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Discussione: Punti Fermi

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    Predefinito Riferimento: Punti Fermi

    Intervista a don ricossa

    La provincia", il più importante quotidiano delle province di como e di lecco, ha pubblicato il 2 febbraio 2003 la seguente intervista (a cura di giuseppe guin) al superiore dell'istituto "mater boni consilii", don francesco ricossa.
    Malgrado il taglio necessariamente giornalistico e a volte davvero sintetico, don ricossa fa una vera e propria catechesi sulla verità cattolica e sull'attuale situazione della cattedra di san pietro, formalmente vacante anche se materialmente occupata da monsignor wojtyla (giovanni paolo ii).
    La si potrebbe davvero intitolare "essere cattolici oggi".

    Don ricossa partiamo dall'inizio. Perchè, secondo lei, questo papa sarebbe illegittimo?

    Don ricossa: "questo è solo un corolllario. Il problema è posto dai documenti del concilio vaticano ii. Alcuni contraddicono il magistero precedente della chiesa. E questo è inammissibile".

    Ma dove sta il problema? La chiesa si evolve

    "no. No. No. La fede è immutabile. La chiesa non può mutare parere".

    Ma sono documenti approvati da quasi tremila vescovi?

    "lo so, ma ad esempio la dichiarazione sulla libertà religiosa è palesemente in contrasto con quanto insegnato dal magistero precedente. La chiesa ha sempre negato la libertà religiosa".

    Per fortuna ha cambiato linea. Non sognerà per caso un mondo con un'unica religione?

    "non è il mio sogno. È la volontà di cristo che disse andate e insegnate. Convertire tutti alla fede cattolica è il dovere di ogni cristiano".

    Ma ognuno ha la libertà di sbagliare come vuole

    "assolutamente no. Pio xii disse che l'errore non ha diritto.

    Ma lei non può pretendere che tutti credano che quella cattolica sia la vera religione

    "ma scherziamo? La religione cattolica è l'unica depositaria della verità assoluta."

    ma questo lo crede lei

    "no, è un fatto oggettivo. Il cattolicesimo si impone per la sua verità e chi non crede è colpevole".

    Ma tutte le religioni hanno qualcosa di positivo?

    "questa è la mentalità liberale. Il principio della libertà religiosa non esiste nell'insegnamento dei dottori della chiesa. C'è nel pensiero illuminista e nel concilio vaticano ii, appunto".

    Sa che la sicurezza che da una parte stia la verità e dall'altra l'errore, in passato ha causato una serie di disastri?

    "al contrario. I disastri sono stati causati dalla posizione contraria. La rivoluzione francese ha negato la religione rivelata e ha causato fiumi di sangue. Lo stesso il comunismo ateo."

    ma lei non crede al principio dello stato laico?

    "assolutamente no. La chiesa è sempre stata contraria allo stato laico. Un'enciclica di pio xi definisce il laicismo "una peste" ".

    Nella concezione cattolica esiste una distinzione netta tra potere temporale e spirituale

    "hanno scopi distinti, il bene temporale e il bene spirituale. Ma la dottrina della chiesa dice che questi poteri possono essere anche retti dalla stessa persona".

    Calma, calma, come sarebbe "stessa persona"?

    "in passato negli stati della chiesa o attualmente nella città del vaticano i due poteri appartengono alla stessa persona. Comunque sia, normalmente i poteri sono distinti, ma non possono essere mai separati".

    Ma lo stato è totalmente altro dalla chiesa

    "la relazione tra stato e chiesa è simile al rapporto tra corpo e anima e ovviamente deve esserci subordinazione tra stato e chiesa"

    ho capito bene? Stato subordinato alla chiesa?

    "ovvio, altrimenti ci sarebbe la chiesa subordinata allo stato e si avrebbe lo stato assoluto, il totalitarismo (liberale o nazionalista, comunista o socialista, non fa differenza n.d.r.)"

    e il famoso "libera chiesa in libero stato"?

    "è il sofisma di cavour. Una menzogna che non si realizza nella pratica. Infatti nel 1848 quando si diede libertà di culto ai valdesi e la parità di diritti agli ebrei, i gesuiti furono espulsi. Il risorgimento chiuse i monasteri e imprigionò i vescovi"

    ma è proprio convinto di ciò che sta dicendo?

    "non è il mio parere, è l'insegnamento della chiesa".

    Insegnamento preconciliare, ovviamente. Ma la chiesa è andata oltre pio ix.

    "ecco il punto. Alla chiesa è lecito mutare gli accordi pratici, ma non la dottrina, altrimenti diventa un partito. La chiesa è custode fedelissima della rivelazione. Ciò che dio ha rivelato, la chiesa deve trasmettere senza togliere o aggiungere una riga. Può solo esplicitare quello che era implicito. Lo sviluppo deve essere omogeneo e non contraddire mai quanto insegnato."


    secondo il documento "nostra aetate", le religioni non cristiane sono uno strumento di cui si serve dio per la salvezza degli uomini

    "infatti è un errore. Ovvio che ci sia qualcosa di bene in tutte le religioni: infatti il male assoluto non esiste. Ma il dialogo con le religioni porta ad una via senza sbocco. Per una religione rivelata e depositaria della verità, il dialogo ha un solo scopo: evangelizzare".

    Dialogo è anche confrontarsi, ascoltare

    "si ascolta per capire dove sta l'errore e portare l'errante alla verità".

    Che ne pensa del fenomeno islamico in italia?

    "tutto quello che possiamo fare è predicare la verità del vangelo e difenderci da qualunque religione falsa. Non bisogna dare spazio legale a nessuna religione diversa da quella cattolica".

    Ma secondo lei senza l'adesione alla chiesa cattolica non ci si può salvare?

    "è una verità di fede. Fuori dalla chiesa non c'è salvezza. La salvezza dell'infedele è possibile, se pur eccezionale, nel caso dell'ignoranza in buona fede"

    le altre religioni che senso hanno dunque?

    "le religioni false sono un ostacolo. Insegnano falsità morali e di fede".

    Quando vede le riunioni ecumeniche, che fa? Rabbrividisce?

    "penso che ogni cattolico dovrebbe rabbrividire. Secondo pio xi, l'ecumenismo è la strada verso l'ateismo".

    Ma lei sarebbe ancora favorevole alle scomuniche?

    "ma certo, non ha avuto senso toglierle. Del resto gli stessi progressisti continuano ad usarle. Vedi monsignor lefebvre"

    mai pensato all'idea di pluralismo?

    "siamo seri. Il magistero della chiesa è uno. Mi fa sorridere l'idea di pluralismo. Purtroppo dopo il concilio si ammette tutto ed il contrario di tutto".

    Invece ci sarebbe bisogno di più ordine

    "senza dubbio. Ma non perchè sia un fanatico di legge ordine e disciplina, ma perchè così cristo ha fondato la chiesa. La soppressione del sant'uffizio è stata un grave errore"

    ma non vorrà per caso reintrodurre l'inquisizione?

    "io certo non posso farlo. Ma siamo all'assurdo. È come se un governo decidesse di abolire la polizia e dicesse: d'ora in poi con i ladri si dialoga, con i delinquenti si fa una sessione di studio...che stato sarebbe?".

    Ammetta lei avrebbe fatto volentieri il santo inquisitore?

    "mi avrebbe affascinato...ma era richiesta grande dottrina e grande santità...a me manca sia l'una che l'altra"

    ma lei sogna ancora uno stato cattolico?

    "lo auspico perchè lo auspica la chiesa. In uno stato cristiano le anime si salvano più facilmente, in uno stato anticristiano si salvano solo gli eroi"

    torniamo all'inizio della corruzione: il concilio

    "è in contraddizione con il magistero precedente. La "dignitatis humanae" è in netta contraddizione con il "sillabo" e "quanta cura", quindi è errata".

    Non può essere che sia errato il sillabo e che ci sia stata
    un'evoluzione?

    "un'evoluzione che approfondisca la verità si, che la contraddica no. Un documento precedente non può essere smentito. La chiesa è "assistita" e infallibile."

    infallibile, ma solo nelle verità di fede

    "no. La chiesa è infallibile nel proporre e nell'insegnare la verità rivelata e anche ciò che è connesso alle verità rivelate. Se noi supponessimo per un attimo che la chiesa si fosse sbagliata nel suo insegnamento passato, la prima conseguenza sarebbe che si potrebbe mettere in dubbio anche quello che viene insegnato oggi."

    ma quella di oggi non è credibile secondo lei?

    "la nuova dottrina non è credibile perchè in contraddizione con quella passata".

    Se la chiesa era assistita dallo spirito santo in passato, perchè non lo è oggi?

    "ecco il punto fondamentale. O l'insegnamento attuale è una esplicitazione di quanto detto in passato e allora il prooblema non sussiste, oppure c'è contraddizione. Se tra l'insegnamento odierno e quello del passato, esiste contraddizione, l'errore è ovviamente in chi ha creato la contraddizione: il concilio vaticano ii."

    insomma, la verità è di chi la dice per primo?

    "no, la verità è una e non può mutare. Nella chiesa esiste l'infallibilità e l'irreformabilità. Una dottrina definita infallibilimente è anche irreformabile. Dopo che la chiesa si pronuncia, non è più possibile discutere. Non si può cambiare idea dopo 20 anni"

    e come mai si verifica che un concilio e un papa infallibili possono sbagliare?

    "un concilio e un papa legittimi non possono sbagliare. Se il concilio ha sbagliato è perchè paolo vi non aveva l'autorità".

    Ma che autorità avete voi per giudicare se un papa ha errato?

    "il cattolico non deve discutere e dire sono d'accordo o no. L'eresia è proprio questo: scegliere.
    Il cattolico accetta, aderisce. Ma oggi mi trovo nell'impossibilità di aderire a quello che dice giovanni paolo ii, perchè è in contraddizione con quello che ho accettato precedentemente".

    L'attuale papa sarebbe eretico?

    "alcuni lo sostengono. Secondo noi pronuncia eresie, ma non è formalmente n.d.r.] Eretico. Per essere eretici, bisogna essere coscienti di esserlo. Lui insegna un'eresia, convinto di non dire eresie. [lo si spera vivamente per l'anima sua n.d.r.]"

    il capostipite delle eresie è dunque giovanni xxiii?

    "non è certo, perchè è morto prima che venisse approvato il concilio. Giovanni xxiii aveva simpatie per il modernismo e ha posto le basi dell'errore"

    allora è eretico paolo vi?

    "il problema dottrinale è nato proprio da lui, che ha firmato i documenti conciliari in contrasto con il magistero precedente".

    Da allora la sede pontificia sarebbe vacante

    "è formalmente vacante ma materialmente occupata".

    Se la sede è vacante, significa che cristo ha abbandonato la sua chiesa?

    "ad ogni morte di papa esiste una sede vacante. E nella storia si è protratta anche per anni. Ciò che è impossibile che accada è che diventi impossibile l'elezione di un papa legittimo. Per questo rifiutiamo il sedevacantismo radicale".

    Chi sono i cardinali che possono eleggere il vero papa?

    "tutti. L'importante è che l'eletto professi la vera fede e tolga gli errori passati, cioè le contraddizioni con l'insegnamento precedente della chiesa".

    Secondo lei, c'è la possibilità di uscire dall'empasse della sede vacante?

    "ad esempio lo stesso giovanni paolo ii potrebbe tornare ad essere papa legittimo, basterebbe che condannasse gli errori commessi in questi anni e ritornasse all'insegnamento vero della chiesa. Se rimuove l'ostacolo che gli impedisce di avere l'autorità, diventerebbe papa legittimo. Se non lo farà lui, lo farà il suo successore".

    Come reagisce quando la definiscono estremista di destra e reazionario?

    "rimango impassibile: sono categorie vuote, termini politici trasferiti impropriamente in campo religioso".

    Qualcuno dice che tra voi, estrema destra conservatrice, e i modernisti esasperati, c'è la chiesa che tiene la barra ben ferma al centro

    "e che sarà mai? La democrazia cristiana? Dio mio, è fuorviante, la verità non è a destra, nè a sinistra, nè al centro. La verità è quella che ha rivelato cristo e definito la chiesa. Chi è d'accordo è nella verità, gli altri sono nell'errore".

    Che ne pensa dei preti che si vedono oggi in televisione?

    "la televisione è un mezzo importante ma anche pericoloso. È facilissimo far fare brutta figura a chi rappresentiamo, cioè a dio."

    e quando vede don mazzi a "domenica in"?

    "non ho la televisione. Però per parlare di dio ci vuole um ambiente consono. In mezzo alle ballerine mi sembra poco dignitoso".

    Le ballerine con chitarre e tamburi ci sono anche nella messa del papa

    "appunto. Trovo la cosa assolutamente disdicevole. Ma questo è solo un sintomo della malattia, non la malattia stessa".

    Secondo lei è una chiesa alla deriva?

    "c'è una crisi evidente. L'80% dei cattolici battezzati in italia non va in chiesa e nell'altro venti ci sono le idee più strampalate".

    E le folle oceaniche che accolgono wojtyla nei suoi viaggi in giro per il mondo?

    "ne sono felice, però una volta che riparte cosa resta? Ben poco. La famiglia si sta distruggendo, non la si concepisce più nemmeno come l'unione tra un uomo e una donna. Siamo alla fine della civiltà. Gran benessere, ma grande vuoto morale".


    Lei ha fatto voto di obbedienza, ma è disobbediente.

    "bisogna obbedire alla legittima autorità. Se giovanni paolo ii non ha autorità, non sono tenuto all'obbedienza. Il giorno in cui l'avesse, mi recherei da lui, gli bacerei i piedi e gli direi "faccia di me quello che vuole".

    Perchè lasciò lefebvre?

    "perchè pur dicendo che il papa aveva sbagliato, lo riconosceva come papa."

    in futuro continuerete ad essere un'assoluta minoranza?

    "la minoranza non mi spaventa. La nostra forza non sta nel numero, ma nei problemi sollevati. Non mi preoccupa il nostro futuro, ma quello della chiesa".

    Mi sintetizza gli errori più gravi del concilio?

    "è un'eresia che la chiesa di cristo possa sussistere anche fuori dalla chiesa cattolica. Che gli eretici siano in comunione imperfetta con la chiesa, che le chiese scismatiche abbiano la successione apostolica. Che esista ancora l'alleanza tra dio e il popolo ebraico e che si possano salvare senza cristo...errori dottrinali gravissimi".

    Ma lei ha idea di cosa cristo possa pensare di don ricossa?

    "mi piacerebbe molto saperlo. Io non credo di essere infallibile, ma non ho dubbi su quello che penso. Voglio essere un vero cattolico. Se però mi accorgessi di aver errato...mi rimetterei alla misericordia di dio."

