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Viva i conservatori! (Peppe Sombrero)
come mi insegni, le lauree non sono garanzia di intelligenza (Druuna)
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"Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)
Le misteriose mummie di palude
Molte ipotesi ma poche certezze sui corpi mummificati ritrovati sepolti nelle torbiere in molti paesi del nord-Europa
L'uomo di Tollund, una delle più note e ben conservate mummie di palude
Per la maggior parte di noi le mummie sono quelle avvolte nelle bende dell’antico Egitto. In realtà, i resti umani arrivati ben conservati fino a noi, in modo intenzionale o meno, sono tanti altri. Tra i meno noti e più misteriosi ci sono le cosiddette “mummie di palude”.
Questi corpi mummificati scuri, che sembrano fatti di cuoio, sono stati ritrovati casualmente, nel corso del tempo, nelle torbiere in molte parti del nord-Europa, soprattutto in Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca e Germania. Sono probabilmente oggi alcune centinaia, anche se quelli studiati attentamente sono poche decine. La maggioranza risale a un periodo che va dall’800 a.C. al 400 d.C., ma ce ne sono anche datate fino a 8.000 anni fa, e alcune sono di epoca medievale. Da anni rappresentano un enigma per gli studiosi, che si chiedono il perché di questa particolare sepoltura.
La mummia di Windeby, datata tra il 41 e il 118 a.C. e ritrovata nel 1952.
Fino a non molto tempo fa era nota come la "ragazza di Windeby", ma di recente l'esame del DNA ha dimostrato che si tratta di un ragazzo, che aveva circa 16 anni al momento della morte.
Come si sono conservate? Le mummie delle torbiere, come vengono anche chiamate, sono arrivate a noi grazie alle particolari condizioni del luogo in cui sono stati deposti i corpi: la mancanza di ossigeno tipica delle acque di palude, che non consente la sopravvivenza dei microrganismi che decompongono i materiali organici, ha permesso la conservazione quasi perfetta della pelle, dei capelli, a volte anche del cervello o del contenuto dello stomaco, e spesso perfino dei vestiti.
Lo scheletro, invece, si è quasi sempre dissolto, a causa dell’acidità delle acque, che ha anche contribuito a dare alle mummie il loro colore e aspetto caratteristico, simile a cuoio. Il cosiddetto uomo di Tollund, che visse nel IV secolo a.C, e aveva circa 40 anni al momento della morte, è arrivato fino a noi quasi perfettamente integro, con perfino i lineamenti riconoscibili, tanto che al momento della scoperta, nel 1950, fu scambiato per la vittima di un omicidio recente.
Calzature appartenenti all'uomo di Damendorf, ritrovato nel 1900 in Germania
Chi erano quegli individui? E perché sono stati sepolti in una palude? Già lo storico romano Tacito aveva ipotizzato che si trattasse di persone condannate per qualche reato, messi a giacere nella torbiera e non cremati secondo l’uso delle popolazioni dell’epoca nel nord-Europa. E l’ipotesi che si trattasse di criminali è sostenuta ancora oggi da alcuni studiosi. I corpi, in particolar modo quelli dell’età del ferro, presentano spesso segni di morte violenta, gola tagliata o ferite alla testa. La teoria è che fossero persone sacrificate in riti rivolti alle divinità, e che la palude all’epoca rappresentasse una sorta di ingresso verso l’aldilà. Secondo nuove indagini, la sepoltura nella palude potrebbe essere proprio un rito funebre ma per membri considerati speciali nelle loro comunità.
Dallo studio recente dei resti dei vestiti di alcune mummie, in particolare quella della donna di Huldremose e di quella di Haraldskær, è emerso che si trattava di capi sofisticati, che denotavano ricchezze. Inoltre, l’analisi delle fibre degli abiti dimostrerebbero che venivano da posti diversi e lontano da quello in cui erano stati seppelliti: forse la sepoltura nella palude riguardava stranieri o persone non perfettamente integrate nella comunità in cui erano arrivati. Altra ipotesi ancora è che i corpi delle paludi fossero stati sacrificati in qualche rito.
Suicidi e soldati. Alcuni corpi più recenti, come quello della donna di Meenybradden trovato in Irlanda e risalente al Sedicesimo secolo, si ipotizza siano suicidi, sepolti in territorio sconsacrato invece che nel cimitero. Sono diventati mummie di palude anche alcuni cadaveri di soldati russi e tedeschi nella prima guerra mondiale: morti nella battaglia dei laghi masuri, in Polonia.
