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Risultati da 1 a 7 di 7

Discussione: Goethe esoterico

  1. #1
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    Predefinito Goethe esoterico

    GOETHE ESOTERICO IN CALABRIA E L'ABATE JEROCADES
    di Domenico Rotundo

    TropeaMagazine - Goethe esoterico in calabria e l'abate Jerocades

    Dal sito http://www.tropeamagazine.it/
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 11-06-09 alle 22:40
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

  2. #2
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    Predefinito

    Paola Giovetti

    GOETHE ESOTERICO


    Da Abstracta n° 48 (maggio 1990)



    Sono venuto al mondo a Francoforte sul Meno il 28 agosto 1749 al suono delle campane di mezzogiorno. La costellazione era fortunata; il sole era nella Vergine, al culmine in quel giorno; Giove e Venere gli ammiccavano amichevolmente, Mercurio senza ostilità; Saturno e Marte erano indifferenti; solo la luna, quasi piena, esercitava la sua forza avversa con maggior intensità perché entrata nella sua ora planetaria. Essa si oppose dunque alla mia nascita, che non potè succedere fin che quell'ora non fu passata. Questi aspetti fortunati, a cui in seguito gli astrologi diedero molta importanza, possono ben essere stati causa della mia conservazione, perché per inabilità della levatrice io venni al mondo come morto, e solo con molti sforzi riuscirono a farmi vedere la luce...»
    Con queste parole Johann Wolfgang Goethe, il massimo poeta tedesco e certamente uno dei grandi geni dell'umanità, comincia a parlare di se stesso nel suo libro autobiografico Poesia e Verità. L'attenzione agli aspetti astrologici della propria nascita non è certo casuale per Goethe: infatti per tutta la vita l'accompagnò il senso del mistero, il gusto per l'occulto, la convinzione che la sua visione del mondo sarebbe rimasta incompleta se non ne avesse fatto parte anche la realtà esoterica. Era certo che la sua vita, almeno nei momenti decisivi, fosse guidata da una forza misteriosa, da una forza «demoniaca - e T.P. Eckermann. confidente e codificatore di tanti pensieri del grande poeta precisa nei suoi Colloqui con Goethe che egli chiamava elementi demoniaci gli ineffabili enigmi del mondo e della vita».

    Goethe stesso si attribuiva doti di sensitivo, che sì espressero in più occasioni durante ìa sua esistenza: a quanto pare, le aveva ereditate daj nonno materno Johann Wolfgang Texter, che era stato borgomastro di Francoforte e aveva il dono della profezia. I fatti profetici sono numerosi anche nella vita del nipote. Il più importante fu indubbiamente quello che si manifestò sotto forma di visione quando, giovanotto, prese congedo da Friederike Brion, con la quale era stato fidanzato. Goethe stesso ha raccontato l'episodio nell'XI libro di Poesia e Verità: «Quando le porsi la mano ancora da cavallo, essa aveva le lacrime agli occhi e io ero molto turbato. Ed ecco cavalcavo sul sentiero verso Drusenheim quando mi colse uno dei più strani presagi. Vidi cioè, non con gli occhi del corpo ma con quelli dello spirito, me stesso venir incontro a me stesso per quella via, e
    precisamente in un abito quale non avevo mai portato: grigio bluastro con un po' d'oro. Quando mi scossi da questo sogno, la figura era già sparita. Ma è strano che dopo otto anni, nell'abito che avevo sognato e che portavo non per scelta, ma proprio per caso, mi trovassi su quella via per far di nuovo visita a Friederike...»

    L'episodio che segue fu confidato da Goethe all'amico Heinrich Voss, che ne fece poi una dettagliata relazione in una lettera del 1806: il fatto riguarda la precognizione della morte improvvisa e prematura di Schiller, che come Goethe viveva a Weimar. Ecco il racconto: «La mattina dell'ultimo Capodanno che Schiller visse, Goethe gli scrisse un biglietto di auguri. Rileggendolo si rese conto di aver scritto senza rendersene conto 'ultimo Capodanno' invece che 'felice Capodanno', o qualcosa del genere. Pieno di angoscia strappò il biglietto e cominciò a scriverne uno nuovo. Giunto al punto fatidico, solo a fatica potè sottrarsi a una forza che gli voleva di nuovo far scrivere 'ultimo'. Fino a quel punto lo dominava la premonizione! Quello stesso giorno fece visita alla signora von Stein e le raccontò ciò che era successo, aggiungendo che temeva che lui stesso o Schiller sarebbe morto nel corso di quell'anno». Come è noto, Goethe sopravvisse di quasi trent'anni a Schiller, più giovane di lui di dieci anni.