    è disarmante la sua ferrea certezza nelle cose che dice

    "mi sembrano così ovvie e cosi' vere...anzi sono vere"

  2. #12
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    Predefinito Riferimento: Punti Fermi

    PRINCIPALI ERESIE DIABOLICHE CONTRO LA VERITa' DEL CATTOLICESIMO
    ROMANO

    Adozianesimo

    Secondo questa eresia, che ebbe come autore un ricco conciatore di pelli, Teodoto di Bisanzio, Cristo era soltanto un uomo, che Dio adottò nel momento del battesimo e al quale conferì potenza divina in ordine alla sua missione nel mondo. Scomunicato da papa Vittore verso il 190, Teodoto costituì una setta, la quale verso la metà del secolo III ebbe il suo ultimo rappresentante in Artèmone o Artema che insegnava a Roma. Una variazione dell’adozianismo Teodoto di Bisanzio è l’errore di Paolo di Samosata, che fu vescovo di Antiochia tra il 260 e il 268; questi per conservare l’unità divina, sostenne che Gesù non era Dio ma un uomo come gli altri, al quale il Verbo di Dio s’era comunicato in maniera particolare, venendo a inabitare in lui. Ben diverso è l’adozianismo spagnolo di Elipando di Toledo e Felice di urgel (secolo VIII), i quali ammettevano la Trinità e insegnavano una doppia adozione in Cristo: una divina e una umana; come uomo Cristo era soltanto figlio adottivo di Dio, ma come Dio era Figlio vero.

    Agnoeti

    Setta monofisita, che si rifaceva a Temistio, diacono di Alessandria (secolo VI), il quale sosteneva che Cristo aveva ignorato molte cose, anche quelle che appartenevano alla comune conoscenza degli uomini; in particolare poi ignorava il giorno del giudizio finale.


    Apollinaristi

    Setta di eretici del secolo IV, che presero il nome da Apollinare di Laodicea in Siria (c. 310-390), già amico di sant’Atanasio e suo sostenitore nella lotta contro l’arianesimo. Qualche anno dopo d’essere stato eletto vescovo della sua città, Apollinare, per mettere in rilievo la personalità divina del Cristo, affermò che Cristo non possedeva un’anima umana propria, in quanto il Verbo incarnato aveva preso il posto di quest’anima; di conseguenza, il Verbo aveva assunto un corpo umano ma senza anima, e quindi non si poteva più parlare di due nature ma di una unica natura e di
    una unica persona in Cristo. Fu condannato infallibilmente da papa Damaso nel Sinodo romano del 377.

    Arianesimo

    Ario, dissoluto prete di Alessandria, verso il 320, sostenne che Gesù Cristo non era propriamente Dio, ma la prima creatura che il Padre creò perchè collaborasse all’opera della creazione e che per i suoi meriti elevò al grado di suo Figlio; come tale se rispetto a noi Gesù Cristo può essere considerato come un Dio, non è però Dio rispetto al Padre, perchè la sua natura non uguale e consostanziale a quella del Padre. Questa eresia si diffuse rapidamente e conquistò prelato ambizioso della corte di Costantino, Euseio di Nicodemia, che divenne quasi il capo militante del partito degli ariani; anche lo storico della Chiesa Eusebio di Cesarea simpatizzò per Ario. Questi nel 321 lasciò Alessandria e andò a propagare la sua eresia nell’Asia Minore e nella Siria. Nel 325, Costantino, preoccupato dalla diffusione dell’eresia e dalle lotte che dividevano i cattolici, radunò a Nicea il I Concilio ecumenico, il quale condannò Ario e i suoi seguaci e nel
    Simbolo detto niceno affermò: “Noi crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose, visibili e invisibili. E in un solo Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, solo generato dal Padre,
    cioè della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, vero Dio da vero Dio, generato non creato consostanziale al Padre, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose nel cielo e sulla
    terra, il quale è disceso tra noi uomini per la nostra salvezza, e s’è fatto carne diventando uomo. L’anatema contro Ario suonava così: “Quanto a quelli che dicono: ci fu un tempo in cui il Figlio
    non esisteva, oppure non esisteva allorquando non era stato ancora generato, oppure è stato fatto da nulla, oppure coloro che dicono del Figlio di Dio che Egli è di un’altra impostasi o sostanza, o creatura, o cangiante e mutevole, la Chiesa cattolica li anatematizza”. Costantino poi, all’anatema del Concilio, aggiunse l’interdizione per Ario di tornare ad Alessandria e alcuni mesi più tardi esili nella Gallia Eusebio di Nicomedia e Teognide di Nicea. Ma il partito di Ario cedette le armi; riconquistò le grazie dell’imperatore. Campione della fede nicena fu sant’Atanasio, vescovo di Alessandria, che sostenne lotte ed esili finchè non vide debellato l’arianesimo, che si camuffò vari modi e si diffuse tara i barbari germanici ai confini settentrionali dell’Impero: Ostrogoti, Vandali e Longobardi , tra i quali resistette molto a lungo. Gli ultimi ariani longobardi scomparvero verso il 670, grazie all’abilità di san Gregorio Magno.

    Catari

    Diffusisi con sorprendente rapidità nel Mezzogiorno della Francia, nella regione di Alby (dove furono abbastanza potenti e presero il nome di Albigesi) e nell’Italia settentrionale (dove
    ebbero anche il nome di Patarini), i Catari (dal greco=puri, perfetti) costituirono tra i secoli XII la più pericolosa eresia non solo per la Chiesa ma anche per la società civile.
    Il catarismo era uno strano miscuglio, su un fondo decisamente manicheo, di tramontate eresie, come il docetismo e lo gnosticismo, e di religioni orientali. Secondo i catari più rigorosi, i due
    princìpi del bene e del male interna lotta nel mondo sono ugualmente eterni, onnipotenti; secondi i più mitigati, il principio del male è una creatura di Dio, un angelo decaduto, che vien chiamato
    Satana, Lucifero o Lucibello, e avrebbe creato il mondo visibile della materia in opposizione al mondo visibile della materia in opposizione al mondo invisibile degli spiriti buoni creato dal
    principio del bene. La creazione dell’uomo è opera del principio del male che riuscì a sedurre e a imprigionare nei corpi alcuni spiriti puri. Per salvare questi spiriti puri racchiusi nei corpi umani,
    Dio mandò la sua Parola, per mezzo di un messaggero, Gesù, che era un suo angelo fedele e che Dio, per questa accettazione redentrice, chiamò suo Figlio. Gesù discese sulla terra e per non avere
    alcun contatto con la materia prese un corpo apparente e visse e morì apparentemente come uomo.
    Gesù insegnò che la via della salvezza consiste nel rinunziare a tutto quello che ha sapore di carnale, se si vuole liberare lo spirito puro che è racchiuso o imprigionato dentro di noi. Perciò è
    peccato non solo il matrimonio ma anche l’uso dei cibi carnali, mentre l’ideale della santità sarebbe il suicidio come mezzo per sottrarsi volontariamente all’influenza del principio del male.
    Alla fine del mondo tutti gli spiriti saranno liberati e godranno la gioia eterna, e non ci sarà inferno per nessuno perchè ognuno avrà raggiunto la salvezza attraverso le reincarnazioni purificatrici. I
    seguaci del catarismo si distinguevano in puri o perfetti e in credenti. I puri o perfetti vivevano nel distacco assoluto dai beni terreni, in rigorosa ascesi, e evitavano qualsiasi contatto carnale, ("matrimonio è un lupanare” e fare figli significa procreare diavoli. “Pregate Dio che vi liberi dal demonio che avete nel seno” diceva un puritano della setta a una donna incinta ); i puri arrivavano a questo stato con un specie di sacramento, il consolamentum che consisteva nell’imposizione delle
    mani e del libro dei Vangeli. Un rituale cataro di Lione ci ha conservato i particolari di questo rito per i puri; la cerimonia iniziava col servitium, cioè con la confessione generale fatta da tutti i presenti; poi il candidato si metteva davanti a una tavola ove stava poggiato il Vangelo e rispondeva alle domande che gli rivolgeva il decano dei perfetti o puri; poi si passava al
    melioramentum, che consisteva nella confessione del confidato, dopo di che il decano gli consegnava il Vangelo. Decano e codnidato recitavano una sequela di Pater. Poi veniva il consolamentum, che era un impegno da parte del condidato a rinunziare agli alimenti carnali, alla menzogna, al giuramento, alla lussuria. All’iniziato veniva imposta la veste nera della setta, che egli poteva sostituire con un cordone nero, in tempi di persecuzione. I credenti invece dovevano
    venerare gli eletti e nutrirli; non avevano obblighi dalle astinenze carnali, anzi venivano esortati al concubinato e alla sodomia, al posto del matrimonio, perchè non avendo come fine la procreazione dei figli non prolungava l’opera di Satana; ai credenti, soltanto sul letto di morte, veniva dato il cosolamentum che era come la loro rigenerazione. Il culto dei catari comprendeva: il pasto rituale, in cui un perfetto benediceva e spezzava il pane che veniva poi diviso tra i presenti; il melioramentum che si faceva ogni mese e consisteva in una confessione generale seguito da tre giorni di digiuno. Ogni
    cerimonia finiva col bacio di pace che i presenti si scambiavano sulle due guance. Il catarismo scomparve in seguito alla Santa Crociata contro gli Albigesi guidata da Simone di Monfort e conclusasi con la battaglia di Muret del 12 settembre 1213.
    L’inquisizione, creata nel 1184, fece il resto. Ma non bisogna dimenticare che ugualmente fanatici e violenti erano diventati i catari. Tra gli apostoli evangelizzatori dei paesi contaminati dal catarismo ricordiamo San Bernardo, il vescovo spagnolo Diego de Azvedo e l’ordine dei frati predicatori fondato da San Domenico di Guzman.

    Docetismo

    Eresia cristologica che appare già verso la fine dell’età apostolica, si diffonde nei primi anni del secolo II e lascia la sua impronta nella maggior parte dei sistemi gnostici. Per i docenti l’umanità di Cristo era solo apparente; negavano quindi, come si esprime sant’Ignazio di Antiochia ai fedeli di Smirne, che “Gesù Cristo è veramente uscito dalla razza di David, secondo la carne...
    veramente nato da una Vergine... è stato veramente trapassato dai chiodi nella sua carne” “l’Eucarestia è la carne di Cristo, la carne che ha sofferto per i nostri peccati, la carne che il Padre,
    nella sua bontà, ha resuscitato”
    (Ad Eph.).

    Donatismo

    Affermatosi dapprima come uno scisma nella Chiesa africana, il donatismo non tardò molto a diventare anche un’eresia. Sorse dall’opposizione di alcuni vescovi nella Numidia nomina di Ceciliano ad arcivescovo di Cartagine, accusato di essersi fatto consacrare da Felice di Aptonga, considerato come uno dei “traditores”, di coloro cioè che durante la persecuzione di
    Diocleziano avevano obbedito agli editti dell’imperatore del 303 consegnando i libri delle Sacre Scritture. Un concilio di settanta vescovi della Numidia depose Ceciliano, sostituendolo con Maggiorino, trovò un capo e un organizzatore. Nonostante la sua buona volontà di far rientrare i dissidenti nella fila della Chiesa cattolica, Costantino imperatore non ci riuscì; i dissidenti divennero ancor più fanatici perseguitando i cattolici e distruggendo le loro chiese (circumcelliones).
    Parminiano successore di Donato dal 355 al 391, e il vescovo di Cirta Petiliano, il maggior esponente del donatismo, ai tempi di sant’Agostino, furono i più focosi sostenitori della setta con i
    loro scritti. Nonostante l’azione dottrinale di Ottavio di Milevi e di sant’Agostino l’intervento dell’imperatore Onorio nel 405 che li perseguitò come eretici e portò un po’ di pace nella Chiesa africana, i donastici sopravvissero fino a essere giustiziati dagli arabi nel 650. La loro dottrina era assai semplice e fu errore comune nei gruppi ereticali di tutti i tempi : sostenevano che la Chiesa visibile è composta soltanto di giusti e di santi e che i sacramenti sono invalidi se amministrati da un ministro indegno.

    Encratismo

    Da encràteia, che significa astinenza, temperanza. Dottrina a sfondo ascetico, di cui il più noto rappresentante fu Taziano nel secolo II. Partendo dal principio gnostico della materia intrinsecamente cattiva, considerava come peccato l’unione matrimoniale, proibiva l’uso della carne del vino, pretendeva che il sacrificio eucaristico si facesse con la sola acqua, e rigettava le ricchezze
    come peccato. Nel secolo IV, l’encratismo rivisse nei discepoli dell’asceta cappadoce Eustazio a Sebaste; fu combattuto da sant’Anfilochio vescovo di Iconio e condannato in un sinodo del 390 a
    Sido in Panfilia.

    Euchiti

    Setta eretica diffusasi nell’Asia Minore verso la fine del secolo IV. Sosteneva l’unione personale del demonio col peccatore e di Dio col giusto, in una specie di panteismo. I suoi seguaci
    furono chiamati così perchè facevano assegnamento solo sulla preghiera per scacciare il demonio e unirsi ipostaticamente a Dio. Furono condannati a più riprese; così nel sinodo di Sido del 390 e nel
    Concilio di Efeso del 431.

    Febronianesimo

    Dottrina che prende il nome da Febrionio, pseudonimo del vescovo ausiliare di Treviri Giovanni Nicola von Hontheim, autore del libro De statu Ecclesiae et legitima potestate Romani Pontificis, etc. stampato nel 1763. Per Febronio, giudici della fede per diritto divino sono soltanto i vescovi, i quali, con l’aiuto della potestà civile, possono deporre il Papa se esorbita dalle sue competenze, perchè questi non è che un primus inter pares e l’esecutore dei canoni conciliari; nessuna legge pontificia ha valore se non è approvata dai vescovi. Il febronianesimo trovò favore presso il re-sacrestano, Giuseppe II, il quale pretese trattare come affari di Stato tutto quello che riguardava l’organizzazione esterna della Chiesa e proibì ai suoi vescovi ogni comunicazione con Roma (giuseppinismo). Le dottrine febroniane furono condannate nel 1764, e ancora nel 1766, 1771 e 1773.

    Fideismo

    In opposizione alla tendenza razionalista del secolo scorso, l’abate Bautain, professore a Strasburgo e poi a Parigi, sostenne l’incapacità della ragione a stabilire delle verità religiose, che non ci possono venire se non dalla fede tradizionale. Fu condannato nel 1831,e nel Concilio Vaticano del 1870 ove furono denunziati i pericoli del fideismo.

    Fratelli del libero spirito

    Setta ereticale che si ricollegava, ma esasperandole, alle teorie di Amaury de Bène (m. 1207), maestro di teologia a Parigi, che insegnava un panteismo sostanzialisitco: Dio è in tutto e in tutti e ognuno di noi, essendo un’incarnazione dello Spirito Santo, non può peccare e quindi non ha neanche bisogno di sacramenti. Condannato infallibilmente da Innocenzo III, Amaury si ritrattò la sua eresia, ripresa e sviluppata da Ortlieb, professore a Strasburgo, col nome di Fratelli del libero Spirito, portò all’assoluta negazione dell’autorità, della legge morale e dei sacramenti, in base al principio che lo Spirito Santo in noi basta a tutto. Tra le sue varie aberazioni morali c’erano anche quelle del libero amore, del nudismo e della magia. I Fratelli del libero spirito, vera eresia nemica del genere umano, durarono fino al secolo XIV.