Le misteriose mummie di palude - Focus.it
Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 11-01-17 alle 19:33
"Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)
Il Castello di Fumone e la tragica storia del “Marchesino”
Circondato da boschi ed uliveti, il tranquillo borgo medievale di Fumone si offre al visitatore tutto arroccato attorno al suo castello, in un pittoresco amalgama grigio tra le abitazioni ed il fortilizio. Eretta tra il IX e il X secolo e più volte rimaneggiata, la Rocca Longhi-De Paolis è famosa non soltanto per essere stata la prigione di Celestino V, nonché luogo della sua morte, ma anche per ospitare uno straordinario giardino pensile (il più alto d’Europa, con i suoi 800 metri s. l. m.) da sempre conosciuto come la “terrazza della Ciociaria”. L’Arx Fumonis fu sin dall’Alto Medioevo un’imprendibile fortezza e respinse, fra gli altri, anche gli assedi degli imperatori Federico Barbarossa ed Enrico VI e venne conteso tra le maggiori famiglie nobiliari laziali.
Passata poi alla Chiesa, la rocca assolse a lungo la funzione di controllo del territorio meridionale dello Stato Pontificio, da cui deriverebbe indirettamente il toponimo “Fumone”. Alla vista dei nemici, infatti, dal culmine di un’alta torre – oggi scomparsa – si levava un’enorme colonna di fumo: essa avviava un sistema di segnalazioni simili a catena, che coinvolgeva i paesi limitrofi giungendo infine alle mura capitoline, avvertendo così la “città eterna” dell’imminente pericolo. Il fortilizio nasconde numerosi misteri e ricordi di vicende macabre e terrificanti: il “pozzo delle vergini”, il monaco murato vivo chissà dove nell’edificio e mai ritrovato, le tragiche memorie dei numerosi carcerati e non ultima la già citata prigionia del celebre Papa del “gran rifiuto” dantesco. La visita al castello procede di sala in sala, tra affreschi, arazzi, eleganti arredi, sino a giungere all’archivio dove, tra importanti e antichi documenti, riposa in un angolo, un po’ defilata, una credenza. Al suo interno è celato il ricordo di una vicenda tra le più spaventose del castello. Si tratta della triste storia del “Marchesino”, ossia del piccolo Francesco Longhi, vissuto all’inizio dell’800. Ultimo fratello dopo ben sette sorelle, egli, come primogenito maschio, avrebbe avuto in eredità tutti i beni di famiglia. Le perfide sorelle, allora, a quanto pare, uccisero il fratellino mettendo quotidianamente nelle sue pappe minuscole schegge di vetro (o gocce di veleno). Presto iniziò una lenta agonia che portò alla morte Francesco alla tenera età di cinque anni. La madre impazzì dal dolore, ordinando che le spoglie del figlio fossero imbalsamate con la cera e poste in una teca di cristallo ad eterna memoria. Misterioso rimane tutt’oggi il metodo usato per la mummificazione. Secondo una leggenda il castello sarebbe infestato dai fantasmi di Emilia Caetani-Longhi e dello stesso Marchesino, mentre dai sotterranei saltuariamente proverrebbero le urla e i pianti degli spettri dei prigionieri. Per saperne di più si faccia riferimento alla nostra guida Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito edita dalla Eremon Edizioni.
https://illaziodeimisteri.wordpress....el-marchesino/
"Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)
Ferentillo, fascino e mistero delle mummie
La cripta della Chiesa di Santo Stefano della località umbra ospita un museo dove sono esposti i corpi la cui mummificazione è avvenuta in circostanze particolari
Flaminia Giurato (Nexta)
Ferentillo è un comune a poca distanza da Terni che si presenta agli occhi del visitatore con i Castelli di Precesso a sinistra e di Mattarella a destra, che sembrano proteggere con i loro bastioni il borgo che si trova alle loro spalle. Oltre alle rocche trecentesche rimangono anche i resti delle mura medievali a testimoniare il passato di questa località umbra. C’è, poi, un’attrazione davvero particolare che richiama ogni anno visitatori da tutta Europa: si trova nella cripta di un’antica chiesetta nascosta tra i vicoli stretti e si tratta del Museo delle Mummie. L’edificio in questione è la Chiesa di Santo Stefano, del XV secolo, nella cui cripta sono stati ritrovati corpi mummificati di diversi abitanti del borgo e di alcuni stranieri, che in alcuni casi hanno mantenuto addirittura peli, capelli, denti ed abiti.
