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    Predefinito Rif: La Tesi di Cassiciacum: un grande frutto della teologia romana


  2. #22
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    Predefinito Rif: La Tesi di Cassiciacum: un grande frutto della teologia romana

    Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
    Centro Studi Giuseppe Federici

    In memoriam

    Il 27 febbraio è l’anniversario di morte di due grandi figure dell’antimodernismo:

    Mons. M.L. Guérard Des Lauriers (25 ottobre 1898 – 27 febbraio 1988), autore della parte teologica del Breve esame critico al Novus Ordo Missae e della Tesi di Cassiciacum. Non ha atteso di andare in pensione per criticare il Concilio e per questo fu allontanato dall’Università Lateranense, dove era docente. Oggi è inviso da chi invece esalta coloro che hanno atteso la pensione per criticare il Concilio…

    Mons. Umberto Benigni (30 marzo 1862 – 27 febbraio 1934), fondatore del Sodalitium Pianum. Mise la sua vasta cultura e le sue notevoli qualità al servizio di San Pio X per contrastare i modernisti che si nascondevano “nel seno e nelle viscere della chiesa” (enciclica Pascendi). Dopo la morte di San Pio X fu emarginato non dai modernisti, ma dai moderati, che ieri come oggi sono intransigenti contro gli intransigenti e liberali coi liberali.

    "Bonum certamen certavi, cursum consummavi, fidem servavi. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (San Paolo, 2Tm 4,7)

  3. #23
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    Predefinito Rif: La Tesi di Cassiciacum: un grande frutto della teologia romana



    27 febbraio 1988 - 2011

    Defensor Eucharistiae
    Defensor Papatus
    Defensor Ecclesiae Catholicae
    Ultima modifica di Luca; 27-02-11 alle 18:47

  4. #24
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    Predefinito Rif: La Tesi di Cassiciacum: un grande frutto della teologia romana

    Una valida consacrazione episcopale è necessaria per

    essere Papa?


    di don Francesco Ricossa


    Occasione di questo articolo

    I lettori più attenti ricorderanno che Sodalitium ha già trattato di questa

    questione, e più di una volta (ad esempio nei numeri 58 e 59) Ci

    ritorniamo su, perché malgrado le nostre spiegazioni,

    l’idea secondo la quale Benedetto XVI non sarebbe Papa perché non validamente consacrato Vescovo sta prendendo piede (naturalmente, negli ambienti sedevacantisti).

    Il problema è stato sollevato da alcuni siti internet francesi, dei quali abbiamo già parlato. Di questi siti, che in questi ultimi tempi hanno acquisito una certa qual notorietà dovuta anche al mezzo di diffusione impiegato, che permette una grande rapidità d’intervento
    con modica spesa, non condividiamo le tesi, e neppure il modo di
    esporle, ma non è nostra intenzione, almeno per adesso e in questa sede, il
    parlarne, per limitarci esclusivamente ad esaminare la questione esposta nel titolo di questo articolo.

    Pur non condividendo le idee e i metodi di queste persone, bisogna ascrivere a loro merito l’aver approfondito la questione della validità del sacramento dell’Ordine amministrato col nuovo rito riformato dopo il Vaticano II, in particolar modo il rito della Consacrazione Episcopale.

    Gli scritti in questione hanno sollevato un dibattito, nel quale non tutti sono intervenuti con la medesima competenza.

    In favore della validità delle consacrazioni episcopali secondo il nuovo rito

    hanno scritto i ‘domenicani’ di Avrillé (1); don Anthony Cekada (2), ad esempio, ha invece difeso la tesi dell’invalidità del nuovo rito di consacrazione episcopale.

    Nostra posizione sull’invalidità dei nuovi riti di ordinazione


    Sodalitium (n. 58, pp. 41-43 ) ha ribadito da parte sua l’antica convinzione

    di Padre M.-L. Guérard des Lauriers 46 o.p., secondo la quale, fermo restando che spetterà alla Chiesa dare una risposta definitiva sulla questione, bisogna perlomeno ammettere la probabilità che la Consacrazioni episcopali amministrate secondo il nuovo rito siano invalide.

    Un rito della Chiesa e promulgato dalla Chiesa, infatti, non solo non
    può essere invalido, ma neppure contenere qualcosa di contrario alla fede o
    alla morale. Ora, poiché la Riforma liturgica nel suo insieme, inclusa la riforma dei riti del sacramento dell’ordine, è moralmente inaccettabile e si allontana in maniera impressionante dalla fede cattolica quale è stata definita al Concilio di Trento, non può provenire dalla Chiesa e pertanto essere garantita dalla sua santità e infallibilità;

    (quanti riconoscono l’autorità dei ‘papi’conciliari e nel contempo rifiutano la
    riforma liturgica, devono ancora spiegarci com’è possibile che questa riforma
    possa venire dalla Chiesa e dal suo Capo, e nello stesso tempo essere moralmente inaccettabile). Da quanto detto consegue che chi avesse ricevuto
    l’episcopato, il sacerdozio o gli altri ordini con il rito riformato o da un vescovo consacrato col rito riformato, dovrebbe essere nuovamente ordinato
    “sub conditione”. La questione diventa tanto più urgente per il fatto che, con
    l’aumentare del numero di sacerdoti che celebrano con l’autentico messale
    romano promulgato da San Pio V, vi è il rischio che alcuni di essi, magari senza sospettarlo, non siano validamente ordinati e consacrino quindi invalidamente.

    Una nuova teoria “sedevacantista-lefebvrista”…

    Alcune persone, però, pretendono trarre, da questo fatto, ulteriori conseguenze.
    Se il nuovo rito di consacrazione episcopale è invalido, allora Joseph Ratzinger,consacrato appunto con questo rito, non sarebbe Vescovo. E poiché il Papa è Vescovo di Roma, si dimostrerebbe per il fatto stesso e con questo solo argomento che Joseph Ratzinger non è neppure Papa.

    Infine, con questo medesimo argomento si vorrebbe dimostrare che la Tesi

    di Cassiciacum, difesa ed esposta da Padre Guérard des Lauriers, e secondo

    la quale l’occupante la Sede Apostolica (almeno dal 1965) non è formalmente

    Papa, pur rimanendolo ancora materialmente,avrebbe perso ogni validità

    e probabilità proprio con l’elezione di Joseph Ratzinger, il quale, non essendo

    Vescovo (consacrato) non potrebbe essere ‘papa’ neppure materialmente.

    Di più: secondo questi autori, anche Padre Guérard des Lauriers – se fosse
    ancora vivo – giungerebbe a questa conclusione e penserebbe che la Tesi di
    Cassiciacum non ha più alcuna probabilità di essere vera, come si potrebbe dimostrare con alcune sue stesse affermazioni.

