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  1. #1
    Pasdar
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    Predefinito Giappone: Nano politico ed ex-gigante economico?



    Negli anni ottanta lo scontro ideologico tra due alleati apparentemente inseparabili, gli Stati Uniti ed il Giappone, toccò il suo apice.

    A Tokio fu pubblicato, nel 1989, il pamphlet “Il Giappone che sa dire di no”, nel quale politici ed industriali si rammaricavano del ruolo di semplice “esecutore della volontà statunitense” che il governo imperiale aveva assunto a partire dal secondo dopoguerra. Morita (fondatore della Sony) e Ishihara (all’epoca Ministro dei Trasporti) sottolineavano in particolare quali aspetti dell’organizzazione del lavoro e della ricerca, connessi anche con alcune caratteristiche della civiltà giapponese, rendessero l’organizzazione della produzione giapponese superiore a quella occidentale.

    Sull’altra sponda del Pacifico, a questa subitanea rinascita del nazionalismo nipponico si rispose con dei toni dal retrogusto velatamente razzista: il “Japan bashing”, sviluppatosi già all’inizio degli anni ’80, era una critica profonda delle politiche commerciali giapponesi – ritenute scorrette e aggressive – e più in generale, una specie di boicottaggio verso tutto ciò che proveniva dal Sol Levante.

    Il ciclo negativo dell’economia nipponica, iniziato con lo scoppio della bolla immobiliare, pose fine all’accesa competizione tra Tokyo e Washington. La bolla giapponese – che aveva fatto valutare il palazzo imperiale di Tokyo, di circa7 km quadrati, al pari di tutte le proprietà immobiliari dello stato della California – costrinse il governo giapponese ad intervenire pesantemente nell’economia, con scarsi risultati, iniettando per 10 anni denaro pubblico nel sistema finanziario.


    Truppe giapponesi vengono passate in rivista

    La crisi economica, la deflazione e l’esplosione del debito pubblico, fattori che hanno caratterizzato la “decade perduta” degli anni ’90, hanno reso particolarmente difficoltosa la nuova assunzione di responsabilità internazionale che i discendenti del Commodoro Parry avrebbero voluto imporre al Giappone.

    Secondo Washington, il governo di Tokyo avrebbe dovuto innalzare la spesa per il comparto difensivo e avrebbe dovuto promuovere una revisione della propria Costituzione. La riforma della carta fondamentale avrebbe permesso al Giappone di operare con le proprie forze armate al di fuori dei confini nazionali, senza intralcio da parte della Corte Costituzionale.

    Il primo dei due problemi non è stato di difficile risoluzione: la spesa militare è stata aumentata fin quasi all’1%. Questa quantità, che sembra irrisoria, ha permesso a Tokyo, fino al 2008, di mantenere la quinta posizione nella classifica mondiale degli “spendaccioni” per il compartimento difensivo. Con un prodotto interno lordo doppio rispetto a quello tedesco, con piccoli spostamenti percentuali, si ottengono risultati pratici enormi: la JSDF (Japan Self Defence Force) è una forza armata moderna, efficiente e tecnologicamente avanzata. Il budget della difesa di Tokyo, inoltre, si sobbarca circa 5 miliardi di dollari annui di spese per le istallazioni militari statunitensi sul suolo nipponico.

    Nella ridefinizione del ruolo delle forze armate in Giappone si inserisce la decisione di elevare al rango ministeriale l’agenzia della difesa, disposizione che ha suscitato non pochi malumori nella società civile. In particolare, dopo quasi 7 anni di pressioni, l’amministrazione Bush è riuscita a far sì che il dibattito sul futuro delle forze armate giapponesi prendesse una piega ben precisa. Avrebbe dovuto aver luogo infatti una revisione (e di fatto l’eliminazione) dell’articolo IX della Costituzione giapponese, che rende le forze armate un’estensione delle forze di polizia, non inquadrabili militarmente per legge.

