Letizia guida le donne che sanno governare
di Giuliano Ferrara
La Moratti è parte di una generosa filiera di donne politiche capaci di pensare il proprio lavoro, e di farlo in mezzo ai pic*coli e grandi linciaggi del*l’epoca dell’indignazio*ne, cioè dell’ipocrisia del*la menzogna
Non tutte le donne vengono per nuo*cere. La Letizia Moratti, per esempio, corre verso il se*condo mandato e inten*de guadagnarselo con la solita grinta e con la solita tranquillità, se i milanesi ci staranno. Il lavoro ben fatto, da quando ha as*sunto incarichi pubblici, è una sua prerogativa. Non gridata, non sban*dierata, considerata qua*si ovvia. È che la signora è fatta così.
Se presiede la Rai, forma uno staff di prim’ordine, completa il suo mandato temperan*do le polemiche, speciali*tà aziendale, e restituisce all’azionista pubblico, concluso il mandato, una televisione molto dignito*sa.
Se guida il ministero dell’Istruzione, fronteg*gia le solite rivolte di stu*denti e professori, specia*lità ministeriale e stagio*nale, con calma e savoir faire .
Introduce nella scuola italiana il princi*pio di competizione, per*ché sa che l’ozio è il padre dei vizi e il monopolio bu*r*ocratico è differente dal*l’obiettivo primato del pubblico nell’educazio*ne statale.
Se diventa sin*daco di Milano fa pochi scontenti, quelli ci sono sempre, ma tiene in pu*gno una grande città eu*ropea ricca di conflitti, la proietta sulla scena del mondo con il progetto dell’Expo, non si cura del chiacchiericcio, realizza quel che ha promesso, commette qualche inevi*tabile sbaglio, guarda e passa.
Presidente della tv di Stato, ministro o borgo*mastro, la Moratti è un ti*po di lead*ership femmini*le che persuade senza ne*cessariamente voler in*cantare, e per questo è og*getto di attenzioni spec*ia*li da parte del mondo ide*ologico che odia le perso*ne capaci, gli imprendito*ri in politica, la ricchezza familiare.
Detesta in spe*cie chi mette soldi nella vi*ta pubblica invece di pre*tenderne, soprattutto se finanzia generosamente la comunicazione eletto*rale della sua campagna per Milano, uno scanda*lo per Beppe Grillo, il gran buffone simpatico e imbroglioncello che ve*de la vita privata come un albergo a cinque stelle, il suo simbolo elettorale, ma si comporta in modo molto austero nella vita pubblica.
(Caro rispar*mioso Grilletto, per finan*ziare la mia campagna contro l’aborto ci ho mes*so duecentocinquanta*mila euro, mi dicono che tu ne hai messi a stento due o tremila, per riempi*re le piazze di un pubbli*co che al momento buo*n*o ti verrà a trovare al bot*teghino, infatti non cono*sci il precetto americano: put your money where your mouth is , metti il tuo denaro a garanzia delle tue parole, insomma cre*dici).
La Moratti è parte di una generosa filiera di donne politiche capaci di pensare il proprio lavoro, e di farlo in mezzo ai pic*coli e grandi linciaggi del*l’epoca dell’indignazio*ne, cioè dell’ipocrisia del*la menzogna.
Penso alla Mariastella Gelmini, che è arrivata a Roma dalla Lombardia per met*ter*e a posto le baronie univer*sitarie, almeno in parte.
Alla Mara Carfagna, che è stata ag*gredita in modo volgare per*ché è «die schönste Ministe*rin der Welt», la più bella mi*nistro del mondo secondo la stampa tedesca, e ha rispo*sto, delizioso paradosso, va*rando la benedetta legge che sanziona le molestie alle per*sone, lo stalking , e illustran*dosi per la sua sincera batta*glia contro l’omofobia in un governo con un presidente fin troppo macho .
Alla Stefa*nia Prestigiacomo, così radi*calmente diversa per pragma*tismo dall’ideologo dei rifiu*ti, il Pecoraro Scanio di buo*na memoria, il ministro che diceva sempre di no quando si trattava di buttar via la spaz*zatura.
Non sopporto le reto*riche al femminile, ma la don*na in politica mi piace, quan*do è così.
Di Rosa Jervolino Russo o Russo Jervolino (non si è mai capita la successione onoma*stica) so poco. So quanto ba*sta.
Come sindaco di Napoli, lei che è una brava persona in politica da un’era geologica, una professionista che meri*tava la pensione dieci anni fa, ha clamorosamente fallito.
Ora detta interviste lagnose alla Repubblica , se la prende con Berlusconi che la odia perché non è «comprabile», e anche per soprammercato con il suo partito, il Pd, che l’ha sottoposta a uno «stillici*dio » di critiche aspre e di menzogne selvagge, lascian*dola sola davanti ai poteri for*ti.
Napoli è un disastro, rico*nosce, uno sfasciume civile incorniciato dal più bel mare del mondo, ma la colpa non è sua e non ci si può fare nien*te, nemmeno criticare è leci*to.
Ecco un modello di leader*s*hip femminile che per fortu*na è al tramonto.
Infine c’è la Emma, la Mar*cegaglia. Ha riunito ieri gli in*dustriali della sua associazio*ne, la Confindustria. Diceva*no che la riunione è «a porte chiuse», non ci volevo crede*re. In realtà sono invitati solo politici in stand by , ancora non provati dal consenso (co*me l’elegante golden boy Lu*ca Cordero di Montezemolo, uno che farebbe bella figura alla Farnesina e pessima nel*la cucina della politica) per*ché quelli che il consenso lo hanno chiesto e ottenuto han*no altro da fare.
Porte chiuse. Sfogatoio. Rinuncia.
Della Marcegaglia, che è personal*mente una donna operosa e mite, capacissima nel picco*lo punto associativo, si ricor*deranno frasi storiche come «ognuno faccia la sua parte» o «ci sentiamo tanto soli», non proprio stile Churchill.
Un po’ grigia la performance come editore.
Ma per il resto una missione onesta, firmati i contratti giusti, anche senza la superba Cgil, e qualche spintarella da comizio in favo*re della crescita, di tanto in tanto, è perfino arrivata.
Il ri*sultato in generale è che in Confindustria non c’è più la Fiat, una cosina così, e gli al*tri ci stanno con un po' di no*ia da routine.
In compenso c’è l’impresa «in rete», come se fosse un pesce.
Ma non tut*te le donne vengono per nuo*cere.
hefico: