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    Predefinito Bossi non molla il Cav...

    ...alla faccia degli avvoltoi

    di P. Del Debbio prima pg. de ilgiornale.it 20 05 2011

    La ritirata degli avvoltoi.
    Dopo gli incontri tra il Pdl e la Lega, il vertice tra Berlusconi e Bossi e le dichiarazioni - finalmente - di Tremonti sulla volontà di ridurre l’oppressione fiscale, le quaglie travestite da avvoltoi devono cominciare a tornare nelle voliere.
    Da lunedì pomeriggio a oggi la situazione è cambiata rapidamente.

    La coalizione di governo data per morta per ora ha reso cadavere l’illusione che Berlusconi se ne vada a casa.
    Quante volte sia successo, ormai, è difficile contarle.
    Comunque tante.
    E una volta in più l’alleanza tra Berlusconi e Bossi dà l’idea di somigliare alla vecchia Democrazia cristiana: tante baruffe, infinite divisioni e screzi, discussioni a non finire e poi, alla fine, si mettevano sempre d’accordo.
    E così, immancabilmente, sta andando anche questa volta.
    Quando ci sono dei problemi e in tempi o momenti di vacche magre sotto lo stesso tetto si sta maluccio.
    Quando le vacche sono grasse tutto è più semplice.
    Del resto, c’è mai stata una coalizione fatta da diversi partiti che non abbia avuto questo tipo di problemi?

    Altra cosa sono i rapporti tra leader.
    E in particolare tra Bossi e Berlusconi. Sembrerà poco, ma l’interesse tiene insieme tanti matrimoni e in politica questo tipo di matrimoni, alla fine, funziona bene.
    Hanno mai pensato Casini, Fini, Rutelli e Bersani dove potrebbe andare Bossi da solo?
    Hanno mai pensato che rintanandosi al Nord perderebbe credibilità e potere anche nel Nord stesso?
    E la dimensione nazionale con chi può progettarla se non con Berlusconi e con il Pdl all’interno del centrodestra?
    Sarebbe credibile, per la sua stessa base, un Bossi alleato con il centrosinistra?

    Sappiamo bene che molti cittadini tradizionalmente elettori di sinistra hanno da anni cominciato a scegliere la Lega ma forse proprio perché proponeva loro qualcosa di interessante e che non veniva da sinistra.
    O no?
    Problemi nel centrodestra, dunque, ce ne sono.
    Dopo Milano anche di più. Ma l’impegno dichiarato dalla Lega in attesa del ballottaggio che vede contrapporsi Letizia Moratti e Giuliano Pisapia la dice lunga sulla volontà di non perdere, di rimanere uniti, di rinforzare la coalizione.

    saluti

  2. #2
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    Predefinito Rif: Bossi non molla il Cav...

    Berlusconi: «Mi fido di Umberto Ora bisogna dare uno scossone».

    di A. Signore pg.2 de ilgiornale.it del 20 05 2011

    «Vorrei rassicurare tutti i presenti. Con Umberto ci siamo sentiti ieri e va tutto bene. Di lui mi fido come sempre».
    Il Consiglio dei ministri non è iniziato da molto quando Silvio Berlusconi invita a non enfatizzare le cronache di quei giornali che raccontano di una rottura imminente tra Lega e Pdl.
    Certo, qualche frizione c’è stata ma resta l’obiettivo comune di lavorare affinché Letizia Moratti riesca a ribaltare la situazione e conservare la poltrona di sindaco di Milano.
    Qualsiasi altra considerazione, dunque, è rinviata a dopo il ballottaggio.

    Ed è proprio questo che si ripetono Cavaliere e Senatùr in oltre un’ora di faccia a faccia al termine della riunione di governo.
    Un incontro cui prendono parte anche Roberto Calderoli e Giulio Tremonti.
    Ed è proprio a quest’ultimo che sia Berlusconi che Bossi chiedono un intervento pesante sul fronte fiscale.
    Perché, comunque finisca a Milano e Napoli, «è arrivato il momento di dare uno scossone».
    Il risultato milanese, insomma, viene considerato un campanello d’allarme a prescindere da come finirà la partita il 29 e 30 maggio.
    Ed è per questo che è ormai improrogabile un deciso rilancio dell’attività di governo.
    Anche perché - spiega il premier durante il Consiglio dei ministri - sui numeri sono «sereno» visto che a breve «la maggioranza si allargherà».
    È importante, si raccomanda però il Cavaliere, «mostrare la nostra compattezza anche attraverso una assidua presenza in aula».
    Perché se è vero che gli incidenti in aula (mercoledì il centrodestra è andato più volte sotto alla Camera) sono «marginali» il problema è che poi «vengono enfatizzati dai media».

