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  1. #11
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Non è questa la definizione dogmatica del Concilio Vaticano I. Non è che quando il Papa parla da dottore privato smette di essere il Papa. Il Papa è Papa sempre.
    Certo, è ovvio che non intendevo dire che quando parla come dottore privato il Papa smette di essere Papa... Continua ad esserlo, ma non esercita la sua Autorità di Papa... Dunque, pur rimanendo Papa, non si rivolge al mondo come Vicario di Cristo, ma come semplice uomo, come teologo privato... esprimendo opinioni personali, scrivendo un libro come teologo, ecc...

    Quando insegna in materia di Fede e morale, impegnando esplicitamente la pienezza della sua autorità di Papa, esprimendo la cosiddetta "voluntas definiendi" e volendo vincolare tutta la Chiesa, allora si può parlare di pronunciamento ex cathedra e quindi infallibile.
    D'accordo...

    Ma anche un insegnamento del Magistero non definitivo ordinario autentico è un insegnamento del Papa (e non di un dottore privato), ma non può essere considerato un insegnamento ex cathedra che per definizione dogmatica è in quanto tale - 'per se' - infallibile e definitivo. Anche ad esso dobbiamo il nostro assenso, ma è un assenso diverso: nel caso di un pronunciamento ex cathedra dobbiamo dare il nostro assenso totale perché è come se fosse Cristo stesso ad insegnare direttamente, mentre nel caso di un pronunciamento non definitivo dobbiamo dare il nostro prudente e religioso ossequio, che non è una forma di obbedienza comparabile a quella che si deve a tutti i pronunciamenti definitivi del Magistero.
    D'accordo...

    Lo so, ma è una distinzione che c'è e non va omessa. Ce lo impone il rigore dottrinale.
    Le distinzioni che fanno i teologi possono essere tante, usiamole quando servono ai fini del nostro discorso.

    Beh, Timoteo tu hai fatto riferimento ai tradizionalisti che - secondo te - menomano il dogma dell'infallibilità pontificia, volendo sostenere che in realtà i Papi solo raramente si pronunciano in siffatta maniera.
    Ebbene, secondo me, tra molti cattolici tradizionalisti o integristi che dir si voglia, su tale questione c'è una incomprensione di fondo:
    - è vero, da un lato, che non spesso il Papa si pronuncia con un atto del Suo Magistero straordinario infallibile ex cathedra (e quindi definitivo e vincolante per tutti);
    - è anche vero, dall'altro lato, che il magistero ordinario infallibile, pur non ricorrendo alla formulazione ex cathedra, è comunque infallibile e ad un insegnamento del magistero ordinario infallibile va dato il medesimo assenso che si dà ad un insegnamento del magistero straordinario infallibile.
    Non è questo il problema Giò. A mio avviso il problema sta nel rifiuto, da parte di tanti tradizionalisti, di prendere atto di una cosa in fondo molto banale e di buonsenso. E cioè che non ha senso che la Chiesa universale o il Papa (non importa con quale atto di Magistero...!) dica che una certa verità è stata Rivelata da Dio, ma che non è necessario crederci.

    Se mai il vero dibattito, la vera disputa teologica, va fatta attorno ad un problema che, ahimè, nel passato della Chiesa era sorto molto raramente, ma che il disastro del Concilio Vaticano II ha posto prepotentemente:
    - è possibile che il Papa, nel suo Magistero non definitivo, erri o cada nel peccato d'eresia o quanto meno si lasci andare ad espressioni ambigue e/o che presentino una certa dissonanza e/o contraddizione col Magistero definitivo?
    Se il Magistero non è definitivo, vuol dire che è lasciata libertà di discussione tra i teologi sulla dottrina in questione, quindi non c'è da parte della Chiesa un insegnamento in senso proprio. In questo caso, la Chiesa o il Papa non dice che quella determininata cosa è Rivelata da Dio. Se lo dicesse vi sarebbe inevitabilmente definitività. E poi, se il problema è quello della definitività o meno degli insegnamenti eretici del Vaticano II, beh vuol dire che stiamo dando i numeri. E' quasi cinquant'anni che una gerarchia apostata insegna quelle cose in tutte le salse. Altro che definitività! Ti pare che per Ratzinger o per l'attuale "episcopato" vi sia libertà di discussione sulla libertà religiosa o sull'ecumenismo, ecc? Pensi che per loro queste dottrine possano essere messe in dubbio? Suvvia...

    - se sì, è possibile e legittimo che un credente, anche il più semplice e non solo i teologi, sospenda il proprio prudente e religioso ossequio a tale insegnamento? Potrebbe, eventualmente, pubblicamente manifestare questo suo convincimento o dovrebbe tenerlo per sé, al massimo facendolo presente esclusivamente agli uomini della Chiesa? Potrebbe, nel caso la contraddizione risultasse palese, addirittura giungere non solo a sospendere il suo religioso e prudente ossequio ma a negarlo?
    Questi sono gli snodi che secondo me vanno risolti.
    Vedi, in un'ottica cattolica queste questioni non si pongono nemmeno. C'è la Fede di mezzo. La Chiesa non può sbagliare su queste cose. Ma tu nei confronti di una verità di fede o connessa alla fede pensi di essere tenuto ad un "prudente e religioso ossequio"? O ci credi o non ci credi.

  2. #12
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo Visualizza Messaggio
    Certo, è ovvio che non intendevo dire che quando parla come dottore privato il Papa smette di essere Papa... Continua ad esserlo, ma non esercita la sua Autorità di Papa... Dunque, pur rimanendo Papa, non si rivolge al mondo come Vicario di Cristo, ma come semplice uomo, come teologo privato... esprimendo opinioni personali, scrivendo un libro come teologo, ecc...
    Però tu hai scritto, correggimi se sbaglio, che il Papa è infallibile quando insegna/parla da Papa. Il che non è del tutto esatto, se tieni conto che un insegnamento del Magistero ordinario autentico non definitivo è comunque un insegnamento che il Papa pronuncia "da Papa", pur non usando la pienezza della sua autorità.

    Le distinzioni che fanno i teologi possono essere tante, usiamole quando servono ai fini del nostro discorso.
    Se non vogliamo creare confusione tra i fedeli è meglio essere il più chiari possibili.

    Non è questo il problema Giò. A mio avviso il problema sta nel rifiuto, da parte di tanti tradizionalisti, di prendere atto di una cosa in fondo molto banale e di buonsenso. E cioè che non ha senso che la Chiesa universale o il Papa (non importa con quale atto di Magistero...!) dica che una certa verità è stata Rivelata da Dio, ma che non è necessario crederci.
    Beh, ti faccio un esempio banale. Se un giorno Benedetto XVI (so che non lo consideri Pontefice legittimamente regnante, ma solo "materialiter", però è tanto per fare un esempio) scrive in un'enciclica: "Che il Papa sia infallibile quando insegna ex cathedra è un dogma della Fede cattolica", è ovvio che siamo di fronte ad un pronunciamento del Magistero ordinario infallibile. E questo perché lo sappiamo? Perché l'affermazione contenuta nell'enciclica papale trova il suo fondamento nel pronunciamento del Concilio Vaticano I in cui l'infallibilità papale viene definita dogmaticamente in maniera definitiva. Se però Benedetto XVI scrive: "Il diritto alla libertà religiosa in foro esterno per chi professa una religione diversa da quella cristiana cattolica si fonda sulla dignità umana quale l'hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione", si tratta di un insegnamento del Magistero ordinario autentico non definitivo perché: 1) non si ricorre alla formula del pronunciamento straordinario ex cathedra che è di per sé definitivo; 2) non può nemmeno essere un pronunciamento del Magistero ordinario infallibile perché non esistono pronunciamenti dogmatici e definitivi precedenti che si esprimano in tal senso (anzi, come sostengono moltissimi teologi e come l'evidenza dei fatti dimostra, ve ne sono di segno contrario). Se in più è lo stesso Benedetto XVI a dire: "Guardate che però questo è insegnamento fa parte del Magistero ordinario autentico del Papa e non è definitivo", allora a maggior ragione possiamo escludere che si tratti di un insegnamento definitivo.
    Noi però, da cattolici, dobbiamo prestare a tale insegnamento il nostro prudente e religioso ossequio della volontà e dell'intelletto.
    E' qui che, appunto, sorge il problema perché il cattolico, se memore degli insegnamenti precedenti, si chiede come possa prestare il proprio prudente e religioso ossequio della volontà e dell'intelletto ad un insegnamento che però contraddice palesemente e radicalmente un precedente atto del Magistero straordinario infallibile e definitivo del Papa, a cui si deve un'assenso diverso e assoluto.

    Se il Magistero non è definitivo, vuol dire che è lasciata libertà di discussione tra i teologi sulla dottrina in questione, quindi non c'è da parte della Chiesa un insegnamento in senso proprio. In questo caso, la Chiesa o il Papa non dice che quella determininata cosa è Rivelata da Dio. Se lo dicesse vi sarebbe inevitabilmente definitività. E poi, se il problema è quello della definitività o meno degli insegnamenti eretici del Vaticano II, beh vuol dire che stiamo dando i numeri. E' quasi cinquant'anni che una gerarchia apostata insegna quelle cose in tutte le salse. Altro che definitività! Ti pare che per Ratzinger o per l'attuale "episcopato" vi sia libertà di discussione sulla libertà religiosa o sull'ecumenismo, ecc? Pensi che per loro queste dottrine possano essere messe in dubbio? Suvvia...
    Sul carattere non definitivo degli insegnamenti del CVII non c'è neanche da discutere perché è cosa che si evince dagli stessi documenti del Concilio Vaticano II. Lo sappiamo in più dai vari pronunciamenti papali in merito - Paolo VI su tutti - e lo si può notare anche dallo stesso tenore delle dichiarazioni conciliari. Quello che infatti criticano moltissimi teologi tradizionalisti come don Ennio Innocenti o mons. Brunero Gherardini, come facevano il compianto mons. Francesco Spadafaro e il grandissimo teologo Romano Amerio, è proprio il fatto che il dibattito sul Concilio Vaticano II, nonostante fosse necessario per la stessa natura degli insegnamenti e dei pronunciamenti non definitivi di quel concilio, in realtà non sia mai iniziato veramente e seriamente in seno alla Chiesa e il risultato dopo quasi mezzo secolo è che si è affermata la cosiddetta "ermeneutica della riforma nella continuità" senza però dimostrarla razionalmente, da un punto di vista teologico rigoroso.
    Il perché ciò sia successo noi lo possiamo facilmente intuire e, ahimè, lo sappiamo. Ciò non toglie però che nessuno dei più avveduti fra i "vaticanosecondisti" sia mai stato così stolto da sostenere l'infallibilità degli insegnamenti del CVII. Gli unici che lo hanno fatto sono stati quei cattolici "tradizionalisti" (virgolette d'obbligo) che per polemica verso lefebvriani e sedevacantisti o verso critici come Brunero Gherardini e - una volta - Francesco Spadafora hanno voluto sostenere un'assurdità del genere. Trattasi di tesi talmente assurde che - guarda caso - nemmeno Ratzinger, nel suo tentativo impossibile di conciliare Tradizione e Sovversione, lo ha seriamente preso in considerazione.

    Vedi, in un'ottica cattolica queste questioni non si pongono nemmeno. C'è la Fede di mezzo. La Chiesa non può sbagliare su queste cose. Ma tu nei confronti di una verità di fede o connessa alla fede pensi di essere tenuto ad un "prudente e religioso ossequio"? O ci credi o non ci credi.
    Io ad una verità di Fede aderisco totalmente, su questo non si discute.
    Però gli interrogativi e i quesiti che ho posto la teologia cattolica tradizionale pre-conciliare se li era già posti. Il punto è che si aveva (giustamente, per carità) una tale fiducia sul fatto che il Papa avrebbe sempre custodito il deposito della Fede senza sbandare clamorosamente che tali quesiti sono rimasti tali. O meglio, la riflessione teologica è rimasta nell'ambito dello studio e della trattazione di varie e diverse ipotesi e possibilità lecite, alcune corroborate da singoli pronunciamenti di alcuni Dottori della Chiesa o Papi, senza però scender nel concreto, spingendo l'autorità a pronunciarsi definitivamente su una materia del genere (unico caso la scomunica per eresia del Papa simoniaco).
    Purtroppo, è stato questo che di fatto ha fiaccato in partenza la resistenza non agli insegnamenti del Concilio Vaticano II ma all'approvazione di quegli stessi insegnamenti durante l'assise conciliare.
    Ad esempio, durante il Concilio Vaticano II, il Coetus Internationalis Patrum votò contro i pronunciamenti più inclini al modernismo, però poi tutti, alla fine del Concilio, firmarono i documenti approvati e votati.
    Se tutti i membri del Coetus, invece, avessero detto: "Ci dispiace, ma la nostra coscienza di cattolici non ci permette di firmare questi documenti perché sono palesemente contraddittori con il Magistero infallibile e definitivo della Chiesa e dei Papi e pertanto vogliamo che questi testi vengano riesaminati con attenzione", i vari dubbiosi che si facevano convincere a votare a favore e poi a firmare dal fatto che l'apparente maggioranza stava da una parte con il favore papale sarebbero usciti allo scoperto e il disagio di quegli anni in seno al Concilio si sarebbe reso manifesto al mondo intero. Una presa di posizione del genere, un atto di così palese resistenza al demonio modernista, avrebbe - forse - fermato il tentativo di contro-restaurazione modernista.
    Ultima modifica di Giò; 19-11-11 alle 02:13
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).

  3. #13
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Però tu hai scritto, correggimi se sbaglio, che il Papa è infallibile quando insegna/parla da Papa. Il che non è del tutto esatto, se tieni conto che un insegnamento del Magistero ordinario autentico non definitivo è comunque un insegnamento che il Papa pronuncia "da Papa", pur non usando la pienezza della sua autorità.
    Io ho detto che il Papa è infallibile quando parla da Papa insegnando qualcosa che vale per tutta la Chiesa (qualcosa di vincolante ovviamente e quindi di definitivo...).

    Se non vogliamo creare confusione tra i fedeli è meglio essere il più chiari possibili.
    Quando le distinzioni non servono ai fini del discorso che si sta facendo, più che chiarire confondono, o quantomeno appesantiscono.

    Beh, ti faccio un esempio banale. Se un giorno Benedetto XVI (so che non lo consideri Pontefice legittimamente regnante, ma solo "materialiter", però è tanto per fare un esempio) scrive in un'enciclica: "Che il Papa sia infallibile quando insegna ex cathedra è un dogma della Fede cattolica", è ovvio che siamo di fronte ad un pronunciamento del Magistero ordinario infallibile. E questo perché lo sappiamo? Perché l'affermazione contenuta nell'enciclica papale trova il suo fondamento nel pronunciamento del Concilio Vaticano I in cui l'infallibilità papale viene definita dogmaticamente in maniera definitiva.
    Tutti siamo infallibili quando ripetiamo insegnamenti infallibili. Anche io e te. Se riduci l'infallibilità del magistero ordinario al solo caso in cui ripeta insegnamenti infallibili precedenti vai fuori strada, perché finisci per dire che vi sono due magisteri. Invece il magistero è uno, sono i modi di esercizio ad essere molteplici. Quando il Papa o la Chiesa propongono a credere una dottrina che si fonda sulla Rivelazione sono sempre infallibili, indipendentemente dal fatto che insegnino in modo solenne o ordinario.