Le mummie di Ferentillo
Per capire le ragioni di questa seppur macabra ma interessante presenza bisogna andare indietro nel tempo, precisamente nel 1804 quando un editto napoleonico aveva decretato che le sepolture dovessero avvenire, da quel momento in poi, al di fuori delle mura cittadine. La norma, promulgata da Napoleone a Saint Claud, aveva lo scopo di ridurre i rischi sanitari dovuti alla diffusione delle malattie infettive che scaturivano con la decomposizione dei cadaveri. Ecco che, nel 1871, anche a Ferentillo venne deciso che i morti non dovessero più essere seppelliti nella cripta di Santo Stefano e i frati cappuccini iniziarono le operazioni di riesumazione delle salme. Accadde, però, un fatto. Un vero e proprio fenomeno paranormale.
Fenomeno inusuale nella cripta di Santo Stefano
I corpi che emersero dalla terra, infatti, erano in uno stato di conservazione talmente buono che si potevano distinguere i tratti somatici, riconoscere capelli e barbe, tessuti molli come lingue ed intestini. I frati decisero quindi di far sottoporre i corpi mummificati all’esame di alcuni studiosi, consentendo ad essi di diventare, oggi, un’attrazione turistica. Il particolare processo di mummificazione è stato, sin da quel tempo, lungamente studiato senza però giungere mai ad una conclusione definitiva. Alcuni scienziati parlano di un mistura di sali ed ammoniaca che, unita alla ventilazione ed alla decomposizione di microorganismi, ha essiccato la pelle dei cadaveri lasciando inalterato il resto. Nel Museo si contano 21 mummie umane che comprendono uomini, donne e bambini come pure 10 teste conservate, più di 270 teschi, una bara sigillata e due volatili mummificati a seguito di esperimenti effettuati nel Novecento.
Ferentillo, fascino e mistero delle mummie - La Stampa
"Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)
A 100 anni dalla Rivoluzione d'Ottobre, una piccola storia delle spoglie dei rivoluzionari (da Lenin a Castro)
Luca D'Ammando
IMBALSAMAZIONE E RIVOLUZIONE
Lenin morì durante un inverno freddissimo, il 24 gennaio 1924. Siccome il Partito intendeva costruire un mausoleo che ne ospitasse la salma, la terra ghiacciata sulla piazza Rossa fu fatta saltare con la dinamite. Da allora il suo corpo imbalsamato, disteso dentro una teca di cristallo, a due metri di profondità, torna a tormentare ciclicamente la memoria dei russi. Nei giorni delle celebrazioni del centenario della Rivoluzione d’ottobre a riaccendere le polemiche ci ha pensato Ksenia Sobchak, già presentatrice tv, ora candidata alle elezioni presidenziali del prossimo marzo. «Se fossi eletta – ha detto la figlia del mentore politico di Putin – ordinerei di rimuovere la mummia di Lenin dal Mausoleo e di seppellirla». Le ha replicato Valentina Matvijenko, presidente del Consiglio della Federazione, proponendo un referendum popolare sulla questione. Ma non subito, «c’è ancora un’intera generazione di russi per i quali Lenin ha un grandissimo significato».
Ecco, l’intramontabile culto della personalità che si intreccia con le contraddizioni della Russia post-sovietica. Più prosaicamente Mikhail Fyodotov, capo del Consiglio russo per i Diritti umani, ha proposto di trasformare il Mausoleo in un museo sulla tecnica dell’imbalsamazione, nella quale i russi sono all’avanguardia nel mondo. Esempio più evidente è il cosiddetto “gruppo del Mausoleo” dell’Istituto di ricerca per le strutture biologiche di Mosca: composto da anatomisti, biochimici e chirurghi, si occupa della manutenzione del corpo di Lenin, ed è arrivato a impiegare fino a 200 persone (oggi sono circa un quarto). Sono loro a conservare anche le salme dei nordcoreani Kim Il Sung e Kim Jong Il e del vietnamita Ho Chi Min. E sono loro che ogni due anni sottopongono la mummia di Lenin a un trattamento speciale: la immergono in una vasca rigenerante riempita di una soluzione formata da glicerolo, formaldeide, acetato di potassio, alcool, perossido di idrogeno, acido acetico e acetato di sodio. Per evitare la disidratazione, il grasso naturale della pelle viene sostituito con un materiale modellabile in paraffina, glicerina e carotene. Infine vengono sostituiti ciclicamente le ciglia e i pezzi di pelle deteriorati.