    Tuttavia, nonostante gli adeguati finanziamenti, la forza di autodifesa ha, dal punto di vista interno, alcune debolezze riguardanti l’ambiguità costituzionale in cui vengono mantenute le forze armate: queste, per esempio, non possono creare per legge né corti marziali né avere un potere giudiziario autonomo rispetto a quello civile.

    Queste difficoltà si presentano sia per quanto riguarda l’inquadramento degli organici (quella nelle forze armate non è una carriera appetibile e quindi le rinunce sono elevate), sia per quanto concerne i compiti – non costituzionalmente consentiti – che le forze armate potrebbero essere chiamate ad assumere di volta in volta per ottemperare agli obblighi internazionali del Paese.

    Oltre a tali questioni irrisolte, Tokyo ha alcune incognite politiche da affrontare che sembrano tanto più insormontabili anche a causa dei recenti e disastrosi eventi che hanno caratterizzato i primi mesi del 2011: l’Impero del Sol Levante ha dispute territoriali aperte con la Cina e con la Russia e si trova stretto tra gli Stati Uniti – che vorrebbero assegnarli un ruolo più attivo – e la compulsiva crescita di Pechino.

    Se in tempi recenti, prima dello Tsunami, sembrava che la strada per una revisione dell’articolo IX fosse imboccata e che quindi ci si potesse aspettare un ritorno a pieno titolo del Giappone nell’olimpo degli Stati dotati di un significativo hard power, la necessità di ricostruire le province devastate e la questione nucleare, lungi dall’essere risolta, impongono al governo un necessario periodo di ripensamento strategico.

    Arrivare a livelli di spesa “europei” nel campo della difesa – circa il 2% – è probabilmente l’ultimo dei pensieri che affliggono la compagine governativa nipponica. Il Paese deve affrontare anche un ripensamento generale della sua struttura energetica, considerando che la dipendenza dall’estero arriva a percentuali superiori al 90%, se si esclude il settore nucleare. Infine, la disastrosa situazione delle finanze pubbliche, che dovranno sostenere anche le ingenti spese per la ricostruzione, sembra rendere impossibile – almeno in tempi brevi – l’aumento sostanziale di spese militari volute da Washington.

    Pertanto, prima di poter ritornare a giocare un ruolo da protagonista nell’aerea pacifica, il Giappone probabilmente dovrà affrontare un periodo sia di ricostruzione materiale, sia di rinnovamento politico-istituzionale.


    Fonte: Magazine Relazioni Internazionali
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  2. #2
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    Predefinito Rif: Giappone: Nano politico ed ex-gigante economico?

    Soliti articoli di chi crede che la militarizzazione sia il punto di forza di una nazione e non la qualità e lo stile di vita della popolazione e l'economia su base internazionale stessa del paese.

  3. #3
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    Predefinito Rif: Giappone: Nano politico ed ex-gigante economico?

    Citazione Originariamente Scritto da 7stelle Visualizza Messaggio
    Soliti articoli di chi crede che la militarizzazione sia il punto di forza di una nazione e non la qualità e lo stile di vita della popolazione e l'economia su base internazionale stessa del paese.
    Se fosse così Montecarlo, i Caraibi e la Svizzera sarebbero super potenze mondiali. ostridicolo:

    In guerra ci vanno i soldati non le buone intenzioni, un paese arcipelago che basa la sua economia su rotte marittime e rapporti con Stati lontani ha bisogno di una forza di Difesa in grado di garantire la strada libera.

    Il Giappone ha avuto l'occasione di diventare una potenza con Koizumi, la scelta di non ricadidarsi e di affidare il Governo a una serie di imbecilli ha definitivamente trascinato Tokyo nella lista dei decadenti. Sarà bene che i nipponici inizino ad accettare l'idea di diventare il cortile di casa cinese.
    Ultima modifica di Cesare; 04-05-11 alle 13:47
    .

  4. #4
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    Predefinito Rif: Giappone: Nano politico ed ex-gigante economico?

