Recensione Libraria – “Tre Aspetti del Problema Ebraico” di J. Evola
di Dagoberto Bellucci
“…un’opposizione efficace al capitalismo e allo “spirito ebraico” può aver luogo soltanto laddove si assumano e si vivano coerentemente, quali punti di riferimento nella battaglia da combattere, gl’insegnamenti della Tradizione. Solo così, opponendosi all’Antitradizione sul medesimo piano metastorico in cui essa ha avuto il suo principio, sarà possibile restituire all’uomo la funzione di luogotenente di Dio sulla terra – funzione che il processo della decadenza storica ha a mano a mano erosa, finchè, come risultato finale, lo stadio estremo di degenerescenza rappresentato dalla sombartiana “èra economica” ha riservato all’essere umano un unico ruolo: quello bestiale, di produttore e consumatore di oggetti, di tesaurizzatore e trafficante di cose materiali.”
( dalla nota introduttiva al volume di Werner Sombart “Gli Ebrei e la vita economica” – Ediz. di ‘Ar’ – Padova 1979)
“La prima “messa a punto” organica sul tema dell’ebraismo- si legge nella nota introduttiva curata dalle Edizioni di ‘Ar’ per l’edizione del 1978 – Evola la fece col volumetto “Tre aspetti del problema ebraico”, pubblicato dalle Edizioni Mediterranee nel 1936. Gli altri libri in cui verrà affrontato tale argomento, nel quadro più ampio della discussione sulla questione “razza” (Il Mito del sangue, Sintesi di dottrina della razza, Indirizzi per una educazione razziale) sono posteriori di alcuni anni e vanno dal 1937 al 1942. Il saggio del 1936 rimane tuttavia lo studio più completo che Evola abbia mai portato a termine in materia di ebraismo, poiché esso considera tale realtà secondo gli effetti che ne sono derivati sui vari piani della civiltà: “nel mondo spirituale, nel mondo culturale, nel mondo economico-sociale”.
Così il gruppo umano che fa capo alle Edizioni di “Ar” – il principale presidio culturale anti-ebraico espresso dall’area politica che, per definizione e un certo ‘conformismo’, continueremo a etichettare come neo-fascista – introduceva il lettore al volume evoliano interamente dedicato al problema ebraico: un problema che, lo si deve tenere a mente ogniqualvolta si parli di ebrei ed ebraismo, agita il mondo e scuote le coscienze del pianeta determinando non soltanto su di un mero dato politico quei rapporti di forza che hanno portato all’edificazione dell’attuale sistema americano-centrico con i suoi riflessi sull’economia mondiale ma, ed è ciò che maggiormente importa investigare, soprattutto perchè ha reso la questione maledetta il perno centrale attorno al quale ruotano le principali visioni escatologiche e messianiche dei tempi presenti accompagnate da una incontestabile veridicità fattuale: chi ‘tocca’ “Israele”(inteso non tanto come entità statale quanto in particolare come comunità aliena rispetto al tessuto sociale dell’umanità ossia quale rappresentazione demoniaca di un potere sovversivo agente nel corso della storia), chi ne mette in discussione l’esistenza, chi osa muovere critiche alla presunta elezione più o meno ‘divina’ di ciascuno dei suoi membri potrà irriducibilmente vedersi piovere addosso l’epiteto più sgradevole e sgradito che questa contemporaneità rovesciata può ‘partorire’ ossia prendersi dell’antisemita…
Ora premesso che l’antisemitismo non esiste – considerando che semiti sono anche i popoli arabi mai direttamente coinvolti da reazioni o atti , avvenimenti o episodi relativi a posizioni contrastanti l’elemento ebraico – e che, se proprio si vuol parlare di qualcosa di sensato, dovremmo riferirci eventualmente alle categorie proprie dell’anti-giudaismo teologico, dell’anti-ebraismo militante o, dulcis in fundo, dell’anti-sionismo (tutte ‘degnamente’ rappresentanti e legittime posizioni politiche della pianificazione progettuale anti-sistemica che identifica nell’ebreo il nemico dell’uomo ossia il principale vettore sovversivo manifestatosi nella storia) noi ci riferiremo comunque all’eterno problema ebraico ed all’azione erosiva espressa dall’ebraismo nel corso dei secoli con particolare riferimento al ruolo di virus ‘agente’ rappresentato dall’Internazionale Ebraica e dai singoli giudei nel corso degli ultimi tre secoli.
Occorre rilevare immediatamente come il volume in questione acquisti ulteriore valore proprio perché rappresenta l’espressione più vera e l’apporto più concreto ed originale dato dall’aristocratico testimone della tradizione in tempi non ‘sospetti’ ossia una visione il più organica e completa relativa alla questione ebraica espressa due anni prima del varo delle tanto famose quanto – e non casualmente dallo stesso Evola rilevate come tali, unitamente all’altro grande studioso del problema rappresentato dalla presenza ebraica in Italia, Giovanni Preziosi – famigerate ‘leggi razziali’ varate con troppa fretta e poca accortezza e cautela dal Gran Consiglio del Fascismo nell’ottobre del 1938.