Ma non c’è solo la Russia. Anche l’Italia può ritenersi storicamente un’eccellenza nell’arte dell’imbalsamazione. Lo testimonia il corpo di Giuseppe Mazzini, spirato il 10 marzo 1872, pietrificato, reso eterno nella carne fatta marmo. La prima vera icona politica del nostro Paese, protagonista di una storia rivoluzionaria anche da morto. Mazzini, che aveva chiesto per sé onoranze funebri discrete («Tutte le commemorazioni, trasporti di cenere, statue, m’intristiscono l’anima»), trovava l’imbalsamazione una profanazione: «Non ho mai capito l’affetto di quei che fanno imbalsamare un cadavere di persona amata». Invece, cercando di trarre dalla morte di Mazzini un’occasione di propaganda, il leader parlamentare dell’Estrema sinistra Agostino Bertani si fece venire l’idea di imbalsamarlo, esponendone la mummia. Per attuare il progetto si rivolse al fratello per affiliazione massonica Paolo Gorini, che da trent’anni andava facendo esperimenti di imbalsamazione nell’ospedale di Lodi. Anziché la tecnica tradizionale, Gorini proponeva la pietrificazione, tecnica che garantiva una maggiore durata (sostituendo i liquidi organici con sali minerali i tessuti s’indurivano), ma richiedeva mesi di lavoro. Così solo il 10 marzo 1873 la salma di Mazzini fu pronta per l’ostensione. Ha scritto Sergio Luzzatto nel saggio 1872. I funerali di Mazzini: «Molta gente villereccia, dinanzi al cadavere, non sapendo come meglio esternare i suoi sentimenti di rispetto e di venerazione, si faceva il segno della croce e mormorava un requie».
Frontespizio dell'opera di Paolo Gorini
Negli stessi anni iniziava a operare la principale dinastia di imbalsamatori italiani, quella dei Signoracci, che si sono occupati di papi, re, aristocratici, artisti e attori. «La nostra famiglia iniziò a lavorare nella morgue dal 1870», ha raccontato Massimo, ultimo erede, tecnico dell’Obitorio comunale del Verano di Roma. «Iniziò tutto con Giovanni Signoracci. Lo chiamavano Er Vetrinone, perché faceva vedere i morti ai parenti solo dietro una vetrina, un po’ quello che succede ancora oggi con i riconoscimenti». La massima notorietà, la famiglia, la conobbe negli anni Sessanta e Settanta con il padre di Massimo, Renato, e con gli altri due zii, Arnaldo e Ernesto, divenuti celebri come imbalsamatori di tre papi: Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I. Tra gli altri, i Signoracci mummificarono Antonio Segni («dovemmo adattarci a lavorare su una porta messa in piano»), Pietro Nenni, Romolo Valli, Paolo Stoppa e Martin Balsam, l’attore che in Psycho impersona l’investigatore privato ucciso da Norman Bates. Cesare, il più esperto, capotecnico dell’obitorio: «L’imbalsamazione è opera di altissimo artigianato, bisogna esserci portati. Ci vuole amore. A tutti noi Signoracci piace tanto imbalsamare i morti. Servono grande precisione, molta applicazione, profonda conoscenza del corpo umano, rispetto per la salma, pazienza biblica». Massimo Signoracci: «Quasi nessun italiano richiede l’imbalsamazione. Da noi non c’è il culto dei morti».
