La grande purga in casa leghista
VENEZIA. È purga continua dentro la Lega, il segretario Gian Paolo Gobbo ha firmato l'ennesimo provvedimento disciplinare nei confronti di un dirigente di partito sospettato di «intelligenza» con il nemico Flavio Tosi, il capofila dei maroniani in Veneto. Umberto Zanella, segretario leghista di Arzignano è stato degradato a «socio sostenitore» mentre la sua sezione è stata «azzerata».
«Il giudizio così espresso si intende inappellabile» viene ricordato nella lettera di condanna inviata al dirigente, «ai sensi dell'articolo 31, comma B del vigente statuto della Lega Nord». Pare che nella Lega sia in atto il repulisti, si chiudono sezioni, vi si sparge il sale sopra e i reprobi, ridotti allo stato laicale, tornano soldati semplici nel migliore dei casi o, come in quello del senatore vicentino Alberto Filippi, sono banditi dal partito e non possono più metterci piede. Umberto Zanella torna semplice iscritto, se vuole può ricominciare da capo.
Non è andata meglio al capogruppo provinciale veneziano della Lega Nord Massimiliano Malaspina che l'altro ieri si è beccato tre mesi di sospensione. Già revocato dall'incarico di assessore, ora perderà anche quello di capogruppo in seno al consiglio provinciale. Malaspina non gode più della fiducia della presidente provinciale la leghista Francesca Zaccariotto, ma soprattutto era andato troppo nel ruolo di antagonista contro i gobbiani del partito. Le accuse che gli hanno mosso i consiglieri comunali chioggiotti Lucio Gianni, Marco Dolfin e Matteo Penzo raccontano di un uomo che volle farsi re gettando «fango contro il partito», «indicendo conferenze stampa non autorizzate», «creando una situazione di caos», al solo scopo di «innalzare a leader» se stesso e «nel tentativo di identificare in lui la Lega di Chioggia».
La guerra interna alla Lega, come si vede, non ubbidisce ai copioni correntizi in vigore negli altri partiti, poco affiora in superficie del dibattito quando c'è e l'esito viene comunicato agli interessati con sentenza inappellabile alla maniera che usava Kominterner, «antipartito» è il capo di imputazione più grave con cui il comitato della Terza Internazionale Comunista agli ordini di Stalin faceva sparire gli oppositori, in via Bellerio a Milano come all'Hotel Lux di Mosca degli anni'50, le accuse sono quelle di danneggiare il movimento leghista. Il clima di inquisizione divide i militanti e penetra fin dentro le famiglie, non fino all'eroismo del compagno Robotti, il cognato di Togliatti sopravvissuto alla Lubianka e rimasto comunista, ma abbastanza da mettere in imbarazzo il matrimonio dell'onorevole Emanuela Munerato, rodigina, il cui marito Matteo Ferrari, segretario leghista del Basso Mantovano, è stato sospeso dieci mesi per attività antipartito.
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