Il pensiero evoliano è dunque personalissima interpretazione dell’autore non una brutta copia più o meno pappagallescamente ripetuta sulla scia emotiva di quanto stava maturando oltralpe nella vicina Germania dopo l’ascesa della rivoluzione crociuncinata nazionalsocialista o su reali o pseudo-tali opportunismi del momento storico (peraltro nitidamente evidenziati da Giovanni Preziosi che della questione ebraica fu senza dubbio il principale studioso espresso dal Fascismo) seguente l’adozione da parte fascista di una legislazione razziale.
In merito alle leggi razziali adottate dal Fascismo (1) possiamo solo aggiungere, a quanto già scritto, che esse rappresentarono un moto di reazione tardivo e insufficiente a frenare l’elemento ebraico oltre a manifestarsi nei metodi e nelle modalità proprie di un’italianità basso-levantina – furbescamente e sciacallescamente – substrato di preesistenti tare razziali intrinseche in una commistione razziale ed in una attitudine psico-antropologica adatta al tradimento, al sotterfugio meschino ed al facile guadagno (troppi fonti battesimali si andranno a riempire rapidamente come altrettanto velocemente saranno in eccesso gli attestati di arianità distribuiti tra ‘amici’ e ‘conoscenti’ eletti…anche Chiesa cattolica e Fascismo hanno le loro corresponsabilità nel mascheramento giudaico che impedisce – a tutt’oggi – di censire esattamente la presenza ebraica in Italia (2) ossia l’esatto numero di israeliti – siano religiosi o atei, laici o ortodossi, appartenenti alla comunità per fede o per razza – attualmente ‘accampati’ sul territorio nazionale).
Evola distingue chiaramente il rapporto-relazione esistente tra un vero, o presunto, semitismo in universale vettore agente sul piano spirituale dall’azione direttamente ebraica che si manifesta invece sul piano culturale e socio-economico.
Scrive l’autore: “Il problema ebraico ha origini molto antiche, varie e talvolta anche enigmatiche. L’antisemitismo è un motivo che ha accompagnato quasi tutte le fasi della storia occidentale. Anche per l’Italia, una considerazione del problema ebraico altrimenti che per curiosità non dovrebbe esser priva di interesse. E il fatto che in Italia non sono presenti quelle speciali circostanze, che altrove hanno provocato le forme più dirette e irriflessive di antisemitismo, permette di considerare l’anzidetto problema con maggior calma e con maggior oggettività. Come giudizio complessivo, diciamo subito che l’antisemitismo è oggi caratterizzato dalla mancanza di un punto di vista veramente generale, delle premesse dottrinali e storiche, necessarie per poter veramente giustificare, seguendo un procedimento deduttivo, le attitudini antisemite pratiche, cioè sociali e politiche. Per conto nostro, pensiamo che un antisemitismo non sia privo di ragione d’essere: ma la debolezza e la confusione dei motivi prevalentemente addotti dagli antisemiti, unitamente al loro violento spirito di parte, finisce col sortire l’effetto contrario, facendo sorgere in ogni spettatore imparziale il sospetto che tutto si riduca ad atteggiamenti unilaterali e arbitrari dettati meno da veri principi che da interessi pratici contingenti”.
Evola identifica precisamente ciò che può essere ricondotto a posizioni antiebraiche rozze e sconsiderate spesso controproducenti e prive di una reale finalità che non sia contingente interesse di parte più o meno mascherato in modo alibistico con connotazioni ‘altre’: è l’antisemitismo di reazione molte volte suscettibile di riapparire sulla scena mondiale qua e là, in questo o quell’altro paese, a seconda delle circostanze e di determinati impulsi e , di norma, quasi sempre dettato da motivazioni di invidia sociale, sull’onda emotiva di rabbia e frustrazione, specialmente per motivi d’ordine pubblico derivati da uno sfondo economico o finanziario incerto e dunque una forma, come un’altra, di re-azione più o meno ‘spontanea’ all’azione sciacallesca esercitata da elementi di razza ebraica (i periodi di crisi economiche non casualmente coincidono spesso con queste manifestazioni reattive).
Queste forme di antisemitismo, per quanto legittime su di un mero piano pratico di protezione delle risorse monetarie di uno Stato, rappresentano comunque e pur sempre una manifestazione di infantilismo politico: sono ‘reagenti’ ad un’azione altrui , necessitano dunque di motivi scatenanti, vanno nella direzione desiderata solo in determinate circostanze e – qualora non fortuite tali circostanze – possono servire al nemico per ottenere scopi ed obiettivi inconfessabili quindi sono armi a doppio taglio che anziché centrare il nocciolo del problema e colpire il bersaglio ne potrebbero invece favorire l’attività dissolutrice che si manifesta soprattutto oggigiorno nella prassi consolidatissima del pietismo ebraico piagnucolante e ‘raccattante’ solidarietà internazionale per ogni dove che è ciò di cui gli Ebrei hanno vitale necessità – come l’ossigeno per una qualsiasi forma di vita – per esistere su di un piano verticale servendosi da sempre della ‘scala’ sociale ed economica con la quale deliberatamente controllare mediante i mezzi d’informazione di massa le coscienze e le azioni dei singoli e delle società attraverso demenziali mode di massa, pensiero unico livellatore e conformismo intellettuale spicciolo.
Senza questa considerazione altrui gli Ebrei non esisterebbero.
Occorre dunque seguire le indicazioni di Evola laddove proseguendo scrive: “Esiste, in genere, una visione del mondo, della vita e del “sacro” specificamente semitica? Questo è il punto fondamentale. La parola “semitico” come tutti sanno, implica un concetto più vasto che non il semplice “ebraico”, ed è con intenzione che qui noi l’usiamo. Noi infatti crediamo che l’elemento ebraico non si possa separare nettamente dal tipo generale della civiltà diffusasi anticamente nell’antico bacino orientale del Mediterraneo, dall’Asia Minore fino al limite dell’Arabia: per notevoli che possano pur essere le differenze fra i singoli popoli semitici. Senza un esame complessivo dello spirito semita, varii aspetti essenziali dello stesso spirito ebraico in azione in tempi più recenti sono condannati a sfuggirci. Alcuni autori, i quali hanno trasceso un razzismo puramente biologico e si sono messi a considerare la razza anche in sede di tipo di civiltà – p. es. il Gùnther più recente e il Clausz – son venuti più o meno a questo punto, trattando in genere, di ciò che essi han chiamato “cultura dell’anima levantina” (der vorderasiatischen Seele). I popoli partecipanti a tale anima sono più o meno i popoli semitici. Che elementi abbiamo per poter considerare come inferiore la spiritualità e le forme religiose corrispondenti ai Semiti? Qui le idee degli antisemiti sono tutt’altro che chiare e concordi. Infatti per poter dire ciò che lo spirito semita ha di negativo, bisognerebbe cominciare col definire quel che invece si pensa esser positivo in fatto di spirito. Gli antisemiti si curano invece assai più della polemica che dell’affermazione, e ciò in nome di cui negano e condannano è, sotto questo riguardo, assai spesso contraddittorio e incerto. (…) L’opposizione fra spirito semitico e spirito ariano sta naturalmente a base di ogni antisemitismo. Ma per venire a qualcosa di serio non ci si può limitare a dare all’“ariano” un vago fondamento razzistico ovvero un contenuto soltanto negativo e polemico, comprendente tutto quel che, in genere, non è “ebraico”.”
Cominciamo a sottolineare con l’autore che è proprio questa serie di considerazioni che hanno avvantaggiato l’ebreo: oggigiorno affermazioni di arianità rappresenterebbero un autentico suicidio ‘tattico’ per qualunque soggetto intendesse misurarsi nella società contemporanea giudaizzata di massa con il predominio totale e totalizzante raggiunto da “Israele”.
La definizione legittima che Evola da dell’idea ariana (“idea positiva e universale da contrapporsi in fatto di divinità, di culto, di sentimento religioso e di visione del mondo a tutto quel che si riferisce alle civiltà semitiche e poi, in particolare, agli Ebrei”) purtroppo sembra cozzare radicalmente con l’assoluta negazione che la società moderna ha imposto di qualsivoglia valore fondante e formativo della stessa civilizzazione ario-europea ossia con l’assoluto vuoto ideale prima ancora che dottrinario o ideologico dell’idea stessa e del concetto di ‘arianità’ che le forme attuali di manifestazione hanno relegato nel dimenticatoio della storia e demonizzato unitamente con l’insieme della cultura originaria e tradizionale dell’Europa aria.
La società moderna, giudea o giudaizzata, ha costretto il mondo culturale, politico, economico e religioso contemporanei ad adottare forme di censura radicale rispetto alle radici storiche determinanti la civiltà ariana sorta nel continente europeo ed espressione massima dello spirito ario : con simili rapporti di forza anche solo credere di poter dibattere di ‘arianità’ e ‘semitismo’ nell’attuale arco spazio-temporale risulterebbe un suicidio ‘tattico’ oltre ad una evidente manifestazione di infantilità politica e culturale e ad un assoluto vuoto progettuale o – per essere più precisi – ci si troverebbe in una condizione che rasenterebbe l’autocondanna a morte per chiunque intendesse muovere da posizioni superate e condannate da quell’opinionismo sistemico che controlla menti, abitudini e comportamenti dei contemporanei.
