Andrea Bonavoglia
LA PINACOTECA DI BABELE
Periodicità e limiti di Maurits Cornelis Escher
Nel corridoio è uno specchio, che fedelmente duplica le apparenze.
Gli uomini sogliono inferire da questo specchio che la Biblioteca non è infinita ...
Io m'arrischio a insinuare questa soluzione: la Biblioteca è illimitata e periodica.
Jorge Luis Borges (da "La Biblioteca di Babele")
Relatività (1953) – litografia
"Sulla scala superiore procedono due persone, una accanto all'altra nella stessa direzione. Evidentemente è impossibile che queste persone entrino in contatto perché vivono in due mondi diversi e, per questo, l'uno non è a conoscenza dell'esistenza dell'altro"(M. C. Escher, Grafica e Disegni). Per Escher quindi l'immagine non è ambigua, ma doppia, cioè sovrapposta: la sua intenzione non è di rappresentare un mondo in cui non si sa se si sale o se si scende, ma di rappresentare contemporaneamente due mondi intersecati tra loro in uno dei quali, su quella rampa di scale, si scende, mentre nell'altro, su quella stessa rampa di scale, si sale. Per ottenere questo effetto mirabolante, Escher manipola da maestro gli oggetti e costruisce ad esempio gradini che hanno, a differenza di quasi tutti i gradini del mondo, l'alzata uguale alla pedata (di solito il rapporto è invece nettamente diseguale, anche di uno a due) e non sono rivestiti.
Detto in altri termini: Escher qui come in tanti altri quadri ci inganna, gioca con l'architettura come con le montagne, con le ali degli uccelli come con i volti degli uomini, e ci rende partecipi dell'inganno. Per questo ha bisogno di semplificare le immagini, perché le sfumature o i dettagli renderebbero impossibile il trucco, la sovrapposizione, la doppiezza; e anche quando la struttura prospettica non è complessa, il suo segno di intagliatore rimane netto, pulito, quasi da grafico pubblicitario, con figure che sembrano definite - sia detto senza alcuna intenzione dispregiativa - in guisa di fumetto.
Una cifra stilistica e una scelta tecnica molto precise, che tuttavia lo hanno limitato in qualche modo, lo hanno escluso dalla Pittura intesa come grande arte della rappresentazione o dell'astrazione, arte dei mille colori del mondo o della fantasia, arte della ricchezza della natura o dei sogni, e che di fatto lo hanno escluso da gran parte dei manuali di Storia dell'Arte. Un paradosso, se si guarda alla grande e vasta popolarità di Escher, ma anche un segnale del suo essere considerato, da molti addetti ai lavori, più un virtuoso che un vero grande artista, più un disegnatore che un pittore autentico, erede in questa sorta di declassamento storico-critico tanto di un altro grande eccentrico, il manierista Arcimboldo, quanto di un altro fantasioso incisore, il romantico-neoclassico Giovanni Battista Piranesi.
Ecco allora proporsi in modo intuitivo, ma su basi senz'altro ragionevoli, una spiegazione alla curiosa negligenza degli storici nei confronti di Escher: nel contesto dell'arte del Novecento, Escher non ha proposto temi espliciti legati al pensiero politico o sociale, al disagio esistenziale, all'ambiguità della cultura, e non ha proposto soluzioni e invenzioni tecniche, anzi si è comportato da provetto artigiano. Eppure, le sue immagini sono utilizzate spesso per illustrare, in articoli o libri, proprio quello che Escher non voleva proporre, allegorie, simbologie, metafore, schizofrenie. […]
Concavo e convesso (1955) – litografia
Ma se l'artista vuole rimanere al di sotto della soglia dell'indicibile e proporre esclusivamente paradossi grafici e matematici a un pubblico curioso, è lecito utilizzare i suoi disegni per illustrare tutt'altro? E' lecito investirli di altri significati e simbologie? La domanda è retorica, perchè chiunque si occupi di arte sa bene che tutto ciò è lecito e anzi inevitabile. Anche Escher lo sa, ma sembra entrare in antagonismo addirittura con tutti, quando scrive che "anche se la maggior parte dei miei temi mi sembrano obiettivi e impersonali, ho constatato che quasi nessuno percepisce nello stesso mio modo ciò che si può osservare nel nostro ambiente.
A Escher il proprio gioco appare esplicito e trasparente, obiettivo e impersonale; non crea angosce o dubbi, deve solo stupire e divertire, come una prestidigitazione. Ma nel momento in cui un'opera non resta nello studio dell'artista e viene consegnata al pubblico, quell'opera apparterrà a tutti ed è assolutamente legittimo trovare nelle opere di Escher ambiguità o ironia, incertezza o liricità, ottimismo o disperazione, nei limiti ovviamente di interpretazioni calibrate e razionali. E se quindi, come si diceva prima, Escher non ha coscientemente proposto determinati temi, ci hanno pensato le sue opere a farlo.
L'intuito e alcuni dati concreti sembrano allora volerci dire che Escher, seppure isolato, seppure alieno dai movimenti, non esce fuori dal nulla; era un artista indipendente, che va comunque collocato in una dimensione parallela alle Avanguardie del Novecento, tra Surrealismo e Optical Art. Non si tratta di una novità, mille altri personaggi difficili e difficilmente etichettabili sono sempre esistiti, e non sembri incongruo ricordare qui per tutti il nome non di un pittore, ma di un poeta e narratore tra i più grandi, Jorge Luis Borges, accomunabile a Escher anche per altre vie. Se, infine, nei manuali di Storia dell'Arte del futuro Escher sarà compreso o no, è impossibile a dirsi naturalmente, ma le impronte lasciate da Maurits Cornelis Escher nella storia della pittura, e non solo della grafica, sono probabilmente più profonde di quanto oggi potremmo immaginare.