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  1. #1
    Ritorno a Strapaese
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    Predefinito Agire per l'azione stessa

    Qualcuno più addentrato di me nei sentieri dell'esoterismo potrebbe spiegarmi in parole povere cosa voglia dire Evola in questo testo con "agire per l'azione stessa"?

    II. PURIFICAZIONE DELLA VOLONTÀ

    L'impurità della volontà consiste nell'"eteronomia", cioè nel suo venire determinata da altro che da sè. Nella cultura occidentale, a causa della estraversione imperante, si è irradicato il convincimento che ogni azione debba avere una "ragione sufficiente", ossia che ci debba essere un motivo o una causa per il suo avvenire o non avvenire, per il suo avvenire così e non altrimenti, e si è giunti sino a pensare che le cose non vàdano in maniera diversa per lo stesso atto divino. È precisamente un tale modo di azione che viene detto impuro. Infatti in esso l'azione trae la propria iniziativa non da sè, ma da un motivo, ragione, impulso, oggetto attraverso appetito o avversione, ecc., in esso la volontà nel voluto non vuole solamente e nudamente sè stessa, ma altro, onde è propriamente da dirsi che essa è voluta da altro. Ciò è il sakâmakarma degli Orientali: azione secondo desiderio, azione che non è per sè stessa, ma per quanto ne procede. La purificazione qui si connette, invece, al convincimento che la "ragione sufficiente" di una affermazione PUÒ èssere l'affermazione stessa, epperò al concetto di un atto che sia fatto di sola, pura iniziativa creatrice. Anche di questo in un passo dell'Eckhart si può trovare la migliore espressione: "Da questo più profondo principio tu devi agire le tue òpere, senza un perchè. Io lo affermo decisamente: finchè òperi le tue òpere per il regno dei cieli, per Dio o la tua santità, epperò spinto da altro (von aussen her), fino allora tu non sarai realmente nel giusto... Se chiedi ad un vero uomo, ad un uomo che agisce dal suo profondo: 'Perchè òperi tu le tue opere?' egli ti risponderà giusto solamente se dirà: 'Non agisco, che per l'azione stessa'" (4).*

    Qui è assai importante notare che l'esigenza della purificazione investe sia il "puro" che l'"impuro", sia il "buono" che il "cattivo", in una parola: non dei tèrmini particolari ma l'insieme delle coppie degli opposti. La purità di cui è quistione signífica piena autonomia, puro possesso di sè, e rispetto a ciò il legame al "buono", al "sacro", ecc., non è migliore di un qualsiasi altro legame: se quel che dagli uòmini viene chiamato buono o puro incatena la volontà, questa è da dirsi parimenti impura. Onde in tale òrdine ricòrrono espressioni, come lavarsi, denudarsi. Aphele panta: bisogna mondarsi di tutto - dell'"alto" come del "basso", dello "spirituale" come del "materiale" - bisogna ridurre la volontà alla sua nuda essenza, poggiante soltanto su sè stessa. Una volta giunti a ciò, tutto diviene egualmente puro, così come prima di ciò tutto è parimenti impuro. È che in un tale òrdine il "puro" non va detto delle cose in sè stesse, ma di un modo di viverle, misura del quale è l'autonomia, l'autarchia, onde nell'essere costretti a chiamare qualcosa impuro si esprime soltano il segno della propria impurità (5).*