Occorre pertanto che l’elemento ebraico sia affrontato – premettendo che ne esista realmente la volontà e vi siano le condizioni necessarie per una simile prova di forza (oggettivamente allo stato attuale della situazione e utilizzando una metafora calcistica speriamo efficace stiamo ‘sotto’ di parecchi gol a pochi minuti dalla fine dell’incontro) – su tutt’altro terreno ossia partendo da una realtà di fatto storica indiscutibile: il problema ebraico è questione essenzialmente razziale che ha ‘valenze’ e muove da considerazione d’ordine spirituale; in questa verità si cela la soluzione della “questione maledetta” ovvero la necessità di riportare sul piano spirituale – un terreno proprio del mondo della Tradizione – la radicale contrapposizione tra le forme dell’ordine e quelle del caos e di queste ultime l’Ebreo e l’ebraicità sono tra i principali e massimi artefici e rappresentanti.
Per comprendere esattamente ciò che s’intende quando si parla di ebraicità riportiamo quanto legittimamente scrisse Franco Giorgio Freda come “appunto dell’editore” di presentazione all’edizione dei “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” curata dalle edizioni di “Ar” nel 1976: “Occorre fissare i limiti di validità di quella equazione rozzamente esclusivistica (e pseudo esauriente) contenuta nei “Protocolli”: EBRAISMO=SOVVERSIONE. Indicare energicamente il carattere di alibi presentato da certe posizioni “pan-anti-giudaiche” che individuano nell’ebraismo la vagina prima (in ordine temporale e d’importanza) della “Sovversione”.
E’ necessario, quindi, proporre il sionismo come forma sclerotica dell’ebraicità ed espressione dell’espansione mondiale dell’ebraismo (il cui “luogo” geopolitica è stato per secoli l’Europa e poi, mentre esso tendeva a divenire sionismo, l’America del Nord). Il sionismo si manifesta attraverso due branche: a) Organizzazioni plutocratiche internazionali (Alta Finanza: Usurocrazia); b) Piano di riferimento nazionalistico specifico costituito dal territorio palestinese. Due branche, cioè due Stati, l’uno “convertibile” secondo la necessità nell’altro, rappresentano quindi il sionismo: sì che lo stato d’Israele non è limitato alla Palestina ebraica; questa è solo una colonia, un emporio “criminale” situato nel Mediterraneo, dell’altro, il quale ha per territorio il mondo intero (attraverso le banche, gli uomini della finanza, etc.). Si potrebbe allora proporre uno schema di questo tipo (da levigare e da svolgere in modo molto cauto, attento e “delicato”):
SOVVERSIONE (regno dei principi, di forze supernaturali)
EBRAICITA’ (dominio etico. Essa ha avuto carattere pandemico. Non è stata l’ebraicità
a generare la Sovversione, ma l’opposto)
EBRAISMO (quanto agli effetti: esso deve intendersi come l’opera svolta sino alla prima
guerra mondiale dalle comunità ebraiche per ottenere la piena
“emancipazione”)
SIONISMO Internazionalistico (Alta Finanza)
Nazionalistico (Stato d’Israele in Palestina)
La Sovversione, forma a diretto contatto con lo spirito dell’antitradizione, imbeve di sé un’anima idonea: insorge l’ebraicità. Quest’anima si manifesta in un corpo (piano fisico, politico) adeguato, che non rimane sempre identico, ma “subisce” a sua volta una mutazione (risultato della distillazione della sua organizzazione e dei suoi effetti): da ebraismo in sionismo.
Se “criminale” si è rivelata l’opera (politica) dell’ebraismo, che ha contribuito (precisare che si tratta di un contributo) alla dissoluzione dell’ordine aristocratico europeo (dalla rivoluzione borghese in Francia alla rivoluzione borghese in Russia) e altrettanto “criminale” è risultato il proseguimento di quest’opera da parte del sionismo (avvenimenti della seconda guerra mondiale, colle vicende successive, sino ad oggi), incommensurabilmente, sottilmente più pericolosa si è rivelata l’influenza dell’ebraicità: sull’uomo arioeuropeo, sulla sua anima (un’anima ebraica, ha sedotto l’altra, arioeuropea, prima che i due corpi si confondessero). L’ebraicità ha quindi un significato essenzialmente più prossimo al simbolo, che alle manifestazioni “esteriori” di questo: essa significa, sul piano comportamentale (che è quello su cui porre alla fine il problema, trattandosi del piano più visibile), visione mercantile del mondo; significa lievitare la degenerazione dei rapporti umani, riducendo il mondo (articolato, “cosmico”) delle razze umane (ma, a questo punto, ci si potrebbe riferire pure, al singolare, alla “specie umana”) a un campo refrattario a ricevere orientamenti, animazioni, anche gli stessi migliori “impulsi” umani, ma solo necrotizzato e disponibile per l’interesse, il denaro, il prezzo, il cambio, l’usura, l’invidia sociale. L’ebraicità, intesa in questi termini, ha ovviamente preceduto, come possibilità, la stessa “storia” propriamente detta del popolo ebraico e si identifica solo con alcune fasi (anche se con quelle di maggior rilievo) della vita di questo.” (3).
