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  1. #1
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    Predefinito Riflessioni sparse sulla sconfitta del centrodestra alle Amministrative




    RICONOSCERE LA SCONFITTA


    Parliamoci chiaro: il centrodestra ha perso queste elezioni. Erano elezioni amministrative, è vero, ma rivestite di interesse nazionale, e non per una provocazione delle opposizioni, ma per una decisione suicida dello stesso Silvio Berlusconi e dell’intera maggioranza di governo.

    Silvio Berlusconi, quindi, ha perso. Il dato di Milano è lì, implacabile nel suo disastro. Non è una sconfitta, ma di più: Milano rappresenta una umiliazione per il Cavaliere e per tutto il centrodestra. E prima di tutti per la Moratti. Ma non c’è solo Milano, c’è anche molto altro. E ne parleremo nel corso di questa giornata.

    L’intera campagna elettorale, e non solo quella milanese, è stata un disastro. Bisognerebbe prendere immediatamente tutti i manuali di comunicazione e strategia politica e proporre subito un aggiornamento ai capitoli “fallimenti”. La comunicazione del centrodestra è a livelli agghiaccianti. Ma nessuno ne risponderà, come al solito.

    Ma prima di tutto, e lo ripetiamo, è necessario riconoscere la sconfitta. E’ indispensabile riconoscere i propri errori e ammettere di aver perso. In fondo sarebbe una vittoria anche questa. Ripartiamo da qui.


    Riconoscere la sconfitta
    Ultima modifica di FalcoConservatore; 17-05-11 alle 19:17

  2. #2
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    Predefinito Rif: Riflessioni sparse sulla sconfitta del centrodestra alle Amministrative




    Silvio Berlusconi ha perso le elezioni. Non ci sono se né ma che tengano. Ha perso, e anche malamente. Ha perso come nessuno poteva immaginare. E di certo non basterà sbandierare “la conquista di Campobasso” come contraltare della netta e bruciante sconfitta a Milano. Berlusconi è stato poco prudente, ha voluto fare del test milanese un referendum sul Governo, sulla propria persona. Ha voluto prendere il posto di Letizia Moratti, personalizzando una campagna elettorale che presentava (e lo si sapeva da tempo) più di un’insidia. L’estremizzazione non ha pagato, fare gli show al Palasharp chiedendo “volete voi i comunisti?” è ormai un ritornello visto e rivisto che non fa più ridere. Sbandierava, il Premier, la volontà di superare le 53.000 preferenze del 2006: ne ha ottenute 28.000.

    Incredibilmente, Berlusconi ha regalato agli oppositori una formidabile arma di propaganda politica da sbandierare tutti i giorni a tutte le ore, perché è chiaro che i vari Belisario &co. andranno avanti per chissà quanto tempo a dire che “il Cavaliere ha voluto un referendum e l’ha perso”. L’errore del Premier è stato quello di non aver saputo fare quello che meglio gli riesce: cambiare, modernizzare, stravolgere. Non ha saputo sparigliare le carte e dare una sterzata positiva ad una campagna che lasciava ben più di una perplessità, e non solo a Milano.

    La sua colpa (grave) è di aver lasciato campo aperto alle Santanché di turno e ai La Russa, a quella corte di falsi amici che aspetta solo il momento buono per mettersi in mostra e per incassare. Sì è intestardito, si è convinto (o l’hanno convinto) che si poteva fare a meno di tutti, che tanto la vittoria era lì, ad un passo.

    Addirittura gli dicevano che a Torino e Bologna si sarebbe andati al ballottaggio, che a Milano la partita si sarebbe chiusa al primo turno, che a Napoli si trattava una mezza passeggiata dopo il disastro-Jervolino. E lui si è fidato. Troppo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la punizione è severa, la batosta sonora.

    E’ un campanello d’allarme: avanti così, non si può. Primo passo, e l’abbiamo detto, riconoscere la sconfitta senza cercare di arrampicarsi sugli specchi andando a prendere le percentuali di villaggi dell’entroterra lucano. In seguito, Berlusconi dovrà riflettere (e molto) su ciò che è stato fatto, su come è stato presentato agli elettori, e su ciò che dovrà essere fatto. Riprenda in mano la situazione, faccia piazza pulita dei tanti grilli parlanti che lo circondano, degli aspiranti colonnelli che dettano legge nel partito.

    E, soprattutto, ricominci a parlare di cose concrete, di cose che interessano alla gente, di fisco e di economia.

    Insomma, riprenda in mano quel programma che gli aveva consentito, nel 2008, di stravincere le elezioni politiche. Perché va bene tutto, ma la pazienza ha un limite. E ieri le urne lo hanno dimostrato.


