L’impulso marxista è una malattia animica,un ente che sempre e comunque,irrazionalmente ma implacabilmente, muove in branco gli infettati,e li porta al perenne tentativo di sopprimere gli avversari nelle forme e nei modi che le circostanze consentono.
La vittoria definitiva ,contro tale sinistro virus mentale-animico, avverrà quando saranno privati di ogni potere ed ogni influenza.
Solo attraverso un profondo purgatorio di continue sconfitte elettorali ed economiche,ed attraverso la conseguente perdita di influenza culturale, questa genìa di mostri potrà estinguersi.
L’accumulo delle loro sconfitte (che è il vero merito del Berlusconi) non può cessare, è ormai un evento storico che tende irresistibilmente a riprodursi.
Pertanto la boccata di ossigeno che la sinistra crede di aver ricevuto, potrebbe preludere (dovrebbe preludere) a qualcosa di molto doloroso per loro nel prossimo futuro.
Normalmente è così che procede il magistero del Fato quando una condanna storica è emessa.
Il premio a Sallusti è un fatto che si inserisce nella corrente che punisce le anime sinistre.
Ed è un fatto incredibile poichè la mafia culturale dei sinistri è la più profonda e sfuggente.
E’ quindi auspicabile e prevedibile che il crollo dei sinistri (attraverso misteriose vie) continuerà a purificarli attraverso il dolore.
Nonostante la futile illusione del momento.
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A Sallusti l'Hemingway Ma Repubblica e Corriere boicottano la premiazione - Cultura - ilGiornale.it del 18-05-2011
mercoledì 18 maggio 2011
Aggiornato oggi alle 08:00
A Sallusti l'Hemingway Ma Repubblica e Corriere boicottano la premiazione
di Tommy Cappellini
• V
Il premio va a Sallusti, Picca e Orsina. Il votante del gruppo l'Espresso si dimette, quello del Corriere si defila con una scusa
Strumenti utili
Il premio Hemingway, quest’anno alla 27ma edizione, è da sempre libero e avulso da qualsia¬si pressione editoriale o politica. Basta scorrere l’elenco dei vincitori: si va da Giaime Pintor a Toni Capuozzo, da Milena Gabanelli a Jo¬aquin Navarro-Valls, da Indro Montanelli a Vittorio Gas¬sman. Non c’è destra o sinistra che tenga, e gli editori possono brigare finché vogliono: in ge¬nere, all’Hemingway, fa fede soltanto la bravura dei candida¬ti e l’audience che hanno sapu¬to raccogliere presso il grande pubblico.
Ed ecco chi vince quest’an¬no: nella categoria giornali¬smo Alessandro Sallusti, diret¬tore del Giornale , per il giornali¬smo televisivo Daniela Verga¬ra di Rai2, per la narrativa Aure¬lio Picca (scrittore e firma del Giornale ) con Se la fortuna è no¬stra (Rizzoli), per la saggistica il professor Giovanni Orsina con L’alternativa liberale ( Mar¬silio).
Premio speciale alla car¬riera ad Andrea Monti, diretto¬re della Gazzetta dello Sport .
Tuttavia ci sono contestazioni all’orizzonte. Si dice che qual¬cuno sistia organizzando per boicottare la serata di premia¬zione del 21 maggio a Lignano Sabbiadoro.
Pure la mattinata di votazio¬ne della giuria, il 9 aprile scorso alla Biblioteca comunale della stessa città, non è andata tran¬quilla. C’erano - leggiamo sul verbale della riunione - il sinda¬co Silvano Delzotto, la presi¬dente Luisa Ciuni, il fondatore e segretario Luigi Mattei, più di¬versi assessori, giornalisti, scrittori. Tutti presenti in osse¬quio alla conditio sine qua non dell’Hemingway: i giurati han¬no l’obbligo di trovarsi fisica¬mente alle riunioni, non si può votare per lettera o per fax. Va¬le anche per i vincitori: devono recarsi alla premiazione. Chi non è presente,viene “spremia¬to”, ma sul serio: per dire, è ac¬caduto a Francesco Cossiga. Il 9 aprile, tra i giurati, mancava solo Paolo Conti del Corriere della Sera . Ha mandato il suo parere successivamente per let¬tera, ma come da regolamento il suo voto è stato cassato. A la¬tere, però, è trapelato che non era affatto contento delle qua¬terne di candidati sulle quali i giurati avrebbero dovuto discu¬tere per eleggere infine il vinci¬tore di ogni categoria. Aveva co¬munque la possibilità, sempre da regolamento, di proporre un candidato proprio.
Hanno stupito molti, invece, le motivazioni di Andrea Filip¬pi, direttore del Messaggero Ve¬neto , nel dimettersi dalla giuria dopo aver votato. «A dirla tutta, ci spiega Luigi Mattei, Filippi non voleva legare la sua testa¬ta, che appartiene al gruppo editoriale l’ Espresso , a un pre¬mio che quest’anno vede come vincitori parecchie personalità di destra». E così la sinistra è riu¬scita a politicizzare pure l’He¬mingway. È un vero peccato per questo premio. Ed è un pec¬cato anche per la sinistra, che a quanto sembra ha ancora «il ta¬bù della destra». Collegare tut¬to ciò con i risultati delle recen¬ti amministrative non sarebbe a questo punto peregrino: il venticello di cambiamento, più che altro uno spiffero, che Bersani ha percepito nelle cabi¬ne elettorali del nord è legato a doppio filo all’estremismo e si sa, l’estremismo non tollera che i premi vengano assegnati all’avversario, ancorché bra¬vo.
Se le cose stanno così, la si¬nistra non ha davanti a sé un futuro di tolleranza. Si dice che Filippi stesso abbia scagliato accuse notevoli, per lettera, ver¬so lo stesso Sallusti: «premian¬dolo rischiamo di uccidere il giornalismo», avrebbe scritto, esprimendo il suo «totale dis¬senso » verso la decisione della giuria (che ha scelto Sallusti tra Franco Bechis, Massimo Gra¬mellini, Fabrizio Gatti e altri) e dicendosi convinto che «la fa¬ziosità deve avere un limite ». Fi¬lippi non sta dando, però, un buon esempio. Non facciamo tutti lo stesso mestiere?
E così si profila sotto traccia al Premio Hemingway l’ennesi¬mo ricatto della sinistra alla cul¬tura: o siete dei nostri o non sie¬te. Non importa se Aurelio Pic¬ca, in pratica vincitore morale dello Strega di quest’anno (da cui è stato estromesso per ma¬neggi, questa volta sì, editoria¬li), ha scritto uno dei romanzi più intensi e ben accolti dell’ul¬timo lustro. Non importa se Giovanni Orsina ha scritto con il suo L’alternativa liberale un eccellente saggio su Giovanni Malagodi, il moderato che pen¬sava che i cattolici avessero fat¬to male ad allearsi con i sociali¬sti tra gli anni Cinquanta e Ses¬santa. Un saggio che, quando “rifiutato” da Il Mulino cattoli¬co- progressista di Prodi, ha su¬bito trovato porte aperte alla Marsilio.
Quel che sembra importare, per alcuni, è che il nemico stia zitto. O possibilmente rimanga senza premi.