    Su questi ultimi due punti questi scrittori “sedavacantisti” (ma devoti alla memoria e all’opera di Mons. Lefebvre) trovano l’appoggio anche
    di una rivista “lefebvrista” italiana, secondo la quale i discepoli di Padre
    Guérard dovrebbero logicamente abbandonare la Tesi di Cassiciacum,
    giacché se Benedetto XVI non è Vescovo, non può essere neppure Papa, non
    solo formalmente ma anche materialmente.

    …che critica la Tesi di Cassiciacum senza conoscerla


    Prima di esaminare ancora una volta la (in)consistenza di queste affermazioni, ricordiamo brevemente ai lettori il significato delle espressioni utilizzate dalla Tesi detta di Cassiciacum: “l’attuale occupante della Sede Apostolica non è Papa formaliter, pur essendo ancora 47 ‘papa’ materialiter”. Infatti, e sembra incredibile, vi sono ancora persone che scrivono sulla Tesi di Cassiciacum e pretendono dimostrarne la falsità, senza averne tuttavia compreso l’enunciato.

    Valga d’esempio proprio un articolo recente (29 dicembre 2008; argomenti ripresi poi il 13 gennaio 2009) di uno di questi siti internet nel quale sta scritto:

    “Sodalitium (Don Ricossa) si dedica a una critica di questa commissione [la commissione canonica della Fraternità San Pio X, che tra l’altro si arroga il potere di annullare i matrimoni, di approvare nuove congregazioni religiose, di esercitare – in una parola – dei poteri riservati alla Santa Sede n.d.r.] argomentando che la Fraternità San Pio X – che pretende esigere da tutti il
    riconoscimento della legittimità dei Papi conciliari – non potrebbe arrogarsi una giurisdizione che appartiene solo al Papa e a coloro che egli ha stabilito, basandosi sulla tesi detta di Cassiciacum, del papa materialiter (che ha ancora la giurisdizione) ma non formaliter (che, predicando l’eresia, è
    decaduto dal suo Magistero). Ora, questa tesi è oggigiorno ormai caduca, non ha più base logica, perché il preteso ‘papa materialiter’, il prete apostata Ratzinger-Benedetto XVI, non è stato consacrato validamente vescovo cattolico (come lo riconosce lo stesso don Ricossa), Ratzinger-Benedetto XVI non possedendo la pienezza del Sacerdozio (potestas ordinis episcopalis) di Melchisedec, non è ontologicamente un vescovo cattolico. Non
    può quindi essere riconosciuto come papa, né materialiter né formaliter”.

    Si pretende combattere la Tesi di Cassiciacum ma, dicevamo, si dimostra di
    non conoscerla affatto. Dire che per la Tesi di Cassiciacum essere ‘papi’ materialiter significa che detto ‘papa’ “ha ancora la giurisdizione” è una enormità. La Tesi di Cassiciacum, sostenendo che qualcuno non è Papa formaliter, intende dire che non ha “l’essere con” di Gesù Cristo,
    la divina assistenza, e pertanto neppure il potere non solo di magistero ma
    anche di giurisdizione. Affermare che un Papa potrebbe avere il potere di giurisdizione ma non quello di magistero è una assurdità. Essere ancora ‘papa’ materialiter vuol dire solamente essere ancora il soggetto canonicamente designato per occupare la Sede Apostolica (perlomeno fino a dichiarazione contraria da parte della Chiesa). Un buon cattolico non è certo tenuto a conoscere la Tesi di Cassiciacum per restare buon cattolico;
    chi pretende però dimostrare che essa è falsa, non può tuttavia ignorarne almeno i punti fondamentali.

    Chiusa questa parentesi, passiamo all’esame della questione. Benedetto
    XVI non è Papa e non può esserlo, né materialiter, né formaliter, perché (forse) non è stato validamente consacrato Vescovo? È quello che pensano i nostri obiettori, ed è quello che noi neghiamo.

    Passiamo alle prove.

    Origine dell’errore: un falso concetto dell’episcopato, paradossalmente simile a quello del Vaticano II

    Non è la prima volta che abbiamo avuto occasione di farlo notare: la radice
    dell’errore di questi “sedevacantisti e/o lefebvristi” consiste in una concezione erronea dell’episcopato, del tutto simile a quella difesa dal Vaticano II nella “costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen Gentium”. Della questione, abbiamo approfonditamente trattato nell’articolo “Il Vescovo nel Vaticano II e nel magistero della Chiesa.

    Dottrine a confronto” (Sodalitium,n. 59, pp. 19-49).
    In questo articolo, ricordavo le prescrizioni canoniche post-conciliari. Secondo il nuovo codice di diritto canonico, voluto da Giovanni Paolo II, “con la consacrazione episcopale i Vescovi ricevono, con l’ufficio di santificare, anche gli uffici di insegnare e governare…”
    (can. 375 § 2), e sempre in virtù della consacrazione episcopale, entrano a far parte del “Collegio dei Vescovi” (can.336). Lo stesso principio vale per il Sommo Pontefice, che è Vescovo di Roma:
    secondo le costituzioni apostoliche Romano Pontifici eligendo di Paolo VI (1 ottobre 1975) e Universi Dominici gregis di Giovanni Paolo II, l’eletto del conclave,che non fosse consacrato Vescovo, non è Papa fintanto che non sia stato consacrato, il che deve avvenire immediatamente (cf Sodalitium, n. 59, pp. 18-19).

    Sia il codice riformato, sia le costituzioni apostoliche post-conciliari, sono
    48 una applicazione della dottrina del Vaticano II sull’episcopato, esposta in Lumen gentium (cap. III, n. 21) e Christus Dominus, secondo la quale è la consacrazione episcopale – che è sacramentale – a dare al Vescovo il potere non solo di ordine, ma anche di giurisdizione e di magistero, inserendolo, per di più, nel collegio episcopale.
    Se si segue questa dottrina conciliare,che è anche uno dei pilastri fondamentali dell’ecumenismo “cattolico”, si arriverebbe in effetti alle conclusioni teorizzate dai nostri obiettori: se si riesce a dimostrare che Joseph Ratzinger non è stato validamente consacrato, e se la consacrazione episcopale è indispensabile per essere Papa, allora si può legittimamente concludere che Joseph Ratzinger non è – anche per questo solo motivo – il Sommo Pontefice.

    Anche nella prospettiva vatican-secondista,tuttavia, non riesco a capire come
    l’eventuale invalidità della consacrazione episcopale di Joseph Ratzinger
    dimostrerebbe che egli non è neppure ‘papa’ materialiter. ‘Papa’ materialiter
    è colui che è stato eletto dal conclave, e tuttavia non ha ancora ricevuto
    da Dio la divina assistenza, e pertanto il carisma dell’infallibilità, il potere
    di giurisdizione e di magistero.

    Ora, anche nella prospettiva del Vaticano II, fatta propria da sedevacantisti
    e lefebvriani, Joseph Ratzinger sarebbe un bell’esempio di ‘papa’ materialiter
    ma non formaliter, in quanto eletto canonicamente, ma non ancora Papa a causa della… consacrazione episcopale invalidamente ricevuta!