    Una sconfitta, una lezione

  3. #3
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    Predefinito Rif: Riflessioni sparse sulla sconfitta del centrodestra alle Amministrative




    E ora? Restano due anni alla fine della legislatura e certe riforme promesse devono venire attuate. Che vengano liberate risorse per aiutare a far crescere il paese, che il cappio fiscale che soffoca milioni di famiglie venga finalmente allentato, che la riforma della giustizia vada in porto, che gli sprechi dell’amministrazione pubblica vengano tamponati: le province e non solo quelle andrebbero chiuse come più volte promesso ed auspicato. Il tempo delle chiacchiere è finito, vogliamo fatti e subito.

    Non credo di esagerare nell’affermare che non esistono vincitori in questa tornata elettorale ma solo una grande sconfitta: la politica. Con la p minuscola evidentemente.

    Capisco Bersani che esulta, è nella logica delle cose brindare dopo il collasso PDL a Milano, ma anche il segretario PD ha poco di cui rallegrarsi se non ci si limita a leggere i numeri ma se li si analizza.

    Il segnale che gli elettori han dato è forte ed evidente: non ne possiamo piu di una classe politica cialtrona, inconcludente, autoreferenziale, incapace di risolvere i problemi ancestrali di questo paese.

    Sono di pochi giorni fa i dati sulla crescita economica del paese, dati allarmanti ma tutt’altro che inaspettati, in rapporto a quanto fanno gli altri colleghi dell’eurozona. Il sistema paese è in crisi, le aziende continuano a chiudere, il potere d’acquisto delle famiglia continua inesorabilmente a scendere ed io, da comune cittadino che vive la crisi sistemica dell’Italia sulle proprie spalle mi sento smarrito ed impaurito e non garantito da un governo che non governa e da un’opposizione impegnata ad occuparsi di bunga bunga e poco piu.

    Ha poco da ridere Bersani che continua ossessivamente a canticchiare la solita stantia litania sulla fine del Berlusconismo. No, caro Bersani anche questa volta fai finta di non capire: gli elettori stanno suonando il requiem alla partitocrazia, a quelli come te, come Casini, come Pisanu, come Fini che nella vita non han mai fatto nulla di concreto se non incollarsi ad un poltrona per garantirsi un sontuoso vitalizio ed autoconvincersi di essere indispensabili per il futuro di questo paese. Perché se il PDL soccombe a Milano, il PD scompare a Napoli, giustamente massacrato da una città esasperata dai disastri del duo Bassolino/Jervolino.

    Il dato piu evidente di questa tornata elettorale è quel gigantesco 10% del candidato grillino a Bologna, nella roccaforte rossa. Se Grillo non fosse un Masaniello che semina odio e violenza ma una personalità trasversale e fuori dal coro, un moderato, un nuovo ma piu intelligente Mario Segni tanto per intendersi, con un progetto, una visione, farebbe man bassa di preferenze ovunque.

    Caro Silvio Berlusconi la battaglia è stata persa ed in maniera che non lascia adito a dubbi ed il rischio è che anche la guerra sia ormai seriamente compromessa. Da elettore pidiellino e berlusconiano non ho alcuna remora nel dire che questo partito è un blob indigeribile che pullula di personaggi imbarazzanti, di politicanti senz’arte ne’ parte che navigano i corridoi del transatlantico da troppi lunghi anni, e che dovrebbero essere rottamati senza tante remore ne troppi rimorsi.

    Il PdL lo abbiamo votato, turandoci il naso e tappandoci occhi ed orecchie nella speranza che questo paese fosse riformato. Non ci aspettavamo miracoli, ma nemmeno di dover sprofondare nel bunga bunga, nel dover lasciare il paese in balia di nauseanti ed imbarazzanti gossip.

    Restano due anni alla fine della legislatura e come elettore PdL pretendo che certe riforme promesse vengano attuate, che vengano liberate risorse per aiutare a far crescere il paese, che il cappio fiscale che soffoca milioni di famiglie venga finalmente allentato, che la riforma della giustizia vada in porto, che gli sprechi dell’amministrazione pubblica vengano tamponati: le province e non solo quelle andrebbero chiuse come più volte promesso ed auspicato.

    Il tempo delle chiacchiere è finito, vogliamo fatti e subito.

    E ora subito le RIFORME

  4. #4
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    Predefinito Rif: Riflessioni sparse sulla sconfitta del centrodestra alle Amministrative





    Anche per la Lega le elezioni sono state un disastro. Pagano l’appoggio a Berlusconi? No, pagano la schizofrenia del partito di lotta e di governo. Tutti quei distinguo sulla Libia, su Milano, sui candidati, gli attacchi al governo, la minaccia di farlo cadere per poi ritirare tutto in base alla promessa della poltrona di “vicesindaco” per Milano è stato un teatrino indegno. Il giochino del partito di opposizione e di governo si è rotto. Speriamo per sempre. Umberto Bossi decida cosa vuole fare da grande. Forse è giunta l’ora.

