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    Predefinito Stimmate e non solo... Tra mistica e parapsicologia.

    Mistica e Parapsicologia
    di Roberto Buscaioli

    Sembrerebbero, a prima vista, due situazioni totalmente diverse e senza alcuna possibilità di contatto. E invece i contatti sono molti: vediamoli.

    La mistica, fenomeno proprio di tutte le religioni e di tutti i tempi, è l'unione diretta dell'uomo col trascendente: la contemplazione della divinità in uno stato di estasi e beatitudine. Il termine deriva con ogni probabilità dal greco myein, che significa chiudere gli occhi (e anche la bocca) e indica quindi qualcosa che deve restare chiusa nell'intimo. La radice, del resto, è la stessa da cui deriva la parola "mistero".

    Pur avendo raggiunto nel cristianesimo, e in particolare nel cattolicesimo, le sue espressioni più alte, la mistica ricorre anche in altre correnti filosofiche e religiose. Nel mondo greco essa è presente nel pitagorismo e in seguito in Plotino e nella scuola neoplatonica. La ritroviamo inoltre nell'Islam, e più esattamente nel sufismo, la corrente mistica islamica che si sviluppò durante gli ultimi anni di vita di Maometto, forse per l'influenza della mistica cristiana. È presente altresì nell'induismo, la religione dell'India.

    Tipici della mistica sono, oltre alle caratteristiche intrinseche al fenomeno in sé, i grandiosi fenomeni di tipo fisico e psichico che in tutti i tempi le personalità mistiche hanno presentato, ed è appunto qui che mistica e parapsicologia si toccano. Sembra addirittura che tali fenomeni, che per i più costituiscono eccezioni, siano perfettamente "a casa" presso mistici e santi, raggiungendo con loro un'ampiezza e una ricchezza straordinarie. A differenza dei sensitivi che spesso si vantano di tali fenomeni, cercano di svilupparli e non di rado li trasformano in una fonte di guadagno, o comunque di prestigio personale, i mistici non danno molta importanza allo straordinario che investe la loro vita e anzi lo considerano un aspetto ingombrante della propria esistenza.

    I fenomeni presentati dai mistici sono molti e molto vari: oltre alle estasi e alla comparsa delle stigmate, che costituiscono capitoli a sé, abbiamo levitazione, bilocazione, telepatia, profezia, visioni, astinenza di mesi e anni da cibi e bevande, profumi e odore di santità, incombustibilità, ipertermia, guarigioni prodigiose e altro ancora. Sembra quindi che la personalità mistica, per meccanismi che ancora non conosciamo, sviluppi facoltà latenti nella psiche umana, il risveglio di potenzialità straordinarie rivolte verso un significato superiore: facoltà che costituiscono una sorta di provocazione alla fisica e alle sue leggi, ma che non sono impossibili.

    Nei limiti di questa esposizione non potremo dare che alcuni esempi della fenomenologia paranormale sperimentata dai mistici; esempi che, pur non molto numerosi, ci consentiranno tuttavia di prendere coscienza di eventi che devono fare molto riflettere.

    Cominciamo con la levitazione, cioè l'alzarsi da terra per virtù propria, sottraendosi alle leggi di gravità: un fenomeno impressionante e all'apparenza incredibile, che però è così ben documentato da non consentire di dubitare della sua autenticità. Molti mistici e santi sono stati protagonisti di fenomeni di levitazione: S.Francesco, nel suo ritiro alla Verna, fu visto più volte da frate Leone sollevato da terra fuori dalla grotta. Il santo sfiorava quasi i grandi faggi che crescevano sul fianco della montagna. Santa Caterina ebbe una precoce esperienza di levitazione ad appena sei anni, e Santa Teresa de Avila fece più volte esperienza del volo mistico durante le estasi.

    Il più grande "levitato" della storia è però certamente San Giuseppe da Copertino, vissuto nel Seicento, monaco francescano pugliese, oggi patrono degli aviatori per i suoi celeberrimi voli. Quando andava in estasi, il santo sembrava perdere totalmente peso e compiva in chiesa "voli" ai quali assisteva tutta la popolazione. Quando si trovava in questo stato, era insensibile al dolore al punto che non avvertiva neppure le bruciature. Le levitazioni di San Giuseppe erano precedute da un alto grido e avvennero anche alla presenza di famosi e autorevoli personaggi, come papa Urbano VIII e il duca Federico di Brunswich, che dopo aver assistito a questi fatti si convertì al cattolicesimo.

    Una levitazione documentatissima è quella, durata ben un quarto d'ora, che avvenne alla presenza del chirurgo e del medico che dovevano praticare al santo un salasso - il rimedio universale del tempo. San Giuseppe si alzò di venti centimetri dal suolo e siccome non fu possibile farlo scendere, il salasso gli fu praticato in quella posizione. Del fatto esiste una dettagliata testimonianza.

    Il volo dei mistici simboleggia il loro intimo desiderio di staccarsi da terra e di raggiungere il Divino al quale tendono. E' quindi un simbolo di chiara lettura, che fa intuire la forza soprannaturale che agisce e si manifesta in questo modo così straordinario e spettacolare.

    Bilocazione significa esser visti in due luoghi allo stesso tempo: anche di questo fenomeno molti mistici e santi hanno fatto esperienza. Protagonisti di ben documentate bilocazioni sono stati molti santi, tra cui S.Antonio da Padova: una volta, mentre predicava a Padova, si fermò all'improvviso e rimase raccolto in se stesso. Quando si riprese, raccontò di essersi recato a Lisbona per aiutare il padre ingiustamente accusato. Come è noto, S.Antonio era di nazionalità portoghese. S.Alfonso de' Liguori assistette papa Clemente XIV morente pur restando nella sua diocesi di S.Agata dei Goti, e San Giovanni Bosco apparve più volte in Spagna (mentre in realtà si trovava a Torino) per mettere ordine nel collegio salesiano fondato in quel paese: il fatto ebbe varie testimonianze, anche indipendenti.

    Bilocazioni anche per Padre Pio, sempre accompagnate da guarigioni e profumo di viole - ed è questo appunto il significato di fondo del fenomeno: accorrere dove c'è bisogno, superando i limiti spaziali e le barriere fisiche.

    Tra i fenomeni più impressionanti presentati dai mistici va citato il digiuno prolungato da cibi e bevande. Mangiare e bere è un'esigenza insopprimibile, cui tutti siamo soggetti: non così le personalità mistiche, che sembrano in molti casi esserne esenti. Già nella Sacra Scrittura viene citata spesso l'astensione da cibi e bevande oltre i limiti umani: Mosè digiunò quaranta giorni sulla montagna e Elia camminò quaranta giorni e quaranta notti dopo aver mangiato il pane misterioso portato dall'angelo. Gesù rimase quaranta giorni nel deserto senza mangiare né bere, ed è noto che certi santi usavano digiunare per tutta la quaresima.

    Ma abbiamo esempi clamorosi di digiuni ben più lunghi. Per esempio Nikolaus von Flüe, patrono della Svizzera, trascorse in eremitaggio gli ultimi vent'anni della sua vita e durante questo tempo non mangiò né bevve.

    Costretto una volta a ingerire un po’ di pane e vino a titolo di prova, si sentì male e vomitò tutto: disse che l'Eucaristia era tutto ciò che gli serviva. Negli archivi di Saxlen, in Svizzera, dove il santo nacque, è conservato un attestato di tale fatto.


    Immagine tratta dal sito Tiffany Snow - Welcome!

    In tempi a noi molto vicini Teresa Neumann di Konnersreuth, una mistica tedesca morta trent'anni fa, è vissuta ben 36 anni senza mangiare e bere: il suo digiuno è stato controllato al di là di ogni dubbio da parte della curia di Ratisbona, da cui dipende il villaggio bavarese di Konnersreuth, e indirettamente confermato dal nazismo, in quanto durante la guerra Teresa, che notoriamente non aveva bisogno di mangiare, fu privata della tessera annonaria. A chi le chiedeva di cosa vivesse, Teresa rispondeva: "Del Salvatore": la sola ostia consacrata bastò infatti a tenerla in vita per decenni.

    Le visioni costituiscono un capitolo vastissimo nella storia della mistica: la già citata Teresa Neumann ebbe visioni giornaliere relative alla passione di Gesù, alla vita di Maria e di parecchi santi. In queste occasioni ella descriveva dettagliatamente l'ambiente dell'epoca, gli abiti, le suppellettili, i cibi, dimostrando una conoscenza storica e geografica che in realtà non possedeva: era di famiglia contadina e aveva frequentato appena le scuole primarie. Inoltre parlava in aramaico, come fu controllato da esperti orientalisti, e in altre lingue che non conosceva: latino, francese, portoghese.

    E per citare soltanto un altro esempio: Anna Katharina Emmerich monaca agostiniana tedesca vissuta tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, stigmatizzata al pari di Teresa Neumann, aveva visioni storiche che le consentivano di descrivere con ricchezza di particolari le scene della vita di Gesù e di Maria. Certi dati furono confermati da ricerche storiche e archeologiche: per esempio la casa di Maria ad Efeso fu ritrovata e identificata dagli archeologi grazie alle visioni della Neumann. Il fatto è confermato ufficialmente da una scritta collocata ad Efeso davanti alla piccola casa trasformata in cappella.

    Abbiamo poi la profezia, tenuta fin dall'antichità in grande considerazione e citata spesso nelle Scritture: molti mistici cristiani, tra cui San Filippo Neri e San Giuseppe da Copertino, ne furono dotati.

    Un altro fenomeno straordinario è l' ipertemia : Padre Pio arrivò a una temperatura di 48°, mentre il limite che normalmente divide la vita e la morte è di 42°C. Questo fenomeno è descritto come "incendium amoris", perché è espressione di uno straordinario amore mistico. Santa Maria Maddalena de' Pazzi quando ardeva d'amore doveva bere acqua freddissima e immergervi viso e braccia, e San Francesco Saverio doveva spesso versarsi acqua fredda addosso per rinfrescarsi. Un caso classico è quello di San Filippo Neri: in un trasporto mistico avvenuto nel giorno di Pentecoste del 1544 il santo sentì ardere il cuore al punto che le costole corrispondenti si ruppero e si distanziarono, come fu confermato dall'autopsia eseguita 50 anni dopo la morte.

    L'immunità al fuoco è anch'essa ben documentata: Santa Teresa de Avila, durante un'estasi, cadde nel cammino acceso, da cui fu tratta dalle compagne senza che si fosse prodotta alcuna bruciatura.

    Molto noto è anche l'odore di santità, che si diffonde in particolare durante le estasi, nel momento della morte e anche dopo la morte: Padre Pio era accompagnato da un soave profumo, che i suoi devoti continuano a sentire ancora oggi. E la cella di San Giuseppe da Copertino, dodici anni dopo la morte del santo, emanava ancora un soavissimo profumo. Parimenti le lettere scritte da santa Teresa rimasero profumatissime anche dopo la morte di lei.

    Ma la varietà e ampiezza dei fenomeni di tipo paranormale vissuti da mistici e santi è straordinaria: la beata Anna Maria Taigi, venerata a Roma, sposa e madre di sette figli, ebbe davanti agli occhi per ben quarant'anni un sole misterioso che emanava una luce intensissima e nel quale la futura beata leggeva i destini dei singoli e dei popoli. Per questo, oltre che per le sue grandi virtù umane e religiose, era famosissima nella Roma dell'Ottocento, e a lei ricorrevano per consiglio e aiuto nobili e popolani, autorità religiose e persino i papi.

    E santa Clelia Barbieri, bolognese, canonizzata diciotto anni fa, figura dolcissima di ragazza ugualmente impegnata nel sociale e nella fede, è legata a un fenomeno unico nel suo genere, una sorta di miracolo permanente di tipo profetico: l'audizione della voce. Quando morì ad appena 23 anni nel 1870, consolò le sue amiche e la madre dicendo loro che non le avrebbe abbandonate e che "dal cielo sarebbero state consolate". La profezia si avverrò un anno esatto dopo la morte: mentre le compagne pregavano nella stanza dove Clelia era morta, molte di loro udirono una voce misteriosa che accompagnava canti e preghiere e che fu immediatamente riconosciuta: era quella di Clelia! Da allora il fenomeno si è ripetuto con frequenza: la voce viene udita da religiosi e laici, devoti e increduli e ha un carattere, come si diceva, profetico: è lieta se tutto andrà bene, triste e cupa se si avvicinano fatti tristi. Il fenomeno è accettato come un avvertimento, un segno di presenza e di guida.

    Uno degli aspetti più caratteristici e inquietanti della mistica cristiana è costituito dalle stigmate, la riproduzione delle ferite ricevute da Gesù sul Golgota: segno d'amore, teso a trasformare la persona nell'immagine vivente della sua passione. Stigmatizzati sono stati san Francesco, il primo a ricevere i misteriosi segni, Teresa Neumann, Padre Pio e tante altre straordinarie personalità. Queste ferite che non si chiudono per anni, che non si infettano, che non reagiscono alle cure e restano identiche a se stesse finché dura la vita di chi le porta, costituiscono un fenomeno non comprensibile coi mezzi umani e che rientra a pieno titolo in quel "meraviglioso" che si riscontra soltanto nella vita mistica.

    Il livello altissimo raggiunto dai fenomeni dei mistici è specchio della loro altissima spiritualità e umanità, un segno che indica con chiarezza ed evidenzia la Fonte da cui tali doni preziosi derivano. I fenomeni paranormali vissuti dai mistici non sono la mistica, ma ne costituiscono un spetto importante, comprensibile a tutti, commovente.

    Dal sito Cenacolo 71 - Gruppo Spiritualistico di Studi e Ricerca
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

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    Predefinito Rif: Stimmate e non solo... Tra mistica e parapsicologia.

    TERESA NEUMANN
    Una grande mistica del nostro tempo


    PARTE I: LA VITA

    Infanzia e giovinezza

    Teresa Neumann nacque a Konnersreuth, un paesino della Baviera nord-orientale che contava all'epoca meno di mille abitanti, l'8 aprile 1898, un venerdì santo. La casa natale di Teresa si trova proprio sulla piazza principale, di fronte alla chiesa. Konnersreuth è un paese agricolo, posto in zona leggermente collinare alle pendici del Fichtelgebirge: intorno ha prati e campi, più lontano boschi. Alla fine del secolo e negli anni precedenti la prima guerra mondiale il paese era molto povero; tuttavia la maggior parte degli abitanti viveva in casette di proprietà e possedeva un fazzoletto di terra, coltivato in genere dalle donne. Gli uomini, per guadagnare qualcosa, lavoravano nelle fabbriche di cristallo e porcellana non lontano da Konnersreuth o nelle cave di pietra. La famiglia di Teresa era povera come la maggior parte delle famiglie del paese: il padre Ferdinand era sarto, la madre Anna, quando le cure della numerosa famiglia lo consentivano, lavorava a giornata nei campi. Teresa era la prima degli undici figli di Ferdinand e Anna, nati fra il 1898 e il 1912; essendo la maggiore, cominciò ben presto a occuparsi dei fratellini e a sostituire presso di loro la mamma quando questa era assente per lavorare. Nonostante la povertà e le privazioni, nella famiglia Neumann regnava una grande armonia e i bambini crebbero in un'atmosfera serena e affettuosa. Quanto fosse povera la famiglia risulta evidente da questo episodio narrato da Teresa stessa al dottor Gerlich: finite le scuole primarie, Teresa fu mandata a servizio presso la famiglia di un contadino e qui vide la padrona di casa condire la minestra di pane col burro. Credette che l'avesse fatto per errore e tornata a casa raccontò la cosa alla mamma; la quale però le spiegò che la minestra di pane deve essere condita col burro, ma lei non l'aveva mai potuto fare perché non poteva permetterselo. Esortò però la figlia a non dirlo a nessuno, per non far vergognare troppo i genitori! Anche l'episodio seguente fu narrato da Teresa a Gerlich, che lo riporta nel suo libro: quando il sarto Ferdinand aveva finito di confezionare un abito, affidava a uno dei figli l'incarico di portarlo al cliente, e spesso al bambino veniva data una piccola mancia. Questa però non veniva spesa subito, bensì conservata e nascosta in uno sportellino della macchina da cucire del padre. Quando in casa non c'erano più soldi, cosa che capitava abbastanza spesso, tutta la famiglia si riuniva solennemente intorno a quella piccola cassaforte: il gruzzoletto veniva prelevato e utilizzato per le immediate necessità. I bambini erano orgogliosi di contribuire in questo modo al ménage familiare. Il cibo abituale della famiglia Neumann, come del resto degli altri abitanti della zona, erano le patate. Nonostante il povero nutrimento, Teresa e i fratelli crebbero sani e forti. Raggiunsero infatti tutti un'età avanzata, meno Engelbert (nato nel 1901), che morì di malattia ad appena quattro anni. Ferdinand (nato nel 1911) e Agnes (nata nel 1909) sono ancora vivi. La famiglia di Teresa era cattolica: gente pia e devota, che frequentava regolarmente la chiesa e si accostava spesso ai sacramenti. I bambini ricevettero un'educazione cristiana e il padre teneva moltissimo che in chiesa fossero attenti e rispettosi: se qualcuno di loro chiacchierava durante le funzioni, a casa doveva inginocchiarsi per terra e recitare il rosario. Teresa da adulta raccontava, sorridendo, che le sue sorelle Anna e Ottilia erano spesso incappate in questa punizione, mentre lei e Maria l'avevano sempre evitata. Teresa fu sin da piccola sempre attiva e piena di vita. Da bambina la sua occupazione preferita era guardare libri illustrati e coltivare le piante e i fiori: un amore che l'accompagnò sempre e le procurò grandi gioie. Lavorava volentieri anche in casa, puliva le stanze e lavava la biancheria per sollevare la mamma da queste fatiche. A scuola studiava volentieri: la frequentò dal 1904 al 1911 e assolse l'obbligo scolastico con buoni voti. Non mostrò, da bambina, una devozione superiore agli altri membri della famiglia, che come abbiamo visto erano religiosi ma alieni da qualunque forma di bigotteria; si sa però che partecipava volentieri alle lezioni di religione e usava scrivere su quaderni i propri pensieri e le proprie riflessioni in materia. Purtroppo di questi scritti nulla si è conservato: nel 1927 la casa dei genitori fu ristrutturata e molte vecchie cose, tra cui i quaderni di scuola dei bambini, furono bruciate. Ben presto Teresa cominciò a contribuire al bilancio familiare andando a servizio: già nell'ultimo semestre di scuola lavorava nel pomeriggio in un podere distante un quarto d'ora da Konnersreuth. E a 14 anni, nel 1912, fu messa a servizio in una grande tenuta adiacente al paese, di proprietà di un certo Max Neumann; l'anno dopo trovò lavoro nella medesima fattoria anche la sorella Maria, di 13 anni, e durante la guerra anche Anna. Il lavoro era duro, perché la tenuta era grande e con molto bestiame, ma Teresa era robusta e amava i lavori dei campi, gli animali e tutto ciò che aveva a che fare con la natura. Aveva un carattere energico e indipendente, e niente la spaventava. Anche Teresa, come le sue sorelle, ebbe dei corteggiatori, ma lei non prestò mai loro attenzione: i suoi progetti erano ben diversi. Fin da ragazzina infatti cominciò a coltivare in cuore il desiderio di farsi suora missionaria e di andare in Africa non appena il suo aiuto in casa non fosse più stato indispensabile, e a questo scopo prese i primi contatti con le missionarie benedettine di Tutzing. Le cose però dovevano andare diversamente.


    Immagine tratta dal sito http://www.preghiereagesuemaria.it/

    L'incidente del 10 marzo 1918

    Sull'episodio, che per molti aspetti segnò il destino di Teresa, così ha raccontato il fratello Ferdinand: « Nel 1914 scoppiò la guerra e nostro padre fu richiamato alle armi. Prima di partire si fece promettere solennemente da Resl che finché lui non fosse tornato a casa lei non sarebbe entrata in convento, ma sarebbe rimasta con la madre e i fratelli. Resl naturalmente promise, pur continuando a coltivare dentro di sé il desiderio della vita monacale. Alla fattoria il lavoro cresceva sempre più, perché uno dopo l'altro tutti gli uomini furono richiamati e Teresa era sempre più impegnata. Appena poteva però correva a casa e si occupava anche di noi. Questo durò fino al 1918, quando ci fu l'incidente...». Un incidente evidentemente voluto dal destino. Racconta infatti ancora Ferdinand Neumann: « In quel mese di marzo del 1918 successe qualcosa che a me personalmente ha sempre fatto una grande impressione, ma che finora non è stato fatto notare da nessuno: cioè il rapporto preciso, immediato e concreto fra il ritorno di nostro padre e l'incidente di Resl, che pose fine alle sue speranze di farsi suora. Papà tornò dalla guerra la sera del 9 marzo e l'incidente avvenne la mattina dopo, il 10 marzo! Teresa non ebbe neppure il tempo di tornare sui suoi progetti. Evidentemente il suo destino non era quello...». L'incidente avvenne così: la mattina di quel 10 marzo scoppiò un incendio molto violento nella fattoria vicina a quella in cui Teresa lavorava. Col suo carattere spontaneo e generoso, Resl fu tra i primi ad accorrere in aiuto: in piedi su una panca afferrava i secchi d'acqua che le venivano allungati, li sollevava e li passava a un'altra persona più in alto. A un certo punto avvenne l'irreparabile: per lo sforzo Resl si procurò una slogatura alla spina dorsale. Come fu constatato in seguito, c'era stato uno spostamento della seconda e terza vertebra lombare con conseguente compressione del midollo, il che provocò subito intorpidimento alle gambe e mancanza di equilibrio. Lì per lì nessuno si allarmò in maniera particolare e Teresa stessa pensò a un « colpo della strega » particolarmente violento. Tornò a casa da sola e rimase in riposo per un paio di giorni; poi riprese, con grande fatica, la solita vita. Seguirono alcune cadute rovinose dovute all'intorpidimento alle gambe, che peggiorarono ulteriormente la situazione, finché per l'aumentare dei dolori e il crescente senso di intorpidimento Resl dovette mettersi a letto. Ma non servi, perché la malattia continuò a peggiorare: si presentarono crampi spaventosi che addirittura la facevano svenire, difficoltà a inghiottire, disturbi alla vista e graduale incapacità a muoversi. Resl fu curata come meglio si poté, fu anche ricoverata per alcune settimane all'ospedale di Waldsassen, a qualche chilometro da Konnersreuth, ma senza alcun risultato. Nel marzo del 1919, a un anno esatto di distanza dall'incidente, Resl era completamente paralizzata alle gambe e priva della vista. La cecità era sopravvenuta dopo un'ennesima caduta, questa volta dalla sedia dove era stata messa a sedere mentre le rifacevano il letto: aveva battuto la testa violentemente contro la porta, era sopravvenuto un crampo spaventoso e lei aveva perso i sensi. Era poi rimasta vari giorni in stato di incoscienza, e quando aveva finalmente riaperto gli occhi non ci vedeva più. Racconta ancora Ferdinand Neumann: « I miei riuscirono a trovare un oculista, cosa a quel tempo non facile, il quale dopo aver visitato Resl dichiarò che il nervo ottico era lesionato e non esistevano medicine per migliorare la situazione. Mia sorella, che fino a quel momento aveva sperato di guarire e di tornare a lavorare, dovette perdere ogni speranza. Anni dopo, nei colloqui che avevamo quando la portavo a fare quelle passeggiate in macchina che tanto le piacevano, mi confidò che aveva impiegato due anni ad accettare quello che le era capitato, a dire si alla malattia. Noi fratelli comunque l'abbiamo sempre vista rassegnata e paziente: la sofferenza era divenuta il suo pane quotidiano e lei l'accettava come l'aveva accettata Gesù. Pregava molto e traeva grande conforto dalla comunione che il parroco padre Naber le portava ogni giorno. In particolare era devota a santa Teresa di Lisieux, di cui aveva un'immaginetta che papà le aveva portato dalla Francia durante la guerra. Oltre che dalla cecità e dall'infermità, Resl era tormentata da piaghe da decubito, atroci dolori di testa, crampi spaventosi. La gamba sinistra era rattrappita e il piede completamente girato verso destra ». Oltre alle grandi sofferenze fisiche, Teresa era tormentata dall'idea di essere di peso alla famiglia: non solo non lavorava e non guadagnava più, ma doveva essere costantemente assistita. I genitori e i fratelli sopportarono però sempre tutto con grande coraggio e rassegnazione e fecero il possibile per alleviare la condizione di Resl, sia standole molto vicino che procurandole tutte le cure mediche che riuscirono a trovare. La malattia di Teresa durò complessivamente sette anni: la guarigione fu progressiva - prima fu liberata dalla cecità e poi dalla paralisi - e miracolosa.


    La guarigione dalla cecità

    Teresa Neumann rimase cieca quattro anni e guari improvvisamente il 29 aprile 1923, giorno della beatificazione di santa Teresa di Lisieux. E’ ancora Ferdinand Neumann che racconta: « Il 29 aprile era domenica. Teresa aveva avuto il giorno prima gravi disturbi di stomaco e nostro padre si era svegliato presto per andare a Neustadt da un terapeuta a prendere un certo tè di erbe che già altre volte le aveva fatto bene. Alle sei, quando andò a salutare Resl, lei era ancora cieca e non lo vide. Poi mia sorella dormi ancora un poco: raccontò poi di aver avuto la sensazione che mentre dormiva succedesse qualcosa al suo guanciale, "come se graffiasse". Si svegliò alle sei e mezzo e poté vedersi le mani, la camicia da notte, il letto. Alzò gli occhi verso la stanza, vedeva ogni cosa. Allora prese il bastone e lo batté sul pavimento, come usava fare per chiamare i familiari quando aveva bisogno: voleva chiamare la mamma. Arrivò invece nostra sorella Crescenzia, e Teresa in un primo momento non la riconobbe, perché in quattro anni era molto cresciuta. Teresa le disse di chiamare subito la mamma. Appena arrivò, Teresa le gridò che vedeva! La mamma in un primo momento non le credette, pensò che non si sentisse bene, ma Teresa insisteva. Allora la mamma prese dal davanzale della finestra un vaso di fiori bianchi e glielo mostrò, e Teresa fece un commento preciso; poi le mostrò dei fiori rossi, e Teresa descrisse anche quelli. La mamma allora ci chiamò tutti, e Teresa ci parlò e ci riconobbe, uno dopo l'altro. La vista le era ritornata! Piangemmo insieme di gioia!». Il giorno dopo il dottor Seidì visitò Teresa, ma non trovò alcuna spiegazione del fatto. « Teresa e tutti noi », racconta ancora Ferdinand Neumann, « attribuimmo il miracolo alla piccola Teresa di Gesù Bambino ». Teresa stessa, in una lettera che il 27 maggio 1923 scrisse alla sua amica signorina Simson, che era stata maestra a Konnersreuth, descrisse la propria guarigione dalla cecità. Cara signorina Simson, Salve! Così vorrei gridarle con immensa gioia! Pensi un po': con l'intercessione della beata Teresa, il Signore mi ha ridonato la vista. Che felicità!... Sabato 28 aprile vedevo ancora buio davanti agli occhi, come nei trascorsi quattro anni; domenica mattina, 29 aprile, aprii un po' gli occhi, ma li sentivo pesanti per gli ultimi tormenti allo stomaco. Ero davvero molto spossata; a un certo momento aprii gli occhi e... credetti di sognare: vedevo tutto distintamente. Bussai alla mamma che accorse temendo che avessi ripreso il vomito sanguigno, invece mi udì esclamare felice: « Mamma, ci vedo! ». Lei credette che vaneggiassi e per sincerarsi pose un vaso di fiori bianchi davanti a me. « Oh, che bei fiori bianchi! », dissi io, « a maggio li porteremo in chiesa alla Madonna ». Immagini un po', cara signorina, la gioia di quella domenica. Il sabato era stato tutto nero, come sempre, e la domenica vedevo tutto e bene. Ringrazio sempre, e assieme a Dio mille volte la piccola Teresa. Nessuno l'avrebbe creduto, e io meno degli altri, che allo stato in cui mi trovavo avrei recuperato la vista. Un anno fa il dottor Seidì disse a una mia zia: « Per gli occhi non c e più alcuna speranza, dovrebbe succedere un miracolo per farli risanare». Sabato, 28 aprile, il medico era di nuovo qui, quando un crampo mi tirò il piede sinistro fin sotto il ginocchio destro. Ancora una volta lui disse: «Non c'è più nulla da fare». Stavo quasi per arrabbiarmi. I medici vedono nell'avvenire tanto poco quanto noi. Questo è riservato solo a Dio, per il nostro meglio, e noi dobbiamo abbandonarci con gioia alla Provvidenza divina. Che il buon Dio faccia di me quello che vuole. Se mi farà guarire, sarò contenta, e se mi farà soffrire per altri cinquant'anni alle gambe, fa lo stesso. Se mi vuol togliere di nuovo la vista, è affar suo; se mi facesse morire sarebbe la mia più gran gioia. Ho spesso tanta nostalgia del paradiso, ma forse dovrò salire ancora molti gradini della Via crucis... Con la vista, Teresa aveva riacquistato la possibilità di leggere e di ammirare la natura, grande gioia per lei. Gli altri guai però erano rimasti. I due anni che seguirono furono colmi di sofferenze, cristianamente accettate. Da una lettera che Teresa scrisse a una sua amica, che era stata sua compagna di scuola e con la quale aveva progettato di andare nelle missioni, possiamo renderci conto del modo in cui Teresa accettava le pene che quotidianamente la tormentavano: « Cara sorella, non va troppo male, anche se le sofferenze occupano gran parte del mio tempo. Questa ormai è la mia professione. Non mi è stato concesso di operare nelle missioni all'estero, conquistando anime al mio diletto Salvatore, ma posso farlo qui, a casa mia. Fa lo stesso, vero, il posto dove si opera; siamo dovunque a casa nostra finché non giungeremo alla nostra vera dimora verso la quale aneliamo con nostalgia! ».


    Immagine tratta dal sito http://www.oarquivo.com.br/

    La guarigione dalla paralisi

    Venne il giorno della santificazione della piccola Teresa di Lisieux, 17 maggio 1925. Dal Diario di padre Naber ricaviamo la descrizione di quanto avvenne: « Quel giorno fui chiamato presso l'ammalata perché non si sapeva che cosa avesse. La trovai con gli occhi fissi e rivolti verso qualcosa davanti a lei, le mani tese nella stessa direzione, il volto radioso; faceva cenni di assenso con la testa, come se stesse parlando con qualcuno. Improvvisamente si mise a sedere, cosa che per sei anni e mezzo non era riuscita a fare. Quando quello stato straordinario sparì, le chiesi dove fosse stata. Invece di rispondere, lei dichiarò con sorprendente sicurezza che ora poteva alzarsi e camminare. La madre guardò stupita il piede sinistro che da circa nove mesi era rattrappito e girato verso il destro: ora era di nuovo normale come l'altro. Subito la malata si alzò e sorretta dal padre camminò per la stanza per mezz'ora. Alla mia rinnovata domanda dove fosse stata, raccontò che all'improvviso, mentre pregava, le era apparsa davanti agli occhi una luce e una voce straordinariamente amichevole le aveva chiesto se volesse guarire; lei aveva risposto che per lei tutto andava bene, guarire, restare malata, morire, come voleva Dio. Al che la voce aveva replicato che oggi avrebbe avuto una piccola gioia, si sarebbe alzata e avrebbe camminato. Però avrebbe dovuto soffrire ancora molto e nessun medico avrebbe potuto curarla. Non doveva comunque disperare: "Io ti ho aiutata finora e ti aiuterò anche in avvenire". La voce parlò ancora del significato del dolore e concluse: "Io ho scritto: Si salvano più anime coi patimenti che con le prediche più brillanti" ». (Vedi la sesta lettera di santa Teresa di Gesù Bambino ai missionari). Da allora le due vertebre, che prima erano distorte e compresse, tornarono in posizione naturale, i crampi e la paralisi sparirono e la malata poté camminare appoggiandosi al bastone e a una persona... » L'opera fu completata qualche mese dopo: « Il 30 settembre, anniversario della morte di santa Teresa », leggiamo ancora nel Diario del parroco, « la meravigliosa luce apparve di nuovo e la stessa voce disse all'ammalata che Dio voleva che ora camminasse senza aiuto. E così fu ». Ancora una volta Teresa descrisse in una lettera a un' amica suora la grande esperienza della guarigione. La lettera è datata 16 giugno 1925, un mese dopo il recupero dell'uso delle gambe: Cara amica, voglio raccontare anche a te la grande, immeritata grazia che è stata concessa il 17 maggio. Pensa, cara amica, che ora posso sedere e camminare. Non so lontanamente descriverti come mi sento: tutto il mondo mi sembra nuovo... Sai, non sono mica guarita del tutto; anche la voce mi aveva detto che avrei sofferto ancora molto, ma questo mi rallegra perché senza dolori e patimenti non so più immaginare la vita. Ma i dolori più grandi, quelli alla spina dorsale, sono scomparsi completamente. Il punto leso sta bene, le vertebre sono tutte a posto, grazie a Dio. Ti voglio raccontare brevemente com'è successo. Il 17 maggio, giorno della canonizzazione della piccola santa Teresa, stavo nel pomeriggio sola soletta nella mia stanza, immersa nella devozione del mese di maggio. Recitavo appunto il rosario quando d'improvviso si fece una gran luce davanti a me. Non posso descriverti quel chiarore. Al primo momento mi spaventai, tanto che gettai due forti grida che furono udite persino dai miei cari, da basso. Ma quando vennero su, non li vidi né li udii. Però non avevo piu il crampo. I miei cari s'accorsero subito che avevo un altro aspetto. Vennero le sorelle Arzberg e mia sorella Anna, e poi andarono a chiamare il signor parroco. Egli racconta che, appena entrato dalla porta, comprese in quale stato mi trovassi: non somigliavo più a me, né sapevo chi fosse presente. Ma ciò che accadeva dentro di me lo ricordo come fosse ora. Quando vidi la luce, sentii una voce dolcissima che incominciò a chiacchierare. Mi chiese se volessi guarire. Risposi che per me andava bene tutto: vivere o morire, essere sana o malata. Tutto ciò che vuole il Signore va bene per me, tanto lui sa ciò che è per il meglio. Allora la voce disse: « Ti farebbe piacere se potessi badare a te stessa? », ed io: « Tutto mi fa piacere ». La voce disse ancora: « Perché sei così sottomessa, come piace al Signore, ora avrai anche tu una piccola gioia. Ma dovrai soffrire ancora molto e a lungo: nessun medico ti potrà aiutare. Io ti sono stata sempre vicina e continuerò ad esserlo. E ora puoi metterti a sedere. Prova, via, io ti aiuterò ». E qualcosa mi afferrò alla mano destra e mi aiutò a sedere. Ma nello stesso istante ebbi un dolore tremendo nel punto leso della spina dorsale, tanto che mi dovetti sdraiare di nuovo. La voce continuò a parlare ancora e ancora, ma ora diceva soltanto cose che riguardavano il mio intimo. Parlò molto e insistentemente delle sofferenze, ma questo non intendo rivelarlo. Solo al mio confessore narrai tutto, per obbedienza. La voce aggiunse ancora una frase riguardo ai patimenti: « Questo l'ho già scritto tempo fa». Da quella frase il mio confessore riconobbe che la voce apparteneva a santa Teresa, perché la trovò nei suoi scritti, ma solo il lunedì seguente. La voce parlò ancora di cose spirituali e poi disse: « Adesso puoi alzarti e camminare ». Di nuovo sentii afferrare la mia mano e sedetti. Poi la voce disse ancora qualche cosa e d'improvviso la luce sparì. Solo in quel momento vidi e udii i miei cari... Si, cara amica, le mie vertebre ora sono diritte e così anche la gamba, solo un po' più corta. Come abbia fatto a raddrizzarsi, non lo ricordo affatto, ma la mia cara mamma e le reverende suore videro, durante quell'ora, che a poco a poco la gamba si stendeva, mentre prima era ancora tutta rattrappita. Qualche giorno dopo venne il dottor Seidi e rimase stupefatto. Egli mi visitò a fondo e constatò che la lesione al midollo spinale era del tutto guarita. Però proprio del tutto sana non lo sono, sai; quelle sofferenze che dipendono dal sangue sono rimaste. Se la santissima volontà di Dio avesse disposto che guarissi completamente, la voce me l'avrebbe detto. Già così sono molto felice: senza patimenti non vorrei vivere. Ora i miei cari non hanno più tanto da fare intorno a me... anzi, ora che c'è la raccolta del fieno sono io che lavo i piatti e che rassetto le stanze da basso. Poi vado a passeggiare nel bel mondo di Dio e tutto mi sembra nuovo. Quant'è buono il Signore con noi peccatori! Quante gioie dà al mondo! Io mi rallegravo già tanto quando mi portavate i fiori e ora, pensa, posso raccoglierli da me... Con la guarigione dalla paralisi alle gambe i miracoli non erano però finiti. Il 13 novembre di quello stesso anno Teresa Neumann ebbe un violento attacco di appendicite acuta con febbre altissima. Il medico curante, dottor Seidì, ravvisò la necessità di un'immediata operazione, da farsi nel vicino ospedale di Waldsassen. Poiché la madre di Teresa piangeva disperatamente, la malata chiese al parroco padre Naber se potesse posare una reliquia di santa Teresa di Lisieux sulla parte dolente e implorare il suo aiuto. Il parroco non trovò nulla da obiettare e Teresa allora fece posare la reliquia sull'addome sofferente e pregò: « Santa Teresa! Tu puoi aiutarmi! L'hai già fatto tante volte! Non lo chiedo per me, ma sentì un po' cosa sta combinando la mamma! » Padre Naber, che fu presente tutto il tempo, così descrisse il fatto nel suo Diario: « La malata si contorceva nel letto come un verme, mentre i presenti pregavano santa Teresa. All'improvviso si voltò verso qualcosa, aprì gli occhi, il viso le divenne radioso, alzò le mani e le tese verso qualcuno davanti a sé, disse alcune volte: "Si", e poi si drizzò. Premette alcune volte sulla parte ammalata chiedendo: "Veramente?". Io domandai allora se fosse apparsa di nuovo santa Teresa e la risposta fu: "Si, e ha detto che devo andare subito in chiesa a ringraziare Dio. Mamma, portami un vestito!". Si vestì e andammo in chiesa, tra lo stupore di tutta la gente del paese. Ogni dolore era passato. Durante la notte tutto il pus fu espulso per via naturale, solo le croste provocate dalla febbre sulle sue labbra durarono otto giorni. Oltre a sentire la voce, Teresa aveva visto questa volta anche una mano, bianca e sottile. La voce aveva detto: "La tua completa sottomissione e la tua gioia nel sopportare i dolori mi rallegrano. Affinché il mondo riconosca che questo è un avvenimento straordinario, non occorre che ti operi; ma va' subito, subito, a lodare il Signore e a ringraziarlo. Tu dovrai soffrire ancora molto, ma non temere nulla, neppure i patimenti interiori. Solo così potrai contribuire alla salvezza delle anime. Dovrai sempre di più rinunciare al tuo io, ma resta sempre così, candidamente innocente...». La strada di Teresa Neumann era segnata: visioni soprannaturali e sofferenze caratterizzeranno d'ora in poi la sua esistenza.

    (continua)
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 20-10-09 alle 00:16
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

 

 

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