sulla collina, e il vento ha pulito l'aria.
    Si vede bene, si vedrebbe bene se non fosse per la distanza.
    Ma mi sento i suoi occhi addosso. E' impossibile, ma li sento. Mi bruciano.
    Vorrei anch'io andare sotto l'albero, ma non ho il coraggio.
    Non ho il coraggio, non ho la forza, o l'intelligenza.
    O forse semplicemente non ho l'amore, non ho abbastanza amore.
    Dovrebbe essere lui, come aveva fatto, a venire da me, a prendermi per mano.
    Ma la sua mano è inchiodata sull'albero.
    Sono stato un illuso. Mi sono giocato la vita per un'illusione,
    che ora sta morendo.
    Eppure a ripensarci è stato tutto vero.
    E non riesco a spiegarmi, non riesco a capire come sia stato possibile.
    Perchè se non posso credere a quello che ho visto e sentito,
    a cosa posso credere? Dove posso andare?
    Dovrei fare come Giuda, che si è ammazzato?
    Perchè, che senso avrebbe se no la vita?
    Posso continuare a vivere come se non fosse accaduto niente?
    Devo vivere il resto dell'esistenza come una menzogna?
    Da lontano guardo l'albero, e non riesco ad andare più vicino.
    Anche se non ho più una vita da perdere.

    Crux fidelis, inter omnes arbor una nobilis:
    nulla silva talem profert,
    fronde, flore, germine.
    Dulce lignum, dulces clavos, dulce pondus sustinet.

    O Croce fedele, il più nobile fra tutti gli alberi:
    nessun bosco ne produce uno simile
    per fiore, fronda, frutto.
    Dolce legno, che con dolci chiodi sostieni il dolce peso.












    I fiori della primavera
    Lei finisce di parlare, ed io e Giovanni ci guardiamo.
    Gli altri hanno facce pallide, più pallide ancora dell'altro ieri.
    Nessuno si muove per lunghi attimi.
    Scattiamo nello stesso istante, senza parlare, scontrandoci
    per passare dall'uscio, fregandocene se ci vedono.
    Ormai è giorno fatto, e le strade sono affollate di gente venuta per la festa.
    Corriamo sull'acciottolato sdrucciolo, ancora umido, rischiando di spaccarci
    l'osso del collo, urtando i passanti che ci urlano dietro insulti.
    Corriamo fino alla porta, in mezzo agli asini indifferenti, ai cammelli ignari,
    ai mercanti incuriositi, alle donne che fanno la spesa, ai bambini vocianti
    che ci inseguono per un tratto ridendo.
    Rallentiamo, passiamo in mezzo alle guardie che non ci degnano
    di un'occhiata, siamo fuori dalla città.
    Giovanni si torce le mani, io sono sudato, ansimo, le gambe mi fanno male.
    Non parliamo, non osiamo, non osiamo sperare, non osiamo credere.
    A metà della salita mi fermo, non ho più fiato.
    Giovanni si volta, mi aspetta, ma io gli faccio cenno di andare pure.
    Quando riparto lui ha già imboccato il viottolo.
    Il silenzio, alle tombe, è irreale. Non c'è nessuno.
    Giovanni è in piedi, davanti all'apertura. Immobile, mi attende.
    La pietra è di lato, macchiata dal rosso dei sigilli.
    Nell'aria c'è il profumo dei fiori della primavera.
    La tomba è buia, mi chino, entro.
    Una lama di luce illumina il sudario ancora legato,
    macchiato di sangue marrone, afflosciato, vuoto.
    "Giovanni," farfuglio.
    Lui entra.
    Vede.
    E, anche lui, crede.
    Non scorderò mai il profumo di quei fiori.






    Grazia
    La Grazia, non l'avevo mai capita.
    Questa cosa misteriosa, senza cui non puoi salvarti.
    Me la visualizzavo come una sorta di scarica elettrica,
    o il raggio di luce che illumina i Blues Brothers nell'omonimo film.
    Quanto sbagliavo.
    La Grazia è qualcosa di assolutamente concreto.
    La Grazia è la possibilità che ti viene data ogni giorno di ricominciare.
    Gratuitamente, appunto, senza che tu te la meriti.
    Può giungere in qualunque modo.
    La parola di una persona che conosci, o non conosci affatto.
    Un sorriso. Un albero nella nebbia. Un libro.
    Il rumore del mare, una morte, tua figlia, il vento.
    Ma soprattutto quelli che magari non conosci, ma che hanno a cuore la tua vita.
    La Grazia è un avvenimento imprevisto che ti smuove e che ti muove,
    e che hai solo da accettare per quello che è, senza mettere di mezzo
    quello che pensi dovrebbe essere.