    Berlusconi ha perso le elezioni e lo abbiamo scritto in tutti i modi. Ma all’interno della maggioranza escono sonoramente sconfitti anche Umberto Bossi e la Lega Nord. Perché a Milano il disastro è anche loro: un partito che doveva fare il “botto” e che invece ha preso una sberla notevole. La Lega a Milano è andata male, anzi malissimo. Ma anche nel resto del Paese i risultati non sono esaltanti, anzi.

    Tralasciando i comuni piccoli e piccolissimi, che la Lega ora sta sbandierando per cantare mezza vittoria, il movimento di Bossi è in difficoltà un po’ ovunque. Prendiamo solo questo dato: a Varese, il candidato leghista e appoggiato dal PdL non è riuscito a vincere al primo turno. E nella culla del leghismo ci sembra un risultato abbastanza deludente. E a Triste, dove la Lega si presentava da sola, è un disastro. Pure a Gallarate il sindaco leghista (e appoggiato da Fli di Fini) è arrivato terzo.

    La Lega paga l’appoggio a Berlusconi? No, non è così. Questo ve lo diranno i giornali come Repubblica e chi spinge per una rottura dell’alleanza con il PdL. Anche perché la Lega appoggiava Berlusconi anche quando alle elezioni Bossi guadagnava voti…

    E allora cosa è successo? La Lega, a nostro avviso, è stata punita per il suo comportamento negli ultimi mesi. Un elettore non è idiota, e vedere un partito che gioca contemporaneamente a fare la forza di governo e di opposizione è un qualcosa di aberrante. Perché così ha fatto la Lega. A Roma appoggiava e sosteneva lealmente il governo, ma puntualmente lo criticava apertamente e ferocemente.

    Nell’ultima settimana di campagna elettorale siamo arrivati addirittura a parlare di “crisi di governo”, poi rientrata. Tutti quei distinguo sulla Libia, sulla stessa gestione di Milano, sui candidati, gli attacchi al governo e al rimpasto fino alle ipotesi di “esecutivo Tremonti” hanno annacquato la posizione della Lega. La minaccia di far cadere il governo per poi ritirare tutto in base alla promessa della poltrona di “vicesindaco” per Milano è stato un teatrino poco edificante. La percezione della Lega come il “partito delle poltrone” è sempre più pressante. E il giochino del partito di opposizione e di governo si è rotto. Speriamo per sempre.

    Umberto Bossi decida cosa vuole fare da grande. Forse è giunta l’ora.


    Caro Bossi, cosa vuoi fare da grande?

  5. #5
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    Predefinito Rif: Riflessioni sparse sulla sconfitta del centrodestra alle Amministrative

    Per vincere a Milano bisogna capire gli errori della campagna elettorale


    Sono curioso di vedere quanto tempo impiegherà il Pdl (e dunque Berlusconi) a comprendere gli errori commessi nell'autolesionistica campagna elettorale, spia di un malessere profondo manifestatosi da molto tempo, come segnalato da questo deluso ed incazzato Maldestro. E vorrei anche sapere (ma è uno di quei desideri impossibili) quando si deciderà il partito del Cavaliere (e lui stesso in prima persona) a fare del soggetto malamente combinato un'entità reale, popolata di gente con qualche idea e, dunque, refrattaria a ridurre la politica ad una sequela di slogan tra i quali, paradossalmente, affondano i tanti buoni provvedimenti attuati dal governo. E mi piacerebbe poi conoscere se e quando il Pdl troverà il modo di discutere di se stesso, delle sue strategie della sua impalpabile identità culturale, della sua classe dirigente centrale e periferica, dando finalmente voce a chi non l'ha mai avuta negli ultimi tre anni.

    So già che queste richieste rimarranno inevase. Certo, non è tempo di chiacchiere. A Milano si deve vincere. Ma se la rincorsa è cominciata con alcune dichiarazioni che non so se più demenziali o truculente rese a spoglio non ancora ultimato, c'è poco da stare allegri e Pisapia può già brindare. Non è questione di moderatismo, come potrebbe immaginare qualcuno. È questa una categoria che non mi ha mai appassionato: conosco l'impegno, la determinazione, il decisionismo. Ma pure la temperanza che non è soltanto una virtù spirituale, ma anche una prassi politica. E di temperanza se n'è vista poca a Milano come altrove.

