La notte scorsa, intorno alle 4.15, si registrava il minimo della domanda elettrica italiana nella giornata del 19 maggio: circa 27.000 megawatt. È dunque, questa, la base della domanda elettrica italiana, quella che dobbiamo essere in condizioni di garantire a ogni ora del giorno, in qualsiasi condizione meteo. Di notte, senza sole e con l’intermittenza della fonte eolica, la potenza idroelettrica installata (meno di 18.000 megawatt) non basterebbe a soddisfare la domanda nemmeno funzionando a pieno regime.
L’impossibilità di rispondere alla domanda è, al momento, uno dei limiti principali delle rinnovabili come eolico e fotovoltaico, dovuta principalmente all’intermittenza della fonte. Per questo per ogni chilowatt di potenza installata ne occorre uno in fonti tradizionali, siano idroelettrico, nucleare o combustibili fossili.
È anche a partire da questi dati che dovremmo riflettere quando saremo chiamati a decidere il futuro energetico italiano. E la scelta, badate, non sarà tra nucleare e rinnovabili, ma tra nucleare e combustibili fossili.
Dei secondi, sappiamo che sono i principali responsabili dell’aumento di gas serra in atmosfera e i più che probabili colpevoli del riscaldamento globale in atto. Sappiamo che si trovano principalmente in paesi politicamente instabili e che la fluttuazione del loro prezzo porta a incrementi vertiginosi del prezzo dell’energia. Sappiamo anche che provocano un inquinamento ambientale insostenibile e che reclamano un crescente pedaggio in termini di salute. E infine sospettiamo che presto (il petrolio) o tardi (gas e carbone) cominceranno a scarseggiare.
Anche del nucleare abbiamo sentito parlare molto, in questi mesi, a seguito del grave incidente accaduto a quattro reattori della centrale di Fukushima Daiichi dopo lo tsunami che ha colpito il Giappone. Ma mentre in Europa e negli Stati Uniti si è preso a riflettere su come migliorare la sicurezza delle centrali, in Italia il dibattito si è subito incancrenito su posizioni ideologiche da derby calcistico degne di miglior causa. E spesso ci è toccato ingoiare dalla stampa nazionale ammirevoli perle di disinformazione, sia sulle conseguenze dell’incidente (che allo stato delle cose potranno essere realmente valutate nell’arco di mesi o anni) sia a proposito delle scelte energetiche che ci prepariamo a fare.
In questo numero trovate due articoli: uno sull’incidente di Fukushima, l’altro sulle centrali nucleari di generazione 3+, in costruzione oggi in diversi paesi. Non pretendono di rispondere a tutti gli interrogativi sull’opportunità di ricavare elettricità dalla fissione atomica, ma rientrano in quella riflessione sulla base di costi, rischi e benefici su diversi fronti – tecnologico, economico, ambientale, sociale – che si sta svolgendo in molte parti del mondo.
Il referendum sul nucleare che si svolgerà (salvo cambiamenti dell’ultima ora) il 12 e il 13 giugno ci chiama a decidere il futuro del paese, ma probabilmente molti di noi si presenteranno all’appuntamento senza avere un’idea chiara dei pro e dei contro. Senza aver avuto accesso a un’informazione scevra da pregiudizi e fondata su fatti condivisi. E una democrazia priva di un sistema dell’informazione affidabile e credibile è una democrazia dimezzata.