    Qui una particolarmente sottile disciplina è richiesta per il compimento dell'esigenza. Infatti, come garantire che ciò che si vuole proceda realmente dall'incondizionato e non da un oscuro, inafferrabile insieme di inclinazioni ed impressioni radicato nel subscosciente? La riposta è: approfondimento interiore, fare progressivamente affiorare nella luce della coscienza tutto ciò che prima ad essa si sottraeva. Anche fra noi, oggi, si comincia a lavorare su questa direzione con la psicoanàlisi. Di là da ciò, vi sono mètodi di controllo basati sul principio, che a seconda che l'azione sia conforme o no ad una inclinazione nascosta, s'ingènera piacere o contrarietà. Così non basta crèdere che l'alternativa ci sia indifferente, occorre mettere da parte la propria volontà e provare a lasciar decìdere al caso; per esempio al cadere in un verso o nell'altro di una moneta. Nel sentimento che ne risulta ed estendendo questa disciplina ad una materia che sempre più intimamente ci riguardi, si avrà un reale strumento segnalatore del progresso o regresso lungo la via della purificazione della volontà. In generale: occorre sapere rinunciare ad ogni cosa non appena si senta che ci diviene necessaria, non appena si scopra un desiderio o compiacimento per essa; occorre fare per principio non ciò che piace, ma ciò che costa, prèndere per principio sempre la linea di maggior resistenza e, con questo, rèndere sempre più forte e pura la volontà, sempre più enèrgico il possesso di sè. Disciplina dura, alla quale difficilmente ci si saprebbe adeguare quando non si riesca a sentire nel nudo volere in autarchia un motivo più forte ed un piacere più vasto e vivo di quanto ci pòssano offrire mai le cose in sè stesse. In ogni caso, essa conduce ad un punto assai difficile, il cui riflesso è appunto la difficoltà che la comune coscienza incontra nel concepire una azione, là dove non vi sia più un "perchè" a provocarla. Si prova come se tutto l'èssere interiore si fosse cristallizato, così che alcun gesto sia più possibile: è come una paràlisi, una afasia assoluta, che contrasta dolorosamente con il senso dell'interna possibilità. Quasi che si avesse qualcosa da dire e pertanto la bocca rimanesse muta ed inerte al comando. L'esperienza di un tale stato interiore dà il segno della purificazione e per essa l'individuo conosce quanto poco ciò che chiamava sua azione era veramente sua, quanto una reale iniziativa era assente della sua vita abituale, "superiore", e lui non un autore, ma un fantoccio, un medium sventolato da forze straniere. Sappia pertanto l'Io, di là da ciò, trovare un sopravanzo di forza, sappia egli malgrado tutto agire (6), allora egli si è conquistato il principio di una vita superiore, una potenza che sta di là dal suo essere fatto di dipendenza, di contingenza e di finitùdine. E la porta per quel più alto compimento, che è relativo alle restanti purificazioni, gli è dischiusa.*


    http://www.juliusevola.it/documenti/...te.asp?cod=197
    Ultima modifica di Strapaesano; 20-05-11 alle 19:19
    "Non posso lasciarti né obliarti: / il mondo perderebbe i colori / ammutolirebbero per sempre nel buio della notte / le canzoni pazze, le favole pazze". (V. Solov'ev)

  2. #2
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    Predefinito Rif: Agire per l'azione stessa

    in parole povere? poverissime?

    tu stai perdendo il bus e ti metti a correre

    se nel correre ci metti il pensiero che tra tre minuti passa il bus e se lo perdi poi sono dolori che proprio oggi devi essere puntuale che hai un importante impegno di lavoro ma porca zozza a mia moglie gli avevo detto che mi doveva svegliare alle 6,30 invece erano quasi le sette e i calzini erano spaiati ma sempre a me capitano queste stronzate ...

    .... tu ti stressi e forse perdi l'auto

    se semplicemente corri e respiri corri per la corsa stessa
    Non ho princìpi, l’adattabilità a tutte le cose è i miei princìpi

  3. #3
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    Predefinito Rif: Agire per l'azione stessa

    Da un punto di vista teorico, la risposta sta già nel testo di Evola. Non credo che qualcuno qui te lo possa spiegare meglio.

    La conoscenza pratica invece si può raggiungere solo, appunto, con la pratica.

  4. #4
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    Predefinito Rif: Agire per l'azione stessa

    Citazione Originariamente Scritto da Duca Conte Semenzara Visualizza Messaggio
    La conoscenza pratica invece si può raggiungere solo, appunto, con la pratica.
    quoto.

  5. #5
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    Predefinito Rif: Agire per l'azione stessa

    L’”azione per l’azione” è un punto di arrivo di grande portata e non può configurarsi quale semplice “disciplina” e lavoro interiore nel tentativo di staccare l’iO agente dalle motivazioni meccaniche e dai processi di induzione propri della macchina-uomo.

