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Discussione: Dagoberto Bellucci

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    Predefinito Rif: Dagoberto Bellucci

    Recensione Libraria – “Tre Aspetti del Problema Ebraico” di J. Evola




    di Dagoberto Bellucci







    “…un’opposizione efficace al capitalismo e allo “spirito ebraico” può aver luogo soltanto laddove si assumano e si vivano coerentemente, quali punti di riferimento nella battaglia da combattere, gl’insegnamenti della Tradizione. Solo così, opponendosi all’Antitradizione sul medesimo piano metastorico in cui essa ha avuto il suo principio, sarà possibile restituire all’uomo la funzione di luogotenente di Dio sulla terra – funzione che il processo della decadenza storica ha a mano a mano erosa, finchè, come risultato finale, lo stadio estremo di degenerescenza rappresentato dalla sombartiana “èra economica” ha riservato all’essere umano un unico ruolo: quello bestiale, di produttore e consumatore di oggetti, di tesaurizzatore e trafficante di cose materiali.”



    ( dalla nota introduttiva al volume di Werner Sombart “Gli Ebrei e la vita economica” – Ediz. di ‘Ar’ – Padova 1979)









    “La prima “messa a punto” organica sul tema dell’ebraismo- si legge nella nota introduttiva curata dalle Edizioni di ‘Ar’ per l’edizione del 1978 – Evola la fece col volumetto “Tre aspetti del problema ebraico”, pubblicato dalle Edizioni Mediterranee nel 1936. Gli altri libri in cui verrà affrontato tale argomento, nel quadro più ampio della discussione sulla questione “razza” (Il Mito del sangue, Sintesi di dottrina della razza, Indirizzi per una educazione razziale) sono posteriori di alcuni anni e vanno dal 1937 al 1942. Il saggio del 1936 rimane tuttavia lo studio più completo che Evola abbia mai portato a termine in materia di ebraismo, poiché esso considera tale realtà secondo gli effetti che ne sono derivati sui vari piani della civiltà: “nel mondo spirituale, nel mondo culturale, nel mondo economico-sociale”.



    Così il gruppo umano che fa capo alle Edizioni di “Ar” – il principale presidio culturale anti-ebraico espresso dall’area politica che, per definizione e un certo ‘conformismo’, continueremo a etichettare come neo-fascista – introduceva il lettore al volume evoliano interamente dedicato al problema ebraico: un problema che, lo si deve tenere a mente ogniqualvolta si parli di ebrei ed ebraismo, agita il mondo e scuote le coscienze del pianeta determinando non soltanto su di un mero dato politico quei rapporti di forza che hanno portato all’edificazione dell’attuale sistema americano-centrico con i suoi riflessi sull’economia mondiale ma, ed è ciò che maggiormente importa investigare, soprattutto perchè ha reso la questione maledetta il perno centrale attorno al quale ruotano le principali visioni escatologiche e messianiche dei tempi presenti accompagnate da una incontestabile veridicità fattuale: chi ‘tocca’ “Israele”(inteso non tanto come entità statale quanto in particolare come comunità aliena rispetto al tessuto sociale dell’umanità ossia quale rappresentazione demoniaca di un potere sovversivo agente nel corso della storia), chi ne mette in discussione l’esistenza, chi osa muovere critiche alla presunta elezione più o meno ‘divina’ di ciascuno dei suoi membri potrà irriducibilmente vedersi piovere addosso l’epiteto più sgradevole e sgradito che questa contemporaneità rovesciata può ‘partorire’ ossia prendersi dell’antisemita…



    Ora premesso che l’antisemitismo non esiste – considerando che semiti sono anche i popoli arabi mai direttamente coinvolti da reazioni o atti , avvenimenti o episodi relativi a posizioni contrastanti l’elemento ebraico – e che, se proprio si vuol parlare di qualcosa di sensato, dovremmo riferirci eventualmente alle categorie proprie dell’anti-giudaismo teologico, dell’anti-ebraismo militante o, dulcis in fundo, dell’anti-sionismo (tutte ‘degnamente’ rappresentanti e legittime posizioni politiche della pianificazione progettuale anti-sistemica che identifica nell’ebreo il nemico dell’uomo ossia il principale vettore sovversivo manifestatosi nella storia) noi ci riferiremo comunque all’eterno problema ebraico ed all’azione erosiva espressa dall’ebraismo nel corso dei secoli con particolare riferimento al ruolo di virus ‘agente’ rappresentato dall’Internazionale Ebraica e dai singoli giudei nel corso degli ultimi tre secoli.







    Occorre rilevare immediatamente come il volume in questione acquisti ulteriore valore proprio perché rappresenta l’espressione più vera e l’apporto più concreto ed originale dato dall’aristocratico testimone della tradizione in tempi non ‘sospetti’ ossia una visione il più organica e completa relativa alla questione ebraica espressa due anni prima del varo delle tanto famose quanto – e non casualmente dallo stesso Evola rilevate come tali, unitamente all’altro grande studioso del problema rappresentato dalla presenza ebraica in Italia, Giovanni Preziosi – famigerate ‘leggi razziali’ varate con troppa fretta e poca accortezza e cautela dal Gran Consiglio del Fascismo nell’ottobre del 1938.



    Il pensiero evoliano è dunque personalissima interpretazione dell’autore non una brutta copia più o meno pappagallescamente ripetuta sulla scia emotiva di quanto stava maturando oltralpe nella vicina Germania dopo l’ascesa della rivoluzione crociuncinata nazionalsocialista o su reali o pseudo-tali opportunismi del momento storico (peraltro nitidamente evidenziati da Giovanni Preziosi che della questione ebraica fu senza dubbio il principale studioso espresso dal Fascismo) seguente l’adozione da parte fascista di una legislazione razziale.



    In merito alle leggi razziali adottate dal Fascismo (1) possiamo solo aggiungere, a quanto già scritto, che esse rappresentarono un moto di reazione tardivo e insufficiente a frenare l’elemento ebraico oltre a manifestarsi nei metodi e nelle modalità proprie di un’italianità basso-levantina – furbescamente e sciacallescamente – substrato di preesistenti tare razziali intrinseche in una commistione razziale ed in una attitudine psico-antropologica adatta al tradimento, al sotterfugio meschino ed al facile guadagno (troppi fonti battesimali si andranno a riempire rapidamente come altrettanto velocemente saranno in eccesso gli attestati di arianità distribuiti tra ‘amici’ e ‘conoscenti’ eletti…anche Chiesa cattolica e Fascismo hanno le loro corresponsabilità nel mascheramento giudaico che impedisce – a tutt’oggi – di censire esattamente la presenza ebraica in Italia (2) ossia l’esatto numero di israeliti – siano religiosi o atei, laici o ortodossi, appartenenti alla comunità per fede o per razza – attualmente ‘accampati’ sul territorio nazionale).



    Evola distingue chiaramente il rapporto-relazione esistente tra un vero, o presunto, semitismo in universale vettore agente sul piano spirituale dall’azione direttamente ebraica che si manifesta invece sul piano culturale e socio-economico.



    Scrive l’autore: “Il problema ebraico ha origini molto antiche, varie e talvolta anche enigmatiche. L’antisemitismo è un motivo che ha accompagnato quasi tutte le fasi della storia occidentale. Anche per l’Italia, una considerazione del problema ebraico altrimenti che per curiosità non dovrebbe esser priva di interesse. E il fatto che in Italia non sono presenti quelle speciali circostanze, che altrove hanno provocato le forme più dirette e irriflessive di antisemitismo, permette di considerare l’anzidetto problema con maggior calma e con maggior oggettività. Come giudizio complessivo, diciamo subito che l’antisemitismo è oggi caratterizzato dalla mancanza di un punto di vista veramente generale, delle premesse dottrinali e storiche, necessarie per poter veramente giustificare, seguendo un procedimento deduttivo, le attitudini antisemite pratiche, cioè sociali e politiche. Per conto nostro, pensiamo che un antisemitismo non sia privo di ragione d’essere: ma la debolezza e la confusione dei motivi prevalentemente addotti dagli antisemiti, unitamente al loro violento spirito di parte, finisce col sortire l’effetto contrario, facendo sorgere in ogni spettatore imparziale il sospetto che tutto si riduca ad atteggiamenti unilaterali e arbitrari dettati meno da veri principi che da interessi pratici contingenti”.



    Evola identifica precisamente ciò che può essere ricondotto a posizioni antiebraiche rozze e sconsiderate spesso controproducenti e prive di una reale finalità che non sia contingente interesse di parte più o meno mascherato in modo alibistico con connotazioni ‘altre’: è l’antisemitismo di reazione molte volte suscettibile di riapparire sulla scena mondiale qua e là, in questo o quell’altro paese, a seconda delle circostanze e di determinati impulsi e , di norma, quasi sempre dettato da motivazioni di invidia sociale, sull’onda emotiva di rabbia e frustrazione, specialmente per motivi d’ordine pubblico derivati da uno sfondo economico o finanziario incerto e dunque una forma, come un’altra, di re-azione più o meno ‘spontanea’ all’azione sciacallesca esercitata da elementi di razza ebraica (i periodi di crisi economiche non casualmente coincidono spesso con queste manifestazioni reattive).



    Queste forme di antisemitismo, per quanto legittime su di un mero piano pratico di protezione delle risorse monetarie di uno Stato, rappresentano comunque e pur sempre una manifestazione di infantilismo politico: sono ‘reagenti’ ad un’azione altrui , necessitano dunque di motivi scatenanti, vanno nella direzione desiderata solo in determinate circostanze e – qualora non fortuite tali circostanze – possono servire al nemico per ottenere scopi ed obiettivi inconfessabili quindi sono armi a doppio taglio che anziché centrare il nocciolo del problema e colpire il bersaglio ne potrebbero invece favorire l’attività dissolutrice che si manifesta soprattutto oggigiorno nella prassi consolidatissima del pietismo ebraico piagnucolante e ‘raccattante’ solidarietà internazionale per ogni dove che è ciò di cui gli Ebrei hanno vitale necessità – come l’ossigeno per una qualsiasi forma di vita – per esistere su di un piano verticale servendosi da sempre della ‘scala’ sociale ed economica con la quale deliberatamente controllare mediante i mezzi d’informazione di massa le coscienze e le azioni dei singoli e delle società attraverso demenziali mode di massa, pensiero unico livellatore e conformismo intellettuale spicciolo.



    Senza questa considerazione altrui gli Ebrei non esisterebbero.



    Occorre dunque seguire le indicazioni di Evola laddove proseguendo scrive: “Esiste, in genere, una visione del mondo, della vita e del “sacro” specificamente semitica? Questo è il punto fondamentale. La parola “semitico” come tutti sanno, implica un concetto più vasto che non il semplice “ebraico”, ed è con intenzione che qui noi l’usiamo. Noi infatti crediamo che l’elemento ebraico non si possa separare nettamente dal tipo generale della civiltà diffusasi anticamente nell’antico bacino orientale del Mediterraneo, dall’Asia Minore fino al limite dell’Arabia: per notevoli che possano pur essere le differenze fra i singoli popoli semitici. Senza un esame complessivo dello spirito semita, varii aspetti essenziali dello stesso spirito ebraico in azione in tempi più recenti sono condannati a sfuggirci. Alcuni autori, i quali hanno trasceso un razzismo puramente biologico e si sono messi a considerare la razza anche in sede di tipo di civiltà – p. es. il Gùnther più recente e il Clausz – son venuti più o meno a questo punto, trattando in genere, di ciò che essi han chiamato “cultura dell’anima levantina” (der vorderasiatischen Seele). I popoli partecipanti a tale anima sono più o meno i popoli semitici. Che elementi abbiamo per poter considerare come inferiore la spiritualità e le forme religiose corrispondenti ai Semiti? Qui le idee degli antisemiti sono tutt’altro che chiare e concordi. Infatti per poter dire ciò che lo spirito semita ha di negativo, bisognerebbe cominciare col definire quel che invece si pensa esser positivo in fatto di spirito. Gli antisemiti si curano invece assai più della polemica che dell’affermazione, e ciò in nome di cui negano e condannano è, sotto questo riguardo, assai spesso contraddittorio e incerto. (…) L’opposizione fra spirito semitico e spirito ariano sta naturalmente a base di ogni antisemitismo. Ma per venire a qualcosa di serio non ci si può limitare a dare all’“ariano” un vago fondamento razzistico ovvero un contenuto soltanto negativo e polemico, comprendente tutto quel che, in genere, non è “ebraico”.”



    Cominciamo a sottolineare con l’autore che è proprio questa serie di considerazioni che hanno avvantaggiato l’ebreo: oggigiorno affermazioni di arianità rappresenterebbero un autentico suicidio ‘tattico’ per qualunque soggetto intendesse misurarsi nella società contemporanea giudaizzata di massa con il predominio totale e totalizzante raggiunto da “Israele”.



    La definizione legittima che Evola da dell’idea ariana (“idea positiva e universale da contrapporsi in fatto di divinità, di culto, di sentimento religioso e di visione del mondo a tutto quel che si riferisce alle civiltà semitiche e poi, in particolare, agli Ebrei”) purtroppo sembra cozzare radicalmente con l’assoluta negazione che la società moderna ha imposto di qualsivoglia valore fondante e formativo della stessa civilizzazione ario-europea ossia con l’assoluto vuoto ideale prima ancora che dottrinario o ideologico dell’idea stessa e del concetto di ‘arianità’ che le forme attuali di manifestazione hanno relegato nel dimenticatoio della storia e demonizzato unitamente con l’insieme della cultura originaria e tradizionale dell’Europa aria.



    La società moderna, giudea o giudaizzata, ha costretto il mondo culturale, politico, economico e religioso contemporanei ad adottare forme di censura radicale rispetto alle radici storiche determinanti la civiltà ariana sorta nel continente europeo ed espressione massima dello spirito ario : con simili rapporti di forza anche solo credere di poter dibattere di ‘arianità’ e ‘semitismo’ nell’attuale arco spazio-temporale risulterebbe un suicidio ‘tattico’ oltre ad una evidente manifestazione di infantilità politica e culturale e ad un assoluto vuoto progettuale o – per essere più precisi – ci si troverebbe in una condizione che rasenterebbe l’autocondanna a morte per chiunque intendesse muovere da posizioni superate e condannate da quell’opinionismo sistemico che controlla menti, abitudini e comportamenti dei contemporanei.



    Occorre pertanto che l’elemento ebraico sia affrontato – premettendo che ne esista realmente la volontà e vi siano le condizioni necessarie per una simile prova di forza (oggettivamente allo stato attuale della situazione e utilizzando una metafora calcistica speriamo efficace stiamo ‘sotto’ di parecchi gol a pochi minuti dalla fine dell’incontro) – su tutt’altro terreno ossia partendo da una realtà di fatto storica indiscutibile: il problema ebraico è questione essenzialmente razziale che ha ‘valenze’ e muove da considerazione d’ordine spirituale; in questa verità si cela la soluzione della “questione maledetta” ovvero la necessità di riportare sul piano spirituale – un terreno proprio del mondo della Tradizione – la radicale contrapposizione tra le forme dell’ordine e quelle del caos e di queste ultime l’Ebreo e l’ebraicità sono tra i principali e massimi artefici e rappresentanti.







    Per comprendere esattamente ciò che s’intende quando si parla di ebraicità riportiamo quanto legittimamente scrisse Franco Giorgio Freda come “appunto dell’editore” di presentazione all’edizione dei “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” curata dalle edizioni di “Ar” nel 1976: “Occorre fissare i limiti di validità di quella equazione rozzamente esclusivistica (e pseudo esauriente) contenuta nei “Protocolli”: EBRAISMO=SOVVERSIONE. Indicare energicamente il carattere di alibi presentato da certe posizioni “pan-anti-giudaiche” che individuano nell’ebraismo la vagina prima (in ordine temporale e d’importanza) della “Sovversione”.

    E’ necessario, quindi, proporre il sionismo come forma sclerotica dell’ebraicità ed espressione dell’espansione mondiale dell’ebraismo (il cui “luogo” geopolitica è stato per secoli l’Europa e poi, mentre esso tendeva a divenire sionismo, l’America del Nord). Il sionismo si manifesta attraverso due branche: a) Organizzazioni plutocratiche internazionali (Alta Finanza: Usurocrazia); b) Piano di riferimento nazionalistico specifico costituito dal territorio palestinese. Due branche, cioè due Stati, l’uno “convertibile” secondo la necessità nell’altro, rappresentano quindi il sionismo: sì che lo stato d’Israele non è limitato alla Palestina ebraica; questa è solo una colonia, un emporio “criminale” situato nel Mediterraneo, dell’altro, il quale ha per territorio il mondo intero (attraverso le banche, gli uomini della finanza, etc.). Si potrebbe allora proporre uno schema di questo tipo (da levigare e da svolgere in modo molto cauto, attento e “delicato”):



    SOVVERSIONE (regno dei principi, di forze supernaturali)

    EBRAICITA’ (dominio etico. Essa ha avuto carattere pandemico. Non è stata l’ebraicità

    a generare la Sovversione, ma l’opposto)



    EBRAISMO (quanto agli effetti: esso deve intendersi come l’opera svolta sino alla prima

    guerra mondiale dalle comunità ebraiche per ottenere la piena

    “emancipazione”)

    SIONISMO Internazionalistico (Alta Finanza)

    Nazionalistico (Stato d’Israele in Palestina)





    La Sovversione, forma a diretto contatto con lo spirito dell’antitradizione, imbeve di sé un’anima idonea: insorge l’ebraicità. Quest’anima si manifesta in un corpo (piano fisico, politico) adeguato, che non rimane sempre identico, ma “subisce” a sua volta una mutazione (risultato della distillazione della sua organizzazione e dei suoi effetti): da ebraismo in sionismo.

    Se “criminale” si è rivelata l’opera (politica) dell’ebraismo, che ha contribuito (precisare che si tratta di un contributo) alla dissoluzione dell’ordine aristocratico europeo (dalla rivoluzione borghese in Francia alla rivoluzione borghese in Russia) e altrettanto “criminale” è risultato il proseguimento di quest’opera da parte del sionismo (avvenimenti della seconda guerra mondiale, colle vicende successive, sino ad oggi), incommensurabilmente, sottilmente più pericolosa si è rivelata l’influenza dell’ebraicità: sull’uomo arioeuropeo, sulla sua anima (un’anima ebraica, ha sedotto l’altra, arioeuropea, prima che i due corpi si confondessero). L’ebraicità ha quindi un significato essenzialmente più prossimo al simbolo, che alle manifestazioni “esteriori” di questo: essa significa, sul piano comportamentale (che è quello su cui porre alla fine il problema, trattandosi del piano più visibile), visione mercantile del mondo; significa lievitare la degenerazione dei rapporti umani, riducendo il mondo (articolato, “cosmico”) delle razze umane (ma, a questo punto, ci si potrebbe riferire pure, al singolare, alla “specie umana”) a un campo refrattario a ricevere orientamenti, animazioni, anche gli stessi migliori “impulsi” umani, ma solo necrotizzato e disponibile per l’interesse, il denaro, il prezzo, il cambio, l’usura, l’invidia sociale. L’ebraicità, intesa in questi termini, ha ovviamente preceduto, come possibilità, la stessa “storia” propriamente detta del popolo ebraico e si identifica solo con alcune fasi (anche se con quelle di maggior rilievo) della vita di questo.” (3).







    Noi ‘aggiungiamo’ ciò che, semplicemente, si evince dalle indicazioni della ‘nota’ sopra riportata ossia che l’Ebreo è – rispetto al tessuto sociale, economico e politico; alle istituzioni religiose e alle influenze spirituali, al ‘carattere’ ed alla welthanshauung (visione del mondo) dell’ariano – in maniera categorica un elemento alieno, una specie non identificabile di nemico dell’uomo in quanto rappresentazione su di un piano meramente orizzontale di pulsioni infero-luciferine ovverosia un ‘automa’ ‘creato’ dal mondo delle potenze dell’aria sovversivo-discendenti o, in ultima analisi, la metafisica contrapposizione tra l’Uomo e la scimmia.



    Che siano intervenute, progressivamente nel corso dei secoli, delle decomposizioni all’interno dell’antica tradizione ebraica è ‘questione’ che non inficia assolutamente lo schema preposto né muta di una virgola quanto, peraltro, aveva evidenziato Evola nel volume in esame nel quale scrive: “Se vi è una accusa da fare positivamente agli Ebrei, essa è quella di non aver avuto veramente in proprio nessuna tradizione, di dover ad altri popoli, semiti o non semiti, sia gli elementi positivi, sia gli altri, negativi, che essi seppero poi più particolarmente sviluppare.”



    Gli Ebrei dunque non hanno mai costituito una nazione.

    Gli Ebrei non hanno mai creato una civiltà ebraica.

    Gli Ebrei hanno ‘raccattato’, sciacallescamente, elementi fondativi di civiltà ‘altre’

    Dulcis in fondo gli ebrei non sono un’etnia umana come non saranno mai un popolo né mai rappresenteranno uno “Stato” in quanto la loro ‘identità’ rovesciata è escrescenza metafisica di segno contrario e innaturale forma di sub-umanità deteriore ovvero immondizia antropologica deambulante senza un perché, senza un inizio nè una fine…gli ebrei non sanno cosa vogliono, da dove vengono, dove vanno e tantomeno perché esistono…eppure l’elemento ebraico ‘esiste’…e ‘governa’ il mondo…



    Per dirla con Maurizio Lattanzio: “Gli ebrei non sono un “popolo”, poiché SenatusPopulusQueRomanus è la ‘sintesi’ gerarchico-razziale ariana della Tradizione di Roma e di ogni forma tradizionale ariana nella quale il populus è la comunità razziale armata degli uomini liberi. Risulta evidente “…l’esistenza di assemblee sovrane di origine militare – scrive Guido Giannettini – cui partecipavano tutti gli uomini liberi della comunità, la corrispondenza tra l’uomo libero e l’appartenente al popolo (Volksgenosse in tedesco), o la netta differenziazione tra l’uomo del proprio popolo e lo straniero. (…) …la plebs non faceva parte del populus, e quindi non aveva funzione guerriera, né godeva di diritti (…) Esiste cioè una completa identità fra lo stato di ‘libero’ (…) e l’appartenenza al populus , alla stirpe, alla comunità organica di sangue e di tradzione indo-europee.” Né, con riferimento alla tripartizione ontologico-razziale della dottrina tradizionale della razza, gli ebrei costituiscono una ‘razza’ che sia ‘riconosciuta’ dai tre ‘gradi’ razziali identificati dalle tre dimensioni che definiscono la razza dello spirito, dell’anima e del corpo: mens, anima e corpus nella Tradizione di Roma, nous, psychè e soma nella Tradizione Ellenica, mentre il giudaismo è ‘circoscritto’ dal monismo storicistico della corporeità , il quale esclude ogni altro piano trascendente. Noi diciamo razza ebraica quale convenzione lessicale a contrariis, distinguendo il detrito etnico sincretistico-riduzionistico ebraico da ogni altra razza che sia radicata, più o meno, compiutamente, nella forma antropologica della dottrina tradizionale della razza.” (4)



    Come sottolineano i curatori del gruppo di “Ar” nella presentazione della nuova edizione del testo evoliano: “ Sul piano degli orientamenti spirituali, dei comportamenti esistenziali, nel dominio delle espressioni culturali e dei fenomeni sociali l’influenza dell’ebraismo è, secondo Evola, determinante e nemmeno troppo mascherata: d’altronde, la modernità ha scelto i propri referenti/protettori. Come l’ebreo Quinzio ha realisticamente sottolineato, “non è importante fare nomi, e se ne dovrebbero comunque fare troppi, ma senza Marx e il Marxismo, senza Freud e la psicoanalisi, senza Einstein e la relatività, o senza Kafka, senza Wittgenstein, il mondo contemporaneo non sarebbe ciò che è. La giudaizzazione del mondo, che culmina nel nostro secolo, consiste nell’affermarsi delle categorie ebraiche.” (5)



    ‘Consigliamo’ ai pochi ‘volenterosi’ la lettura del volumetto evoliano e, possibilmente, una sua comprensione… Agli ‘altri’, ai ‘più’, i nostri ‘auguri’ …già… ‘tanto’ gli Ebrei non esistono no?











    DAGOBERTO BELLUCCI



    Direttore Responsabile Agenzia di Stampa “Islam Italia”











    Note –



    1) Scrive in proposito Carlo Alberto Roncioni: “Con le leggi del ’38 comincia un movimento che sarà la vergogna dell’anti-ebraismo. La confusione e l’ignoranza daranno come risultati episodi tristissimi di Ebrei fascisti di secondo piano e di sicura fede che muoiono suicidi e di Ebrei e Massoni sempre più potenti. Nel ’38 furono varate le leggi e nel ’43, cinque anni dopo, il Potere Occulto decretava la caduta del Fascismo e l’arresto di Mussolini, Il Duce si accorgeva di avere intorno, nel Gran Consiglio, su 19 consiglieri, quattordici massoni di cui cinque ferventi sionisti. Le più grandi stupidità commesse nell’emanare le leggi del ’38 si riassumono in questi punti:

    - Per l’allontanamento degli Ebrei dalle cariche direttive venivano fatte delle discriminazione. Per esempio venivano esclusi dall’epurazione i cosiddetti “rigenerati dal Littorio”; famiglie di caduti in guerra, di volontari, di decorati, di fascisti degli anni 1919-22 e secondo semestre 1924, di legionari fiumani (453 incampo economico, 328 con un ruolo particolare nel P.N.F. e nella M.V.S.N., 43 come finanziatori del Regime). Quindi gli infiltrati non venivano toccati. Gli agenti del Potere Occulto venivano difesi, gli innocui e gli innocenti, perseguitati.

    - Si dava importanza alle confusioni di riviste come “La difesa della Razza” che “inventavano” il razzismo, senza saperne nulla tanto che a Telesio Interlandi che formulò precetti per distinguere gli Ebrei dagli Ariani con una superficialità ridicola, qualcuno (Giovanni Preziosi ndr) fece osservare ironicamente: “Il vero ariano, caro Interlandi, deve essere biondo come Hitler, atletico come Goebbels, snello come Goering e deve avere un cognome indoeuropeo come Rosemberg”.

    - Preziosi e Evola non esistevano, per il Regime. Essi avevano delineato caratteri e mezzi del Potere Occulto denunciandone gli agenti. Invano. Evola poi, con i suoi libri, “Il mito del Sangue” e “Sintesi di dottrina della razza” aveva formulato le linee essenziali di un razzismo tradizionale, aristocratico e spirituale, e aveva messo in guardia contro il razzismo confusionario, materialista e esibizionistico dei più noti “teorici”.

    - Molti fascisti si svegliarono un bel mattino e si accorsero di essere razzisti, ariani, antisemiti. Si dettero da fare a dimostrare la loro purezza razziale anche, come Curzio Malaparte, rinnegando i propri genitori o denunciando amici e compagni di lavoro. Questo fino al 25 luglio del ’43 quando si risvegliarono e s’accorsero d’essere badogliani e al 25 aprile del ’45 quando un altro magico risveglio li fece trasformare in comunisti o democristiani.

    - Il sistema delle “bustarelle” tipico dell’Italia di tutti i tempi, funzionava anche a favore degli Ebrei. Ecco la testimonianza del capo dell’OVRA, Guido Leto: “Nacque e si accrebbe una schiera di specialisti che circuivano l’Ebreo preso di mira dalle nuove leggi: si promettevano discriminazioni, arianizzazioni e facilitazioni in genere. Il denaro correva per mille rivoli, s’intrecciavano è vero le truffe, ma, in complesso, l’organizzazione anche se mancante di uno statuto, funzionava e contava, per l’immunità, sulla necessaria omertà dei favoriti.”



    ( crf C.A. Roncioni – “Il Potere Occulto” – Ediz. “Sentinella d’Italia” – Monfalcone 1974);



    2 – Sulla presenza ebraica in Italia così si esprimeva Giovanni Preziosi: “Gli ebrei sono, in Italia, alla testa della grande banca, danno una percentuale altissima di membri ai Consigli di amministrazione delle nostre Società Anonime; sono numerosissimi tra i membri del Senato e della Camera dei Deputati; occupano i primi e i più importanti posti nelle nostre Amministrazioni di Stato. Nel campo dell’insegnamento sono numerosissimi e alcune facoltà delle nostre Università sono divenute un loro campo chiuso. Hanno nella mani quasi tutte le Case editrici librarie d’Italia. Molta parte dei giornali quotidiani sono nelle loro mani…Né si dimentichi, che tutte le iniziative affaristiche, anche quelle a tinta patriottica, hanno alla loro testa un ebreo.”



    ( crf G. Preziosi – “Giudaismo-bolscevismo-plutocrazia-massoneria” – Milano 1944);



    Degno di nota e senza dubbio tra i documenti più importanti per comprendere l’asfittica presenza ebraico-massonica all’interno dei gangli vitali del Regime Fascista e nella società italiana quanto Preziosi ripeterà nel suo Memoriale al Duce (stilato in data 31 Gennaio 1944 da Monaco di Baviera) nel quale ribadirà le sue posizioni: “Voi sapete – scriveva a Mussolini – quello che ho fatto con la stampa e presso di Voi, nonché presso gli uomini di Governo dal giorno successivo alla Marcia su Roma per far penetrare questa verità: Il Fascismo ha un solo vero e grande nemico: l’ebreo, e con lui il suo maggiore strumento, il massone. L’ebreo-massoneria domina tutta la vita nazionale ed è il vero Governo d’Italia.

    Voi sapete quali armi, ebrei e massoni hanno adoperato per metterVi in condizione di non darmi ascolto. Tutto fu messo in opera contro di me dal giorno (22 febbraio 1923) in cui mi feci promotore, d’accordo con Michele Bianchi (lui che non avrebbe mai tradito!) di una riunione agli Uffici della Camera per far portare a Voi la proposta – sapendo il Vostro pensiero ed i Vostri precedenti in materia – della dichiarazione di incompatibilità tra massoneria e Fascismo. La presenza di un convocato che noi ritenevamo non massone (il Sottosegretario ai LL.PP. Alessandro Sardi) fece sì che la sera stessa, prima ancora di Voi, fossero informate della riunione ambedue le massonerie, le quali provvidero subito a mettere al sicuro i loro archivi. Intuirono allora i massoni che le finalità prime della Relazione sulla riforma delle Pubbliche Amministrazioni, che io ero stato chiamato a svolgere in Gran Consiglio, avrebbero avuto per scopo la eliminazione dei massoni dalla burocrazia e dall’esercito. I massoni sapevano che dal 15 ottobre 1922 “La Vita Italiana” veniva pubblicando a puntate l’annuario segreto delle logge e dei Triangoli e relativi fiduciari. Venne così il famoso processo delle Paludi Pontine, e Cesare Rossi si recò a Vostro nome dal Presidente del Tribunale, il massone Caizzi, per dire che una sentenza di condanna era una “necessità politica”. Io ho la “Relazione Cassis” il cui risultato, nonostante la solenne promessa fatta in un comunicato ufficiale “Stefani”, non fu mai reso di pubblica ragione, perché si voleva lasciare un’ombra sulla mia vita. La relazione diceva che io avevo reso un grande servizio alla Nazione. Io so quanto in periodi diversi, fecero presso di Voi contro di me Federzoni, Fittoni, il Barone Fassini. (…) Voi sapete che in ogni occasione che mi si offriva Vi ho detto e scritto la VERITA’. Vi ho detto e scritto che l’ebraismo e la massoneria erano in Italia, anche in Regime Fascista, padroni della situazione. La soppressione delle Logge e le leggi razziali avevano avuto il solo effetto di rafforzare l’ebreo-massoneria che non voleva l’alleanza con la Germania e non voleva questa guerra. Ad alleanza rafforzata e a guerra iniziata, la massoneria mise in opera tutte le sue forze con lo scopo preciso di far perdere la guerra e rovesciare il Fascismo. Voi sapete che fin dal novembre 1939, in base ad una conversazione con un Cardinale, io Vi scrissi della esistenza di un piano ben preciso e noto al Vaticano, tendente a non fare uscire l’Italia dalla neutralità, per portarla poi allo sganciamento dall’Asse, indi ad una intesa con Inghilterra e Francia, e non si disperava di portarla poi in guerra contro la Germania. Il piano era attribuito al Ministro degli Esteri e sarebbe stato concordato a Lione. Il discorso alla Camera di Ciano, nel quale, senza consenso della Germania, rese noto un impegno segreto sulla data in cui l’Italia si sarebbe dichiarata pronta alla guerra, sembrò l’inizio dello sganciamento dall’Asse; anche perché in quei mesi la parola “Asse” sparì dal vocabolario giornalistico. E venne la guerra di Grecia. Voi conosceste il ricorso che per Vostra autorizzazione e per mio suggerimento avanzò al Re il Generale Visconti Prasca. Dai documenti contenuti, e non da quelli soli, risulta che Badoglio preparò la guerra contro la Grecia con il proposito di farla perdere all’Italia (faceva, questo, parte del piano antifascista preparato a Parigi, il cui documento a suo tempo pubblicai ed ho poi riprodotto in uno degli articoli nel “Volkischer Beobachter”), Era egli e la massoneria certo, che il Fascismo sarebbe caduto con una sconfitta inflitta dalla piccola Grecia; ed in conseguenza l’Italia si sarebbe sganciata dalla Germania per entrare prima o poi nella coalizione attorno all’Inghilterra. (…) Voi sapete che allorché Vi fecero dire che “la questione ebraica in Italia si poteva considerare risoluta” e che “gli arianizzati si potevano contare sulle dita di una mano”, io presi posizione con un articolo ne “La Vita Italiana” del 15 settembre 1942 e dissi che questo significava “nascondere le piaghe”, e aggiungevo: “Un giorno o l’altro le piaghe faranno cancrena e l’opera di coloro che avranno contribuito a nasconderle apparirà opera di tradimento. Io non voglio contribuire a nasconderle.”. E, dopo questa premessa, dimostrai che solo la questione ebraica non era stata risoluta, ma s’era aggravata in quanto costituiva “il vero e proprio Cavallo di Troia della città assediata”. E dissi quale era il modo di risolverla. Il solo effetto di quella presa di posizione furono la irritazione del Sottosegretario Buffarini-Guidi che governava in materia ebraico-massonica, e una comunicazione del Ministro della Cultura Popolare Tavolini che minacciava gravi provvedimenti, naturalmente contro di me.

    Voi sapete che l’11 novembre 1942 io scrissi una ben grave lettera al Generale Galbiati nella sua qualità di capo dello Stato Maggiore della Milizia V.S.N. Su mia richiesta Galbiati Vi comunicò la lettera che cominciava con la frase “la casa brucia”. In essa io denunciavo l’opera di tradimento che si veniva impunemente ed in ogni campo svolgendo per opera di ministri e di uomini di primo piano del Regime più o meno mammonizzati (“il mammonismo è l’arma della quale il giudaismo – io scrivevo – si è sempre servito per la conquista degli uomini e delle nazioni”). Denunziavo l’opera dell’alta burocrazia che sabotava la guerra e gli approvvigionamenti, metteva il popolo contro di Voi e seminava l’odio il più feroce contro la Germania.(…) Voi ricordate che, subito dopo, e cioè nello stesso dicembre 1942, io ottenni che Vi venisse consegnata una relazione di 40 pagine dal titolo “Propaganda nemica – Ebraismo – Fronte interno” datata 16 novembre 1942 (preparata d’accordo con il Centro di studi sul Problema Ebraico di Trieste) con 5 allegati: 1 sullo spionaggio; 2. sulla posizione e responsabilità nell’opera di tradimento che si veniva effettuando attraverso la “centrale” ebraica di Trieste; 3. sul giudeo arianizzato Ing. Cesare Sacerdoti; 4. sui precedenti del gruppo plutocratico triestino che, al seguito dell’innocente Vidussoni, si era insediato nel Partito; 5. una lettera che dimostrava come si veniva effettuando il collegamento con l’estero del gruppo ebraico-plutocratico-spionistico. Sola conseguenza di questa Relazione, da Voi passata al Sottosegretario Buffarini-Guidi per indagare e provvedere, fu l’invito categorico da parte del Partito di destituire il Rettore del Centro di Studi sul Problema Ebraico di Trieste. E la destituzione sarebbe avvenuta se io non mi fossi rivolto a Voi direttamente. (…) Mi sovviene un monito della cui profonda verità l’Italia ha fatto la terribile esperienza, contenuto nel Mein Kampf di Hitler. “Primo compito non è quello di creare una costituzione nazionale dello Stato, ma quello di eliminare gli ebrei. Come spesso avviene nella storia, la difficoltà capitale non consiste nel formare il nuovo stato di cose, ma nel fare il posto per esse.”.

    Compito numero uno, non è la cosiddetta “concordia nazionale”, della quale assieme a Gentile vanno blaterando altri, ma la totale eliminazione degli ebrei, cominciando da coloro, e sono già tanti, che tali si rivelarono dal censimento, non mai reso pubblico, dell’agosto 1938. Poi scovare gli altri più o meno battezzati o arianizzati. Indi escludere da tutti i gangli della vita nazionale, dall’esercito, dalla magistratura, dall’insegnamento, dalle gerarchie centrali e periferiche del Partito i meticci, i mariti delle ebree e quanti hanno gocce di sangue ebraico. Lo stesso va fatto per quanti hanno appartenuto alla massoneria. (…) L’opera di ricostruzione non potrà cominciare se non quando per Ministri, funzionari, appartenenti al Partito, ufficiali dell’Esercito, Guardia Nazionale Repubblicana, non che per quanti hanno mansioni non solo di primo ordine, ma di qualsiasi ordine nelle Amministrazioni dello Stato, non si esigerà che non abbiano appartenuto alla massoneria e non si richiederà la dimostrazione della loro arianità nel solo modo serio, che è quello costituito dalle tavole genealogiche, come si fa in Germania.



    ( crf R. De Felice – “Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo” – Ediz. “Einaudi” – Torino 1993 – Documenti 36. Memoriale di G. Preziosi a B. Mussolini ; pp. 612-619);





    3 – Franco Giorgio Freda – “Nota dell’Editore” al volume “I Protocolli dei Savi Anziani di Sion” – Ediz. di “Ar” – Padova 1976;



    4 – Maurizio Lattanzio – articolo “La leggenda dell’Oder” – da “Islam Italia” – Anno 2 Numero 16 – Aprile 2003;



    5 – Dalla presentazione al volume curata dalle Edizioni di “Ar”, Padova 1994;





    Recensione Libraria – “Tre Aspetti del Problema Ebraico” di J. Evola

  2. #22
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    Predefinito Rif: Dagoberto Bellucci

    CON LA REPUBBLICA ARABA SIRIANA



    - di Dagoberto Bellucci











    La Siria baathista del Presidente Bashar al Assad si trova, da alcuni mesi, sotto attacco: bande mercenarie e gruppi terroristici d’ispirazione salafita , più o meno collegati ai servizi di sicurezza del Regno wahabita d’Arabia Saudita, hanno creduto che – dopo le rivolte popolari che hanno portato alla destituzione dei regimi filo-occidentali in Tunisia ed Egitto – fosse venuto il ‘turno’ della Repubblica Araba…si sbagliavano!



    Damasco non è Il Cairo né Tunisi. L’asse del terrore americano-sionista che sta reggendo i fili di questa serie di rivolte che, con un effetto domino sorprendente anche per i più esperti analisti di politica vicino-orientale, ha contagiato in pochi mesi il mondo arabo difficilmente si sarebbe lasciato scappare l’occasione di ‘puntare’ la Siria e così è stato.



    L’avevamo preventivato che le rivolte arabe, nate sotto l’insegna dell’anti-occidentalismo di popolo, avrebbero portato ad una reazione delle forze dell’Imperialismo e della coalizione pro-americana che anche all’interno dei paesi arabi vanta numerose e potenti amicizie (Arabia Saudita e paesi del Golfo ma anche Giordania e Marocco): l’America ed il suo principale alleato nella regione, l’entità criminale sionista, non potevano rimanersene con le mani in mano ad osservare i propri alleati scappare con la coda tra le gambe abbandonando pluri-decennali posizioni di potere.



    La fuga di Ben Alì da Tunisi e il confinamento di Mubarak dopo le dimissioni di tutto l’esecutivo e la chiusura dei servizi di sicurezza al Cairo hanno rappresentato delle prove generali per Washington e Tel Aviv per sondare il ‘terreno’ dei futuri rapporti geopolitici e strategici in tutta la regione e per dare realizzazione a quel vecchio progetto di creare un Nuovo Grande Medio Oriente cullato fin dal 2005 dalle diverse amministrazioni USA sulla base delle indicazioni pervenute dagli analisti della Rand Corporation (think thank neoconservatore dell’ala destra dell’Establishment giudaico-statunitense).



    Dopo aver demandato ai francesi l’onere, e in parte l’onore (…si vedrà domani quali saranno e come verranno ripartiti i ‘dividendi’ della posta petrolifera – altissima – in gioco…), di lanciare l’aggressione contro la Libia del Colonnello Muhammar Gheddafi (personaggio demodè facilmente scaricabile dai suoi ‘amici’ italiani…Berlusconi in testa…e oggettivamente uomo del passato sulla scena politica araba, leader di una rivoluzione che non c’è e di un messaggio di liberazione dall’oppressione colonialista e imperialista che lo stesso leader libico ha progressivamente contribuito ad annacquare con le sue amicizie e soprattutto i suoi molteplici interessi in Italia e nel resto d’Europa) gli Stati Uniti hanno ‘mirato’ in alto identificando nella Repubblica Araba Siriana – trade d’union essenziale dell’asse Teheran-Beirut, Iran-Hizb’Allah e Stato rivoluzionario nato oltre quarant’anni fa dalla vittoria del Partito Ba’ath laico, socialista-nazionale e panarabista - il potenziale, ripetiamo potenziale, anello debole della catena che alimenta le lotte di liberazione nazionali in Libano e Palestina rappresentando il principale baluardo nazionalista contro l’arroganza regionale sionista.



    Dubbi, perplessità, faziosismo demenziale e pseudo-analisi dei novelli strateghi della geopolitica avevano, nel recente passato, puntato a ridimensionare il ruolo-chiave di Damasco, la sua centralità politica e militare nel perimetro strategico del Vicino Oriente: dovranno ricredersi una volta di più, come ieri, come sempre d’altronde…questi handicappati della politica internazionale pensavano che bastasse creare forze insurrezionali più o meno ‘armate’ per dotare la Nazione Araba di avamposti rivoluzionari – politici e militari – capaci di rapportarsi con l’entità criminale sionista (forse qualcuno non si è accorto che laddove fallirono gli eserciti nazionali arabi finirono per insabbiarsi anche le avanguardie rivoluzionarie scollegate da qualunque appoggio statale esterno…se appare evidente il fiasco nasseriano è altrettanto palese il crollo subito dall’OLP di Yasser Arafat e più in generale da tutta la galassia delle organizzazioni di liberazione palestinesi…occorre un radicamento profondo tra strategia politica e lotta rivoluzionaria sul territorio e questo può esistere soltanto attraverso l’appoggio – politico, militare, strategico e finanziario – esterno…varrebbe ‘teoricamente’ anche per la situazione politica europea e per qualunque altra lotta rivoluzionaria condotta contro il Nuovo Ordine Mondiale ma questa è tutta un’altra storia…che – a chi di dovere – in ‘zucca’ non entra proprio…).



    Non è colpa nostra se si blatera a sproposito quando si parla di Vicino Oriente e di mondo arabo-islamico né si riesca a comprendere meno di zero quando si suole analizzare i rapporti di forza reali tra arabi ed us-sraeliani, d’altronde sono anni che continuiamo a ripetere le stesse cose (…alla fine ci si ‘stanca’…); la rappresentazione mediatica che è stata data agli avvenimenti siriani non lascia del resto alcun dubbio su quale sia la regia , su chi siano i burattinai dietro le quinte, a quali interessi risponda la ribellione in atto.



    E’ l’America che regge i fili con l’appoggio del suo alleato sionista e l’interessata presenza di soggetti terroristici interni etero-diretti dai mukabarat (i servizi di sicurezza) sauditi che da anni tentavano di destabilizzare la Repubblica Siriana e minare dall’interno l’autorità del Presidente al Assad facendo leva su mai sopiti rancori (la rivolta di Hama del 1982 che portò all’azzeramento dei quadri militari locali dei Fratelli Musulmani) e su nuove realtà terroristiche sorte in coincidenza con lo scontro tra le civiltà progettato, studiato e infine attuato dall’amministrazione USA a partire da quella mattina dell’11 settembre 2001 punto essenziale di partenza per comprendere la strategia di destabilizzazione, sedizione e disintegrazione dello status quo del mondo arabo e islamico e attacco terroristico condotto dai servizi d’intelligence sionisti sul suolo statunitense con il deliberato obiettivo di spingere la superpotenza a stelle e strisce a scendere in campo rovesciando tutta la sua potenza di fuoco contro le nazioni dell’Islam o, per essere esatti, i cosiddetti – nel raffinato e sempre colorito gergo dei vertici politici e militari “made in USA” – “Stati-canaglia” (la Repubblica Islamica dell’Iran, l’Irak saddamista,la Siria ba’athista, il Libano degli Hizb’Allah,la Palestina di Hamas e l’Afghanistan dei talebani un crocevia di gasdotti fondamentali posizionato nel cuore dell’Eurasia e tra i principali produttori di droghe…quando si dice le ‘coincidenze’…).



    ‘Occorre’ altro per analizzare la situazione attualmente in via di evoluzione nella Siria? Noi diciamo che Damasco è il perno centrale della strategia rivoluzionaria della Nazione Araba ed Islamica contro le manovre di destabilizzazione, sedizione e terrore perpetrate dai nemici dell’umanità.



    Indipendentemente dalle ‘ciancie’ pro-sioniste e dai bollettini d’informazione della propaganda occidentale, dalle proteste massmediatico-diplomatiche dei buffoni dell’Unione Europea (l’Europa delle banche e del giudeuro che blatera di sanzioni e osa lanciare minacce a destra e a manca….più che legittimamente il Ministro degli Esteri di Damasco, dr. Waleed Moallem, ha replicato a questa corte degli straccivendoli al soldo degli Ebrei e dei loro interessi, che “la Siria abbandonerà l’Europa guardando ad Est” verso la Russia, verso la Cina…ancora una volta l’U.E. ha perso una buona occasione per essere equidistante e eventualmente poter giocare un ruolo di incontro preferendo invece rivestire i panni, peraltro poco congeniali ai pavidi tecnocrati di Strasburgo e Bruxelles, dello sceriffo di complemento o, per essere chiari, del cagnolino scodinzolante dietro al Padrone yankee) e dalle più o meno rassicuranti parole provenienti dal Cremlino noi affermiamo che la Repubblica Araba Siriana saprà disintegrare questa ondata terroristica e spazzare via senza pietà gli esecutori dell’insurrezione che mira a privare il fronte arabo del rifiuto a “Israele” e all’Imperialismo statunitense del suo principale bastione.



    Senza se e senza ma con la Repubblica Araba Siriana.



    Lunga vita al Presidente Bashar el Assad e gloria eterna al Partito Ba’ath autentica espressione rivoluzionaria socialista e nazionale araba. Morte ai nemici interni ed esterni della rivoluzione araba in marcia, morte ai mercenari pro-sionisti!



    Ai sionisti ed ai loro alleati solo un monito: ride bene chi ride ultimo…la partita è solo all’inizio.







    DAGOBERTO BELLUCCI



    Direttore Responsabile Agenzia di Stampa “Islam Italia”


    23 GIUGNO 2011





    Con la Repubblica Araba Siriana

  3. #23
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    Predefinito Rif: Dagoberto Bellucci

    LA QUESTIONE MALEDETTA




    - di Dagoberto Bellucci



    “Nessuna persona sia scrittore o uomo politico o diplomatico, può dirsi matura finchè non abbia affrontato a fondo il problema ebraico”



    ( Wickam Steed )










    L’affrontamento della questione maledetta è premessa esiziale e logica oggettiva per una prassi autenticamente antagonista e per una battaglia rivoluzionaria che miri alla disintegrazione del Sistema.



    Non esiste alcun antagonismo al Mondialismo che non passi da una chiara percezione della fondamentale importanza che riveste il plurisecolare problema ebraico il quale – come lucidamente e profeticamente avevano prospettato gli stessi ambienti ebraici – “scuote il mondo” e determina gli equilibri della geopolitica mondiale, le relazioni internazionali, i rapporti di forza all’interno delle singole nazioni tra i diversi presidi sistemici ovvero fra quei soggetti interagenti rispetto al telaio istituzionale di qualunque Stato (partiti politici, sindacati, confederazioni industriali e di categoria, gruppi di pressione e lobbie’s) ai quali viene demandato dal Potere Occulto giudaico-massonico il compito di intervenire, predisporre e attuare i programmi che porteranno all’instaurazione della dittatura sinagogica.



    E’ un dato storico che la prassi di accampamento ed occupazione territoriale esercitata dall’elemento ebraico si accompagni con dinamiche usurocratiche di spoliazione e di deliberata disintegrazione del tessuto sociale, economico e politico di qualunque nazione cada sotto le grinfie kosher degli ‘eletti’.



    La questione maledetta è, al di là dei quaquaraquamenti e delle genuflessioni altrui, fondamentale per comprendere i nessi di convergenza tra i diversi soggetti della politica e dell’economia, le dinamiche di involuzione delle società, dei costumi e delle mode, il ruolo che viene esercitato dalle influenze culturali, artistiche e musicali che rappresentano – nelle società moderne del consumismo borghese dell’Occidente – nient’altro che l’auto-referenzialità ebraica ossia forme avanzate di Entartete Kunst (Arte Degenerata).



    In merito al fenomeno culturale dell’arte degenerata contemporanea occorrerà considerare con attenzione le parole del Fuhrer il quale, in merito, dichiarò:“Sono certo che pochi anni di governo politico e sociale nazionalsocialista porteranno ricche innovazioni nel campo della produzione artistica e grandi miglioramenti nel settore rispetto ai risultati degli ultimi anni del regime giudaico.
    (…) Per raggiungere tale fine, l’arte deve proclamare imponenza e bellezza e quindi rappresentare purezza e benessere. Se questa è tale, allora nessun’offerta è per essa troppo grande. E se essa tale non è, allora è peccato sprecarvi un solo marco. Perché allora essa non è un elemento di benessere, e quindi del progetto del futuro, ma un segno di degenerazione e decadenza. Ciò che si rivela il “culto del primitivo” non è espressione di un’anima naif, ma di un futuro del tutto corrotto e malato.
    (…) Chiunque ad esempio volesse giustificare i disegni o le sculture dei nostri dadaisti, cubisti, futuristi o di quei malati espressionisti, sostenendo lo stile primitivista, non capisce che il compito dell’arte non è quello di richiamare segni di degenerazione, ma quello di trasmettere benessere e bellezza. Se tale sorta di rovina artistica pretende di portare all’espressione del “primitivo” nel sentimento del popolo, allora il nostro popolo è cresciuto oltre la primitività di tali “barbari” (1).

    Gli spazi culturali sono, nelle società contemporanee, uno dei terreni di caccia preferenziali dell’intelligenzia ebraica la quale – unitamente al denaro ed all’influenza monetaria esercitata dagli ebrei – rappresenta la principale caratteristica distintiva, documentata ed agente nel corso di tutte le epoche storiche, ed il ‘tratto’ comune che contraddistingue l’Internazionale Ebraica: gli ebrei sono intelligenti sostanzialmente a causa delle debolezze e delle divisioni altrui usufruendo da sempre di una condizione privilegiata di cittadini del mondo che,al di là dei vaniloqui di qualche piagnucoloso autore ebreo, ha rappresentato la forza di un popolo disperso e mascherato tra le altre nazioni e gli altri popoli verso cui l’ebreo ha saputo opporre l’astuzia ed il ricatto.

    ‘Intelligenza’ ebraica o stupidità gentile è questo un problema nel problema peraltro già analizzato e studiato da Julius Evola il quale scrive: “Come la forza germinativa di un seme non si manifesta appieno, che quando esso si spezza e i suoi elementi passano nella materia circostante, così l’ebraismo non avrebbe cominciato a manifestare universalmente la sua potenza distruttrice e eticamente sovvertitrice che con la caduta politica e con la dispersione nel mondo del “popolo eletto”. Gli Ebrei non sarebbero mai venuti meno alla loro pretesa messianica-egemonistica, al loro istinto di dominio universale statuito da queste tre massime bibliche: “Tutte le ricchezze del mondo debbono appartenerti” – “Tutti i popoli debbono esserti servi” – “Tu devi divorare tutti i popoli che il tuo Signore ti consegnerà”. Solo che questo tenace istinto si traveste, assume forma serpentina, diviene attività occulta, sotterranea. Precluse le vie dell’affermazione diretta, esclusa la possibilità di vittoria attraverso una lotta leale di razza, gli Ebrei avrebbero creato, per la realizzazione del loro ideale, un fronte interno unitario di insidia e di tradimento in seno ad ogni nazione.” (2).

    L’Internazionale Ebraica è una realtà agente nella vita delle nazioni: un super-potere trasversale alle Istituzioni, sovra-nazionale e cosmopolita e per sua natura occulto. Il ruolo sovversivo dell’Ebraismo ha differenti modalità: sul piano psichico agisce a livello sociale con l’influenza delle moderne dottrine legate all’individualità (psicanalisi, psicologia, sociologia), sul piano culturale con le mode ed i costumi propagandate dai mass media di massa, sul piano economico attraverso la potenza dell’oro, delle banche e delle multinazionali, dei consigli di amministrazione dei grandi trust’s industriali e commerciali e lo strozzinaggio planetario dei meccanismi speculativi finanziari internazionali, sul piano politico – infine – con il tradizionale pietismo ebraico, l’imposizione di legislazioni che tutelino gli interessi d’Israele, la solidarietà internazionale estorta truffaldinamente ai governi ed agli Stati mediante i ricatti e i diktat determinati dall’invenzione della leggenda olocaustica alias il preteso sterminio di sei milioni di soggetti di razza ebraica in occasione dell’ultimo conflitto mondiale pietra miliare, assieme alla costituzione dell’emporio criminale sionista in terra di Palestina, dell’instaurazione dell’One World , il Governo Mondiale Ebraico.

    Sul ruolo ebraico nella cultura legittimamente affermerà Adolf Hitler: “Egli (l’Ebreo) non ha ancora fondato una cultura, mentre ne ha distrutte a centinaia. Egli non possiede nulla di proprio…Tutto ciò che possiede l’ha rubato…Solo l’ariano è stato in grado di formare degli Stati e di costruirsi un futuro. L’ebreo non è capace di nulla di tutto ciò. E poiché non è in grado di realizzare Stati propri, tutte le rivoluzioni che egli compie non possono essere che internazionali.” (3)

    La costituzione in “Stato” dell’entità terroristica ebraica occupante la Terrasanta nella primavera del 1948 sarà pertanto il frutto avvelenato fatto ingoiare alla nazione araba dalle bande mercenarie sioniste fatte affluire da mezzo pianeta attraverso l’inganno dei miti fondatori del futuro Stato-pirata israeliano (la Terra Promessa di biblica memoria che si accompagna all’altra menzogna sul popolo senza terra ). In realtà l’attuale “Stato d’Israele” rappresenta esclusivamente gli interessi oligarchici dell’Occidente nel perimetro geopolitico e strategico del Vicino Oriente: quando, un domani, l’Establishment ebraico-massonico che controlla i destini del pianeta deciderà che anche il piccolo staterello sionista dovrà scomparire per lasciare spazio al Governo Mondiale allora anche “Israele” diventerà un ricordo in quanto l’Oligarchia plutocratica mondialista non ha interesse alla tutela di una micro-realtà ma mira, in ultima analisi, alla realizzazione dei suoi obiettivi di dominazione planetaria.

    Al momento “Israele” serve gli interessi economico-politici dell’espansionismo mondialista mentre l’America rappresenta la piattaforma di lancio ed il principale presidio ebraico del Sistema in funzione della realizzazione dell’One World.

    La forza sovvertitrice dell’Internazionale Ebraica risiede nella sua compattezza, nella solidarietà di razza che unisce gli Ebrei dei quattro angoli del pianeta e li rende una forza determinata, ferma e decisa, a raggiungere il proprio obiettivo che rimane l’instaurazione della dittatura ebraica planetaria ossia la nascita del regno della contro-chiesa di Satana, il Nuovo Ordine Mondiale.

    Al di là delle chiacchiere la questione maledetta continuerà a scuotere il mondo per i prossimi decenni…





    DAGOBERTO BELLUCCI

    Direttore Responsabile Agenzia di Stampa “Islam Italia”









    Note –



    1 – Adolf Hitler – dal discorso durante il Congresso della Cultura , 1935;

    2 – Julius Evola – “Tre Aspetti del Problema Ebraico” – Ediz. di “Ar” – Padova 1978;

    3 – Adolf Hitler – da un discorso tenuto nel 1922 ( crf Gustavo Corni – “Hitler” – Ediz. “Giunti Lisciani” – Teramo 1993);





    LA QUESTIONE MALEDETTA…

  4. #24
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    Predefinito Rif: Dagoberto Bellucci

    AUTOBIOGRAFICA


    di Dagoberto Husayn Bellucci


    ” Le mie parole sono sassi
    precisi aguzzi pronti da scagliare
    su facce vulnerabili e indifese
    sono nuvole sospese
    gonfie di sottointesi
    che accendono negli occhi infinite attese
    sono gocce preziose indimenticate
    a lungo spasimate e poi centellinate, sono frecce infuocate che il vento o la
    fortuna sanno indirizzare
    Sono lampi dentro a un pozzo, cupo e abbandonato
    un viso sordo e muto che l’amore ha illuminato
    sono foglie cadute
    promesse dovute
    che il tempo ti perdoni per averle pronunciate
    sono note stonate
    sul foglio capitate per sbaglio
    tracciate e poi dimenticate
    le parole che ho detto, oppure ho creduto di dire
    lo ammetto
    strette tra i denti
    passate, ricorrenti
    inaspettate, sentite o sognate…
    Le mie parole son capriole
    palle di neve al sole
    razzi incandescenti prima di scoppiare
    sono giocattoli e zanzare, sabbia da ammucchiare
    piccoli divieti a cui disobbedire
    sono andate a dormire sorprese da un dolore profondo
    che non mi riesce di spiegare
    fanno come gli pare
    si perdono al buio per poi ritornare
    Sono notti interminate, scoppi di risate
    facce sopraesposte per il troppo sole
    sono questo le parole
    dolci o rancorose
    piene di rispetto oppure indecorose
    Sono mio padre e mia madre
    un bacio a testa prima del sonno
    un altro prima di partire
    le parole che ho detto e chissà quante ancora devono venire…
    strette tra i denti
    risparmiano i presenti
    immaginate, sentite o sognate
    spade, fendenti
    al buio sospirate, perdonate
    da un palmo soffiate “

    ( Samuele Bersani – “Le mie parole” – album “Che vita – Il meglio di Samuele
    Bersani” – 2002 )



    “In guerra e in amore tutto è permesso”
    (Robert Brasillach – Scrittore, giornalista e critico cinematografico
    francese. Fascista. Accusato, processato e assassinato dal regime democratico
    per “collaborazionismo”) (1)



    “Ci vuole un fisico speciale per fare quello che ti pare/ perchè di solito a
    nessuno vai bene così come sei”
    ( Luca Carboni – “Ci vuole un fisico speciale” – album “Carboni” – 1992 )









    Nella buona o nella cattiva sorte, al di là del bene e del male e oltre
    qualsivoglia sorta di approvazione o disapprovazione altrui ci siamo , oramai
    da ‘tempo’, ‘dedicati’ al “mestiere” di scrivere e raccontare i ‘fatti’ della
    vita…della nostra come delle vite altrui , cercando di ‘interagire’ laddove
    ‘indispensabile’ con i soggetti antropologicamente in ‘ordine’ che – come fogli
    di pagina di ‘memorie’ di un libro , a volte aperto, tal’altre volte socchiuso
    o riposto – hanno intersecato la direzione dei loro sentieri politico-
    esistenziali al nostro…


    Al di là di qualunque alibistica premessa continuiamo a ‘giocarci’ la vita
    (…la ‘pelle’ sullo ‘zero’ …), tra ironia scanzonata e rabbia compressa
    (….”..Ma che film la vita tutta una tirata /storia infinita a ritmo serrato
    /da stare senza fiato/Ma che film la vita tutta una sorpresa /attore,
    spettatore tra gioia e dolore /tra il buio ed il colore..” parafrasando il
    compianto e inarrivabile Augusto Daolio…), sulla ‘cattiva strada’ in una
    corsa senza fine, a perdifiato (…ci ‘ricorda’ Franz Di Cioccio della PFM in
    “chi ha paura della notte”…), senza più traguardi da tagliare nè mete da
    raggiungere, fra una canzone ed una poesia, attraverso ‘sfumature’ di colori
    che vanno dal nero-bruno ‘ideologico’ al verde ‘religioso’, dal rosa di
    un’amore all’azzurro di un’emozione frammisti ad un rosso di una passione
    sempre da ‘aggiornare’ (…un’altra “primavera in anticipo”…), ad un amaranto
    ‘calcistico’ da ‘difendere’ (…sempre e comunque perchè…”amaranto eterno
    fascino: realtà di un amore senza confine” come recitava uno striscione
    ‘storico’ all’Ardenza venticinque anni or sono…) per sfumare infine in un
    candido bianco riflesso ‘sfuggente’ di una quiete inarrivabile o , forse più
    semplicemente, mai ‘cercata’ fino in fondo… (…del ‘resto’ …”ci sono
    troppe sfumature anche nel colore delle scottature / le abrasioni che questa
    vita ci da” canta Sergio Caputo…).

    Così tra un’azzardo e l’altro (…la vita è un azzardo…), giocando con la
    nostra identità e con le altrui ‘debolezze’, rimettendoci sempre in discussione
    quando necessario (…”mai dire mai”…) – la qualcosa non ci ha mai spostato
    di un millimetro nemmeno il pacchetto di Muratti Ambassador o Winston blu che
    quotidianamente consumiamo… – , ‘tendiamo’ e ‘rinverdire’ l’inarrivabile
    prosa lattanziana cercando di perpetuarne le ‘micidiali’ , lucide e
    ‘devastanti’ , traiettorie scrittorie…

    La politica come arte dell’impossibile. Le idee come motori-immobili che
    muovono il mondo. La ‘disciplina’ auto-imposta quale divisa interiore dei
    soldati-politici del Terzo Millennio in ‘marcia’ nella vuota contemporaneità
    nichilistica perchè , come scrive Evola “…devesi riconoscere (…) che la
    devastazione che abbiamo d’intorno è di carattere soprattutto morale. Si è in
    un clima di generale anestesia morale, di profondo disorientamento, malgrado
    tutte le parole di ordine, in uso in una società dei consumi e della
    democrazia…(…) Nulla ha imparato dalle lezioni del recente passato chi si
    illude , oggi, circa le possibilità di una lotta puramente politica e circa il
    potere dell’una o dell’altra formula o sistema, cui non faccia da precisa
    controparte una nuova qualità umana.” (2)

    In questo segmento spazio-temporale da età oscura dunque ‘occorre’ restare
    fedeli a sè stessi e alla propria natura ‘scegliendo’ il proprio fronte di
    ‘combattimento’. La nostra è una ‘scelta’ irreversibile contraddistinta da
    un’insieme ‘organico’ di ‘fascinazioni’ ‘coerentemente’ sovrapposizionate l’una
    all’altra quali idee-guida e ‘strumenti’ di resistenza…

    Tutto e Niente… alla ‘rinfusa’ , un pò di ‘bailamme’ ideologico tra
    nazionalcomunismo e Islam, nichilismo e fascismo, tradizione e rivoluzione ma
    sempre indiscutibilmente con una direzione di marcia precisa e conforme alle
    premesse ideali e ai presupposti razzial-spirituali della nostra identità in
    ‘ordine’ con la visione razzista evoliana seconda la quale “…la razza non si
    riduce ad una mera entità biologica. Non soltanto “corpo” è l’essere umano, ma
    anche anima e spirito. (…) Circa i rapporti fra razza, corpo e spirito anche
    in molte forme di razzismo contemporaneo non si trovano sempre delle idee
    chiare: anzi, talvolta sono da constatarsi delle deviazioni pericolose, dalle
    quali, naturalmente, gli avversari del razzismo si affrettano a trarre il
    massimo profitto possibile. Dal nostro punto di vista, bisogna prender
    recisamente posizione contro quel razzismo che considera ogni facoltà
    spirituale e ogni valore umano come semplice effetto della razza biologicamente
    intesa, operando così una mortificante deduzione di ciò che è superiore da ciò
    che è inferiore – più o meno nello stesso spirito del darwinismo e della
    psicanalisi ebraica. (…) – infatti continua Evola (3) : La razza è una
    forza profonda che si manifesta sia nell’ambito corporeo (razza del corpo), sia
    nello ambito animico-spirituale (razza interna, razza dello spirito). La purità
    di razza, in senso completo, si ha quando queste due manifestazioni si
    corrispondono, vale a dire quando la razza del corpo è conforme alla razza
    dello spirito o razza interna…Si noti intanto il lato rivoluzionario di
    questo punto di vista. L’affermazione che esiste una razza dell’anima e dello
    spirito va a contradire il mito egualitario e universalista che afferma la
    “neutralità” dei valori, va insomma ad affermare il principio ed il valore
    della differenza anche sul piano spirituale. (…) La razza dell’anima riguarda
    tutto ciò che è forma del carattere, sensibilità, inclinazione naturale,
    “stile” nell’agire e nel reagire, attitudine di fronte alle proprie esperienze.
    Si è dunque nel dominio della psicologia e della tipologia: la scienza dei tipi
    qui si sviluppa in un razzismo tipologico o tipologia razzista, disciplina alla
    quale il Clauss ha dato il nome di psicantropologia. Da questo punto di vista,
    la definizione di razza è quella già ricordata: “un gruppo umano definito non
    dal possesso di queste o quelle caratteristiche psichiche e corporee, ma dallo
    stile che si manifesta attraverso di esse.”.”…..con buona ‘pace’ per i tanti
    fautori del razzismo biancocentrico (…’xenofobia’…) padan-berlusconian-
    destrorsi.

    Indipendentemente dalle ‘impressioni’ ‘suscitate’ (…e spesso ‘provocate’
    ad ‘arte’ … occorre anche ‘deviare’ l’attenzione dei controllori-sistemici su
    ‘altro’….del ‘resto’ non siamo mai ‘soli’….) e da momentanee ‘tregue’ (….
    “barcollo ma non mollo”… ‘talvolta’ ‘capita’ per necessità o , più spesso,
    per riordinare le idee e mettere un pò di quiete alle ‘pulsioni’ infra-umane
    ‘affioranti’ ai ‘lati’….), dai momenti di ‘raccoglimento’ e dagli ‘spazi’ di
    meditazione, restiamo fedeli a un motto in ‘auge’ ai tempi della Repubblica
    Sociale Italiana: “duri a morir noi qui restiamo perchè noi siamo quelli che
    siamo”.


    Quanti vorranno ‘seguirci’ (….un ‘camminamento’ scosceso ….il passaggio
    della post-modernità ovvero l’attraversamento del nulla , verso il niente
    …’caronti’ di anime perse in una condizione di inesistenza…) troveranno
    l’occasione di una, dieci, cento e più ‘critiche’ o avranno ‘abbondantemente’
    modo di ‘confondersi’ perchè Noi non diamo ‘indicazioni’ …casomai , se
    richieste, ‘talune’ ‘contro-indicazioni’…che non fanno mai ‘male’.

    ‘Operiamo’ (….’analisti’ e ‘dottori’ della diagnosi terminale della razza
    indoeuropea e ‘chirurghi’ delle escrescenze cancerogene della società
    rovesciata di massa…) nella certezza , assolutamente insindacabile, di “fare
    ciò che deve essere fatto”.

    Le ‘ricognizioni’ d’analisi sulla società contemporanea di massa,
    l’apologetica del Nazionalsocialismo quale ultima manifestazione temporale del
    mondo della Tradizione nell’Europa degli Arii, lo studio della questione
    ebraica quale ‘premessa’ indiscutibile per qualunque tentativo di ‘squarciare’
    il velo dell’omertà sistemica che legittima e ‘santifica’ il rovesciamento di
    tutti i valori e lo ‘stupro’ di ogni ideale; rappresentano – unitamente
    all’Islam quale Religione Rivelata – ‘Sigillo della Profezia’ abramitica -e
    alla Shi’a duodecimana di matrice ‘khomeinista’ i ‘pilastri’ della nostra
    alterità al Sistema Mondialista e le coordinate progettuali di ‘base’ della
    ‘scansione’ anti-imperialista e anti-sionista, anti-plutocratica e anti-
    democratica, che caratterizzerà inevitabilmente il ‘fronte’ di combattimento
    dei ribelli contro il mondo moderno per gli anni a venire.


    A questa ‘dimensione’ irrinunciabile di opposizione radicale al mondo della
    contro-tradizione aderiranno tutti coloro che , in ordine con una visione
    tradizionale, rifiuteranno le logiche di contrapposizione sistemiche tra
    l’Occidente ed il mondo islamico riconoscendo nella ‘questione maledetta’
    rappresentata dalla ‘prassi’ ebraica di disgregazione ontologica, schiantamento
    razziale, sfiguramento ideale , spoliazione economico-finanziaria e
    disintegrazione socio-politica delle nazioni non ebraiche (specificamente di
    quelle ‘arie’) il principale vettore (motore-immobile o ‘agente’ “occulto”) ,
    …autentico ‘virus’…, di inquinamento sovversivo del mondo moderno.

    ‘Noi’ ‘scandiremo’ semplicemente i ‘tempi’ in attesa della fine (….”lunga
    sarà la fine” ci ‘ricorda’ il sulfureo Franco Battiato…) ‘cogliendo’ i nessi,
    le connessioni, le interazioni di fatti ed avvenimenti, di ‘storie’ e di
    ‘memorie’, affioranti dalla quotidianità rovesciata e contorta della sub-
    umanità deambulante nel terzo millennio.. Non mancheranno nè gli ‘spunti’
    d’analisi nè i ‘destinatari’ di ‘parole stonate’ , fuori dagli schemi,
    dall’ordinario, dal ‘comune’ ….parole appunto…parole che – ‘auspichiamo’ -
    qualcuno, un domani, tramuterà in azioni. Per ‘ora’ ci ‘limiteremo’ a rivestire
    i ‘panni’ che siam soliti portare (parafrasando ‘stavolta’ Francesco
    Guccini…’L'Avvelenata’…straordinaria metafora dell’individualità
    nichilistico-rivoluzionaria ‘attiva’…) …scriviamo perchè è quello che
    sappiamo ‘fare’ da una vita….’piaccia’ o ‘meno’. Quando decideremo di ‘agire’
    sapremo dove, come, con chi e – soprattutto – contro chi.


    ‘Intanto’ tirem innanz perchè , in ‘questo’ ci è “maestro” Tiziano Ferro,
    “… guardo negli occhi il nemico mio peggiore e non lascio che mi guidi il
    rancore. Uno: guardo avanti sempre e non mi arrendo. Due: se ti dico tu sei il
    top sto mentendo…” (dalla canzone “per un pò sparirò” compresa nell’ultimo
    album del cantautore di Latina) .


    Non ‘serve’ necessariamente ‘leggersi’ Evola o Guènon per ‘comprendere’ le
    articolazioni sovversive della società contemporanea come non ‘serve’
    essenzialmente neanche ‘capire’ il messaggio rivoluzionario de “La
    Disintegrazione del Sistema” di Franco Giorgio Freda o metabolizzare l’organica
    ricognizione analitica del soldato politico Maurizio Lattanzio e del suo “Stato
    e Sistema” per ‘andare’ contro la corrente sistemica… Diciamo che queste
    elaborazioni scrittorie ‘aiutano’… ‘Scommettiamo’ che Luciano Liboni, il
    Lupo, non ha ‘mai’ ‘sfogliato’ alcuna delle pagine dei sopracitati ‘testi’ di
    ‘condotta’ tradizionale e di ‘prassi’ anti-sistemica in vita
    sua…’eppure’…’lucida’ follia e ‘incendio’ nichilista ….una ‘settimana di
    fuoco’…contro tutto e tutti…a testa bassa…fino all’ultimo respiro!


    ‘Dateci’ dieci Liboni e avremmo già conseguito una vittoria schiacciante….
    Tant’è… ‘muoviamo’ nel ‘nulla’ che si può fare e , soprattutto, nel ‘niente’
    che si vuole fare…
    ‘Noi’… epigoni di un mondo in inevitabile via d’estinzione restiamo ancora
    quì…”in piedi tra le rovine”
    “Io sono il professore della rivoluzione/ della pirateria io sono la
    teoria/ il faro illuminante”…. senza ‘se’ e senza ‘ma’.

    Articolo o ‘testamento’? …. Non ‘preoccupatevi’ “troppo”…mai stati meglio
    prima d’ora.


    Au revoir.

    DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

    Direttore Responsabile Agenzia di Stampa “Islam Italia”


    15 GIUGNO 2011



    Nota -

    1 – “Dopo lo sbarco in Normandia, Brasillach si rifiutò di fuggire all’estero
    e si nascose nel Quartiere latino. Nel settembre del 1944, essendo stata
    proditoriamente arrestata sua madre, si costituì alla Prefettura di polizia di
    Parigi.
    Il nuovo governo francese guidato dal generale De Gaulle procedette
    immediatamente contro i rappresentanti del governo di Vichy e dei
    collaborazionisti. La prima condanna fu pronunciata nell’ottobre del 1944
    contro l’editore della rivista antisemita Aujourd’hui, Georges Suarez ed
    eseguita il 9 novembre del 1944. Sempre nel 1944 ebbe luogo il processo contro
    il direttore politico (1928-1943) della rivista antisemita Gringoire, Henri
    Béraud. Di conseguenza, Brasillach fu arrestato immediatamente e rinchiuso
    nella prigione di Fresnes (attuale Val-de-Marne) dove attese il suo processo,
    che ebbe luogo nel gennaio del 1945 davanti alla corte di assise della Senna.
    Il giorno stesso fu condannato a morte dopo un processo-farsa durato venti
    minuti. La sua difesa fu affidata a Jacques Isorni, che fu pure, qualche mese
    più tardi, difensore del maresciallo Pétain.
    Nei giorni che seguirono, una petizione di famosi intellettuali tra i quali
    Paul Valéry, Paul Claudel, François Mauriac, Daniel-Rops, Albert Camus, Marcel
    Aymé, Jean Paulhan, Roland Dorgelès, Jean Cocteau, Colette, Arthur Honegger,
    Maurice de Vlaminck, Jean Anouilh, Jean-Louis Barrault, Thierry Maulnier ecc.,
    sostenuta anche dagli studenti parigini e molti accademici, implorò al generale
    De Gaulle la grazia per il condannato a morte. Il generale respinse la domanda
    e all’alba del 6 febbraio Brasillach fu fucilato al forte di Montrouge. Fu
    sepolto nel cimitero di Charonne, nel XX arrondissement di Parigi.
    Ogni anno, il 6 febbraio, gli aderenti al Circolo franco-ispanico depongono
    una corona sulla sua tomba. Durante la detenzione scrisse Lettre à un soldat de
    la classe 60 (Lettera a un soldato della classe 40 nella traduzione italiana),
    sorta di testamento spirituale rivolto al nipote Jacques Berdèche e di
    autodifesa, e soprattutto i Poemi di Fresnes, considerati dalla critica la sua
    più alta produzione poetica.”
    ( dal sito Internet – Wikipedia Italia – Biografia di Robert Brasillach
    all’indirizzo ‘on-line’ : http://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Brasillach )
    2 – Julius Evola – “Orientamenti” – edizioni “Settimo Sigillo – Roma 1994;

    3 – Julius Evola – “Indirizzi per una educazione razziale” – edizioni di “Ar”
    - Padova 1979;



    Articolo ripubblicato dal sito:

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    Predefinito Rif: Dagoberto Bellucci

    Citazione Originariamente Scritto da Freezer Visualizza Messaggio
    Che botta agli amanti del politicamente scorretto :sofico: , ci vuole roba così :giagia: , altrimenti i mass media ti lobotomizzano !
    Più politicamente scorretto di così direi che è difficile Scorrettissimo :sofico:

    Qualcuno dovrebbe dirglielo a Bellucci che esiste il politically correct ma penso non gli interessi molto. Una carriera da diplomatico rovinata

  6. #26
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    Predefinito Rif: Dagoberto Bellucci

    LOUIS FERDINAND DESTOUCHES IN ‘ARTE’ CELINE – NEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA

    11 ago

    LOUIS FERDINAND DESTOUCHES IN ‘ARTE’ CELINE – NEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA





    - di Dagoberto Bellucci











    “Guardatevi bene dal comprare un solo libro di quel maiale! Siete avvertiti! Avete tutto da rimpiangere! Il vostro denaro! Il vostro tempo!… e poi un inaudito disgusto, definitivo forse, per tutta la letteratura!… Comprare un libro de] signor Céline proprio quando tanti nostri autori, grandi, vigorosi e leali ingegni, onore della nostra lingua (la più bella di tutte) in pieno possesso della più splendida maestria, soverchiamente dotati, intristiscono, patiscono un’ingiusta scarsità di vendite! […]Se fossi un galoppino del re… ventriloquo… staliniano… Célinomane rabbinizzato… come mi troverebbero amabile…”

    ( Celine – “Bagatelles per un massacro” )









    Come aizzare un polverone dal nulla? Gli Ebrei in questo sono maestri: del resto hanno in mano tutti gli strumenti per alimentare in un batter d’occhio qualsiasi campagna demonizzante il malcapitato di turno – stampa, televisioni, radio – e figuriamoci poi se il poveretto non può nemmeno difendersi perché ormai trapassato a miglior vita da mezzo secolo.



    Il ‘malcapitato’ di turno stavolta ha un nome ed un cognome che fanno ancora oggi – nella Francia del giudeo Sarkozy e della consorte, ebrea pure lei, Carla Bruni Tedeschi “l’italiana”….lui ebreo di origini magiare lei ebrea d’origini italiane…sempre ebrei restano …- accapponare la pelle e togliere il sonno alle anime candide del ‘politically correct’, ai soloni della cultura ufficiale, ai mercanti di letteratura senz’arte né parte, a tutto quel mondo della cosiddetta buona società che preferisce prostituirsi piuttosto che pensare, genuflettersi anziché reagire: parliamo di Louis Ferdinand Destouches in arte Celine , il ‘maledetto’ Celine….anzi l’ “antisemita” Celine.



    Il 1.o luglio scorso correva il 50.mo anniversario dalla scomparsa di uno dei più importanti e alti letterati avuti dalla Francia nel Ventesimo secolo ma l’ordine imposto dalla lobby ebraica al mondo politico e culturale d’oltralpe è stato perentorio e assoluto: ignorare!



    E così è stato: mentre già si stavano preparando celebrazioni che avrebbero interessato le Istituzioni, il mondo accademico e giocoforza lo Stato è intervenuto fin dallo scorso gennaio uno dei tanti censori ebrei ad imporre la ‘direttiva’ sinagogica del silenzio.



    Il 22 gennaio scorso infatti a nome dell’ “Associazione dei figli degli ebrei deportati dalla Francia” (F.F.D.J.F) con una lettera inviata al quotidiano “Le Monde” l’avvocato Serge Klarsfeld aveva tuonato il suo altolà contro ogni sorta e genere di celebrazioni dell’ “antisemita”.



    Klarsfeld si era risentito che il nome dello scrittore fosse comparso nella raccolta delle celebrazioni ufficiali del 2011 edita dal Ministero della Cultura richiedendo – quando si dice “lex judaica” operante e inquisizione ebraica dominante – «il ritiro immediato di questa raccolta e la soppressione delle pagine dedicate a Celine nella prossima riedizione. A chi non è d’accordo con questa ovvia esigenza – continua l’avvocato, che con la moglie Beate ha intrapreso una serie d’indagini nei confronti di criminali nazisti scampati ai processi del dopoguerra – rispondiamo che bisogna attendere secoli affinché si celebrino al contempo le vittime e i boia».





    Aggiungeva il censore con kippah che “La Repubblica (democratico-massonica e giudaica ndr) deve osservare i suoi valori: il ministro Frederic Mitterand deve rinunciare a portare i fiori in memoria di Celine, così come suo zio, l’ex presidente Francois Mitterand, fu obbligato a non deporre corone di fiori sulla tomba di Petain”.



    Non soddisfatto il Krasfeld sottolineava come «Il talento di scrittore non deve fare dimenticare l’uomo che lanciava appelli alla morte degli ebrei sotto l’Occupazione. Che la Repubblica lo celebri è indegno».



    Ovviamente immediato sostegno all’azione dell’inquisitore con kippah arrivò dal sindaco di Parigi, Bertrand Delanoe, che si unì al coro delle pecore belanti sottoposte alla dittatura ebraica che, in Francia in quella che legittimamente Eduard Drumont definì come “la France Juive” – titolo di una sua fortunata opera che smaschera il potere ebraico-massonico nella Francia contemporanea – ; non può che assumere forme così odiose ed assieme stupide da non meritare altri commenti che qualche risata beffarda.



    E se è comprensibilissima la perplessità con la quale Frederic Vitoux, accademico di Francia ed autore di una biografia su Celine, sottolinea il valore e la grandezza ed assieme la genialità del grande intellettuale ( «È la parola “celebrazione” che è ambigua: non si tratta di onorare lo scrittore. Il 50esimo della morte è occasione per interessarsi alla sua opera, esaminarne le zone d’ombra. È innegabile sia stato uno dei più grandi scrittori francesi» ) è rimasto intatto il tassativo ordine proveniente dalla sinagoga anche se, per dirla tutta, nessuno si è andato a leggere cosa esattamente rappresentasse quella pubblicazione curata dal Ministero della Cultura che tanto scandalo ed indignazione aveva sollevato nel giudeo Klarsfeld e tra i ghetti di Francia: un vademecum culturale informativo annualmente pubblicato per sottolineare tutti gli anniversari dei personaggi famosi della storia francese dal 661 d.C. al 1961…niente di più e niente di meno…quanto però bastava per far insorgere la Sinagoga.



    L’Associazione dei figli degli ebrei deportati dalla Francia ha ribadito il suo sdegno che gli Archivi Nazionali abbiano deciso la celebrazione del 50.mo anniversario della morte di un “noto antisemita”…quando in realtà né gli Archivi di Stato né il Ministero della Cultura avevano deciso alcuna celebrazione.



    Con la solita boriosa arroganza il comunicato diramato dall’ F.F.D.J.F. richiedeva «il ritiro immediato di questa raccolta e la soppressione delle pagine dedicate a Celine nella prossima riedizione».



    «A chi non è d’accordo con questa esigenza – continua il comunicato del Ffdjf – rispondiamo che bisogna attendere secoli affinché si celebrino al contempo le vittime e i boia» con buona pace della libertà d’espressione, del valore artistico e culturale, del genio intellettuale di uno dei Grandi della Francia contemporanea…



    E così mentre – quasi in solitudine – l’editore Philippe Regniez , responsabile delle Editions de la Reconquète, si schierava a favore delle celebrazioni sottolineando proprio l’indiscutibile valore letterario dell’opera di Celine ( «Céline è senza contestazioni uno dei più importanti autori francesi del XX secolo» ) il 50.mo anniversario della scomparsa del “maledetto” per eccellenza tra gli scrittori francesi del secolo scorso passava in silenzio dimenticato dalla grande stampa e dai media d’Europa.



    Ora si domanderà il lettore avulso da questo genere di polemiche, che cosa di così “abominevole” abbia scritto Celine da far insorgere gli alti strali della sinagoga contro una semplice rievocazione storica nel cinquantesimo anniversario dalla morte… semplice…alcuni passaggi, più che legittimi e corretti, con i quali aveva descritto la Russia sovietica sotto il terrore giudaico tra le due guerre nell’opera “Bagatelles pour un massacre” una delle sue più note e importanti nel panorama letterario europeo.



    Per ricordarne dunque degnamente il genio ripubblichiamo alcuni passaggi che illustrano chiaramente il suo pensiero riguardo al giudaismo, al comunismo e a tutto il mondo ipocrita e meschino dell’Occidente.



    “Assai candidamente, mi pare che tutti quelli che tornano dalla Russia, parlano soprattutto per non dire nulla…Ritornano pieni di particolari obiettivi, inoffensivi, ma evitano l’essenziale, non parlano mai dell’ebreo. L’ebreo è tabù per tutti i libri che si presentano. Gilde, Citrine, Dorgelès, Serge ecc. non ne fanno parola… Dunque cicalano. …Han l’aria di buttare tutto in aria, di spaccare per dritto e per traverso e invece non scalfiscono nulla. Abbozzano, parano, sfuggono davanti all’essenziale: l’Ebreo. Arrivano sino al bordo della verità: l’Ebreo. E’ una ricercatezza così così, un coraggio all’acqua di rose, c’è un filo, si può cadere, non ci si frattura nulla. Tutt’al più ci si farà una storta…Si esce tra gli applausi! Rullìo di tamburi…Vi si perdonerà certamente…siatene sicuri…

    La sola cosa grave all’ora attuale, per un grand’uomo, scienziato, scrittore, cineasta, finanziere, industriale, uomo politico (ma allora la cosa si fa gravissima) è di mettersi in urto contro gli Ebrei. – Gli Ebrei sono i nostri padroni! – qui, là, in Russia, in Inghilterra, in America, dappertutto!….Fate il clown, l’insorto, l’intrepido, l’anti-borghese, l’arrabbiato raddrizzatore di torti…l’ebreo se ne infischia! Divertimenti!…Sciocchezzuole!…Ma non toccate la questione ebraica, altrimenti la pagherete cara…Dritto come una palla, vi faranno colare in un modo o in un altro…L’Ebreo è il re dell’oro, della Banca e della Giustizia…Direttamente o per mezzo di un uomo di paglia….Possiede tutto….Stampa…Teatro….Radio….Camera…Senato…Polizia qui o là…

    I grandi scopritori della tirannia sovietica lanciano grida di scorticati…si capisce! Si battono il petto a sangue, eppure mai e poi mai scoprono il pullulare degli ebrei, rimontano al complotto mondiale…Strana cecità…(…) La rivoluzione bolscevica è tutt’altra cosa! Infinitamente complessa! Tutta in precipizi e retroscena. E in queste retroscene vi sono gli Ebrei che comandano, padroni assoluti. Stalin non è che un fantocco. Il trionfo della rivoluzione bolscevica non si concepisce, a lunga distanza, se non con gli ebrei, per gli ebrei e grazie agli ebrei…Kerensky prepara ammirevolmente bene Trotsky che prepara l’attuale Komintern (ebreo), Ebrei come setta, razza, Ebrei razzisti (lo sono tutti) rivendicatori circoncisi, armati di passione ebraica, di vendetta ebraica, di dispotismo ebraico. Gli ebrei trascinano i dannati della terra, gli abbrutiti della gleba, all’assalto della cittadella Romanoff…come hanno lanciato gli schiavi all’assalto di tutto quello che dà loro noia; qui, là, dappertutto, l’armatura brucia, crolla e gli abbrutiti della gleba, della falce e del martello, ubriachi per un istante di belle parole, ricascano presto sotto altri padroni, altri funzionari, altre schiavitù sempre più giudaiche. Quel che infatti caratterizza il “progresso” della società nel corso dei secoli, è la salita dell’ebreo al potere, a tutti i poteri…Tutte le rivoluzioni gli fanno un poste sempre più importante…L’ebreo era meno di nulla ai tempi di Nerone, ora è sul punto di divenire tutto…In Russia questo miracolo è compiuto…In Francia quasi…Come si recluta, come si forma un Soviet in U.R.S.S.? Con operai, manovali (da due generazioni almeno) ben incretiniti, ben Stakhanovisti, e poi, con intellettuali, burocrati ebrei, strettamente ebrei… Niente intellettuali bianchi! Niente possibili critici bianchi! …Ecco l’ordine maggiore di ogni rivoluzione comunista. Il potere non può restare agli ebrei se non a condizione che tutti gli intellettuali del partito siano ebrei o per lo meno furiosamente giudaizzati…sposati con ebree, sanguemisti, mezzi ebrei, quarti di ebrei….(questi naturalmente più arrabbiati degli altri) (…) Tutti gli intellettuali non ebrei, ossia quelli che potrebbero non essere comunisti (ebreo e comunista sono per me sinonimi) sono stati colpiti a morte… (…) L’ebreo è dittatore nell’animo. Ovunque e sempre, la democrazia è stata solo il paravento della dittatura ebrea.

    Nell’U.R.S.S. non c’è nemmeno più bisogno di quei fantocci politici che si chiamano ‘liberali’. Stalin basta…Veramente ebreo, egli sarebbe forse diventato il facile punto di mira degli anti-comunisti o del mondo intero, dei ribelli all’imperialismo ebreo. Con Stalin alla loro testa gli Ebrei sono tranquilli…Chi uccide tutta la Russia?…Chi massacra?…Chi decima?…Chi è questo super abbietto assassino? …Questo carnefice super-borghese?…Chi saccheggia? Ma, per Dio, è Stalin! ….E’ lui il capro espiatorio per tutta la Russia! Per tutti gli Ebrei! …Non si deve aver soggezione in qualità di turista, si può raccontare tutto quel che si vuole a patto di non parlar degli ebrei! …Sparlare del regime comunista! …maledire!….tuoneggiare! Gli ebrei se ne infischiano altamente! La Russia per quanto spaventosamente sudicia la si possa trovare, rimane per sempre una messa in marcia assai importante per la rivoluzione mondiale, il preludio del ‘gran giorno’ ebreo! Voi potete sporcare quanta carta vi fa comodo, tonnellate su tonnellate, sugli orrori sovietici, voi potete far lampeggiare , elettrizzare le vostre pagine, tanto la vostra penna scatta e lavora sotto l’indignazione, tutto questo servirà al massimo a far ridere gli ebrei…Vi troveranno sempre cieco e imbecille…Quando andrete a gridare dappertutto che l’U.R.S.S. è un inferno…sarà ancora del rumore per nulla…Ma farà loro meno piacere quando aggiungerete che sono gli Ebrei i diavoli del nuovo inferno! ….E che tutti i goym vi fanno la parte dei dannati…Ma tutto questo è riguadagnato, siatene sicuri, dalla propaganda colossale (…e le miniere degli Urali non sono ancora stanche) E’ un po’ più complicato quando si scoprono gli altarini, gli altarini ebrei…Insomma, costa un pochino di più…Ecco…(…)



    Intelligenti che? …. – insorgo io – sono razzisti, hanno tutto l’oro, han preso tutte le leve, si aggrappano a tutti i comandi…E’ questa la loro intelligenza? …Non c’è di che star allegri…Filano meravigliosamente bene il fatto loro, eliminano, disgustano, perseguitano tutto quello che può rivaleggiarli, dar loro ombra…E’ la loro crociata contro di noi, la crociata a morte…E’ questa la loro intelligenza?…Tutti i posti interessanti, se li mettono in tasca…accaparrano…espellono brutalmente o a fuoco lento tutto quello che non è ebraico…sporcamente ebraico…ebraicizzato…proyoupinizzato…infilato da ebreo…E’ la grande tecnica del cuculo. Per citare un grande esempio, per illustrare le cose, se Einstein non fosse youtre, se Bergson non fosse circonciso, se Proust fosse soltanto bretone, se Freud non avesse il marchio giudaico…si parlerebbe molto meno degli uni e degli altri…non sarebbero genì che farebbero sorgere il sole!…Posso garantirtelo…La minima sfiatatelo di ebreo, oggi si chiama bum! …diventa, amico mio, una meravigliosa rivelazione, istantaneamente…Grazie all’armatura ebraica del mondo…E la si gonfia e la si monta, ‘sta storiella…la si trasforma in miracolo! E al galoppo! Che sia la pittura di Cèzanne, di Modigliani, di Ricasso o di altri…i films del signor Benhur, con musica di Tartinowsky, ecco, diventa subito un avvenimento…L’enorme pregiudizio favorevole, mondiale, prelude e anticipa ogni intenzione ebrea…Ebrei, tutti i critici dell’universo, tutti i cenacoli…tutte le informazioni! Tutte le agenzie ebree del mondo si mettono, al minimo mormorio, al minimo sussulto di produzione youtre, a lanciare tuoni e folgori…e la pubblicità parlata, razzista, ebraica, si trasforma meravigliosamente in eco…tutte le trombe echeggiano da un lato all’altro dei continenti…intonano inni, fanno baccano, rumoreggiano splendidi Osanna! al sublime inviato del Cielo! Ancora un Ebreo eccezionale! della paletta! dello schermo! dell’archetto! della politica! Infinitamente più geniale!…più innovatore, senza dubbio, di tutti i geni del passato, ariani naturalmente. L’epilessia si impadronisce subito dei goym grotteschi , esultano in coro, i fessi! Si lanciano violentemente nell’esaltazione, con tutta la forza delle loro imbecillità, disposti a farsi schiacciare…per il trionfo del nuovo idolo ebreo!….”





    ONORE A LOUIS FERDINAND DESTOUCHES IN ‘ARTE’ CELINE…..















    DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI



    Direttore Responsabile Agenzia di Stampa “Islam Italia”


    LOUIS FERDINAND DESTOUCHES IN ‘ARTE’ CELINE – NEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA


    11 Agosto 2011
    LIBERTAD - JUSTICIA - DIGNIDAD
    PATRIA - SOCIALISMO - REVOLUCIÓN

    http://adversariometapolitico.wordpress.com/

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    Predefinito Rif: Dagoberto Bellucci

    REBELDIA

    11 ago

    REBELDIA

    di Dagoberto Husayn Bellucci

    “Da stasera o da domani alzerò una barricata

    di foto, dischi e lattine di birra chiara e ghiacciata,

    scalderò pasta e fagioli, alluderò tutti i telegiornali,

    piangerò per te che non so se sei già all’inferno o in paradiso,

    ma hai perso il sorriso.

    Dammi una chitarra e poi vedrai come canterò

    la gioia dei sessanta come una volta griderò

    Da stasera o da domani alzerò una barricata

    di sogni, fumetti e barattoli di rossa e buona marmellata,

    guarderò la mosca planare, lascerò il campanello suonare,

    piangerò per te che non so se sei già all’inferno o in paradiso,

    ma hai perso il sorriso.

    Dammi una chitarra e poi vedrai come canterò

    la rabbia dei settanta come una volta griderò

    Da stasera da domani alzerò una barricata

    seduto sul pavimento mangerò fichi, uva e cioccolata,

    agirò da clandestino, starò insonne fino al mattino,

    piangerò per te che non so se sei già all’inferno o in paradiso,

    ma hai perso il sorriso.

    Dammi una chitarra e poi vedrai come canterò

    la noia degli ottanta come una volta urlerò

    Griderò…..”

    ( Nomadi – “60 70 80″ – Album “Like a Sea Never Dies” (live) – 1989 )



    Anno decimo del terzo millennio era cristiana….qualcuno ha “pronosticato”
    che, entro un paio di anni, tutto dovrebbe finire…millenaristiche e
    apocalittiche visioni di una società andata a ‘male’ e sostanzialmente incapace
    di rettificare il proprio corso discendente e la propria involuzione storica.

    Una domanda si impone: se la situazione di generale disastro – etico e morale,
    politico ed economico, spirituale e ideale – appare oramai evidente ai più a
    chi si deve ascrivere la responsabilità di questa vera e propria discesa in un
    baratro del quale neanche si vede la fine? Esiste cioè un’organizzazione – o
    più organizzazioni – che hanno preparato scientificamente una società
    all’interno della quale funzionano perfettamente meccanismi di alienazione
    mentale di massa e di depauperizzazione delle coscienze? Esiste un’esilarca
    capace di imporre all’umanità direttive indipendentemente da governi ed
    istituzioni nazionali e sovra-nazionali legalmente riconosciute come
    “rappresentanti” delle volontà popolari?

    A questa domanda tentò di rispondere alcuni anni fa Sergio Gozzoli con una
    monografia dedicata ad un “viaggio nel labirinto del potere mondialista” che,
    nella sua introduzione, sosteneva una verità all’epoca – fine anni Ottanta – a
    malapena ‘percepita’ da esigui settori culturali anticonformisti: “Che il
    potere reale – scriveva allora Gozzoli (1) – non stia sempre e del tutto nelle
    mani dei governi, delle istituzioni ufficiali, sono oggi in molti a
    riconoscerlo. Chi, per esempio, debba essere il candidato di un partito alle
    elezioni presidenziali USA, e fra i candidati debba alla fine essere eletto, e
    quali linee politiche la sua Amministrazione debba seguire, lo decide in realtà
    una ristretta cerchia di personaggi che operano dietro le quinte. Si parla
    comunemente di establishment, di lobbies, di “oligarchia finanziaria”. Chiunque
    segua con un minimo di impegno e di attenzione, o anche solo di curiosità, le
    cose della politica in generale – qualunque sia la sua posizione ideologica o
    il colore della sua militanza – conosce per esempio i nomi dei Rockefeller e
    dei Rothschild e si rende ben conto della immensa influenta che essi esercitano
    oggi sull’economia e sulla politica del mondo. Non che sia cosa nuova. Sono
    almeno due secoli che gli eventi mondiali vengono potentemente influenzati, e
    negli ultimi tre quarti di secolo addirittura determinati, non soltanto e non
    solo dalle forze politiche tradizionali – statisti e rivoluzionari, vertici
    militari e religosi, masse popolari e movimenti ideali – quanto piuttosto dalla
    casta bancaria internazionale. Sono poche centinaia di uomini che controllano,
    insieme alla gran parte delle ricchezze monetarie della terra, i debiti
    pubblici della maggior parte degli Stati. Dai loro finanziamenti dipende la
    stabilità monetaria ed economica, e quindi sociale e politica, di quasi tutti i
    maggiori paesi: i più dei governi infatti – pena la bancarotta e il caos – non
    possono fare a meno dei loro prestiti e, soprattutto, della loro competenza
    tecnica in materia monetaria.”.

    Esattamente! E’ dalle decisioni che vengono prese da qualche assise di questi
    plutocrati internazionali, da questi autentici apprendisti stregoni e
    alchimisti di formule socio-politiche rigorosamente progressiste e
    democratiche, che dipende la sorte di migliaia, milioni probabilmente miliardi
    di individui. E’ il sistema o, per esser chiari, sono queste alcune delle
    principali organizzazioni che compongono il “sistema” del Mondialismo ossia la
    cupola di un potere finanziario tecnocratico che dirige i destini di popoli e
    nazioni e determina gli avvenimenti della politica mondiale da tre secoli a
    questa parte indirizzandoli verso quelle formule di organizzazione ed
    amministrazione conformi ai diktat/desiderata del Potere Occulto.

    Un potere che si andrà manifestando nel corso della storia fino all’apogeo
    trionfale della conquista delle menti della plebaglia francese alias
    Rivoluzione illuministica e anti-teocratica del 1789 la prima seria operazione
    direzionale programmata, realizzata e portata a termine dietro le quinte dagli
    ambienti dell’Alta Finanza: al grido populistico “rivoluzionario” dei tre
    principii guida della Rivoluzione (Libertè Egalitè Fraternitè) le masse
    parigine decreteranno l’inizio di una nuova epoca dominata dall’ideologie e
    dalle utopie del progressismo, del laicismo, della secolarizzazione.

    Il mondo da allora non sarebbe più stato lo stesso: la rivoluzione francese -
    la rivolta del Terzo Stato (la borghesia) contro il clero e l’aristocrazia -
    sancirà l’avvento nella modernità inondando l’Europa prima e il mondo poi del
    virus egualitaristico-massonico, della rivoluzione dei Lumi della “Dea
    Ragione”, proclamando la morte dell’autorità “per diritto divino” e quella del
    potere temporale della Chiesa; presentandosi essa stessa come contro-Chiesa
    lanciata contro tutte le forme di oscurantismo “medievale” e contro tutte le
    Istituzioni del pianeta uniformate ai valori della Tradizione. La Rivoluzione
    di Francia fu la rivolta organizzata dalle logge massoniche e la rivincita
    dell’ebraismo cosmopolita per l’applicazione di un programma di sovversione
    globale mirante alla disintegrazione di qualsivoglia ordinamento etico-morale
    fondato sui valori della Religione, della Razza e – successivamente attraverso
    le teorie socialistico-marxiste – della Nazione.

    Non si comprenderebbe altrimenti la storia degli ultimi 230 anni senza
    considerare l’efficace proclama sui “diritti dell’uomo” e la sua elezione a
    vero e proprio dogma della società contemporanea plasmata ad immagine e
    somiglianza del Grande Architetto dell’Universo di tutte le logge e di ogni
    conventicola settaria più o meno illuminata dalla “Ragione” (…quella per cui
    Massimo Fini, intellettuale non conformista di notevole intuito, ha
    giustamentente scritto che…aveva torto…).

    Una vera e propria contro-teologia quella del progressismo e della cieca
    fiducia nell’umanità (…che scalza e disintegra la stessa concezione di
    popolo, nazione e Stato pure proclamata dalla borghesia francese e dal fervore
    rivoluzionario giacobino con i moti dell’89…) che determinerà le successive
    ventate di isteria populistico-rivoluzionaria che attraverseranno tutto
    l’Ottocento e la prima metà del Novecento: dalle rivoluzioni (massoniche)
    europee del 1848 (…i risorgimenti…) all’esperimento della Comune
    rivoluzionaria di Parigi del 1871 passando per il golpe ebraico di Lenin nella
    Russia degli zar (1917) apice di un moto sovversivo che tutto travolge e tutto
    distrugge ai piedi del progresso, della ragione, della scienza e della tecnica,
    dell’umanità che lancia il suo dissacrante “assalto al cielo” e nega Dio prima
    di arrivare – con l’esistenzialismo, il naturalismo, il relativismo e il
    darwinismo – a negare l’uomo.

    I diritti dell’uomo rappresentano la pietra miliare sulla quale poggiano le
    odierne strutture del potere mondialista: ONU e annessi e connessi istituti
    sovranazionali, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, banche centrali
    e fondazioni ‘filantropiche’, società multinazionali e affiliate con -
    leggermente più ‘occulti’ – i vari, nell’ordine, Round Table, CFR, Bildeberg
    Group, Pugwash Conferences, Trilateral Commission & ‘company’ ad alimentare,
    propagandare in senso preogressitico-illuminista e dirigere tecnocraticamente
    il corso degli eventi nei quattro angoli del pianeta.

    La storia viene ‘prefabbricata’ nel chiuso di qualche loggia massonica, nel
    ristretto circolo di qualche apparato segreto mondialista, all’interno dei
    consigli di amministrazione di qualche compagnia multinazionale, nel segreto
    delle sinagoghe autentici covi di sovversione e destabilizzazione dell’ordine
    mondiale. Le parole d’ordine del Mondialismo sono quelle dell’89 riviste e
    ‘corrette’, ‘modernizzate’, per garantire la gestione del potere su scala
    globale: libertà, uguaglianza, fraternità internazionali. Diritti dell’uomo
    dogma supremo al quale devono inchinarsi e sottomettersi Stati e nazioni,
    governi e istituzioni. E’ un ricatto che dura da oltre due secoli e influenza,
    avvolge e uniforma i destini di miliardi di individui in ogni parte del
    globo.

    Ma cosa sono esattamente questi stramaledetti “diritti dell’uomo” di cui si
    ‘ciarla’ tanto e altrettanto si scrive? Perchè questa rincorsa all’umanitarismo
    più banale che oramai abbonda nei programmi politici e sociali di tutte le
    organizzazioni ed i circoli pubblici e privati delle diverse nazioni? Che cosa
    si nasconde dietro alle belle parole sui “diritti dell’uomo”?

    Innanzitutto un ricatto psicologico che coinvolge e colpisce quelle nazioni
    “ree” – agli occhi dei potenti del pianeta – di non volersi “uniformare” al
    modello democratico oligarchico occidentale in particolare alle democrazie
    plutocratiche per eccellenza (Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti). Sono
    questi i tre modelli principali che vengono presentati al resto del pianeta
    quali “esemplari” e storicamente credibili esempi di integrazione,
    pacificazione sociale, uniformità ideali e stabilità organizzativo-statale.
    Tutte le altre “democrazie” non uniformate al modello anglo-sassone o a quello
    francese saranno senz’altro da ‘correggere’, la loro evoluzione in senso
    ‘democratico’ da migliorare e le loro stabilità dipenderanno dall’ennesimo
    ricatto di questa o di quell’altra organizzazione mondialista (mediante le
    usurocratiche pressioni ai ‘fianchi’). Esistono poi i cosiddetti “stati
    canaglia” che sono quelli maggiormente a rischio: Iran, Siria, Corea del Nord,
    Irak, Afghanistan sono senz’altro i principali pretendenti alla “maglia nera”
    ma anche nazioni quali la Bielorussia,la Birmania, la Cina, il Venezuela,
    l’Arabia Saudita e molte altre ancora non sono messe poi così bene a causa del
    “mancato rispetto dei diritti umani” (e da questo punto pure la Russia per
    quanto normalizzata e ricondotta nell’alveolo delle nazioni ‘democratiche’ non
    se la passa troppo meglio).

    Vediamo dunque che il ricatto sottile che accompagne le pressioni, le
    strategie e le mire dei tecnocrati mondialisti punta principalmente a mettere
    in discussione lo status quo delle singole nazioni, dei singoli Stati, che – di
    volta in volta – verranno chiamati a rispondere sull’applicazione o meno dei
    “diritti umani”. E’ un ricatto psicologico (che si accompagna a quello
    economico-monetaristico di strangolamento-strozzinaggio minacciato dalle
    sopramenzionate istituzioni mondialiste) che trova un preciso riscontro
    nell’attitudine delle organizzazioni internazionali ebraiche che, fin dalla
    seconda metà del XIXmo secolo, operavano per la garanzia ed il rispetto delle
    libertà delle differenti comunità israelitiche mediante gruppi di pressione fra
    i quali si misero in luce a “combattere l’antisemitismo” l’Alliance Israelites
    Universelle e il B’nai B’rith. La questione dei “diritti umani” non conosce nè
    razza nè religione, è sovranazionale e sovraistituzionale, sovrasta l’ONU e
    tutte le bandiere nazionali: è onnicomprensiva, onnipervasiva e onnipresente
    laddove la Plutocrazia deciderà di applicarla come forma ricattatoria di
    pressione, controllo o mutamento delle politiche di quel determinato Stato.


    Perchè ciò possa avvenire è inscritto nella logica stessa, internazionalista e
    cosmopolita, della dichiarazione dei diritti dell’uomo e nella sua
    estensibilità a 360 gradi e lungo tutti i paralleli terracquei: nessuna nazione
    o Stato, popolo o razza, potrà mai sentirsi al riparo dalle ire e dai fulmini
    dei potenti oligarchi che hanno in mano la possibilità di giudicare chi
    garantisca e chi applica i pretesi “diritti dell’uomo” e, per contro, sulla
    base di una altrettanto pretestuosa concezione di autorità sovranazionale chi
    siano coloro i quali meritino sanzioni ed eventuali castighi per la mancata
    applicazione degli stessi diritti.

    “I diritti collettivi – ha scritto Ghislaine Renè Cassin ne “L’Action
    Gaulliste” del 30 aprile 1980 – non sono i diritti dell’uomo.” L’ideologia del
    diritti dell’uomo, originariamente, manifesta anzi una vera fobia della
    collettività. La legge Le Chapelier del 14 giugno 1791, che pose fine alle
    antiche corporazioni, proibisce le associazioni professionali perchè “contrarie
    alla dichiarazione dei diritti dell’uomo”!. (…) Nei fatti, l’ideologia dei
    diritti dell’uomo, assolutamente inefficace (…) di fronte ai dispotismi
    contemporanei, è in compenso fondamentale alla destrutturazione delle società
    “libere”. “Spingete un pò il fanatismo – scrive Louis Pauwels – e sentirete che
    tutto quel che obbliga l’individuo a comportarsi da cittadino è contrario ai
    diritti dell’uomo. Celebrerete il culto del’individuo innalzato contro lo
    Stato. Vedrete l’esattoria, il commissariato di polizia, la caserma e la scuola
    come delle Bastiglie che schiacciano l’uomo. Invocherete la grazia divina di
    una completa rottura di solidarietà con la città, la sorte della nazione, il
    destino della patria. Ogni costrizione in vista di un bene collettivo si
    opporrà ai diritti dell’uomo. (…) L’origine signorile della libertà
    individuale e soprattutto il suo riconoscimento giuridico riguadano solo un
    aspetto di ciò che intendiamo per libertà: l’indipendenza e non la liberazione,
    l’autonomia e non l’emancipazione, o ancora le libertà e non la libertà.” (2)

    Ci troviamo di fatto dinnanzi ad un mostruoso Leviatano…quello dei “diritti
    dell’uomo”! Uno dei tanti Leviatani (esistono anche quelli dei “diritti” delle
    minoranze etniche e razziali, quelli delle minoranze “sociali”, quelli infine
    della difesa ad oltranza di ogni devianza e di tutte le depravazioni possibili
    e immaginabili) che compongono il Leviatano supremo rappresentato dall’attuale
    concetto di autorità ovvero di un Potere inteso quale sopraffazione
    dell’individuo, dei singoli, dei popoli e delle collettività che si eprime
    mediante coercizione e controllo ed è l’espressione – illegittima benchè
    legalizzata, subdola benchè operante alla luce del sole – che rappresenta
    oramai la quintessenza di tutti i Poteri, di ogni Autorità, di qualunque
    Istituzione onnipervadente la società contemporanea di massa.

    Potere come oppressione delle coscienza, obnubilamento delle volontà,
    disintegrazione dell’anima e dell’identità dell’individuo. Contro una simile
    mostruosità occorre ancora una volta levare un grido, una voce, di libertà ed
    opporre una ribellione, una reazione, un rigetto del livellamento imposto
    dall’alto, del moderno sistema di condizionamento e della sua pretesa
    normalizzatrice. In quale modo sia possibile reagire crediamo sia stato
    lucidamente e superlativamente tracciato da Ernst Junger nel suo “Il Trattato
    del Ribelle” laddove sottolinea come “poche parole come ad esempio “ho detto
    no” (…) sarebbero infinitamente più efficaci. (…) Basterebbe un secco “no”
    e chiunque cui capitasse sott’occhio capirebbe al volo di che cosa si tratta.
    Sarebbe un segno che l’oppressione non è perfettamente riuscita. I simboli
    spiccano in modo particolare proprio su un fondo uniforme. (…) I segni
    possono essere colori, figuri e anche oggetti. Quando hanno carattere
    alfabetico, la scrittura si converte in ideogrammi: acquista immediatamente
    vita, fornisce materia per le spiegazioni. Si potrebbe abbreviare
    ulteriormente e in luogo del “no” tracciare una sola lettera – una R per
    esempio. Starebbe a significare, tra l’altro: Raduno, Riflessione, Riscossa,
    Rivolta, Rabbia, Resistenza. O magari Ribelle.” (3).


    Perchè “ribellarsi è giusto”? Essenzialmente l’atto di ribellarsi è
    legittimato da un’oppressione preesistente. In secondo luogo diviene tanto più
    legittimo e conforme laddove si consideri che viviamo nel mondo degli ‘altri’,
    uniformati ai modelli degli ‘altri’, sottoposti alla tirannia degli ‘altri’ che
    ci controlla, spia e cerca di sottometterci alle altrui volontà, ai loro
    diktat, alle loro regole e leggi. Viviamo, piaccia o meno, nel mondo degli
    “altri”: alieno totalmente e radicalmente alla nostra “welthannshauung”
    (visione del mondo) e quindi, indiscutibilmente, nemico. Niente diviene dunque
    più legittimo, conforme e sostanzialmente rivoluzionario che un atto di
    ribellione: dire “signornò” alla società contemporanea ed al Sistema è
    innanzitutto un dovere e oltremodo un atto di resistenza che è preludio per una
    presa autentica di coscienza in senso antagonista. Rifiutare le logiche di
    asservimento del mercato, quelle alienanti della pubblicità e quelle
    normalizzanti della propaganda sarà il primo passo verso una reale distinzione
    tra chi si porrà al di fuori del Sistema (delle sue leggi come della sua
    apparentemente caotica forma strutturale ossia all’esterno dei telai
    istituzional-sbirreschi di omologazione rappresentati dall’insieme dei partiti,
    dei sindacati, delle istituzioni pubbliche e private) e chi ne accetterà la
    dittatura.

    E che di dittatura, mascherata dietro alle solite belle parole d’ordine della
    democrazia e della libertà, del consumismo e del progresso (…gli specchietti
    per le allodole moderne con le quali il Sistema prende “due piccioni con un
    fava” ingannando prima e irretendo poi finendo per erigere un’autentica
    struttura di potere repressiva che , quando vuole, distende inesorabilmente le
    sue strutture repressive blindando e incarcerando ogni forma individuale -
    mediante le ‘note’ liste di proscrizione – o collettiva di dissenso…), si
    tratti crediamo ci sia poco da “disquisire” laddove è oggettivamente reale non
    solo il rischio ma anche la capacità di eliminazione di qualunque articolazione
    critica di opinione e, particolarmente, anche in presenza di parvenze rumorose
    ma innocue di pluralismo che risultano funzionali al Potere, alle sue logiche
    di omologazione e di controllo ed alla sua capacità di estensione della sua
    autorità (….”…la dittatura c’è ma non si sa dove sta/ non si vede da qua,
    non si vede da qua…” canta Daniele Silvestri…).


    Le moderne forme del totalitarismo democratico sono quelle che hanno creato i
    meccanismi diabolici di persuasione occulta, l’ipnotismo omologante della
    pubblicità e della propaganda, tutti i sistemi di spionaggio e controllo dei
    quali si serve abbondantemente il Potere: le società occidentali contemporanee
    sono un esempio lampante di questa deriva sbirresca come, peraltro già
    riconosceva ed aveva individuato lucidamente lo stesso Junger laddove sosteneva
    che l’estensione di misure “militari” di prevenzione dell’ordine pubblico con
    le quali i moderni Stati-Leviatani arrivavano a concepire l’esistenza di
    milioni di individui rasentavano la psicosi e stavano a rappresentare le fobie
    dei detentori del potere, incerti, insicuri, intolleranti dinnanzi alla
    semplice idea, alla prospettiva futura, di un cambiamento brusco di regime, di
    una modifica del loro status quo sul quale, in definitiva, risiede la loro
    autorità fondata sull’oro e sull’applicazione di leggi d’emergenza, stati di
    polizia, organizzazioni istituzionalizzate criminali al servizio dei loro
    interessi particolaristici. E che di istituzioni “criminali” – intese nella
    loro reale condizione di copartecipanti al “banchetto” e quindi co-responsabili
    delle disfunzioni, delle malattie e dei malesseri del Sistema (fra i quali il
    ladrocinio pubblico e privato sarebbe in fondo il lato meno ‘criticabile’) – si
    possa tranquillamente parlare intendendo con ciò tutti i gruppi di pressione,
    le lobbie’s e soprattutto gli apparati repressivi in armi è un dato di fatto
    che crediamo sia legittimo sottolineare laddove il Potere si esercita, oggidì,
    soprattutto mediante indottrinamento e controllo propagandistico mediante i
    nuovi strumenti di condizionamento dei mass media che formano la cosiddetta
    opinione pubblica. Perchè questi eserciti pubblici al servizio di interessi
    privati sono nè più nè meno forze di natura gangsteristico-mafiosa (gruppi di
    pressione al servizio di questa o quell’altra fazione della “casta” dei
    mercanti) e organizzazioni puntate contro qualunque forma di dissenso, pronte a
    stroncare qualsiasi anelito di libertà e a disintegrare ogni ipotesi di
    rivolta. Il significato più profondo di questa realtà oramai onnicomprensiva
    viene riconosciuto da Junger laddove sottolinea che gli eserciti “diverrano
    tanto più idonei all’azione nichilistica quanto più svanisce in essi l’antico
    nomos, inteso come tradizione. Nella stessa misura si rafforza necessariamente
    il loro carattere di mero strumento d’ordine e con esso la possibilità da parte
    di chiunque detenga le leve del potere di servirsi dell’esercito a suo
    piacimento. (…) Dove poi si presentano come soggetto politico, rappresentati
    dunque dai generali, le prospettive di successo saranno meno favorevoli che nel
    caso in cui a portare avanti l’azione siano i partiti di massa. La tendenza a
    coinvolgere nel movimento un numero troppo alto di persone anziane e valori
    antiquati mette in pericolo l’impeto nichilistico dell’azione. (…) Ciò che
    più di ogni altra cosa è adatto a qualsivoglia utilizzazione e subordinazione è
    l’ordine tecnico, il quale tuttavia proprio attraverso questa subordinazione
    trasforma le forze che di esso si servono, facendone dei lavoratori. Ciò vale
    anche per le organizzazioni ad esso collegate: leghe, associazioni industriali,
    mutue, sindacati e via dicendo. Predisposte come sono al puro funzionamento, il
    loro ideale consiste nel non far niente di più che “premere il pulsante” o
    “girare l’interruttore”. Queste organizzazioni si adattano perciò, senza
    particolari modificazioni, a forze apparentemente contrapposte. Il marxismo
    vide ben presto nello sviluppo delle concentrazioni e dei monopoli
    capitalistici un utile strumento. Con il loro crescente automatismo, gli
    eserciti acquistano una perfezione da insetti, e continuano quindi a combattere
    in posizioni che l’arte militare di vecchio stile considerava un delitto
    mantenere.” (4).

    Ad una prima analisi relativa ai meccanismi coercitivi di massa non deve
    sfuggire l’imponente spiegamento di mezzi tecnici – massmediatico-informatici -
    che sono stati messi al servizio del Potere: la rivoluzione tecnologica che ha
    contrassegnato gli anni Ottanta/Novanta del XXmo secolo rappresenta il
    superamento ed un’evoluzione pericolosissima delle vecchie tecniche di
    controllo sistemico. L’aumento delle disponibilità offerte dalla tecnica è
    anche un salto di qualità che facilità il lavoro di controllo, contrasto e
    repressione di tutti quegli apparati che il Potere domina e del quale si serve
    per mantenere in istato di subordinazione i suoi “cittadini” che, nel caso in
    questione – per il Leviatano moderno -, sono considerati nè più nè meno alla
    stregua di “sudditi” beoti ai quali elargire le briciole (panem et circensis)
    di un sapere informatico organicamente concepito per individuare, monitorare e
    meglio catalogare le forme eventuali di dissenso presenti nel corpo sociale.

    L’estensione dei mezzi d’informazione, la loro apparente facile fruibilità e
    disponibilità sono tecniche nuove ma non meno insidiose di un controllo che
    resta alto e mantiene costante la sua attitudine preventivo-repressiva: ne è
    una palese riprova il dibattito che da anni si è sviluppato, proprio in seno
    agli stessi organi di controllo del Sistema, sulle “libertà d’espressione”
    particolarmente insidiose che rappresenterebbero i moderni strumenti
    computeristici con appelli, ad ogni piè sospinto, a “chiudere” la “rete”
    internet la quale, sia detto per inciso, rappresenta lo specchietto per le
    allodole dei complessati moderni attirati sapientemente verso forum e social-
    network tutti “under controll”.


    Eppure va da sè che, accanto a quest’opera di ‘monitoraggio discreto’
    esercitata da dietro uno schermo da qualche apparato di poliza, sia costante e
    continua sul territorio l’attività di repressione ‘classica’ altrettanto
    facilitata dal vertiginoso aumento di ‘occhi informatici’ (fotocamere e
    telecamere, bancomat e carte di credito) i quali si vanno a integrare con
    l’incremento del numero di effettivi dislocato e con la loro aumentata tecnica
    d’indagine e di controllo. Questo surplus di agenti e ‘segugi’ sistemici appare
    oltremodo esagerato ma contraddistingue il livello, e anche la ‘raffinata’
    attività di ‘persuasione’ di massa (…fiction televisive comprese…),
    raggiunto e la capacità di intervento elevatissima ottenuta dall’interazione
    fra uomini e mezzi che formano una forza dissuasiva non indifferente e sempre
    allertabile per qualsiasi evenienza.

    In una società complessa, articolata in una serie di diversi centri di potere
    decisionali, modellata sul mito della tecnica e della scienza messe al servizio
    dell’efficienza, visibili segni di un potere che si ritiene acquisito questa
    dimostrazione di forza oltre a lasciare perplessi è sintomatica di uno stato di
    ansia che evidentemente può, in qualunque momento e in determinate circostanze,
    sopravvenire a turbare il sonno di lorsignori detentori del potere. Una simile
    paura costituisce il primo, fondamentale, segnale di instabilità e insicurezza
    ma – in particolar modo – è la prima obiettiva istigazione “a delinquere” che
    viene ad alimentare un bacino, almeno ipotetico, di opposizione reale e non
    fatua di nemici irriducibili dell’ordine costituito.

    “Noi – sostiene Junger (5) – ci limiteremo a ipotizzare che, in una città di
    diecimila abitanti, cento di loro siano determinati a smantellare il potere.
    Una metropoli di un milione di abitanti conterà dunque diecimila Ribelli, se
    vogliamo servirci di questo termine pur non avendone ancora valutato appieno la
    portata. E’ una forza imponente – sufficiente persino a far crollare forti
    tiranni. Le dittature non sono soltanto pericolose, sono esse stesse sempre in
    pericolo poichè l’uso brutale della forza suscita ovunque ostilità. Stando così
    le cose, la presenza di esigue minoranze pronte a tutto costituisce una
    minaccia, in particolare quando esse abbiano messo a punto una loro tattica.
    Questo spiega la crescita abnorme della polizia. A tutta prima sembra
    sorprendente che un impero che gode di schiaccianti consensi abbia ingigantito
    la polizia fino a trasformarla in un esercito. Ed è ciò che è realmente
    avvenuto. Da un uomo che in una sedicente “votazione per la pace” ha votato
    “no” ci si dovrà aspettare la resistenza, soprattutto quando il potere comincia
    a dibattersi nelle prime difficoltà. Se le cose si mettono male, non si potrà
    invece contare, con altrettanta sicurezza, sul consenso dei rimanenti
    novantanove. In casi del genere la minoranza è simile a un agente chimico dagli
    effetti potenti e imprevedibili. Per individuare, osservare e controllare i
    punti in cui inizia questo processo è necessaria una imponente forza di
    polizia. La diffidenza cresce di pari passo con il consenso. Quanto più il
    numero dei voti “positivi” si avvicina al cento per cento, tanto più aumenta il
    numero delle persone sospette, essendo probabile che gli oppositori abbiano
    ormai abbandonato l’ordine statisticamente accertabile, per trasmigrare in un
    ordine diverso, invisibile, che abbiamo individuato come l’ordine di quelli che
    passano al bosco. D’ora in poi tutti, nessuno escluso, dovranno essere tenuti
    sotto controlo: lo spionaggio manda i suoi agenti a esplorare ogni isolato,
    ogni edificio. Cerca persino di intromettersi nelle famiglie e celebra i suoi
    estremi trionfi con le autoaccuse nei grandi processi propagandistici: qui
    vediamo l’individuo fare la parte del poliziotto di se medesimo e contribuire
    al proprio annientamento. Egli non è più, come nel mondo liberale, un’entità
    individuale: lo Stato lo ha smembrato in due parti, l’imputato e il suo
    accusatore. Questi Stati armati fino ai denti, che si vantano di possedere il
    monopolio del potere, e al tempo stesso appaiono tanto vulnerabili, offrono
    davvero uno strano spettacolo. La cura e l’attenzione che devono dedicare alle
    forze di polizia minano la loro politica estera. La polizia erode il bilancio
    dell’esercito, e non quello soltanto. Se le grandi masse fossero così
    trasparenti, così compatte fin nei singoli atomi come sostiene la propaganda
    dello Stato, basterebbero tanti poliziotti quanti sono i cani che servono a un
    pastore per le sue greggi. Ma le cose stanno diversamente, poichè tra il grigio
    delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno
    dimenticato che cos’è la libertà. E non soltanto questi lupi sono forti in se
    stessi, c’è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano la loro
    qualità alla massa e che il gregge si trasformi in branco. E’ questo l’incubo
    dei potenti.”.

    Il gregge belante nell’ovile di casa può repentinamente, improvvisamente,
    trasformarsi in un branco di lupi assetati: è questa la particolarità di una
    condizione di assoluta fragilità di un Sistema che si è costruito solo ed
    esclusivamente sugli slogan propagandastici, sulle parole d’ordine buone per i
    comizi dei politici e da riportare ad ogni tornata elettorale su qualche
    manifesto, sul tam tam tambureggiante dell’opinionismo servile dei mezzi di
    informazione che osannano ad ogni buon conto le magnificenze del Potere
    relegando l’individuo alla sua mercè. Da questo stato di polizia mascherato, da
    questa condizione di apparente libertà che costituisce il principale punto di
    forza ed insieme di debolezza delle società moderne, può sempre nascere – in
    qualsiasi momento – una ribellione perchè dinnanzi alle forme nuove assunte dal
    totalitarismo, dietro alla maschera sorridente e arrogante di un potere che si
    autocelebra quotidianamente, nella penombra si possono annidare ribelli e
    nemici. Ribelli dei quali ovviamente non è attualmente possibile parlare….
    Nell’attuale scansione spazio-temporale manca qualsivoglia forma organizzata di
    dissenso: la tabula rasa sistemica che ha colpito le aree potenzialmente
    antagoniste dell’Occidente giudaico-mondialista nel periodo compreso fra la
    fine dei Settanta e i primi Ottanta ha reso pressochè nullo il valore di
    contrasto e tutte le iniziative volte a mutare una direzione di marcia generale
    caratterizzata da una progressiva normalizzazione. Occorrerà ‘preparare’ il
    “terreno” per chi verrà dopo di noi: è alle future generazioni di un domani
    lontano che sarà consegnato il ‘testimone’; è ai ribelli di domani che verrà
    delegato il compito di riprendere l’assedio delle metropoli capitalistiche
    occidentali. Ribelli che saranno, un domani, pronti a prendere d’assalto la
    cittadella del potere quando si sentiranno sufficientemente preparati e forti
    per colpire: avranno appreso l’arte del sabotaggio industriale, le tecniche
    della guerriglia, l’utilizzo dei mezzi per ribaltare rapporti di forza
    altrimenti improponibili ed allora, a quel punto, costituiranno un esercito,
    una forza armata, capace di essere immediatamente operativa e di contrastare le
    forze ‘regolari’ della repressione del Sistema borghese.

    Questa “armata” di ribelli “passati al bosco” sarà l’embrione di quel
    movimento di liberazione nazionale sul quale si dovranno fondare le nuove
    impalcature di un’ordinamento diverso; essi – i ribelli – costituiranno
    l’avanguardia militante e la coscienza vigile di quel voto “no” che
    raccoglieranno come un invito, un incentivo ed un segnale di solidarietà per
    aggregarsi in nuclei sempre più ampi di nemici del Potere. Attaccare i simboli
    del potere, colpire dietro le linee del nemico, sabotare gli ingranaggi della
    macchina di produzione – dei consumi e delle idee – saranno le manifestazioni
    di un dissenso che diviene ribellione, di una ribellione che in trasformazione
    può diventare rivoluzione: sono le premesse naturali per il rovesciamento
    dell’ordine costituito e i cardini per una metodologia di lotta e di vittoria
    che impegnerà l’avanguardia rivoluzionaria mobilitata attorno all’obiettivo
    principale della lotta al Sistema per la disintegrazione del Sistema. Hic et
    nunc.


    Al ribelle occorre il caos: occorre la produzione del caos, dell’instabilità,
    dell’insicurezza. Il ribelle si prepara ad una battaglia contro forze ingenti,
    ingentissime, molto più preparate e meglio armate di lui; forze addestrate per
    controllare e soprattutto reprimere, forze inquadrate in brigate, battaglioni e
    legioni speciali di agenti in servizio permanente ed effettivo al lato del
    Potere. Esemplare in questo senso potrà essere quella specie di “guerriglia
    urbana” settimanalmente ‘inquadrata’ e ‘pre-ordinata’ attorno all’evento
    sportivo: lo stadio diviene il campo di battaglia, le città possono
    trasformarsi rapidamente nella cittadella nemica da espugnare, il ‘branco’ dei
    lupi-ultrà che si muove al seguito della squadra ha lavorato per un’intera
    settimana strategie da ‘blietzkrieg’ per cogliere il ‘nemico’ (sia che si
    tratti della tifoseria avversaria sia che si tratti dei tutori dell’ordine in
    divisa) di sorpresa. Ovviamente quella della violenza-ultrà e del “pericolo”
    che i gruppi organizzati del tifo rappresenterebbero è semplicemente una
    “messinscena” che oramai viene abitualmente “lasciata evaporare”: fuochi fatui
    di norma che non impensieriscono il Potere che difatti lascia campo libero per
    lo scatenamento temporaneo di forme di ribellismo ininfluenti e incapaci di
    spostare anche di un millimetro i rapporti di forza nè tantomeno di ledere
    l’autorità dei rappresentanti istituzionali. La guerriglia ultrà domenicale è,
    in fondo, una specie di “gioco”, una finzione, un ‘mimare’ quella che dovrebbe
    essere la guerriglia rivoluzionaria…o, perlomeno, è ciò che pensano e
    desidererebbero sempre i detentori del Potere, coloro i quali hanno in mano le
    leve dei comandi del ‘gioco’. Non è detto comunque che, un domani, da queste
    ‘fazioni’ sbandate di ribelli ‘domenicali’ non siano possibili forme
    organizzate compiute di ribellismo anti-sistemico laddove queste masse
    costituirebbero indiscutibilmente una forza consistente capace di disarticolare
    e scombussolare per qualche ora gli apparati repressivi sistemici. E’ dagli
    sbandati delle metropoli grigie e fumose, dai ghettizati, sottopagati e
    sfruttati della catena di montaggio consumistica, dal sottoproletariato, da
    questa specie di embrionali agglomerati ribellistici e dagli istinti di rivolta
    e insubordinazione della gioventù che si deve ripartire, lo si voglia o meno,
    per costruire l’avanguardia rivoluzionaria dei ribelli, il nucleo centrale e la
    classe dirigente del futuro partito rivoluzionario antiborghese e
    antisistemico. Anche in questa ‘direzione’, soprattutto in questa direzione,
    sarà necessaria un’opera di ‘catechesi’ rivoluzionaria (…i ‘fondamentali’
    …) primo momento reale per dare al futuro combattente anti-mondialista una
    coscienza della propria missione storica. L’indottrinamento di quadri dirigenti
    e militanti costituisce pur sempre l’abc dell’azione politca di rottura delle
    regole e dei limiti imposti dal Potere. Questa fase avanzata della lotta deve
    comunque costituire un’opzione sempre valida per quel ‘balzo in avanti’ nella
    costituzione del partito rivoluzionario di massa.

    Ma facciamo un passo indietro e torniamo al nostro ribelle…a chi ha detto
    “no”…a coloro che si sono opposti in forme che possono ancora essere
    embrionali, incoscientemente o coscientemente che sia,al potere costituito. A
    questa schiera di irriducibili antagonisti devono essere date parole d’ordine
    per continuare la lotta politica, devono essere instillati valori che,
    inizialmente, a malapena forse riusciranno a riconoscere come propri, devono
    infine essere consegnate ‘direttive’ elementari ma concrete di azione
    rivoluzionaria. I ribelli non hanno divisa, soffrono la disciplina troppo
    severa, l’irrigidimento e l’inquadramento soffocanti: sono spiriti liberi che
    hanno a cuore la libertà – la loro e quella del loro ‘branco’ – e come tali
    tendono a muoversi, indisciplinati e fuggiaschi, alla stregua di un branco di
    lupi.

    Il ribelle conosce perfettamente la libertà e non sarà disposto a rinunciare
    ad essa quindi può, anzi deve, costituire un elemento incendiario, un
    catalizzatore di energie e la prima linea di un fronte offensivo che intenda
    colpire al cuore il sistema e le strutture di controllo e repressione del
    potere costituito. E’ questa l’avanguardia rivoluzionaria e sono questi i
    compiti che spettano ad una avanguardia rivoluzionaria: colpire senza sosta,
    colpire e scappare, mordi e fuggi, sabotare, disintegrare dietro le linee,
    disconnettere e disarticolare laddove possibile i meccanismi regolatori del
    Sistema.


    “Chiamiamo (…) Ribelle chi nel corso degli eventi si è trovato isolato,
    senza patria, per vedersi infine consegnato all’annientamento. Ma questo
    potrebbe essere il destino di molti, forse di tutti – perciò dobbiamo
    aggiungere qualcosa alla definizione: il Ribelle è deciso a opporre resistenza,
    il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata. Ribelle è dunque colui che
    ha un profondo, nativo rapporto con la libertà, il che si esprime oggi
    nell’intenzione di contrapporsi all’automatismo e nel rifiuto di trarne la
    conseguenza etica, che è il fatalismo. Considerandolo sotto questo aspetto, non
    avremo più dubbi circa il significato che il passaggio al bosco assume non
    soltanto nel pensiero ma anche nella realtà di questi nostri anni.” (6)

    Il Ribelle è di istinti anarchici perchè profondo è il suo concetto di
    libertà, perchè sente la libertà come una condizione naturale, perchè persegue
    l’obiettivo – con tutte le proprie forze ed i mezzi che ha a disposizione -
    della sua libertà: è l’autarca-nichilista dei nostri giorni lo stilema di
    riferimento e l’archetipo del rivoluzionario del Terzo Millennio. Il Ribelle
    jungeriano sente di non appartenere più a niente e niente ha da perdere in una
    lotta disperata contrassegnata dalla rinuncia a qualunque cosa all’infuori
    della libertà. E’ un nichilista, un inguaribile romantico, un irriducibile
    asceta dell’azione per l’azione. E’ colui che varca imperturbabile il
    “meridiano zero” e si da alla macchia, compiendo quel ‘passaggio al bosco’
    essenziale per “vivere” pienamente la sua libertà altrimenti blindata,
    controllata e violentata dalle forme preventivo/repressive del Potere. In lui
    vive e rivive la passione e l’eredità ideale del nichilismo, il fuoco sacro
    dell’azione romantica, il radicalismo del combattentismo di quegli arditi o di
    quei legionari fiumani che andavano, baionetta tra i denti e fucili spianati, a
    “cercar la bella morte” sui campi di battaglia della prima guerra mondiale.
    Nella sua immagine rivive la furia anti-modernista dei primi socialisti,
    l’impeto tsunamico delle prime manifestazioni sindacaliste, la sfida lanciata
    ad un potere borghese dall’irruenza anarcoide del tardo Ottocento (….”la
    fiaccola dell’anarchia” cantava Francesco Guccini ne “La locomotiva”….).

    Ora occorrerà una ‘distinzione’ ‘conforme’ giacchè le considerazioni finora
    espresse devono situarsi al di là di un ‘posizionamento ideologico’ e ancor più
    lontano da qualunque condizionamento o ‘fascinazione’ partitico-politica:
    occorre cioè ‘fissare’ i ‘limiti’ della nostra “chiamata alle ‘armi’” e
    identificare su di un piano non astratto qual’è il tipo-umano al quale ci
    riferiamo quando parliamo del nostro ribelle.

    Esistono azioni che possono mutare radicalmente lo scenario socio-politico di
    un determinato Stato ed esiste una forma, divisa interiore, che dev’essere
    concepita quale ‘luogo’ ideale del deposito di valori verso i quali situare la
    predetta azione di rottura: qualora intendessimo riferirci ad una mutazione dal
    basso dell’ordine costituito occorrerà pur sempre invertire la rotta in senso
    ascendente, ponendo la sfera della nostra azione su di un piano verticale per
    ciò che riguarda i principii teorici mentre risulterà necessariamente conforme
    una dimensione su di un piano orizzontale per quanto concerne la pratica
    quotidiana (essere tribù attualmente non sposterebbe di un millimetro gli
    attuali equilibri di potere e condurrebbe le future avanguardie rivoluzionarie
    ad una sonora disfatta). Occorre cioè ‘fissare’ qualche ‘dato ontologico’
    riguardo al nostro ribelle.


    A questo proposito, e giustamente, scrive Julius Evola: “una caratteristica
    dei tempi ultimi è l’urgenza, la spinta e l’azione di rottura esercitata dal
    basso, e in funzione del basso, sulle strutture esistenti: il che corrisponde
    al solo significato proprio e legittimo del termine “sovversione”. Questa
    situazione ha per evidente presupposto la crisi dell’insieme delle strutture di
    cui si tratta: siano esse strutture politico-sociali che culturali e
    intelletuali. Così essa si accompagna ad un processo contro il mondo moderno,
    la società borghese e il capitalismo, contro un ordine ridottosi ad essere un
    disordine esteriormente frenato, contro forme di esistenza divenute prive di
    ogni significato superiore, disumanizzanti, creatrici – per usare un termine
    ormai abusato – di “alienazioni”. La rivolta contro tutti questi aspetti di una
    civiltà problematica può essere legittima. Ma ciò che caratterizza i tempi
    ultimi è la carenza di ogni azione rettificatrice, liberatrice o restauratrice
    dall’alto: è il fatto che si permette che l’iniziativa e l’azione, spesso
    necessaria, di rottura, avvengano appunto partendo dal basso; dal basso, inteso
    sia con riferimento a strati sociali inferiori, sia a valori inferiori. Così la
    conseguenza quasi inevitabile è lo spostarsi del centro di gravità verso un
    livello che sta ancor più giù di quello delle strutture entrate in crisi e
    divenute quasi prive di ogni contenuto vitale.” (7)

    Queste considerazioni preliminari di Evola ci inducono ad una chiarificazione:
    allo sgretolamento circostante dell’insieme delle strutture che costituiscono
    il mondo in decadenza che definiamo borghese occorre guardare con distacco,
    disinteresse e assoluta superiorità: la difesa dell’esistente non deve
    interessare nè su di un piano materiale-operativo nè tantomeno su un livello di
    partecipazione più o meno ideale; occorre mantenere le distanze e saper mediare
    fra posizioni difensivistico-legalitarie, funzionali al mantenimento dello
    status quo ed a ritardare il suo inevitabile crollo, e banale primitiva
    istintività disgregatrice fine a sè stessa.

    Il livello di sfaldamento etico e quello di assoluta devastazione ontologica
    non ci permettono passi falsi nell’una o nell’altra direzione: se da un lato si
    andrebbe a procastinare l’inevitabilità della fine, del tramonto, della società
    borghese; dall’altro lato si accelererebbero esclusivamente pulsioni tellurico-
    materialistiche che aumenterebbero esclusivamente lo stato caotico senza
    imprimere una svolta rettificatrice al quale, comunque, deve tendere
    un’avanguardia rivoluzionaria consapevole di operare per l’avvento di un mondo
    nuovo e l’edificazione/educazione di un tipo umano completamente rigenerato ed
    alieno dalle sirene fascinanti e dai miti incapacitanti del progressismo e
    dell’umanesimo dei quali sono abbaondantemente infarcite le teorie
    internazionalistico-egualitariste. La nostra lotta ribellistica ha obiettivi di
    costruzione di un ordine nuovo; mira alla creazione di Imperium, di comunità
    organiche, di società e sistemi sociali liberatisi definitivamente da tutto
    l’insieme posticcio di quelle superstizioni utopistiche che hanno
    caratterizzato la storia umana dalla rivoluzione dei Lumi francese fino ai più
    recenti avvenimenti del Sessantotto novecentesco.

    E su questo crediamo non esista alcuna discussione così come non dovrebbero esisterne – per quanti realmente antagonisti e ribelli al Sistema -
    relativamente alla necessità di una radicale opposizione a tutto il mondo dei
    valori borghesi ed all’ordinamento politico e sociale che di quei valori e di
    quegli ideali è il ‘tenutario’ ed assieme l’erede ‘degnissimo’. La
    disintegrazione del Sistema è premessa d’azione rivoluzionaria e consegna
    militante alla quale non deve mancare il contributo di tutti coloro i quali
    sono (o tali si proclamano) non soltanto ‘alternativi’ ma irriducibilmente
    nemici ed avversari.

    Evola in merito infatti sottolinea ludicamente come “che si possono denunciare gli errori, i difetti e le degenerazioni di un sistema, si può essere, ad
    esempio, contro la borghesia e contro il capitalismo, però partendo da un piano
    situato al disopra e non al disotto di esso, in nome non dei valori
    “proletari”, cosiddetti “sociali” o collettivistici, bensì di quelli
    aristocratici, qualitativi e spirituali: i quali valori potrebbero dar luogo ad
    un’azione rettificatrice perfino più radicale, qualora si trovassero uomini
    veramente alla loro altezza, muniti di sufficiente autorità e potere, tanto da
    prevenire e stroncare con una rivoluzione dall’alto qualsiasi velleità o
    principio di rivoluzione dal basso.” (8).


    Dunque aristocrazia elitarismo e visione ascetico-tradizionale sul piano dei
    principii per un’azione ribellistica e disintegrativa delle ultime ‘vestigia’
    decadenti e desolanti del Potere della borghesia. Questa la divisa-interiore
    che dovrà caratterizzare il nostro Ribelle “contro il mondo moderno”; il
    Ribelle di Junger, la metallica forma spartana di uno stilema di ‘razza’
    superiore, di un lucido fanatismo che mira ad essere sempre più
    irriducibilmente e radicalmente fanatico!

    Il Ribelle jungeriano è l’autarca nichilista, un singolo braccato da un
    ordine che esige innanzitutto il controllo capillare e la repressione
    sistematica per autocelebrarsi e legittimare la propria autorità. Contro questo
    Sistema si desterà un “uomo-nuovo”, un individuo alieno dai compromessi e
    insensibile alle fascinazioni diversive, superiore alle sirene adulatorie ed ai
    meschini e vili giochetti di potere; un individuo – evolianamente parlando -
    realmente “differenziato”; un soggetto-nuovo della Storia, l’asse di
    congiunzione tra i valori della Tradizione informale eterna e le radicalità
    ideologico-politiche espressione di quel mondo del combattentismo,
    dell’arditismo e dell’azione che consacrarono la “generazione del fronte” che,
    nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, seppe creare i presupposti per
    un nuovo idealismo ed una nuova visione eroico-virile della vita. Il Ribelle
    che intendiamo prefigurare per l’avvenire sarà, in condizioni improponibili di
    rapporti di forza illogici ed assurdi, disposto all’atto estremo, a dare
    costantemente battaglia, a proseguire irriducibilmente la lotta. E’ a questo
    individuo che ovviamente sono indirizzate queste considerazioni d’ordine
    generale…. Un individuo che non ha niente, ovviamente, a che spartire con il
    luccichio civettuolo e illuministico dei ‘proclami’ sui diritti dell’uomo e
    sull’egualitarismo sociale perchè – contro queste costruzioni del pensiero
    borghese – saprà irrompere la furia cieca della ribellione, l’azione diretta e
    devastante che frastuona, scuote e risveglia le coscienze, il faro illuminante
    imprevisto ed imprevedibile del grande sovvertimento, il caos informe che
    genera emozioni e nuove forme di vita e, dulcis in fondo, il grido di rivolta
    del ribelle inquieto ed inquietante dei tempi moderni: dal caos ad un nuovo
    ordine; dal magma incandescente del vuoto post-nichilista a forme altre di
    evoluzione; dalla sfera emotiva, tellurica lunare e discendente ai valori
    eterni della razionalità consapevole e responsabile e ad una concezione
    metafisica, solare e ascendente della vita e dell’uomo.

    Al di là del bene e al di là del male perchè, comunque, ribellarsi è giusto!

    DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

    DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA “ISLAM ITALIA”

    REBELDIA

    11 GIUGNO 2010

    NOTE -

    1) Sergio Gozzoli – “Sulla pelle dei popoli – Viaggio nel labirinto del
    potere mondialista” – Nr. speciale de “L’Uomo Libero – Rivista trimestrale -
    Milano – Anno IX – Nr. 27 – Giugno 1988;

    2) Alain De Benoist/ Guillaume Faye – “La religione dei diritti dell’uomo” -
    in “Diorama Letterario” – Firenze - Nr. 127 – Giugno/Luglio 1989;

    3) Ernst Junger – “Trattato del Ribelle” – Ediz. “Adelphi” – Milano 1990;

    4) Ernst Junger – “Oltre la linea” – Ediz. “Adelphi” – Milano 1993 ( crf E.
    Junger/M. Heiddeger – “Oltre la linea”);

    5) Ernst Junger – “Trattato del Ribelle” – Ediz. “Adelphi” – Milano 1990;

    6) Ernst Junger – ibidem;

    7) Julius Evola – “Rivoluzione dall’alto” – (crf J. Evola – “Ricognizioni -
    Uomini e problemi” – Ediz. “Mediterranee” – Roma 1974;

    8 ) Julius Evola – ibidem;

    Articolo pubblicato sul blog Dagoberto Husayn Bellucci: bio/biblio/grafica | Dagoberto Husayn Bellucci – 2010 in data 11 Giugno 2010
    LIBERTAD - JUSTICIA - DIGNIDAD
    PATRIA - SOCIALISMO - REVOLUCIÓN

    http://adversariometapolitico.wordpress.com/

  8. #28
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  9. #29
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    Predefinito Rif: Dagoberto Bellucci

    LA DICHIARAZIONE DI GUERRA DELL’INTERNAZIONALE EBRAICA ALLA GERMANIA HITLERIANA






    di Dagoberto Husayn Bellucci

    “Noi, uomini di questo governo, ci sentiamo responsabili di fronte alla storia della ricostituzione di un popolo ordinato e, quindi, della vittoria definitiva sulla follia delle classi e sulla lotta di classe…Ci appelliamo al popolo tedesco affinchè firmi egli stesso quest’atto di riconciliazione. Il Governo della rinascita nazionale vuol lavorare e lavorerà. La rovina della Nazione non fu opera sua, ma ora esso vuole condurre questa Nazione a nuova vita, ed è deciso a riparare in 4 anni gli errori commessi in 14. Tuttavia esso non può sottoporre il lavoro di ricostruzione al consenso di coloro che sono colpevoli della rovina. I marxisti e i loro compagni hanno avuto 14 anni per mostrare ciò che sapevano fare; il risultato è un campo di macerie. Ebbene, popolo tedesco, concedici 4 anni di tempo e poi ci giudicherai. Fedeli all’ordine del Maresciallo, noi vogliamo incominciare. Possa Dio onnipotente concedere la sua grazia al nostro lavoro, orientare la nostra volontà, benedire la nostra intelligenza e colmarci della fiducia del popolo! Perché vogliamo combattere non per noi stessi, ma per la Germania!”



    ( Adolf Hitler – Discorso alla Radio Nazionale – 1 Febbraio 1933 crf – W. Jaeger – “Esbegann am 30 Januar” – Ein Funkmanuscript, Juventa , Verlag - Munchen RFT 1958 )








    Il Nazionalsocialismo è, nella sua totalità, l’espressione massima ed insindacabile dell’esperienza politica, sociale, economica e militare del Fascismo europeo che, nel periodo compreso tra la fine della prima guerra mondiale (1919) e la fine dell’aggressione ordita dall’Internazionale Giudaico-Massonica contro l’Europa mediante il secondo conflitto mondiale (1945), rappresenterà il superamento di tutto il mondo degli Immortali Principi dell’Illuminismo e della Rivoluzione giacobina francese da un lato e delle idee sovversive del materialismo di stampo marxista dall’altro lato.

    Le Rivoluzioni Nazionali intervenute tra le due guerre mondiali nel continente europeo saranno pertanto la sintesi ideologico-politica tra la tesi democratico-parlamentarista d’ispirazione borghese (Rivoluzione-madre francese del 1789) e l’antitesi terroristico-sovversiva d’ispirazione proletaria (Rivoluzione bolscevica sovietica del 1917) ossia la soluzione definitiva del rapporto conflittuale tra classi sociali determinato dalla rivoluzione industriale d’inizi Ottocento e avviluppato irrimediabilmente su se stesso dalla dialettica dell’invidia e del rancore realizzata dal marxismo.

    In questo contesto la Rivoluzione Crociuncinata nazionalsocialista che prenderà il potere in Germania il 30 gennaio 1933 porterà a compimento il piano di rinascita nazionale auspicato da Adolf Hitler fin dall’inizio della sua lotta contro il Giudaismo ed i suoi più temibili strumenti di sottomissione delle masse (il capitalismo e il comunismo):la Germania invitta sui campi di battaglia della prima guerra mondiale e pugnalata alla schiena dalla cricca dei politicanti traditori avrebbe ritrovato onore e dignità perdute e prostituite sull’altare degli interessi ebraici attraverso il bagno purificatore della riconciliazione volkisch sotto il sacro simbolo della Svastica.

    Crollava definitivamente l’effimera e odiata Repubblica di Weimar, nata dal tradimento, dalla congiura dei nemici dello Stato, dagli intrallazzi dei partiti che come avvoltoi si sarebbero accaniti per 14 lunghi anni sul corpo esangue di una nazione stremata dai ricatti dell’usurocrazia finanziaria internazionale e disintegrata moralmente da un’intensa attività di bolscevizzazione della cultura e della società che, tra il 1919 ed il 1933, avrebbe quasi totalmente avvolto e compreso ogni settore della vita nazionale.

    Weimar, la repubblica degli Ebrei e dei loro portaborse democratici rappresentava, fin dalla sua fondazione, nient’altro che il terreno di scontro tra le forze della rinascita nazionale e le organizzazioni terroristiche della Sovversione giudaico-bolscevica ovvero un tessuto necrotico già ampiamente devastato da avanzati processi di decomposizione culturale, politica e socio-economica.

    La nomina a Cancelliere del Reich di Adolf Hitler sarà dunque la conclusione naturale di una cavalcata nel deserto all’interno del nichilismo moderno; una ‘marcia notturna’ compiuta arditamente dal movimento nazionalsocialista tedesco che si assumerà la missione storica alla quale era chiamato fin dalla sua costituzione: ridare speranza e restituire onore e dignità al popolo ed alla nazione tedesca.

    Adolf Hitler realizzerà pertanto il compito di rinnovamento su basi razziali della Germania: il suo programma chiarissimo e radicale sarà il perno sul quale ruoteràla GrandeOperadi rinascita di un’intera nazione.

    Le parole d’ordine del Fuhrer saranno la consegna inflessibile che fascinerà la gioventù e rassicurerà il resto della popolazione sull’avvento di una nuova alba fondata su un periodo di pace sociale e armonioso sviluppo economico e industriale ed infine sulla ritrovata strada dell’onore che restituirà la dignità perduta alla nazione di fronte al concerto degli altri Stati europei.

    Hitler sarà categorico nel perseguire il programma di risanamento nazionale e ancor più inflessibile nella costruzione del Terzo Reich che dovrà corrispondere alla volontà popolare ed essere modellato interamente ed organicamente sui principi del Nazionalsocialismo.