    Secondo la dottrina cattolica, invece, la giurisdizione episcopale non deriva dalla consacrazione episcopale (dottrina certa). Se un laico è eletto ed accetta, è già Papa (Pio XII) ancor prima di essere consacrato

    Lo abbiamo abbondantemente e ripetutamente dimostrato: la prima volta, difendendo la liceità della consacrazione episcopale di Mons. Guérard des Lauriers (Le Consacrazioni episcopali nella situazione attuale della Chiesa, Verrua Savoia, 1997), e poi nell’articolo citato sulla Collegialità episcopale (n. 59 di Sodalitium, specialmente alle pp. 26-28). Non ritornerò sulla questione per l’ennesima volta, per cui rinvio il lettore agli autori
    citati in questi articoli, e soprattutto ai testi del magistero, fino a quello recente e particolarmente chiaro di Pio XII, in ben tre encicliche: Mystici corporis (1943), Ad sinarum gentes (1954), Ad apostolorum principis (1958).

    Mi limiterò a citare un discorso perfettamente chiaro di Pio XII, pronunciato
    in francese al II Congresso mondiale per l’apostolato dei laici, tenuto a
    Roma il 5 ottobre 1957 (Discorso Six ans, in Discorsi e radiomessaggi di SS Pio XII, vol. XIX, p. 457, Tipografia poliglotta Vaticana, 1958):

    Se un laico fosse eletto Papa, non potrebbe accettare l’elezione che a condizione di essere atto a ricevere l’ordinazione ed essere disposto a farsi ordinare; il potere di insegnare e di governare, come pure il carisma dell’infallibilità, gli sarebbero accordati all’istante, anche prima
    della sua ordinazione.

    Lasciamo per adesso da parte la condizione che Papa Pacelli pone all’accettazione dell’eletto; per il momento ci basterà considerare che questo laico,eletto al papato, può avere il potere di giurisdizione e di magistero, con il carisma dell’infallibilità, e quindi essere vero Papa (formaliter) immediatamente, essendo ancora laico e prima di aver ricevuto la consacrazione episcopale (e persino l’ordinazione sacerdotale), contrariamente alle pretese di questi nuovi e originali “sedevacantisti”.

    In questo discorso Pio XII non faceva altro che applicare la dottrina cattolica
    sull’origine della giurisdizione episcopale,e le costituzioni apostoliche
    che regolavano l’elezione del Sommo Pontefice, inclusa l’ultima, Vacantis
    apostolicae sedis (8 dicembre 1945) che lui stesso aveva promulgato (cf. i nn.101 e 107 della suddetta Costituzione).

    Un’obiezione: se il laico eletto Papa non è consacrato nella settimana che segue, non è mai stato Papa?


    Il sito internet a cui alludiamo, sempre nel testo del 29 dicembre 2008, continua:“l’eletto al papato (fosse pure un 49 semplice laico) deve, dopo aver accettato pubblicamente la sua elezione, accettare per il fatto stesso di ricevere la pienezza degli Ordini sacri nella settimana che segue
    la sua elezione. Se ciò non è stato fatto per sua propria mancanza, l’accettazione pubblica dell’elezione che lo costituisce Papa, deve essere considerata nulla e non avvenuta in quanto insincera, e conseguentemente
    deve essere considerato da ogni cattolico come mai stato Papa, sotto
    qualunque punto di vista. Ratzinger-Benedetto XVI non può essere riconosciuto come ‘papa materialiter’, perché questo equivarrebbe a riconoscergli una potenza (la giurisdizione come ‘papa materialiter’)
    senza esserlo. Sarebbe una aberrazione filosofica di prim’ordine. È veramente sorprendente che un tomista dichiarato come don Ricossa possa sostenere una tale aberrazione. Poiché la tesi materialiterformaliter
    è definitivamente caduca dall’avvento del prete apostata Ratzinger-
    Benedetto XVI, non c’è più in questo momento,giurisdizione pontificia di un papa che regni sulla terra”

    Dopo questa serie di assurdità (abbiamo già spiegato, ad esempio, che il
    ‘papa’ materialiter non ha il potere di giurisdizione), l’articolista ne aggiunge
    un’altra, riconoscendo nei Vescovi della Fraternità San Pio X la continuità
    della Chiesa, e nella Commissione canonica,voluta da Mons. Lefebvre, un
    inizio di Chiesa supplita. Notiamo en passant che la negazione della Tesi di
    Cassiciacum conduce spesso a quella deriva che Mons. Guérard des Lauriers
    chiamava “sessionite creativista”, ovvero alla necessità logica di inventare una pseudo-chiesa e pseudo-gerarchia per sostituire la Chiesa e la Gerarchia che si considerano irrimediabilmente defunte (almeno nella pratica). Ma torniamo al nostro quesito…

    L’anonimo autore del passo citato non dà alcun riferimento per suffragare
    quanto detto (necessità di essere consacrato nel giro di una settimana,
    sotto pena di non essere mai stato Papa); probabilmente, ricordava vagamente il testo di Pio XII a cui ci siamo riferiti, senza sapere da dove era tratto.

    Nella Costituzione apostolica di Pio XII è solamente stabilito che il nuovo
    Pontefice sia consacrato sacerdote o vescovo dal Decano del Sacro Collegio,
    senza prescrivere un tempo determinato per compiere il rito. Né un tempo determinato (una settimana o altro) è menzionato nel discorso Six ans di cui
    sopra (e se pure altrove fosse fissato un tempo determinato, si dovrebbe provare che esso è stabilito di diritto divino!)(3).
    Pio XII specifica solamente che non sarebbe valida non l’elezione ma l’accettazione dell’eletto al papato, se costui non fosse capace di ricevere la consacrazione episcopale, o non la volesse ricevere. Notiamo quindi di già che il semplice non essere disposto a ricevere la consacrazione episcopale non comporta,per il fatto stesso, la nullità dell’elezione (che costituisce il soggetto ‘papa’ materialiter) ma dell’accettazione (in seguito alla quale Dio darebbe all’eletto l’autorità e la divina assistenza costituendolo Papa formaliter). Finché gli elettori non constatano legalmente che non vi è stata accettazione, e finché non procedono a una nuova elezione,
    l’eletto rimane perciò ‘papa’ materialiter,ancora capace di mutare parere,
    togliere l’ostacolo che dipende dalla sua intenzione di non essere consacrato,
    diventando perciò, in quel momento stesso, Papa formaliter, ancor
    prima di essere consacrato Vescovo.

    Applichiamo adesso questo caso ipotetico a quello di Joseph Ratzinger.

    Per poter dimostrare che non essendo consacrato validamente egli non è
    neppure Papa formaliter occorrerebbe:

    a) dimostrare con certezza che la sua consacrazione è invalida
    b) dimostrare con certezza che egli ne è cosciente, e che pertanto non vuole
    essere validamente consacrato

    Dimostrati i due punti a) e b) si sarebbe dimostrato anche che egli non
    può neppure essere, per questo solo motivo, vero Papa (formaliter). Non si
    sarebbe ancora dimostrato, invece, che non potrebbe essere neppure ‘papa’
    materialiter, ovvero la persona designata al papato che non ha ancora (validamente)accettato detta designazione.

