La Sinistra, Obama, la Guerra
di Florian
Non ci voleva molto a capire che l'uccisione di Osama avrebbe significato la rielezione di Obama. E non ci voleva molto a capire che una sinistra che preferiva Osama a Bush (dei talebani in fondo non gli è mai importato un granchè, essendo per essa il terrorismo un prodotto dell'Occidente) oggi gioisce dell'uccisione a sangue freddo di un "tiranno" (di chi?) con la mente rivolta al 2012, sapendo bene che solo un colossale autogol del Presidente in carica possa ormai strappargli la rinomina. La cosa buffa è che mentre il Presidente degli USA, e ancor più in un periodo di guerra, è Presidente bipartisan, riferimento della nazione intera, di chi l'ha votato e di chi non l'ha votato, di quelli che l'hanno votato dal suo partito e quelli che l'hanno votato fuori del suo partito, mentre questa è la politica americana, in Italia la sinistra esalta Obama considerandolo contiguo ad essa (alla Bindi? a Bersani? a Di Pietro? ex democristiani, ex comunisti, ex giustizialisi - esiste in Italia ciò che è il liberalism in America?), arrivando talora a considerare la morte dello sceicco talebano una vittoria di Obama ancor più che dell'America stessa. Fingendo di ignorare il convinto profilo bipartisan che Osama si è dato da alcuni mesi a questa parte, triangolando coi repubblicani in varie occasioni, ultima delle quali la nomina del generale Petraeus a capo della CIA.
Nessun commentatore sano di mente può disgiungere la lotta al terrorismo di Obama da quella di Bush, informato da Barack prima del suo discorso alla nazione, in quanto uomini della precedente amministrazione continuano a lavorare per questa, non essendoci in America una guerra civile ma una guerra ai terroristi. Appunto. Una guerra che può essere condotta in modi diversi e non c’è dubbio che almeno sul piano della comunicazione il soft power democratico sia piuttosto diverso dall’aspro linguaggio della destra repubblicana. Ma Guantanamo, contrariamente alle intenzioni della sinistra “radical”, non è stato chiuso e questo è stato un motivo del lento divorzio delle componenti più ideologiche dal Presidente che doveva rappresentare l'utopica speranza e che come c’era da aspettarsi si sta facendo apprezzare per il suo concreto pragmatismo.
Dunque, mentre il mondo tira un sospiro di sollievo per il colpo inferto ad Al Qaeda e gli americani scendono in piazza gridando all’unisono: “Obama” e “USA”, solo da noi si fa il conto della serva con una sinistra ormai definitivamente ex pacifista che Bin Laden pensa di averlo tolto di mezzo lei, e una destra che conscia del fatto cerca di non essere da meno nel cucirsi i galloni sul petto perché la guerra al terrorismo e l’America sono innanzitutto “roba sua”.
Mi ha colpito ciò che ha scritto un blogger del Fatto, sito che consulto sempre pur non condividendo quasi mai niente – antiberlusconismo a parte (ma qui si vince facile). Costui diceva praticamente che: l’America restava l’America, dunque brutta, che non riusciva a gioire dell’uccisione a sangue freddo di Obama (e ti credo), ma che un motivo per rallegrarsi c’era ed era, appunto, che è questo Presidente di guerra (sottolineatura mia) che resterà in carica per ulteriori quattro anni e non un altro. (1)
Da tempo infatti la nostra sinistra si è abituata a pensare che i parametri usati per la politica europea a cui essa si attiene in patria non solo non valgono per i paesi (arretrati) dell’America Latina o dell’Africa (laddove, è ovvio, non si può esportare la democrazia e bisogna abituarsi ai dittatori, a meno che l’ONU non dica diversamente e allora si sta con l’ONU, figurarsi), ma non valgono nemmeno per l’America – nazione le cui credenziali liberali e democratiche sono considerate assai dubbie. Ed ecco che non potendo contare su un candidato socialista (negli USA la parola è bandita, usata quasi come sinonimo di nazista), ecco che si fa il tifo per il “meno di destra”, ovvero il liberale contro il conservatore. Che il liberal americano si attesti su posizioni che in Europa sono fatte proprie dal centrodestra è questione che al nostro popolo di sinistra non sfiora minimamente, essendo intimamente convinto che tutte le battaglie progressiste degli americani abbiano un corrispettivo con le proprie (ma Lincoln non era repubblicano? e a massacrare gli indiani non erano i progressisti di allora? dulcis in fundo, se c’hai il poster di Che Guevara come puoi stare con Kennedy?)
Montanelli, riferendosi alla nostra politica, diceva che se la destra è fasulla lo è anche la sinistra. Intendeva allora destra e sinistra in senso ideologico e sulla sua scia si è mosso Travaglio sottolineando che la coalizione antiberlusconiana guidata da Prodi non era di sinistra. Tuttavia io penso, e non da ora, che questa specularità vada oltre l’ideologia interessando a fondo gli ambienti intellettuali e la base elettorale. In italia la politica nel senso vero, nobile, è finita con la scomparsa del PCI e della DC. Caduto il muro di Berlino, e abbattutasi Tangentopoli siamo finiti tutti all’Isola dei Famosi. E allora perdonatemi se in mezzo a pollai di varia natura me ne vado a cercar rifugio nell’isola dorata di Monarchia.
(1) "L’unica cosa positiva è che, essendo stato Obama a far fuori Osama, è assai più probabile che rivinca le elezioni. Ma oggi ho sentito una tremenda distanza col suo sistema di valori." (Paolo Hutter)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011...-laden/108628/