...in contropiede.
A leggere certi giornali sembra che Silvio Berlu*sconi sia felice di bombardare i libici, al contra*rio di Umberto Bossi che invece ha orrore delle bombe e del san*gue.
Spero che nessuna persona dotata di buonsenso cada in que*sto tranello mediatico.
Non sol*tanto il premier odia la guerra tanto quanto l'amico Umberto, ma per quanto ne so ha in più l'angoscia di dare il via libera ai nostri caccia contro una perso*na, Gheddafi, con la quale ha in*tratte*nuto un rapporto persona*le leale e sincero.
Anzi, se france*si e americani non hanno già ra*so*al suolo Tripoli e se c'è una spe*ranza che ciò non accada lo si deve proprio al freno a mano che il governo italiano ha tirato sin dall' inizio sul caso Libia.
Prima ha preteso che l'operazione passas*se sotto il comando della Nato, poi ha tenuto aperto l'unico ca*nale di trattativa con il rais, oggi ha ottenuto regole rigide per le operazioni (solo obiettivi milita*ri con armamenti limitati).
Cose non da poco, se addirittura ieri Sarkozy è sceso a Roma a trattare la pace con Berlusconi, ricono*scendo all'Italia il ruolo e la digni*tà che le competono, aprendo per la prima volta una trattativa seria a livello europeo sulla que*stione dei clandestini in arrivo dalle coste del Nord Africa e fino ad oggi lasciati sul gobbone no*stro.
La contraddizione tra Pdl e Bossi, quindi, è soltanto appa*rente.
Del resto la posizione del*la Lega è stata chiara fin dall'ini*zio e coerente con il suo Dna cul*turale che la vincola al principio dell'autodeterminazione dei po*poli e quindi alla non ingerenza in case altrui.
In questo senso le questioni dei costi e dei clandesti*ni, sollevate un po' da tutto il cen*trodes*tra e con forza da esponen*ti del Carroccio, sono importanti ma non decisive.
Più che altro funzionano eccome in chiave di consenso elettorale, e Bossi che di voti se ne intende non ha per*so la ghiotta occasione di smar*c*arsi con quel cinismo che lo con*traddistingue: noi non sparia*mo, dice.
Un lusso, quello delle parole, che lui può permettersi, a differenza del capo del governo (e pure di quello dello Stato) che oltre a pensare al federalismo ha il compito e l'obbligo di tenere l'Italia nel mondo, di rispettare accordi e trattati internazionali firmati non soltanto da lui.
A Berlusconi si possono rinfac*ciare alcune cose ma non certo di non aver ingaggiato, sulla guer*ra alla Libia e sui clandestini, un braccio di ferro con i potenti del mondo.
Addirittura l'Italia è riu*sci*ta ad aprire una breccia sull'in*violabilità dell'architettura euro*pea, e ieri è stato Sarkozy a fare sua la tesi di Tremonti sulla ne*cessità di rivedere trattati ormai obsoleti, compreso quello sulla libera circolazione degli uomini.
Dall'alleanza militare e politica della Nato non si può uscire, ma condizionarne le scelte dall'in*terno si può ed è esattamente quello che stiamo facendo.
Per via di tutto questo aspette*r*ei a parlare di crisi della maggio*ranza, di vittoria della linea fran*cese.
Quando si gioca con avver*sari più grandi e quindi più forti è da suicidi usare la forza.
Meglio, se si vuole arrivare sull'obiettivo, usare altre tecniche.
Il calcio inse*gna, molte partite si vincono con catenaccio e contropiede.
E scommetto che anche questa volta Bossi e Berlusconi, con ruo*li diversi, stanno tirando nella stessa porta.
di A. Sallusti pg.1 de ilgiornale.it di oggi 27 04 2011
saluti