    Anzi, questo caso ipotetico sarebbe una perfetta illustrazione della Tesi detta
    di Cassiciacum: spiegherebbe cioè, a 50 mo’ di esempio, come un soggetto eletto al pontificato (‘papa’ materialiter)possa non essere vero Papa (formaliter)a causa di un ostacolo posto da una intenzione contraria che può essere però anche ritrattata e che non è, di per sé, legata all’eresia dell’eletto.

    In realtà. l’argomento non dimostra neppure che Joseph Ratzinger non sia
    vero Papa (formaliter), in quanto:

    a) anche un laico, a maggior ragione un sacerdote, può essere vero Papa se
    accetta l’elezione (Pio XII)

    a1) non è comunque dimostrato con assoluta certezza che Joseph Ratzinger
    non sia stato consacrato validamente vescovo

    b) e in ogni caso, anche se fosse dimostrato con assoluta certezza che la
    sua consacrazione episcopale sia stata invalida poiché svoltasi col rito riformato, non si vede come si possa dimostrare che egli sa, crede e pensa di non essere Vescovo, e pertanto rifiuta per principio di essere consacrato Vescovo cattolico.

    Infatti, ripetiamolo, per Pio XII non è il fatto di non essere consacrato Vescovo che rende invalida l’accettazione dell’eletto al papato (è detto il contrario:un non Vescovo è fin da subito Papa)
    ma l’intenzione di non essere consacrato Vescovo. Se quindi, malgrado l’intenzione di essere Vescovo, il Papa non lo è di fatto (quanto al potere d’ordine), egli è veramente e legittimamente Papa;
    non ha, difatti, un’intenzione contraria a quella che Pio XII ha dichiarato necessaria per accettare l’elezione.

    Ora, il punto a) è esplicitamente insegnato da Pio XII. Il punto a1) si dimostra facilmente: la Chiesa non si è ancora ufficialmente pronunciata sulla validità del nuovo rito del sacramento dell’Ordine (come invece Leone XIII fece con le ordinazioni anglicane, ponendo fine a ogni discussione al proposito).
    Quanto al punto b) com’è possibile sapere se, in foro interno, Ratzinger è
    convinto dell’invalidità del nuovo rito e sa di essere un impostore, o al contrario è convinto della validità dei suoi ordini sacri? Questo quando persino i “tradizionalsiti” di Avrillé o di Ecône si dicono convinti della validità della sua ordinazione episcopale? Non abbiamo argomenti certi, e non solamente congetturali,al riguardo.

    Sodalitium è convinto che Ratzinger non sia vero Papa (formaliter) e anche

    che ciò sia dimostrato, ma pensa che l’argomento che si basa sulla invalidità

    della consacrazione episcopale di Benedetto XVI è un falso argomento, che

    non dimostra, e che deve pertanto essere accantonato.

    Un’obiezione ‘ad hominem’: perMons. Guérard tale ‘papa’ sarebbe “una comparsa”


    A quanto abbiamo detto si opporrebbe, più persone ce lo hanno segnalato,
    un testo di Mons. Guérard des Lauriers:
    “Una tale perpetuazione [della gerarchia puramente materiale] non è, ex
    se, impossibile. Essa richiede tuttavia delle consacrazioni episcopali certamente valide. E poiché il nuovo rito è dubbio, gli occupanti (della Sede Apostolica) ben presto non saranno più che delle comparse” (Il problema dell’Autorità e dell’episcopato nella Chiesa).

    Alcuni, “sedevacantisti” o “lefebvristi”(seppur con intenti opposti) ne deducono che se Benedetto XVI è una comparsa non è neppure ‘papa materialmente o in potenza’, onde la Tesi di Cassiciacum crollerebbe a favore della sede totalmente vacante. Sodalitium dovrebbe
    pertanto coerentemente o accettare la vacanza totale della sede Apostolica,
    oppure riconoscere la legittimità di Benedetto XVI, senza più poter sostenere
    la tesi materialiter/formaliter.51

    A questa obiezione, abbiamo già risposto in questo articolo come pure in
    un precedente numero di Sodalitium (n. 58 p. 41).

    Cosa intende dire allora Mons. Guérard quando scrive che un tale eletto,
    dubbiosamente consacrato, sarebbe “una comparsa”? Notiamo che Mons.
    Guérard non scrive che tale eletto non sarebbe più ‘papa materialiter’, ma che
    sarebbe ‘una comparsa’, il che non è la stessa cosa. Di già, un ‘papa materialiter’ che pretende di esserlo anche ‘formaliter’è, da questo punto di vista,‘una comparsa’, pretendendo cioè di avere una autorità e una assistenza divina che non ha. Privo anche della consacrazione episcopale, tale eletto sarebbe ancora più comparsa, in quanto pretenderebbe
    essere Vescovo di Roma senza esserlo, non solo quanto al potere
    di giurisdizione, ma anche al potere d’ordine. Resterebbe tuttavia ‘papa materialiter’, per lo meno perché la Chiesa non ha provveduto altrimenti riguardo alla sua elezione, e perché è sempre possibile che l’eletto dal Conclave tolga gli ostacoli che gli impediscono – attualmente
    – di essere divinamente assistito.

    Nel caso di una auspicata benché per ora inverosimile decisione di Benedetto
    XVI o di un suo successore, di togliere ogni ostacolo, confermando i fratelli
    nella fede e, quindi, condannando gli errori moderni, si porrebbe inevitabilmente il problema della riforma liturgica e della validità dei nuovi riti sacramentali e, nel caso in cui la Chiesa dovesse pronunciarsi per l’invalidità del sacramento dell’ordine e della consacrazione
    episcopale conferita con i nuovi rituali, o del persistere del dubbio,
    l’eletto del Conclave non consacrato (o dubbiosamente consacrato) sarebbe,
    a tempo debito, consacrato (simpliciter o sub conditione), il che suppone
    che nella Chiesa sia rimasta e resti tuttora e sempre la trasmissione valida e
    lecita del sacerdozio e dell’episcopato.

    Mons. Guérard, pertanto, non voleva dichiarare sul punto di esaurirsi la Tesi di Cassiciacum per motivo del fatto che i nuovi riti del sacramento dell’Ordine e dell’Episcopato sono dubbiosamente validi, ma voleva solo – e lo conferma tutto il contesto di un articolo favorevole alle consacrazioni episcopali senza mandato romano nell’attuale situazione dell’autorità nella Chiesa - argomentare in favore di questa necessità: mantenere nella
    Chiesa la trasmissione non solo valida (il che è assicurato dai riti orientali) ma anche lecita e santa del sacerdozio e dell’episcopato, per la continuità della Missione di Gesù Cristo, della gerarchia ecclesiastica e dello stesso papato (materialiter e, quindi, formaliter).