    Johan Heinrich Wilhelm Tischbeinn, Goethe nella campagna romana
    (1787 - Francoforte, Städelsches Kunstinstitut)


    Di un altro fatto importante ci informa invece J.P. Eckermann (13 novembre 1823), che l'aveva appreso dal fedele cameriere del poeta. Ecco il fatto con le parole stesse del cameriere: «Lo studio della natura era già allora il suo campo preferito. Una volta suonò nel cuore della notte; e quando io entrai nella sua camera vidi che egli aveva spinto il suo letto fin sotto la finestra e giaceva osservando il cielo. «Non hai tu visto niente in cielo?» mi chiese; e quando io dissi di no: «Corri al campo di guardia e chiedi alla guardia se non ha veduto nulla». Io corsi, ma la sentinella non aveva veduto nulla. Tornai a riferirlo al mio padrone, il quale giaceva sempre guardando immobile il cielo. «Ascolta», mi disse allora, «noi siamo in un momento solenne; e in questo istante c'è stato o sta per esserci un terremoto». E volle che mi sedessi sul letto vicino a lui e mi dimostrò per quali segni avesse intuito ciò. Il cameriere credette senz'altro alle parole di Goethe, perché sapeva per esperienza che «tutto quello che prediceva avveniva sempre». E infatti dopo qualche settimana giunse la notizia che in quella stessa notte una parte di Messina era stata distrutta dal terremoto (avvenuto il 6 febbraio 1783).

    Anche della telepatia Goethe fece più volte l'esperienza; ne disse anche cose notevoli, che il fedele Eckermann ci ha conservato nel suo libro. Lo spunto venne da un sogno veridico che Eckermann stesso aveva fatto e raccontato al poeta, il quale così commentò: «Queste cose fanno parte della natura, anche se non ne abbiamo ancora la chiave giusta. Siamo avvolti nei misteri. Siamo circondati da un'atmosfera senza sapere che cosa si agita in essa e come essa è in rapporto col nostro spirito. È certo però che in particolari circostanze le antenne della nostra anima possono andare al di là dei nostri limiti corporei e consentire una anticipazione, o addirittura uno sguardo vero e proprio nel prossimo futuro. È anche possibile che un'anima influisca in maniera decisiva su un'altra attraverso la semplice vicinanza silenziosa, e ne potrei raccontare parecchi esempi. Mi è capitato spesso di essere con un buon conoscente e di pensare intensamente a qualcosa; e lui subito cominciava a parlare di ciò che io avevo in mente... Noi tutti abbiamo in noi forze elettriche e magnetiche e, come un magnete, esercitiamo una forza di attrazione o di repulsione a seconda che veniamo in contatto con qualcosa di simile a noi o di dissimile. Tra gli innamorati la forza magnetica è particolarmente intensa e agisce anche a distanza. Quando ero giovane mi è capitato più volte di stare passeggiando da solo e di provare un forte desiderio di una ragazza che amavo; pensavo allora a lei finché non me la vedevo venire davvero incontro. Lei mi raccontava poi di essersi sentita improvvisamente agitata e di non aver potuto fare altro che uscire e venire dove io mi trovavo... Già allora io credevo fermamente alla reciproca influenza, e mi credevo anche circondato da intelligenze superiori e invisìbili, che scongiuravodi guidare i passi dì lei verso di me, o i miei verso di lei!»

    continua…

  3. #3
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    Predefinito

    Oltre ad essere personalmente fornito di quelle doti che oggi chiameremmo di «percezione extrasensoriale», Goethe fu coinvolto fin da giovanissimo in un'esperienza singolare che doveva avere conseguenze importanti: il contatto col mondo mistico, magico ed esoterico che ruotava intorno alla signorina von Klettenberg, un'amica di famiglia con la quale la madre lo mise in relazione durante la convalescenza da una grave malattia che l'aveva colpito. Attraverso di lei sì iniziò all'occultismo, alle pratiche alchemiche, alle scienze arcane; ed ebbe modo di conoscere autentici iniziati, per esempio il medico di lei, che era alchimista e profondo conoscitore del sapere ermetico. Contemporaneamente però Goethe fu un grande e appassionato cultore di scienze naturali, alle quali dedicò molte opere: nella Natura vedeva un simbolo luminoso dell'Essere Supremo, nel quale fermamente credeva. «lo adoro Colui che ha posto nel mondo una tale energia produttiva che, sebbene soltanto una milionesima parte di essa arrivi alla vita, il mondo delle creature formicola in modo che né la guerra né la peste né l'acqua né il fuoco gli possono nuocere. Questo è il mio Dio!»