Noi ‘aggiungiamo’ ciò che, semplicemente, si evince dalle indicazioni della ‘nota’ sopra riportata ossia che l’Ebreo è – rispetto al tessuto sociale, economico e politico; alle istituzioni religiose e alle influenze spirituali, al ‘carattere’ ed alla welthanshauung (visione del mondo) dell’ariano – in maniera categorica un elemento alieno, una specie non identificabile di nemico dell’uomo in quanto rappresentazione su di un piano meramente orizzontale di pulsioni infero-luciferine ovverosia un ‘automa’ ‘creato’ dal mondo delle potenze dell’aria sovversivo-discendenti o, in ultima analisi, la metafisica contrapposizione tra l’Uomo e la scimmia.
Che siano intervenute, progressivamente nel corso dei secoli, delle decomposizioni all’interno dell’antica tradizione ebraica è ‘questione’ che non inficia assolutamente lo schema preposto né muta di una virgola quanto, peraltro, aveva evidenziato Evola nel volume in esame nel quale scrive: “Se vi è una accusa da fare positivamente agli Ebrei, essa è quella di non aver avuto veramente in proprio nessuna tradizione, di dover ad altri popoli, semiti o non semiti, sia gli elementi positivi, sia gli altri, negativi, che essi seppero poi più particolarmente sviluppare.”
Gli Ebrei dunque non hanno mai costituito una nazione.
Gli Ebrei non hanno mai creato una civiltà ebraica.
Gli Ebrei hanno ‘raccattato’, sciacallescamente, elementi fondativi di civiltà ‘altre’
Dulcis in fondo gli ebrei non sono un’etnia umana come non saranno mai un popolo né mai rappresenteranno uno “Stato” in quanto la loro ‘identità’ rovesciata è escrescenza metafisica di segno contrario e innaturale forma di sub-umanità deteriore ovvero immondizia antropologica deambulante senza un perché, senza un inizio nè una fine…gli ebrei non sanno cosa vogliono, da dove vengono, dove vanno e tantomeno perché esistono…eppure l’elemento ebraico ‘esiste’…e ‘governa’ il mondo…
Per dirla con Maurizio Lattanzio: “Gli ebrei non sono un “popolo”, poiché SenatusPopulusQueRomanus è la ‘sintesi’ gerarchico-razziale ariana della Tradizione di Roma e di ogni forma tradizionale ariana nella quale il populus è la comunità razziale armata degli uomini liberi. Risulta evidente “…l’esistenza di assemblee sovrane di origine militare – scrive Guido Giannettini – cui partecipavano tutti gli uomini liberi della comunità, la corrispondenza tra l’uomo libero e l’appartenente al popolo (Volksgenosse in tedesco), o la netta differenziazione tra l’uomo del proprio popolo e lo straniero. (…) …la plebs non faceva parte del populus, e quindi non aveva funzione guerriera, né godeva di diritti (…) Esiste cioè una completa identità fra lo stato di ‘libero’ (…) e l’appartenenza al populus , alla stirpe, alla comunità organica di sangue e di tradzione indo-europee.” Né, con riferimento alla tripartizione ontologico-razziale della dottrina tradizionale della razza, gli ebrei costituiscono una ‘razza’ che sia ‘riconosciuta’ dai tre ‘gradi’ razziali identificati dalle tre dimensioni che definiscono la razza dello spirito, dell’anima e del corpo: mens, anima e corpus nella Tradizione di Roma, nous, psychè e soma nella Tradizione Ellenica, mentre il giudaismo è ‘circoscritto’ dal monismo storicistico della corporeità , il quale esclude ogni altro piano trascendente. Noi diciamo razza ebraica quale convenzione lessicale a contrariis, distinguendo il detrito etnico sincretistico-riduzionistico ebraico da ogni altra razza che sia radicata, più o meno, compiutamente, nella forma antropologica della dottrina tradizionale della razza.” (4)
Come sottolineano i curatori del gruppo di “Ar” nella presentazione della nuova edizione del testo evoliano: “ Sul piano degli orientamenti spirituali, dei comportamenti esistenziali, nel dominio delle espressioni culturali e dei fenomeni sociali l’influenza dell’ebraismo è, secondo Evola, determinante e nemmeno troppo mascherata: d’altronde, la modernità ha scelto i propri referenti/protettori. Come l’ebreo Quinzio ha realisticamente sottolineato, “non è importante fare nomi, e se ne dovrebbero comunque fare troppi, ma senza Marx e il Marxismo, senza Freud e la psicoanalisi, senza Einstein e la relatività, o senza Kafka, senza Wittgenstein, il mondo contemporaneo non sarebbe ciò che è. La giudaizzazione del mondo, che culmina nel nostro secolo, consiste nell’affermarsi delle categorie ebraiche.” (5)
‘Consigliamo’ ai pochi ‘volenterosi’ la lettura del volumetto evoliano e, possibilmente, una sua comprensione… Agli ‘altri’, ai ‘più’, i nostri ‘auguri’ …già… ‘tanto’ gli Ebrei non esistono no?