    In effetti, benché il potere d’ordine ed il potere di giurisdizione siano realmente distinti, e quindi possano di fatto essere separati; benché vi siano nella Chiesa degli Ordinari che non hanno ricevuto la consacrazione episcopale (Abati nullius, Vicari e Prefetti apostolici)ma hanno il potere di giurisdizione, e vescovi consacrati privi di ogni giurisdizione (come i vescovi titolari) resta tuttavia vero che la gerarchia è una sola, e che quindi, normalmente, il Vescovo riunisce in se il potere d’ordine e quello
    di giurisdizione; e benché la consacrazione episcopale non dia al Vescovo consacrato il potere di giurisdizione (come invece afferma il Vaticano II), gli conferisce una attitudine propria e una certa qual esigenza alla giurisdizione (4).

    Non è impossibile quindi che qualcuno abbia (in atto, o possa avere in potenza) il potere di giurisdizione senza l’Ordine episcopale, o abbia l’ordine episcopale senza alcuna giurisdizione (come anche i Vescovi consacrati senza mandato per continuare la “Missio”); sarebbe impossibile, però, perché contrario alla divina costituzione della Chiesa che
    l’episcopato scomparisse del tutto nella Chiesa, sia quanto alla giurisdizione (e a questo porposito basta che vi sia la potenza anche senza l’atto) sia quanto all’Ordine (per cui sono necessarie delle consacrazioni episcopali certamente valide):ed è quanto Mons. Guérard des Lauriers voleva dimostrare. Quanto invece alla possibilità che l’eletto al papato possa non essere più ‘papa’ materialiter, Mons. Guérard des Lauriers si premurò,
    nell’articolo citato, di dare il criterio per poterlo affermare:

    “La persona fisica o morale che ha,nella Chiesa, qualità per dichiarare la 52
    vacanza TOTALE della Sede Apostolica è IDENTICA a quella che, nella Chiesa,
    ha qualità per provvedere alla provisione della stessa Sede Apostolica” (Sodalitium,n. 13, p. 20).

    La “regola imperiosa ed evidente” ricordata da Mons. Guérard des Lauriers,
    perché si possa dichiarare che la sede Apostolica non è occupata materialiter
    non si è certo realizzata con l’elezione di Benedetto XVI o successivamente;
    essa infatti consiste in questo: l’occupante la sede Apostolica cesserà di essere ‘papa’ materialiter solo quando ci sarà un vero Papa (formaliter), lui stesso o un altro soggetto (eletto da chi,nella Chiesa, può farlo) (5), al suo posto.

    Sempre Mons. Guérard des Lauriers (ivi) sostiene che persino nel caso in
    cui si dimostrasse che l’elezione del Conclave era invalida (per un obex che
    tocca gli elettori o l’eletto), tale eletto sarebbe ancora “almeno provvisoriamente ‘papa’ materialiter”, fino a quando cioè la persona fisica o morale abilitata nella Chiesa a farlo, non dichiarerà la nullità di questa elezione. È quindi evidente che, conforme al suo pensiero, anche oggi Mons. Guérard des Lauriers sosterrebbe che Benedetto XVI è ancora materialiter ‘papa’

    Una possibile obiezione che si fonda sulle prescrizioni canoniche riguardanti il vescovo diocesano

    Abbiamo visto che, nel caso del Papa,non è prescritto un tempo determinato
    entro il quale essere consacrato Vescovo (nel caso che l’eletto non lo
    fosse di già, ovviamente).
    I nostri avversari potrebbero essere tentati di applicare però al Papa le prescrizioni del Codice di diritto Canonico.

    Il codice wojtyliano, al can. 375 § 2, sancisce che il Vescovo riceve l’ufficio di governare ed insegnare dalla consacrazione episcopale; in perfetta conformità con Lumen Gentium. Il Codice pio-benedettino
    (del 1917), invece, in conformità col magistero della Chiesa, prevede che
    l’eletto all’episcopato diventa effettivamente e a pieno titolo Vescovo di una
    diocesi mediante la “provvisione o istituzione canonica” (can. 332§1) ricevuta dal Pontefice Romano (Cuilibet ad episcopatum promotum, etiam electo, presentato vel designato a civili quoque Gubernio,necessaria est canonica provisio seu institutio, qua Episcopus vacantis dioecesis
    constituitur, quaeque ab uno Romano Pontefice datur”).

    La consacrazione episcopale è un atto successivo, che viene esercitato su
    qualcuno che di già è Vescovo, a tutti gli effetti, quanto alla giurisdizione e
    all’insegnamento.
    Tuttavia, il Codice fissa un tempo entro il quale deve avvenire questa consacrazione episcopale:
    “Nisi legitimo impedimento prohibeatur,
    promotus ad episcopatum, etiamsi S.R.E. sit Cardinalis, debet, intra tres
    menses a receptis apostolicis litteris, consecrationem suscipere, et infra quatuor ad suam dioecesim pergere, salvo praescripto
    can. 238§2”.
    (canone 333)

    Il Vescovo, quindi, se non vi è legittimo impedimento, deve essere consacrato entro i tre mesi dalla ricezione delle lettere apostoliche. Ma c’è di più.

    Il canone 2398 prevede in effetti che:
    “Si quis ad episcopatum promotus, contra praescriptum can. 333 intra tres
    menses consecrationem suscipere neglexerit, fructos non facit suos, fabricae ecclesiae cathedralis applicandos; et si postea in eadem negligentia per totidem menses perstiterit, episcopato privatus ipso iure
    manet”.

    Quindi, se, per sua colpa, il nuovo Vescovo non è consacrato entro sei mesi,
    perde per il fatto stesso l’episcopato! 53

    Ora, non è forse il Papa Vescovo di Roma?
    E pertanto, non si può dire che Joseph Ratzinger, invalidamente consacrato,
    sei mesi dopo la sua elezione ha cessato di essere Papa (se mai lo è stato)?

    Anche quest’ultimo tentativo è però infruttuoso.

    Infatti, quanto sanzionato dalla legge canonica obbliga il suddito, non il legislatore,e non concerne il Papa. Le leggi che reggono l’elezione del Papa si
    trovano nella già citata Costituzione di Pio XII, e non nei canoni del Codice di
    diritto canonico.

    Tanto più che mentre il Vescovo, ricevendo la sua autorità dal Papa, supremo
    legislatore ecclesiastico, può dal Papa esserne privato (come nel caso del
    can. 2398), così non si può dire del Papa che riceve da Dio, e non dalla Chiesa o da una autorità umana, il suo potere.

    Il diritto positivo a proposito del Vescovo diocesano non si applica dunque
    al Sommo Pontefice; ma non si può pensare che quanto prescritto dal Codice
    sia in realtà di diritto divino?