    La condizione dell’uomo è quella di automa completamente condizionato: questa è la riflessione di partenza. Egli agisce sempre in obbedienza ad un qualche impulso, dinamica, inclinazione incoercibile, suggerimento occulto e inconscio. Né può prescinderne…essendo programmato capillarmente in un percorso obbligato che poi alcuni chiamano karma o destino. E questo è bene per lui. Essendo egli immerso nella più profonda ignoranza necessita di essere eterodiretto da intelligenze preposte a questo compito. Prigioniero e protetto dal proprio karma, egli non viene mai lasciato solo, ma costantemente indirizzato secondo le linee stabilite dalla legge di causa-effetto e segnate dal suo guardiano della soglia, ente energetico signore e padrone di lui in questa ed altre vite.

    Non può uscirne. Il primo passo è rendersi consapevole di questo completo, totale condizionamento alla base. E allora dov’è la via di fuga? Essa non può che risiedere in uno slancio interiore verticale, una propulsione potente verso l’assoluto incondizionato che sia capace di far saltare a piè pari tutti i lacci della compagine effimera, anche per pochi istanti…istanti nel corso dei quali si può sperimentare una folgorazione di libertà totale dalle pastoie mentre cuore, anima, mente appartengono per un attimo all’eterno e all’eternamente e ineffabilmente nudo, intatto ed intangibile.

    Chi ha provato questo SA cosa significhi vedere il mondo intero scomparire sullo sfondo ed agire senza agire…agire solo per l’azione e null’altro poiché ogni poro del suo essere è rapito, catturato da un quid che non appartiene alla terra e nulla spartisce con le sue logiche necessitanti. Agire solo per l’azione diventa in quel momento prassi normale, ordinaria dinamica in assenza di desiderio e di ogni emozione buona o cattiva, fuori dalle logiche comuni od occultamente suggerite. Per quegli attimi il guardiano è dribblato, oltrepassato, negato, e l’EGO sospeso.

    Con il tempo questa può divenire disciplina di vita ordinaria, ma non perché ti sforzi…semplicemente perché non dimori più ( o sempre meno) nella tua dimensione di una volta e divieni sempre meno permeabile ai meccanismi che regolano l’umana struttura. E piano piano ti affranchi perché il trasporto potente va altrove, si stabilisce altrove, e e la logica del mondo non è più la tua.
    "Così penseremo di questo mondo fluttuante: una stella all'alba; una bolla in un flusso; la luce di un lampo in una nube d'estate; una lampada tremula, un fantasma ed un sogno:"
    (Sutra di diamante)

  6. #6
    Ritorno a Strapaese
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    Predefinito Rif: Agire per l'azione stessa

    E' un vivere per vivere, insomma, un vivere al di fuori della logica guadagno-perdita, al di fuori delle limitazioni della società...è non riconoscere un valore alle cose del mondo, giusto?...il 'non contendere' del Tao the King...ma il fatto che non riesco a comprendere è perchè dovrei fare cose che non vorrei fare, cose che sono contro la mia natura, cose per me 'scomode' come dice Evola...

    Poi Evola dice: "se quel che dagli uòmini viene chiamato buono o puro incatena la volontà, questa è da dirsi parimenti impura."

    Dunque, paradossalmente se la mia volontà è quella di schiaffeggiare un passante posso farlo liberamente, anche se è considerato ingiusto dalla società e dalla morale che mi ha indotto?
    Ultima modifica di Strapaesano; 21-05-11 alle 12:46
    "Non posso lasciarti né obliarti: / il mondo perderebbe i colori / ammutolirebbero per sempre nel buio della notte / le canzoni pazze, le favole pazze". (V. Solov'ev)

  7. #7
    Ritorno a Strapaese
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    Predefinito Rif: Agire per l'azione stessa

    comunque rileggendo con calma i vostri post credo di aver capito...
    Ultima modifica di Strapaesano; 21-05-11 alle 13:00
    "Non posso lasciarti né obliarti: / il mondo perderebbe i colori / ammutolirebbero per sempre nel buio della notte / le canzoni pazze, le favole pazze". (V. Solov'ev)