    Berlusconi e Bossi, però, parlano soprattutto della campagna elettorale.
    Il Cavaliere, infatti, ancora non ha deciso se mettere o no la faccia su questi ultimi giorni di campagna elettorale ma non lo esclude affatto.
    Anzi, potrebbe iniziare già oggi con alcune interviste televisive.
    Poi si ipotizza un comizio congiunto del Cavaliere e del Senatùr, con il problema però che il premier sarà assente sia giovedì che venerdì prossimi (ultimi giorni prima del silenzio elettorale) perché impegnato al G8 di Dauville in Francia.
    Bossi, invece, sarebbe decisamente più propenso a una grande manifestazione a Milano anche se i problemi sono molti.

    Intanto i tempi strettissimi e poi il concertone con Jovanotti, Irene Grandi e Ligabue su cui sta lavorando da tempo Giuliano Pisapia.
    Inutile dire quale tra i due appuntamenti sarebbe più accattivante.
    Al momento, insomma, l’unica certezza è quella di presentarsi all’elettorato come un fronte comune e legare i repicproci destini. Perché, concordano Berlusconi e Bossi, «si vince o si perde insieme».

    Tutte questioni di cui si discute a lungo nelle riunioni di Palazzo Grazioli dove nel pomeriggio si affacciano quasi tutti i big del Pdl, da Angelino Alfano a Denis Verdini, passando per Ignazio La Russa, Maurizio Lupi, Marcello Dell’Utri. Alla presenza degli immancabili Gianni Letta e Paolo Bonaiuti.
    Sotto traccia, però, restano i sommovimenti interni al Pdl. Dove è molto probabile che si arriverà ad una resa dei conti dopo i ballottaggi.
    Anche il «processo» a Mario Mantovani, attuale coordinatore del Pdl in Lombardia che qualcuno vorrebbe sostituire con Massimo Corsaro, è stato infatti congelato fino al voto.

    Il risiko nel partito è però già iniziato. Con Claudio Scajola attivissimo.
    L’ex ministro dello Sviluppo economico avrebbe infatti contatto o incontrato alcuni big azzurri come Alfano, Franco Frattini e Mariastella Gelmini.
    Un tentativo di dialogo, dunque, tra anime diverse all’interno del fronte degli ex Forza Italia. Che si sarebbero trovate d’accordo su un punto:
    il Pdl così com’è non funziona e bisogna tornare all’ormai celebre «spirito del ’94».
    Certo, è presto per dire quale possa davvero essere l’esito di queste consultazioni, ma di certo il dato politico è significativo.
    Soprattutto dopo gli ultimi mesi passati a colpi di cene carbonare. L’intenzione, dunque, seppure con ricette diverse, è quella di ripartire da un corposo rilancio del partito con l’obiettivo di raddrizzare la rotta al più presto.

    saluti

  3. #3
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    Predefinito Rif: Bossi non molla il Cav...

    I trucchi della sinistra non incantano Bossi: «Avanti con Silvio».

    «Non penso possa durare molto, Lega e Pdl non vanno lontano insieme» dice Bersani, caricando le sirene.
    Quindi Bossi strappa con Berlusconi?
    Risposta del capo leghista: «No».
    Sì però, rifletteva sempre il Pd, la Lega «è una forza popolare, combatte sul nostro terreno, che ad occhio non è lo stesso del miliardario...».
    Quindi, Senatùr, che fa, molla il miliardario e abbraccia la sinistra?
    Risposta: «Noi non abbiamo i tipici progetti della sinistra, non abbiamo le idee di Pisapia, lui è matto, un estremista che vuole riempire Milano di moschee e zingari».

    Ad occhio, direbbe Bersani, sembra un no all’inciucio democratico.
    Però Fassino, galvanizzato dall’elezioni, si improvvisa seduttore:
    «Se la Lega vuole il federalismo deve aprirsi al centrosinistra».
    Infatti Bossi, qualche ora dopo, annuncia un «progetto nuovo da fare insieme», sì ma insieme «a Berlusconi».
    «È la fine dell’asse Pdl-Lega» sentenziava l’Idv dopo il voto.
    «Il Senatùr è convinto: se perdiamo si apre la crisi» retroscena Repubblica, con toni da ultimi giorni di Hitler. Giusto il tempo per aspettare che Bossi, quello vero, dica «il governo va avanti», certo, cambiando molte cose perché il tonfo di Milano è stato pesante.