    Assolutamente no. Quanto prescritto dal Codice è una misura disciplinare
    introdotta dal concilio di Trento (sessione VII, de reformatione, c. 9; sessione XXIII, de reformatione, c. 2). Il Concilio intendeva così estirpare vari abusi concernenti la residenza del Vescovo.

    Prima della Riforma cattolica, infatti,non era raro che un Vescovo, spesso appartenente ad una grande famiglia, non risiedesse nella sua diocesi e neppure ricevesse la consacrazione episcopale, contentandosi di incamerare i redditi della diocesi e governando tramite dei Vescovi ausiliari i quali, consacrati,conferivano le cresime e gli ordini sacri.

    Tra i numerosissimi esempi dei costumi di quei tempi, citerò il Papa Pio
    III Piccolomini. Quando fu eletto nel 1503, si dovette consacrarlo Vescovo;
    eppure era stato Vescovo di Siena per ben 43 anni! Durante questi lunghi 43
    anni il Piccolomini, col permesso dello zio, Papa Pio II, era stato Vescovo della città natale senza essere stato consacrato e neppure ordinato sacerdote, sostituito nelle sue funzioni sacramentali da un ausiliare. Si tratta certamente di una decadenza della disciplina, giustamente riformata a Trento, ma questa decadenza nella disciplina non era contraria alla legge di quei tempi e non si opponeva quindi, di per sé, e a strettamente
    parlare, alla natura dell’episcopato,stante la distinzione tra ordine e
    giurisdizione. La legge passata quindi dal Tridentino al Codice è di diritto positivo, e non può essere applicata al caso del Sommo Pontefice (6).

    Conclusione

    Per concludere, vorremmo ricordare – con brevità e chiarezza – l’opinione
    del nostro Istituto e della nostra rivista a proposito delle questioni che sono
    state più volte sollevate e delle quali abbiamo parlato in questo articolo:

    1) La riforma liturgica voluta da Paolo VI dopo il Vaticano II, con una finalità
    ecumenica, non può venire dalla Chiesa Cattolica e, quindi, dalla sua legittima autorità.

    2) Per questo fatto, i nuovi riti del sacramento dell’Ordine non godono di
    quelle garanzie proprie a ogni rito della Chiesa Cattolica: santità, liceità, validità.

    3) Giacché Joseph Ratzinger è stato consacrato Vescovo con il nuovo rito, la
    sua consacrazione episcopale è dubbia.

    4) Aver ricevuto la consacrazione episcopale non è indispensabile per essere

    il Sommo Pontefice (Pio XII). Joseph Ratzinger non è formalmente Papa

    non perché la sua consacrazione episcopale è dubbiosamente valida, e

    neppure perché sarebbe formalmente eretico,

    ma perché non ha l’intenzione oggettiva e abituale di realizzare il bene

    ed il fine della Chiesa. Voler applicare il Vaticano II e le sue riforme è infatti

    incompatibile con la realizzazione del fine della Chiesa.

    5) Eletto al Sommo Pontificato, Joseph Ratzinger è ancora ‘papa’ materialmente.

    6) L’unica autorità che potrebbe dichiarare che Joseph Ratzinger non è

    ‘papa’ materialmente è quella della Chiesa, ovvero – durante la sede vacante

    - il collegio dei Cardinali oppure il Concilio generale imperfetto.

    Il passare del tempo, ed il prolungarsi della “crisi” che scuote la Chiesa, lungi 54 dal rendere caduca la tesi teologica di Padre Guérard des Lauriers o.p. la rende ancora più attuale. Il nostro Istituto e la nostra rivista restano pertanto fedeli a questa tesi teologica, che permette loro di evitare le gravi conseguenze insite nelle altre opinioni e scelte concrete, opposte alla tesi di Cassiciacum, che sono sorte tra i cattolici che volevano restare
    vincolati alla Tradizione della Chiesa, siano esse il sedevacantismo totale,
    il lefebvrismo o l’accettazione del Vaticano II (Ecclesia Dei).

    La tesi di Cassiciacum diventerà caduca solo quando, a Dio piacendo, avrà

    fine, con la debellazione dell’eresia modernista,

    la crisi aperta dal Vaticano II.

    Note

    1) F. PIERRE-MARIE, Sont-ils éveques? Ed. du Sel.

    2) Don Cekada ha scritto al proposito quatro

    articoli: 1- Absolutely Null and Utterly vois (2006)

    2- Why the new Bishops are not true bishops?

    (2006) 3- Still null and still void (2007) 4- New Bishops,

    empty tabernacle. Su www.traditionallmass.

    org/articles.

    3) Il che è evidentemente impossibile, giacché

    a questo proposito gli usi e costumi sono cambiati

    più volte nella storia, come si può leggere, tra

    l’altro, in Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione

    storico-ecclesiastica Venezia, Tipografia Emiliana,

    1842, vol. 16, pp. 305-317. Fino al X secolo, gli

    eletti al Pontificato Romano non erano Vescovi, e

    spesso neppure sacerdoti, stante il principio

    dell’inamovibilità del Vescovo. Fece scalpore infatti

    la prima eccezione alla regola, con l’elezione

    del Papa Formoso, nell’891, che era Vescovo. In

    quei tempi antichi si pensava che il regno del Papa

    iniziasse con la consacrazione ma, tralasciando

    le questioni di teologia positiva (cf la nota 46

    in Sodalitium, n. 59, p. 46) si deve pensare che comunque

    l’autorità papale non deriva dalla consacrazione

    stessa ma – con l’accettazione dell’elezione

    – da Dio stesso. L’imposizione abusiva da

    parte degli Imperatori d’Oriente di comunicare a

    Costantinopoli (o all’esarca di Ravenna) l’avvenuta

    elezione prima della consacrazione, ritardò

    di molto il compimento del rito sacro, cui precedeva

    spesso l’intronizzazione. Gli ultimi Pontefici

    consacrati dopo l’elezione furono Clemente XI

    nel 1700, Clemente XIV nel 1769, Pio VI nel 1775

    e Gregorio XVI nel 1831: tutti furono effettivamente

    consacrati in un lasso di tempo che va dai

    4 ai 10 giorni circa. Ma non fu sempre così: Giovanni

    V fu eletto a marzo e consacrato ad agosto

    (898); Gelasio II attese da gennaio a marzo nel

    1118 (non era neppure prete); il grande Innocenzo

    III fu eletto l’8 gennaio, ordinato sacerdote il

    21 febbraio e vescovo il giorno dopo (1198);

    Adriano V morì nel 1276, 39 giorni dopo l’elezione,

    senza essere stato ordinato neppur sacerdote,

    eppure è da tutti considerato Papa legittimo, e

    questo ci sembra il caso più eclatante. In realtà,

    come la coronazione avviene nella data scelta dal

    Papa, così anche l’eventuale consacrazione.