  8. #8
    Papessa
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    Predefinito Rif: Agire per l'azione stessa

    Citazione Originariamente Scritto da Il Matto Visualizza Messaggio
    E' un vivere per vivere, insomma, un vivere al di fuori della logica guadagno-perdita, al di fuori delle limitazioni della società...è non riconoscere un valore alle cose del mondo, giusto?...il 'non contendere' del Tao the King...ma il fatto che non riesco a comprendere è perchè dovrei fare cose che non vorrei fare, cose che sono contro la mia natura, cose per me 'scomode' come dice Evola...

    Poi Evola dice: "se quel che dagli uòmini viene chiamato buono o puro incatena la volontà, questa è da dirsi parimenti impura."

    Dunque, paradossalmente se la mia volontà è quella di schiaffeggiare un passante posso farlo liberamente, anche se è considerato ingiusto dalla società e dalla morale che mi ha indotto?
    Evola è fautore di una rigida disciplina su sé stessi e di un individualismo esasperato e superomistico che pone il soggetto al centro di tutto, svincolato dagli obblighi e dai doveri inerenti la sua caratteristica di uomo sociale in favore della supremazia delle qualità interiori che a suo vedere devono venire rafforzate e consolidate con un lavoro spietato su sè stessi. Frasi come:
    “ In generale: occorre sapere rinunciare ad ogni cosa non appena si senta che ci diviene necessaria, non appena si scopra un desiderio o compiacimento per essa; occorre fare per principio non ciò che piace, ma ciò che costa, prèndere per principio sempre la linea di maggior resistenza e, con questo, rèndere sempre più forte e pura la volontà, sempre più enèrgico il possesso di sè.”

    sembrano uscite da un eremitaggio ascetico dei più severi quali un tempo esistevano anche in seno alla fede cattolica, ma temo non siano condivisibili dal momento che rischiano di spostare l’ago della bilancia da un polo estremo all’altro, vanificando ogni soluzione. Che senso avrebbe ad esempio fare per principio ciò che non piace? Solo quello di disarmonizzare nei confronti della propria natura umana senza alcun beneficio. Eppure la leggenda buddhista la dice lunga su questo….” Se la corda è troppo tesa si spezzerà…se è troppo allentata non suonerà…” E il buon Evola corre il rischio di spezzarsi sostenendo la validità di questa tesi e praticandola…

    No. Il sentiero è mediano ed equidistante dai poli estremi. Consapevolezza e accoglienza della propria natura umana e disciplina non forzata ma ferma e costante nel rispetto della condizione del soggetto. E siamo sempre su un percorso orizzontale e non risolutorio. Una preparazione. Il vero salto di qualità si dà solo quando vi è l’assaggio di un qualcosa che appartenga ad un’altra categoria: categoria talmente differente da gettare in ombra tutte quelle conosciute. E il loro desiderio.
    Ultima modifica di primahyadum; 21-05-11 alle 13:27
    "Così penseremo di questo mondo fluttuante: una stella all'alba; una bolla in un flusso; la luce di un lampo in una nube d'estate; una lampada tremula, un fantasma ed un sogno:"
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  9. #9
    Ritorno a Strapaese
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    Predefinito Rif: Agire per l'azione stessa

    Infatti, era proprio questo suo insistere su questo punto che non mi risultava chiaro...
    Ultima modifica di Strapaesano; 21-05-11 alle 13:36
    "Non posso lasciarti né obliarti: / il mondo perderebbe i colori / ammutolirebbero per sempre nel buio della notte / le canzoni pazze, le favole pazze". (V. Solov'ev)

  10. #10
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    Predefinito Rif: Agire per l'azione stessa

    penso si possa tirare in ballo la Gita, precisamente il passo in cui Arjuna, confuso, tentenna a scendere in battaglia ma Krishna lo sprona a compiere l'azione giusta, indipendentemente dal risultato finale e dalle remore che lo frenano...
    Ultima modifica di baba; 21-05-11 alle 17:05

 

 
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