    Fratelli apostolici

    Furono fondati da un francescano, Gerardo Segarelli, che cacciato dal suo Ordine, si mise a predicare nel territorio di Parma contro la Chiesa “ricettacolo di Satana”, nel nome di una falsa povertà evangelica e di un misticismo panteistico. Giustamente arso vivo il fondatore, il movimento continuò nel territorio di Vercelli sotto la guida dell'empio Fra Dolcino finchè non fu soffocato nel 1307 dopo due anni di guerra.

    Fratelli moravi

    Sorsero dagli elementi più moderati degli hussiti raccolti in confraternite in Boemia e in Moravia col nome di “Fratelli boemi” o “Fratelli della legge di Cristo”. Separatisi dalla Chiesa nel 1467, non riconobbero altra autorità che la loro "Scrittura"; in seguito si fusero con i riformati.
    Nel 1722 alcuni membri si trasferirono nella Sassonia e accolti dal conte N.L. von Zinzerdof stabilirono sulle sue terre una comunità politico-ecclesiastica indipendente con proprio culto e con
    propria costituzione, che prese il nome dal centro di Herrnhut: Confraternita di Herrnhut Attualmente gruppi della Conferenza di Herrnhut estistono in Germania, Inghilterra, Danimarca, Olanda, Svezia, Svizzera, Stati Uniti e Canada.

    I FRATICELLI

    Fraticelli- Furono così chiamati quegli Spirituali che non vollero reintrare nell’Ordine fratncescano e si ribellarono all’autorità della Chiesa cercando aiuto nel potere civile, prima dei Colonna contro il grande Bonifacio VIII e poi dell’imperatore Ludovico di Baviera contro il forte Giovanni XXII, e creando una loro "Chiesa" più “spirituale” e ovviamente, proprio per questo, priva di Spirito.

    Gallicanesimo

    La setta gallicana è un’eresia antiromana contraria alle prerogative pontificie. La sua dottrina è compendiata nei quattro eretici articoli della Declaratio cleri gallicani votata il 19 marzo 1682 nell’Assemblea generale del clero a Parigi:

    1) il Papa ha soltanto giurisdizione spirituale; i re e i principi negli affari temporali, sono assolutamente indipendenti dalla Chiesa;

    2) il Concilio è superiore al Papa;

    3) l’autorità pontificia nelle cose spirituali deve essere moderata secondo i canoni e anche secondo le regole e le istituzioni e le costumanze del regno e della Chiesa di Francia;

    4) al Papa spetta la preminenza nelle questioni di fede, però le sue sentenze e i suoi decreti non sono irreformabili senza il consenso di tutta la Chiesa.
    La Declaratio cleri gallicani fu condannata infallibilmente da Innocenzo XI l’11 Aprile 1682 e di nuovo da Alessandro VIII il 4 agosto 1690; revocata da Luigi XIV nel 1693 fu poi, alla morte del re, rimessa in vigore dal Parlamento di Parigi. La definizione del Concilio Vaticano del 1870 sulla Primato assoluto e sulla infallibilità del Papa diede il colpo di grazia al gallicanesimo.
    Ultimamente alcune idee gallicane sono state riprese da alcuni oppositori del "Vaticano II", all'interno della Fraternità SAN PIO X.

    Giansenismo

    Cornelius Janssen (1585-1638), vescovo di Ypres in Olanda, lasciò alla sua morte un libro l’Augustinus che fu pubblicato due anni dopo nel 1640. Le dottrine in esso contenute erano state maturate fin dal 1620, quando già professore a Lovanio, Giansenio scrisse all’amico francese Duvergier de Hauranne, abate di Saint Cyran annunziandogli di aver scoperto la vera dottrina, secondo lui, di sant’Agostino sulla grazia e sulla predestinazione. L’opera fu subito condannata dall’Inquisizione del 1641 e l’anno dopo infallibilmente da Urbano VIII; essa però trovò ardenti difensori a Parigi, in Duvergier
    Hauranne e Antonio Aranuld, dietro i quali stava tutto il monastero di Port-Royal che ne divenne quasi una fortezza inespugnabile. Infallibilmente Innocenzo X con la bolla Cum occasione del 31 maggio 1653 condannò cinque proposizioni estratte dal libro di Giansenio. Due anni dopo, Antonio Arnauld la Seconda lettera a un duca e pari, pur accettando la condanna delle cinque proposizioni sostenne
    che esse non si trovavano nel libro di Giansenio o che non corrispondevano al senso inteso da lui (questione di diritto e non di fatto). Infallibilmente Alessandro VII, con la costituzione Ad sacram beati(questione di diritto e non di fatto) decise anche per la questione di fatto, dichiarando che le cinque proposizioni erano state estratte dal libro di Giansenio e condannate nel senso inteso da lui. La controversia tra giansenisti e cattolici divenne più accesa con l’uscita delle tristi ed irriverenti "Provinciali" di Pascal (1656-1657)e, poichè non accennava a smorzarsi, l’Assemblea del clero propose un formulario da firmarsi da tutti i membri del clero, dei monasteri e dei conventi del regno.
    Le religiose di Port- Royal resistettero e furono scomunicate. La pace clementina sopì la controversia, ma pochi anni dopo, col Compendio della morale del Vangelo dell’oratoriano Pascasio Quesnel (1634-1719) ripreso e sviluppato nei quattro tomi di Il nuovo Testamento con riflessioni morali, il giansenismo riapparve ancor più forte e pericoloso. Clemente XI infallibilmente con la costituzione Vineam Domini del 16 luglio 1705 rinnovò le condanne precedenti e precisò che il silenzio ossequioso sostenuto dai giansenisti non bastava, ma ci voleva l’adesione interna. Con la costituzione dommatica Unigenitus dell’8 settembre 1715 furono condannate infallibilmente cento-un proposizioni di Quesnel. I giansenisti insorsero a tutt’uomo e appellarono al concilio generale (donde il nome di "appellanti"). Da questo movimento degli appellanti sorse la Chiesa giansenista scismatica di Utrecht nel 1723, la quale attualmente conta circa diecimila tristi e scismatici fedeli, una trentina di sacerdoti e tre vescovi. Nel Settecento il giansenismo trovò seguaci anche in Italia; tra essi il più famoso è il disprezzatissimo Scipione Ricci che tenne il Sinodo di Pistoia nel 1786 e fu condannato infallibilmente con la bolla Auctorem fidei del 28 agosto 1794. La dottrina giansenista è riassunta nelle cinque proposizioni condannate nel 1653:

    1) alcuni precetti divini sono impossibili a osservarsi da parte delle anime giuste, nonostante i loro desideri e i loro sforzi, e manca a queste anime la grazia che ne renderebbe possibile l’osservanza;

    2) nello stato di natura decaduta non si resiste mai alla grazia interiore;

    3) per meritare e demeritare nello stato di natura decaduta non si richiede la libertà interiore; sufficiente la libertà esteriore o assenza di costrizione;

    4) i semipelagiani ammettevano la necessità di una grazia interiore preveniente per tutti gli atti,anche per l’inizio della fede; la loro eresia consisteva nel credere che questa grazia fosse di natura
    tale che la volontà potesse a suo arbitrio resistervi o obbedirvi;

    5) è semipelagiano affermare che Cristo è morto e ha versato il suo sangue per tutti gli uomini. Il giansenismo dunque affermava che l’uomo dopo il peccato originale è radicalmente corrotto nelle
    sue facoltà naturali, non è internamente libero di fare il bene, perchè tiranneggiato dalla concupiscenza che lo induce necessariamente al peccato, e se, d’altro canto, opera il bene è perch
    non può resistere alla grazia, la quale quando è data è sempre necessitante, irresistibile , ed concessa soltanto ai predestinati, a coloro cioè per i quali Cristo è morto sulla croce. Di conseguenza: “i pagani, i giudei, gli eretici e altri di questo genere non ricevono da Cristo alcun influsso” (grave errore: Cristo è oggettivamente morto per tutti); ogni amore delle creature è sempre concupiscenza e perciò peccaminoso, e ogni atto che non è mosso dall’amore perfetto e diretto a Dio è un atto immorale: “tutto ciò che non proviene dalla fede soprannaturale che opera per l’amore è peccaminoso”.

    Nella storia del giansenismo nota il Cayrè, devono distinguersi due fasi principali: nella prima, il giansenismo è innanzitutto un sistema teologico intorno alla grazia e alla predestinazione, nella
    seconda fase invece diventa un partito d’opposizione politica parlamentare, filosofico-religiosa durante un periodo di tempo che va dagli ultimi anni del secolo XVII e che dura, con alterne
    vicende, fino alla Rivoluzione francese.

    Gioachimiti

    Seguaci dell’abate cistercense Gioacchino da Fiore, morto il 20 marzo 1202, autore di un commento all’Apocalisse, Apocalypis nova in cui annunziava come prossimo l’inizio della nuova era tutta spirituale dello Spirito Santo, dopo quella della Legge o del Padre nell’Antico
    Testamento e quella del Figlio nel Nuovo Testamento. L’inizio di questa era spirituale, nella quale avrebbe dominato il Vangelo eterno con la scomparsa nella Chiesa d’ogni contaminazione temporale, era fissato per il 1260. Le idee gioacchimite furono infallibilmente condannate nel IV Concilio del Laterano del 1215, confermato da Papa Innocenzo III.

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    Predefinito Riferimento: Punti Fermi

    Gnosticismo

    Sotto questo nome è compreso tutto un complesso di sistemi eretici del II e III secolo, i quali, mediante un sincretismo filosofico-religioso, cercarono di dare una spiegazione razionale dei
    misteri del cristianesimo. Punto di partenza dello gnosticismo è il problema del male, che viene risolto con l’accettazione d’un dualismo radicale tra Dio e la materia. Dio, che è essere essenzialmente spirituale, capace di evolversi, generò degli esseri spirituali, eterni come lui ( La prima coppia di eoni (sizigia), maschio e femmina, procedette direttamente da Dio, le altre invece procedono l’una dall’altra per successiva evoluzione. Se non che, nel processo evolutivo degli eoni che allontanandosi da Dio diventano sempre più imperfetti, un eone prevaricò e fu escluso dal pleroma cioè dalla società di tutti gli eoni. Questi a sua volta prolificò altri eoni malvagi a pari di lui e creò il mondo e l’uomo; fu dagli Ebrei adorato come Dio e si chiamò Jahvè Demiurgo. Nell’uomo però, di nascosto, un eone superiore depose un germe divino, il quale si
    trovò così prigioniero della materia e subì la persecuzione del Demiurgo. Come era possibile a questo germe divino la liberazione dal corpo? Uno dei primi eoni superiori si incarnò, prese il fantasma di Gesù di Nazaret e insegnò agli uomini, con la sua predicazione, il mezzo di salvarsi. Ma il Vangelo di Gesù di Nazaret se può bastare agli ingenui ai semplici non è sufficiente per gli altri, per i quali ci vuole la gnosi più profonda del Vangelo. Gli uomini perciò vengono divisi in tre gruppi: gli ilici (materiali) per i quali non c’è salvezza, gli psichici che possono avere la salvezza con l’aiuto di Cristo e i pneumatici o gnostici perfetti i quali già hanno la salvezza nella gnosi e quindi non hanno bisogno di altra salvezza. Quando attraverso la gnosi sarà compiuta la liberazione del germe divino nell’uomo e il Demiurgo sarà sottomesso a Dio, allora il mondo
    materiale sarà distrutto e avverrà la restaurazione universale. I centri principali dello gnosticismo furono in Siria e ad Alessandria; e gli eresiarchi principali furono Cerinto, Saturnino, Basilide
    Valentino. Secondo sant’Ireneo, Cerinto avrebbe insegnato la distinzione tra il Dio supremo e il Demiurgo. Gesù figlio naturale di Maria era un uomo al pari degli altri; su lui, dopo il battesimo era
    discesa una virtù proveniente dal Dio supremo sotto forma di colomba; prima della sua passione questa virtù che era il Cristo abbandonò Gesù e questi soffrì e morì come tutti gli altri uomini, mentre il Cristo restò impassibile ed esiste spiritualmente. Secondo Caio invece, Cerinto esibiva un libro di rivelazioni che diceva aver avuto dagli angeli (eh eh!) e secondo cui dopo la resurrezione la carne dovrà godere ogni genere di piaceri e di voluttà per mille anni. Saturnino ammise l’esistenza di Dio Padre, creatore delle potenze angeliche; queste a loro volta crearono il mondo e l’uomo; ma
    poichè l’uomo creato dagli angeli non poteva tenersi in piedi Dio immise in lui una scintilla di vita, per la quale questi si eresse, articolò le sue membra e cominciò a vivere. Nacque allora tra gli angeli creatori e il Dio Supremo una lotta che generò anche tra gli uomini i buoni e i cattivi: buoni quelli che credevano nel Dio supremo, cattivi quelli che serbavano fede e adoravano gli angeli creatori e in particolare Jahvè che era uno dei capi degli angeli. Per abbattere la potenza angelica e per strappare al dominio dell’angelo Jahvè tutta l’umanità, Dio mandò il Salvatore, Cristo, primo degli eoni, generato da Dio, increato come spirito, per strappare glu uomini alla schiavitù di Jahvè e per essere crocifisso perchè il Cristo increato non poteva morire.
    L'empio Valentino diede un’altra impronta allo gnosticismo. Alla base del suo sistema c’è la dottrina degli eoni, i quali s’interpongono tra Dio e il mondo, il bene e il male, tentando di conciliarli. All’inizio degli eoni Valentino pone l’Abisso, il Padre non generato, con la sua compagna il Silenzio, dalla cui unione venne fuori la coppio mente-verità, e questa genera successivamente il verbo e la vita, l’uomo e la Chiesa. Dalla coppia verbo-vita nascono dieci
    (cinque coppie di maschi e femmine); dalla coppia uomi-chiesa nascono dodici eoni cioè altre sei coppie. Tutti insieme i trenta eoni formano il pleroma che è “la società perfetta deli essere
    ineffabili”. L’ultimo degli eoni, la Sapienza (Sofia) fu presa dal desiderio di risalire alla sorgente del pleroma e conoscere il Padre Abisso, ma fu tanto il curccio che la prese di non poter approdare a
    nulla che ruppe la felicità di tutti gli eoni inferiori. Da questo squilibrio nacquero tutti i mali, a coppie: timore e ignoranza, tristezza e pianto, ecc. e in ultimo anche le tre sostanze: la materia
    animata, la materia inanimata e la materia spirituale, sostanze che sono più o meno i componenti dell’uomo, il quale perciò si divide a seconda della sostanza che lo compone in uomo materiale,
    uomi psichico e uomo spirituale. Per ricomporre le cose, dalla coppia eonica mente-verità venne fuori la coppia Cristo-Spirito Santo. Il Cristo eone discese sotto forma di colomba in Gesù diNazaret dal quale, dopo che ebbe insegnato algi uomini il modo di liberarsi dalle passioni risalì alla perfezione del pleroma al momento della sua presentazione a Pilato, lasciando che soffrisse e morisse l’elemento materiale rivestito della sua apparenza. Lo gnosticismo, eresia anticristiana quant'altre mai, fu combattuto gagliardamente da sant’Ireneo, sant’Ippolito romano e da Tertulliano.