DAGOBERTO BELLUCCI
Direttore Responsabile Agenzia di Stampa “Islam Italia”
Note –
1) Scrive in proposito Carlo Alberto Roncioni: “Con le leggi del ’38 comincia un movimento che sarà la vergogna dell’anti-ebraismo. La confusione e l’ignoranza daranno come risultati episodi tristissimi di Ebrei fascisti di secondo piano e di sicura fede che muoiono suicidi e di Ebrei e Massoni sempre più potenti. Nel ’38 furono varate le leggi e nel ’43, cinque anni dopo, il Potere Occulto decretava la caduta del Fascismo e l’arresto di Mussolini, Il Duce si accorgeva di avere intorno, nel Gran Consiglio, su 19 consiglieri, quattordici massoni di cui cinque ferventi sionisti. Le più grandi stupidità commesse nell’emanare le leggi del ’38 si riassumono in questi punti:
- Per l’allontanamento degli Ebrei dalle cariche direttive venivano fatte delle discriminazione. Per esempio venivano esclusi dall’epurazione i cosiddetti “rigenerati dal Littorio”; famiglie di caduti in guerra, di volontari, di decorati, di fascisti degli anni 1919-22 e secondo semestre 1924, di legionari fiumani (453 incampo economico, 328 con un ruolo particolare nel P.N.F. e nella M.V.S.N., 43 come finanziatori del Regime). Quindi gli infiltrati non venivano toccati. Gli agenti del Potere Occulto venivano difesi, gli innocui e gli innocenti, perseguitati.
- Si dava importanza alle confusioni di riviste come “La difesa della Razza” che “inventavano” il razzismo, senza saperne nulla tanto che a Telesio Interlandi che formulò precetti per distinguere gli Ebrei dagli Ariani con una superficialità ridicola, qualcuno (Giovanni Preziosi ndr) fece osservare ironicamente: “Il vero ariano, caro Interlandi, deve essere biondo come Hitler, atletico come Goebbels, snello come Goering e deve avere un cognome indoeuropeo come Rosemberg”.
- Preziosi e Evola non esistevano, per il Regime. Essi avevano delineato caratteri e mezzi del Potere Occulto denunciandone gli agenti. Invano. Evola poi, con i suoi libri, “Il mito del Sangue” e “Sintesi di dottrina della razza” aveva formulato le linee essenziali di un razzismo tradizionale, aristocratico e spirituale, e aveva messo in guardia contro il razzismo confusionario, materialista e esibizionistico dei più noti “teorici”.
- Molti fascisti si svegliarono un bel mattino e si accorsero di essere razzisti, ariani, antisemiti. Si dettero da fare a dimostrare la loro purezza razziale anche, come Curzio Malaparte, rinnegando i propri genitori o denunciando amici e compagni di lavoro. Questo fino al 25 luglio del ’43 quando si risvegliarono e s’accorsero d’essere badogliani e al 25 aprile del ’45 quando un altro magico risveglio li fece trasformare in comunisti o democristiani.
- Il sistema delle “bustarelle” tipico dell’Italia di tutti i tempi, funzionava anche a favore degli Ebrei. Ecco la testimonianza del capo dell’OVRA, Guido Leto: “Nacque e si accrebbe una schiera di specialisti che circuivano l’Ebreo preso di mira dalle nuove leggi: si promettevano discriminazioni, arianizzazioni e facilitazioni in genere. Il denaro correva per mille rivoli, s’intrecciavano è vero le truffe, ma, in complesso, l’organizzazione anche se mancante di uno statuto, funzionava e contava, per l’immunità, sulla necessaria omertà dei favoriti.”
( crf C.A. Roncioni – “Il Potere Occulto” – Ediz. “Sentinella d’Italia” – Monfalcone 1974);
2 – Sulla presenza ebraica in Italia così si esprimeva Giovanni Preziosi: “Gli ebrei sono, in Italia, alla testa della grande banca, danno una percentuale altissima di membri ai Consigli di amministrazione delle nostre Società Anonime; sono numerosissimi tra i membri del Senato e della Camera dei Deputati; occupano i primi e i più importanti posti nelle nostre Amministrazioni di Stato. Nel campo dell’insegnamento sono numerosissimi e alcune facoltà delle nostre Università sono divenute un loro campo chiuso. Hanno nella mani quasi tutte le Case editrici librarie d’Italia. Molta parte dei giornali quotidiani sono nelle loro mani…Né si dimentichi, che tutte le iniziative affaristiche, anche quelle a tinta patriottica, hanno alla loro testa un ebreo.”