    Tutto da rifare, comunque, per i tifosi della rottura, questo divorzio non s’ha da fare, almeno per ora. Peccato, stavolta sembrava fatta.
    Ma c’è sempre un dettaglio da considerare, riassunto da Matteo Salvini su Facebook: «Se non è il meglio (il Pdl, ndr), di là (a sinistra, ndr) è peggio».
    La famosa base della Lega, quella che parla a Radio Padania (e fa la gioia dei divorzisti Pdl-Lega), forse non amerà «il miliardario», ma certamente detesta (come l’elettorato Pdl) i «comunisti», «gli amici delle moschee» e degli immigrati, chi accoglie i rom a braccia aperte, i «centri sociali».

    «Non andremo mai a sinistra, semmai soli se le cose col Pdl continuano ad andare male» riassume a microfoni spenti un parlamentare leghista. Il matrimonio di interesse con Berlusconi va avanti, Bossi lo ha incontrato e ne è uscito soddisfatto («è andata bene»).
    Ha chiesto un cambio di marcia, nell’interesse di entrambi, anche del capo leghista che conosce bene gli umori del suo popolo e dei suoi militanti, molti dei quali avvelenati con i vari capetti pidiellini.
    C’è un «nuovo progetto» da mettere in campo, col premier, «non l’abbiamo ancora messo giù - dice Bossi -. Dobbiamo trovarci e sistemarlo ma innanzitutto non abbiamo le idee di Pisapia», cioè noi siamo una cosa, la sinistra un’altra.
    Anche il tema dei Responsabili, la stampella meridionalista che sorregge la maggioranza (quindi il governo) alla Camera, e che si è individuata come un punto debole dell’asse Lega-Pdl, per Bossi non è poi un problema così grave. Berlusconi vuol mettere anche loro nel «nuovo progetto», «lui è convinto» spiega il Senatùr, senza obiettare molto. Il governo va avanti, ma «non può non fare niente, bisogna fare delle scelte, anche noi abbiamo fatto degli errori» spiega il capo leghista fissando la linea del partito dopo giorni di ipotesi vorticose.

    «Il problema è fare un progetto per il cambiamento, fare le riforme, abbiamo fatto il federalismo fiscale, ma darà effetti solo tra qualche anno», mentre a Bossi serve un bottino più immediato.
    Tra qualche settimana, a Pontida, annuncerà la proposta di legge popolare per spostare i ministeri (anche) al Nord.
    Il popolo leghista è affamato di cose concrete, e dopo aver inghiottito bocconi amari, attende risposte.
    Sennò paga il conto Bossi, che ha visto scendere i sondaggi del suo partito a cominciare da gennaio, fino al tonfo dell’altro giorno, che al Nord ha perso quasi 30mila voti.

    La Lega si sta mobilitando per salvare il salvabile a Milano, e non si esclude un impegno diretto di Bossi, con un comizio sul palco insieme a Berlusconi. Sul fronte romano invece si lavora al nuovo progetto, che potrebbe anche vedere un vicepremier caro alla Lega come Giulio Tremonti (che invece «non accetterebbe» di fare il premier, dice l’Umberto, così come il suo Bobo Maroni, che «è intelligente, capisce le cose.
    Non sta pensando al dopo Berlusconi, non accetterebbe mai di fare il premier»). Un segnale, ma non basta.
    Bossi con Calderoli sta definendo una bozza di riforme costituzionali, oltre al federalismo fiscale da concludere.
    Rimangono i problemi, quelli di un Pdl che se affonda non può trascinare con sé la Lega.

    Qui i leghisti tracciano uno scenario: «se le cose non migliorano e Berlusconi non farà un passo indietro, lasciando a Tremonti il ruolo di candidato premier, non ci conviene andare avanti così fino al 2013, sennò crolliamo - spiegano fonti parlamentari leghiste -.
    Chiederemo il voto l’anno prossimo, e correremo da soli, senza Pdl ma anche senza il centrosinistra».
    Ma è l’ipotesi più sciagurata, «perché come Lega facciamo il botto, ma perdiamo come coalizione».
    Quindi si va avanti. A vista, ma insieme.

    di Paolo Bracalini a pg.3 de ilgiornale.it del 20 05 2011

    saluti

 

 

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