  2. #2
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    Predefinito Rif: La Grazia

    Paul Claudel: Pasqua a Milano-1947
    "Ego flos campi et lilium convallium!"
    Pensavo a questo versetto del cantico dei Cantici in quel radioso
    mezzogiorno di pasqua a Milano, quando, uscendo dal Duomo,
    mia moglie mi mostrò lassù, in alto, in mezzo allo slancio delirante
    di quegli alleluja di marmo bianco, la Santa Vergine in oro,
    nel sole!


    In mezzo alla confusione di quei tirsi vi è uno stelo vertiginoso
    che finisce in quel fiore.
    "Sicut lilium inter spinas, ita amica mea inter filias!"
    Tra l'altezza, tra la volubilità sempre ricominciante, lo sguardo
    attratto da tutti questi lunghi gigli, tra questi vocalizzi di pietra,
    vi è l'ascensione fino a Dio della scala musicale.










    Sia benedetta la grande città lombarda che voi tenete sotto i piedi,
    Maria!
    Vergine Santa, benchè siate posta così in alto nel firmamento,
    io vorrei farvi salire più in alto ancora mettendomi in ginocchio.
    Come starei meglio in ginocchio che dritto in piedi, per dirvi
    del signor Prefetto Sant'Ambrogio, che io sono andato a venerare
    questa mattina nella sua vecchia chiesa color rosa!


    Lo misero sotto terra nel suo bel costume, insieme,
    come egli volle, con San Gervasio e San Protasio,
    e lo credereste che mi hanno permesso di fargli toccare
    questo rosario che non cessa di scorrermi tra le dita
    notte e giorno a vostra lode?


    Vi è pure da qualche parte quel grande celebre affresco
    di Leonardo da Vinci, che rappresenta la Cena, su un muro,
    allo stato di emanazione e aspirazione.


    Accanto c'è quella considerevole chiesa del Bramante che è là
    per domandarci, nella pura proporzione delle linee e delle masse,
    se vi è qualche cosa al mondo di più bello della composizione
    della fede con l'intelligenza.




    Vi è il Duomo, infine, miracolosamente risparmiato dalle bombe
    che l'hanno da ogni parte inquadrato.


    Cosa ci dice il cero pasquale, guarnito d'oro, sospeso
    solo solo nel coro, tra cielo e terra, come preso in pugno
    da un arcangelo invisibile, se non che Cristo è veramente
    resuscitato, poiché il sepolcro è vuoto?
    Piano piano, sotto l'avanzare obliquo dei fasci solari,
    io vedo propagarsi luminosamente su questo pavimento
    di visi (e l'attenta dialettica della luce non ne lascia
    lentamente uno che per raggiungerne un altro) la dottrina
    di Sant'Ambrogio, la dottrina della Chiesa, la dottrina di Dio!


    Ora è il momento dell'elevazione, i turiboli ondeggiano
    nel pugno di un clero favoloso, le campane rombano,
    e vi è lassù nel cielo, in pieno azzurro, una donna che grida
    che il suo diletto le appartiene!
    Il mio diletto è mio! dice lassù nel cielo la Vergine-Giglio,
    che è germogliata attraverso il roveto ardente.
    Egli è mio, e io sono Sua!



  3. #3
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    Predefinito Rif: La Grazia

    Erlembaldo..le immagini che alleghi nei tuoi post sono semplicemente..fantastiche..grazie

  4. #4
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    Predefinito Rif: La Grazia

    Berlicche
    Se i morti non risorgono
    Anno 1854, Palazzo Carignano a Torino. Al parlamento di quello che è ancora un piccolo stato con velleità di crescere si discute di abolizione degli ordini religiosi.
    E' un parlamento un po' diverso da quello a cui siamo abituati. I suoi rappresentanti sono eletti da meno del 2% della popolazione, spesso con brogli che al giorno d'oggi sarebbero stigmatizzati nella più becera dittatura africana.
    Appartengono in maggioranza all'elite liberalmassonica. Sostengono di rappresentare il popolo, ma il popolo che intendono è quello dei loro pari illuminati, non certo quello che Cavour chiama, con disprezzo, "la massa".

    Lo stato piemontese, dicevamo, vuole crescere. Ma non può farlo senza l'avallo e l'aiuto delle autentiche grandi potenze europee: Francia, Inghilterra, Prussia. E queste chiedono delle - chiamiamole così - prove d'amore.
    Una prima prova è data dalla persecuzione del cattolicesimo, come vuole l'ideologia liberalmassonica che governa quei paesi; intento che ben si sposa con la necessità dei Savoia di eliminare quel millenario Stato della Chiesa che sta proprio in mezzo ai loro progetti di conquista.
    Una seconda prova è la partecipazione piemontese a quella guerra di aggressione nota come guerra di Crimea. Una guerra costa; e quell'anno le spese militari ammontano quasi al 60% del bilancio statale.
    Come finanziare quindi la costosissima campagna militare russa? Prendendo due piccioni con una fava: cancellando un gran numero di ordini religiosi e derubandoli delle loro sostanze.

