Servitori dello Stato

23 maggio 1992, la “Strage di Capaci”: il diciannovesimo anniversario della terribile morte di servitori dello Stato. Sono le 17,48 quando su una pista dell’aeroporto di Punta Raisi atterra un jet del Sisde, su quell’aereo c’è il magistrato Giovanni Falcone con sua moglie Francesca Morvillo.

Sulla pista ci sono tre auto che lo aspettano, una Croma marrone, una Croma bianca e una Croma azzurra. Destinazione Palermo.

Dopo pochi minuti le tre auto sfrecciano sull’autostrada Trapani-Palermo, la Croma marrone è davanti, guidata da Vito Schifani, con accanto Antonio Montinaro, sul sedile posteriore Rocco Di Cillo, subito dietro la Croma bianca, guidata dal magistrato Giovanni Falcone con accanto la moglie Francesca, sul sedile posteriore Giuseppe Costanza. Chiude il corteo la Croma azzurra con Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.

Alle 17,59 vicino allo svincolo di Capaci, l’esplosione che fa saltare in aria le tre auto, una esplosione dalla precisione maniacale di chi vuole colpire le istituzioni, cinque quintali di tritolo fatti esplodere con un radiocomando.

Moriranno oltre a Giovanni falcone e la moglie Francesca anche tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro.

Ricordare questi episodi, commemorare le vittime della mafia, significa rinnovare un comune impegno fra istituzioni e cittadini, impegno rivolto nella lotta alla criminalità organizzata, che oggi più che mai opera in settori strategici e ben mimetizzati fra la società civile.

Così il servitore dello Stato Giovanni Falcone: “Si muore generalmente perchè si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”.

Andrea Sironi

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