    Se però Benedetto XVI scrive: "Il diritto alla libertà religiosa in foro esterno per chi professa una religione diversa da quella cristiana cattolica si fonda sulla dignità umana quale l'hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione", si tratta di un insegnamento del Magistero ordinario autentico non definitivo perché: 1) non si ricorre alla formula del pronunciamento straordinario ex cathedra che è di per sé definitivo;
    Ancora una volta fai dipendere la definitività (e quindi l'infallibilità) da una "formula". Ti sbagli. Quel magistero è definitivo. In quell'atto B 16 propone a credere una dottrina connessa alla Rivelazione. Non vi è spazio per discutere. O si crede o non si crede. Tu dirai che il modo in cui B 16 insegna non garantisce che sia vero il fatto che la dottrina sulla libertà religiosa sia fondata sulla Rivelazione. Ma che senso avrebbe - mi chiedo - nella Chiesa un magistero fallibile nella funzione di stabilire ciò che è rivelato e ciò che non lo è? Questa tua obiezione, in ogni caso, è spazzata via da quanto insegna Leone XIII: “Gesù Cristo ha istituito nella Chiesa un magistero vivente, autentico e, per di più, perpetuo, che Egli ha investito della propria autorità, ha rivestito dello spirito di verità, ha confermato con i miracoli, e ha voluto e ha severissimamente ordinato che gli insegnamenti dottrinali di questo magistero fossero ricevuti come i suoi propri. Tutte le volte che la parola di questo magistero dichiara che tale o tale verità fa parte dell’insieme della dottrina divinamente rivelata, ognuno deve credere con certezza che questo è vero; perché se ciò potesse in qualche maniera essere falso, ne conseguirebbe, cosa evidentemente assurda, che Dio stesso sarebbe l’autore dell’errore degli uomini…” (Enciclica Satis cognitum).


    2) non può nemmeno essere un pronunciamento del Magistero ordinario infallibile perché non esistono pronunciamenti dogmatici e definitivi precedenti che si esprimano in tal senso (anzi, come sostengono moltissimi teologi e come l'evidenza dei fatti dimostra, ve ne sono di segno contrario). Se in più è lo stesso Benedetto XVI a dire: "Guardate che però questo è insegnamento fa parte del Magistero ordinario autentico del Papa e non è definitivo", allora a maggior ragione possiamo escludere che si tratti di un insegnamento definitivo.
    A parte che vorrei conoscere le precise parole di Ratzinger, se davvero avesse detto ciò avrebbe detto qualcosa che non ha nessun senso. Avrebbe detto cioè che una certa dottrina è connessa a quanto Dio ha rivelato, però non siamo obbligati a crederci. Al contrario, invece, Ratzinger vuole che si creda fermamente in questa dottrina. Egli la professa in continuazione come una delle verità più importanti del cattolicesimo.

    Noi però, da cattolici, dobbiamo prestare a tale insegnamento il nostro prudente e religioso ossequio della volontà e dell'intelletto.
    E' qui che, appunto, sorge il problema perché il cattolico, se memore degli insegnamenti precedenti, si chiede come possa prestare il proprio prudente e religioso ossequio della volontà e dell'intelletto ad un insegnamento che però contraddice palesemente e radicalmente un precedente atto del Magistero straordinario infallibile e definitivo del Papa, a cui si deve un'assenso diverso e assoluto.
    Se il problema fosse questo il cattolico semplicemente farebbe a meno di prestare il "prudente e religioso ossequio" dovuto all'insegnamento sbagliato e buonanotte… Ma il problema non è questo.

    Sul carattere non definitivo degli insegnamenti del CVII non c'è neanche da discutere perché è cosa che si evince dagli stessi documenti del Concilio Vaticano II.
    Tu lo evinci, ma non è affatto così.

    Lo sappiamo in più dai vari pronunciamenti papali in merito - Paolo VI su tutti - e lo si può notare anche dallo stesso tenore delle dichiarazioni conciliari.
    A parte il fatto che qualunque pronunciamento in merito non cambierebbe la natura degli insegnamenti, non mi risulta che Paolo VI abbia negato il carattere infallibile di Dignitatis Humanae.

    Quello che infatti criticano moltissimi teologi tradizionalisti come don Ennio Innocenti o mons. Brunero Gherardini, come facevano il compianto mons. Francesco Spadafaro e il grandissimo teologo Romano Amerio, è proprio il fatto che il dibattito sul Concilio Vaticano II, nonostante fosse necessario per la stessa natura degli insegnamenti e dei pronunciamenti non definitivi di quel concilio, in realtà non sia mai iniziato veramente e seriamente in seno alla Chiesa e il risultato dopo quasi mezzo secolo è che si è affermata la cosiddetta "ermeneutica della riforma nella continuità" senza però dimostrarla razionalmente, da un punto di vista teologico rigoroso.
    Il dibattito non è mai iniziato perchè le false autorità romane non hanno mai avuto intenzione di mettere in discussione gli insegnamenti impugnati dai tradizionalisti.

    Il perché ciò sia successo noi lo possiamo facilmente intuire e, ahimè, lo sappiamo. Ciò non toglie però che nessuno dei più avveduti fra i "vaticanosecondisti" sia mai stato così stolto da sostenere l'infallibilità degli insegnamenti del CVII. Gli unici che lo hanno fatto sono stati quei cattolici "tradizionalisti" (virgolette d'obbligo) che per polemica verso lefebvriani e sedevacantisti o verso critici come Brunero Gherardini e - una volta - Francesco Spadafora hanno voluto sostenere un'assurdità del genere. Trattasi di tesi talmente assurde che - guarda caso - nemmeno Ratzinger, nel suo tentativo impossibile di conciliare Tradizione e Sovversione, lo ha seriamente preso in considerazione.
    Non è vero, Ratzinger ha chiarissimo il problema dell'Autorità nella Chiesa tanto che nel libro intervista 'Rapporto sulla Fede' - riferendosi implicitamente ai lefebvriani - dice che coloro che non si sottomettono alle dottrine del Vaticano II ne rifiutano l'Autorità che è la stessa Autorità del Tridentino. Dopodiché se Gherardini, Spadafora & Co., perché si sentono meglio con la coscienza, vogliono chiudere gli occhi davanti al terribile problema dell’Autorità nella Chiesa al giorno d’oggi, questo è un altro paio di maniche. Aggiungo che per negare l’infallibilità delle dottrine in questione bisogna essere doppiamente ciechi, perché innanzitutto bisogna avere il coraggio di ritenere pressoché insignificante il Magistero di un Concilio ecumenico che insegna in materia di Fede, dopodiché bisogna altrettanto coraggiosamente negare che tali dottrine siano entrate a far parte del Magistero ordinario universale, che come sappiamo è infallibilissimo.

    Io ad una verità di Fede aderisco totalmente, su questo non si discute.
    E allora fallo con la dottrina sulla libertà religiosa del Vaticano II, perché di questo si tratta.

    Però gli interrogativi e i quesiti che ho posto la teologia cattolica tradizionale pre-conciliare se li era già posti. Il punto è che si aveva (giustamente, per carità) una tale fiducia sul fatto che il Papa avrebbe sempre custodito il deposito della Fede senza sbandare clamorosamente che tali quesiti sono rimasti tali. O meglio, la riflessione teologica è rimasta nell'ambito dello studio e della trattazione di varie e diverse ipotesi e possibilità lecite, alcune corroborate da singoli pronunciamenti di alcuni Dottori della Chiesa o Papi, senza però scender nel concreto, spingendo l'autorità a pronunciarsi definitivamente su una materia del genere (unico caso la scomunica per eresia del Papa simoniaco).
    Purtroppo, è stato questo che di fatto ha fiaccato in partenza la resistenza non agli insegnamenti del Concilio Vaticano II ma all'approvazione di quegli stessi insegnamenti durante l'assise conciliare.
    Ad esempio, durante il Concilio Vaticano II, il Coetus Internationalis Patrum votò contro i pronunciamenti più inclini al modernismo, però poi tutti, alla fine del Concilio, firmarono i documenti approvati e votati.
    Se tutti i membri del Coetus, invece, avessero detto: "Ci dispiace, ma la nostra coscienza di cattolici non ci permette di firmare questi documenti perché sono palesemente contraddittori con il Magistero infallibile e definitivo della Chiesa e dei Papi e pertanto vogliamo che questi testi vengano riesaminati con attenzione", i vari dubbiosi che si facevano convincere a votare a favore e poi a firmare dal fatto che l'apparente maggioranza stava da una parte con il favore papale sarebbero usciti allo scoperto e il disagio di quegli anni in seno al Concilio si sarebbe reso manifesto al mondo intero. Una presa di posizione del genere, un atto di così palese resistenza al demonio modernista, avrebbe - forse - fermato il tentativo di contro-restaurazione modernista.
    Eh già, purtroppo è andata in un altro modo...

  4. #14
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo Visualizza Messaggio
    Io ho detto che il Papa è infallibile quando parla da Papa insegnando qualcosa che vale per tutta la Chiesa (qualcosa di vincolante ovviamente e quindi di definitivo...).
    Allora in tal caso va bene e sono d'accordo però ammetterai che il "parla da Papa" non è sufficiente. Dagli atti del Concilio Vaticano I: «Neque etiam dicendus est Pontifex infallibilis simpliciter ex auctoritate papatus» (Coll. Lac. 399-b).


    Quando le distinzioni non servono ai fini del discorso che si sta facendo, più che chiarire confondono, o quantomeno appesantiscono.
    Però ai fini del discorso che stiamo facendo te ed io queste distinzioni servono.

    Tutti siamo infallibili quando ripetiamo insegnamenti infallibili. Anche io e te. Se riduci l'infallibilità del magistero ordinario al solo caso in cui ripeta insegnamenti infallibili precedenti vai fuori strada, perché finisci per dire che vi sono due magisteri. Invece il magistero è uno, sono i modi di esercizio ad essere molteplici. Quando il Papa o la Chiesa propongono a credere una dottrina che si fonda sulla Rivelazione sono sempre infallibili, indipendentemente dal fatto che insegnino in modo solenne o ordinario.
    Che il Magistero ordinario infallibile sia una ripetizione di dottrine già infallibilmente definite non mi pare di inventarmelo ed è ciò che gli dà forza e legittimazione. Ad esempio, pensa al dogma dell'Immacolata Concezione: nel Medioevo ci fu la diatriba fra macolisti e immacolisti. All'epoca, la Chiesa lasciò libertà di dibattito, a livello teologico, sulla questione. E questo perché? Perché nessun Papa o Concilio aveva mai definito la questione a livello dogmatico, attraverso un atto del Magistero straordinario infallibile. Quando però Pio IX proclamò ex cathedra il dogma dell'Immacolata Concezione di Maria Sempre Vergine, la libertà che era stata data in precedenza ai teologi venne meno per il semplice motivo che quella dell'Immacolata Concezione non era più un'opinione lecita e diffusa, ma una verità di Fede, un insegnamento irreformabile e definitivo. Ti ho fatto quest'esempio per farti capire come, perché si abbia un insegnamento ordinario infallibile, è necessario che a monte vi sia un insegnamento straordinario infallibile, definitivo ed irreformabile che lo legittimi, altrimenti non si può parlare di Magistero ordinario infallibile.


    Ancora una volta fai dipendere la definitività (e quindi l'infallibilità) da una "formula". Ti sbagli. Quel magistero è definitivo. In quell'atto B 16 propone a credere una dottrina connessa alla Rivelazione. Non vi è spazio per discutere. O si crede o non si crede. Tu dirai che il modo in cui B 16 insegna non garantisce che sia vero il fatto che la dottrina sulla libertà religiosa sia fondata sulla Rivelazione. Ma che senso avrebbe - mi chiedo - nella Chiesa un magistero fallibile nella funzione di stabilire ciò che è rivelato e ciò che non lo è? Questa tua obiezione, in ogni caso, è spazzata via da quanto insegna Leone XIII: “Gesù Cristo ha istituito nella Chiesa un magistero vivente, autentico e, per di più, perpetuo, che Egli ha investito della propria autorità, ha rivestito dello spirito di verità, ha confermato con i miracoli, e ha voluto e ha severissimamente ordinato che gli insegnamenti dottrinali di questo magistero fossero ricevuti come i suoi propri. Tutte le volte che la parola di questo magistero dichiara che tale o tale verità fa parte dell’insieme della dottrina divinamente rivelata, ognuno deve credere con certezza che questo è vero; perché se ciò potesse in qualche maniera essere falso, ne conseguirebbe, cosa evidentemente assurda, che Dio stesso sarebbe l’autore dell’errore degli uomini…” (Enciclica Satis cognitum).
    Non mi sbaglio, Timoteo. Perché un insegnamento sia definitivo e irreformabile c'è bisogno di un chiaro ed esplicito pronunciamento ex cathedra a cui fare riferimento. Sta scritto anche nel Codice di Diritto Canonico pio-benedettino del 1917:

    PARS QUARTA.
    DE MAGISTERIO ECCLESIASTICO.


    Can. 1323. §1. Fide divina et catholica ea omnia credenda sunt quae verbo Dei
    scripto vel tradito continentur et ab Ecclesia sive sollemni iudicio sive ordinario et
    universali magisterio tanquam divinitus revelata credenda proponuntur.

    §2. Sollemne huiusmodi iudicium pronuntiare proprium est tum Oecumenici
    Concilii tum Romani Pontificis ex cathedra loquentis.

    §3. Declarata seu definita dogmatice res nulla intelligitur, nisi id manifeste
    constiterit.

    Can. 1324. Satis non est haereticam pravitatem devitare, sed oportet illos quoque
    errores diligenter fugere, qui ad illam plus minusve accedunt; quare omnes debent etiam
    constitutiones et decreta servare quibus pravae huiusmodi opiniones a Sancta Sede
    proscriptae et prohibitae sunt.

    Can. 1325. §1. Fideles Christi fidem aperte profiteri tenentur quoties eorum
    silentium, tergiversatio aut ratio agendi secumferrent implicitam fidei negationem,
    contemptum religionis, iniuriam Dei vel scandalum proximi.
    §2. Post receptum baptismum si quis, nomen retinens christianum, pertinaciter
    aliquam ex veritatibus fide divina et catholica credendis denegat aut de ea dubitat,
    haereticus; si a fide christiana totaliter recedit, apostata; si denique subesse renuit
    Summo Pontifici aut cum membris Ecclesiae ei subiectis communicare recusat,
    schismaticus est.
    §3. Caveant catholici ne disputationes vel collationes, publicas praesertim, cum
    acatholicis habeant, sine venia Sanctae Sedis aut, si casus urgeat, loci Ordinarii.

    Can. 1326. Episcopi quoque, licet singuli vel etiam in Conciliis particularibus
    congregati infallibilitate docendi non polleant, fidelium tamen suis curis commissorum,
    sub auctoritate Romani Pontificis, veri doctores seu magistri sunt.

    fonte: http://www.google.it/url?sa=t&source..._LPuaw&cad=rja

    Vorrei far notare il punto n.3 del canone 1323: Declarata seu definita dogmatice res nulla intelligitur, nisi id manifeste constiterit.
    Tradotto dal latino significa: Nessuna verità si intende dichiarata o definita dogmaticamente, se ciò non consta in maniera manifesta.

    Il che è del tutto simile all'attuale canone 749 §3 del Codice di diritto canonico del 1983 che così recita: Nessuna dottrina si intende infallibilmente definita, se ciò non consta manifestamente.
    (versione in latino: Infallibiliter definita nulla intellegitur doctrina, nisi id manifesto constiterit)


    A parte che vorrei conoscere le precise parole di Ratzinger, se davvero avesse detto ciò avrebbe detto qualcosa che non ha nessun senso. Avrebbe detto cioè che una certa dottrina è connessa a quanto Dio ha rivelato, però non siamo obbligati a crederci. Al contrario, invece, Ratzinger vuole che si creda fermamente in questa dottrina. Egli la professa in continuazione come una delle verità più importanti del cattolicesimo.
    Il mio è solo un esempio, Ratzinger non ha pronunciato quelle parole, che però ho indirettamente ripreso da Dignitatis Humanae, parafrasandola.
    Il fatto che si tratti di insegnamenti non definitivi e non irreformabili è cosa confermata più volte dai pronunciamenti stessi dei Papi e del Concilio stesso.

    Se il problema fosse questo il cattolico semplicemente farebbe a meno di prestare il "prudente e religioso ossequio" dovuto all'insegnamento sbagliato e buonanotte… Ma il problema non è questo.
    Mica è così semplice, come la fai tu. Sospendere o negare l’assenso ad un atto del Magistero, seppur non definitivo, è altamente problematico per la coscienza di un vero cattolico.

    Tu lo evinci, ma non è affatto così.
    E invece è così, dato che è lo stesso Concilio Vaticano II ad averlo affermato, così come tutti i Papi da Paolo VI in poi.

