1989: il Paese è allo stremo, l'economia si sta spappolando e la Presidenza è preda delle contrapposizioni reciproche tra Milosevic e il resto del mondo. Il nuovo Governo di Ante Markovic, determinato a realizzare le riforme, gode di popolarità nella popolazione, ma è detestato da tutti i governi repubblicani.
Scoppio della guerra mondiale. La JNA prende in mano la situazione e mette in chiaro ai leaders repubblicani che chi dovesse provare a destabilizzare il Paese nel momento del bisogno farà una brutta, bruttissima fine, dato che il mondo è distratto e se decidesse di "coinvolgere" la Jugoslavia sarebbero comunque dolori per tutti, quindi tanto varrebbe a quel punto fare un pò di fucilazioni e togliersi lo sfizio in attesa dell'inevitabile.
Questo riesce a far mettere i Presidenti delle singole repubbliche a un tavolo con Markovic e il capo della JNA Veljko Kadijievic.
La prima cosa che viene concordata è la proclamazione della legge marziale in tutto il Paese: questo permette anche al Presidente sloveno Kucan di respirare un pò, e di allentare la spinta degli oppositori, i cui flussi di denaro dall'estero si stanno prosciugando ma che godono ancora di grandissima popolarità nel Paese.
La seconda cosa che viene concordata, dato che tutto il mondo è distratto dal conflitto, è di rinunciare al programma di condizionalità dell'FMI e di proclamare unilateralmente il re-scheduling del debito verso creditori pubblici e privati, allungandone le scadenze. Milosevic aveva chiesto il ripudio, ma Markovic, Kucan e Racan vogliono mantenere un legame con l'Occidente.
Poi iniziano i problemi. Che fare ?
Se l'URSS dovesse vincere, si potrebbe rimandare il problema della transizione politica, o quantomeno ridurne l'intensità. In caso contrario bisognerà necessariamente affrontare la situazione. L'accordo generale è un proclama con cui si annuncia per "la fine delle ostilità in Europa" la convocazione di una nuova Assemblea Costituente, dopo l'AVNOJ del 1943.
Per l'intanto, viene generalmente sfruttato il pericolo guerra per dare un giro di vite alla libertà di stampa, nonostante i mugugnii di Markovic, che alla democrazia ci crede davvero !
A livello economico, il re-scheduling del debito e l'annullamento della condizionalità FMI fanno respirare a un tempo il bilancio e le classi popolari. Tuttavia, bisogna ancora affrontare l'inflazione e rilanciare la competitività dell'economia. Non si può percorrere la strada del Currency Board Arrangement, data l'alta volatilità dei mercati finanziari a fronte del rischio apocalisse nucleare: si decide perciò per una misura drastica, ossia l'unificazione di tutte le banche centrali repubblicane in una unica Banca Centrale dotata di ampi poteri, e una generale ristrutturazione del sistema bancario, con la chiusura e l'accorpamento di numerose banche. Inoltre, il commercio con l'estero viene ridefinito e ricentralizzato con la scusa del conflitto, pur garantendo a ciascuna repubblica la metà della valuta pesante così acquisita, ma evitando che le singole banche e imprese sottoscrivano cambiali per milioni e milioni di dollari che poi il governo deve coprire.
A livello economico interno, si segue la strada percorsa nella nostra TL da Markovic: ossia progressiva liberalizzazione dell'economia in forme cooperative o tramite vouchers, mantenendo però il controllo dei settori strategici.
A livello economico esterno, si lancia invece una strategia di accordi di clearing a livello ufficiale (scambio di prodotti lavorati in cambio di materie prime) e, sfruttando l'expertise di Milosevic, si lancia il Paese con grande vigore nel mercato del contrabbando internazionale: la Jugoslavia, proprio a metà dei due blocchi, è in posizione perfetta, e questo mix di liberalizzazione e criminalizzazione dell'economia, seppur molto rozzo, funziona egregiamente. La domanda estera di beni, e perfino di materie prime jugoslave, sale rapidamente man mano che la guerra consuma la capacità produttiva dei due contendenti, permettendo al PIL jugoslavo di ricominciare a salire e all'inflazione di stabilizzarsi: la maggiore competitività acquisita permettete anche di revocare i costosissimi aiuti all'export (circa un 10% del bilancio jugoslavo a fine anni '80) per lanciare un grosso piano di miglioramento delle infrastrutture di trasporto. Il rovescio della medaglia è la cooptazione nel Partito di quadri piuttosto criminali, che rafforzano la base di potere di Milosevic ma che risultano fondamentali.