    Frontespizio della prima edizione


    Anche l'opera letteraria di Goethe partecipa di queste due anime del suo autore, quella attenta al mondo reale e l'altra aperta ai nessi nuovi e sottili. Riguardo al modo in cui avevano avuto origine le sue creazioni letterarie, egli stesso disse: «Ho scritto le cose mie come un sonnambulo. Erano le poesie a fare me, non io loro...» In particolare l'opera giovanile che decretò la sua fama, I dolori del giovane Werther, fu scritta, a quanto Goethe stesso disse, in uno stato molto simile alla trance. Werther, che è un romanzo in gran parte autobiografico, costituisce per altro una sorta di rito magico, perché l'autore immola se stesso nel suicidio del suo eroe, vera vittima espiatoria, trasferendo a lui le sue pene e in questo modo superandole ed evitando così il proprio suicidio.
    Lo stesso avviene più tardi col Faust. Se Werther incarna il poeta dinamico, turbolento e passionale della gioventù, Faust ci offre il ritratto completo di Goethe. Il grande poeta infatti fu un indovino faustiano, insaziabile nelle sue aspirazioni, che erano rivolte all'infinito. E Faust può veramente essere definito il Prometeo del nostro tempo e della nostra epoca cristiana, un uomo modernissimo che vuole strappare all'universo tutti i suoi segreti. Faust aspira a dilatare gli orizzonti umani fino a toccare quelli dell'universo, e poiché la scienza non riesce a dargli tale dominio, si rivolge alla magia. Per sostenere la battaglia col proprio demone interiore. Goethe compie un'altra operazione magica analoga a quella operata nel Werther, anche se ad un altro livello: non si imbarca personalmente sul cammino della magia, sul quale avvia invece l'eroe che più gli somiglia, e sceglie per sé la strada della scienza, dell'ordine, del positivismo della vita di corte a Weimar; e infine del classicismo, dopo il viaggio in Italia e il bagno nel mondo greco e romano.

    Agli anni di Weimar e all'incontro con Charlotte von Stein, che fu certamente la figura femminile più importante nella vita di Goethe, sono legati altri aspetti esoterici del poeta, in particolare quelli attinenti all'idea di reincarnazione. In una lettera che Goethe scrisse nel 1776 a Chistoph Wieland, il «Voltaire tedesco», autore di Oberon, Goethe così si espresse: «Io non riesco a spiegarmi il significato di questa donna per me, né la sua influenza sul mio carattere, se non con la teoria della metempsicosi. Certo, un tempo eravamo marito e moglie. Ora la nostra conoscenza di noi stessi è velata, e si trova nel mondo dello spirito. Io non so trovare un nome per noi: il passato, il futuro, il Tutto!» […]


    Charlotte von Stein


    A Faust Goethe affidò il compito di esprimere la sua doppia natura, le due anime che gli si agitavano dentro, il suo essere attento sia al visibile che all'invisibile, l'elemento demoniaco che lo dominava, inteso come tensione suprema a indagare fino ai limiti estremi (il daimon dei greci). E a Faust intatti che fa dire: «Due anime dentro me / si contendono, entrambe lottano per il dominio, / qual delle due strapperà all'altra lo scettro. / La prima anima è un amante, che avvince stretti / a questo mondo tentacoli di fuoco corporale, / l'altra con immenso travaglio cerca di ascendere / alle ancestrali piane onde provenne». Goethe fu uomo profondamente religioso, nel senso che in ogni aspetto della Natura e della Creazione seppe vedere il Divino.

    Fu anche e soprattutto l'arte a trasmettergli questa intuizione: considerando infatti tre grandissimi ingegni come Mozart, Raffaello e Shakespeare, che al pari di altri sublimi artisti furono «penetrati dallo spirito divino», disse infatti a Eckermann prima di morire (marzo 1832): «Iddìo, dopo i famosi sei giorni della Creazione, non si è dato affatto al riposo, ma ha continuato ad operare come nel primo giorno. II mettere insieme con semplici elementi questo informe mondo per farlo roteare, di anno in anno, nei raggi del sole, gli avrebbe certamente procurato poco piacere se Egli non avesse avuto anche il disegno di formare da questo sostrato materiale un vivaio per il mondo dello spirito. Così egli continua ad operare nelle più alte nature per attrarre a sé anche le più umili.