    A parte il fatto che qualunque pronunciamento in merito non cambierebbe la natura degli insegnamenti, non mi risulta che Paolo VI abbia negato il carattere infallibile di Dignitatis Humanae.
    1) Non lo ho mai affermato e già solo questo basterebbe - in linea col codice di diritto canonico sia del '17 che del 1983 - per considerarlo non infallibile.
    2) Ad abundantiam, ha affermato il contrario, sostenendo che i pronunciamenti del Concilio Vaticano II fanno parte del Magistero ordinario autentico, che è un Magistero per sua stessa natura non definitivo.

    Il dibattito non è mai iniziato perchè le false autorità romane non hanno mai avuto intenzione di mettere in discussione gli insegnamenti impugnati dai tradizionalisti.
    Anche perché è evidente che non si può conciliare ciò che è inconciliabile.

    Non è vero, Ratzinger ha chiarissimo il problema dell'Autorità nella Chiesa tanto che nel libro intervista 'Rapporto sulla Fede' - riferendosi implicitamente ai lefebvriani - dice che coloro che non si sottomettono alle dottrine del Vaticano II ne rifiutano l'Autorità che è la stessa Autorità del Tridentino. Dopodiché se Gherardini, Spadafora & Co., perché si sentono meglio con la coscienza, vogliono chiudere gli occhi davanti al terribile problema dell’Autorità nella Chiesa al giorno d’oggi, questo è un altro paio di maniche. Aggiungo che per negare l’infallibilità delle dottrine in questione bisogna essere doppiamente ciechi, perché innanzitutto bisogna avere il coraggio di ritenere pressoché insignificante il Magistero di un Concilio ecumenico che insegna in materia di Fede, dopodiché bisogna altrettanto coraggiosamente negare che tali dottrine siano entrate a far parte del Magistero ordinario universale, che come sappiamo è infallibilissimo.
    Gherardini, Spadafora e altri sono grandi teologi cattolici. E sinceramente dò più credito a loro che ai pur rispettabili e degni di stima don Ricossa e Michel Guérard des Lauriers. Comunque, noto che persisti nel sostenere che le novità conciliari siano dottrine infallibilmente e dogmaticamente definite e che il loro carattere definitivo sia manifesto. A questo punto, vorrei che mi citassi un pronunciamento del Magistero che sostenga un’interpretazione del genere. Il Magistero ordinario universale è infallibile in quanto si tratta di Magistero ordinario infallibile della Chiesa, cioè dei vescovi in comunione col Papa, ma se è meramente autentico allora non lo è.

    E allora fallo con la dottrina sulla libertà religiosa del Vaticano II, perché di questo si tratta.
    Non è una dottrina dogmaticamente definita né definitiva.

    Eh già, purtroppo è andata in un altro modo...
    Chiediamoci il perché.
    Ultima modifica di Giò; 20-11-11 alle 14:05
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  5. #15
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Allora in tal caso va bene e sono d'accordo però ammetterai che il "parla da Papa" non è sufficiente. Dagli atti del Concilio Vaticano I: «Neque etiam dicendus est Pontifex infallibilis simpliciter ex auctoritate papatus» (Coll. Lac. 399-b).
    Il Papa deve dire che una dottrina è rivelata da Dio.

    Però ai fini del discorso che stiamo facendo te ed io queste distinzioni servono.
    Ma come, avevi ammesso che le 'formulazioni' non influiscono sull'infallibilità. Hai cambiato idea?

    Che il Magistero ordinario infallibile sia una ripetizione di dottrine già infallibilmente definite non mi pare di inventarmelo ed è ciò che gli dà forza e legittimazione.
    Che il Magistero ordinario contenga dottrine già infallibilmente definite è indubbio, ma la sua infallibilità non si limita a questo. Ragionando come fai tu - e come del resto hai appena affermato - il Magistero ordinario non ha forza e legittimazione di per sè, ma in quanto ripete quello che ha insegnato il Magistero straordinario. Come se vi fossero due Magisteri: uno di forza e legittimità propria, l'altro di forza e legittimità derivata. La dottrina cattolica non insegna questo. Il Magistero è uno solo.

    Ad esempio, pensa al dogma dell'Immacolata Concezione: nel Medioevo ci fu la diatriba fra macolisti e immacolisti. All'epoca, la Chiesa lasciò libertà di dibattito, a livello teologico, sulla questione. E questo perché? Perché nessun Papa o Concilio aveva mai definito la questione a livello dogmatico, attraverso un atto del Magistero straordinario infallibile. Quando però Pio IX proclamò ex cathedra il dogma dell'Immacolata Concezione di Maria Sempre Vergine, la libertà che era stata data in precedenza ai teologi venne meno per il semplice motivo che quella dell'Immacolata Concezione non era più un'opinione lecita e diffusa, ma una verità di Fede, un insegnamento irreformabile e definitivo. Ti ho fatto quest'esempio per farti capire come, perché si abbia un insegnamento ordinario infallibile, è necessario che a monte vi sia un insegnamento straordinario infallibile, definitivo ed irreformabile che lo legittimi, altrimenti non si può parlare di Magistero ordinario infallibile.
    Ti ho già spiegato perchè non è così.

    Non mi sbaglio, Timoteo. Perché un insegnamento sia definitivo e irreformabile c'è bisogno di un chiaro ed esplicito pronunciamento ex cathedra a cui fare riferimento. Sta scritto anche nel Codice di Diritto Canonico pio-benedettino del 1917:
    Eh no carissimo... Troppo comodo scansare le parole di Leone XIII in questo modo. Esse sono chiarissime, perentorie e pienamente conformi ai canoni da te citati in seguito. Le riporto ancora una volta: "Tutte le volte che la parola di questo magistero dichiara che tale o tale verità fa parte dell’insieme della dottrina divinamente rivelata, ognuno deve credere con certezza che questo è vero".
    Sarebbe oppurtuno, qualora volessi continuare a sostenere di avere il diritto di non credere alla dottrina sulla libertà religiosa del Vaticano II, che tu spiegassi per quali ragioni rigetti le parole di Leone XIII. Se anche tu - come spero - le ritieni in piena continuità con quanto dice il codice non avrai difficoltà a giustificare la tua posizione in relazione ad esse. Attendo una risposta.

    PARS QUARTA.
    DE MAGISTERIO ECCLESIASTICO.


    Can. 1323. §1. Fide divina et catholica ea omnia credenda sunt quae verbo Dei
    scripto vel tradito continentur et ab Ecclesia sive sollemni iudicio sive ordinario et
    universali magisterio tanquam divinitus revelata credenda proponuntur.

    §2. Sollemne huiusmodi iudicium pronuntiare proprium est tum Oecumenici
    Concilii tum Romani Pontificis ex cathedra loquentis.

    §3. Declarata seu definita dogmatice res nulla intelligitur, nisi id manifeste
    constiterit.

    Can. 1324. Satis non est haereticam pravitatem devitare, sed oportet illos quoque
    errores diligenter fugere, qui ad illam plus minusve accedunt; quare omnes debent etiam
    constitutiones et decreta servare quibus pravae huiusmodi opiniones a Sancta Sede
    proscriptae et prohibitae sunt.

    Can. 1325. §1. Fideles Christi fidem aperte profiteri tenentur quoties eorum
    silentium, tergiversatio aut ratio agendi secumferrent implicitam fidei negationem,
    contemptum religionis, iniuriam Dei vel scandalum proximi.
    §2. Post receptum baptismum si quis, nomen retinens christianum, pertinaciter
    aliquam ex veritatibus fide divina et catholica credendis denegat aut de ea dubitat,
    haereticus; si a fide christiana totaliter recedit, apostata; si denique subesse renuit
    Summo Pontifici aut cum membris Ecclesiae ei subiectis communicare recusat,
    schismaticus est.
    §3. Caveant catholici ne disputationes vel collationes, publicas praesertim, cum
    acatholicis habeant, sine venia Sanctae Sedis aut, si casus urgeat, loci Ordinarii.

    Can. 1326. Episcopi quoque, licet singuli vel etiam in Conciliis particularibus
    congregati infallibilitate docendi non polleant, fidelium tamen suis curis commissorum,
    sub auctoritate Romani Pontificis, veri doctores seu magistri sunt.

    fonte: http://www.google.it/url?sa=t&source..._LPuaw&cad=rja

    Vorrei far notare il punto n.3 del canone 1323: Declarata seu definita dogmatice res nulla intelligitur, nisi id manifeste constiterit.
    Tradotto dal latino significa: Nessuna verità si intende dichiarata o definita dogmaticamente, se ciò non consta in maniera manifesta.
    Dignitatis humanae dichiara in modo manifesto che la dottrina proposta ai fedeli è connessa alla Rivelazione.

    Il che è del tutto simile all'attuale canone 749 §3 del Codice di diritto canonico del 1983 che così recita: Nessuna dottrina si intende infallibilmente definita, se ciò non consta manifestamente.
    (versione in latino: Infallibiliter definita nulla intellegitur doctrina, nisi id manifesto constiterit)
    Sai che per me il nuovo codice non ha alcun valore. E tuttavia, anche se avesse valore, il can. 749 § 3 non porrebbe problemi, perchè il fatto che la dottrina sulla libertà religiosa (del Vaticano II) sia definita infallibilmente consta manifestamente.

    Il mio è solo un esempio, Ratzinger non ha pronunciato quelle parole, che però ho indirettamente ripreso da Dignitatis Humanae, parafrasandola. Il fatto che si tratti di insegnamenti non definitivi e non irreformabili è cosa confermata più volte dai pronunciamenti stessi dei Papi e del Concilio stesso.
    Ah ecco, mi sembrava... Per il resto non so a che pronunciamenti ti riferisci.

    Mica è così semplice, come la fai tu. Sospendere o negare l’assenso ad un atto del Magistero, seppur non definitivo, è altamente problematico per la coscienza di un vero cattolico.
    A parte che un "prudente ossequio" non è un totale assenso, vuoi dire che è problematico aderire alla verità e rifiutare l'errore? Suvvia... Problematico semmai è dire che la Chiesa sbaglia in materia di Fede e disobbedirle. Questo sì che dovrebbe davvero porre problemi di coscienza.

    E invece è così, dato che è lo stesso Concilio Vaticano II ad averlo affermato, così come tutti i Papi da Paolo VI in poi.
    Non so a che affermazioni ti riferisci.

    1) Non lo ho mai affermato e già solo questo basterebbe - in linea col codice di diritto canonico sia del '17 che del 1983 - per considerarlo non infallibile.
    Quindi secondo te un insegnamento è infallibile solo se il Papa dice che è infallibile? Non è affatto questo il senso dei canoni in questione. Guarda che questo è un grave fraintendimento Giò. Ti preclude la possibilità di avere una visione ortodossa dell'infallibilità. Ascoltandoti mi rendo conto di quanti danni può fare certa teologia!...

    2) Ad abundantiam, ha affermato il contrario, sostenendo che i pronunciamenti del Concilio Vaticano II fanno parte del Magistero ordinario autentico, che è un Magistero per sua stessa natura non definitivo.
    Alla luce di quanto insegna Leone XIII nel passo citato sopra non ha senso ed è contrario alla dottrina cattolica pretendere che laddove la Chiesa dichiara che questa o quella dottrina è legata alla Rivelazione questo insegnamento non sia definitivo e vincolante.

    Anche perché è evidente che non si può conciliare ciò che è inconciliabile.
    Appunto. Il dibattito dunque non deve avere il fine di trovare una interpretazione ortodossa delle dottrine eretiche del conciliabolo (cosa impossibile), ma quello di ristabilire - convertendo "Roma" - l'integra professione della Fede cattolica.

    Gherardini, Spadafora e altri sono grandi teologi cattolici. E sinceramente dò più credito a loro che ai pur rispettabili e degni di stima don Ricossa e Michel Guérard des Lauriers.
    Vedo che hai evitato ogni commento su ciò che ha affermato Ratzinger in ‘Rapporto sulla fede’.
    Quanto ai teologi (la cui funzione è quella di introdurci ad una migliore comprensione della dottrina cattolica fondata sul Magistero; essi quindi sono un ausilio e non sostituiscono il Magistero) segui pure chi vuoi. Comunque, se posso esprimere la mia personale opinione padre Guérard è abbondantemente all'altezza di Amerio e tanto più all'altezza dei più modesti Gherardini e Spadafora.
    Ad ogni modo fa specie che tu dia più credito a dei teologi che al Magistero della Chiesa. Tu infatti credi ciecamente a Spadafora ecc. e rifiuti il Vaticano II.

    Comunque, noto che persisti nel sostenere che le novità conciliari siano dottrine infallibilmente e dogmaticamente definite e che il loro carattere definitivo sia manifesto. A questo punto, vorrei che mi citassi un pronunciamento del Magistero che sostenga un’interpretazione del genere.
    E’ la natura stessa del “Magistero” del Vaticano II che determina la sua infallibilità. L'Enciclica Satis cognitum di Leone XIII dice chiaramente che:"Tutte le volte che la parola di questo magistero dichiara che tale o tale verità fa parte dell’insieme della dottrina divinamente rivelata, ognuno deve credere con certezza che questo è vero". Questo è il caso di Dignitatis humanae.

    Il Magistero ordinario universale è infallibile in quanto si tratta di Magistero ordinario infallibile della Chiesa, cioè dei vescovi in comunione col Papa, ma se è meramente autentico allora non lo è.
    Il Concilio Vaticano I dice che si deve credere ciò che è contenuto nella parola di Dio e che la Chiesa propone a credere come divinamente rivelato. E' il caso della dottrina sulla libertà religiosa uscita dal Vaticano II.

    Non è una dottrina dogmaticamente definita né definitiva.
    Certo che lo è.

    Chiediamoci il perché.
    Per tanti motivi...

  6. #16
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo Visualizza Messaggio
    Il Papa deve dire che una dottrina è rivelata da Dio.
    Appunto. Quindi non basta esclusivamente la sua autorità. Deve usare la sua autorità in un determinato modo.


    Ma come, avevi ammesso che le 'formulazioni' non influiscono sull'infallibilità. Hai cambiato idea?
    Non ho cambiato idea e sinceramente mi stupisce che tu veda contraddizioni. Ribadisco: la differenza fra Magistero straordinario infallibile e Magistero ordinario infallibile nell'assenso non c'è; cambia il fatto che nel primo caso siamo di fronte ad un'affermazione ex cathedra del Papa (o del Papa in comunione coi vescovi) che è infallibile di per sé, mentre nel secondo caso l'infallibilità di quanto insegnato deriva da un precedente pronunciamento definitivo del Magistero straordinario infallibile del Papa o della Chiesa. Questa distinzione va tenuta ferma, ai fini del nostro discorso, perché il Magistero ordinario non è necessariamente infallibile. Può anche essere meramente autentico e non definitivo.
    Ciò non significa che esistano più magisteri: il Magistero è uno, ma cambiano i suoi modi. A seconda del modo, esso o è definitivo o non è definitivo. Se viene usato nel modo ordinario è infallibile qualora si riconfermino dottrine che sono già state infallibilmente e dogmaticamente definite. Il Magistero ordinario infallibile è tale in quanto è infallibile e definitivo nella sostanza di ciò che insegna, ma non è una definizione dogmatica. Vedasi ancora l'esempio del dogma dell'Immacolata Concezione; non era sufficiente che il Papa scrivesse simpliciter in un'Enciclica: "L'Immacolata Concezione si fonda sulla Divina Rivelazione". Ha dovuto scrivere: "Perciò, dopo aver presentato senza interruzione, nell'umiltà e nel digiuno, le Nostre personali preghiere e quelle pubbliche della Chiesa, a Dio Padre per mezzo del suo Figlio, perché si degnasse di dirigere e di confermare la Nostra mente con la virtù dello Spirito Santo; dopo aver implorato l'assistenza dell'intera Corte celeste e dopo aver invocato con gemiti lo Spirito Paraclito; per sua divina ispirazione, ad onore della santa, ed indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della Vergine Madre di Dio, ad esaltazione della Fede cattolica e ad incremento della Religione cristiana, con l'autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, affermiamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certo ed immutabile per tutti i fedeli. Se qualcuno dunque avrà la presunzione di pensare diversamente da quanto è stato da Noi definito (Dio non voglia!), sappia con certezza di aver pronunciato la propria condanna, di aver subito il naufragio nella fede, di essersi separato dall'unità della Chiesa, e, se avrà osato rendere pubblico, a parole o per iscritto o in qualunque altro modo, ciò che pensa, sappia di essere incorso, ipso facto, nelle pene comminate dal Diritto".