    C'è da dire che gran parte della responsabilità lo hanno gli USA per questo stato di cose.

    Hanno imposto delle costituzioni a Germania e Giappone che fanno invidia a quello che sognano i Vendola e i Ferrero.

    Dovevano essere meno miopi e fare di Germania e Giappone degli alleati a pieno titolo invece di alleati con semplici compiti ausiliari.

  5. #5
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    Predefinito Rif: Giappone: Nano politico ed ex-gigante economico?

    Citazione Originariamente Scritto da Lucas86 Visualizza Messaggio
    Se fosse così Montecarlo, i Caraibi e la Svizzera sarebbero super potenze mondiali. ostridicolo:

    In guerra ci vanno i soldati non le buone intenzioni, un paese arcipelago che basa la sua economia su rotte marittime e rapporti con Stati lontani ha bisogno di una forza di Difesa in grado di garantire la strada libera.

    Il Giappone ha avuto l'occasione di diventare una potenza con Koizumi, la scelta di non ricadidarsi e di affidare il Governo a una serie di imbecilli ha definitivamente trascinato Tokyo nella lista dei decadenti. Sarà bene che i nipponici inizino ad accettare l'idea di diventare il cortile di casa cinese.
    E' meglio essere un cittadino Giapponese o un cittadino dell'entroterra cinese?
    Sbaglio o Montecarlo egli altri stati da te non è una potenza commerciale del G8 come il Giappone? E sbaglio o un governo dovrebbe garantire il benessere dei cittadini, come fa il giappone, invece di avere eserciti enormi da mantenere? E perchè bisogna andare in guerra a tutti i cosi per qualsiasi minchiata?
    Il fatto che si vuole attribuire al solo potere militare la politica estera è una concezione passata, difatti il potere lo detiene l'economia, per questo paesi con un apparto militare arretrato com Cina e Brasile sono quelli che più stanno crescendo a livello mondiale, proprio per loro loro galoppanti economie.
    Se gli USA hanno il cagotto per via di Russia e Cina e vorrebbero un alleato confinante con questi più forte militarmente, sono affari degli USA, il Giappone difatti è diventato grande nonostate le pesanti sanzioni del dopoguerra grazie alle sue industrie, che non potevano comprendere quelle militari, e ora il paese pensa a risollevarsi economiche prima, e poi forse vedrà dove devolvere i soldi, se alla difesa, o se a altre cose.

  6. #6
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    Predefinito Rif: Giappone: Nano politico ed ex-gigante economico?

    Citazione Originariamente Scritto da Lucas86 Visualizza Messaggio
    Se fosse così Montecarlo, i Caraibi e la Svizzera sarebbero super potenze mondiali. ostridicolo:
    L'esercito svizzero è notevolmente preparato ed equipaggiato, oltre ad avere una notevole capacità di mobilitazione riserve (del resto la tradizione militare svizzera è ben nota ). Non è una superpotenza, ma nell'ambito del mondo finanziario ha un suo peso.

    Citazione Originariamente Scritto da Lucas86 Visualizza Messaggio
    In guerra ci vanno i soldati non le buone intenzioni, un paese arcipelago che basa la sua economia su rotte marittime e rapporti con Stati lontani ha bisogno di una forza di Difesa in grado di garantire la strada libera.
    Assolutamente.

    Citazione Originariamente Scritto da Lucas86 Visualizza Messaggio
    Il Giappone ha avuto l'occasione di diventare una potenza con Koizumi, la scelta di non ricadidarsi e di affidare il Governo a una serie di imbecilli ha definitivamente trascinato Tokyo nella lista dei decadenti. Sarà bene che i nipponici inizino ad accettare l'idea di diventare il cortile di casa cinese.
    La strada della Cina verso il potere non è così spianata come sembra: troppe incognite (le spaventose differenze tra le diverse aree della Cina, l'inevitabile conflitto tra controllo centralizzato e l'autonomia d'azione indispensabile per lo sviluppo imprenditoriali, l'aumentare delle tensioni etniche e sociali) pesano sul suo futuro.
    Ammetto che Koizumi abbia lasciato una notevole impressione; per un caso limite prova a cercare in rete su un sito di scans (lo trovi in diversi) "The Legend of Koizumi". Ma ti avverto che è una delle cose più allucinanti che abbia mai letto.
    Ultima modifica di Guy Fawkes; 05-05-11 alle 09:15
    .
    L'ultimo uomo ad essere entrato in Parlamento con intenzioni oneste.