    La morte del poeta, avvenuta il 22 marzo di quello stesso anno, è legata a un evento straordinario: durante tutta la mattinata (Goethe spirò a mezzogiorno) fu udita nella sua casa una musica misteriosa che stupì tutti quelli che vi si trovavano. Da principio la nuora aveva addirittura inviato il cameriere dai vicini per pregarli di non suonare strumenti per non disturbare le ultime ore del poeta, al che i vicini avevano risposto che conoscendo in quali condizioni egli si trovasse, si erano ben guardati dal farlo. La musica continuò a farsi sentire quasi ininterrottamente: ora sembrava musica d'organo, ora di pianoforte, ora addirittura quella di un quartetto. E a tratti sembrava provenire dal giardino, mentre in altri momenti si aveva l'impressione che scaturisse da una o dall'altra stanza della casa: essa fu udita, oltre che dalla nuora e dal cameriere, anche dai due medici curanti di Goethe e da alcuni parenti e amici che assistevano il morente.
    La musica, soavissima e dolce, si fece sentire fino al momento in cui Goethe spirò, e ogni tentativo di risolvere il mistero rimase infruttuoso. E' bene sapere che questa musica al letto di morte del notissimo poeta tedesco non è un fenomeno unico: se ne conoscono infatti altri esempi, uno dei più suggestivi dei quali è quello del grande mistico Jakob Böhme, che durante l'agonia disse di percepire distintamente una musica dolcissima eseguita dagli angeli venuti ad accogliere il suo spirito.

    Paola Giovetti - da Abstracta n° 48 (maggio 1990 – Stile Regina Editrice)

  4. #4
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    Predefinito Riferimento: Goethe esoterico

    L'amante segreta di Wolfgang
    Goethe alla ricerca degli «archetipi» della materia

    di Gianni Fochi

    Wolfgang von Goethe, aveva un'amante? Bella scoperta! Della lunga storia con Charlotte von Stein parlano tutte le biografie del genio di Francoforte. Oltre alle amanti più o meno note, egli ne aveva però una segreta. Lo confessa («meine heimliche Geliebte») in una lettera del 1770, e fa anche il nome della bella sconosciuta: «Chymie», cioè - nel tedesco d'allora - la chimica, scienza che plasmò il suo intelletto molto più di quanto si sappia.

    Goethe aveva sedici anni nel 1765, quando il padre lo spedì a studiar legge a Lipsia. Il volere paterno si sarebbe compiuto altrove e con un certo ritardo, sia per la tisi e la pleurite che nel 1768 costrinsero il giovane a tornare a casa, sia per la sua scarsissima dedizione agli studi giuridici.

    Quello «studentesco impetuoso» (la definizione è sua) alle pandette e ai codici preferiva le corse sfrenate a cavallo, concluse talvolta da cadute rovinose, e il vivere all'aria aperta perfino nelle giornate di maltempo. All'università ci andava soprattutto per medicina e fisica: quest'inclinazione avrebbe poi prodotto, per esempio, la sua nota teoria dei colori.

    A diciannove anni Wolfgang, sempre più malandato di salute, esce praticamente in fin di vita da un'operazione. Lo salva il medico di un'amica di sua madre, la von Klettenberg, a cui poi Goethe s'ispirerà per l'«anima bella» del "Noviziato di Guglielmo Meister". La donna e il dottore, appassionati d'alchimia, trasmettono al giovane la loro passione per questa disciplina, i cui confini con la chimica, intesa come scienza nel senso moderno, rimarranno un po' incerti sino alla rivoluzione chiarificatrice di Lavoisier.

    D'altronde in Goethe è ben radicata una propensione alchimistico-filosofica, Amrine e Zucker hanno scritto che per lui la realtà più profonda della natura non consiste nelle particelle elementari della fisica o nelle leggi che le governano, ma piuttosto in archetipi («Ideen») da comprendere nella loro essenza emotiva e spirituale («geistig»).