    4) F. RICOSSA, Le consacrazioni episcopali nella

    situazione attuale della Chiesa, CLS, Verrua Savoia,

    pp. 38-42; F. RICOSSA, Il Vescovo nel Vaticano

    II e nel magistero della Chiesa. Dottrine a confronto,

    in Sodalitium, n. 59, specialmente la nota 44. Secondo

    la Nota praevia a Lumen Gentium, la consacrazione

    da al vescovo ontologicamente il potere

    di giurisdizione, anche se non libero quanto

    all’esercizio.

    5) cf F. RICOSSA, L’elezione del Papa, in Sodalitium,

    n. 55, pp. 18-30

    6) Un piccolo dettaglio aiuta a capire che il caso

    del Papa è ben diverso da quello degli altri Vescovi.

    La Costituzione Apostolica di Papa Pio XII

    “Vacantis Apostolicae Sedis” dell’8 dicembre 1945

    prevede al n. 107 che il nuovo Pontefice possa non

    essere Vescovo e persino sacerdote, e debba quindi

    essere ordinato sacerdote e poi consacrato. Per

    il Vescovo residenziale, invece, il Codice prevede

    al canone 331 § 1, 3° che il nuovo Vescovo debba

    essere sacerdote da almeno cinque anni.

    55

  5. #25
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    Predefinito Rif: La Tesi di Cassiciacum: un grande frutto della teologia romana

    25.11.1987 CONSACRA VESCOVO MONSIGNOR FRANCO MUNARI i.m.b.c. (C.1990)
    Dove si trova questo vescovo adesso?

  6. #26
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    Predefinito Rif: La Tesi di Cassiciacum: un grande frutto della teologia romana

    Ha cessato di esercitare funzioni episcopali e sacerdotali e si è ridotto allo stato laicale.

  7. #27
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    Predefinito Rif: La Tesi di Cassiciacum: un grande frutto della teologia romana

    Citazione Originariamente Scritto da Luca Visualizza Messaggio
    Ha cessato di esercitare funzioni episcopali e sacerdotali e si è ridotto allo stato laicale.
    Forse nella Divina Provvidenza, Munari può poi diventare attivamente un clero per i bisogni della Chiesa in futuro? Mi chiedo, e spero.

  8. #28
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    Predefinito Rif: La Tesi di Cassiciacum: un grande frutto della teologia romana

    Dopo vent'anni credo sia molto difficile. Deus scit.

  9. #29
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    Predefinito Rif: La Tesi di Cassiciacum: un grande frutto della teologia romana


  10. #30
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    Predefinito Re: Rif: La Tesi di Cassiciacum: un grande frutto della teologia romana

    A PROPOSITO DELLA TESI DI CASSICIACUM.
    UNA LETTERA DI DON BELMONT (Da Sodalitium numero 65)

    Il nostro confratello Hervé Belmont – al quale ci unisce la condivisione della Tesi di Padre Guérard, ma dal quale ci separa la dottrina di Padre Guérard sulla liceità delle consacrazioni episcopali durante la Sede formalmente vacante – mi ha scritto una lettera (datata 3 settembre 2010) che, non essendo di carattere personale ma dottrinale, merita per il suo interesse di essere pubblicata per esteso:
    “Reverendo, la prego di scusarmi se mi permetto di disturbarla per esprimere un mio rammarico. Questo rammarico concerne il primo paragrafo del suo articolo su Mons. Gherardini ecc. in Sodalitium n. 63 dell’edizione francese, paragrafo che si trova a pag. 36 e che contiene queste righe infelici: “(La tesi di Cassiciacum) prende le sue mosse da un dato di fatto: l’insegnamento del Concilio Vaticano II,
    ad esempio la dichiarazione Dignitatis humanae personae, è in opposizione di contraddizione col Magistero infallibile e irreformabile della Chiesa Cattolica Romana…”. Benché lei non dica che la tesi di Cassiciacum è fondata sulla contraddizione tra DH e Quanta Cura, non va lontano dall’affermarlo. È un peccato, perché è falso, sia storicamente che teologicamente.La tesi è stata elaborata prima che fosse messa in luce la contraddizione parola per parola tra DH e QC. In lingua francese (questa contraddizione) fu messa in evidenza nel 1977 (Michel Martin, Courrier de Rome) mentre Padre Guérard des Lauriers elaborava la tesi da più anni (da parte mia, intesi enunciare la distinzione materialiter/formaliter applicata al Papa nella primavera del 1975, e non facevo parte dei confidenti del Reverendo Padre). La prima redazione completa della tesi, che per quel che mi riguarda lessi nella Pasqua del 1978, non fa alcuna menzione della libertà religiosa. Il suo punto di partenza, il suo fondamento (che comanda ogni tipo di certezza, e la distinzione nella quale essa si risolve)
    è un’induzione: quell’induzione viva, vitale, teologale, che i cattolici avevano compiuto durante 15 anni, diffidando, allontanandosi, rifiutando, il Vaticano II, il suo spirito e la sua dottrina, nonché le riforme susseguenti. Certo, la libertà religiosa, e qualche altro punto cruciale, sono da sé stessi decisivi e facili da esporre: ma dal punto di vista della tesi non sono che degli elementi tra gli altri che convergono verso questa affermazione: Paolo VI non aveva l’intenzione del bene-fine della Chiesa, intenzione che è l’effetto/condizione necessaria della comunicazione dell’autorità da parte di Gesù Cristo. Io stesso, qua e là, ho ceduto a una focalizzazione sulla libertà religiosa, ma ciò non deve occultare l’induzione che è il fondamento e la caratteristica inimitabile della tesi (e senza la quale la contraddizione isolata lascerebbe perplessi). I tristi voltafaccia di Padre de Blignières e di don Lucien mostrano fino a che punto rende fragili questa focalizzazione.
    Sono cose che lei già conosce, Reverendo, e non le scrivo per insegnargliele: solo per lamentare questa menzione di un “punto di partenza” che non lo è. Può darsi d’altronde che l’espressione infelice sia dovuta al suo traduttore, poiché non ho consultato il testo italiano.
    Profitto di quest’occasione per raccomandarmi alle sue preghiere, e per assicurarla delle mie. Per Virginem Matrem concedat nobis Dominus salutem et pacem. Sac. Hervé Belmont”