    In nessun caso - e per nessuna ragione - è consentito ad un partito che guida il Paese di lanciarsi forsennatamente all'inseguimento delle pulsioni elementari più ignobili per tentare di arraffare qualche voto, neppure riuscendoci peraltro. Non funziona così. Mitterrand nel 1981 vinse le elezioni presidenziali all'insegna della "forza tranquilla". Ed ha governato per quattordici anni filati. Che cos'è che non fa essere tranquillo il centrodestra? L'aggressione giudiziario-mediatica? Certamente. Ma una cosa è rispondere processualmente e politicamente, un'altra è assumere un atteggiamento gladiatorio comunque e a prescindere anche quando non ne vale la pena, anzi quando si sa che può essere dannoso.

    Vorrei tanto sapere chi ha messo quel tale Lassini in lista; chi ha passato la cartuccella avvelenata alla Moratti nell'ultimo confronto con Pisapia; chi le ha consigliato di non scusarsi quando la frittata era orma fatta. Anche queste domande rimarranno senza risposte.

    Così come nessuno risponderà al quesito più banale che si possa immaginare: perché non è mai stato riunito un organismo di partito, se non per decidere quanto meno per ratificare le candidature, come avveniva al tempo in cui i partiti erano soggetti veri, autentici motori del consenso, portatori di istanze sociali e culturali? Tutto lasciato ai quattro oligarchi che adesso ci spiegano la fava e la rava di una disfatta che poteva essere evitata, ma non ci diranno come mai il Pdl ha perduto dal 2008 circa il 10% dei voti.

    In altri termini, se qualcuno pensa che la sconfitta di Milano, cui non sono seguiti risultati particolarmente brillanti altrove, a parte vittorie locali scontate, è un episodio rimediabile (e speriamo che lo sia davvero) vuol dire che non ha capito niente dei movimenti tellurici della Lega che sta lavorando per riposizionarsi, dello scontento nel Pdl dove avanzano falangi di "delfini" in attesa della conta finale, dello sbandamento in periferia dove il partito sta in mano a gente che non conosce neppure fondamentali della politica però si arroga il diritto di compilare liste e stringere alleanze o respingere affini, vivendo momenti di effimera gloria in alcune discutibili esposizioni mediatiche.

    Quante volte abbiamo messo in guardia da queste libere pagine elettroniche dell'Occidentale il Pdl dai pericoli che correva destrutturandosi lentamente senza minimamente pensare a come ristrutturarsi. Vedevamo più lontano? Neppure per idea. Semplicemente leggevamo un libro, che non è quello dei sogni, che nessuno voleva più sfogliare. S'intitola al realismo. Lo so, è più comodo vivere nell'incanto fallace dell'utopia sperando di non svegliarsi mai. Ma la politica non è roba per dilettanti (e non aggiungo altro per carità di patria) e quando si manifesta un problema serio i pannicelli caldi non servono. Oggi è esploso il problema. In poche settimane poterebbe sfasciarsi tutto, a cominciare dal rapporto con il "fedele alleato". Non serve a niente aspettare l'esito dei ballottaggi se non si provvede immediatamente a fare i conti con una realtà davvero drammatica. Berlusconi ha la forza di liberarsi dai suoi incubi e fare ciò che gli chiede il centrodestra, vale a dire il presidente del Consiglio che decide, programma, agisce, indica una prospettiva di crescita all'Italia, parla il linguaggio dei cittadini, si sottrae alla suburra parlamentare e sceglie i più meritevoli e capaci per affiancarlo non soltanto nell'azione di governo, ma soprattutto nella creazione di un nuovo centrodestra capace di conquistare l'avvenire?

    Non c'è altro da fare. Prima di vedere Milano e Napoli cadere nelle mani della sinistra più scadente d'Europa, vittoriosa non per i suoi meriti, ma per i demeriti degli avversari.

    Per vincere a Milano bisogna capire gli errori della campagna elettorale | l'Occidentale

  6. #6
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    Predefinito Rif: Riflessioni sparse sulla sconfitta del centrodestra alle Amministrative