    Secondo Zimmermann, autore di "Come il giovane Goethe vedeva il mondo", non si può interpretare la sua opera senza un'attenzione speciale all'interesse alchimistico giovanile. Si penserà subito al Faust, ma più curiosa è la Fiaba, uscita nel 1795 sulla rivista di Schiller «Le Ore»: sul suo arduo simbolismo, tratto in gran parte proprio dal linguaggio iniziatico dell'alchimia, i commentatori hanno versato «fiumi d'inchiostro. Bonaventura Tecchi e altri prima di lui hanno suggerito d'abbandonarsi piuttosto alla musicalità fascinosa dell'insieme. Del resto gli sforzi interpretativi dei suoi contemporanei divertivano moltissimo Goethe, che si rifiutava con decisione di svelare le allegorie dei re d'oro, d'argento e di bronzo e degli altri personaggi misteriosi.

    Nell'ultimo decennio del diciottesimo secolo Goethe, ormai più che quarantenne, senza ripudiare la forza poetica propria dell'alchimia, s'accosta alla chimica vera e propria, avviata ormai alla dignità di scienza moderna. Da consigliere influente del duca di Weimar, concepisce un progetto poco realistico: riaprire la miniera di rame abbandonata d'Ilmenau per risolvere la crisi finanziaria del ducato e i gravi problemi sociali creati dalla disoccupazione.


    Immagine tratta dal sito http://www.german.leeds.ac.uk/

    Ad analizzare di persona il minerale impara in un paio di giorni. Il fatto che gli ultimi gestori della miniera avessero ragione - il minerale risulta molto povero - non lo scoraggia. Va in Slesia, dove è in uso un processo estrattivo particolarmente efficace, basato sul mercurio; ma a Ilmenau non rende nemmeno questo metodo, perché di rame nel minerale ce n'è davvero troppo poco. Per puri motivi sociali, l'estrazione va comunque avanti per qualche anno.

    L'amore di Goethe per la chimica non si smorza neppure dopo una seconda delusione. Nel 1783, appena gli giunge la notizia del successo dei fratelli Mongolfier nella costruzione d'un aerostato, crede che essi abbiano usato idrogeno e si mette a riempire di questo gas piccoli palloni di prova. Essi però si sgonfiano rapidamente. Goethe non capisce che la colpa è di minutissime gocce d'acido solforico, usato nella preparazione dell'idrogeno. Trascinate dal gas, corrodono l'involucro sottile che lo raccoglie.

    Eppure la chimica continua a occupare un posto di rilievo nel suo cuore. Ce ne offrono una testimonianza vistosa "Le affinità elettive", che anni fa un film portò all'attenzione del pubblico. Già il titolo del romanzo esprime il parallelo fra gli esseri umani e il concetto chimico d'affinità. Fra i personaggi, Edoardo legge libri di chimica, mentre il capitano cita la reazione fra acido solforico diluito e calcare: «Si ha dunque una separazione e una nuova composizione, il che giustifica l'uso dell'espressione "affinità elettiva", perché s'ha l'impressione che un rapporto venga preferito all'altro, venga eletto in luogo dell'altro».

    Per la sua amante spirituale, ormai non più segreta, Goethe arriva a dimenticare gli appuntamenti con la Stein, come il 5 agosto 1784, quand'è tutto preso da un esperimento con l'ossigeno. Sette anni dopo, in cura a Bad Pyrmont, inventa un paio di giochetti che ancora oggi vengono ripetuti per chi soggiorna in quelle terme. Fa galleggiare delle bolle di sapone sulla superficie invisibile che, in una caverna con esalazioni d'anidride carbonica. separa questo gas pesante dallo strato superiore d'aria respirabile. Poi regge uno stoppino acceso, che tende a spengersi se egli lo porta in basso, ma si ravviva appena risollevato. Partendo per Weimar, Goethe porta con sé alcune bottiglie piene del gas raccolto nella grotta: gli servirà per ripetere in salotto, di fronte agli ospiti, questi due prodigi dentro a bicchieri da spumante.

    Una passione fatta, insomma, di passatempi, come questi ultimi, o di velleità intellettualistiche, come la faccenda della miniera? In parte sì, ma nella chimica un ruolo importante Goethe l'ebbe davvero, seppure indiretto. Meinel, storico di questa scienza, ha rilevato che fu lui il motore d'un avvenimento tutt'altro che secondario: nel 1789 fece istituire apposta per essa una cattedra a Jena, superando dopo lotta strenua le resistenze dei professori di medicina, che in tutta l'Europa avevano interesse a mantenerla limitata come parte secondaria dei loro corsi.