    Che il Magistero ordinario contenga dottrine già infallibilmente definite è indubbio, ma la sua infallibilità non si limita a questo. Ragionando come fai tu - e come del resto hai appena affermato - il Magistero ordinario non ha forza e legittimazione di per sè, ma in quanto ripete quello che ha insegnato il Magistero straordinario. Come se vi fossero due Magisteri: uno di forza e legittimità propria, l'altro di forza e legittimità derivata. La dottrina cattolica non insegna questo. Il Magistero è uno solo.
    Ho già risposto a questo, anche sopra: non contesto la legittimità del Magistero ordinario (il Magistero è legittimo di per sé in quanto Magistero del Papa e della Chiesa), dico che la sua infallibilità deriva da un precedente pronunciamento dogmatico e definitivo del Papa e della Chiesa. Ho usato in precedenza la parola legittimità per indicare la "ratio" dell'infallibilità dell'insegnamento ordinario.

    Ti ho già spiegato perchè non è così.
    Vedi sopra: il Magistero ordinario infallibile prevede che «la verità insegnata sia proposta come già definita o come sempre creduta o ammessa nella Chiesa, o come attestata dal consenso unanime e costante dei teologi per verità cattolica», nonché «strettamente obbligatoria per tutti i fedeli» (Dict. Théologie Cath. voce Infallibilitè du Pape t. VII col. 1705).

    Eh no carissimo... Troppo comodo scansare le parole di Leone XIII in questo modo. Esse sono chiarissime, perentorie e pienamente conformi ai canoni da te citati in seguito. Le riporto ancora una volta: "Tutte le volte che la parola di questo magistero dichiara che tale o tale verità fa parte dell’insieme della dottrina divinamente rivelata, ognuno deve credere con certezza che questo è vero".
    Sarebbe oppurtuno, qualora volessi continuare a sostenere di avere il diritto di non credere alla dottrina sulla libertà religiosa del Vaticano II, che tu spiegassi per quali ragioni rigetti le parole di Leone XIII. Se anche tu - come spero - le ritieni in piena continuità con quanto dice il codice non avrai difficoltà a giustificare la tua posizione in relazione ad esse. Attendo una risposta.
    Non le ho scansate affatto e ti ho risposto adeguatamente, citandoti il CJC pio-benedettino, che è in piena e netta continuità con il contenuto di Satis Cognitum.
    E' evidente che Leone XIII si sta riferendo al Magistero straordinario infallibile: Da quanto si è detto appare dunque che Gesù Cristo istituì nella chiesa "un vivo, autentico e perenne magistero", che egli stesso rafforzò col suo potere, lo informò dello Spirito di verità e l’autenticò coi miracoli; e volle e comandò che i precetti della sua dottrina fossero ricevuti come suoi. Quante volte dunque questo magistero dichiara che questo o quel dogma è contenuto nel corpo della dottrina divinamente rivelata, ciascuno lo deve tenere per vero, poiché, se potesse essere falso, ne seguirebbe che Dio stesso sarebbe autore dell’errore dell’uomo, il che ripugna: "O Signore, se vi è errore, siamo stati da tè ingannati". Quindi, rimossa ogni ragione di dubitare, a chi mai sarà lecito ripudiare una sola di queste verità, senza che egli venga per questo stesso a cadere in eresia e senza che, essendo separato dalla chiesa, rigetti in blocco tutta la dottrina cristiana?
    Tale è infatti la natura della fede, che nulla tanto le ripugna come ammetterne un dogma e ripudiarne un altro. Infatti la chiesa professa che la fede è una "virtù soprannaturale, con la quale, ispirati e aiutati dalla grazia di Dio, crediamo che sono vere le cose da lui rivelate, non già per l’intrinseca verità delle medesime conosciuta con il lume naturale della ragione, ma per l’autorità dello stesso Dio rivelante, che non può ingannare ne essere ingannato". Se dunque si conosce che una verità è stata rivelata da Dio, e tuttavia non si crede, ne segue che nulla affatto si crede per fede divina. Infatti quello stesso che l’apostolo Giacomo sentenzia del delitto in materia di costumi, deve affermarsi di un’opinione erronea in materia di fede: "Chiunque avrà mancato in un punto solo, si è reso colpevole di tutti" (Gc 2,10). Anzi a più forte ragione deve dirsi di questa che di quello. Infatti meno propriamente si dice violata tutta la legge da colui che la trasgredì in una cosa sola, non potendosi vedere in lui, se non interpretandone la volontà, un disprezzo della maestà di Dio legislatore. Invece colui che, anche in un punto solo, non assente alle verità rivelate, ha perduto del tutto la fede, in quanto ricusa di venerare Dio come somma verità e "proprio motivo di fede": perciò sant’Agostino dice: "In molte cose concordano con me, in alcune poche con me non concordano; ma per quelle poche cose in cui non convengono con me, a nulla approdano loro le molte in cui con me convengono".


    fonte: Leone XIII - Satis cognitum

    Infatti si dice che tutte le volte che "questo Magistero dichiara che questo o quel dogma è contenuto nel corpo della dottrina divinamente rivelata, ciascuno lo deve tenere per vero": peccato che Dignitatis Humanae non dichiari alcuna verità di Fede né alcun dogma.

    Dignitatis humanae dichiara in modo manifesto che la dottrina proposta ai fedeli è connessa alla Rivelazione.
    Assolutamente falso: non c'è alcuna definizione dogmatica in D.H. e, in più, non si dice da nessuna parte che la dottrina proposta ai fedeli è connessa alla Divina Rivelazione. Si dice, in maniera assai ambigua, che "il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana quale l'hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione". Se questa è una definizione dogmatica, un atto del Magistero straordinario infallibile della Chiesa, io sono Babbo Natale. Se vuoi sostenere che è un atto del Magistero ordinario infallibile della Chiesa, dimmi pure quale autorità della Chiesa avrebbe mai affermato una cosa del genere e quale precedente atto del Magistero della Chiesa e del Papa avrebbe definito come verità di Fede, in maniera definitiva e vincolante per tutti, una cosa del genere.

    Sai che per me il nuovo codice non ha alcun valore. E tuttavia, anche se avesse valore, il can. 749 § 3 non porrebbe problemi, perchè il fatto che la dottrina sulla libertà religiosa (del Vaticano II) sia definita infallibilmente consta manifestamente.
    Ma nient'affatto. Non consta manifestamente, anche perché non solo non vi è teologo che lo sostenga, ma nemmeno i Papi e la Chiesa stessa.

    Ah ecco, mi sembrava... Per il resto non so a che pronunciamenti ti riferisci.
    Dichiarazione del 6 marzo 1964 della commissione dottrinale del Concilio Vaticano II, ribadita il 16 novembre dello stesso anno: "Tenendo conto della procedura conciliare e della finalità pastorale del presente Concilio, questo S. Sinodo definisce come vincolante per la Chiesa soltanto quello che in materia di fede e di morale avrà apertamente dichiarato come tale. Le altre cose che il S. Sinodo propone, in quanto dottrina del Supremo Magistero della Chiesa, tutti e ciascun fedele devono accoglierle e aderirvi secondo la mente dello stesso S. Sinodo, quale si deduce sia dalla materia trattata sia dal tenore dell’espressione verbale, secondo le norme dell’interpretazione teologica".
    Udienza generale del 12 gennaio 1966: "[Il Concilio] ha evitato di dare definizioni dogmatiche solenni, impegnanti l’infallibilità del magistero ecclesiastico [...] dato il carattere pastorale del Concilio, esso ha evitato di pronunciare in modo straordinario dogmi dotati della nota di infallibilità".

    A parte che un "prudente ossequio" non è un totale assenso, vuoi dire che è problematico aderire alla verità e rifiutare l'errore? Suvvia... Problematico semmai è dire che la Chiesa sbaglia in materia di Fede e disobbedirle. Questo sì che dovrebbe davvero porre problemi di coscienza.
    E' problematico negare l'assenso ad un atto di Magistero del Papa o della Chiesa, anche se l'assenso richiesto è quello "minimo", cioé il religioso e prudente ossequio della volontà e dell'intelletto.

    Non so a che affermazioni ti riferisci.
    La vita della Chiesa è dominata dal Concilio ecumenico, che è stato concluso nel dicembre scorso. E non è solo il ricordo d’un avvenimento così raro e così grande, che deve tenere impegnati gli animi nostri; il ricordo si riferisce ad un fatto passato; la memoria lo raccoglie, la storia lo registra, la tradizione lo conserva; ma tutto questo processo riguarda un momento finito, un avvenimento trascorso. Invece il Concilio lascia qualche cosa dopo di sé, che dura e che continua ad agire. Il Concilio è come una sorgente, dalla quale scaturisce un fiume; la sorgente può essere lontana, la corrente del fiume ci segue. Si può dire che il Concilio lascia alla Chiesa, che lo ha celebrato, se stesso. Il Concilio non ci obbliga tanto a guardare indietro, all’atto della sua celebrazione; ma ci obbliga a guardare all’eredità che esso ci ha lasciata, e che è presente e durerà per l’avvenire. Qual è questa eredità?

    L’eredità del Concilio è costituita dai documenti che sono stati promulgati nei vari momenti conclusivi delle sue discussioni e delle sue deliberazioni; questi documenti sono di diversa natura; e cioè sono Costituzioni (quattro), sono Decreti (nove) e sono Dichiarazioni (tre); ma tutti insieme formano un corpo di dottrine e di leggi, che deve dare alla Chiesa quel rinnovamento per cui il Concilio è stato promosso. Conoscere, studiare, applicare questi documenti è il dovere ed è la fortuna del periodo post-conciliare.

    Bisogna fare attenzione: gli insegnamenti del Concilio non costituiscono un sistema organico e completo della dottrina cattolica; questa è assai più ampia, come tutti sanno, e non è messa in dubbio dal Concilio o sostanzialmente modificata; ché anzi il Concilio la conferma, la illustra, la difende e la sviluppa con autorevolissima apologia, piena di sapienza, di vigore e di fiducia. Ed è questo aspetto dottrinale del Concilio, che dobbiamo in primo luogo notare per l’onore della Parola di Dio, che rimane univoca e perenne, come luce che non si spegne, e per il conforto delle nostre anime, che dalla voce franca e solenne del Concilio sperimentano quale provvidenziale ufficio sia stato affidato da Cristo al magistero vivo della Chiesa per custodire, per difendere, per interpretare il «deposito della fede» (cfr. Humani generis, A.A.S., 1960, p. 567). Non dobbiamo staccare gli insegnamenti del Concilio dal patrimonio dottrinale della Chiesa, sì bene vedere come in esso si inseriscano, come ad esso siano coerenti, e come ad esso apportino testimonianza, incremento, spiegazione, applicazione. Allora anche le «novità» dottrinali, o normative del Concilio appariscono nelle loro giuste proporzioni, non creano obbiezioni verso la fedeltà della Chiesa alla sua funzione didascalica, e acquistano quel vero significato, che la fa risplendere di luce superiore.

    Perciò il Concilio aiuti i fedeli, maestri o discepoli che siano, a superare quegli stati d’animo - di negazione, d’indifferenza, di dubbio, di soggettivismo, ecc. - che sono contrari alla purezza e alla fortezza della fede. Esso è un grande atto del magistero ecclesiastico; e chi aderisce al Concilio riconosce ed onora con ciò il magistero della Chiesa; e fu questa la prima idea che mosse Papa Giovanni XXIII, di venerata memoria, a convocare il Concilio, come Egli ben disse inaugurandolo: «ut iterum magisterium ecclesiasticum . . . affirmaretur»; «fu nostro proposito, così si esprimeva, nell’indire questa grandissima assemblea, di riaffermare il magistero ecclesiastico» (A.A.S. 1962, p. 786). «Ciò che più importa al Concilio ecumenico, Egli continuava, è questo: che il sacro deposito della dottrina cristiana sia più efficacemente custodito ed esposto» (ibid. p. 790).

    Non sarebbe perciò nel vero chi pensasse che il Concilio rappresenti un distacco, una rottura, ovvero, come qualcuno pensa, una liberazione dall’insegnamento tradizionale della Chiesa, oppure autorizzi e promuova un facile conformismo alla mentalità del nostro tempo, in ciò ch’essa ha di effimero e di negativo piuttosto che di sicuro e di scientifico, ovvero conceda a chiunque di dare il valore e l’espressione che crede alle verità della fede. Il Concilio apre molti orizzonti nuovi agli studi biblici, teologici e umanistici, invita a ricercare e ad approfondire le scienze religiose ma non priva il pensiero cristiano del suo rigore speculativo, e non consente che nella scuola filosofica, teologica e scritturale della Chiesa entri l’arbitrio, l’incertezza, la servilità, la desolazione, che caratterizzano tante forme del pensiero religioso moderno, quand’è privo dell’assistenza del magistero ecclesiastico.

    Vi è chi si domanda quale sia l’autorità, la qualificazione teologica, che il Concilio ha voluto attribuire ai suoi insegnamenti, sapendo che esso ha evitato di dare definizioni dogmatiche solenni, impegnanti l’infallibilità del magistero ecclesiastico. E la risposta è nota per chi ricorda la dichiarazione conciliare del 6 marzo 1964, ripetuta il 16 novembre 1964: dato il carattere pastorale del Concilio, esso ha evitato di pronunciare in modo straordinario dogmi dotati della nota di infallibilità; ma esso ha tuttavia munito i suoi insegnamenti dell’autorità del supremo magistero ordinario il quale magistero ordinario e così palesemente autentico deve essere accolto docilmente e sinceramente da tutti i fedeli, secondo la mente del Concilio circa la natura e gli scopi dei singoli documenti.

    Dobbiamo entrare nello spirito di questi criteri basilari del magistero ecclesiastico, e accrescere nei nostri animi la fiducia nella guida della Chiesa sui sentieri sicuri della fede e della vita cristiana. Se questo faranno i buoni cattolici, i bravi figli della Chiesa e specialmente gli studiosi, i teologi, i maestri, i diffusori della Parola di Dio, non che gli studenti e i ricercatori stessi della dottrina autentica scaturita dai Vangelo e professata dalla Chiesa, è da sperare che la fede e con essa la vita cristiana ed anche quella civile avranno grande ristoro, quello appunto che deriva dalla verità che salva. Perché davvero lo «Spirito del Concilio» vuol essere Spirito di verità (Io. 16, 13).

    Che la Nostra Benedizione vi aiuti a comprendere tale Spirito e a farlo vostro.


    Paolo VI, 12 gennaio 1966.

    Udienza generale, 12 gennaio 1966

    Il magistero della Chiesa, pur non volendo pronunciarsi con sentenze dogmatiche straordinarie, ha profuso il suo autorevole insegnamento sopra una quantità di questioni, che oggi impegnano la coscienza e l’attività dell’uomo; è sceso, per così dire, a dialogo con lui; e, pur sempre conservando la autorità e la virtù sue proprie, ha assunto la voce facile ed amica della carità pastorale; ha desiderato farsi ascoltare e comprendere da tutti; non si è rivolto soltanto all’intelligenza speculativa, ma ha cercato di esprimersi anche con lo stile della conversazione oggi ordinaria, alla quale il ricorso alla esperienza vissuta e l’impiego del sentimento cordiale dànno più attraente vivacità e maggiore forza persuasiva: ha parlato all’uomo d’oggi, qual è.

    Paolo VI, 7 dicembre 1965.

