Mentre la speculazione rischia di mettere in ginocchio l'Italia, il premier va in cerca di soldi freschi per Mediaset. Perché, dopo la condanna per Mondadori, ora il suo incubo sono i conti delle televisioni

L'incredibile sospetto è che nel letargico mercato televisivo stia cominciando a materializzarsi una presenza inedita: la concorrenza. Il mercato. Il chi va di qua e chi va di là, magari senza un disegno politico. Fantatelevisione. E se fosse il Big Bang?

Dalla legge Mammì in poi, vigeva il duopolio. Viale Mazzini e Cologno Monzese, più o meno in concorrenza, più o meno legati l'uno alla sorte dell'altro. Poi con la potenza politica del Cavaliere era diventato quasi un monopolio, come dimostra il Raiset-gate delle intercettazioni alle quinte colonne del Biscione infiltrate a viale Mazzini, lo scandalo dell'invasione di ultracorpi berlusconiani nel servizio pubblico. Ma ora il tappo è saltato perfino da noi, grazie al progresso tecnologico, al Web, alle nuove piattaforme, alle mille autostrade del digitale terrestre, alla fuga del pubblico giovane dalla tv generalista, al satellite, al villaggio globale... Insomma, sarà impossibile tornare indietro. Anche perché i soggetti in ballo sono diventati quattro, forse persino cinque se si vuole considerare anche la nascita della televisione del "Fatto Quotidiano": inizierà in sordina- e chissà ancora come - ma porterà con sé un forte senso di appartenenza. Per non parlare del pellegrinaggio dal guru Carlo Freccero, direttore di Rai4 agit-prop, un diavolo di attivismo multimediale, massimo teorico della convergenza. Certo, è finita un'epoca. E, come si ripete fino alla noia, la Rai e le vicende che la riguardano sono la più attendibile delle Cassandre a proposito di stato della politica del Paese

Naturalmente conta il fatto che la favola del Cavaliere disceso in campo non su un cavallo bianco, ma su un carro armato mediatico, sia arrivata al suo epilogo. Conta la debolezza del governo, le faide nella maggioranza, le elezioni evocate un giorno sì e l'altro pure, e anche le ferite nel centrosinistra ancora non rimarginate dopo la caduta del governo Prodi. "I treni sono partiti, ma non si sa dove andranno", ha detto in un convegno parlando dello scenario in movimento Lucia Annunziata, protagonista di clamorose dimissioni dalla Rai dopo uno scontro con Paolo Ruffini, suo direttore di rete, reo di non aver mai dato la giusta considerazione alla sua trasmissione e alla sua professionalità (in compenso ha incassato solidarietà a pacchi, da sinistra e da destra, e anche da La7 via Enrico Mentana).
I treni sono partiti, si diceva. E sono carichi di segni, simbologie, mutazioni, futuri trend tutti da scoprire, dopo l'era glaciale di Raiset.
Salgono a galla nuove questioni di un mondo nuovo. Il dibattito sul ruolo dell'editore, libero e no o silente e no (un botta e risposta su questo ad altissimo tasso di polemica tra Mentana e Santoro, dopo la rottura della trattativa di quest'ultimo con La7 addebitata a uno scambio tra governo e Telecom). La possibilità di una televisione senza editore (è la teoria di Carlo Freccero). La fattibilità di una one-man tv (con un network di tv locali, è il progetto Santoro dopo il successo dell'evento "Raiperunanotte" che, tramesso in diretta su piattaforme satellitari e digitali, ha raggiunto il 13 per cento di share). E anche il voler identificare la propria rete con la propria faccia (nelle varie interviste date da Mentana, molti hanno letto una volontà, forse inconscia, di parlare più da "La7 c'est moi" che da direttore del telegiornale).

Liberamente estratto da:
Macché crisi, B. pensa alle tv - l’Espresso

Così stiamo facendo una piccola rivoluzione anche in Italia. Incredibile.