    Mesta sconfitta del centro-destra


    Inutile nascondersi dietro a un dito. Il centro-destra ha perso nettamente e meritatamente la tornata amministrativa. Ogni risultato ha spiegazioni anche locali, ma il dato complessivo è chiaro. In quasi tutti i comuni e le province chiamati al voto la coalizione di governo perde consensi. Emblematico il caso di Milano. Il capoluogo lombardo, centro economico del paese, sarà governato dal centro-sinistra, scanso clamorose sorprese. Nella capitale economica del paese si sono incrociati due fattori, la delusione per un esecutivo da un anno bloccato, e l'impopolarità del sindaco uscente, Letizia Moratti primo cittadino fortemente inviso alla popolazione. La ricandidatura della signora Moratti è stata il primo di una lunga serie di errori dell'asse PDL-Lega. La campagna elettorale è stata surreale, incentrata, tanto per cambiare, sui problemi personali del presidente del consiglio. L'esecutivo nelle ultime settimane s'è concentrato sulla guerra alla procura di Milano, e nel frattempo l'Italia veniva invasa dai clandestini con il governo che non riusciva a rispondere all'emergenza in maniera adeguata, con l'esecutivo che sulla Libia si piegava agli interessi americani e via così. Il KO è meritato. Berlusconi ha voluto un referendum sul suo operato? L'ha avuto e con esiti chiari, netti e inequivocabili. L'altro grande sconfitto è Gianfranco Fini. Le performances di FLI sono imbarazzanti. I finiani sono usciti dal PDL e dalla maggioranza al grido di "Il PDL è una Forza Italia allargata". Sono quindi andati a fare il "Terzo Polo" che, nelle urne, è risultato essere ne più ne meno che un UDC allargato. Insomma, da una Forza Italia allargata a una UDC allargata, un bel progresso, non c'è che dire. Il centro-sinistra, pur con l'imbarazzante risultato di Napoli, rialza la testa. A fare impressione però è l'affermazione del movimento di Beppe Grillo. La mia "panza" mi dice che il movimento del comico genovese non ha tolto consensi solo al centro-sinistra, ma che comincia seriamente a rosicchiare anche quel voto anti-sistema e di protesta che fino a qualche anno fa si rivolgeva alla Lega Nord. Alla Lega l'ultimo capitolo. Il Carroccio tutto sommato tiene, ma non esalta e in alcune realtà fa diversi passi indietro. Probabilmente la gestione della crisi di Lampedusa ha pesato e non poco sulla Lega che finisce sul banco degli imputati e paga pegno. In sintesi oggi abbiamo due vincitori e due sconfitti. I due vincitori sono il centro-sinistra e Beppe Grillo, i due sconfitti sono Berlusconi e Fini.

    Giovanni R.

  7. #7
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    Predefinito Rif: Riflessioni sparse sulla sconfitta del centrodestra alle Amministrative




    La terza che hai detto


    di Andrea Mancia


    Giuliano Pisapia parte molto avanti e, dopo il risultato del primo turno, è diventato il favorito "naturale". Ma la politica italiana ci ha abituato a sorprese più strane di un'eventuale rimonta di Letizia Moratti. Comunque vada il secondo turno, però, i veri sconfitti - per ora - sono tutti nello staff del sindaco uscente. E, senza fare nomi, si tratta di coloro che si sono occupati della sua campagna elettorale.

    La vulgata, già da ora, parlerà di un tentativo fallito di "polarizzazione" del voto da parte del premier. Di un referendum personale cercato, e perduto, da Silvio Berlusconi. Una parte di verità, in questa teoria, c'è. Ma non siamo affatto convinti che basti a spiegare il risultato disastroso ottenuto dal candidato del centrodestra al primo turno. La verità, invece, è che osservatori e commentatori hanno probabilmente sottovalutato la reazione di una parte dell'elettorato (soprattutto moderato) all'insensato attacco personale rivolto dalla Moratti al suo avversario negli ultimi secondi del confronto televisivo trasmesso da Sky.

    Le possibili spiegazioni logiche di questo comportamento erano tre. 1) La Moratti era sull'orlo del 50% e voleva dare la "spallata" decisiva per evitare il ballottaggio; 2) I "penultimi" sondaggi interni erano peggiori del previsto (l'abbiamo anche scritto) e la mossa è stata frutto della disperazione. 3) Gli "spin doctor" della Moratti erano del tutto inadeguati e privi di spessore.

    Su Notapolitica.it, abbiamo prima ventilato la seconda ipotesi, poi ci è stata fatta balenare davanti agli occhi la prima possibilità . A bocce ferme, probabilmente la spiegazione giusta era la terza.


    Notapolitica.it - La terza<br />che hai detto

  8. #8
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    Predefinito Rif: Riflessioni sparse sulla sconfitta del centrodestra alle Amministrative

    Analisi di una Caporetto


    Il centrodestra deve prepararsi a perdere Milano e seriamente preoccuparsi di mancare la conquista di Napoli. A sfiorare la vittoria al primo turno è Pisapia, non la Moratti, che ora deve colmare un distacco di oltre 6 punti percentuali. Considerando l'effetto galvanizzante del primo turno sugli elettori di centrosinistra e depressivo su quelli di centrodestra, l'impresa appare disperata. Se Milano è molto probabilmente persa, Napoli è tutt'altro che presa. Con i voti di Mastella e del Terzo polo Lettieri supererebbe il 50% e con quelli del Pd De Magistris non arriverebbe al 48%. Ma la forbice è molto ristretta e in politica le somme algebriche non trovano mai conferma nelle urne: sarà più agevole per l'ex pm attrarre i voti del Pd che per Lettieri quelli centristi e anche a Napoli si farà sentire l'effetto Pisapia.