    Ultima sessione pubblica del Concilio Vaticano II

    Adesso, per cortesia, non mi si venga a dire che il Magistero infallibile della Chiesa o del Papa possa definire dogmaticamente una verità di Fede, in maniera solenne e definitiva, con "lo stile della conversazione [oggi] ordinaria" e che io non debba tener conto della dichiarazione della commissione dottrinale del Concilio Vaticano II stesso in cui si raccomanda di aderire ai testi approvati secondo "il tenore dell'espressione verbale" impiegato! A fronte del fatto poi che nello stesso discorso di Paolo VI del 7 dicembre '65 si evince chiaramente lo stesso carattere non definitivo delle cosiddette "novità del Concilio":

    "Gli innumerevoli linguaggi delle genti oggi esistenti sono stati ammessi a esprimere liturgicamente la parola degli uomini a Dio e la Parola di Dio agli uomini, all’uomo in quanto tale è stata riconosciuta la vocazione fondamentale ad una pienezza di diritti e ad una trascendenza di destini; le sue supreme aspirazioni all’esistenza, alla dignità della persona, alla onesta libertà, alla cultura, al rinnovamento dell’ordine sociale, alla giustizia, alla pace, sono state purificate e incoraggiate; e a tutti gli uomini è stato rivolto l’invito pastorale e missionario alla luce evangelica. Troppo brevemente noi ora parliamo delle moltissime e amplissime questioni, relative al benessere umano, delle quali il Concilio s’è occupato; né esso ha inteso risolvere tutti i problemi urgenti della vita moderna; alcuni di questi sono stati riservati all’ulteriore studio che la Chiesa intende farne, molti di essi sono stati presentati in termini molto ristretti e generali, suscettibili perciò di successivi approfondimenti e di diverse applicazioni".

    In più, ciliegina sulla torta, ci si legga quanto sostiene il card. Walter Kasper riguardo a Lumen Gentium e a Unitatis Redintegratio, che può esser perfettamente applicato - per analogia - alla stessa Dignitatis Humanae: Unitatis Redintegrazio ed ecumenismo
    Cito: "L'ermeneutica di Unitatis redintegratio e il giudizio sul carattere teologicamente vincolante di questo documento, dunque, non può avvenire in modo globale, ma differenziato. Riuscire a fare questo in ogni singolo caso è frutto di un lavoro faticoso, da cui nessuno si può dispensare con giudizi di carattere generale".


    Quindi secondo te un insegnamento è infallibile solo se il Papa dice che è infallibile? Non è affatto questo il senso dei canoni in questione. Guarda che questo è un grave fraintendimento Giò. Ti preclude la possibilità di avere una visione ortodossa dell'infallibilità. Ascoltandoti mi rendo conto di quanti danni può fare certa teologia!...
    Mi dispiace contraddirti, ma la risposta alla tua domanda è sì: è solo ed esclusivamente il Papa o il Papa in comunione con i vescovi del mondo a stabilire che cosa è infallibile e definitivo e che cosa non lo è. Un atto del Magistero ordinario infallibile è tale perché ripropone una dottrina che è già stata infallibilmente definita dalla Chiesa e dai Romani Pontefici.

    Alla luce di quanto insegna Leone XIII nel passo citato sopra non ha senso ed è contrario alla dottrina cattolica pretendere che laddove la Chiesa dichiara che questa o quella dottrina è legata alla Rivelazione questo insegnamento non sia definitivo e vincolante.
    Peccato che non si dica che il diritto alla libertà religiosa in foro esterno per gli a-cattolici costituisca una "verità connessa alla Divina Rivelazione", ma, al limite, che esso si fonda su una visione della dignità umana che si fonda sulla ragione e sulla parola di Dio rivelata. E' diverso, se permetti, per quanto sofistico. Del resto, il circiterismo dei documenti del Concilio Vaticano II, D.H. inclusa, è ben noto.


    Appunto. Il dibattito dunque non deve avere il fine di trovare una interpretazione ortodossa delle dottrine eretiche del conciliabolo (cosa impossibile), ma quello di ristabilire - convertendo "Roma" - l'integra professione della Fede cattolica.
    Perché ciò avvenga bisogna prima sapere qual è la qualificazione teologica dei documenti approvati dal Concilio Vaticano II e capire se e come li si possa discutere.

    Vedo che hai evitato ogni commento su ciò che ha affermato Ratzinger in ‘Rapporto sulla fede’.
    Non vedo che cosa ci sia da commentare riguardo ad un qualcosa che, in ogni caso e a prescindere dal merito di quanto scritto, non costituisce nemmeno un atto del Magistero (straordinario o ordinario che sia) pontificio.


    Quanto ai teologi (la cui funzione è quella di introdurci ad una migliore comprensione della dottrina cattolica fondata sul Magistero; essi quindi sono un ausilio e non sostituiscono il Magistero) segui pure chi vuoi. Comunque, se posso esprimere la mia personale opinione padre Guérard è abbondantemente all'altezza di Amerio e tanto più all'altezza dei più modesti Gherardini e Spadafora.
    Ad ogni modo fa specie che tu dia più credito a dei teologi che al Magistero della Chiesa. Tu infatti credi ciecamente a Spadafora ecc. e rifiuti il Vaticano II.
    Non ho voglia di addentrarmi ulteriormente su chi sia migliore. Mi limito a ribadire che siamo di fronte a teologi autorevoli, preparati, fedeli alla Tradizione e al tomismo. Non siamo di fronte ad un Hans Kung o anche solo ad un....Ratzinger. Non mi sembra di aver sostenuto la superiorità dell'autorità dei teologi su quella del Magistero. Io poi non rifiuto interamente il Concilio Ecumenico Vaticano II: sospendo o nego l'assenso solamente a quelle proposizioni dei singoli documenti che contrastano esplicitamente o implicitamente con il contenuto del Depositum Fidei e di conseguenza con tutti gli atti del Magistero straordinario e ordinario infallibile dei Papi e della Chiesa. Tutto il resto lo accetto, sia esso espressione del Magistero ordinario infallibile o del Magistero ordinario autentico.

    E’ la natura stessa del “Magistero” del Vaticano II che determina la sua infallibilità. L'Enciclica Satis cognitum di Leone XIII dice chiaramente che:"Tutte le volte che la parola di questo magistero dichiara che tale o tale verità fa parte dell’insieme della dottrina divinamente rivelata, ognuno deve credere con certezza che questo è vero". Questo è il caso di Dignitatis humanae.
    Sbagli per due motivi:
    1) La "natura" del Magistero del Vaticano II è meramente pastorale (e non sia pastorale che dogmatica, com'è sempre stato) ed esclude aprioristicamente il ricorso a qualsiasi definzione solenne e dogmatica (leggasi: insegnamento straordinario infallibile e definitivo). Quindi dire che per sua stessa natura il Magistero del CVII è infallibile "per se" è un'assurdità, perché va contro lo stesso tenore dei documenti approvati durante l'assise conciliare e contro la qualificazione teologica che ne ha dato il Concilio stesso, Giovanni XXIII, Paolo VI e i suoi successori.
    2) Non è comunque il caso di Dignitatis Humanae perché non proclama alcun dogma o verità di Fede.



    Il Concilio Vaticano I dice che si deve credere ciò che è contenuto nella parola di Dio e che la Chiesa propone a credere come divinamente rivelato.
    Certo, ma come si stabilisce se qualcosa dev'essere creduto come divinamento rivelato o no dai credenti cattolici? Attraverso il Magistero infallibile divinamente assistito del Papa e della Chiesa. E perché una verità sia considerata connessa alla Divina Rivelazione è necessario che ciò sia proclamato solennemente attraverso un pronunciamento definitivo ex cathedra del Romano Pontefice, come stabilisce del resto la Costituzione dogmatica "Pastor Aeternus" del Concilio Vaticano I e come ribadisce la stessa Enciclica di Papa Leone XIII "Satis cognitum".

    E' il caso della dottrina sulla libertà religiosa uscita dal Vaticano II.
    Non mi risulta che esista alcun pronunciamento ex cathedra precedente al Vaticano II che possa avallare un'interpretazione del genere.


    Certo che lo è.
    Se così fosse, sarebbe stata impegnata l'infallibilità del Magistero ecclesiastico e saremmo di fronte ad un atto del Magistero straordinario della Chiesa.
    Se invece sostieni che sia ciò perché atto del Magistero ordinario infallibile della Chiesa, allora dovresti indicarmi quale sarebbe la precedente definizione dogmatica definitiva dove si dica che il diritto alla libertà religiosa in foro esterno per i culti diversi da quello cattolico sia fondato sulla dignità umana quale la si conosce dalla parola di Dio rivelata e dalla ragione.
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).

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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Appunto. Quindi non basta esclusivamente la sua autorità. Deve usare la sua autorità in un determinato modo.
    Qui non c'è nessun modo, basta che il Papa rivolgendosi alla Chiesa universale dica che una cosa è contenuta nella Rivelazione.

    Non ho cambiato idea e sinceramente mi stupisce che tu veda contraddizioni.
    Mi stupisco del tuo stupore. Io avevo detto: "Ma Giò... quella distinzione non influisce sull'infallibilità dell'insegnamento... riguarda appunto la mera "formulazione"... Il card. Manning non la sfiora nemmeno, facci caso... Al che tu hai risposto: "Lo so, ma è una distinzione che c'è e non va omessa. Ce lo impone il rigore dottrinale." E adesso torni a dire che la distinzione è essenziale.
    Ma forse (anche se fatico a crederci) il tuo "lo so" era riferito solo al fatto che ammettevi che il card. Manning non la prende in considerazione. Strano, però... Sarebbe stato opportuno dire proprio lì che la distinzione, invece, è fondamentale e che quindi le "formulazioni" sono necessarie per l'infallibilità...
    Da qui è nato il disguido. Per un momento ho pensato che avessi ammesso che l'infallibilità non può dipendere da una mera "formulazione"... Come non detto.

    Ribadisco: la differenza fra Magistero straordinario infallibile e Magistero ordinario infallibile nell'assenso non c'è; cambia il fatto che nel primo caso siamo di fronte ad un'affermazione ex cathedra del Papa (o del Papa in comunione coi vescovi) che è infallibile di per sé, mentre nel secondo caso l'infallibilità di quanto insegnato deriva da un precedente pronunciamento definitivo del Magistero straordinario infallibile del Papa o della Chiesa. Questa distinzione va tenuta ferma, ai fini del nostro discorso, perché il Magistero ordinario non è necessariamente infallibile. Può anche essere meramente autentico e non definitivo.
    Se il Magistero ordinario, anche senza precedenti definizioni straordinarie, dice che una cosa è contenuta nella Rivelazione è necessariamente infallibile.

    Ciò non significa che esistano più magisteri: il Magistero è uno, ma cambiano i suoi modi. A seconda del modo, esso o è definitivo o non è definitivo.
    E chi è che vieta al Magistero ordinario di essere definitivo (e quindi infallibile) di per sè senza ripetere definizioni straordinarie del Magistero precedente?

    Se viene usato nel modo ordinario è infallibile qualora si riconfermino dottrine che sono già state infallibilmente e dogmaticamente definite. Il Magistero ordinario infallibile è tale in quanto è infallibile e definitivo nella sostanza di ciò che insegna, ma non è una definizione dogmatica. Vedasi ancora l'esempio del dogma dell'Immacolata Concezione; non era sufficiente che il Papa scrivesse simpliciter in un'Enciclica: "L'Immacolata Concezione si fonda sulla Divina Rivelazione". Ha dovuto scrivere: "Perciò, dopo aver presentato senza interruzione, nell'umiltà e nel digiuno, le Nostre personali preghiere e quelle pubbliche della Chiesa, a Dio Padre per mezzo del suo Figlio, perché si degnasse di dirigere e di confermare la Nostra mente con la virtù dello Spirito Santo; dopo aver implorato l'assistenza dell'intera Corte celeste e dopo aver invocato con gemiti lo Spirito Paraclito; per sua divina ispirazione, ad onore della santa, ed indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della Vergine Madre di Dio, ad esaltazione della Fede cattolica e ad incremento della Religione cristiana, con l'autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, affermiamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certo ed immutabile per tutti i fedeli. Se qualcuno dunque avrà la presunzione di pensare diversamente da quanto è stato da Noi definito (Dio non voglia!), sappia con certezza di aver pronunciato la propria condanna, di aver subito il naufragio nella fede, di essersi separato dall'unità della Chiesa, e, se avrà osato rendere pubblico, a parole o per iscritto o in qualunque altro modo, ciò che pensa, sappia di essere incorso, ipso facto, nelle pene comminate dal Diritto".
    Certo che sarebbe stato sufficiente.

    Ho già risposto a questo, anche sopra: non contesto la legittimità del Magistero ordinario (il Magistero è legittimo di per sé in quanto Magistero del Papa e della Chiesa), dico che la sua infallibilità deriva da un precedente pronunciamento dogmatico e definitivo del Papa e della Chiesa. Ho usato in precedenza la parola legittimità per indicare la "ratio" dell'infallibilità dell'insegnamento ordinario.
    Mi fa piacere che non contesti la legittimità del Magistero ordinario.
    Mi devi ancora spiegare dove (nel Magistero del Papa o della Chiesa) si dice che il Magistero ordinario è infallibile solo quando ripete precedenti definizioni infallibili e non anche quando - da sè - dica che una cosa è contenuta nella Rivelazione.
    Un'altra domanda: chi ti assicura che la definizione solenne del Concilio Vaticano I sull'infallibilità pontificia sia infallibile?

    Vedi sopra: il Magistero ordinario infallibile prevede che «la verità insegnata sia proposta come già definita o come sempre creduta o ammessa nella Chiesa, o come attestata dal consenso unanime e costante dei teologi per verità cattolica», nonché «strettamente obbligatoria per tutti i fedeli» (Dict. Théologie Cath. voce Infallibilitè du Pape t. VII col. 1705).
    O santa infallibilità dei dizionari!...

    Non le ho scansate affatto e ti ho risposto adeguatamente, citandoti il CJC pio-benedettino, che è in piena e netta continuità con il contenuto di Satis Cognitum.
    E' evidente che Leone XIII si sta riferendo al Magistero straordinario infallibile: [...]
    Ma chi l'ha detto? Leone XIII non parla minimamente di forme, tanto è vero che usa l'espressione "tutte le volte". Questo per evitare che le distinzioni e i cavilli degli eretici potessero rendere irrilevante ogni atto di Magistero.

    Infatti si dice che tutte le volte che "questo Magistero dichiara che questo o quel dogma è contenuto nel corpo della dottrina divinamente rivelata, ciascuno lo deve tenere per vero": peccato che Dignitatis Humanae non dichiari alcuna verità di Fede né alcun dogma.
    Dignitatis Humanae dichiara che la sua dottrina sulla libertà religiosa è connessa con la Rivelazione. Questo basta.

    Assolutamente falso: non c'è alcuna definizione dogmatica in D.H. e, in più, non si dice da nessuna parte che la dottrina proposta ai fedeli è connessa alla Divina Rivelazione. Si dice, in maniera assai ambigua, che "il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana quale l'hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione".
    Ambigua? Più chiaro di così!

    Se questa è una definizione dogmatica, un atto del Magistero straordinario infallibile della Chiesa, io sono Babbo Natale.
    Il problema è che tu intendi la parola "definizione" in senso troppo stretto, come se per definire sia necessario che la Chiesa usi l'espressione "Io definisco che..." o chissà quale solenne formula. Ma non è così.

    Se vuoi sostenere che è un atto del Magistero ordinario infallibile della Chiesa, dimmi pure quale autorità della Chiesa avrebbe mai affermato una cosa del genere e quale precedente atto del Magistero della Chiesa e del Papa avrebbe definito come verità di Fede, in maniera definitiva e vincolante per tutti, una cosa del genere.
    Ma il problema per cui il Magistero (ordinario) è infallibile solo se ripete una dottrina infallibile esiste solo per te, non per me.

    Ma nient'affatto. Non consta manifestamente, anche perché non solo non vi è teologo che lo sostenga, ma nemmeno i Papi e la Chiesa stessa.
    Ma come? Dichiarano in un Concilio Ecumenico che una dottrina si fonda sulla Rivelazione e al tempo stesso dicono che non è vera?

    Dichiarazione del 6 marzo 1964 della commissione dottrinale del Concilio Vaticano II, ribadita il 16 novembre dello stesso anno: "Tenendo conto della procedura conciliare e della finalità pastorale del presente Concilio, questo S. Sinodo definisce come vincolante per la Chiesa soltanto quello che in materia di fede e di morale avrà apertamente dichiarato come tale. Le altre cose che il S. Sinodo propone, in quanto dottrina del Supremo Magistero della Chiesa, tutti e ciascun fedele devono accoglierle e aderirvi secondo la mente dello stesso S. Sinodo, quale si deduce sia dalla materia trattata sia dal tenore dell’espressione verbale, secondo le norme dell’interpretazione teologica".
    Udienza generale del 12 gennaio 1966: "[Il Concilio] ha evitato di dare definizioni dogmatiche solenni, impegnanti l’infallibilità del magistero ecclesiastico [...] dato il carattere pastorale del Concilio, esso ha evitato di pronunciare in modo straordinario dogmi dotati della nota di infallibilità".
    Ma Giò, sono cose dette per tener calmi i vescovi più conservatori, per far loro accettare il concilio...