    Un deputato, per giustificare il furto legalizzato dei beni ecclesistici, accampa questa giustificazione: "La Chiesa rappresentata quale grande istituto di beneficenza è raffigurata nel concetto che meglio corrisponde all'idea del suo fondatore". Siccome lo scopo del cristianesimo sarebbe fare beneficienza, se ai poveri ci pensa lo Stato con la sua “filantropia”, la Chiesa non ha più bisogno di sostanze. E quindi può venire abolita, e quanto possiede incamerato. La Chiesa "ha sui beni stabili quei diritti che lo Stato trova conveniente concederle".

    Peccato che la Chiesa non sia affatto questo.
    La Chiesa non è un'agenzia benefica; lo scopo del cristianesimo non è il soccorso materiale agli indigenti. Questo è piuttosto un effetto collaterale, che nasce dal sapersi tutti figli di Dio e quindi fratelli.
    No, la Chiesa nasce da qualcosa di ben diverso. Nasce da un sepolcro che alcune donne scoprono vuoto, due giorni dopo che vi è stato deposto un uomo che diceva di essere il Messia.



    Nasce dalle parole di quell'uomo, una volta risorto, a Pietro: "Pasci il mio gregge".


    Nasce dalla promessa che anche noi risorgeremo. Non come angioletti con le alucce e l'arpa che bevono caffè su una nuvola ma con un corpo resuscitato.


    "Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede" dice S.Paolo nella sua lettera ai Corinzi. Questa è la nostra fede, ciò che ci fa agire, perchè come lo stesso apostolo lucidamente nota subito dopo "Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo."

    Così dice Benedetto XVI: "La fede cristiana sta o cade con la verità della testimonianza secondo cui Cristo è risorto dai morti. Se si toglie questo, si può, certo, raccogliere dalla tradizione cristiana ancora una serie di idee degni di nota su Dio e sull’uomo, sull’essere dell’uomo e sul suo dover essere – una sorta di concezione religiosa del mondo - ma la fede cristiana è morta.
    Gesù in tal caso non è più il criterio di misura; criterio è allora soltanto la nostra valutazione personale che sceglie dal suo patrimonio ciò che sembra utile. E questo significa che siamo abbandonati a noi stessi. La nostra valutazione soggettiva è l’ultima istanza.
    Solo se Gesù è risorto, è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che cambia il mondo e la situazione dell’uomo. Allora Egli, Gesù, diventa il criterio, del quale ci possiamo fidare. Poichè allora Dio si è veramente manifestato nella carne."


    Se quell'avvenimento di Risurrezione non è un presente che vale adesso, allora posso fare quello che voglio, perché sono io l'ultimo tribunale. Posso dare tutte le giustificazioni che voglio ad ogni mia nefandezza, posso chiamare pace la guerra e chiamare amore l'usare chi mi sta davanti.
    Il Risorto si fa presente qui e ora tramite quella compagnia di persone nata per fare memoria di Lui, quella comunità fondata per portare a noi il Suo corpo e il Suo sangue - la Chiesa.




    Se guardiamo a quella che è stata la vita di tutti i santi che si sono succeduti nei secoli, vediamo che la certezza di quella risurrezione, la presenza di quel Risorto possono rendere veramente la vita degna di essere vissuta.

    Non stupisce quindi che chi possiede il potere cerchi in ogni maniera di distruggere l'unica forza in grado di contrastarlo. L'abbiamo visto chiaramente in ciò che raccontavo all'inizio. L'esproprio dei beni ecclesiastici che il parlamento sabaudo renderà operativo nel 1855 non basterà a colmare il disavanzo pubblico, e la distruzione delle opere di carità inasprirà quella miseria che costringerà all'emigrazione milioni di italiani. Se non c'è la Risurrezione è il più forte che vince, e lo Stato, che è il più forte, può imporre tutto a tutti senza limiti.

    Se la Resurrezione è ciò che fonda la nostra fede e il nostro agire, la Pasqua è il momento in cui più di ogni altro ne facciamo memoria. A volte la vita di ogni giorno ci spinge a dimenticarne la realtà, a disperare che tutto debba rimanere uguale. Bisogna che la Resurrezione diventi esperienza, che vediamo quanto può cambiare in meglio la vita, per capire che non siamo limitati dalle cose finite.
    Che l'infinito è quello che ci attende, una vita che non termina mai.


 

 

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