( crf G. Preziosi – “Giudaismo-bolscevismo-plutocrazia-massoneria” – Milano 1944);
Degno di nota e senza dubbio tra i documenti più importanti per comprendere l’asfittica presenza ebraico-massonica all’interno dei gangli vitali del Regime Fascista e nella società italiana quanto Preziosi ripeterà nel suo Memoriale al Duce (stilato in data 31 Gennaio 1944 da Monaco di Baviera) nel quale ribadirà le sue posizioni: “Voi sapete – scriveva a Mussolini – quello che ho fatto con la stampa e presso di Voi, nonché presso gli uomini di Governo dal giorno successivo alla Marcia su Roma per far penetrare questa verità: Il Fascismo ha un solo vero e grande nemico: l’ebreo, e con lui il suo maggiore strumento, il massone. L’ebreo-massoneria domina tutta la vita nazionale ed è il vero Governo d’Italia.
Voi sapete quali armi, ebrei e massoni hanno adoperato per metterVi in condizione di non darmi ascolto. Tutto fu messo in opera contro di me dal giorno (22 febbraio 1923) in cui mi feci promotore, d’accordo con Michele Bianchi (lui che non avrebbe mai tradito!) di una riunione agli Uffici della Camera per far portare a Voi la proposta – sapendo il Vostro pensiero ed i Vostri precedenti in materia – della dichiarazione di incompatibilità tra massoneria e Fascismo. La presenza di un convocato che noi ritenevamo non massone (il Sottosegretario ai LL.PP. Alessandro Sardi) fece sì che la sera stessa, prima ancora di Voi, fossero informate della riunione ambedue le massonerie, le quali provvidero subito a mettere al sicuro i loro archivi. Intuirono allora i massoni che le finalità prime della Relazione sulla riforma delle Pubbliche Amministrazioni, che io ero stato chiamato a svolgere in Gran Consiglio, avrebbero avuto per scopo la eliminazione dei massoni dalla burocrazia e dall’esercito. I massoni sapevano che dal 15 ottobre 1922 “La Vita Italiana” veniva pubblicando a puntate l’annuario segreto delle logge e dei Triangoli e relativi fiduciari. Venne così il famoso processo delle Paludi Pontine, e Cesare Rossi si recò a Vostro nome dal Presidente del Tribunale, il massone Caizzi, per dire che una sentenza di condanna era una “necessità politica”. Io ho la “Relazione Cassis” il cui risultato, nonostante la solenne promessa fatta in un comunicato ufficiale “Stefani”, non fu mai reso di pubblica ragione, perché si voleva lasciare un’ombra sulla mia vita. La relazione diceva che io avevo reso un grande servizio alla Nazione. Io so quanto in periodi diversi, fecero presso di Voi contro di me Federzoni, Fittoni, il Barone Fassini. (…) Voi sapete che in ogni occasione che mi si offriva Vi ho detto e scritto la VERITA’. Vi ho detto e scritto che l’ebraismo e la massoneria erano in Italia, anche in Regime Fascista, padroni della situazione. La soppressione delle Logge e le leggi razziali avevano avuto il solo effetto di rafforzare l’ebreo-massoneria che non voleva l’alleanza con la Germania e non voleva questa guerra. Ad alleanza rafforzata e a guerra iniziata, la massoneria mise in opera tutte le sue forze con lo scopo preciso di far perdere la guerra e rovesciare il Fascismo. Voi sapete che fin dal novembre 1939, in base ad una conversazione con un Cardinale, io Vi scrissi della esistenza di un piano ben preciso e noto al Vaticano, tendente a non fare uscire l’Italia dalla neutralità, per portarla poi allo sganciamento dall’Asse, indi ad una intesa con Inghilterra e Francia, e non si disperava di portarla poi in guerra contro la Germania. Il piano era attribuito al Ministro degli Esteri e sarebbe stato concordato a Lione. Il discorso alla Camera di Ciano, nel quale, senza consenso della Germania, rese noto un impegno segreto sulla data in cui l’Italia si sarebbe dichiarata pronta alla guerra, sembrò l’inizio dello sganciamento dall’Asse; anche perché in quei mesi la parola “Asse” sparì dal vocabolario giornalistico. E venne la guerra di Grecia. Voi conosceste il ricorso che per Vostra autorizzazione e per mio suggerimento avanzò al Re il Generale Visconti Prasca. Dai documenti contenuti, e non da quelli soli, risulta che Badoglio preparò la guerra contro la Grecia con il proposito di farla perdere all’Italia (faceva, questo, parte del piano antifascista preparato a Parigi, il cui documento a suo tempo pubblicai ed ho poi riprodotto in uno degli articoli nel “Volkischer Beobachter”), Era egli e la massoneria certo, che il Fascismo sarebbe caduto con una sconfitta inflitta dalla piccola Grecia; ed in conseguenza l’Italia si sarebbe sganciata dalla Germania per entrare prima o poi nella coalizione attorno all’Inghilterra. (…) Voi sapete che allorché Vi fecero dire che “la questione ebraica in Italia si poteva considerare risoluta” e che “gli arianizzati si potevano contare sulle dita di una mano”, io presi posizione con un articolo ne “La Vita Italiana” del 15 settembre 1942 e dissi che questo significava “nascondere le piaghe”, e aggiungevo: “Un giorno o l’altro le piaghe faranno cancrena e l’opera di coloro che avranno contribuito a nasconderle apparirà opera di tradimento. Io non voglio contribuire a nasconderle.”. E, dopo questa premessa, dimostrai che solo la questione ebraica non era stata risoluta, ma s’era aggravata in quanto costituiva “il vero e proprio Cavallo di Troia della città assediata”. E dissi quale era il modo di risolverla. Il solo effetto di quella presa di posizione furono la irritazione del Sottosegretario Buffarini-Guidi che governava in materia ebraico-massonica, e una comunicazione del Ministro della Cultura Popolare Tavolini che minacciava gravi provvedimenti, naturalmente contro di me.
