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    Predefinito La Fiom fa parlare il centro-sinistra

    La Fiom fa parlare il centrosinistra
    Pino Salerno , 19 giugno 2011, 23:42

    Con il concerto di Luca Barbarossa, Fiorella Mannoia, Paola Turci e Andrea Rivera si è conclusa a Bologna la Festa per i 110 anni della FIOM. Una straordinaria kermesse, con migliaia di presenze e un successo politico e mediatico indiscutibile. Quattro giorni destinati a restare nella storia del sindacato dei metalmeccanici. Ne abbiamo già raccontata una, la prima. Ora ne raccontiamo un'altra, la terza, quella che dopo la serata dal titolo "Tuttinpiedi", curata da Michele Santoro e condotta da Serena Dandini con la complicità di Vauro, ha messo insieme allo stesso tavolo i leader del Centrosinistra

    La linearità progettuale di Niki Vendola. La testardaggine identitaria di Antonio Di Pietro. La provocatoria vocazione analitica di Maurizio Rossi. Le difficoltà politiche di Rosy Bindi (che ha sostituito Pierluigi Bersani, impegnato a Genova nella Conferenza nazionale sul lavoro del PD). E tra loro, le domande pungenti di Lucia Annunziata. Ma soprattutto le sfide del leader della Fiom, Maurizio Landini. Non c'è che dire, la serata dedicata al confronto tra i leader del centrosinistra, tenacemente voluta dalla Fiom, in occasione della festa per i suoi 110 anni, ha provocato effetti sotto certi aspetti inattesi, dopo i successi straordinari delle elezioni amministrative di maggio e dei Referendum a giugno. Insomma, ha dimostrato ampiamente che distanze ancora esistono tra i nostri leader, a cominciare dai linguaggi per finire alle caratteristiche politiche e progettuali. Non si tratta solo di schermaglie rivolte ad un pubblico numeroso e attento, per poi definire e smussare e argomentare attorno ad un altro tavolo. Si tratta proprio della emersione delle diversità. E le diversità sono ricchezze, soprattutto in politica. Basta sapersi ascoltare. Solo che nella serata bolognese, l'impressione forse più netta è che siamo ancora dinanzi ad un confronto tra posizioni rigide e per lo più identitarie. Certo, è chiaro l'orizzonte comune: unirsi per governare finalmente l'Italia, risistemando quel legno storto lasciato dalla pesantissima eredità del berlusconismo. Come e con quale progetto politico unitario è in realtà il tema della serata, e del vero e proprio confronto tra posizioni apparse differenti.

    Su sollecitazione astuta di Lucia Annunziata, è toccato proprio a Maurizio Landini gettare il sasso nello stagno provocando una serie molto interessante di effetti. La sfida di Landini alle forze politiche di centrosinistra, per la verità più volte ribadita in questi giorni, ruota attorno a due perni sostanziali: il confronto con la Fiat, quale madre di tutte le battaglie per la dignità del lavoro, la democrazia rappresentativa nei luoghi di lavoro, la tutela costituzionale del lavoro, da un lato, e dall'altro l'analisi dei recenti risultati elettorali, così sorprendenti, sollecitano la riflessione dei partiti perché è tempo che essi ammettano di non essere più capaci di trascinare la partecipazione popolare nelle grandi scelte che interessano il nostro Paese - dalla questione dei movimenti studenteschi ai referendum sui beni comuni. Insomma, la società organizza il conflitto sociale in assenza del sostegno forte dei partiti. E questo è un bene, ma rappresenta un limite sul quale le forze politiche di centrosinistra dovrebbero interrogarsi.

    La vicenda Fiat, secondo Landini, apre una grande questione democratica, perché se la legittimazione della rappresentanza dei lavoratori in azienda è riservata solo a coloro che firmano i contratti, allora vuol dire che i diritti universali costituzionalmente garantiti vengono del tutto annientati per effetto di una convenienza contingente. Così come, per la prima volta in Italia, con le leggi di questo governo, si limita intenzionalmente l'accesso universale al sapere universitario. E chi ne subisce le conseguenze sono proprio i figli dei lavoratori dipendenti, e in particolare degli operai, sempre più poveri nonostante il salario più o meno certo a fine mese, ma decisamente insufficiente. Allora, dice Landini suscitando l'ovazione del pubblico bolognese, è il momento di venire in soccorso ai movimenti degli universitari e dei precari, con la proposta del Reddito di cittadinanza. È a tutti evidente la forza persuasiva di questa proposta, e soprattutto la sua forza "eversiva" rispetto alla tendenza neoliberista di questo governo.