    Hussiti

    Giovanni Huss (1369-1415), professore e poi rettore dell’Università di Praga fu animato da falso zelo riformatore e da un nazionalismo esasperato. Conquistato dalle dottrine di Wyclef importate in Cecoslovacchia da Girolamo da Praga, le fece sue e se ne servì per riaccendere maggiormente non solo la lotta per la "riforma" della Chiesa ma anche il nazionalismo ceco contro il dominio germanico (vedi: wycleffiti). Scomunicato dal PAPA PISANO Alessandro V nel 1412, si ribellò appellandosi a Cristo (!!!) e all’autorità della Bibbia (come sempre eh eh!), di cui si diceva infallibile interprete; dietro di lui stava anche il popolo che lui infiammava con le sue prediche contro il clero e contro il dominio germanico. “Bisogna obbedire al vero maestro Huss piuttosto che a una banda d’impostori , di adulteri e di simoniaci” diceva il popolo. Andato al Concilio di Costanza nel 1414 per difendere le sue teorie, si vide condannato come eretico e consegnato al braccio secolare. L’imperatore Sigismondo, che gli aveva dato un salvacondotto per Costanza, lo mandò giustamente al rogo appena lo ebbe tra le mani (6 luglio 1415). La stessa sorte toccò al suo compagno di scelleratezze Girolamo da Praga pochi mesi dopo. Dopo la morte del loro capo, gli hussiti si divisero in utraquisti perchè richiedevano, senza alcun fondamento, la comunione "utraque specie", e in taboristi, più fanatici, cosiddetti dal loro centro Tabor. Con Giovanni Zizka capo dei taboriti, gli hussiti passarono all’azione politica, con “la defenestrazione di Praga" 1418, l’invazione del Parlamento, e il massacro dei consiglieri cattolici. Nel dicembre del 1419 gli hussiti cercarono un accordo con l’imperatore Sigismondo, facendo quattro proposte; liberta di predicazione, comunione sotto le due specie, povertà apostolica del clero, punizione dei peccati
    mortali come la simonia. L’imperatore rettamente non accolse le proposte e ordinò una serrata repressione degli eretici agitatori. Nel novembre del 1420 gli hussiti guidati da Giovanni Zizka sconfissereo le truppe imperiali; uguali successi militari ottennereo nel febbraio e nel novembre del 1421. Seguì un periodo di calma; poi nel 1424 morì Giovanni Zizka e gli successe Procopio il Calvo non meno
    intrepido di lui come militare; difatti sotto la sua guida gli hussiti arrivarono in Ungheria, nella Sassonia e nella Slesia. Al Concilio di Basilea convocato da Papa Martino V, anche Procopio vi andò e osò di nuovo difendere le tesi hussite; riforma dei costumi del clero, soppressione dei benefici ecclesiastici,comunione sotto le due specie. Intanto in seno agli hussiti si moltiplicavano le sètte, come quella dei millenaristi e degli adamiti, che si abbandonavano a ogni sorta di immoralità, gli uni perchè ritenevano vicina la fine del mondo, gli altri per arrivare alla perfezione col nudismo e con la
    promiscuità dei sessi. Nel 1434 Procopio fu ucciso in battaglia, e gli hussiti andarono man mano scomparendo.

    Iconoclasti

    La lotta contro il culto delle immagini ebbe in Oriente due fasi. La prima fu avviata, e con estrema violenza, dal feroce e belluino imperatore Leone III Isaurico nel 725 con una serie di editti che proscrivevano il culto e l’uso di immagini dei santi e degli angeli, di Cristo e della Madonna, e si concluse nel 780 con la morte dell’imperatore Leone IV. A una fanatica distruzione di tutto un
    patrimonio artistico e religioso, espressione viva della pietà popolare, corrispose una reazione non meno energica sia da parte di san Germano, patriarca di Costantinopoli, deposto dall’imperatore nel
    730 e di san Giovanni Damasceno, i quali nei loro scritti non solo confutarono l’accusa di idolatria mossa contro la Chiesa ma spiegarono la legittimità e la natura del culto delle immagini; sia da partedegli altri vescovi orientali e di papa Gregorio III che condannarono l’iconoclastismo. Alla lotta contro le immagini seguì ben presto anche la persecuzione che fece non pochi martiri. Costantino V Copronimo (741-775) continuò l’opera del padre, e così pure Leone IV (775-780), sebbene quest’ultimo fosse meglio disposto a un ristabilimento della pace, grazie ai suggerimenti della
    moglie Irene, la quale diventata vedova e imperatrice, d’accordo con papa Adriano I e col patriarca di Costantinopoli san Tarasio, radunò il II Concilio di Nicea (VII Ecumenico) nel 787. In questo concilio fu definita la legittimità del culto delle immagini e fu condannato l’errore iconoclasta: decidiamo di ristabilire, accanto alla Croce preziosa e vivifica, le sante e venerabili immagini: cioè la immagine di Nostro Signore Gesù Cristo, Dio e Salvatore, quella di Nostra Signora Immacolata , la santa Madre di Dio, quelle degli angeli onorabili e ditutti i pii e santi personaggi, perchè più riguardano a lungo attraverso la immagine che li raffiglura e più coloro che li contemplano si sentono eccitati al ricordo e al desiderio dei prototipi; decidiamo di rendere loro omaggio e adorazione d’onore, non certo la latria vera e propria che proviene dalla fede e non compete che a Dio solo, ma l’onore che si presta alla Croce preziosa, ai santi Vangeli e agli oggetti sacri; decidiamo anche di arder loro l’incenso e di accendere loro dei lumi com’era pia costumanza degli antichi. Poichè l’onore testimoniato all’immagine venera la persona che l’immagine rappresenta” seconda fase iconoclasta durò circa trenta anni, dell’815 all’842 e fu avviata da Leone l’Armeno
    (813-820) e proseguita da Michele il Balbuziente (820-829) e da Teofilo (829-842). Vi mise fine l’imperatrice Teodora, vedova di Teofilo, e così la prima Domenica di Quaresima dell’843 fu
    solennemente celebrata in Santa Sofia di Costantinopoli la prima festa delle immagini o festa dell’Ortodossia, che è restata anche oggi nella purtroppo scismatica "Chiesa" orientale.

    Marcionismo

    E’ una variazione dello gnosticismo, che fa capo a Marcione, il quale espulso dalla comunità romana per le sue idee gnostiche, fondò una chiesa separata che si chiamò da lui e durò fino al secolo V. Nella dottrina di Marcione l’Antico e il Nuovo Testamento sono opera di due
    diversi principi: l’Antico procede dal Dio della giustizia, creatore dei questo mondo, mentre il Nuovo procede dal Dio della bontà. Sotto l’impero del primo l’umantià visse come oppressa dalla Legge e fu punita con severità; il Dio buono allora ebbe pietà dello stato dell’umanità e uscì dal suo silenzio inviando il Redentore. Gesù Cristo si mostrò sotto le sembianze di uomo per inaugurare il
    regno della misericordia e dell’amore; non nacque dalla Vergine e non soffrì nè morì nella carne. Quel che accadde nella sua morte fu un atto di rabbia del Dio cattivo che per vendicarsi della sconfitta subita sconvolse il cielo e fece crocifiggere il redentore che aveva preso le sembianze d’uomo. Quanto all’etica, Marcione era "intrangsigente"; non ammetteva il matrimonio, proibiva la
    carne e il vino. Contro il marcionismo lottarono Teofilo d’Antiochia, Melitone di Sardi, Giustino e Ireneo, ma chi condusse più a fondo la lotta fu Tertulliano. Tra i discepoli di Marcione ebbe fama e
    fortuna Apelle, che da Alessandria si trasferì a Roma presentando come vergine e profetessa una bagascia che gli stava dietro. In compagnia di Filomena, Apelle si diede a far proseliti; scrisse le
    Rivelazioni nelle quali racconta le visioni profetiche della sua Filomena, e i Sillogisni. La sua dottrina si distingue da quella di Marcione in quanto nega il dualismo gnostico e ritorna al monismo.
    Esiste cioè un solo Dio eterno, necessario, onnipotente, buono, creatore degli angeli. A un angelo divenuto poi ribelle deve attribuirsi la creazione del mondo. Quanto alle anime, sostiene la dottrina platonica della preesistenza; esse sarebbero stata attirate dal cielo sulla terra e racchiuse nei corpi.
    Quanto a Cristo, Apelle sostiene che Cristo ebbe un vero corpo ma tratto dai cieli durante la sua discesa sulla terra.

    Modalismo

    Eresia del secolo III, secondo cui in Dio c’è una sola persona come c’è una sola e medesima natura: i nomi di Padre, di Figlio e di Spirito Santo non sono altro che aspetti diversi dell’unico Dio, cioè sono modi di considerare Dio nelle sue operazioni ad extra; come la creazione, l’incarnazione, l’effusione della grazia. Non esiste dunque Trinità in Dio ma “monarchia” (donde anche il nome di monarchismo); e quando diciamo che il Figlio di Dio s’è incarnato e ha sofferto la passione con la morte, è un modo di dire, perchè in realtà è stato lo stesso Padre a incarnarsi e a patire sulla croce (donde ache il nome di patripassiani). Primi autori dell’eresia pare siano stati Prassea e Noeto ai primi del secolo III, contro i quali scrissere Tertulliano (Adversus Praxeam) Ippolito rimano (Contra Noetum); altri sostenitori a Roma dell’eresia furono Epigone, Cleomene
    Sabellio; dal nome di quest’ultimo la setta modalista fu chiamata sabelliana e durò fino al secolo V combattuta da Eusebio di Cesarea (Contra Marcellum e De ecclesiastica theologia) e da sant’ILARIO Da Poitiers (De Trinitale).


    Modernismo

    Fu tra la fine del secolo XIX e i primi del secolo XX un tentativo di adattare la immutabilità del Dogma cattolico allo spirito razionalista dei tempi. I suoi maggiori rappresentanti furono l’abate Alfredo Loisy in Francia, l’ex gesuita Tyrrell in Inghilterra, H. Schell in Germania, Romolo Murri ed Ernesto Buonaiuti in Italia. La condanna tempestiva delle sessantacinque proposizioni modernistiche col decreto Lamentabili Pascendi (8 settembre) prendeva di
    fronte il modernismo con una così chiara e sistematica esposizione dei suoi errori che meravigliò gli stessi modernisti. Senza fare alcun nome, l’enciclica dava il ritratto tipo del modernista considerato come filosofo, come credente , come teologo, come critico, come apologista e come riformatore. Come filosofo, il modernista parte dall’agnosticismo kantiano e positivistico; non sappiamo nulla di Dio, della sua esistenza e dei suoi attributi, e quel qualcosa che ne conosciamo lo sappiamo attraverso la religione che è rivelazione di Dio nell’intimo del cuore, sentimento istintivo dell’anima che ha bisogno di un ideale per vivere. Come credente, il modernista si attacca al Dio che gli si rivela nella coscienza e di cui ha una esperienza interiore (immanentismo); la religione perciò è un fatto puramente soggettivo. Come teologo, il modernista descrive la propria fede, la fede soggettiva, ricorrendo alle idee del suo tempo, inventando formule che si trasmettono e diventano tradizionali
    (dogmi) ma che non corrispondono ad alcunchè di oggettivo e sono quindi mutevoli come sono mutevoli le idee del tempo. Come storico, il modernista per dando valore ai testi, li interpreta e manipola secondo i suoi concetti filosofici e teologici; quindi dichiara impossibile il miracolo e purga i testi di tutto ciò che appare come soprannaturale; fa cioè una storia critica e scientifica. Con
    questa storia critica e scientifica il modernista crede di fare l’apologista della religione, conciliando il cristianesimo con lo spirito razionalista moderno, e tenta una ridicola e proteiforme "riforma" della Chiesa nei suoi dogmi
    senza uscire dalla Chiesa. A parte alcune spodariche resistenze all’Enciclica di san Pio X, la condanna romana stroncò temporaneamente la “somma di eresie” che si dimostrava una delle più pericolose della storia della Chiesa.
    Alcuni semimodernisti e modernizzanti (uno di questi fu l'allora giovane Roncalli), sopravvissuti alla condanna, lavorarono nell'ombra per anni, formando giovani (tra cui lo stesso Montini) che poi negli anni '50 si fecero corifei della sedicente "Nuova Teologia".
    Questa "nuova Teologia" (O NEO-MODERNISMO) divenne la teologia ufficiale del volgarmente detto "Concilio Vaticano II".

    Monotelismo

    Agli inizi del secolo VII, per conciliare eretici monofisiti e cattolici ortodossi, Sergio patriarca di Costantinopoli (610-638), propose la dottrina che afferma una sola volontà o attività in
    Cristo. I monofisiti dell’Egitto, con a capo Ciro patriarca di Alessandria, e quelli dell’Armenia accettarono, gli uni nel 633 e gli altri nel 634, la dottrina di Sergio. Immediatamente san Sofronio,
    vescovo di Gerusalemma, denunziò l’eresia con la Lettere sinodale di intronizzazione del 634, diretta a papa Onorio; ma Sergio riuscì a stornare la volontà del Papa con l'inganno e con la frode e fece pubblicare dall’imperatore Eraclio l’Ectesi, una professione di fede di tendenza monotelita (638). Contro l’Ectesi si levarono proteste in Occidente e in Oriente, sicchè Costante (641-668) successore di Eraclio, fu costretto (648) a ritirare l’Ectesi e a sostituirla con un nuovo decreto, il Tipo, col quale si imponeva il silenzio sulla questione della unica o duplice volontà di Cristo. Nel 649 papa Martino I riunì un Concilio nel Laterano, condannò tanto l’Ectesi che il Tipo e
    impose la dottrina delle due volontà e della duplice operazione in Cristo; l’imperatore fece allora arrestare sacrilegamente il Papa e lo mandò in esilio nel Chersoneso dove morì nel 655. La lotta però contro il monotelismo non cessò, e san Massimo il Confessore (580-662) ne divenne il campione. Con Costantino IV Pogonato (668-686) si ebbe una distensione. L’imperatore d’accordo con Papa Agatone (678-681) convocò un concilio a Costantinopoli (VI ecumenico, 680-681), nel quale venne definitivamente e infallibilmente liquidata la questione del monotelismo:”Conveniva, dice il Concilio, che la volontà della carne fosse mossa della volontà divina e che le fosse sottomessa. Come infatti la carne è veramente la carne del Verbo divino così la volontà naturale della carne è la volontà propria del Verbo divino”.

    Montanismo

    Eresia a sfondo ascetico e "morale" nella quale si trovò invischiato anche Tertulliano.
    Montano, nativo della Frigia, da poco convertito al cristianesimo dal culto di Cibele, si spacciava come l’organo dello Spirito Santo, dal quale diceva di aver visioni e rivelazioni. Non insegnava una gnosi; accettava tutta quanta la Rivelazione come un fatto incontestabile, non s’abbandonava a speculazioni come era uso degli gnostici. Il suo ideale era pratico, esclusivamente etico. In attesa della imminente parusia del Signore e dell’apparizione della Gerusalemme celeste, ai cristiani non era lecito sedersi in comode poltrone; bisognava prepararsi al grande evento con una condotta austera, con una ascesi in cui dominasse lo Spirito e le funzioni della carne fossero ridotte
    all’indispensabile. Perciò niente matrimonio, niente compiacenze carnali, niente ricercatezza, niente cariche, ma un sacrificio pieno e cosciente in attesa della grande ora. Durante questo tempo d’attesa
    i cristiani dovevano raddoppiare il digiuno, non cadere mai nella colpa perchè dopo il battesimo, secondo Montano, nessuna colpa può essere rimessa. Era dunque quello di Montano un movimento
    spirituale, una pseudo riforma morale travolta dai peggiori eccessi; e tutto questo sarebbe stato bello se non avesse valicato i limiti del
    giusto e del conveniente e se non avesse preteso completare la rivelazione cristiana e di ricevere pe rivelazione dall’alto quello che era soltanto parto della sua fantasia. La predicazione di Montano
    non cadde nel vuoto. Attorno a lui cominciò a stringersi un piccolo gruppo di fedeli; due donne, Massimilla e Prisca che si dicevano profetesse, piantarono in asso i loro mariti e si diedero al
    servizio dell’asceta frigio; poi il piccolo gruppo crebbe, si allargò in Asia, come un’epidemia di colera. Dall’Asia il moto di sparse anche in Occidente. I martiri lionesi dalle loro prigioni scrissero a papa Eleuterio per ottenere una condanna dei nuovo eretici. Comunità montaniste si stabilirono a Roma e a Cartagine, dove Tertulliano fu capo e vittima insieme. Il monotanismo s’andò spegnendo nella prima metà del secolo III.

    Nestorianesimo

    Nestorio, patriarca di Costantinopoli, fu piuttosto il propagatore e il sostenitore dell’eresia che va sotto il suo nome e che si era già manifestata negli scritti di Diodoro di Tarso fin dal 378 (m.394) e di Teodoro di Mopsuestia, suo discepolo (m.428), della scuola di Antiochia. Diventato patriarca di Costantinopoli nel 428 e imbevuto delle idee di Teodoro, per combattere l’eresia apollinarista (vedi) usò tutta la sua eloquenza e l’autorità della cattedra, ma negò
    Vergine il titolo di Madre di Dio che già da tempo le veniva attribuito. Maria, diceva in sostanza Nestorio, non è madre di Dio ma madre di Cristo, perchè la persona di Cristo, nata da Maria non
    identica alla persona del Verbo generato del Padre; cioè le due nature in Cristo non si sono unite ipostaticamente (secundum hypostasim o secundum essentiam) ma in una nuova persona ceh non
    nè la persona del Verbo nè la persona dell’uomo, ma la persona del composto. Di conseguenza, in Cristo non si possono in concreto attribuire le proprietà della natura divina all’uomo e le proprietà
    della natura umana a Dio (comunicatio idiomatum).
    Contro la dottrina di Nestorio si levò un teologo di primissimo ordine, san Cirillo vescovo di Alessandria. Nestorio chiese nel 429 a papa Celestino la convocazione di un concilio generale che lo giustificasse. Il Papa domandò informazioni anche a Cirillo e nell’agosto 430 in un sinodo romano, da lui confermato, fece condannare infallibilmente la dottrina di Nestorio; poi spedì quattro lettere: una a Nestorio perchè ritrattasse, un’altra alla chiesa di Costantinopoli, una terza a Giovanni di Antiochia che sosteneva
    Nestorio e una quarta a Cirillo che lo incaricava di rendere esecutoria la sentenza del sinodo romano. Poichè Nestorio tergiversava accusando Cirillo di apollinarismo, Teodosio II, d’accordo con Celestino I, convocò il Concilio di Efeso che condannò infallibilmente la dottrina nestoriana (II luglio 431).
    L’eresia di Nestorio sopravvisse nelle scuole teologiche di Nisibi e di Edessa e più tardi si propagò nell’Arabia, nelle Indie e perfino nella Cina. Nel secolo XVI, la maggior parte dei nestoriani ancora
    esistenti tornarono all’unità cattolica, e gruppi sparuti e vaganti senza Dio vivono ancora oggi nell’iraq, nella Siria, nella Persia, nell’Iran e nell’India.

    Nicolaismo

    A questi eretici san Giovanni l’Evangelista attribuisce una dottrina che è “profondità di Satana” (Apoc.,III), la quale, con lo specioso pretesto che bisogna maltrattare la carne, incoraggiava l’immoralità e toglieva ogni carattere d’impurità alla fornicazione. Secondo sant’Ireneo e san Clemente Alessandrino, maestro e capo dei nicolaiti era stato Nicola, uno dei sette diaconi ordinati dagli Apostoli; perdutamente innamorato di una donna e ripreso dalgi Apostoli, Nicola s’era in seguito dedicato a una vita ascetica di espiazione.

    Pelagianismo

    Sostenuta dal monaco bretone Pelagio, da cui prese il nome, diffusa da Celesio in Sicilia, in Africa e in Palestina, e sistematizzata poi dal vescovo campano Giuliano d’Eclano quest’eresia sorta nei primi anni del secolo V minava il cristianesimo alla base. Essa sosteneva la
    naturale capacità dell’uomo a ottenere la salvezza col suo uso della ragione e della libertà e senza l’intervento soprannaturale di Dio, e negava insieme alla sostanza e alle conseguenze del peccato originale la assoluta necessità della grazia per le opere soprannaturali. Il peccato originale, nel senso inteso dalla Chiesa, per Pelagio non esisteva; l’uomo infatti nasce senza alcuna macchia, con una perfetta integrità di natura simile a quella con cui Adamo uscì dalle mani del Creatore; il peccato del primo uomo non portò alcun nocumento nè alcuna conseguenza nella posterità, fu però un cattivo esempio, e intanto si potrebbe parlare di peccato originale in quanto glu uomini peccanno somiglianza di Adamo. Di conseguenza: nè il battesimo è di assoluta necessità per la vita eterna però richiesto per far parte della Chiesa -, nè è necessaria la grazia per le opere soprannaturali, e neppure la Redenzione deve essere considerata come un riscatto. La grazia è soltanto una illuminazione interiore; non agisce sulla nsotra volontà e non trasforma la nostra anima; la
    Redenzione è semmai un richiamo, un invito a una vita superiore, ma comunque rimane sempre esteriore, non crea cioà nulla dentro di noi. Cià alle prime avvisaglie dell’eresia, portata in Africa nel
    410 da Celesio, il Concilio cartaginese del 411 scomunicò Celestio e lo costrinse a riparare in Palestina, dove già si trovava Pelagio suo amico. Se in Palestina l’eresia trovò dei vescovi compiacenti, in Africa invece la lotta, condotta da sant’Agostino, si fece serrata e portò condanna dell’eresia nel Concilio milevitano del 416 e nel Concilio cartaginese del 418, e infine all’Epistola tractoria di papa Zosimo che, riprendendo il meglio delle definizioni dei due citati
    Concilia fricani, condannò solennemente ed infallibilmente l’eresia: tale condanna fu poi confermata ad abundantiam nel Concilio ecumenico di Efeso del 431. Alcune espressioni di sant’Agostino nella polemica pelagiana necessità della grazia fecero credere che si volesse togliere al libero arbitrio ogni parte nell’opera della salvezza, e fu così che alcuni monaci del monastero di S. Vittore a Marsiglia credettero proporre la seguente dottrina:

    1) è in potere dell’uomo volgersi per primo verso Dio, così come è in potere del malato andare per primo dal medico;

    2) allo stesso modo la predestinazione eterna dipende in ultima analisi dalla volontà umana giacchè spetta a questa perseverare fino alla fine.

    Un discepolo di sant’Agostino, san Prospero d’Aquitania, denunziò subito questo errore, che in seguito fu chiamato semipelagianesimo e fu al centro di varie polemiche teologiche per circa un secolo fino a che il Concilio di Oragne del 529, approvato solennemente ed infallibilmente da Papa Bonifacio II nel 532 non lo condannò stabilendo che l’uomo decaduto non può ottenere la fede nè desiderarla senza una grazia preveniente; tanto meno può perseverare nel bene senza una sequela di grazie adiuvanti, nè perseverare fino alla fine senza un dono speciale collegato alla sua predestinazione.

  4. #14
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    PETROBRUSIANESIMO
    Setta di seguaci di Pietro di Bruys, un prete ribelle e malato nel cerebro, che nei primi anni del secolo XII, dichiarandosi autentico rappresentante del cristianesimo e forte di una vigorosa eloquenza, si mise a predicare contro il battesimo dei bambini, contro la transustanziazione, contro le immagini, le croci e le chiese, perchè Dio si prega in ispirito, contro le preghiere per i defunti e contro
    l’obbedienza all’autorità ecclesiastica. Riuscì ad ottenere un certo successo nella Provenza e nella Guascogna, nonostante avesse di fronte sa Bernardo. Giustiziato a Saint-Gilles du Gard, il Venerdì
    santo del 1124 da una folla inferocita, fu bruciato sullo stesso rogo di croci e crocifissi che lui aveva approntato sulla piazza del paese per cuocervi della carne, a disprezzo dei cattolici. Il movimento
    dei petrobrussiani continuò ancora per un’altra ventina d’anni sotto la guida di un ex benedettino Enrico di Losanna che fu condannato dal Concilio di Pisa del 1135 e morì in prigione nel 1145.

    Quietismo

    Teorico del quietismo fu il sacerdote spagnolo Miguel de Molinos (1628-1696), autore di La guida spirituale, pubblicata a Roma nel 1675, nella quale sosteneva che la perfezione cristiana consiste in un completo, passivo abbandono in Dio, sopprimendo ogni atto esplicito di virtù e finanche ogni desiderio di santità, senza opporre alcuna resistenza alle tentazioni o alle azioni immorali ma accenttandole passivamente come vengono, perchè per l’anima annientata in Dio non c’è nulla che possa essere peccato. Nelle quasi ventimila lettere di direzione scritte dal Molinos, queste idee vengono esposte in maniera più particolareggiata e ne mettono in rilievo l’ambiguità e le conseguenze malefiche.
    Condannato infallibilmente da Papa Innocenzo XI Odescalchi nel 1687 Molinos ritrattò i propri errori. Però in Francia il quietismo, se pure in maniera mitigata, ebbe due bizzarri rappresentanti nel barnabita Francesco Lacombe e nella ancor più bizzarra Madame Guyon: quest’ultima poi riuscì a portare dalla propria parte il famoso e discusso Fènelon, col quale entrò polemica il Bossuet. Nel 1699 Innocenzo XII Conti condannò infallibilmente ventitrè proposizioni estratte dal libro di Fènelon: Spiegazione delle massime dei santi, e così pose termine a quella che fu chiamata "controversia del puro amore” e che si condensava nella prima proposizione CONDANNATA “Esiste uno stato abituale di amor di Dio, che è carità pura e scevra di qualunque interesse proprio.
    Nè timor delle pene, nè il desiderio della ricompensa vi hanno parte. Non si ama Dio con l’idea di meritare di raggiungere la perfezione, nè per ottenere la felicità che si trova nell’amarlo”.

    Spirituali.

    Gruppo abbastanza nutrito di francescani esaltati, che riprendendo le idee di Gioacchino da Fiore e predicando la povertà evangelica, pretendevano riformare (poveri tapini!) la Chiesa cattolica. Francesco d’Assisi, “l’angelo del sesto sigillo dell’Apocalisse” secondo questi Spirituali, era già venuto a inaugurare la terza età dello Spirito Santo, in cui i francescani avrebbero istaurato il regno di Dio. Il movimento ebbe i suoi principali focolari in Toscana
    con l'audace e sfrontato Ubertino da Casale, autore di un Arbor vitae crufixae Jesu e nella Linguadoca con Pietro di Giovanni Olivi, di cui alcune proposizioni ereticali furono condannate, e con Gerardo da Borgo san Donnino, che scrisse un Liber introductionis in Evangelium aeternum, e infine nella Marca d’Ancona con Angelo Clareno.

    Valdesi

    Pietro di Vaux o Valdo o Valdès era un mercante di Lione, nativo del Delfinato, che dallo studio autonomo e irregolare della Scrittura, fu portato a credere di vivere una vita più "perfetta" secondo l’ideale "evangelico". Desideroso di far conoscere la Bibbia al poplo, con l’aiuto di due sacerdoti suoi amici, iniziò la
    traduzione in volgare, ma nel 1170 essendo morto improvvisamente uno dei due sacerdoti, credette di vedere in questo una chiamata del Signore, e dopo d’aver distribuito tutto ai poveri e abbandonata la sventurata moglie, si mise a predicare, senza alcun permesso, la povertà e la penitenza per le piazze di Lione dei dintorni, attaccando anche le ricchezze della Chiesa e la cattiva condotta del clero. Attorno a lui si costituirono dei gruppi che si diedero il nome di “poveri di Lione” e che il popolo chiamò valdesi. La predicazione di Pietro e di altri laici accodatisi a lui e che senza alcuna preparazione intedevano piegare la Scritture, preoccupò l’arcivescovo di Lione, che proibì loro di predicare. Pietro appellò a Roma e papa Alessandro III sottopose i valdesi per la predicazione all’autorità episcopale del luogo. Pietro non volle sottostare
    e seguitò a predicare senza alcuna autorizzazione, sicchè l’arcivescovo fu costretto a condannarlo. Papa Lucio III nel 1184 approvò la sentenza del prelato lionese, e fu allora che Pietro con i suoi passò all’eresia: negò il sacerdozio nella Chiesa, disser che l’uomo si salva da solo senza l’appartenenza a una Chiesa qualunque e che ogni fedele è depositario dello Spirito Santo e altre corbellerie da manicomio criminale; poi negò la presenza reale eucaristica, si attribuì il diritto di conferire i sacramenti da semplice laico, non
    ammise altre preghiere oltre il Pater noster ritenne il giuramento una bestemmia e negò alla società il diritto di punire e alla Chiesa il diritto di possedere. I movimento valdese s’organizzò in setta, con
    capi propri che vivevano di elemosina e in perfetta castità; si diffuse come epidemia, nel Delfinato, nella Provenza, nella Linguadoca, in Germania, nella Spagna, nella Boemia, nella Polonia e si attestò solidamente in alcune vallate delle Alpi piemaontesi dove in seguito Pinerolo e Torre Pellice costituirono il centro preferito dei valdesi. Nel 1533, nel sinodo di Cinforan, i valdesi aderirono alla dottrina calvinista, e perciò oggi vengono considerati come una setta protestante. Attualmente il loro numero non supera i cinquantamila, di cui trentamila in Italia.

    Wycleffiti

    Giovanni Wyclef (1324-1384), parroco di Fillingan, elemosiniere del re, accumulatore di benefici ecclesiastici e maestro di teologia a Oxford, scrisse una serie di opere (Il dominio divino) nel 1375, Il Dominio civile, ancore nel 1375, La Chiesa nel 1378, L’ordine cristiano, L’apostasia, L’Eucarestia nel 1379, e la più importante opera, il Trialogus, nel 1382) in cui si atteggiava a riformatore e rivoluzionario. La sua dottrina è sintetizzata nelle quarantacinque proposizioni condannate infallibilmente dal Concilio di Costanza, il 4 maggio 1415, confermato dal Papa. Scagliandosi contro la Chiesa romana, diventata per lui "sinagoga di Satana e corpo dell’anticristo, sosteneva che la Chiesa deve essere puramente
    spirituale, senza gerarchia, quasi senza sacramenti e senza sacerdozio, costituita invisibilmente dai predestinati. Poichè la sovranità appartiene soltanto a Dio, e il potere viene esercitato sotto l’autorità di Dio e quasi per delegazione divina, non ha diritto alla sovranità sia temporale che spirituale che non si trova nello stato di grazia; di conseguenza, il papato, il clero, i monaci, accusati tutti di peccato, non rappresentano nessuna autorità. La Bibbia è l’unica regola (eh eh! come al solito) di salvezza e perciò Wyclef ne favorì la traduzione nella lingua nazionale. Inoltre negava la transustanziazione e la libertà umana, sostenendo la predestinazione degli eletti e dei reprobi. Queste teorie trovarono fautori nella corte inglese, avida di beni ecclesiastici, e propagandisti popolari che si chiamavamo “i poveri preti” ma che il popolo chiamò lollardi. Condannato nel sinodo di Canterbury del maggio 1382, Wyclef morì due anni dopo. I suoi seguaci furono giustamente dispersi da Enrico IV di Lancaster nei primi anni del secolo XV.

  5. #15
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    Ultima modifica di Luca; 06-10-12 alle 11:46

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    Predefinito Riferimento: Punti Fermi

    Condanna di 68 proposizioni quietistiche di Miguel de Molinos (dalla costituzione "Caelestis Pastor")


    20 novembre 1687

    Miguel de Molinos si acquistò la fama di confessore e direttore spirituale soprattutto con molte lettere e con la sua opera principale Guia espiritual ("Guida spirituale", Roma 1675). Nel luglio 1685 Molinos fu accusato presso il tribunale dell’Inquisizione di quietismo. Il 3 settembre 1687 dovette pubblicamente ritrattare, sotto giuramento, i suoi errori e fu condannato all’arresto per tutta la vita. Le proposizioni condannate furono tolte la più parte dall’epistolario e dal suo Memorandum consegnalo all’Inquisizione. L’Inquisizione aveva circa 12.000 sue lettere.
    Nel decreto del S. Uffizio del 4 settembre 1687 furono condannati i quietisti Simone e Antonio M. Leoni e anche il card. Pier Matteo Petrucci, che il 17 dicembre 1687 ritrattò le 54 proposizioni estratte dai suoi libri per incarico del S. Uffizio. La revoca fu inserita nel breve di Innocenzo XI Cum sicut aceepimus emanato il 26 maggio 1689. Questi documenti molto ampi qui non vengono riportati.

    Errori quietistici di Miguel de Molinos


    1. È necessario che l’uomo annienti le sue facoltà, e questa è la via interiore.

    2. Volere operare attivamente è offendere Dio che vuole essere lui stesso il solo a operare: e per questo è necessario abbandonare tutto se stesso e totalmente in Dio, e poi in lui rimanere come un corpo morto.

    3. I voti in ordine a qualcosa da fare sono un impedimento per la perfezione.

    4. L’attività naturale è nemica della grazia, impedisce le operazioni di Dio e la vera perfezione: Dio infatti vuole operare in noi senza di noi.

    5. Non operando nulla, l’anima si annienta e ritorna al suo principio e alla sua origine che è l’essenza di Dio, nella quale trasformata rimane, come divinizzata, e Dio allora rimane in se stesso; per questo allora non sono più due cose unite, ma una soltanto, e per questo motivo Dio vive e regna in noi, e l’anima annienta se' stessa nell’essere che opera.

    6. La via interiore è quella in cui non si conosce né luce né amore né abbandono; e non è necessario conoscere Dio, e così si procede rettamente.

    7. L’anima non deve pensare né al premio né alla punizione, né al paradiso né all’inferno, né alla morte né all’eternità.

    8. Non deve voler conoscere se cammina secondo la volontà di Dio, o se alla stessa volontà rimanga o no abbandonata; e non è necessario che essa voglia conoscere il suo stato o il suo proprio nulla; ma deve rimanere come un corpo morto.

    9. L’anima non deve ripensare né a sé né a Dio, né a qualsiasi cosa, e nella via interiore ogni riflessione è nociva, anche la riflessione sulle proprie azioni umane e sui propri difetti.

    10. Non è necessario riflettere se con i propri difetti si scandalizzano gli altri, purché non ci sia la volontà di scandalizzare: e il non poter riflettere sui propri difetti, è una grazia di Dio.

    11. Sui dubbi che assalgono se si procede o no rettamente, non si deve riflettere.

    12. Colui che ha donato a Dio il suo libero arbitrio, non deve preoccuparsi di nessuna cosa, né dell’inferno ne' del paradiso; e non deve avere il desiderio della propria perfezione, né delle virtù, né della propria santità, né della propria salvezza, la cui speranza deve eliminare.

    13. Una volta sottomesso a Dio il libero arbitrio, si deve lasciare a Dio stesso il pensiero e la preoccupazione di ogni nostra cosa, e lasciare che egli faccia in noi, senza di noi, la sua divina volontà.

    14. Colui che si è sottomesso alla volontà divina non deve più chiedere a Dio una qualsiasi cosa; perché il chiedere è imperfezione, poiché è un atto di volontà e scelta propria, ed è un volere che la divina volontà si conformi alla nostra e non invece la nostra alla divina; e quel detto del Vangelo: "Chiedete e otterrete" [Gv 76,24] non è stato detto da Cristo per le anime interiori che non vogliono avere la volontà; anzi le anime di tal genere giungono al punto di non poter chiedere a Dio nessuna cosa.

    15. Così come non debbono chiedere a Dio nessuna cosa, così pure non debbono a lui rendere grazie per nessuna cosa; l’una e l’altra cosa infatti sono un atto della propria volontà.

    16. Non si debbono ricercare le indulgenze per la pena dovuta a motivo dei propri peccati; poiché è meglio soddisfare alla divina giustizia che ricercare la divina misericordia: quello infatti deriva da puro amore di Dio, questo invece da amore interessato di noi stessi, e non è cosa gradita a Dio e meritoria, perché è un voler fuggire la croce.

    17. Consegnato a Dio il libero arbitrio e a lui lasciata la cura e la preoccupazione della nostra anima, non si debbono più tenere in alcun conto le tentazioni; e non si deve tare ad esse nessun’altra resistenza se non negativa, senza esercitare nessuna attività; e se la natura si agita, bisogna lasciare che si agiti, perché è natura.

    18. Chi nella preghiera si serve di immagini, figure, forme esteriori e concetti propri, non adora Dio in spirito e verità [Cf. Gv 4,23].

    19. Chi ama Dio nel modo in cui la ragione argomenta e l’intelletto comprende, non ama il vero Dio.

    20. Affermare che nella preghiera si deve ricorrere all’aiuto del ragionamento e dei pensieri quando Dio non parla all’anima, è ignoranza. Dio non parla mai, la sua parola è il suo agire, e lui sempre agisce nell’anima, quando questa non lo impedisce con i suoi ragionamenti, pensieri e attività.

    21. Nella preghiera si deve rimanere nella fede oscura e totale, nel riposo e nella dimenticanza di qualsivoglia pensiero particolare e distinto sugli attributi di Dio e della Trinità, e rimanere così alla presenza di Dio per adorarlo e amarlo e servirlo; ma senza produzione di atti, perché Dio in questi non si compiace.

    22. Questa conoscenza per fede non è un atto prodotto dalla creatura, ma è la conoscenza data da Dio alla creatura, che la creatura non conosce di avere e che quindi non conosce di avere avuto; e lo stesso vale per l’amore.

    23. I mistici distinguono con san Bernardo nella Scala Claustralium quattro gradi: la lettura, la meditazione, l’orazione e la contemplazione infusa. Chi rimane sempre nel primo, non passa mai nel secondo. Chi rimane sempre nel secondo, non perviene mai al terzo, che è la nostra contemplazione acquisita nella quale si deve persistere per tutta la vita, fino a che Dio non attira l’anima (senza che essa se lo aspetti) alla contemplazione infusa; e quando questa cessa, l’anima deve ritornare al terzo grado e in questo permanere, senza mai più ritornare al secondo o al primo.

    24. Quali che siano i pensieri che si presentano durante la preghiera, siano essi impuri, o anche contro Dio, i santi, la fede e i sacramenti, se non vengono alimentati volontariamente e nemmeno volontariamente cacciati via, ma vengono sopportati con indifferenza e con rassegnazione, essi non impediscono la preghiera della fede, la rendono anzi ancora più perfetta, perché l’anima così rimane maggiormente abbandonata alla volontà di Dio.

    25. Anche se sopravviene il sonno e si dorme, permangono tuttavia in atto la preghiera e la contemplazione: preghiera e abbandono infatti, abbandono e preghiera, sono la stessa cosa, e mentre perdura l’abbandono, perdura anche la preghiera.

    26. Le cosiddette tre vie, purificativa, illuminativa ed unitiva, sono l’assurdo massimo che mai sia stato detto nella mistica; poiché non c’è che una sola via, cioè quella ulteriore.

    27. Chi desidera e abbraccia la devozione sensibile, non desidera e non cerca Dio, ma se stesso; e agisce male, colui che cammina per la via interiore, quando la desidera e si sforza di averla sia nei luoghi sacri che nei giorni di festa solenne.

    28. Il tedio delle cose spirituali è cosa buona, dal momento che con questo si purifica l’amor proprio.

    29. Quando l’anima interiore prova fastidio dei discorsi su Dio e delle virtù, e fredda rimane senza sentire nessun fervore in se stessa, questo è un segno buono.

    30. Tutto il sensibile di cui facciamo esperienza nella vita spirituale, è cosa abominevole, ignobile e immonda.

    31. Nessun meditativo esercita le vere virtù interiori che non debbono essere conosciute dai sensi. Bisogna lasciar perdere le virtù.

    32. Né prima né dopo la comunione si richiede una qualche preparazione o un rendimento di grazie (per queste anime inferiori di cui si parla), se non il permanere nel solito abbandono passivo, perché questo supplisce in modo più perfetto a tutti gli atti di virtù che possono farsi e si fanno nella via ordinaria. E se in questa occasione della comunione insorgono moti di umiliazione, di supplica o di rendimento di grazie, debbono essere repressi, salvo che non si riconosca che questi provengono da un impulso speciale di Dio: altrimenti essi sono un impulso della natura non ancora morta.

    33. L’anima che procede per questa via interiore agisce male se nei giorni di festa solenne, con uno sforzo particolare, vuole suscitare in sé un qualche devoto sentimento, dato che per l’anima interiore tutti i giorni sono uguali, sono tutti festivi. E lo stesso deve dirsi dei luoghi sacri, perché per le anime di tal fatta tutti i luoghi sono uguali.

    34. Rendere grazie a Dio con le parole e la lingua, non è cosa per le anime anteriori che debbono rimanere in silenzio, senza opporre a Dio alcun impedimento che operi in loro; e quanto più si abbandonano a Dio, imparano a conoscere di non poter più recitare la preghiera del Signore, cioè il Poter noster.

    35. Per le anime di questa via interiore non è conveniente che esse facciano delle azioni anche virtuose, per propria scelta e attività: altrimenti non sarebbero morte. E neppure debbono produrre atti di amore verso la beata Vergine, verso i santi o verso l’umanità di Cristo: come infatti questi oggetti sono sensibili, tale è l’amore verso di essi.

    36. Nessuna creatura, nemmeno la beata Vergine o i santi, debbono soffermarsi nel nostro cuore: solo Dio infatti vuole occuparlo e possederlo.

    37. Nel momento delle tentazioni, anche terribili, l’anima non deve produrre gli atti espliciti delle virtù opposte, deve invece rimanere nell’amore e nell’abbandono suddetti.

    38. La croce volontaria delle mortificazioni è un peso opprimente e senza frutto, deve perciò essere eliminata.

    39. Le opere più sante e le penitenze che hanno compiuto i Santi, non sono capaci di rimuovere dall’anima nemmeno un solo attaccamento.

    40. La beata Vergine non ha mai compiuto nessun atto esteriore, e tuttavia è stata la più santa di tutti i Santi. Si può pervenire dunque alla santità senza l’opera esteriore.

    41. Dio permette e vuole, per umiliarci e per condurci ad una vera trasformazione, che in alcune anime perfette, anche non in estasi, il demonio operi violentemente nei loro corpi e faccia loro commettere degli atti carnali, anche durante la veglia e senza l’oscuramento della mente, muovendo fisicamente le loro mani e le altre membra contro la loro volontà. E lo stesso si deve dire per gli altri atti in sé peccaminosi: in questo caso non sono peccati perché in essi non c’è il consenso.

    42. Si può dare il caso che siffatte violenze verso atti carnali avvengano nello stesso tempo da parte di due persone, di un maschio cioè e di una femmina, e da parte di entrambi ne segue l’atto.

    43. Dio nei secoli passati faceva i santi servendosi dei tiranni; ora invece li fa santi servendosi dei demoni: causando infatti in loro le violenze di cui sopra fa in modo che essi disprezzino e annichiliscano maggiormente se stessi e si abbandonino a Dio.

    44. Giobbe ha bestemmiato, e tuttavia non ha commesso peccato con le sue labbra: perché questo avvenne per la violenza del demonio.

    45. San Paolo ha patito nel suo corpo le violenze di questo demonio: per questo ha scritto: "Io non faccio il bene che voglio, ma io faccio il male che non voglio" [Rm 7,79].

    46. Le violenze di questo genere sono il mezzo più idoneo per annichilire
    l’anima e per condurla alla vera trasformazione e unione, e non sussiste altra via: e questa è la via più facile e sicura.

    47. Quando sopravvengono violenze di tal genere, bisogna lasciare che satana operi, senza esercitare nessuna operosità e nessuno sforzo personale, e l’uomo deve rimanere nel suo nulla; e anche se conseguono polluzioni e atti osceni con le proprie mani, e anche cose peggiori, non ci si deve turbare in se stessi, ma si debbono cacciare via gli scrupoli, i dubbi e i timori; l’anima infatti diventa più illuminata, più forte e più candida e si acquista la santa libertà; e soprattutto non è necessario confessare queste cose, e se non si confessano si opera in modo santissimo, perché in questo modo si vince il demonio e si acquista il tesoro della pace.

    48. Satana, lui che arreca le violenze di questo genere, suggerisce poi che queste sono colpe gravi, affinché l’anima si turbi, e non proceda più nella via interiore: per questo, per indebolire le sue forze, è meglio non confessarle, perché non sono peccati, neppure veniali.

    49. Giobbe per la violenza del demonio si macchiava con le proprie mani nello stesso tempo in cui innalzava a Dio preghiere pure, interpretando così il passo del capitolo XVI del libro di Giobbe [Cf. Gb 16,18].

    50. Davide, Geremia e molti dei santi profeti soffrivano le violenze di tal genere delle loro impure azioni esteriori.

    51. Nella Sacra Scrittura ci sono molti esempi di violenze ad atti esteriori peccaminosi: come quello di Sansone che per la violenza uccise se stesso assieme ai filistei [Cf. Gdt 16,29s], concluse il matrimonio con una straniera [Cf. Gdc 14,1-20], e fornicò con la meretrice Dalila [Cf. Gdc 16,4-22], cose che di per sé erano proibite e che sarebbero state peccato; quello di Giuditta che mentì a Oloferne [Cf. Gdt 11,5-19]; quello di Eliseo che maledisse i bambini [Cf. 2 Re 2,24]; quello di Elia che bruciò due generali con le schiere del re Acab [Cf. 2 Re 1,10-12]. Rimane in dubbio invero, se si è trattato di una violenza operata direttamente da Dio o per mezzo invece dei demoni, come avviene in altre anime.

    52. Quando simili violenze, anche impure, accadono senza oscuramento della mente, allora l’anima può essere unita a Dio e di fatto è unita sempre più.

    53. Per riconoscere nella pratica se in altre persone una qualche azione sia stata una violenza, il criterio che io ho a questo riguardo, non sono soltanto le assicurazioni di quelle anime che assicurano di non avere affatto acconsentito alle violenze suddette o che non possono giurare che in queste hanno acconsentito, e il vedere che sono anime che progrediscono nella via interiore; ma io assumo il criterio da una certa qual luce attuale, una conoscenza umana e teologica superiore, che mi fa conoscere sicuramente con interiore certezza che quella tale azione è violenta; e sono certo che quella luce proviene da Dio, perché mi proviene unitamente alla certezza che da Dio proviene, e non mi lascia nessuna ombra di dubbio in contrario: nello stesso modo in cui talvolta avviene che Dio mentre rivela qualcosa, nello stesso tempo rende certa l’anima che è lui stesso che rivela e l’anima non può dubitare in contrario.

    54. Le persone spirituali della via ordinaria troveranno se stessi nell’ora della morte delusi e confusi, con tutte le passioni che debbono essere purificate nell’altro mondo.

    55. Per questa via interiore si perviene, anche se con molta sofferenza, a purificare e a estinguere tutte le passioni, al punto che nulla più si sente, nulla, nulla: e non si sente nessuna inquietudine, come un corpo morto, e l’anima non si lascia mai più turbare.

    56. Le due leggi e le due brame, una dell’anima e l’altra dell’amor proprio, durano tanto a lungo quanto perdura l’amor proprio: per cui, quando questo è stato purificato ed è morto, come avviene per la via interiore, non rimangono più quelle due leggi e quelle due brame, né si incorre più in qualche caduta, e non si sente più nulla, neppure il peccato veniale.

    57. Per la contemplazione acquisita si perviene allo stato di non fare più nessun peccato, né mortale né veniale.

    58. A un simile stato si perviene non riflettendo più sulle proprie azioni: perché i difetti nascono dalla riflessione.

    59. La via inferiore è disgiunta dalla confessione, dai confessori e dai casi di coscienza, dalla teologia e dalla filosofia.

    60. Alle anime progredite che iniziano a morire alle riflessioni e che pervengono così al punto che queste sono morte, Dio rende talvolta impossibile la confessione, e supplisce lui stesso con una grazia di preservazione tanto grande quale quella che avrebbero ricevuto nel sacramento: e così per questo genere di anime non è un bene accedere al sacramento della penitenza, perché questo è per loro impossibile.

    61. L’anima, quando perviene alla morte mistica, non può più volere null’altro se non quello che vuole Dio, perché non ha più volontà, e Dio gliela ha portata via.

    62. Per la via ulteriore si perviene a uno stato continuo di immobilità nella pace imperturbabile.

    63. Per la via inferiore si perviene anche alla morte dei sensi: anzi, il segno che qualcuno si trova nello stato di nullità, cioè della morte mistica, si ha quando i sensi esteriori non rappresentano più le cose sensibili, per cui queste sono come se non fossero, dato che non giungono a far sì che l’intelletto si applichi a esse.

    64. Il teologo ha una minore disposizione allo stato di contemplazione di quanto non abbia l’uomo incolto: prima di tutto perché non ha una fede tanto pura, in secondo luogo perché non è tanto umile; terzo, perché non cura tanto la propria salvezza; quarto, perché ha la testa piena di fantasie, apparenze, opinioni e speculazioni, e non può entrare in lui la vera luce.

    65. Ai superiori bisogna obbedire nelle cose esteriori, e l’estensione del voto di obbedienza dei religiosi raggiunge soltanto l’esterno. Le cose invece avvengono diversamente nella sfera interiore, dove soltanto Dio e il direttore spirituale possono entrare.

    66. Degna di riso e nuova nella chiesa di Dio è quella certa dottrina per cui l’anima per quanto riguarda l’interno debba essere guidata dal vescovo: se poi il vescovo non è idoneo, l’anima deve andare dallo stesso con il suo direttore. Dottrina nuova dico, dato che né la sacra Scrittura, né i concili, né i canoni, né le bolle, né i santi, né gli autori l’hanno mai insegnata, né possono insegnarla: perché la chiesa non giudica delle cose nascoste, e l’anima ha il diritto e la facoltà di scegliere chiunque essa ritenga opportuno.

    67. Dire che il foro interno deve essere manifestato al tribunale esterno dei superiori, e che è peccato non farlo, è un inganno evidente: poiché la chiesa non giudica relativamente alle cose nascoste e si fa del male alle proprie anime con questi inganni e simulazioni.

    68. Non c’è nessuna facoltà o giurisdizione al mondo per prescrivere che si manifestino le lettere del direttore spirituale che riguardano l’interno dell’anima: e perciò bisogna riconoscere che questo è un insulto del diavolo.

    [Censura:] Queste proposizioni quindi, come eretiche [3 13-15 41-53], sospette [vicine all’eresia: 21 23 57 60s; in odore di eresia: 2 4-10 12 16-19 31s 35s 55s 58], erronee [4-6 8-10 13-19 21s 24 32 35 41-53 58], scandalose [6 9-11 14-20 24s 30-52 54 58-60 63s 66], blasfeme [10 14s 41-53 60], offensive per le orecchie pie [6 30 58], temerarie [11 14s 17-20 23s 26s 30- 35 38s 41-68], atte a dissolvere la disciplina cristiana [10 16 21s 24s 31 35 38s 41-52 59 65s], eversive [68], sediziose [65] rispettivamente ... condanniamo ... . Condanniamo inoltre ... tutti i libri e tutte le opere in qualunque luogo e in qualunque lingua stampate, e anche tutti i manoscritti dello stesso Miguel de Molinos.



    Da: http://www.totustuus.biz/users/denzinger/mmolinos.htm

  7. #17
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    In agro dominico - Bolla di condanna contro Meister Eckhart
    (Papa Giovanni XXII)

    (*)

    27 marzo 1329

    In seguito a un’inchiesta condotta dapprima ... per ordine... dell’arcivescovo di Colonia e infine ripresa su Nostro ordine nella curia romana, abbiamo accertato che risulta in modo evidente in forza della confessione dello stesso Eckhart che egli ha predicato, insegnato e scritto ventisei articoli, che hanno la seguente formulazione:

    (1) Interrogato una volta per quale ragione Dio non abbia formato il mondo prima, rispose allora, come ora, che Dio non ha potuto formare il mondo in un tempo precedente perché una cosa non può operare prima di essere; onde per cui non appena Dio fu, subito creò il mondo.

    (2) Ugualmente si può ammettere che il mondo esista dall’eternità.

    (3) Ugualmente, insieme e una volta per tutte, quando Dio fu, quando Dio generò il Figlio a sé coeterno e totalmente uguale in tutto, creò anche il mondo.

    (4) Ugualmente, in ogni opera, anche cattiva, cattiva dico sia della pena che della colpa, si manifesta e risplende in ugual modo la gloria di Dio.

    (5) Ugualmente, colui che insulta qualcuno con un insulto, con lo stesso peccato di insulto rende lode a Dio, e quanto più insulta e più gravemente pecca, tanto più rende lode a Dio.

    (6) Ugualmente, colui che bestemmia Dio stesso, rende lode a Dio.

    (7) Ugualmente, colui che chiede questa o quella cosa, chiede il male e in malo modo, perché chiede la negazione del bene e la negazione di Dio, e prega che Dio gli si neghi.

    (8) Coloro che non si rivolgono alle cose, né agli onori, né all’utilità, né alla devozione interna, né alla santità, né al premio, né al regno dei cicli, ma a tutte queste cose hanno rinunciato, e anche a ciò che è loro proprio, in questi uomini Dio è onorato.

    (9) Ho pensato ultimamente, se mai io volessi ricevere qualcosa da Dio o desiderare: io voglio riflettere molto bene su questa cosa, perché quando io fossi uno che riceve da Dio, in quel momento io sarei sotto di lui o più in basso di lui, come uno schiavo o un servo, e lui stesso come un padrone nel suo dare, e così noi non dobbiamo essere nella vita eterna.

    (10) Noi siamo totalmente trasformati in Dio e siamo in lui commutati; in modo simile, come nel sacramento il pane è commutato nel corpo di Cristo, così io sono commutato in lui, poiché lui stesso mi fa essere uno con se stesso, non simile. Da parte del Dio vivente, è vero che lì non c’è alcuna distinzione.

    (11) Tutto ciò che Dio Padre ha dato al suo unigenito Figlio nella natura umana, tutto questo ha dato a me. In questo non escludo nulla, né l’unione, né la santità, ma tutto egli ha dato a me come a lui.

    (12) Tutto ciò che la sacra Scrittura dice di Cristo, tutto questo si dimostra vero anche di ogni uomo buono e divino.

    (13) Tutto ciò che è proprio della natura divina, tutto questo è proprio dell’uomo giusto e divino; per questo motivo, quest’uomo opera tutto ciò che Dio opera, ed egli ha creato insieme a Dio il cielo e la terra, ed è colui che genera il Verbo eterno, e Dio senza un simile uomo non saprebbe fare nulla.

    (14) L’uomo buono deve conformare la sua volontà alla volontà divina in modo tale che lui stesso voglia ciò che Dio vuole. Poiché Dio vuole che io in un qualche modo abbia peccato, io non vorrei mai non aver commesso peccati, e questa è la vera penitenza.

    (15) Se un uomo avesse commesso mille peccati mortali, se un tale uomo fosse rettamente disposto, non dovrebbe volere di non averli commessi.

    (16) Dio non comanda propriamente un atto esteriore.

    (17) Un atto esteriore non è propriamente né buono né divino, e Dio propriamente non lo compie né lo produce.

    (18) Noi non portiamo il frutto degli atti esteriori, che non ci rendono buoni, ma degli atti interiori, che il Padre, che in noi dimora, fa e compie.

    (19) Dio ama le anime, non le opere all’esterno.

    (20) L’uomo buono è il Figlio di Dio unigenito.

    (21) L’uomo nobile è quel Figlio di Dio unigenito che il Padre ha generato dall’eternità.

    (22) II Padre genera me come figlio suo e come il medesimo figlio. Qualsiasi cosa Dio opera, questa è uno; per questo egli mi genera come suo figlio, senza nessuna distinzione.

    (23) Dio è uno in tutti i modi e secondo ogni punto di vista, di modo che in lui stesso non si può trovare una qualche molteplicità, nell’intelletto o fuori dall’intelletto. Colui infatti che vede una dualità o vede una distinzione, non vede Dio; Dio infatti è uno al di fuori del numero e al di sopra del numero, né si compone nell’unità con qualcun altro. Ne segue [ben inteso in un passo successivo]: dunque in Dio stesso non può esserci e non può essere pensata nessuna distinzione.

    (24) Ogni distinzione è estranea a Dio, sia nella natura che nelle persone; lo si dimostra: perché la natura stessa è una e questo uno, e qualsiasi persona è una e questo stesso uno, ciò (è) la natura.

    (25) Quando viene detto: "Simone, mi ami tu più di costoro?" [Gv 27,75], il senso è questo, cioè me più che loro, ed è senza dubbio bene, ma non è perfetto. Infatti nel primo e nel secondo, e nel più e nel meno c’è una gradazione e un ordine, nell’uno invece non c’è né gradazione né ordine. Colui dunque che ama Dio più di quanto ami il prossimo, fa senza dubbio bene, ma non ancora in modo perfetto.

    (26) Tutte le creature sono un puro nulla: non dico che sono un qualcosa di piccolo o un qualcosa, ma che sono un puro nulla.

    Inoltre fu imputato al suddetto Eckhart di aver predicato altri due articoli con queste parole:

    (1) C’è qualcosa nell’anima di increato e di increabile; se tutta l’anima fosse di tal genere, sarebbe increata e increabile, e questo è l’intelletto.

    (2) Dio non è buono, né migliore, né ottimo; ogni qual volta io chiamo Dio buono, io mi esprimo così in modo erroneo, come se chiamassi il bianco nero.

    [Censura:] ... Poiché Noi... abbiamo trovato che i primi quindici articoli menzionati e anche gli altri ultimi due, sia dal tono delle loro parole che dalla connessione dei loro concetti, contengono l’errore o piuttosto la macchia dell’eresia, e abbiamo anche constatato che gli altri undici, il primo dei quali comincia "Dio non comanda" ecc. (prop. 16), risuonano in modo troppo equivoco e sono fortemente temerari e sospetti di eresia, anche se con molte chiarificazioni e con molte aggiunte sono in grado di formare o di avere un senso cattolico: affinchè articoli di tal fatta o meglio le cose in essi contenute non possano più oltre corrompere i cuori delle persone semplici presso cui furono predicati, ...
    Noi ... condanniamo e respingiamo chiaramente i sunnominati primi quindici articoli e gli altri ultimi due come eretici, e anche gli altri undici nominati, come risuonanti in modo equivoco, temerari e sospetti di eresia, e così anche qualsiasi libro od opuscolo dello stesso Eckahrt che contenga i sunnominati articoli o qualcuno di loro. ...

    D’altra parte ... vogliamo che sia noto, come consta dal pubblico documento in seguito elaborato, che il sunnominato Eckahrt al termine della sua vita, professando la fede cattolica, i suddetti ventisei articoli che confessò di aver predicato, e anche tutte le altre cose da lui scritte e insegnate ..., cose che possono generare nelle menti dei fedeli un giudizio eretico o erroneo e nemico della vera fede, ha ritrattato e anche condannato in quanto a quel giudizio ..., sottomettendo se stesso, i suoi scritti e tutte le cose dette al modo di pensare della sede apostolica e Nostro.

    (*) Maestro Eckhart O.P. (in latino oltre Echardus anche Ekkardus [come egli stesso scrive], Aychardus, e diversamente) dovette per la prima volta rispondere delle sue dottrine il 26 sett. 1326 per ordine dell’arcivescovo di Colonia Enrico di Virneburg. Dapprima gli furono rimproverati 49 articoli, poi altri 59. L’appello di Eckhart al papa (13 febbr. 1327) fu impedito dai suoi avversari; tuttavia la sua causa fu portata alla curia avignonese. Di essa abbiamo un "votum teologico avignonese", in cui vengono trattate tutte quelle proposizioni, che più tardi, dopo la morte di Eckhart, furono condannate nella bolla di Giovanni XXII. Il papa si limitò a mandare il 15 aprile 1329 una copia di questa bolla all’arcivescovo di Colonia, affinchè venisse resa pubblica unicamente nella sua diocesi e provincia ecclesiastica.



    Da: http://www.totustuus.biz/users/denziger/g22inagr.htm

  8. #18
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    Predefinito Riferimento: Punti Fermi

    Cosa comporta l'attuale cessazione (temporanea) del Primato pontificio?

    Un vecchio refrain lefevriano:
    SE C'è UN PAPA ERETICO, LA VACANZA DELLA SEDE FAREBBE CESSARE ANCHE I VESCOVI E ALLORA SI TRATTEREBBE QUASI DI UNA CESSAZIONE DELLA CHIESA STESSA.

    EFFETTIVAMENTE LA CESSAZIONE TEMPORANEA DEL PRIMATO (NELLA VACANZA FORMALE DELLA SEDE) COINVOLGE DIRETTAMENTE L'EPISCOPATO GERARCHICO: IN FONDO PERò LA PERENNITà DELL'EPISCOPATO GERARCHICO è FONDATA DIRETTAMENTE SULLA PERENNITà DEL PRIMATO PONTIFICIO, NON è AUT0NOMA DA ESSO.
    PER IL PRIMATO è SUFFICIENTE UNA CONTINUITà MORALE, CHE PUò ESSERE INTERROTTA DA UNA PIù O MENO LUNGA VACANZA DELLA SEDE (ZAPALENA "DE ECCLESIA CHRISTI. PARS APOLOGETICA, ROMA, UNIVERSITà GREGORIANA, 1955, PP. 315-316), TANTO PIù LO SARà PER L'EPISCOPATO GERARCHICO CHE GOVERNA SOLO PORZIONI DELLA CHIESA.
    SE IL PRIMATO è INFATTI MONARCHICO, GIURISDIZIONE E MAGISTERO EPISCOPALE SI ESERCITANO SOLO CUM PETRO E SUB PETRO E POSSONO DERIVARE SOLO DALLA PRIMA SEDE.
    CESSANDO LA PRIMA SEDE, LA CHIESA CATTOLICA RISULTA OGGI VERAMENTE ACEFALA (PRIVA DEL CAPO VISIBILE), PRIVA DI PASTORE (QUINDI SENZA GOVERNO), PRIVA DI MAGISTERO INFALLIBILE, DI FATTO LA CHIESA GERARCHICA MANCA IN ATTO MA NON IN POTENZA.
    EPPURE TUTTO QUESTO NON ELIMINA L'INDEFETTIBILITà DELLA CHIESA: "DURANTE LA VACANZA DELLA SEDE PRIMAZIALE RIMANE NELLA CHIESA IL DIRITTO ED IL COMPITO (ASSIEME ALLA DIVINA PROMESSA) DI ELEGGERE QUALCUNO CHE SUCCEDA LEGITTIMAMENTE AL PAPA NEI DIRITTI DEL PRIMATO. DURANTE TUTTO QUESTO TEMPO LA COSTITUZIONE ECCLESIASTICA NON MUTA IN QUANTO IL POTERE SUPREMO NON è DEVOLUTO AL COLLEGIO DEI VESCOVI O DEI CARDINALI MA RESTA LA LEGGE DIVINA CONCERNENTE L'ELEZIONE DEL SUCCESSORE"
    ALLORA D0V'è LA CHIESA GERARCHICA E DOCENTE, FONDATO SUL PRIMATO DI PIETRO OGGI?
    COME DICEVA IL CAJETANO IN "DE COMPARATIONE AUCTORITATE PAPAE ET CONCILII, NUMERO 210)

    "IL PAPATO, TOLTO IL PAPA, SI TROVA NELLA CHIESA SOLO IN POTENZA MINISTERIALMENTE ELETTIVA, POICHè ESSA PUò, DURANTE LA SEDE VACANTE, ELEGGERE UN PAPA, MEDIANTE I CARDINALI O ACCIDENTALMENTE MEDIANTE Sè STESSA"

    VEDASI ANCHE LUCIEN "LA SITUATION ACTUELLE DE L'AUTORITè DANS L'EGLISE" BRUXELLES, 1985, PP. 102 E 103 E NUMERO 132 CHE CITA ALCTRI CANONISTI CONCORDI CONTRO IL GOUPIL E L'ANTOINE.

    ECCO DOVE SI TROVA LA CHIESA CATTOLICA OGGI. NELLE SEDE PAPALE MATERIALMENTE OCCUPATA DA MONSIGNOR WOJTYLA E NELLE SEDI EPISCOPALI MATERIALMENTE OCCUPATE DA PRETI E ORMAI ANCHE DA LAICI MA SOPRATTUTTO ED ESSENZIALMENTE NELLA POTENZIALE ELETTIVITà DEL PAPA.
    LA CHIESA CATTOLICA, LA SUA PERENNITà, LA SUA INDEFETTIBILITà, LA SUA INVINCIBILITà VIVE SU QUESTO, VIVE DI QUESTO, NON CERTO SUL GOVERNO LOCALE DEI VESCOVI E SUL LORO MAGISTERO FALLIBILE.

  9. #19
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    Predefinito Riferimento: Punti Fermi

    Punti fermi (angelologia)


    LA FESTA DEGLI ANGELI CUSTODI FU ESTESA DA PAPA PAOLO V BORGHESE, DI VENERATA MEMORIA, A TUTTA LA CHIESA CON DECRETO DEL 27 SETTEMBRE 1608, PAPA CLEMENTE X ALTIERI PORTò QUESTA FESTA INSIGNE AL 2 OTTOBRE.
    MI PERMETTO DI SCRIVERE UNA BREVE SINTESI DI DOTTRINA CATTOLICA SUGLI ANGELI, AD USO DEI FORUMISTI MENO ESPERTI.
    GLI ANGELI SONO CREATURE IMMATERIALI CREATE DA DIO ALL'INIZIO DEI TEMPI: SONO MIGLIAIA, SONO DIVISI IN NOVE CORI (SERAFINI, CHERUBINI, TRONI, DOMINAZIONI, VIRTù, POTESTà, PRINICIPATI, ARCANGELI, ANGELI)
    LA NATURA DEGLI ANGELI è SPIRITUALE (CONCILIO LATERANENSE IV): è SENTENZA COMUNE E CERTISSIMA CHE ESSI SIANO PURISSIMI SPIRITI, CHE SIANO PER NATURA IMMORTALI, CHE ABBIANO LA SCIENZA INFUSA MA IL LORO CONOSCERE SIA OVVIAMENTE INFERIORE A QUELLO DI DIO CHE LI HA CREATI, CHE ABBIANO UNA VOLONTà LIBERA E SIANO MOLTO PIù FORTI E POTENTI DI QUALUNQUE UOMO (2 PIETRO 2, 11).
    è TEOLOGICAMENTE CERTO CHE GODANO PERPETUAMENTE DELLA VISIONE DI DIO PER ADORARLO: VI FURONO AMMESSI DOPO UNA PROVA MORALE DI DIO DURANTE LA QUALE UN TERZO DI LORO, CAPEGGIATO DA LUCIFERO, SI RIBELLò E FU PRECIPATO ALL'INFERNO, CREATO IN QUEL MOMENTO. (SENTENZA COMUNE)
    COMPITO PRIMARIO DEGLI ANGELI è ADORARE, GLORIFICARE E SERVIRE DIO, COMPITO SECONDARIO DEGLI ANGELI è LA PROTEZIONE E LA CURA DEGLI UOMINI.
    è AMPIAMENTE LECITO IL CULTO DEGLI ANGELI BUONI, SENZA CADERE NEGLI ECCESSI E NEGLI ERRORI DELL'ERESIA GNOSTICA.
    è TEOLOGICAMENTE CERTO CHE OGNUNO DI NOI ABBIA IL PROPRIO ANGELO CUSTODE: EGLI è L'AMICO CHE NON CI LASCIA MAI, UN DIFENSORE POTENTE, UN CONSIGLIERE TANTE VOLTE NON ASCOLTATO.
    LUI è SEMPRE Lì MA QUANTE VOLTE DOPO UN FRETTOLOSO "ANGELO DI DIO" CI SIAMO SCORDATI DEL NOSTRO ANGELO CUSTODE, ABBIAMO IGNORATO LA SUA DOLCE E BENEVOLA PRESENZA! TROPPE VOLTE!
    NEL GOFFO E SGRAZIATO PARLOTTARE CHE SI FA OGGI SUGLI ANGELI, IN MEZZO AD ANGELOLOGIE SPURIE, MALSANE, DEVIATE E DEVIANTI, GLI ANGELI CUSTODI, I NOSTRI ANGELI, SI STAGLIANO GRANDIOSI E FIERI NELLE LORO BELLE E LUCENTI ARMATURE PRONTI A COMBATTERE PER IL BENE DELL'ANIMA NOSTRA E DEL MONDO INTERO.


    SANCTI ANGELI DEI, ORATE PRO NOBIS

  10. #20
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    Predefinito Riferimento: Punti Fermi

    QUALCHE RIFLESSIONE SULLA COSIDDETTA "LIBERTà RELIGIOSA" IN UN THREAD COME QUESTO NON GUASTA.

    IL CONCETTO DI "LIBERTà RELIGIOSA" CON TUTTO IL CARICO ANNESSO DI INDIFFERENTISMO E DI LAICITà DELLO STATO è STATO AMPIAMENTE CONDANNATO DAL MAGISTERO PONTIFICIO ("MIRARI VOS" DI S.S. GREGORIO XVI, IL "SILLABO" DI S.S. PIO IX).
    AL CONCETTO DI "LIBERTà RELIGIOSA" IL CATTOLICO SOSTITUISCE IL CONCETTO DI "TOLLERANZA DEI FALSI CULTI" CHE è TALVOLTA NECESSARIA PER RAGIONI DI ORDINE PUBBLICO O PER MOTIVI DI TIPO POLITICO (QUANDO LO STATO è LAICO E NON CONFESSIONALE OPPURE A MAGGIORANZA ERETICO O PAGANO).
    OVVIAMENTE IN UNO STATO OSTILE AL CATTOLICESIMO, I CATTOLICI-PUBBLICAMENTE- DEVONO RICHIEDERE SOLO LA PARIFICAZIONE DEL PROPRIO CULTO CON GLI ALTRI E LA POSSIBILITà DI POTERLO ESERCITARE IL PIù POSSIBILE PUBBLICAMENTE: NULLA DI PIù, "PRIMUM VIVERE".
    SI TRATTA DI UNA TOLLERANZA FORZATA, SE NON VI SONO LE CONDIZIONI POLITICHE PERCHè LA SOLUZIONE SIA DIVERSA.
    ANCHE PIO XII RITENEVA "IN DETERMINATE CIRCOSTANZE" (DISCORSO DEL 6 DICEMBRE 1953) "PARTITO MIGLIORE IL NON IMPEDIRE UN ERRORE PER PROMUOVERE UN BENE MAGGIORE".
    SI TRATTA DELLA LINEA CONCORDATARIA CHE HA AVUTO UN "CERTO" SUCCESSO DURANTE LE SEGRETERIE DI STATO GASPARRI E PACELLI (ANCHE L'EMINENTISSIMO OTTAVIANI ERA DELLA STESSA SCUOLA) MA NON è L'UNICA, NON VALE SEMPRE E PER SEMPRE.
    ESISTE ED è ESISTITO ANCHE IL RIFIUTO DELLA CHIESA DI COLLABORARE CON STATI LAICI ED INDIFFERENTISTI CHE NON VOGLIONO SUBORDINARSI AD ESSA (LINEA SEPARAZIONISTA O INTRANSIGENTISTA).
    IL FALLIMENTO E LO SGRETOLAMENTO SU TUTTA LA LINEA DEI VECCHI CONCORDATI (DI FATTO OGGI IL CATTOLICESIMO ROMANO NON è CONCORDATARIO IN ITALIA E PRATICAMENTE IN NESSUNO STATO) RIAPRE COMPLETAMENTE LE OPZIONI POSSIBILI E, CERTAMENTE, APRE LA STRADA AD UNA REVISIONE CRITICA DI UNA CERTA SCUOLA CANONISTICA ROMANA (IN AUGE TRA GLI ANNI '20 E GLI ANNI '50).
    UNICA OPZIONE OGGI: IGNORARE LO STATO PER QUANTO è POSSIBILE, FORNIRE UN OSSEQUIO FORMALE A CERTE LEGGI E A CERTI ORDINAMENTI SENZA DARE ASSENSI.
    è NECESSARIO UTILIZZARE E SERVIRSI DI CIò CHE LO STATO OFFRE AD ENTI O A STRUTTURE BENEFICHE, RIMANENDO NELL'ORBITA DI UNO STRETTO (E RIGOROSO) OSSEQUIO BUROCRATICO.
    CERTAMENTE BISOGNA MANTENERE SOLIDE LE RAGIONI DELLA PRIMAZIA CATTOLICA SUI FALSI CULTI, APPROFONDIRNE LE INTERAZIONI CON LA SCIENZA DELLA POLITICA, FORMARE GRUPPI POLITICI E SINGOLI UOMINI PUBBLICI A QUESTA VISIONE DEL PROBLEMA RELIGIOSO, SVILUPPARE UN'OPERA DI AGGREGAZIONI FONDATA (ALMENO) SU STIMOLI E SUGGESTIONI DI QUESTO TIPO, DIFFONDERE UN'APOLOGETICA "OFFENSIVA" E FRONTALE A TUTTO CAMPO (CHE TOCCHI TUTTE LE CORDE E CHE ATTINGA A TUTTI I REGISTRI NEL LIMITE DELL'ONESTO).
    IL CONCETTO DELL'INDIFFERENTISMO E QUELLO PESTILENZIALE DELLA "libertà di culto" NON SI SRADICANO Nè IN UN GIORNO, Nè IN UN DIECI ANNI DAL CUORE DELLA "GGENTE".
    SAREBBE UN PRIMO PASSO (TUTTO POLITICO) CHE TRA LA MAGGIORANZA DELLE PERSONE SI SVILUPPASSE UNA SOSTANZIALE INDIFFERENZA VERSO I DIRITTI RELIGIOSI DEI SINGOLI E DELLE COMUNITà: SI TRATTA DI UNA PARTE MERAMENTE NEGATIVA, LO SO, MA SENZA "PARS DESTRUENS" NON C'è "PARS CONSTRUENS".
    IL PROGRESSIVO AZZERAMENTO DI INTERESSE PER I "DIRITTI CIVILI" SPALANCA UN'AMPIA ZONA DI RIVENDICAZIONE PER I DIRITTI DI DIO E PER LA FINE DELL' "EPOCA DI WESTFALIA".
    è UN PO' CRUDO SCRIVERLO MA è QUELLO CHE UMANAMENTE SI PUò FARE, CON L'AIUTO E LA GRAZIA DI DIO, IN QUESTA DIREZIONE.

 

 
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