    Döbereiner, secondo a occupare questa cattedra, mise a punto un processo che dall'amido di patate produceva zucchero, allora scarso a causa della risposta inglese al blocco continentale napoleonico: lo zucchero di canna non poteva più arrivare dall'America, e la coltivazione della barbabietola per gli zuccherifici non aveva ancora preso piede. Col sostegno finanziario del governo e suo personale, Goethe fece costruire uno stabilimento, e partecipava in pubblico alla propaganda, bollendo l'amido con acido in un vaso di terracotta.

    Döbereiner inventò poi l'accendisigari a idrogeno: il gas s'infiammava spontaneamente all'aria grazie a un catalizzatore di platino. Goethe gli consigliò invano di brevettarlo: il professore si pentì ben presto di non aver seguito il suo consiglio, perché l'apparecchietto veniva liberamente costruito - e largamente venduto - dagli artigiani.

    Runge, allievo di Döbereiner, nel 1819 fu ricevuto dal settantenne Goethe, interessato alle sue ricerche sulla dilatazione della pupilla per effetto di alcaloidi. Regalandogli una scatola di chicchi di caffè, il poeta disse al giovane di lavorare anche su quelli. Poco tempo dopo Runge isolò la caffeina.

    http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna/010527b.htm

    Dal sito http://www.swif.uniba.it/
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  5. #5
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    Predefinito Rif: Riferimento: Goethe esoterico

    Faust e il Golem

    Realtà e mito del Doktor Johannes Faustus e del Maharal di Praga

    di A. Neher

    Faust e il Golem: realtà e mito del ... - Google Libri


    Immagine tratta dal sito http://www.christian-von-kamp.de/
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 24-01-10 alle 01:47
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  6. #6
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    Predefinito Rif: Goethe esoterico



    Johann Wolfgang von Goethe all'età di 70 anni. Dipinto del 1828 di Joseph Karl Stieler.


    Johann Wolfgang von Goethe morì alla venerabile età di 83 anni. A quanto sembra, le sue ultime parole sono state: "Mehr Licht! Mehr Licht!" ("Più luce! Più luce!").

    Un'invocazione che, alle orecchie dell'uomo moderno, suona sospettosamente familiare.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 24-01-10 alle 14:21
    Orientata verso l'immenso mare della bellezza

  7. #7
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    Predefinito Rif: Goethe esoterico


    di Friedrich Wilhelm Murnau. Con Gösta Ekman, Emil Jannings, Camilla Horn, Wilhelm Dieterle, Yvette Guilbert. continua» Titolo originale "Faust - Eine deutsche Volkssage". Fantastico, Ratings: Kids+16, durata 85 min. - Germania 1926.

    ...tra quelli di Murnau, questo è uno dei miei film preferiti.

    Mefistofele tenta il vecchio mago Faust prima con la possibilità per un giorno di compiere miracoli, poi con i piaceri della giovinezza. Faust seduce Margherita che, quando il suo bambino muore, è condannata al rogo per infanticidio. Maledetta la giovinezza e ritrasformato in vecchio, Faust sale sul rogo.

    Nell'epilogo in cielo l'arcangelo Gabriele annuncia che l'amore ha reso nullo il patto e ha salvato l'anima di Faust. Prodotto dall'UFA con grandi mezzi, le scenografie di Robert Herlth e Walter Röhrig e i testi di Gerhart Hauptmann (che poi Murnau non utilizzò), il film è – anche grazie alla fotografia di Carl Hoffman, l'operatore di I Nibelunghi (1924), un grande risultato plastico anche se il suo coté medievale non è da prendere molto sul serio. L'interprete di Valentino è il futuro regista William Dieterle. “La segreta autenticità del Faust va cercata a livello figurativo, là dove Murnau rilancia – e trascende – le tensioni retoriche di Lang” (F. Savio).

    La leggenda di Faust fu portata sullo schermo una mezza dozzina di volte da Georges Méliès (1897, 1903) a Emile Cohl (1911) ai tempi del muto. Nel sonoro ricordiamo i film di Carmine Gallone (1949, dall'opera di Arrigo Boito), René Clair (1950), Claude Autant-Lara (1955), Peter Gorski (1960) con Gustav Gründgens.

    Su Youtube l'intero film, ecco la prima parte.

    Buona visione.

    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 24-01-10 alle 22:44

 

 

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