Sono un carciofino sott’odio
Leopoldo (Leo) Longanesi nasce a Bagnacavallo nel 1905 ed esprime ben presto il proprio enorme talento in apparente disordine e in più direzioni.
Nemico di ogni ideologia, all’età di 22 anni fonda L’Italiano, «il più bel foglio della rivoluzione fascista», su cui scrive: «Non siamo né artisti, né critici, né letterati: noi abbiamo solo dei rancori, delle antipatie, delle convinzioni, degli umori e cerchiamo di esprimerli come meglio ci è concesso», e già nel terzo numero lancia lo slogan più fortunato del fascismo: «Mussolini ha sempre ragione», destinato ad esser ripetuto e ampliato nel Vademecum del perfetto fascista, il suo libro più raro, scritto a ventun anni. Tra le pagine della rivista, che ospita scritti di Ungaretti, Rosai, Carrà, Bartoli e Agnoletti, oltre alla letteratura e alla politica, trova ampio spazio l’arte: in un numero speciale dedicato interamente al cinema è sottolineata la necessità per i registi italiani di scendere in strada, portare la macchina da presa nei cortili, nelle vie, nelle caserme, nelle stazioni; si annuncia la poetica neorealista del secondo dopoguerra. Per le edizioni de L’Italiano Longanesi pubblica vari testi tra cui La ruota del tempo di Bacchelli (1928), Il perdigiorno di Montano (1928) e Il sole a picco di Cardarelli (1929).
Conservatore, anticipatore e rivoluzionario, nel 1936 fonda Omnibus, il primo esempio di rotocalco italiano con cui codifica un modulo fino allora sconosciuto in Italia e imitato da tutti: l’uso della fotografia. Sul settimanale, modello di giornalismo d’avanguardia, appaiono le firme di Mario Missiroli, Arrigo Benedetti, Mario Pannunzio, Alberto Moravia, Giovanni Drogo (Dino Buzzati), Mario Soldati, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Enrico Emanuelli, Curzio Malaparte, Eugenio Montale, Vitaliano Brancati, Elio Vittorini, Riccardo Bacchelli, Alberto Savinio e Indro Montanelli.
Omnibus diviene talmente irriverente nei confronti del regime da essere da questo soppresso nel 1939.
Nel 1946 Longanesi crea l’omonima casa editrice utilizzando come logo l’emblema di due spade incrociate, in omaggio alla moglie Maria, figlia del pittore Armando Spadini. Le copertine dei libri sono illustrate da suoi disegni. E lui stesso inventa e disegna dei volantini (i “santini”), che pone all’interno dei volumi per anticipare con un’illustrazione e qualche nota il prossimo libro in uscita.
Varie le pubblicazioni, tra cui: Il cielo è rosso di Giuseppe Berto (1947); Tempo di uccidere di Ennio Flaiano (1947); Una donna al giorno e Mani in alto! di Figallo-Damigella (pseudonimo di Giovanni Comisso), sequestrato per oltraggio al pudore (1949); Fuga in Italia e A cena col commendatore di Mario Soldati. E soprattutto le sue opere: Parliamo dell’elefante (1947); In piedi e seduti (1948); Una vita. Romanzo (1950); Il destino ha cambiato cavallo (1951); Un morto fra noi (1952); Ci salveranno le vecchie zie (1953); a cui si aggiungono le pubblicazioni postume come Me ne vado (ottantun incisioni in legno) (1958) e L’italiano in guerra 1915-1918 (1965) e quelle pubblicate da altre case editrici: Il mondo cambia. Storia di cinquant’anni (Rizzoli, 1949); La sua signora. Taccuino (Rizzoli, 1958); I borghesi stanchi (Rusconi, 1973).
La sua ultima avventura è Il Borghese, un settimanale soprattutto letterario per gli autori che vi collaborano: Prezzolini, Savinio, Flaiano, Brin, Parise, Montanelli. Tuttavia il taglio della rivista è anche politico, per la sua verve carica di sarcasmo e tagliente cinismo, e pieno dello spirito dissacratore longanesiano. Le vicende italiane sono viste con occhio irriducibilmente conservatore e con la vocazione di chi si schiera controcorrente. Gli aforismi di Longanesi, le battute, i disegni e specialmente le fotografie inserite nella rivista sono soprattutto contro la borghesia al caviale: « ... populista che scimmiotta gli operai».
Sin dal primo numero del Borghese nel 1949, fino al 1957, anno della sua scomparsa, Leo Longanesi in ogni fascicolo del settimanale mostra tutta la sua intransigenza artigiana. L’impostazione stessa della rivista, i titoli delle rubriche e degli articoli, le illustrazioni e poi le fotografie, le copertine e persino la pubblicità sono quasi sempre opera sua. Il suo genio si esprime anche in campo pubblicitario: lavora per marchi come Supercortemaggiore, Olivetti, Pirelli, Piaggio, Cirio («Come natura crea, Cirio raccoglie»), Cynar («Contro il logorio della vita moderna»). Anche la campagna pubblicitaria della Vespa è realizzata da lui.
Nel dopoguerra, in un periodo in cui gran parte degli intellettuali italiani cambia tessera di partito, Longanesi, irriducibile “bastian contrario”, agita la bandiera dell’anti-antifascismo per colpire con il suo geniale senso critico la casta degli intellettuali: «Cercava la rivoluzione e trovò l’agiatezza »; la classe politica: «Non sono le idee che mi spaventano, ma le facce che rappresentano queste idee»; e la società italiana preda del boom economico: «Uno stupido è uno stupido. Due stupidi sono due stupidi. Diecimila stupidi sono una forza storica».
La sua rabbia e il suo livore celano la consapevolezza di vivere appieno le proprie contraddizioni per cercare una libertà di giudizio senza corruttele e menzogne, e rivelano l’urgenza di un impegno immune da volgarità. Protetto dai propri paradossi, Longanesi insegue l’impossibile obiettivo di educare gli italiani usando le armi della satira e della caricatura, con uno stile tra sogno e realtà vicino ai grandi maestri come Daumier, Grosz, Forain e Grandville.
Il 16 Maggio 1957 scrive sul suo taccuino: «È un peccato vivere, quando tanti elogi funebri ci attendono». Il 27 Settembre di quell’anno muore al suo tavolo di lavoro.
http://www.riaprireilfuoco.org/Bianc...onganesi_5.pdf