    Quando si perde in questo modo ciascuno ha le sue responsabilità (Berlusconi, certo, ma soprattutto la Moratti, il Pdl e anche la Lega) e occorre ammettere che il problema è più profondo di una comunicazione sbagliata, ma in generale ad uscire sconfitta dalle urne è stata una certa versione del centrodestra che ha prevalso in questa campagna e che non resiste alla tentazione di avvalersi delle armi spuntate della sinistra dimenticando che demonizzazioni ed estremismi sottraggono credibilità e allontanano gli elettori indipendenti. In gergo calcistico si direbbe che questa volta il centrodestra è stato espulso per "fallo di reazione".

    Ma veniamo ai due errori a mio avviso capitali commessi da Berlusconi e dal Pdl: non tanto l'aver voluto "politicizzare" il voto amministrativo. C'è modo e modo, infatti, di "politicizzare" una campagna "locale". Primo, aver puntato, come palcoscenico nazionale dell'intera campagna, non su Napoli, autentico monumento al malgoverno del centrosinistra, ma su Milano, dove evidentemente il giudizio sull'operato della Moratti da parte dei cittadini è molto negativo e dove, dunque, il candidato andava "ricostruito". La Moratti raccoglie quasi due punti percentuali in meno della coalizione che la sostiene, mentre Pisapia e il candidato terzopolista quasi uno in più, il che rafforza l'impressione che i cittadini milanesi siano stufi del sindaco uscente almeno quanto i romani lo erano del duo Veltroni-Rutelli nel 2008 (e sappiamo tutti come andò a finire).

    Secondo, alla gente, per lo meno agli elettori di centrodestra e "moderati", non frega davvero nulla dei problemi personali e giudiziari di Berlusconi. Sarebbe ora che sia a destra che a sinistra se ne facciano una ragione. Vuol sentire parlare dei suoi problemi, delle soluzioni ai problemi della propria città, non di processi, di sexygate, di giudici e quant'altro. Punisce gli avversari del Cav. quando fanno campagna sull'antiberlusconismo, così come non si fa intenerire dal vittimismo anti-pm di Berlusconi quando questi vi ricorre. Sull'uso politico della giustizia da parte di alcuni magistrati ormai gli elettori di centrodestra e "moderati" sono ultra-vaccinati, hanno le idee molto chiare. Non si bevono l'antiberlusconismo manettaro, ma neanche sono disposti a tollerare il ricorso da parte del centrodestra all'attacco dei pm di sinistra, percepito, e sanzionato, come mossa propagandistica. Ok, i pm lo perseguitano, ma che cosa avete fatto, e cosa avete intenzione di fare, per Milano? Quando non si punta sull'operato di un sindaco, ma sulla propaganda, è netta l'impressione che il bilancio sia ben poco lusinghiero. E paradossalmente l'aggressività dei toni usati dai "moderati", alla fine persino dalla Moratti arrivata a calunniare il suo avversario, per contrasto ha aiutato il "radicale" Pisapia nel caratterizzare all'insegna del "moderatismo" la sua immagine. La demonizzazione giustizialista dell'avversario è propaganda e come tale viene respinta, soprattutto dall'elettorato che si è dimostrato in questi anni immune da questi bassi istinti della politica. Certo che il passato (e il presente) antagonista di Pisapia poteva e doveva essere messo in evidenza, ma con altri toni e in ogni caso senza permettere che oscurasse i temi di governo della città che davvero interessano ai cittadini.

    Ha inciso senz'altro anche una certa stanchezza per la litigiosità e l'immobilismo della maggioranza di governo in quest'ultimo anno (i distinguo e i bisticci non giovano né al Pdl né alla Lega), ma è prematuro parlare di bocciatura per il governo e di fine del berlusconismo. Il "tocco magico" di Berlusconi viene sopravvalutato sia dai suoi avversari che dai suoi estimatori. In realtà, sia nella buona sorte che nella cattiva non è così determinante come si crede. Ha fatto sì vincere la Polverini nel Lazio, persino in assenza della lista del Pdl, ma in un contesto in cui il governo regionale uscente era quello dello scandalo Marrazzo. Oggi non riesce a far vincere la Moratti laddove il giudizio nei suoi confronti è negativo. Insomma, i cittadini si fanno affabulare da Berlusconi, o dai suoi nemici, molto molto meno di quanto si creda. Sono molto più maturi e giudicano innanzitutto l'operato delle amministrazioni uscenti, sia a livello locale, che regionale e, quando sarà il momento, nazionale.

