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    Predefinito Fine del berlusconismo e ricostruzione della Sinistra

    Fine del berlusconismo e ricostruzione della sinistra
    Alfonso Gianni, 08 giugno 2011, 17:45



    Dibattito a sinistra La strada è tracciata. E' quella del rafforzamento del centrosinistra dal punto di vista della proposta e del profilo programmatici. Un solo esempio: il governo che verrà dovrà fare i conti con i diktat europei sul debito che spingono il nostro paese a una manovra di 46 miliardi di euro. Se farla e come farla è uno dei punti più qualificanti e va discusso per tempo, per evitare gli errori del primo e del secondo governo Prodi. Né può essere un argomento per iniziati. Aprire un cantiere su queste questioni significa anche porsi il problema di chiuderlo con una proposta in positivo. Ogni forza politica faccia le sue riflessioni, ma è il centrosinistra nel suo insieme che deve dare un segnale forte

    In attesa che il possibile quorum - risultato tutt'altro che scontato, viste le omertà del Viminale sulle modalità e il peso del voto degli italiani all'estero - seppellisca definitivamente le follie nucleariste, le pulsioni privatizzatrici del bene comune per eccellenza quale è l'acqua e i tentativi di fuga dalla giustizia del premier e dei ministri, vale la pena di tornare a ragionare sul voto amministrativo. Diverse sono le analisi che ormai hanno messo in chiara luce la portata e il dettaglio degli esiti elettorali.

    In estrema sintesi si possono trarre almeno le seguenti conclusioni: 1) l'astensionismo è un poco diminuito rispetto al 2008, soprattutto per il ritorno al voto dell'elettorato di sinistra, ma la partecipazione al voto resta inferiore a quella delle precedenti comunali; 2) il centrosinistra ha nettamente migliorato le sue posizioni, avendo conquistato 10 comuni in più, mentre il centrodestra ne ha persi 17; in termini di voti cresce rispetto alle precedenti regionali, soprattutto al Nord; 3) il terzo polo ne esce ridimensionato nelle aspettative; 4) l'affermazione delle forze della sinistra di alternativa è buona (non considero tra queste ovviamente l'Idv), ma ben al di sotto del 10%; 5) il Pd tiene al Nord, avanza a Milano, ma crolla al Sud, Napoli in primo luogo.

    Quindi il centrosinistra è il vincitore. Chi, a sinistra, si è collocato fuori ha raggiunto percentuali irrisorie, mentre la soluzione destra-centro-sinistra vanta solo l'affermazione di Macerata che, con tutto rispetto per la città dello sferisterio, poco può di fronte a casi come quelli di Torino, di Cagliari, di Milano o di Napoli. Si potrebbe quindi concludere che al di fuori del centrosinistra non vi è possibilità di battere le destre. Ma la domanda successiva diventa: quale centrosinistra? Questo ha presentato profili programmatici e figure diverse, non ascrivibili solo alle tradizioni locali. Sempre in linea riassuntiva mi sembrano tre i modelli di centrosinistra che hanno dominato la scena. Quelli che si sono affermati a Torino, a Milano, a Napoli.
    A Torino ha vinto la continuità. Direi un centrosinistra classico con un'evidente egemonia moderata. A Milano (e l'interessantissima Cagliari può essere anch'essa iscritta in questa fattispecie, senza fare torto alla storica singolarità sarda) si è affermato un centrosinistra plasmato dal risultato delle elezioni primarie, nel quale un intelligente Pd ha saputo trarre il massimo vantaggio per sé pur essendo stato sconfitto nelle primarie stesse, ma non è in grado di esprimere un'egemonia sulla coalizione, poiché questa è stata conquistata dalla capacità inclusiva di Pisapia, e delle forze che lo hanno sostenuto, capace di parlare a molti settori della società milanese senza fare venire meno la propria chiara opzione di sinistra. A Napoli ha vinto chi è partito non solo fuori ma contro il centrosinistra, rifiutando le stesse primarie di coalizione, chi ha fatto dell'innovazione e della discontinuità la sua arma principale, chi ha affondato le mani nella crisi dei partiti per raggiungere la società e su questa base ha permesso a un centrosinistra di ricostruirsi su basi rinnovate. Tutti questi processi, specialmente quelli che riguardano gli ultimi due modelli più innovativi, sono fragili, a pericolo di involuzione, né è chiaro quale tra questi prevarrà, ma sono finalmente in campo. La loro vitalità e i loro esiti saranno decisivi per la sconfitta definitiva del berlusconismo.