Voi sapete che l’11 novembre 1942 io scrissi una ben grave lettera al Generale Galbiati nella sua qualità di capo dello Stato Maggiore della Milizia V.S.N. Su mia richiesta Galbiati Vi comunicò la lettera che cominciava con la frase “la casa brucia”. In essa io denunciavo l’opera di tradimento che si veniva impunemente ed in ogni campo svolgendo per opera di ministri e di uomini di primo piano del Regime più o meno mammonizzati (“il mammonismo è l’arma della quale il giudaismo – io scrivevo – si è sempre servito per la conquista degli uomini e delle nazioni”). Denunziavo l’opera dell’alta burocrazia che sabotava la guerra e gli approvvigionamenti, metteva il popolo contro di Voi e seminava l’odio il più feroce contro la Germania.(…) Voi ricordate che, subito dopo, e cioè nello stesso dicembre 1942, io ottenni che Vi venisse consegnata una relazione di 40 pagine dal titolo “Propaganda nemica – Ebraismo – Fronte interno” datata 16 novembre 1942 (preparata d’accordo con il Centro di studi sul Problema Ebraico di Trieste) con 5 allegati: 1 sullo spionaggio; 2. sulla posizione e responsabilità nell’opera di tradimento che si veniva effettuando attraverso la “centrale” ebraica di Trieste; 3. sul giudeo arianizzato Ing. Cesare Sacerdoti; 4. sui precedenti del gruppo plutocratico triestino che, al seguito dell’innocente Vidussoni, si era insediato nel Partito; 5. una lettera che dimostrava come si veniva effettuando il collegamento con l’estero del gruppo ebraico-plutocratico-spionistico. Sola conseguenza di questa Relazione, da Voi passata al Sottosegretario Buffarini-Guidi per indagare e provvedere, fu l’invito categorico da parte del Partito di destituire il Rettore del Centro di Studi sul Problema Ebraico di Trieste. E la destituzione sarebbe avvenuta se io non mi fossi rivolto a Voi direttamente. (…) Mi sovviene un monito della cui profonda verità l’Italia ha fatto la terribile esperienza, contenuto nel Mein Kampf di Hitler. “Primo compito non è quello di creare una costituzione nazionale dello Stato, ma quello di eliminare gli ebrei. Come spesso avviene nella storia, la difficoltà capitale non consiste nel formare il nuovo stato di cose, ma nel fare il posto per esse.”.
Compito numero uno, non è la cosiddetta “concordia nazionale”, della quale assieme a Gentile vanno blaterando altri, ma la totale eliminazione degli ebrei, cominciando da coloro, e sono già tanti, che tali si rivelarono dal censimento, non mai reso pubblico, dell’agosto 1938. Poi scovare gli altri più o meno battezzati o arianizzati. Indi escludere da tutti i gangli della vita nazionale, dall’esercito, dalla magistratura, dall’insegnamento, dalle gerarchie centrali e periferiche del Partito i meticci, i mariti delle ebree e quanti hanno gocce di sangue ebraico. Lo stesso va fatto per quanti hanno appartenuto alla massoneria. (…) L’opera di ricostruzione non potrà cominciare se non quando per Ministri, funzionari, appartenenti al Partito, ufficiali dell’Esercito, Guardia Nazionale Repubblicana, non che per quanti hanno mansioni non solo di primo ordine, ma di qualsiasi ordine nelle Amministrazioni dello Stato, non si esigerà che non abbiano appartenuto alla massoneria e non si richiederà la dimostrazione della loro arianità nel solo modo serio, che è quello costituito dalle tavole genealogiche, come si fa in Germania.
( crf R. De Felice – “Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo” – Ediz. “Einaudi” – Torino 1993 – Documenti 36. Memoriale di G. Preziosi a B. Mussolini ; pp. 612-619);
3 – Franco Giorgio Freda – “Nota dell’Editore” al volume “I Protocolli dei Savi Anziani di Sion” – Ediz. di “Ar” – Padova 1976;
4 – Maurizio Lattanzio – articolo “La leggenda dell’Oder” – da “Islam Italia” – Anno 2 Numero 16 – Aprile 2003;
5 – Dalla presentazione al volume curata dalle Edizioni di “Ar”, Padova 1994;
Recensione Libraria – “Tre Aspetti del Problema Ebraico” di J. Evola