    Il Pd può gioire perché Berlusconi per la prima volta dopo quattro elezioni ha perso, ma non dovrebbe rallegrarsi, ammesso che il progetto sia ancora quello originario di mettere in piedi un'alternativa riformista. Chi esce vincitore da queste elezioni amministrative infatti è la sinistra radicale e "manettara" che con le buone (le primarie) o le cattive (vedi Napoli) riesce a imporre i suoi candidati. Tutti lontani anni luce - culturalmente e politicamente - da quel progetto. Pisapia è un vendoliano ex Rifondazione con un passato da borghese rivoluzionario; Massimo Zedda, che costringe il centrodestra al ballottaggio a Cagliari, anch'egli vendoliano; e De Magistris un ex pm più "manettaro" di Di Pietro. Insomma, altro che centrosinistra col trattino, qui siamo alla sinistra-sinistra. Bersani può anche brindare, ma sta consegnando mani e piedi il Pd alla sinistra radicale. Elettoralmente può vincere laddove gli elettori bocciano l'operato del centrodestra, ma non credo che Vendola, Rifondazione comunista, l'Italia dei Valori e i "grillini" possano rappresentare una credibile alternativa di governo.

    E' un voto che in realtà punisce sia il Pdl che il Pd, e dunque sì, punisce questo bipolarismo, ma non può certo rallegrarsene il Terzo polo, che di fatto non supera i voti della sola Udc. E' la sinistra estrema e l'antipolitica di Grillo, infatti, a raccogliere i dividendi dello sfascio del sistema cui anche i terzopolisti stanno contribuendo. Un risultato molto deludente, se misurato con il progetto ambizioso di dar vita ad un nuovo bi- o tripolarismo, o addirittura ad un nuovo centrodestra; può bastare se invece ci si accontenta - come ci sembra - della politica dei "due forni".


    Notapolitica.it - Analisi<br />di una Caporetto

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    Predefinito Rif: Riflessioni sparse sulla sconfitta del centrodestra alle Amministrative

    Riconoscere la sconfitta è il minimo.
    Dare una bella sterzata all'azione di governo pure...

    Così, a naso, direi che a far perdere a PdL e Lega è stato più Monsieur Bruni, con la sua politica nordafricana sconsiderata ed imperialista, che altro.
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    Predefinito Rif: Riflessioni sparse sulla sconfitta del centrodestra alle Amministrative

    Ecco la lista dei vincitori e vinti, ma con un po' di sangue freddo si può rimediare


    Il primo turno delle amministrative lo hanno vinto Luigi De Magistris e Nichi Vendola. Forse si può dire che ha vinto pure Beppe Grillo, ma la sua è una vittoria in solitaria, all'interno di un monologo ossessivo e niente affatto comico. C'è solo da sperare che i grillini siano meglio di Grillo.

    Se questi sono i vincitori è più facile capire chi sono gli sconfitti, ed è una lunga lista. Cominciamo dal basso. Dire che De Magistris ha vinto vuol dire che ha perso Di Pietro e che la sorte dell’Idv già ampiamente contesa rischia di sfuggire di mano a Tonino in favore del più intransigente avversario ora incoronato dal consenso popolare napoletano.

    Nichi Vendola ha vinto la partita più importante con il suo candidato Giuliano Pisapia, impostosi contro il bersaniano, Stefano Boeri nella sfida delle primarie con 5 punti di distacco. Questo vuol dire che il vendolismo è un fenomeno non più solo regionale ma ormai d’esportazione e che il Pd, oggi festante, dovrà farci sempre di più i conti in futuro.

    Così arriviamo al secondo sconfitto di questa tornata elettorale, il Pd che, tranne Fassino a Torino dove si è confermata una continuità molto specifica di quella città, ha fatto correre solo candidati preterintenzionali. Di Pisapia abbiamo detto; Mario Morcone a Napoli è stato il risultato di una pazzesca involuzione delle primarie, con la confitta di Umberto Ranieri voluto dal Pd, la vittoria del bassoliniano, Andrea Cozzolino, le convulse trattative per farlo retrocedere, il tutto per sancire la scomparsa del Pd dalla scena partenopea. Persino il neo-sindaco di Bologna, Virginio Merola è stato il frutto di una serie di fallimenti, dopo le dimissioni forzate di Flavio Del Bono e il ritiro per motivi di saluti di Maurizio Cevenini.

    Per il Pd non è affatto un buon auspicio il risveglio elettorale dell’estrema sinistra che pare essere la caratteristica saliente di queste elezioni. Dopo l’esilio sofferto a causa della “vocazione maggioritaria” di Veltroni, la sinistra antagonista ha avuto tempo per riorganizzarsi e trovare nuove forme di emersione dal letargo degli ultimi anni. Ne è una testimonianza il successo dei “grillini”, il ritorno di Rifondazione, la forma smagliante di Sinistra, Ecologia e Libertà, la tenuta dell’Idv, il peso di giornali come il Fatto Quotidiano e persino l’attivismo del fronte referendario. Tutti segnali che dicono nulla di buono per il Pd e in particolare per la leadership di Bersani.