    E' problematico negare l'assenso ad un atto di Magistero del Papa o della Chiesa, anche se l'assenso richiesto è quello "minimo", cioé il religioso e prudente ossequio della volontà e dell'intelletto.
    Ma perché mai dovrebbe essere problematico dal momento che lo stesso "Papa" avrebbe detto che non si è vincolati?

    La vita della Chiesa è dominata dal Concilio ecumenico, che è stato concluso nel dicembre scorso. E non è solo il ricordo d’un avvenimento così raro e così grande, che deve tenere impegnati gli animi nostri; il ricordo si riferisce ad un fatto passato; la memoria lo raccoglie, la storia lo registra, la tradizione lo conserva; ma tutto questo processo riguarda un momento finito, un avvenimento trascorso. Invece il Concilio lascia qualche cosa dopo di sé, che dura e che continua ad agire. Il Concilio è come una sorgente, dalla quale scaturisce un fiume; la sorgente può essere lontana, la corrente del fiume ci segue. Si può dire che il Concilio lascia alla Chiesa, che lo ha celebrato, se stesso. Il Concilio non ci obbliga tanto a guardare indietro, all’atto della sua celebrazione; ma ci obbliga a guardare all’eredità che esso ci ha lasciata, e che è presente e durerà per l’avvenire. Qual è questa eredità?

    L’eredità del Concilio è costituita dai documenti che sono stati promulgati nei vari momenti conclusivi delle sue discussioni e delle sue deliberazioni; questi documenti sono di diversa natura; e cioè sono Costituzioni (quattro), sono Decreti (nove) e sono Dichiarazioni (tre); ma tutti insieme formano un corpo di dottrine e di leggi, che deve dare alla Chiesa quel rinnovamento per cui il Concilio è stato promosso. Conoscere, studiare, applicare questi documenti è il dovere ed è la fortuna del periodo post-conciliare.

    Bisogna fare attenzione: gli insegnamenti del Concilio non costituiscono un sistema organico e completo della dottrina cattolica; questa è assai più ampia, come tutti sanno, e non è messa in dubbio dal Concilio o sostanzialmente modificata; ché anzi il Concilio la conferma, la illustra, la difende e la sviluppa con autorevolissima apologia, piena di sapienza, di vigore e di fiducia. Ed è questo aspetto dottrinale del Concilio, che dobbiamo in primo luogo notare per l’onore della Parola di Dio, che rimane univoca e perenne, come luce che non si spegne, e per il conforto delle nostre anime, che dalla voce franca e solenne del Concilio sperimentano quale provvidenziale ufficio sia stato affidato da Cristo al magistero vivo della Chiesa per custodire, per difendere, per interpretare il «deposito della fede» (cfr. Humani generis, A.A.S., 1960, p. 567). Non dobbiamo staccare gli insegnamenti del Concilio dal patrimonio dottrinale della Chiesa, sì bene vedere come in esso si inseriscano, come ad esso siano coerenti, e come ad esso apportino testimonianza, incremento, spiegazione, applicazione. Allora anche le «novità» dottrinali, o normative del Concilio appariscono nelle loro giuste proporzioni, non creano obbiezioni verso la fedeltà della Chiesa alla sua funzione didascalica, e acquistano quel vero significato, che la fa risplendere di luce superiore.

    Perciò il Concilio aiuti i fedeli, maestri o discepoli che siano, a superare quegli stati d’animo - di negazione, d’indifferenza, di dubbio, di soggettivismo, ecc. - che sono contrari alla purezza e alla fortezza della fede. Esso è un grande atto del magistero ecclesiastico; e chi aderisce al Concilio riconosce ed onora con ciò il magistero della Chiesa; e fu questa la prima idea che mosse Papa Giovanni XXIII, di venerata memoria, a convocare il Concilio, come Egli ben disse inaugurandolo: «ut iterum magisterium ecclesiasticum . . . affirmaretur»; «fu nostro proposito, così si esprimeva, nell’indire questa grandissima assemblea, di riaffermare il magistero ecclesiastico» (A.A.S. 1962, p. 786). «Ciò che più importa al Concilio ecumenico, Egli continuava, è questo: che il sacro deposito della dottrina cristiana sia più efficacemente custodito ed esposto» (ibid. p. 790).

    Non sarebbe perciò nel vero chi pensasse che il Concilio rappresenti un distacco, una rottura, ovvero, come qualcuno pensa, una liberazione dall’insegnamento tradizionale della Chiesa, oppure autorizzi e promuova un facile conformismo alla mentalità del nostro tempo, in ciò ch’essa ha di effimero e di negativo piuttosto che di sicuro e di scientifico, ovvero conceda a chiunque di dare il valore e l’espressione che crede alle verità della fede. Il Concilio apre molti orizzonti nuovi agli studi biblici, teologici e umanistici, invita a ricercare e ad approfondire le scienze religiose ma non priva il pensiero cristiano del suo rigore speculativo, e non consente che nella scuola filosofica, teologica e scritturale della Chiesa entri l’arbitrio, l’incertezza, la servilità, la desolazione, che caratterizzano tante forme del pensiero religioso moderno, quand’è privo dell’assistenza del magistero ecclesiastico.

    Vi è chi si domanda quale sia l’autorità, la qualificazione teologica, che il Concilio ha voluto attribuire ai suoi insegnamenti, sapendo che esso ha evitato di dare definizioni dogmatiche solenni, impegnanti l’infallibilità del magistero ecclesiastico. E la risposta è nota per chi ricorda la dichiarazione conciliare del 6 marzo 1964, ripetuta il 16 novembre 1964: dato il carattere pastorale del Concilio, esso ha evitato di pronunciare in modo straordinario dogmi dotati della nota di infallibilità; ma esso ha tuttavia munito i suoi insegnamenti dell’autorità del supremo magistero ordinario il quale magistero ordinario e così palesemente autentico deve essere accolto docilmente e sinceramente da tutti i fedeli, secondo la mente del Concilio circa la natura e gli scopi dei singoli documenti.

    Dobbiamo entrare nello spirito di questi criteri basilari del magistero ecclesiastico, e accrescere nei nostri animi la fiducia nella guida della Chiesa sui sentieri sicuri della fede e della vita cristiana. Se questo faranno i buoni cattolici, i bravi figli della Chiesa e specialmente gli studiosi, i teologi, i maestri, i diffusori della Parola di Dio, non che gli studenti e i ricercatori stessi della dottrina autentica scaturita dai Vangelo e professata dalla Chiesa, è da sperare che la fede e con essa la vita cristiana ed anche quella civile avranno grande ristoro, quello appunto che deriva dalla verità che salva. Perché davvero lo «Spirito del Concilio» vuol essere Spirito di verità (Io. 16, 13).

    Che la Nostra Benedizione vi aiuti a comprendere tale Spirito e a farlo vostro.


    Paolo VI, 12 gennaio 1966.

    Udienza generale, 12 gennaio 1966

    Il magistero della Chiesa, pur non volendo pronunciarsi con sentenze dogmatiche straordinarie, ha profuso il suo autorevole insegnamento sopra una quantità di questioni, che oggi impegnano la coscienza e l’attività dell’uomo; è sceso, per così dire, a dialogo con lui; e, pur sempre conservando la autorità e la virtù sue proprie, ha assunto la voce facile ed amica della carità pastorale; ha desiderato farsi ascoltare e comprendere da tutti; non si è rivolto soltanto all’intelligenza speculativa, ma ha cercato di esprimersi anche con lo stile della conversazione oggi ordinaria, alla quale il ricorso alla esperienza vissuta e l’impiego del sentimento cordiale dànno più attraente vivacità e maggiore forza persuasiva: ha parlato all’uomo d’oggi, qual è.

    Paolo VI, 7 dicembre 1965.

    Ultima sessione pubblica del Concilio Vaticano II

    Adesso, per cortesia, non mi si venga a dire che il Magistero infallibile della Chiesa o del Papa possa definire dogmaticamente una verità di Fede, in maniera solenne e definitiva, con "lo stile della conversazione [oggi] ordinaria" e che io non debba tener conto della dichiarazione della commissione dottrinale del Concilio Vaticano II stesso in cui si raccomanda di aderire ai testi approvati secondo "il tenore dell'espressione verbale" impiegato! A fronte del fatto poi che nello stesso discorso di Paolo VI del 7 dicembre '65 si evince chiaramente lo stesso carattere non definitivo delle cosiddette "novità del Concilio":

    "Gli innumerevoli linguaggi delle genti oggi esistenti sono stati ammessi a esprimere liturgicamente la parola degli uomini a Dio e la Parola di Dio agli uomini, all’uomo in quanto tale è stata riconosciuta la vocazione fondamentale ad una pienezza di diritti e ad una trascendenza di destini; le sue supreme aspirazioni all’esistenza, alla dignità della persona, alla onesta libertà, alla cultura, al rinnovamento dell’ordine sociale, alla giustizia, alla pace, sono state purificate e incoraggiate; e a tutti gli uomini è stato rivolto l’invito pastorale e missionario alla luce evangelica. Troppo brevemente noi ora parliamo delle moltissime e amplissime questioni, relative al benessere umano, delle quali il Concilio s’è occupato; né esso ha inteso risolvere tutti i problemi urgenti della vita moderna; alcuni di questi sono stati riservati all’ulteriore studio che la Chiesa intende farne, molti di essi sono stati presentati in termini molto ristretti e generali, suscettibili perciò di successivi approfondimenti e di diverse applicazioni".

    In più, ciliegina sulla torta, ci si legga quanto sostiene il card. Walter Kasper riguardo a Lumen Gentium e a Unitatis Redintegratio, che può esser perfettamente applicato - per analogia - alla stessa Dignitatis Humanae: Unitatis Redintegrazio ed ecumenismo
    Cito: "L'ermeneutica di Unitatis redintegratio e il giudizio sul carattere teologicamente vincolante di questo documento, dunque, non può avvenire in modo globale, ma differenziato. Riuscire a fare questo in ogni singolo caso è frutto di un lavoro faticoso, da cui nessuno si può dispensare con giudizi di carattere generale".
    Vedi quanto ho già detto sopra.

    Mi dispiace contraddirti, ma la risposta alla tua domanda è sì: è solo ed esclusivamente il Papa o il Papa in comunione con i vescovi del mondo a stabilire che cosa è infallibile e definitivo e che cosa non lo è. Un atto del Magistero ordinario infallibile è tale perché ripropone una dottrina che è già stata infallibilmente definita dalla Chiesa e dai Romani Pontefici.
    Allora non hai capito niente del senso del Magistero.


    Peccato che non si dica che il diritto alla libertà religiosa in foro esterno per gli a-cattolici costituisca una "verità connessa alla Divina Rivelazione", ma, al limite, che esso si fonda su una visione della dignità umana che si fonda sulla ragione e sulla parola di Dio rivelata. E' diverso, se permetti, per quanto sofistico. Del resto, il circiterismo dei documenti del Concilio Vaticano II, D.H. inclusa, è ben noto.
    Se così non fosse ti riconosceresti vincolato?

    Perché ciò avvenga bisogna prima sapere qual è la qualificazione teologica dei documenti approvati dal Concilio Vaticano II e capire se e come li si possa discutere.
    Ma come? Hai appena sostenuto che lefebvriani e autorità moderniste sono concordi nel dire che i documenti del Vaticano II non sono vincolanti e definitivi e adesso ti chiedi "se e come" li si possa discutere?

    Non vedo che cosa ci sia da commentare riguardo ad un qualcosa che, in ogni caso e a prescindere dal merito di quanto scritto, non costituisce nemmeno un atto del Magistero (straordinario o ordinario che sia) pontificio.
    Strano che tu non veda. Sei stato tu a citare Ratzinger. Lì Ratzinger pone davanti alla coscienza di tutti proprio la grande questione dell'Autorità.

    Non ho voglia di addentrarmi ulteriormente su chi sia migliore. Mi limito a ribadire che siamo di fronte a teologi autorevoli, preparati, fedeli alla Tradizione e al tomismo. Non siamo di fronte ad un Hans Kung o anche solo ad un....Ratzinger. Non mi sembra di aver sostenuto la superiorità dell'autorità dei teologi su quella del Magistero.
    Eccome! Sono i teologi minimalisti che riducono il Magistero a niente, non il il Magistero della Chiesa.

    Io poi non rifiuto interamente il Concilio Ecumenico Vaticano II: sospendo o nego l'assenso solamente a quelle proposizioni dei singoli documenti che contrastano esplicitamente o implicitamente con il contenuto del Depositum Fidei e di conseguenza con tutti gli atti del Magistero straordinario e ordinario infallibile dei Papi e della Chiesa. Tutto il resto lo accetto, sia esso espressione del Magistero ordinario infallibile o del Magistero ordinario autentico.
    Bene...

    Sbagli per due motivi:
    1) La "natura" del Magistero del Vaticano II è meramente pastorale (e non sia pastorale che dogmatica, com'è sempre stato) ed esclude aprioristicamente il ricorso a qualsiasi definzione solenne e dogmatica (leggasi: insegnamento straordinario infallibile e definitivo). Quindi dire che per sua stessa natura il Magistero del CVII è infallibile "per se" è un'assurdità, perché va contro lo stesso tenore dei documenti approvati durante l'assise conciliare e contro la qualificazione teologica che ne ha dato il Concilio stesso, Giovanni XXIII, Paolo VI e i suoi successori.
    "Tutte le volte" (Leone XIII).

    2) Non è comunque il caso di Dignitatis Humanae perché non proclama alcun dogma o verità di Fede.
    DH dice che la sua dottrina sulla libertà religiosa è connessa alla Rivelazione.

    Certo, ma come si stabilisce se qualcosa dev'essere creduto come divinamento rivelato o no dai credenti cattolici? Attraverso il Magistero infallibile divinamente assistito del Papa e della Chiesa. E perché una verità sia considerata connessa alla Divina Rivelazione è necessario che ciò sia proclamato solennemente attraverso un pronunciamento definitivo ex cathedra del Romano Pontefice, come stabilisce del resto la Costituzione dogmatica "Pastor Aeternus" del Concilio Vaticano I e come ribadisce la stessa Enciclica di Papa Leone XIII "Satis cognitum".
    Né la Pastor Aeternus, né Satis cognitum dicono che è necessaria una definizione solenne.
    E poi cosa vuol dire: "E perché una verità sia considerata connessa alla Divina Rivelazione è necessario che ciò sia proclamato solennemente attraverso un pronunciamento definitivo ex cathedra del Romano Pontefice"? Un conto è dire una cosa (A è connessa alla Rivelazione), un conto è il modo di dirlo (es.: Io solennemente dichiaro che...). Se viene detto che A è connessa alla Rivelazione, che senso ha dire che posso considerarla connessa alla Rivelazione solo se ciò è stato detto in modo solenne?

    Non mi risulta che esista alcun pronunciamento ex cathedra precedente al Vaticano II che possa avallare un'interpretazione del genere.

    Se così fosse, sarebbe stata impegnata l'infallibilità del Magistero ecclesiastico e saremmo di fronte ad un atto del Magistero straordinario della Chiesa.
    Se invece sostieni che sia ciò perché atto del Magistero ordinario infallibile della Chiesa, allora dovresti indicarmi quale sarebbe la precedente definizione dogmatica definitiva dove si dica che il diritto alla libertà religiosa in foro esterno per i culti diversi da quello cattolico sia fondato sulla dignità umana quale la si conosce dalla parola di Dio rivelata e dalla ragione.
    Ti ho già detto che io rifiuto di pensare che il Magistero sia infallibile solo quando ripete insegnamenti infallibili.
    Ti ricordo, altresì, che la nuova dottrina sulla libertà religiosa è professata dal Magistero ordinario universale.