    Non basta negare le idee degli altri per avere il diritto di dire "Io ho un'idea". (G. Guareschi)

  7. #7
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    Predefinito Rif: Giappone: Nano politico ed ex-gigante economico?

    Citazione Originariamente Scritto da Lucas86 Visualizza Messaggio
    Se fosse così Montecarlo, i Caraibi e la Svizzera sarebbero super potenze mondiali. ostridicolo:

    In guerra ci vanno i soldati non le buone intenzioni, un paese arcipelago che basa la sua economia su rotte marittime e rapporti con Stati lontani ha bisogno di una forza di Difesa in grado di garantire la strada libera.

    Il Giappone ha avuto l'occasione di diventare una potenza con Koizumi, la scelta di non ricadidarsi e di affidare il Governo a una serie di imbecilli ha definitivamente trascinato Tokyo nella lista dei decadenti. Sarà bene che i nipponici inizino ad accettare l'idea di diventare il cortile di casa cinese.
    Le grandi multinazionali della tecnologia sono giapponesi, non cinesi.

    La Cina sta facendo cose egregie e facendo uscire 1 miliardo e mezzo di persone dalla povertà, ma da qui a dire che il Giappone diventa colonia ?

    Non è mica un paesello africano che è ancora de facto colonia francese, è il Giappone.


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  8. #8
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    Predefinito Rif: Giappone: Nano politico ed ex-gigante economico?

    Giappone: ricostruzione finanziaria. Le conseguenze economiche alla catastrofe nucleare.


    Fonte: Global Research, 31 March, 2011

    Il governo giapponese può affrontare il suo enorme debito perché detiene l’istituto bancario che è il suo principale creditore. Ma i concorrenti cercano di forzare la privatizzazione della banca. Se ci riescono potrebbero spingere il paese alla dipendenza dal dominio finanziario straniero insieme con gli altri paesi schiavi nella morsa del debito.

    Quando una portavoce del Fondo Monetario Internazionale ha affermato ad una conferenza il 17 marzo che il Giappone possiede i mezzi finanziari per riprendersi dal suo devastante tsunami, bloggers scettici si sono domandati cosa realmente intendesse, forse un “Siete da soli”?

    La portavoce Caroline Atkinson ha ribadito: “Le priorità principali sono i bisogni umanitari, le infrastrutture, la ricostruzione e la situazione nucleare. Crediamo che l’economia giapponese sia forte e la società prosperosa e che il Governo abbia tutte le risorse finanziarie per affrontare tali priorità.” Alla domanda se il Giappone avesse chiesto assistenza al FMI, la portavoce ha risposto: Il Giappone non ha richiesto nessuna assistenza finanziaria dal Fondo Monetario Internazionale.”

    Gli scettici continuano a chiedersi come un paese con un debito nazionale di oltre 200% del PIL possa definirsi “forte e prosperoso”. Secondo un elenco CIA Factbook dei rapporti debito/PIL di 132 paesi nel 2010, il Giappone si posizionava in cima alla lista al 226%, davanti allo Zimbabwe al 149%. Grecia e Islanda erano posizionate al quinto e sesto posto, rispettivamente al 144% e 124%. L’affidabilità creditizia del Giappone era ancora al AA, mentre Grecia e Islanda erano nella categoria BB. Come è riuscito dunque il Giappone a mantenere non solo la sua credibilità creditizia ma anche il suo status come seconda o terza economia mondiale, portando il peso di un debito così ingente?