    È a questo punto, che si è aperta la discussione tra i leader, divisa tra argomentazioni politiciste su Casini e il terzo Polo, sullo schieramento che può battere Berlusconi con questa legge elettorale, sulle primarie e sulla scelta del leader, e qualche analisi rigorosa nel merito delle sfide lanciate da Landini e dagli operai della Fiom. Insomma, la Bindi ha proposto la creazione del Nuovo Ulivo che, dopo essersi esercitato nelle primarie, sentendosi limitato nei numeri, "perché una minoranza non può guidare il Paese avendo contro la maggioranza", dialoga col terzo Polo sui contenuti programmatici del governo ulivista. Di Pietro ha invece tirato fuori la teoria aristotelica del Tertium non datur, sostanzialmente smontando il rapporto con Casini: "se si chiama terzo Polo è perché vuole andare da solo. E poi la distanza tra noi dell'Italia dei Valori e Casini è siderale, a cominciare dalla partecipazione alla guerra in Libia". E ovviamente, Maurizio Rossi della Federazione di Sinistra ha negato qualunque tipo di rapporto politico col centro moderato.

    Ma è a questo punto che la linearità progettuale di Nicki Vendola ha avuto ragione (anche negli umori del pubblico) su un dibattito che rischiava di avvitarsi su stesso e sul solito e trito linguaggio politicista. Insomma, la sfida di Landini è stata raccolta con molte ragioni solo da Nichi Vendola. O almeno così è sembrato a chi scrive e al pubblico di Bologna. Opportuno dunque terminare con una sintesi, difficile ma necessaria, del Vendola-pensiero illustrato a Bologna. Il linguaggio tendenzialmente e rischiosamente politicista ha lasciato il posto a un altro modo di analizzare il mondo e di "raccontarlo". Il cantiere del centrosinistra di cui spesso parla Vendola è intanto una riflessione sul linguaggio e sui soggetti protagonisti del cambiamento, dopo la stagione dei movimenti e dei referendum. Essi raccontano un'altra Italia e un altro mondo, a partire dalle loro esistenze tradite (sembra di riascoltare il Gramsci che analizza il carattere eversivo delle classi dirigenti) da un sistema nel quale i profitti sono dei pochi e le perdite sono dei molti, e nel quale il trasferimento di ricchezza dalla produzione, cioè dal lavoro salariato, alla rendita finanziaria raggiunge circa otto punti di Pil, con un tendenziale impoverimento del mondo del lavoro. Ciò pone dinanzi a noi, alla sinistra, e non solo (anche a Casini, con il quale si dovrà pur discutere sul fatto che l'impoverimento dei lavoratori si riverbera sulle famiglie), il tema della modernità e della civiltà. Usare il linguaggio del racconto di un'altra Italia e di un altro mondo possibile ci consente di riavvicinare la politica ai tanti soggetti, organizzati e non, che ne hanno smarrito il senso. Eppure non hanno smarrito la forza e la voglia di trasformare il paese e il mondo. Questi sono i soggetti protagonisti del Cantiere del centrosinistra vendoliano. Sollecitano e ascoltano, argomentano e si mobilitano, si accendono di entusiasmo e riempiono le piazze. Partecipano. Ecco, ci sembra che tra le parole di sfida della Fiom lanciate da Landini, quella che maggiormente accomuna le forze di centrosinistra è "partecipazione". Ma serve umiltà, capacità di ascolto, senso dell'inclusione e dell'apertura a tante soggettività, volontà di confrontarsi rispettando le diverse posizioni. Cioè, la civiltà della politica, che forse in molti hanno dimenticato, e che invece Vendola, Landini e gli operai della Fiom non si stancano mai di mettere al centro della loro riflessione e della loro prassi


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