    Il segretario fa bene a godersi il tepore di questa affermazione del fronte anti-berlusconiano, ma farebbe bene a non scambiarlo per un successo del suo partito e soprattutto a prepararsi a future gelate.

    Se le due principali città in palio, Milano e Napoli, sono andate ai ballottaggi si potrebbe credere, come Fini, Casini e Rutelli fanno con notevole iattanza, che si tratti di un succeso del Terzo Polo. Qualcosa che indichi che il bipolarismo è a fine corsa e che senza il supporto dell’opzione centrista non si governano le città e in prospettiva neppure il paese. Ma si tratta di una illusione ottica: è vero che i partiti maggiori perdono entrambi in termini percentuali, ed è vero che non polarizzano più l’elettorato come era successo nel 2008, ma questo, come abbiamo visto non va a vantaggio dei cosiddetti terzopolisti, che non sono decisivi nei ballottaggi: sicuramente non a Milano ma neppure a Napoli. Inoltre l’affermazione di candidati dipietristi o vendoliani mette i centristi in grave imbarazzo: sostenere l’odiato Berlusconi o buttarsi a sinistra? Alla fine resteranno nel vago e confermeranno così la loro inessenzialità.

    Veniamo ora alle note più dolenti. La Lega va segnata nella colonna dei perdenti. Ha perso in termini percentuali rispetto al 2008, ha visto fallire il “laboratorio” di Gallarate dove ha tentato l’exploit in solitaria, e si è fatta sfuggire alcune altre tradizionali roccaforti. La delusione del partito di Bossi è forte e non può essere scaricata tutta su Berlusconi, soprattutto a Milano, dove la cattiva prova della Moratti vede Pdl e Lega condividere le responsabilità. Qualcosa non ha funzionato nelle ultime fasi della politica leghista: il doppio registro di lotta e di governo ha confuso gli elettori, scontentato sia i movimentisti che i governativi. Un fenomeno che ha avuto culmine nella gestione della vicenda libica, partita con un sussulto di celodurismo padano e popolare e terminato con una mozione papocchio “alla romana”. Si è avvertita anche una qualche incertezza nella leadership acuita dalle rivalità dei “colonnelli” e un certo eccesso di manovrismo da successione.

    Finiamo la lista con Berlusconi e il Pdl. Il Cav. ci ha messo la faccia, la fatica e il sudore ma non è stato premiato: le sue preferenze a Milano si sono dimezzate. Qualcosa su cui riflettere. La politicizzazione estrema dello scontro milanese non ha pagato, così come non è servito concentrare l’attenzione su toghe rosse e dintorni. Il magro risultato di Lassini sta lì a dimostrarlo. C’è la sensazione che questa volta Berlusconi abbia perso la sintonia con il suo elettorato: gli parlava di giudici e loro si aspettavano buche, predicava contro la sinistra che non si lava e loro pensavano a una città da ripulire. Insomma troppa poca Milano in campagna elettorale mentre alla fine a votare sono i milanesi. Per questo è sonora anche la sconfitta della Moratti che il polso della sua città avrebbe dovuto averlo più preciso. Forse mal consigliata dai suoi spin doctor, il sindaco uscente ha provato a recitare una parte che non è la sua. Le avranno spiegato che era algida e snob e lei si è messa a ballare e cantare canzonette per far felice il volgo. Invece avrebbe dovuto fare meglio quello che sa fare: l’imprenditrice, la donna pragmatica e capace di decidere, quella che promette e mantiene metropolitane e servizi per i cittadini, una che sa parlare alla Milano borghese e moderata perché è da lì che viene. Meglio essere più convincenti in ciò che si è che improvvisarsi qualcuno di diverso. Se c’è qualche possibilità di un allungo che le consenta di superare Pisapia è su questa strada che deve correre. Che ne pensa il suo avversario del “socialismo municipale”, è pronto o no a privatizzare le “municipalizzate” per non farle gravare sulle tasse dei cittadini? O non è forse vero che il cuore di Pisapia batte per quell’assurdo referendum sull’acqua pubblica che va in direzione opposta. E cosa farà il campione dei centri sociali dei miliardi in ballo per l’Expo? Sarà in grado di non far perdere a Milano questa grande occasione o si barricherà dietro la retorica ecologista? Sono questi i temi da sollevare e sui quali chiedere il voto ai concittadini.

    Ci sono 15 giorni per trasformare in un'altra storia lo sbandamento elettorale di domenica scorsa. E insieme c’è un governo da mandare avanti, magari con un po’ più di lucidità, concordia ed efficacia di quanto si sia visto finora. Se ognuno fa il suo lavoro sarà più difficile farselo sfilare di mano. Checché ne dica Bersani.

    Ecco la lista dei vincitori e vinti, ma con un po&#039; di sangue freddo si può rimediare | l'Occidentale

 

 
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