Primarie, l'ultima tentazione del Cav.
di Simone Bressan
13 giugno 2009
Al nord un elettorato che gli rinfaccia l'eccessiva attenzione per Napoli, la Sicilia, la Sardegna di Villa Certosa. Al sud sostenitori e amici che lo rimproverano per il rapporto privilegiato con la Lega di Bossi e per una certa attenzione alle regioni del nord, dove fa correre sempre i suoi uomini migliori e da dove pesca i ministri più importanti (Gelmini, Brunetta, Tremonti). A Roma i mal di pancia uniscono l'ala modernista di Gianfranco Fini e quella dei duri e puri di An che poco e male hanno digerito lo scioglimento al centro del loro partito. A Macherio c'è Veronica e tutto quello che ne consegue in questi giorni quantomeno burrascosi. E' un Berlusconi accerchiato da mille problemi, quello che si appresta a vivere un'estate che si preannuncia calda al di là della situazione meteo.
Berlusconi sa che, nonostante la puzza sotto il naso di una parte dell'establishment radical-chic del partito, la sua grande forza emerge quando sta tra la gente. Più bravo a stringere mani e a dare pacche sulle spalle che a sedere nei salotti buoni della Finanza e della Politica, il Premier inizia a maturare l'idea che solo un'altra grande investitura popolare possa spazzare via con un colpo secco tutte le nubi che si stanno formando nel cielo fino ad oggi sereno della sua leadership. Ci ha provato in queste elezioni europee, intuendo lo stato comatoso del Partito Democratico e cercando di trasformare l'esito del voto in una gigantesca primaria in grado di incoronarlo leader incontrastato del centrodestra. Non ci è riuscito per almeno due motivi: la vivacità propositiva della Lega al Nord e il grande astensionismo del Sud che per la prima volta non ha risposto all'appello di Silvio.
Il problema è che più di qualcuno inizia ad identificare in questa piccola battuta d'arresto, l'inizio del crollo. Lo sperano gli aspiranti alla successione, lo temono i più ascoltati consiglieri dell'entourage berlusconiano. C'è solo un modo per evitare la spirale depressiva tra i Berlusconi boys ed è la mobilitazione, attività in cui Berlusconi è bravo più di chiunque altro. L'incontro con Bossi ha chiarito al leader del Pdl che con la Lega ci sarà sempre un'alleanza saldissima ma che evitare la competizione e puntare alla desistenza è sostanzialmente impossibile. Il rischio di un boom padano anche sotto le rive del Po è dietro l'angolo ed è chiaro a tutti che più cresce la Lega più, in un equilibrio destra/sinistra tutto sommato costante negli anni, il Pdl rischia di perdere consensi.
La via delle elezioni anticipate e quella di tentare nuovamente al prossimo turno utile (regionali 2010) un referendum sul suo nome sembrano a Berlusconi due strade troppo ricche di ostacoli per superare agevolmente l'impasse generata dal mancato raggiungimento di quota 40 (o 45). Da qui l'idea, folle ma lucida, di rimettere in palio la leadership. Come? Attraverso elezioni primarie da tenersi ad ottobre/novembre. Lontano dalla kermesse leghista di Venezia e dalla formazione delle liste per le regionali, così da non influenzare le scelte sui candidati governatori al nord.
Berlusconi sa che nessuno oserebbe sfidarlo, rischiando un massacro elettorale di dimensioni gigantesche. E sa anche che l'unico modo in cui Fini potrebbe tenere un piede in questa partita è quello di azzardare un ticket con il Presidentissimo. Così Berlusconi vedrebbe confermato il suo status di dominus incontrastato, si garantirebbe il colle con l'appoggio non più reticente di tutto il suo partito e ritornerebbe sulla cresta dell'onda mediatica, tacitando una volta per tutte gli oppositori interni. Se tutto questo vi sembra fantascienza, ricordatevi di come avete reagito quando il signore in questione ha deciso di fondare un partito in piazza, parlando dal predellino di un'automobile.
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