Dalla Stampa
Fisco peggio del terremoto
L'incubo ora sono le tasse
Nel terremoto che colpì il centro Italia nel 1997 migliaia di persone furono costrette a lasciare le case lesionate
In coda sotto il sole, centinaia di persone aspettano furiose per ore
ALESSANDRA CRISTOFANI
FOLIGNO
Avevano perso case, ricordi, affetti, in quel terribile 26 settembre 1997 quando la terra tremò in Umbria. Lo Stato aveva teso la mano, sospendendo il pagamento dell’Irpef. Ora, dodici anni dopo, arriva il conto. Salato. Quei soldi devono essere restituiti. Si parla di 10-20 mila euro, per gente che nella vita fa l’operaio o l’impiegato. Una beffa, che mette in crisi bilanci e progetti di vita. E che fa esplodere la rabbia. Almeno 30 mila cittadini umbri, in questi giorni, sono alle prese con questo salasso di Stato. E, beffa nella beffa, è la prima volta in Italia che il cittadino deve «autoliquidarsi» il tributo. Ovvero impazzire dietro calcoli, cavilli, moduli.
Olindo Balestrini si è messo in fila a notte fonda. Erano le tre e mezza di sabato quando lui, ferroviere in pensione, è arrivato in viale Firenze, davanti alle porte chiuse dell’Agenzia delle Entrate di Foligno. Ha atteso, in piedi, senza chiudere occhio, oltre quattro ore. Intorno alle cinque sono cominciati ad arrivare gli altri, prima in gruppi di due o tre, poi a decine e a centinaia. Sono i contribuenti umbri che entro martedì dovranno restituire i tributi sospesi durante il terremoto del ‘97, quando la terra prese a tremare, uccidendo quattro persone e finendo per seppellire sotto una nuvola di polvere perfino gli affreschi di Giotto della basilica superiore di San Francesco ad Assisi. Da allora sono passati dodici anni e la ricostruzione sembra sostanzialmente finita, tanto che dalle stime ufficiali emerge che circa il novanta per cento della popolazione è ormai rientrata a casa. Uomini e donne che ora, dodici anni dopo, tornano a rivivere l’intensità e la frenesia di quei giorni, quando tutti erano vicini di casa per il solo fatto di non averla, una casa. Ammucchiati gli uni contro gli altri, oltre due legislature dopo, i cittadini umbri delle aree colpite dalla furia del terremoto, tornano, non ne avessero avuto abbastanza, sotto una tenda.
Ci passano le ore, sotto i teli bianchi del gazebo allestito dagli impiegati dell’Agenzia delle Entrate. In preda allo sfinimento, spossati dal caldo, schiacciati come sardine, neanche lo spazio per respirare, ritirano, dopo ore d’attesa, il modulo da presentare per restituire i tributi non versati, quelli che nella vulgata vengono definiti «busta pesante». Si tratta di un adempimento volontario e quindi i conti li dovranno fare loro. Qualcuno, più temerario, ci prova sotto il sole, inforcando gli occhiali da lettura, in attesa che arrivi il suo turno. Gli altri preferiscono farsi aiutare dagli impiegati di uno dei sessanta sportelli attivati dalla sede folignate dell’Agenzia delle Entrate. Il calcolo non è semplice. Occorre innanzitutto recuperare, sempre che si abbia avuto la previdenza, dopo due traslochi, di conservare le vecchie scartoffie fiscali, i modelli Cud del ‘97, del ‘98 e del ‘99, così da risalire ai redditi dei rispettivi anni. A questo punto bisogna individuare il tributo sospeso, Irpef e addizionale Irpef, rispettivamente da versare allo Stato e alla Regione, e il gioco è fatto. Si dà il caso tuttavia che le cifre siano espresse in lire. Così occorre convertirle in euro e trascriverle nel modulo. Ma che nessuno si illuda d’aver finito. Manca ancora il calcolo percentuale del versamento da effettuare. La legge stabilisce che si paga solo il quaranta per cento di quanto effettivamente ricevuto. Sempre che si riesca a saldare la prima rata entro martedì.
Per questo gli umbri, su cui grava la spada di Damocle di una restituzione integrale e immediata, hanno preso d’assalto l’Agenzia delle Entrate e i Caaf delle organizzazioni sindacali dove pile di stampati attendono di essere riempite. In attesa di assistenza e informazioni, il clima diventa pesante. La tensione si taglia con il coltello. Tanto che per mantenere l’ordine sono stati istituiti due presidi fissi di Protezione Civile e Guardia di Finanza. Più accanto, nel piazzale antistante la sede dell’Agenzia delle Entrate, sosta un’ambulanza del 118. Sabato un settantunenne folignate è stato colto da infarto. Aveva appena consegnato il modulo per la restituzione della busta pesante. Forse la pressione della calca o la levataccia alle cinque della mattina o ancora la morsa soffocante del caldo. Magari tutte tre. Resta il fatto che non ha retto e si è accasciato a terra. Il delirio delle code allo sportello per agguantare i moduli si ferma solo un attimo, un attimo di disorientamento, quando l’anziano viene trasportato d’urgenza in ospedale. Poi, il tempo che il sibilo delle sirene si perda nel rumore dell’asfalto, tutto torna come prima.
«Niente panico», continuano a ripetere gli impiegati dell’Agenzia delle Entrate, impegnati in turni di dodici ore no-stop. Sono alle corde anche loro. Sono giorni che mangiano un panino al volo, pur di non lasciare nessuno fuori dalla porta. E’ stato perfino istituito un servizio navetta gratuito con gli sportelli di Perugia verso i quali viene dirottato lo sciame di persone in attesa. Tra loro anche quelli che vivono ancora nelle baracche, quelli del dieci per cento delle statistiche, che non sono ancora rientrati, nonostante si chieda loro di restituire i soldi.
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