Mao Zedong
Più che il culto dei morti è stato il culto della personalità a portare alla mummificazione di Abraham Lincoln, il 16esimo presidente americano, nel lontano 1865. Lincoln può essere considerato il primo di una lunghissima schiera. Oggi il corpo di Mao Zedong è esposto nel mausoleo in piazza Tienammen a Pechino. Tra gli ex dittatori comunisti mummificati ci sono anche il bulgaro Georgi Dimitrov e il cecoslovacco Klement Gottwald. Oscura, invece, l’imbalsamazione dell’ex dittatore filippino Ferdinand Marcos: il corpo fu esposto dalla sua famiglia, ma molti sostengono che si tratti solo di una statua di cera. Un capitolo a parte meriterebbe la vicenda del corpo imbalsamato dell’argentina Evita Perón: esposto per due anni, poi scomparso a seguito del colpo di stato militare del 1955, infine ritrovato nel 1971, in una cripta a Milano.
La mancata imbalsamazione del corpo di Hugo Chávez, annunciata alla sua morte ma poi risultata impossibile viste le condizioni del cadavere, è apparsa come una beffa, l’ultimo segno degli ideali rivoluzionari traditi. «Sarebbe stato necessario trasferire il corpo in Russia per 7/8 mesi», spiegò nel marzo 2013 il ministro della Comunicazione venezuelano Ernesto Villegas. Così come la cremazione del corpo di Fidel Castro, di cui il 25 novembre ricorre il primo anniversario della morte, è apparsa come un segnale di cambiamento delle tradizioni, fa pensare che non è più il tempo delle mummie rivoluzionarie.
E' un processo di mummificazione molto particolare quello applicato sulle mummie degli Ibaloi, risalenti a circa mille anni fa e rinvenute in una delle ottanta caverne sul Monte Toubac, nelle Filippine.
LE MUMMIE IBALOI
L'antico procedimento di mummificazione utilizzato dagli ibaloi si distingue da quello praticato dalle altre civiltà del mondo dedite all'imbalsamazione dei defunti, in quanto non prevedeva l'asportazione degli organi interni. Secondo i racconti orali tramandati dagli ibaloi, i corpi venivano asciugati mediante il calore e il fumo di un piccolo falò e quindi accuratamente immersi in un bagno di erbe con proprietà conservanti. Periodicamente, nelle cavità addominali veniva insufflato fumo di tabacco per favorire la fuoriuscita delle larve e la conservazione degli organi. L'intero processo poteva richiedere fino a un anno.
Il curatore dello University Museum a Baguio mette in discussione questa teoria e afferma che il procedimento, così come lo ricordano gli anziani ibaloi, non ha funzionato quando, nel 1907, è stato riprodotto, e sostiene inoltre che nessuna famiglia avrebbe potuto permettersi di non lavorare per un anno intero, il tempo richiesto per i riti funebri.
Gli ibaloi smisero di mummificare i morti nel XX secolo, perché gli americani ne scoraggiarono la pratica in quanto non igienica. Nel corso degli anni le mummie sono state spesso oggetto di furti e vandalismi, ragione per cui oggi le grotte principali sono tenute sotto chiave.
Le mummie ibaloi meglio conservate si trovano nelle Timbac Caves (ingresso P100), circa 1200 m sopra la città di Kabayan. Sono considerate il più sacro tra i numerosi luoghi di sepoltura della zona e tra gli abitanti del posto è consuetudine offrire doni come gin prima di accedervi.
Da Filippine, Michael Grosberg, Greg Bloom, Trent Holden, Anna Kaminski, Paul Stiles
https://books.google.it/books?id=lYf...ibaloi&f=false
Monica Palermi
FACCIA A FACCIA CON LA STORIA: LE MUMMIE DI FERENTILLO
Nel cuore della Valnerina ternana sorge il piccolo borgo di Ferentillo, un gioiello incastonato lungo una gola, dal quale non si può far altro che rimanere affascinati. Il paesino, sovrastato da due imponenti rocche e posto sulla via che da Terni conduce all’Abbazia di San Pietro in valle, nasconde un luogo affascinante e, allo stesso tempo, quasi inquietante, unico nel suo genere: il Museodelle Mummie, antica cripta della chiesa di Santo Stefano.
La cripta era in origine una chiesa medievale del XIII sec., sulla quale, due secoli più tardi, fu eretta la Chiesa di Santo Stefano: è da allora che si iniziò a seppellire i morti in questo luogo e così si continuò a fare fino all’emanazione, nel 1804, dell’Editto napoleonico di Saint Claud, che vietava le inumazioni all’interno della cerchia muraria delle città e ordinava la riesumazione delle sepolture precedentemente effettuate. A Ferentillo, a seguito di tale disposizione si scoprì che i corpi che erano stati sepolti nella cripta della Chiesa di Santo Stefano si erano perfettamente conservati, mummificandosi.