    Non vi è mai trasposizione meccanica del voto amministrativo sul quadro politico, così come non vi sarà per il voto referendario neppure nella migliore delle ipotesi. Tutti questi eventi, cui aggiungerei la bella prova dello sciopero generale della Cgil del 6 maggio, dovrebbero però fare giustizia di molte alchimie politiche dimostratesi infondate. Non mi riferisco solo alla comica proposta di un intervento delle forze dell'ordine costituito per liberarci da Berlusconi, ma soprattutto alla supposta indispensabilità di un allargamento a destra della coalizione quale condizione indispensabile per la vittoria. Non è stato così, in modo molto evidente, non lo sarà nella prossima scadenza elettorale politica, anticipata o no, pur essendo molto probabile che si vada a votare sempre con questo meccanismo che cerca di fare sopravvivere il bipolarismo.

    La strada è tracciata. E' quella del rafforzamento del centrosinistra dal punto di vista della proposta e del profilo programmatici. Un solo esempio. Il governo che verrà dovrà fare i conti con i diktat europei sul debito che spingono il nostro paese a una manovra di 46 miliardi di euro, secondo le autorevoli stime della Corte dei Conti. Se farla e come farla è uno dei punti più qualificanti e va discusso per tempo, per evitare gli errori del primo e del secondo governo Prodi. Né può essere un argomento per iniziati. Aprire un cantiere su queste questioni significa anche porsi il problema di chiuderlo con una proposta in positivo. Ogni forza politica faccia le sue riflessioni, ma è il centrosinistra nel suo insieme che deve dare un segnale forte. Si potrebbe fare una convention di tre giorni - per indicare un tempo non strozzato di dibattito - aperta a tutte le forze politiche interessate a fare parte di una simile coalizione e ai movimenti. Da lì potrebbe partire una griglia di proposte da discutere e affinare in un più lungo e articolato processo di coinvolgimento a livello territoriale. Il tempo è breve, ma c'è, bisogna cominciare subito.

    La ricostruzione della sinistra passa attraverso la sconfitta del berlusconismo. Non è possibile rovesciare, proprio adesso che questo obiettivo appare più vicino, l'ordine dei processi. Per questo le ipotesi che qua e là emergono di fare un partito unico della sinistra, fondato su Pd, Sel e Idv, mi appaiono devianti. Non solo perché restringono arbitrariamente il campo dei soggetti impegnati a una ricostruzione della sinistra, ma perché si basano su un'analisi quantomeno discutibile del Pd stesso. Da molte parti si sente dire, anche da esponenti di quel partito, che il progetto del Pd è fallito. E' vero, soprattutto per chi non da oggi lo afferma, vedendo anche in questo l'aprirsi alla sinistra del Pd di una prateria che meriterebbe di essere percorsa con strumenti adeguati. Il nuovo soggetto politico della sinistra di cui si parla nel documento conclusivo del congresso di Sel, è precisamente questo. Ma non si possono attribuire a un progetto intenzioni non proprie.
    Se si pensa che il progetto del Pd fosse una moderna sinistra socialdemocratica e si volesse perciò parlare di fallimento, si commetterebbe un errore. Il Pd è nato rompendo con l'idea stessa della sinistra, fuoriuscendo dalla sua storia e da quella del movimento operaio. La sua ambizione è occupare il centro, secondo un'opzione che Kirchheimer avrebbe definito di "partito pigliatutto", essere il protagonista di una modernizzazione moderata del paese entro un processo di omologazione europea. "Il paese normale" di cui, seppur con diversi accenti ci hanno parlato sia D'Alema che Veltroni. Per questo il bipolarismo, anzi il bipartitismo, è consustanziale a questo progetto, quale migliore strumento per la competizione al centro. Il suo fallimento consiste nel fatto che da un lato l'operazione pigliatutto non gli riesce ed anzi questa lo tiene costantemente in pericolo di implosione, dall'altro dal fatto che la formazione di un nuovo blocco sociale e culturale, nato anche grazie alla disgregazione di quello berlusconiano, può prendere consistenza e volto solo in una dimensione di riformismo radicale. Quale quella che proprio i candidati non del Pd nelle recenti elezioni hanno saputo incarnare. E' questo quindi il campo che dobbiamo rafforzare.

    http://www.paneacqua.eu/notizia.php?id=17952
    Ultima modifica di SteCompagno; 09-06-11 alle 19:52
    VOTA NO AL REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE
    UN NO COSTITUENTE PER LA DEMOCRAZIA CONTRO L'AUSTERITA'
    http://www.sinistraitaliana.si/ - http://www.noidiciamono.it/

 

 

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