    I principi hitleriani saranno quelli tratteggiati ed auspicati negli anni Venti da Oswald Spengler, il profeta del tramonto dell’Occidente, condizionati da una serie di immagini che il futuro Fuhrer del Nazionalsocialismo avrà modo di assorbire e metabolizzare nella sua esperienza pre-bellica di apolide tra Vienna, la città cosmopolita ebraicizzante, e Monaco di Baviera, una città che racchiude, nelle parole e nell’idea di Hitler, i tratti caratteristici della vera città germanica tanto da indurlo, nel Mein Kampf, a scrivere: “non conosce la Germania e non conosce l’arte tedesca innanzi tutto chi non ha visto Monaco”.

    “La città stessa mi pareva familiare come se io avessi abitato da molti anni fra le sue mura. Una città tedesca: ma quale divario con Vienna, quella babilonia di razze!” sentenzia Adolf Hitler in questo affine alla visione anti-modernista di Spengler ed al suo disprezzo per le città mondiali.



    “Ora che cosa è che Spengler paventa sotto il nome di città mondiale? Il predominio di una massa “inorganica, sterile, irreligiosa, aridamente intelligente, in rotta con i simboli e le leggende del passato, avida di benessere”, il predominio della massa anonima degl’inquilini dei palazzoni razionalizzati, la quale parteggiava perla Social-democrazia ed il comunismo. Il Nazionalsocialismo è una riscossa della vecchia Germania provinciale, rurale e artigiana contro Berlino plutocratica ed ebraica, una riscossa della campagna “organica” contro la metropoli “inorganica”, delle idee di patria, di sangue e di onore contro l’edonismo cosmopolita, della piccola proprietà e della piccola impresa contro il capitale anonimo e indifferenziato. (…) In sostanza Hitler rielabora, trasferendolo nel piano politico, il sistema di giudizio che Splengler aveva già pronunciato in merito alla preconizzata catastrofe dell’Occidente.” (1)

    Il Nazionalsocialismo tedesco sarà dunque decisamente e radicalmente anticomunista e anti-plutocratico, oppositore tanto della reazione conservatrice borghese di destra quanto della socialdemocrazia entrambi genitori legittimi del bolscevismo con il quale intendevano spartirsi la Germania e, in prospettiva, l’intera Europa.

    L’idea di rinascita nazionale auspicata dal Nazionalsocialismo farà dunque breccia nella Germania profonda quella del “blut und boden” (Sangue e Suolo) , rurale e contadina, che dalle campagne arriverà a conquistare i cuori e le menti malate delle città, dalle province al cuore delle metropoli, dall’ultimo dei lander alla capitale Berlino, la rossa, caduta infine sotto il fascino esercitato sulle masse diseredate sottoproletarie urbane ed industrializzate dalle idee d’ordine e rinnovamento hitleriane.

    Lo spirito del Nazionalsocialismo sarà pertanto anti-marxista, anti-proletario, anti-illuminista perché la nuova Germania del Terzo Reich nascerà per combattere la civiltà inorganica creata dal capitale anonimo e dall’industrializzazione capitalista snervante e alienante che ha provocato la nascita di un proletariato (lumpenproletariat) abbrutito che crea nuove mostruosità ed aberrazioni nella figura dell’operaio internazionalista , senza patria e senza ideali, che rappresenta lo stereotipo del tipo-umano facilmente preda delle idee demoralizzatici e sovversive del marxismo: un sub-umano deambulante, un paria della società, un individuo alienato, un numero tra i numeri della grande catena di montaggio capitalista.

    Lo spirito marxistoide trionfante nella Repubblica di Weimar è lo spirito di decomposizione ebraico che si manifesta attraverso la socialdemocrazia ed il liberalismo, il comunismo e la proletarizzazione sociale. E’ un sommovimento ed un processo che mira alla disintegrazione radicale del vero spirito germanico, una forza irrazionale che promuove la normalizzazione verso il basso dell’intera società, dinamiche sovversive che manifestano chiaramente una volontà ed un istinto di distruzione dell’esistente, del passato, del tradizionale.

    Weimar sarà il substrato istituzionale e sociale che permetterà a queste forze caotiche, a questa specie di magma incandescente che tutto investe e tutto distrugge, di prendere il sopravvento con un impeto ed una furia livellatrici che si nutrono delle parole d’ordine della democrazia e dell’egualitarismo e promuovono l’egoismo di massa, l’individualismo, la dissacrazione della società, la prostituzione della vita amorosa, la “mammonizzazione” dell’esistenza, l’affermazione di stampa e mezzi di comunicazione promotori di messaggi dissolvitori, l’internazionalizzazione infine delle masse.



    In questa cornice crepuscolare la Rivoluzione crociuncinata viene concepita da Adolf Hitler come l’avvento di una nuova era, primo segno di un rinnovamento che dovrà essere millenario, la genesi della rinascita tradizionale e metafisica delle forze chiamate a raccolta sotto il simbolo dello svastica: la rivoluzione stessa si sarebbe convertita in una specie di Inno alla gioia di schilleriana intonazione.

    In particolare occorre sottolineare l’estrema coerenza tra il pensiero politico e l’azione svolta da Hitler nell’edificazione della nuova Germania. ‘Rileggetevi’ e ‘comprendiate’ il più completo testo rivoluzionario, autentico catechismo per i rivoluzionari di ogni epoca, mai partorito dalla storia del pensiero politico ovvero il “Mein Kampf”.

    Nemico mortale della rinascita nazionale tedesca, del movimento nazionalsocialista e del suo Fuhrer sarà l’Internazionale Ebraica la quale si porrà immediatamente come ostacolo sulla strada della liberazione della Germania e l’instaurazione su base continentale di un nuovo ordine politico, sociale, economico e militare risultante dall’affermazione delle Rivoluzioni Nazionalpopolari condotte contro i sistemi democratici parlamentari docili strumenti del Potere Segreto giudaico-massonico.

    Scrive Maurizio Lattanzio: “Il Fuhrer imprimerà un inarrestabile impulso dinamico alle potenzialità rivoluzionarie ‘contenute’ nella questione ebraica, ‘liberandole’ dallo statico esclusivismo dei circoli intellettuali. Al di là degli imbarazzati ‘borbottii’ degli attuali sedicenti militanti antimondialisti che, ‘aggiungendo’ la propria avidità alla prevalente egemonia ebraica, hanno colpevolmente contribuito a costruirne la fama di argomento ‘proibito’ la questione ebraica, secondo il Fuhrer, dovrà assumere la forma dell’antigiudaismo militante, proponendosi quale primario coefficiente di identificazione delle linee antagoniste del movimento di massa antisistema: “…il movimento nazionalsocialista diede al problema ebraico tutt’altra spinta. Esso riuscì a togliere questo problema dai ristretti circoli di strati superiori o piccolo borghesi ed a trasformarlo nel motivo dirigente di un grande movimento popolare”. Al di fuori di una consapevole e approfondita prospettiva strategica antigiudaica, non esiste dunque lotta al Sistema…poi, evidentemente, ognuno potrà ‘raccontarsela’ come crede…” (2)

    Il Nazionalsocialismo tedesco ha subito una sconfitta militare e non politica. Per questa semplicissima verità fattuale e storica occorre affermare che, al di là delle contingenti ed irripetibili ‘forme’ assunte dalla manifestazione della metastorica ‘apparizione’ del Terzo Reich, restano immutate e valide tutte le analisi, le tesi, le riflessioni e le intuizioni politiche ed ideologiche della dottrina hitleriana la quale è miccia rivoluzionaria ‘capacitante’ e ‘funzionale’ allo schiantamento dell’ordinamento democratico-borghese dell’Occidente giudaico-mondialista (… la disintegrazione del sistema…).

    Non esiste anti-mondialismo senza anti-giudaismo.



    Non esiste opposizione al Sistema giudaico-mondialista senza l’affrontamento della Questione Ebraica.



    Au revoir…



    DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

    Direttore Responsabile Agenzia di Stampa “Islam Italia”

    Note –

    1 – Lorenzo Giusso – “Due scritti sul Nazionalsocialismo” – Edizioni “Settimo Sigillo” – Roma 1989;

    2 – Maurizio Lattanzio – Recensione Libraria a Adolf Hitler – “Mein Kampf” ; da “Avanguardia” Anno 9 Nr. 83 – Ottobre 1992;

    In merito a quanto scritto venti anni fa dall’unico sodale autenticamente incontrato nel corso della nostra peregrinazione politica sottolineiamo come siano palesi le ‘estroversioni’ – veri e propri numeri circensi – dei tanti autoproclamatisi antimondialisti d’ogni ‘colore’ e di tutte le ‘risme’…Eppure, al di là delle ciancie e delle masturbazioni più o meno intellettualoidi, degli effimeri altisonanti proclami di ‘guerra’ e delle trastullazioni conferenzieristico-scrittorie dei più non riusciamo francamente a ‘vedere’ i risultati… ‘Contenti’ voi ‘contenti’ tutti… A noi non interessa. ‘Divertitevi’ pure tra conferenze e seminari…abbiamo decisamente altro, e di meglio, da fare.












    LA DICHIARAZIONE DI GUERRA DELL’INTERNAZIONALE EBRAICA ALLA GERMANIA HITLERIANA

  10. #30
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    Predefinito Rif: Dagoberto Bellucci

    LA QUESTUA SIONISTA



    - di Dagoberto Bellucci










    Silenziata dal rumore referendario – l’ennesima inutile chiamata alle urne da parte della partitocrazia, presidio oligarchico secondario del Sistema inefficace a risolvere le contraddizioni politico-sociali ed economiche di un paese schiantato dal modello di democrazia mafioso-clientelare che controlla il territorio e rappresenta tutti i partiti politici (…ed ha un bel dire il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani che il voto ha dimostrato un divorzio tra il paese ‘reale’ e il ‘Palazzo…premesso che c’è una maggioranza di elettori che continua a credere alle ‘fole’ della politica ‘kosher’ italiota – per interesse e convenienza e pure per cronica idiozia – occorrerà che qualcuno ricordi al ‘leader’ democratico che anche lui, con tutti i suoi ‘compagni’ appartiene alla stessa casta…quindi se il ‘popolo’ – come ha sostenuto immediatamente dopo l’esito referendario – ha bocciato con il suo voto la politica energetica e giudiziaria dell’esecutivo schierandosi trasversalmente contro il palazzo sarà bene che anche i sinistrati dell’opposizione si interroghino e anche seriamente perché, se sedici anni di berlusconismo ha culturalmente disintegrato e politicamente stuprato questo paese è altrettanto vero che la Si(o)nistra brancola nel buio più pesto in quanto ad idee, programmi e soprattutto uomini…inizi con un salutare mea culpa Bersani forse arriverà a comprendere molti degli errori ed orrori del recente passato di una politica che non ha più alcun senso né altra logica che non sia il profitto ed il business) – è passata quasi inosservata la visita nella colonia sionista i’tal’yana di Benjamin Netanyahu il capo dell’esecutivo dei massacratori sionisti accampati terroristicamente da oltre sessant’anni in Palestina alias l’emporio criminale ebraico denominato “Israele”.

    Il capo dei terroristi con kippah di Tel Aviv è venuto dunque in visita a Roma ricambiando l’ossequiosa e indegna peregrinazione pietosa effettuata nel febbraio 2010 da Silvio Berlusconi accompagnato da mezzo esecutivo. La politica estera del governo di centro-destra assomiglia oramai sempre più alla brutta fotocopia di quella degli altri esecutivi europei ovvero la sbracata e servizievole sottomissione ai diktat imposti dalla Sinagoga Mondiale alla faccia dei tanti poveri deficienti che blateravano o scarabocchiavano cazzate interplanetarie relative ad una presunta (…nei loro ‘sogni’ di poveri complessati della sottopolitica…) indipendenza decisionale del “Cavaliere” di Arcore (…da sé quello nemmeno il telecomando di casa sua potrebbe utilizzare per cambiare canale televisivo…per quanto padrone di un impero mediatico di prim’ordine…).



    Il conflitto intervenuto tra la NATO e la Libia dell’ex amico ed alleato del buffone di Arcore ha sostanzialmente eliminato ogni dubbio in merito alla effettiva autonomia berlusconiana in politica energetica, economica e commerciale per quanto riguarda gli affari esteri: una spaventosa bufala propagandistica (come d’altronde tutto quanto prodotto dal berlusconismo in questi sedici anni di fumosissime promesse in stile edonistico reaganiano che hanno trasformato la politica italiana in un postribolo indegno e irrequieto concentrando nelle mani di un individuo che non è nient’altro che il burattino di una fazione determinata dei Poteri forti – quella massonico-pidduista – per la quale il Silvio nazionale scelse la discesa politica…unitamente alla salvaguardia dei propri personalissimi ed ingentissimi interessi privati) che ridimensiona gli spazi di apparente manovra finora concessi dall’Establishment sionista statunitense al suo folkloristico alleato…



    E’ finita un’epoca…vediamo di prenderne atto perché il conflitto scatenato dalla Francia su ‘delega’ mondialista, avallo statunitense e successivo aiuto NATO rappresenta e sigilla definitivamente sessant’anni di politica mediterranea ‘alternativa’ concessa alla colonia italiota per la sua adesione al Patto Atlantico; è il momento di voltare pagina, è questo il messaggio che deve essere recepito dai politici romani da questa ennesima avventura bellica contro una nazione musulmana.

    Ma torniamo alla visita silenziata di Netanyahu a Roma… Un mini-vertice che ha riunito i ministri i’tal’yani assieme ai loro colleghi israeliani fra i quali l’esponente dell’ala più oltranzista della destra sionista, Avigdor Lieberman, per il quale la ‘soluzione’ del problema palestinese sarebbe rappresentata dalla colonizzazione forzata della Cisgiordania e dalla tabula rasa del focolaio islamista della Striscia di Gaza…idee non nuove che si coniugano con quelle, spesso rilanciate dall’attuale rappresentante dei coloni, di un’espulsione di massa dei palestinesi.

    Palestinesi che sono, quotidianamente e nel più assoluto silenzio mediatico, ancora vittime dell’aggressione sotterranea delle forze di sicurezza sioniste (..ma del genocidio palestinese tranne qualche ridicolo stralo e la voce coraggiosa ma fioca di qualche coraggioso blogger chi realmente si interessa nel pianeta delle marionette asservite a Sion?… ‘storia’ vecchia…).

    Cosa è venuto a ‘domandare’ ‘Bibi’ Netanyahu al suo amico Berlusconi? Sostanzialmente sostegno economico sul fronte degli investimenti italiani nel presidio ebraico della Palestina occupata e, in maniera ‘consona’ alle usanze usuraie della sua razza, a rilanciare richieste di solidarietà a “Israele” per fare fronte alla ‘minaccia’ iraniana che – a quanto pare – resta il principale (…noi diremmo il solo…) problema per Tel Aviv.

    Un problema che incute timori alla dirigenza israeliana stretta da anni tra un attendismo mortificante il proprio caratteristico militarismo genetico (“Israele” è un presidio che si regge esclusivamente sull’esportazione del terrorismo in tutto il Vicino Oriente e vive della e con l’espansione bellicista determinata dalla propria complessata volontà di egemonia regionale) e l’irresistibile tentazione tragica di cominciare un’ennesima avventura senza ritorno scatenando le proprie forze armate.

    Il vertice bilaterale di Villa Madama è servito al premier sionista per incassare l’ennesima genuflessione italiana di fronte alle pretese di “Israele” di dettare i tempi dell’agenda politico-diplomatica relativa al Nuovo Ordine che Usrael intende diffondere in tutto il Vicino Oriente: dopo il secco rifiuto all’alleato statunitense Netanyahu ha ottenuto l’immancabile appoggio di Roma per congelare eventuali iniziative di parte palestinese in attesa della definizione dei nuovi assetti geopolitica della regione.

    “Israele” prende ‘tempo’ in prospettiva di valutare pienamente quale sarà l’orizzonte strategico che si va delineando a seguito della cosiddetta “primavera araba” alla quale i sionisti guardano con rinnovato interesse come ad un possibile cavallo di troia con il quale riuscire a destabilizzare il principale antagonista regionale (la Siria di Bashar el Assad alle prese con le sollevazioni di piazza da un mese a questa parte).

    La richiesta di Netanyahu è stata, da questo punto di vista, chiarissima: “Israele” incassa l’appoggio del governo italiano in relazione alla possibile richiesta che l’Autorità Nazionale Palestinese intenderebbe avanzare dal prossimo settembre all’assise delle Nazioni Unite per un riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese da parte della comunità internazionale.

    Berlusconi ha avallato la posizione di totale chiusura israeliana garantendo all’amico Netanyahu che l’Italia darà il suo contributo per fermare questa iniziativa dell’A.N.P. e dichiarando che “la pace passa attraverso i negoziati” e non con “decisioni unilaterali”: venti anni di estenuanti round negoziali tra israeliani e palestinesi dimostrano esattamente il contrario ma questo figuriamo quanto può ‘occupare’ il Cavaliere di Arcore impegnato a tirare a campare con il suo governicchio traballante.



    Netanyahu dal canto suo ha tenuto a precisare che oltre alla questione israelo-palestinese rimane in primissimo piano il problema del nucleare iraniano. Stando a quanto riporta l’Agenzia Ansa il capo del governo d’occupazione sionista ha sottolineato che l’Iran rimane il principale ostacolo alla pace nella regione per fermare il quale tutti i mezzi sarebbero ancora al vaglio il che, fuor di metafora, significa semplicemente che l’asse del terrore us-raeliano non ha ancora definito alcuna strategia né sa esattamente quali pesci pigliare.

    Secondo il premier sionista fintanto che Teheran non sarà fermata con il suo programma di sviluppo nucleare difficilmente sarà pensabile un cambiamento al vertice della teocrazia sciita: secondo Netanyahu in Iran non ci sarà alcuna “primavera araba” ma solo un “inverno persiano”.

    Ora al di là delle metafore metereologiche utilizzate dal capo della banditaglia sionista occorre comprendere l’agitazione che muove in queste ultime ore “Israele” preoccupata per un’escalation di sommovimenti e di manifestazioni di piazza che potrebbero coinvolgere, come accaduto in occasione dell’anniversario della “Nakba” (in arabo la Tragedia termine con il quale il mondo arabo designa la nascita dello “stato” ebraico nella primavera del 1948) ai suoi confini libanesi e siriani, anche la popolazione arabo-palestinese riaccendendo la miccia dell’Intifadah.

    L’ipocrisia sionista si spinge oltre: Netanyahu ha ribadito che “Israele” non permetterà che l’Iran prosegua nel suo programma nucleare aggiungendo che sarà compito della “comunità internazionale” – il che fuor di metafora significa l’alleato statunitense con la complicità di qualche servile scagnozzo al seguito e sotto l’egida dell’ONU – fermare i dirigenti iraniani con qualunque mezzo compresa l’iniziativa militare che per il premier israeliano rimane sul tavolo delle opzioni possibili.

    Premesso che il programma nucleare iraniano è adibito esclusivamente ad uso civile, che sono oramai cinque anni che con qualunque mezzo israeliano e americani stanno cercando di bloccare lo sviluppo energetico della Repubblica Islamica utilizzando pressioni e indebite interferenze, che i controlli al quale sono sottoposte le centrali nucleari iraniane da parte dell’AIEA sono quasi periodici e meticolosi e non hanno mai rilevato alcunché di anomale occorre eliminare il campo da ogni equivoco e sottolineare come simili parole siano state pronunciate dal capo di un regime d’occupazione criminale che da mezzo secolo è la sola ed unica entità nucleare della regione ed anche il solo che ha espressamente minacciato, più volte e pubblicamente, i suoi vicini arabi di scatenare una ecatombe atomica in caso di aggressione… Ma ‘questo’ non ‘conta’ ovviamente, come non contano le oltre 300 testate nucleari disseminate nel deserto del Negev dove sorge il presidio atomico della centrale di Dimona.

    Il ‘quesito’ che si pone all’indomani della visita di Netanyahu a Roma è lo stesso che oramai accompagna ogni vertice o summit nel quale prendono la parola rappresentanti dello stato-pirata sionista: scatenerà “Israele” la guerra termonucleare controla RepubblicaIslamicadell’Iran?

    Saranno così determinati e fanatici i dirigenti sionisti da aprire i war-games ‘puntando’ direttamente – ‘al cuore Ramon’ ‘recita’ un noto film western del maestro Sergio Leone – Teheran?

    Intanto abbiamo assistito all’ennesima questua sionista: in cambio di appoggi e solidarietà internazionali “Israele” garantisce l’Occidente di essere disposto ancora, come sempre, a far da scudo contro le “minacce” del fondamentalismo islamico…

    Nessuno ovviamente che si preoccupi del fondamentalismo sionista che sta precipitando l’intero Vicino Oriente sul baratro di un conflitto regionale senza ritorno.

    Quando e se l’Europa – colonia sionista occupata militarmente dalla macchina bellica statunitense da quasi settant’anni – saprà svegliarsi dal sonno profondo nella quale l’hanno sprofondata i diktat sistemici alla quale è sottomessa dalla fine della seconda guerra d’aggressione ebraico-massonica scatenata contro il Vecchio Continente nel settembre 1939 forse avrà ancora un senso parlare di sovranità nazionale…

    Per il momento “Israele” incassa l’incondizionato appoggio dei burattini sinagogici italiani… La ‘questua’ sionista proseguirà in altre direzioni: da qui a settembre c’è da fermare la pericolosissima richiesta palestinese alle Nazioni Unite …

    ‘Questa’ la propaganda sionista…Per quanto strapotere abbiano oramai agguantato nelle loro mani gli Ebrei rimarranno sempre, con le loro false e lacrimevoli sceneggiate e le richieste di solidarietà internazionale pelosa, gli eterni accattoni, usurai e mercanti, della politica mondiale.

    “Israele” raccatta solidarietà dalla cloaca italiota … mentre in Terrasanta ancora si muore.




    DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

    Direttore Responsabile Agenzia di Stampa “Islam Italia”


    14 giugno 2011

 

 
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