  8. #18
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo Visualizza Messaggio
    Qui non c'è nessun modo, basta che il Papa rivolgendosi alla Chiesa universale dica che una cosa è contenuta nella Rivelazione.
    Questo è uno sminuire la portata del dogma dell'infallibilità papale ex cathedra. Meno male che i minimalisti sarebbero coloro che non aderiscono al sedevacantismo...


    Mi stupisco del tuo stupore. Io avevo detto: "Ma Giò... quella distinzione non influisce sull'infallibilità dell'insegnamento... riguarda appunto la mera "formulazione"... Il card. Manning non la sfiora nemmeno, facci caso... Al che tu hai risposto: "Lo so, ma è una distinzione che c'è e non va omessa. Ce lo impone il rigore dottrinale." E adesso torni a dire che la distinzione è essenziale.
    Ma forse (anche se fatico a crederci) il tuo "lo so" era riferito solo al fatto che ammettevi che il card. Manning non la prende in considerazione. Strano, però... Sarebbe stato opportuno dire proprio lì che la distinzione, invece, è fondamentale e che quindi le "formulazioni" sono necessarie per l'infallibilità...
    Da qui è nato il disguido. Per un momento ho pensato che avessi ammesso che l'infallibilità non può dipendere da una mera "formulazione"... Come non detto.
    No, non mi riferivo al cardinal Manning. Mi riferivo proprio al fatto che tra un insegnamento del Magistero straordinario infallibile ed un insegnamento del Magistero ordinario infallibile non vi è differenza nell'assenso che il fedele cattolico deve dare. La differenza sta nel fatto che nel primo caso si ha una definizione solenne, ex cathedra, nel secondo caso no. Però perché un insegnamento del Magistero ordinario infallibile sia tale deve richiamarsi ad un precedente insegnamento definitivo. Le mie considerazioni sono chiarissime: sta a te evitare di rigirarle.

    Se il Magistero ordinario, anche senza precedenti definizioni straordinarie, dice che una cosa è contenuta nella Rivelazione è necessariamente infallibile.
    E allora che bisogno c'è del Magistero straordinario infallibile della Chiesa o del Papa se basta il Magistero ordinario? Non ha senso. La differenza la fa, come sempre, la continuità o meno con la Tradizione, che - del resto - è il criterio con cui stabilire se un insegnamento del Magistero ordinario è da considerarsi definitivo o non definitivo.

    E chi è che vieta al Magistero ordinario di essere definitivo (e quindi infallibile) di per sè senza ripetere definizioni straordinarie del Magistero precedente?
    Si intende ripeterle nella sostanza, non nella forma. Se ad esempio in un'enciclica il Papa afferma simpliciter: "Il comunismo è intrinsecamente diabolico" si ha un atto del Magistero ordinario infallibile e definitivo. Non siamo di fronte ad un atto del Magistero straordinario infallibile papale, ma ad uno del Magistero ordinario infallibile pontificio perché non vi è definizione solenne, ma una ripetizione - quanto alla sostanza - di un precedente insegnamento straordinario infallibile. In tal caso, parliamo delle condanne ex cathedra espresse in Quanta Cura ed elencate nel Sillabo.

    Certo che sarebbe stato sufficiente.
    No. Altrimenti questo darebbe la libertà al Papa di alzarsi un mattino e dire quello che vuole. Non dimenticare che "ai successori di Pietro è stato promesso lo Spirito santo non perché per sua rivelazione manifestassero una nuova dottrina, ma perché con la sua assistenza custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli, cioè il deposito della fede".

    Mi fa piacere che non contesti la legittimità del Magistero ordinario.
    Mi devi ancora spiegare dove (nel Magistero del Papa o della Chiesa) si dice che il Magistero ordinario è infallibile solo quando ripete precedenti definizioni infallibili e non anche quando - da sè - dica che una cosa è contenuta nella Rivelazione.
    Lo dice lo stesso dogma dell'infallibilità papale ex cathedra. Comunque, dalla tua risposta precedente intuisco che non avevi compreso pienamente in che senso io parlavo di "ripetizione" di un insegnamento infallibile.

    Un'altra domanda: chi ti assicura che la definizione solenne del Concilio Vaticano I sull'infallibilità pontificia sia infallibile?
    La definizione stessa, che si fonda sulla Tradizione e sulla Divina Rivelazione.

    O santa infallibilità dei dizionari!...
    Mai sostenuto questo, ma se ne trovasse uno con tanto di imprimatur ecclesiastico pre-conciliare che dia ragione a te.

    Ma chi l'ha detto? Leone XIII non parla minimamente di forme, tanto è vero che usa l'espressione "tutte le volte". Questo per evitare che le distinzioni e i cavilli degli eretici potessero rendere irrilevante ogni atto di Magistero.
    "Tutte le volte" lo dice anche la definzione dogmatica del Concilio Vaticano I sul Magistero infallibile del Romano Pontefice.

    Dignitatis Humanae dichiara che la sua dottrina sulla libertà religiosa è connessa con la Rivelazione. Questo basta.
    Non lo dichiara ex cathedra e nemmeno lo fa come atto del Magistero ordinario infallibile. Infatti, non può essere un atto del Magistero ordinario infallibile della Chiesa perché non c'è alcun precedente atto che insegni ciò.

    Ambigua? Più chiaro di così!
    E' ambigua perché non dice direttamente - come fai tu - che la libertà religiosa in foro esterno per gli acattolici è connessa alla Rivelazione. Dice che si fonda su una non meglio precisata concezione della dignità dell'uomo fondata sulla Parola di Dio e sulla ragione umana.

    Il problema è che tu intendi la parola "definizione" in senso troppo stretto, come se per definire sia necessario che la Chiesa usi l'espressione "Io definisco che..." o chissà quale solenne formula. Ma non è così.
    Una definizione dogmatica è una definizione dogmatica. Esistono le note teologiche apposta: MiL - Messainlatino.it: Le note teologiche (pre-conciliari, non post-conciliari).


    Ma il problema per cui il Magistero (ordinario) è infallibile solo se ripete una dottrina infallibile esiste solo per te, non per me.
    :gratgrat:

    Ma come? Dichiarano in un Concilio Ecumenico che una dottrina si fonda sulla Rivelazione e al tempo stesso dicono che non è vera?
    Al tempo stesso dicono che non si tratta di un insegnamento definitivo, tant'è che, almeno formalmente, si lascia libertà di dibattito a livello teologico.

    Ma Giò, sono cose dette per tener calmi i vescovi più conservatori, per far loro accettare il concilio...
    Capisco che sei sedevacantista e allora per te tutto quello che hanno detto i Papi da Giovanni XXIII in poi è pattume, però se sono gli stessi fautori del CVII a dire che i contenuti del Magistero del Concilio Vaticano II non devono essere considerati infallibili o definitivi non posso farci nulla.
    E' la realtà.

    Ma perché mai dovrebbe essere problematico dal momento che lo stesso "Papa" avrebbe detto che non si è vincolati?
    Il vincolo esiste comunque, ma è un vincolo "minore".

    Allora non hai capito niente del senso del Magistero.
    Non mi pare. Basta rileggersi le definizioni del Vaticano I.

    Se così non fosse ti riconosceresti vincolato?
    Se fosse stato proclamato ex cathedra sarebbe stata un'altra faccenda. Ma non è accaduto ed è impossibile che accada.

    Ma come? Hai appena sostenuto che lefebvriani e autorità moderniste sono concordi nel dire che i documenti del Vaticano II non sono vincolanti e definitivi e adesso ti chiedi "se e come" li si possa discutere?
    No: i "vaticanosecondisti", ad eccezione di p. Cavalcoli, ritengono che si tratta di insegnamenti non definitivi, ma a cui siamo comunque vincolanti per religioso e prudente ossequio della volontà e dell'intelletto.
    I "lefebvriani" ritengono che si debba negare il religioso e prudente ossequio della volontà e dell'intelletto a tutti quegli insegnamenti del Concilio Vaticano II che sono in pieno e palese contrasto con il Magistero tradizionale.

    Strano che tu non veda. Sei stato tu a citare Ratzinger. Lì Ratzinger pone davanti alla coscienza di tutti proprio la grande questione dell'Autorità.
    Io vedo solo un libro-intervista di un cardinale che, come tale, esprime le sue opinioni.

    Eccome! Sono i teologi minimalisti che riducono il Magistero a niente, non il il Magistero della Chiesa.
    Certo, sono tutti "minimalisti".....tranne Guerard des Lauriers e i Palmariani :see:

    "Tutte le volte" (Leone XIII).
    E - scusami - che cavolo c'entra? Non siamo in una di queste "volte", evidentemente....

    DH dice che la sua dottrina sulla libertà religiosa è connessa alla Rivelazione.
    DH non proclama alcunché nel dovuto modo e quella tua frase è una semplificazione/interpretazione di una frase ambigua.
    Ma anche se fosse, come sostieni tu, di una chiarezza cristallina, sta di fatto che non può essere comunque considerata una proposizione infallibile perché trattasi di una novità dottrinale, cioé di un qualcosa mai insegnato prima.

    Né la Pastor Aeternus, né Satis cognitum dicono che è necessaria una definizione solenne.
    E poi cosa vuol dire: "E perché una verità sia considerata connessa alla Divina Rivelazione è necessario che ciò sia proclamato solennemente attraverso un pronunciamento definitivo ex cathedra del Romano Pontefice"? Un conto è dire una cosa (A è connessa alla Rivelazione), un conto è il modo di dirlo (es.: Io solennemente dichiaro che...). Se viene detto che A è connessa alla Rivelazione, che senso ha dire che posso considerarla connessa alla Rivelazione solo se ciò è stato detto in modo solenne?
    Perché esiste la Tradizione, Timoteo! L'infallibilità papale serve per custodire il deposito, non per insegnare novità...

    Ti ho già detto che io rifiuto di pensare che il Magistero sia infallibile solo quando ripete insegnamenti infallibili.
    Ti ricordo, altresì, che la nuova dottrina sulla libertà religiosa è professata dal Magistero ordinario universale.
    Il Magistero ordinario universale è il Magistero ordinario della Chiesa. E, analogamente al Magistero pontificio, può essere sia un Magistero ordinario definitivo che un Magistero ordinario non definitivo.
    Ultima modifica di Giò; 02-12-11 alle 12:33
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  9. #19
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Questo è uno sminuire la portata del dogma dell'infallibilità papale ex cathedra. Meno male che i minimalisti sarebbero coloro che non aderiscono al sedevacantismo...
    Macché sminuire. Semmai è il contrario. Quindi quello che dici è ridicolo e lo sai bene. Sono i minimalisti (precedenti e posteriori al Vaticano II) ad attaccare le prerogative del Papato.

    No, non mi riferivo al cardinal Manning. Mi riferivo proprio al fatto che tra un insegnamento del Magistero straordinario infallibile ed un insegnamento del Magistero ordinario infallibile non vi è differenza nell'assenso che il fedele cattolico deve dare. La differenza sta nel fatto che nel primo caso si ha una definizione solenne, ex cathedra, nel secondo caso no. Però perché un insegnamento del Magistero ordinario infallibile sia tale deve richiamarsi ad un precedente insegnamento definitivo. Le mie considerazioni sono chiarissime: sta a te evitare di rigirarle.
    Certo che sono chiarissime, e chiaramente sbagliate. Tu fai dipendere l'infallibilità dalla solennità della definizione (cioè dalla sua formulazione), ma il Magistero non dice questo. La Chiesa può definire anche non solennemente ed è ugualmente infallibile.

    E allora che bisogno c'è del Magistero straordinario infallibile della Chiesa o del Papa se basta il Magistero ordinario? Non ha senso. La differenza la fa, come sempre, la continuità o meno con la Tradizione, che - del resto - è il criterio con cui stabilire se un insegnamento del Magistero ordinario è da considerarsi definitivo o non definitivo.
    Che bisogno c'è? Il Papa o la Chiesa sceglie di usare il Magistero straordinario per motivi pastorali, che possono essere i più diversi.

    Si intende ripeterle nella sostanza, non nella forma. Se ad esempio in un'enciclica il Papa afferma simpliciter: "Il comunismo è intrinsecamente diabolico" si ha un atto del Magistero ordinario infallibile e definitivo. Non siamo di fronte ad un atto del Magistero straordinario infallibile papale, ma ad uno del Magistero ordinario infallibile pontificio perché non vi è definizione solenne, ma una ripetizione - quanto alla sostanza - di un precedente insegnamento straordinario infallibile. In tal caso, parliamo delle condanne ex cathedra espresse in Quanta Cura ed elencate nel Sillabo.
    Sì, certo, avevo capito: ripetere nella sostanza. Non è così. Il Magistero ordinario è infallibile anche se non ripete.

    No. Altrimenti questo darebbe la libertà al Papa di alzarsi un mattino e dire quello che vuole. Non dimenticare che "ai successori di Pietro è stato promesso lo Spirito santo non perché per sua rivelazione manifestassero una nuova dottrina, ma perché con la sua assistenza custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli, cioè il deposito della fede".
    Se, come hai detto, il Papa avesse scritto in un'Enciclica: "L'Immacolata Concezione si fonda sulla Divina Rivelazione", non avrebbe proposto una nuova dottrina, ma avrebbe semplicemente esplicitato il contenuto della Rivelazione. Dov'è il problema?

    Lo dice lo stesso dogma dell'infallibilità papale ex cathedra. Comunque, dalla tua risposta precedente intuisco che non avevi compreso pienamente in che senso io parlavo di "ripetizione" di un insegnamento infallibile.
    Lo dice lo stesso dogma dell'infallibilità papale ex cathedra? E dove di grazia?
    (Come ho già precisato sopra avevo compreso in che senso tu parlavi di ripetizione).

    La definizione stessa, che si fonda sulla Tradizione e sulla Divina Rivelazione.
    E come è possibile che sia la definizione stessa a darti questa certezza?

    Mai sostenuto questo, ma se ne trovasse uno con tanto di imprimatur ecclesiastico pre-conciliare che dia ragione a te.
    Ma non c’è bisogno che te lo dica un dizionario, te lo dice già il Magistero: Tutte le volte (Leone XIII). Non ti basta il Magistero?

    "Tutte le volte" lo dice anche la definzione dogmatica del Concilio Vaticano I sul Magistero infallibile del Romano Pontefice.
    Sì ma sei tu che dalle parole del Vaticano I evinci che ci si riferisca al solo Magistero straordinario.


    Non lo dichiara ex cathedra e nemmeno lo fa come atto del Magistero ordinario infallibile. Infatti, non può essere un atto del Magistero ordinario infallibile della Chiesa perché non c'è alcun precedente atto che insegni ciò.
    Certo che lo dichiara ex cathedra. Non voler per forza restringere eccessivamente il significato di quell’espressione.
    E' ambigua perché non dice direttamente - come fai tu - che la libertà religiosa in foro esterno per gli acattolici è connessa alla Rivelazione. Dice che si fonda su una non meglio precisata concezione della dignità dell'uomo fondata sulla Parola di Dio e sulla ragione umana.
    Continuo a non vedere ambiguità. Titolo che precede il punto 9 della dichiarazione Dignitatis Humanae: “La dottrina della libertà religiosa affonda le radici nella Rivelazione”.

    Una definizione dogmatica è una definizione dogmatica. Esistono le note teologiche apposta: MiL - Messainlatino.it: Le note teologiche (pre-conciliari, non post-conciliari).
    Per facilitarti a capire che il Papa non è infallibile solo quando definisce solennemente ti faccio un esempio.
    Il card. Ottaviani, nella seconda edizione delle sue Institutiones iuris publici ecclesiastici, pubblicata nel 1935, classificava l’insegnamento per cui i vescovi ricevono il loro potere di giurisdizione immediatamente dal Romano Pontefice come “probabilior, immo etiam communis”. Nel 1943 fu emanata l’enciclica Mystici Corporis in cui l’autorità episcopale era descritta come “immediate sibi [episcopas] ab eodem Pontifice Summo impertita”. La terza edizione dell’opera del card. Ottaviani, pubblicata nel 1947, prese atto dell’insegnamento enunciato in Mystici Corporis. In questa terza edizione tale dottrina è descritta come “hucusque considerata probabilior, immo communis, nunc autem ut omnino certa ex verbis Summi Pontificis Pii XII”.
    Roma si era espressa (non solennemente, anzi in modo direi quasi accidentale) e la dottrina fu subito considerata certa e vera. Si tratta di Magistero pontificio ordinario infallibile che non ripete alcuna precedente definizione del Magistero straordinario.
    :gratgrat:
    La questione è toccata sopra.