Lo scenario che accoglie il visitatore che arriva nel piccolo museo sembra, a prima vista, povero e spoglio. Solo entrando, con rispetto e discrezione, si viene avvolti da una strana atmosfera e si inizia il percorso che permette di vedere le mummie e conoscere la loro storia. Ciò che è impressionante sono le informazioni che abbiamo sulle loro vite, le curiosità che ci aiutano a intravedere, nei loro corpi esposti, la loro umanità, il loro essere stati, una volta, come noi siamo oggi. D’altronde, l’iscrizione che si trova appena fuori dal museo già di per sè predispone a una simile riflessione: “Oggi a me, domani a te, io fui quel che tu sei, tu sarai quel che io sono. Pensa mortal che il tuo fine è questo e pensa pur che ciò sarà ben presto”.
Così incontriamo due sposi cinesi, morti mentre erano in viaggio di nozze sulla via di Ferentillo, un assassino e la sua vittima, entrambi sepolti per un ironico destino nello stesso luogo, una giovane donna morta di parto, una vecchia contadina e due soldati napoleonici. Tutte persone che, andando via dal museo, si ha l’impressione di aver imparato un po’ a conoscere.
Il borgo di Ferentillo nasconde un tesoro che le condizioni del terreno, unite alla particolare ventilazione e alla presenza di determinati microrganismi hanno contribuito a creare e che tuttora mantengono. Un tesoro costituito non solo dalle mummie, ma anche dagli affreschi del XIV e del XV secolo, dall’antico portale d’ingresso della cripta e dai resti dell’abside, in parte demolito. Un luogo ricco di storia, di arte e di umanità che senza dubbio vale una visita.
Le mummie dei "due sposi cinesi", la donna a sinistra conserva ancora gli abiti e le unghie, mentre dell'uomo è rimasta solo la testa
SVELATO IL MISTERO DELLA "MUMMIA URLANTE"
È stata imbalsamata così, con la testa reclinata all’indietro e la bocca aperta, come se emettesse un gemito di terrore. Per decenni è stata conosciuta come la mummia della “donna urlante”, proprio per la inusuale ed enigmatica postura con la quale gli imbalsamatori dell’antico Egitto l’hanno tumulata.
Si tratta del corpo di una principessa appartenuta alla 22esima dinastia, ritrovata nel 1881 in una tomba a Luxor, in Egitto, assieme ad altre mummie sepolte in un luogo occultato tremila anni fa per sfuggire ai saccheggi dei tombaroli.
Lo spasmo stampato sul volto della donna e donato ai posteri dall’imbalsamazione è sempre stato un mistero per gli archeologi, ma adesso ricercatori dell’Università del Cairo hanno svelato l’enigma.
Hanno infatti sottoposto il corpo mummificato della principessa a una TAC e hanno quindi scoperto che la donna soffriva di aterosclerosi, malattia che causò il restringimento e irrigidimento delle arterie. Non solo. Secondo questo quadro clinico la principessa morì a causa di un infarto acuto.
Il corpo fu rinvenuto parecchie ore dopo il decesso, quando il rigor mortis era già sopraggiunto e per questa ragione fu imbalsamato così come si trovava nel momento della morte, con la testa reclinata e la bocca aperta, forse a lanciare un ultimo grido di dolore o di aiuto. Dalla TAC è emerso anche che il cervello non fu rimosso, una pratica comune per i membri delle dinastie reali.
Sono stata in molti santuari ma non ho visto corpi incorrotti.
Ricordo Sta Rosa da Viterboche éstata tutta smembrata durante laricognozione
delcorpo, emSta Rita che étutta nera. Una volta davanti alla cripta di Sta Rita c'era
l'inginocchiatoio e siccome andavano tutti là,dimenticandosi del Santxissimo , lo hanno tolto.
Vicino alla tomba di Sta Chiara, l'11 agosto di molti anni fa, ho sentito un òieve profumo. Mai sentiti
profumi con P.Pio,Coi genitori di lui ( mi portarono anche là), ma é molto che non vado, non voglio
andare a vedere la cripta di un cappuccino rivestita d'oro. Che storia é questa?