    La risposta potrebbe essere che il Governo Giapponese ha una fonte di finanziamento pubblico: possiede il deposito bancario più grande al mondo. Così il Vice Presidente Statunitense Dick Cheney ha affermato: “Il deficit non conta”. Il debito non ha dunque importanza, almeno, quando si dispone della banca che è il tuo principale creditore. Il Giappone è rimasto impenetrabile agli attacchi speculativi che hanno paralizzato paesi come la Grecia e l’Islanda perché la Nazione non è caduta nella trappola della dipendenza dai finanziamenti esteri.

    Il Japan Post Bank è ora il più grande detentore di risparmio personale nel mondo, il ché lo rende il maggiore motore creditizio mondiale. La maggior parte di soldi oggi nasce come prestiti bancari, ed i depositi sono il fondo magico dal quale si genera questa moneta di credito. Il Japan Post non è solo la banca di deposito più grande al mondo ma anche il suo maggiore istituto bancario di proprietà pubblica. Dal 2007 è stata anche il più grande datore di lavoro in Giappone, ed il titolare di un quinto del debito nazionale sotto forma di titoli di Stato. Joe Weisenthal ha notato nel Business Insider nel febbraio 2010 quanto segue:

    CITAZIONE
    Poiché l’enorme debito pubblico giapponese appartiene in larga parte ai suoi cittadini, il Paese non si deve preoccupare a riguardo di investitori stranieri né corre il rischio di perdere la loro fiducia.

    Se ci sarà una corsa al debito pubblico, avverrà come risultante del comportamento dei propri cittadini che non vogliono finanziarlo ulteriormente. E dal momento che molti giapponesi finanziano il Governo attraverso conti detenuti dal Japan Post Bank- che a sua volta acquista il debito pubblico- tale istituzione potrebbe essere il canale per un possibile cambiamento.

    Questo potrebbe spiegare perché il Japan Post è stato il campo di battaglia di agguerrite fazioni politiche per oltre un decennio. Il Japanese Postal Saving System risale al 1875, ma nel 2001 il Japan Post fu concepito come una società pubblica indipendente, e fu il primo passo per la privatizzazione e la vendita al di fuori di investitori. Quando il neoeletto Primo Ministro Junichiro Koizumi ha tentato di far passare la ristrutturazione, ha incontrato una forte resistenza. Nel 2004 Koizumi ha mischiato il suo Governo, ha nominato riformisti come suoi ministri, ed ha creato la nuova posizione di Postal Privatization Minister, nominando Heizo Takenaka per tale ruolo. Nel marzo 2006 Anthony Rowley scrisse nel Bloomberg:

    Privatizzando il Japan Post, [Koizumi] mira a rompere la stretta alla gola che politici e burocrati hanno a lungo esercitato sulle risorse finanziarie nipponiche e punta a iniettare fresca competizione nei servizi finanziari del paese. Il suo piano prevede di creare un obiettivo potenzialmente interessante sia per gli investitori domestici ché internazionali: la cassa di risparmio giapponese e le assicurazioni vantano un giro d’affari di oltre ¥380 miliardi ($ 3,2 miliardi di dollari)…
    Ed un fondo d’affari di 3 miliardi di dollari è allettante davvero. Nella riorganizzazione del 2007, il Postal Savings Division è stato separato dagli altri dipartimenti, rendendo il Japan Post una banca a tutti gli effetti. Secondo un articolo dell’ottobre 2007 dell’Economist:

    L’appena creato Japan Post Bank sarà libero di concentrarsi sulle attività bancarie, ed il suo nuovo status consentirà di diversificare in nuove aree di business, come la concessione di mutui ipotecari e le carte di credito. In una certa misura questa diversificazione sarà costretta alla nuova banca. Alcuni dei trattamenti speciali concessi al suo precedessore verranno revocati, costringendo il Japan Post Bank a investire più avventurosamente al fine di mantenere i depositari e, in utima analisi, ad attrarre investitori una volta che figureranno nel mercato azionario.
    Questo era il piano, ed il Japan Post ha investito più avventurosamente; ma non ha ancora rinunciato ai suoi privilegi. Il nuovo ministro della finanza ha interrotto il processo di privatizzazione e le azioni della banca non sono state vendute. Nel frattempo, il consolidato Post Bank, è cresciuto esponenzialmente superando Citigroup come maggiore istituzione finanziaria al mondo; ed è stato ramificato in nuove aree di competenza, allarmando i concorrenti. Un articolo del marzo 2007 dell’USA Today ha avvertito: “Il colosso alimentato dal governo potrebbe approfittare del proprio peso per schiacciare i rivali, stranieri e nazionali.”

    Sembrava muoversi in questa direzione fino allo tsunami del marzo 2011. Ma adesso si parla di un ritorno al modello liberista, vendendo i beni pubblici per trovare i fondi per la ricostruzione. Christian Caryl ha commentato in un articolo del 19 marzo in Foreign Affairs, pubblicato dal Council on Foreign Relations:

    Per quanto orribile sia, la devastazione del terremoto ha presentato al Giappone e alla sua classe politica l’opportunità di avanzare quelle riforme che il Partito Democratico del Giappone ha da tempo promesso e di cui il popolo ha disperatamente bisogno.
    In altre parole, l’occasione per gli investitori di mettere le loro mani sulla pregiata banca pubblica nipponica, e sull’enorme deposito che a lungo ha protetto l’economia dagli attacchi dei predatori finanziari stranieri.

    Il governo giapponese può affrontare il suo ingente debito pubblico perché paga degli interessi estremamente bassi. Per l’economia privata il debito pubblico sono soldi reali. Un enorme debito pubblico che appartiene ai cittadini giapponesi significa che le imprese nipponiche hanno i soldi per la ricostruzione. Ma se il Japan Post venisse venduto a privati, gli interessi aumenterebbero sensibilmente, spingendo il governo nella trappola del debito che ha a lungo scampato.

    Il popolo giapponese è estremamente patriottico, e non facilmente disposto ad una sottomissione straniera. I cittadini sono generalmente soddisfatti del loro governo, poiché credono che serva i loro interessi. Si spera che il governo avrà la lungimiranza e la forza di tener stretto il suo colosso pubblico e usarlo per sfruttare il risparmio del suo popolo nella misura necessaria per la ricostruzione delle infrastrutture devastate, evitando un debito paralizzante ad interessi stranieri.

    Ellen Brown
    Ellen Brown is an attorney and president of the Public Banking Institute. In Web of Debt, her latest of eleven books, she shows how a private cartel has usurped the power to create money from the people themselves, and how we the people can get it back.

    (Traduzione di Erica Saltarelli)

    Fonte: Eurasia-rivista
    Ultima modifica di Defender; 07-05-11 alle 11:19
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  9. #9
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    Predefinito Rif: Giappone: Nano politico ed ex-gigante economico?

    Il Giappone ha una posizione creditizia paurosa nei confronti del resto del mondo e la maggioranza del debito è verso i cittadini e verso istituzioni private Giapponesi non verso soggetti internazionali.

  10. #10
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    Predefinito Rif: Giappone: Nano politico ed ex-gigante economico?

    Citazione Originariamente Scritto da Alexandri Magni Visualizza Messaggio
    Il Giappone ha una posizione creditizia paurosa nei confronti del resto del mondo e la maggioranza del debito è verso i cittadini e verso istituzioni private Giapponesi non verso soggetti internazionali.
    Allora non ha nessun problema.

    Fanti il G., è uscito da un terremoto da paura negli ani 90, e ne sta affrontando uno peggio, ma ne uscirà.
    Ultima modifica di dDuck; 07-05-11 alle 21:38


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