Il Kosovo viene trasformato in una zona economica speciale sul modello cinese.
Ciononostante, la situazione rimane difficile, la legittimità del governo deve essere riaffermata e il Kosovo pacificato.
La vicina Albania è il bersaglio ideale: la cauta liberalizzazione di Ramiz Alia, seguita alla morte di Hoxha, si è rivelata un azzardo nel momento in cui la guerra è scoppiata, tagliando di nuovo Tirana fuori dal mondo. Nel paese cresce l'insoddisfazione per i nuovi sacrifici che vengono annunciati, e di fronte al rischio di una rivolta popolare Alia viene rovesciato da settori oltranzisti dell'esercito e dei servizi, guidati dall'ex medico di Hoxha Sali Berisha. La Jugoslavia a quel punto decide di intervenire: una rapida guerricciola rinsalderà il morale interno, giustificherà le misure repressive e mostrerà ai kosovari quanto in realtà siano pezzenti i loro vicini di casa della Grande Albania, facendogli apprezzare il socialismo di mercato jugoslavo.
L'operazione è un successo: l'esercito albanese è estremamente datato, diviso al suo interno, e esaurisce rapidamente persino i carburanti. Il paese viene occupato, e la popolazione in rivolta fa fare a Berisha e ai suoi la fine di Ceasescu. Un referendum, più o meno farsesco, sancisce l'adesione dell'Albania alla Federazione Jugoslava, e la promozione degli Albanesi a Nazione Costitutiva della Federazione. La vista di quanto siano effettivamente malridotti gli albanesi, e la fine del supporto esterno, effettivamente indeboliscono i dissidenti kosovari, anche se l'insoddisfazione rimane elevata.
La fine della guerra con una vittoria NATO coglie di sorpresa il governo jugoslavo.
L'economia jugoslava, pur mantenendo una inflazione abbastanza alta (attorno al 20%) è finalmente in ripresa, il PIL cresce a ritmi sostenuti, il debito è sotto controllo.
A livello istituzionale il Paese ha conosciuto una ricentralizzazione contenuta.
In Slovenia, la popolazione è però largamente insoddisfatta, e rumoreggia per l'indipendenza, la libertà e la fine del controllo militare sulla vita pubblica. Arrivati al 1991, le manifestazioni si fanno oceaniche, anche se per ora restano non violente.
In Croazia, la situazione è più stabile: Markovic è croato, e nonostante il potere di Milosevic il Premier viene ancora visto come credibile e c'è fiducia nella JNA. Ciononostante, sono in crescita le voci di chi vorrebbe l'indipendenza: l'HDZ e il Partito Croato del Diritto, filo-ustasha, secondo fonti accreditate potrebbero conquistare i voti di un 25% circa degli elettori croati.
Al congresso della Lega dei Comunisti, previsto per il 1990 e rimandato per il conflitto ancora strisciante, emergono le differenze post-belliche, ma alla fine si annuncia il suo scioglimento e la convocazione entro 6 mesi di una assemblea costituente. Dalle sue ceneri nascono la Alleanza dei Socialisti Jugoslavi, costruita sul traballante asse Milosevic-Markovic-Kucan, e la Lega dei Comunisti per una Jugoslavia Unita, che è più centralista e statalista e nasce sull'asse Stipe Suvar-Kadijievic.
Alle elezioni per l'Assemblea Costituente, che si svolgeranno in contemporanea con elezioni repubblicane, potranno partecipare diversi Partiti politici, purchè non inneggino all'odio razziale: i condannati per simili reati saranno ovviamente esclusi dalla competizione.
Questo permette di tener fuori Izetbegovic, Gojko Susak, Tudjman e di porre dure restrizioni all'attività di HDZ, Partito Croato del Diritto, Rinnovamento Serbo di Draskovic, Radicali serbi di Seselj, SDA bosniaco e SDS serbo, a favore dei due partiti di regime.