    Dalla mia risposta del 15 settembre traggo alcune riflessioni che saranno utili, spero, al lettore interessato a una sempre migliore comprensione della tesi teologica di Padre Guérard des Lauriers. Non ho difficoltà ad ammettere che la frase:“(La tesi di Cassiciacum) prende le sue mosse da un dato di fatto: l’insegnamento del Concilio Vaticano II, ad esempio la dichiarazione Dignitatis humanae personae, è in opposizione di contraddizione col Magistero infallibile e irreformabile della Chiesa Cattolica Romana”, contiene una imprecisione. In effetti, come fa notare don Belmont, la tesi di Cassiciacum prende le sue mosse, sia storicamente (in quanto primo argomento utilizzato da Padre Guérard) sia teologicamente (in quanto argomento fondamentale che include l’altro) dall’argomento induttivo che don Belmont riassume così: : “Paolo VI non aveva l’intenzione del bene-fine della Chiesa, intenzione che è l’effetto/condizione necessaria della comunicazione dell’autorità da parte di Gesù Cristo”. L’argomento deduttivo (che si fonda principalmente anche se non esclusivamente sull’opposizione di contraddizione tra la dottrina sulla libertà religiosa insegnata dal Vaticano II ed il magistero della Chiesa sul medesimo oggetto) viene storicamente dopo l’argomento induttivo, e può essere teologicamente considerato come parte integrante dell’argomento induttivo fondamentale. Sottoscrivo anche pienamente l’affermazione di don Belmont secondo la quale l’argomento induttivo è “caratteristica inimitabile della Tesi” in altre parole è l’argomento più strettamente “guérardiano”.
    Prova ne sia il fatto che l’argomento (deduttivo) fondato sulla libertà religiosa o sulla riforma liturgica, benché esposto per la prima volta da Padre Guérard des Lauriers sui Cahiers de Cassiciacum è stato facilmente accettato e più o meno fedelmente ripetuto anche da molti “sedevacantisti” che non abbracciano la Tesi di Padre Guérard, mentre al contrario l’argomento induttivo viene esposto e difeso solamente da
    chi è convinto conoscitore e sostenitore di detta “tesi”. Detto questo, e dato a Cesare ciò che è di Cesare (ovvero all’abbé Belmont la ragione che gli spetta) occorre a mio parere aggiungere alcune precisazioni. Innanzitutto, il mio articolo aveva come scopo di parlare ex professo del libro di Mons. Gherardini, e non della tesi detta di Cassiciacum, alla quale alludevo solo obiter dictum e en passant, e proprio in relazione al tema abbordato da Mons. Gherardini, ovvero quella della continuità o contraddizione tra la dottrina cattolica e quella del Vaticano II. Sodalitium può essere quindi ampiamente scusato di una eventuale imprecisione a proposito della Tesi di Padre Guérard. Ma non basta. Anche io, infatti, ho avuto modo di leggere la prima versione a stampa della “tesi” antecedente la sua pubblicazione sul n. 1 dei Cahiers de Cassiciacum, accorgendomi che in questa prima versione non si fa menzione della questione della libertà
    religiosa; ho constatato anche come nella divulgazione successiva della Tesi si parla meno, se non poco, di alcuni punti essenziali del pensiero di Padre Guérard al proposito, come quello dell’“intenzione abituale oggettiva di procurare il bene/fine della Chiesa” o quello dell’autorità come “être avec Jésus-Christ”. Non bisogna però essere troppo unilaterali nell’esame di questa questione. Infatti, l’argomento “libertà religiosa” (cerco di essere sintetico) si trova di già in tutte le prime pagine del n. 1 dei Cahiers de Cassiciacum, nell’avertissement datato 11 febbraio 1979; e che di già in svariati luoghi di questo stesso n. 1 l’enunciato della tesi si precisa: Paolo VI non è più papa formaliter almeno a partire dal 7 dicembre 1965, data di “promulgazione” della dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae personae.
    Fin qui, non si può certo parlare di “focalizzazione” sull’argomento deduttivo, ma semmai di semplice approfondimento e completamento della tesi. Se “focalizzazione” ci fu, la troviamo non nell’esposizione della Tesi da parte di padre Guérard des Lauriers, ma semmai nelle opere di divulgazione della tesi da parte dei primi discepoli del teologo domenicano. Così nell’opuscolo di… don Belmont, L’exercice quotidien de la foi (un testo breve ma non semplicemente ripetitivo, che dà prospettive nuove alla tesi e risponde a una
    importante obiezione) la prova della tesi si trova nell’argomento deduttivo (opposizione tra Dignitatis hunanae e Quanta Cura) e la prova induttiva diventa oramai un semplice confirmatur che, tra l’altro, è possibile solo dopo aver esaminato e dimostrato la contraddizione suddetta (cf pag. 62 e seguenti di Brimborions, raccolta di articoli di don Belmont). In seguito, l’abbé Lucien, nel suo La situation actuelle de l’autorité dans l’Eglise (non tradotto in italiano) afferma che la prova deduttiva per riduzione all’assurdo
    concerne “il fatto” (e quindi la prima parte della tesi: Paolo VI non è formalmente papa) e la prova per induzione concerne ormai solamente “il come” (non è più formalmente papa ma lo è ancora materialmente, poiché non ha l’intenzione abituale e oggettiva del bene/fine della Chiesa, e non per motivo di eresia o altri argomenti). Certo, questo modo di presentare la Tesi ne era una “focalizzazione” e ancor di più, in favore di un argomento e a discapito di un altro, eppure il R.P. Guérard des Lauriers non intervenne per esprimere il suo rammarico. Espresse però il suo pensiero nel presentare la tesi ai lettori di Sodalitium (n. 13), nel maggio 1986. In questo articolo-intervista, la prova della tesi: “vacanza formale della Sede apostolica a partire – al più tardi – dal 7 dicembre 1965”, si fonda innanzitutto sull’assenza d’intenzione (argomento induttivo), assenza d’intenzione dimostrato con un argomento deduttivo (Vaticano II, libertà religiosa). I due argomenti sono un’articolazione della medesima prova. Per concludere. Sono d’accordo con don Belmont: bisogna insistere sull’argomento “intenzione abituale”, non tanto a causa dei “tristi voltafaccia” di Padre de Blignières e di don Lucien (che non sono riusciti a dimostrare che la conclusione “Dignitatis humanae - ed il Vaticano II - si oppongono all’insegnamento della Chiesa” è falsa) quanto perché quest’argomento è l’argomento principale e originario di Padre Guérard des Lauriers, mentre l’altro argomento ne è solo una applicazione. In altre
    parole, sono d’accordo con quanto mi ha scritto don Belmont: non bisogna occultare l’induzione, che è il fondamento e la caratteristica inimitabile della tesi. Detto questo, l’argomento che si fonda su Dignitatis humanae non mi lascia perplesso, e rafforza l’argomento induttivo.
    Per cui anche questo argomento, e gli altri simili, non devono essere trascurati o occultati come se fossero dubbi, o sorpassati. Le dichiarazioni di Martin Rhonheimer (che riprende Joseph Ratzinger) sulla contraddizione tra Quanta cura e Dignitatis humanae confermano paradossalmente (in quanto vengono da avversari dichiarati delle nostre conclusioni) la forza dimostrativa dell’argomento,
    se unito a una retta dottrina sull’infallibilità della Chiesa. I due argomenti – induttivo e deduttivo – lungi dall’opporsi sono una sola cosa, e si illuminano reciprocamente; e ciononostante, l’uno e l’altro, anche se presi separatamente, possono condurre a una vera e propria dimostrazione della tesi secondo la quale la Sede Apostolica è attualmente formalmente ma non materialmente vacante.
    Ultima modifica di Luca; 03-03-12 alle 03:25

 

 
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