    Al tempo stesso dicono che non si tratta di un insegnamento definitivo, tant'è che, almeno formalmente, si lascia libertà di dibattito a livello teologico.
    Dire che un Concilio Ecumenico dichiara che una dottrina si fonda sulla Rivelazione e che al tempo stesso non è vera (perché discutibile) è una follia, non ha nessun senso.
    Meraviglioso comunque quel “almeno formalmente”… Vuol dire che di fatto non c’è libertà per alcun dibattito sul punto… Poveri lefebvriani…

    Capisco che sei sedevacantista e allora per te tutto quello che hanno detto i Papi da Giovanni XXIII in poi è pattume, però se sono gli stessi fautori del CVII a dire che i contenuti del Magistero del Concilio Vaticano II non devono essere considerati infallibili o definitivi non posso farci nulla.
    E' la realtà.
    E’ follia.



    Il vincolo esiste comunque, ma è un vincolo "minore".
    Dai non essere ridicolo Giò… Aggiungi pure tutte le sfumature e le diminuzioni che vuoi, ma alla fine rispondi (sì sì no no): sei vincolato o no?


    Non mi pare. Basta rileggersi le definizioni del Vaticano I.
    Appunto.
    Se fosse stato proclamato ex cathedra sarebbe stata un'altra faccenda. Ma non è accaduto ed è impossibile che accada.
    E’ stato proclamato ex cathedra.
    No: i "vaticanosecondisti", ad eccezione di p. Cavalcoli, ritengono che si tratta di insegnamenti non definitivi, ma a cui siamo comunque vincolanti per religioso e prudente ossequio della volontà e dell'intelletto.
    I "lefebvriani" ritengono che si debba negare il religioso e prudente ossequio della volontà e dell'intelletto a tutti quegli insegnamenti del Concilio Vaticano II che sono in pieno e palese contrasto con il Magistero tradizionale.
    Appunto, modernisti e lefebvriani secondo te concordano nel dire che si tratta di insegnamenti non definitivi. E che essi sono altresì non vincolanti (o meglio: insieme credete di essere a loro vincolati per religioso e prudente ossequio della volontà e dell'intelletto e quindi, sempre secondo te, ritenete in sostanza che non sono vincolanti, altrimenti voi lefebvriani non potreste legittimamente negare “il religioso e prudente ossequio”). Ciò posto che senso ha (visto che tali insegnamenti non sono né definitivi né vincolanti nel senso che abbiamo specificato) chiedersi se e come” poterli discutere?

    Io vedo solo un libro-intervista di un cardinale che, come tale, esprime le sue opinioni.
    Chiudi pure gli occhi… Come preferisci…

    Certo, sono tutti "minimalisti".....tranne Guerard des Lauriers e i Palmariani :see:
    Wow grande humor! Forse hai finito gli argomenti… ?



    E - scusami - che cavolo c'entra? Non siamo in una di queste "volte", evidentemente....
    Eh no, sennò il Papa non avrebbe detto “tutte”.



    DH non proclama alcunché nel dovuto modo e quella tua frase è una semplificazione/interpretazione di una frase ambigua.
    Ma anche se fosse, come sostieni tu, di una chiarezza cristallina, sta di fatto che non può essere comunque considerata una proposizione infallibile perché trattasi di una novità dottrinale, cioé di un qualcosa mai insegnato prima.
    Perché esiste la Tradizione, Timoteo! L'infallibilità papale serve per custodire il deposito, non per insegnare novità...
    Vedi sopra dove si parlava dell’Immacolata Concezione.
    Il Magistero ordinario universale è il Magistero ordinario della Chiesa. E, analogamente al Magistero pontificio, può essere sia un Magistero ordinario definitivo che un Magistero ordinario non definitivo.
    Concilio Vaticano I: “Con fede divina e cattolica si deve credere tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata, e che è proposto dalla chiesa come divinamente rivelato sia con giudizio solenne, sia nel suo magistero ordinario universale”.
    Ora, è indubbio che da oltre quarant’anni la chiesa conciliare proponga come connessa alla Rivelazione la dottrina sulla libertà religiosa. Ergo…

    Ti ricordo poi che, sempre il Concilio Vaticano I, afferma: “…quindi i pastori e i fedeli, di qualsiasi rito e dignità, sia considerati singolarmente che nel loro insieme, sono tenuti al dovere della subordinazione gerarchica e della vera obbedienza verso di essa, non solo in ciò che riguarda la fede e i costumi, ma anche in ciò che riguarda la disciplina e il governo della chiesa sparsa su tutta la terra”.
    Non mi sembra che i lefebvriani siano molto in linea con queste parole. Sono fallaci, non definitive e non vincolanti anche queste?
    Ultima modifica di Timoteo; 03-12-11 alle 18:08

  10. #20
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo Visualizza Messaggio
    Macché sminuire. Semmai è il contrario. Quindi quello che dici è ridicolo e lo sai bene. Sono i minimalisti (precedenti e posteriori al Vaticano II) ad attaccare le prerogative del Papato.
    E' un atteggiamento de facto "minimalista" considerare indifferente l'uso straordinario - che non può non essere infallibile - o ordinario - che invece può essere infallibile e definitivo, ma anche no - del Magistero del Papa.


    Certo che sono chiarissime, e chiaramente sbagliate. Tu fai dipendere l'infallibilità dalla solennità della definizione (cioè dalla sua formulazione), ma il Magistero non dice questo. La Chiesa può definire anche non solennemente ed è ugualmente infallibile.
    Una definizione, in quanto tale, è solenne, altrimenti non è una definizione.
    La definizione dogmatica è solenne sia quanto al modo che quanto alla sostanza.
    L'insegnamento del Magistero ordinario infallibile del Papa è solenne quanto alla sostanza di ciò che insegna, ma non è solenne quanto al modo (cioé non è pronunciamento ex cathedra).
    Se non si aderisce ad un insegnamento del Magistero straordinario infallibile si è scomunicati.
    Se non si aderisce ad un insegnamento del Magistero ordinario infallibile si è ugualmente scomunicati.
    L'insegnamento del Magistero ordinario autentico e non definitivo del Papa non è solenne quanto alla sostanza di ciò che comunica al singolo fedele. Se il fedele nega ingiustamente il suo assenso commette un peccato di temerarietà, ma non incorre nella scomunica.

    Che bisogno c'è? Il Papa o la Chiesa sceglie di usare il Magistero straordinario per motivi pastorali, che possono essere i più diversi.
    Ripeto: se, come sostieni tu, non è necessaria una definizione ex cathedra perché un insegnamento sia definitivo allora perché è stato necessario definire dogmaticamente nei Concilii i dogmi della Fede cattolica, il Credo, ecc.?

    Sì, certo, avevo capito: ripetere nella sostanza. Non è così. Il Magistero ordinario è infallibile anche se non ripete.
    Il Magistero ordinario infallibile è ripetizione per sua stessa "natura": la verità insegnata è proposta come già definita o come sempre creduta o ammessa nella Chiesa, o come attestata dal consenso unanime e costante dei teologi per verità cattolica. Anche un insegnamento unanime dei Santi Padri della Chiesa è infallibile. Ma ovviamente chi ha l'autorità per dire che un insegnamento è sempre stato creduto o ammesso nella Chiesa o è sostenuto dal consenso unanime dei Santi Padri della Chiesa? Il Papa o il Papa in comunione coi vescovi.

    Se, come hai detto, il Papa avesse scritto in un'Enciclica: "L'Immacolata Concezione si fonda sulla Divina Rivelazione", non avrebbe proposto una nuova dottrina, ma avrebbe semplicemente esplicitato il contenuto della Rivelazione. Dov'è il problema?
    Non c'è problema, ma ciò non avrebbe costituito una definizione dogmatica e non avrebbe automaticamente fatto dell'Immacolata Concezione un dogma di Fede. Non avrebbe reso tale insegnamento "definitivo". Lo so anch'io che l'Immacolata Concezione era dogma di Fede anche prima e che la definizione solenne non crea ex nihilo un dogma, ma lo proclama tale per farlo riconoscere da tutti come tale, in modo che - attorno ad esso - non vi possa più essere alcuna disputa o discussione, come invece prima c'era.

    Lo dice lo stesso dogma dell'infallibilità papale ex cathedra? E dove di grazia?
    (Come ho già precisato sopra avevo compreso in che senso tu parlavi di ripetizione).
    Lo Spirito Santo non è stato promesso ai successori di Pietro perchè proponessero, per sua rivelazione, una nuova dottrina, ma perchè custodissero religiosamente e fedelmente insegnassero, grazie alla sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, ossia il deposito della fede.


    E come è possibile che sia la definizione stessa a darti questa certezza?
    Perché si fonda sulla Divina Rivelazione e sulla Tradizione.

    Ma non c’è bisogno che te lo dica un dizionario, te lo dice già il Magistero: Tutte le volte (Leone XIII). Non ti basta il Magistero?
    Ancora? Non "tagliuzzare" quello che dice l'enciclica: "Quante volte dunque questo magistero dichiara che questo o quel dogma è contenuto nel corpo della dottrina divinamente rivelata, ciascuno lo deve tenere per vero, poiché, se potesse essere falso, ne seguirebbe che Dio stesso sarebbe autore dell’errore dell’uomo, il che ripugna: "O Signore, se vi è errore, siamo stati da tè ingannati". Quindi, rimossa ogni ragione di dubitare, a chi mai sarà lecito ripudiare una sola di queste verità, senza che egli venga per questo stesso a cadere in eresia e senza che, essendo separato dalla chiesa, rigetti in blocco tutta la dottrina cristiana?"
    Si dia il caso che il peccato mortale d'eresia si abbia quando si neghi un dogma di Fede o una dottrina di fede semplicemente cattolica (o ecclesiastica), cioé materia non rivelata ma definita ex cathedra come da tenersi per fede.

    Sì ma sei tu che dalle parole del Vaticano I evinci che ci si riferisca al solo Magistero straordinario.
    Vedi sopra.

    Certo che lo dichiara ex cathedra. Non voler per forza restringere eccessivamente il significato di quell’espressione.
    E' dichiarazione ex cathedra solo ciò che consta manifestamente come tale e per constare come tale in maniera evidente e manifesta deve ricorrere alla definizione/dichiarazione ex cathedra così come definita dalla costituzione dogmatica Pastor Aeternus del Concilio Vaticano I.

    Continuo a non vedere ambiguità. Titolo che precede il punto 9 della dichiarazione Dignitatis Humanae: “La dottrina della libertà religiosa affonda le radici nella Rivelazione”.
    La dottrina della libertà religiosa esisteva anche prima ed effettivamente affondava le sue radici nella Rivelazione. Il problema è che il Vaticano II ha cercato di alterare, pur non avendone l'autorità, questa dottrina, già definita ex cathedra.

    Per facilitarti a capire che il Papa non è infallibile solo quando definisce solennemente ti faccio un esempio.
    Il card. Ottaviani, nella seconda edizione delle sue Institutiones iuris publici ecclesiastici, pubblicata nel 1935, classificava l’insegnamento per cui i vescovi ricevono il loro potere di giurisdizione immediatamente dal Romano Pontefice come “probabilior, immo etiam communis”. Nel 1943 fu emanata l’enciclica Mystici Corporis in cui l’autorità episcopale era descritta come “immediate sibi [episcopas] ab eodem Pontifice Summo impertita”. La terza edizione dell’opera del card. Ottaviani, pubblicata nel 1947, prese atto dell’insegnamento enunciato in Mystici Corporis. In questa terza edizione tale dottrina è descritta come “hucusque considerata probabilior, immo communis, nunc autem ut omnino certa ex verbis Summi Pontificis Pii XII”.
    Roma si era espressa (non solennemente, anzi in modo direi quasi accidentale) e la dottrina fu subito considerata certa e vera. Si tratta di Magistero pontificio ordinario infallibile che non ripete alcuna precedente definizione del Magistero straordinario.
    La negazione di una dottrina solamente "certa" può essere un peccato mortale per temerarietà, non per eresia o per errore (pena: la scomunica)! Non siamo quindi di fronte ad un pronunciamento del Magistero infallibile.


    Dire che un Concilio Ecumenico dichiara che una dottrina si fonda sulla Rivelazione e che al tempo stesso non è vera (perché discutibile) è una follia, non ha nessun senso.
    Meraviglioso comunque quel “almeno formalmente”… Vuol dire che di fatto non c’è libertà per alcun dibattito sul punto… Poveri lefebvriani…
    Non è colpa mia se è stata la stessa commissione teologica e se è stato lo stesso Paolo VI a considerare non definitivi quegli insegnamenti "così palesemente autentici". Non è colpa mia se l'assenso agli insegnamenti dei documenti del Concilio Vaticano II dipende dal tenore delle singole proposizioni ed è "differenziato".


    E’ follia.
    Non è folle per niente, anche perché non mi porti alcuna fonte a tuo sostegno. E non dirmi che l'enciclica di Leone XIII è una fonte a tuo favore, perché, come già ho detto, sei tu ad interpretarla male.


    Dai non essere ridicolo Giò… Aggiungi pure tutte le sfumature e le diminuzioni che vuoi, ma alla fine rispondi (sì sì no no): sei vincolato o no?
    Ti ho già risposto. Nel Magistero ordinario autentico sono vincolato, ma - trattandosi di un vincolo minore e non assoluto - posso legittimamente sospendere o negare il mio assenso per ragioni particolarmente gravi.


    E’ stato proclamato ex cathedra.
    Se così fosse, allora vorrebbe dire che Dio non esiste perché Dio non può offrire la sua divina assistenza al Papa e alla Chiesa per sostenere A ed il contrario di A.

    Appunto, modernisti e lefebvriani secondo te concordano nel dire che si tratta di insegnamenti non definitivi. E che essi sono altresì non vincolanti (o meglio: insieme credete di essere a loro vincolati per religioso e prudente ossequio della volontà e dell'intelletto e quindi, sempre secondo te, ritenete in sostanza che non sono vincolanti, altrimenti voi lefebvriani non potreste legittimamente negare “il religioso e prudente ossequio”). Ciò posto che senso ha (visto che tali insegnamenti non sono né definitivi né vincolanti nel senso che abbiamo specificato) chiedersi se e come” poterli discutere?
    L'assenso viene sospeso o negato perché c'è una contraddizione col Magistero infallibile della Chiesa e dei Papi e con la Tradizione Cattolica, altrimenti non verrebbe né sospeso né negato. Ha senso chiederselo perché, se non si è dei superbi saccenti, che si ritengono superiori a tutti, persino al Papa, bisognerebbe ogni tanto rendersi conto che si discute inter nos cercando di uscire dalla crisi della Chiesa e non di acuirla spacciando mere ipotesi teologiche che cercano di spiegare ex post la contradditorietà degli insegnamenti del CVII col Magistero precedente per verità assolute.

    Chiudi pure gli occhi… Come preferisci…
    Se mai, aprili tu.


    Wow grande humor! Forse hai finito gli argomenti… ?
    A me pare di aver ribattuto punto su punto. Gli è che dopo un po' non posso ripetere le stesse cose, dato che fai le stesse domande e affermazioni.




    Eh no, sennò il Papa non avrebbe detto “tutte”.
    Già risposto.


    Vedi sopra dove si parlava dell’Immacolata Concezione.
    La proclamazione di tale dogma è stato possibile in primis proprio perché non contaddiceva affatto con la Divina Rivelazione e si accordava pienamente col depositum fidei.

    Concilio Vaticano I: “Con fede divina e cattolica si deve credere tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata, e che è proposto dalla chiesa come divinamente rivelato sia con giudizio solenne, sia nel suo magistero ordinario universale”.
    Ora, è indubbio che da oltre quarant’anni la chiesa conciliare proponga come connessa alla Rivelazione la dottrina sulla libertà religiosa. Ergo…
    Mi posti un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede che sostenga l'infallibilità di Dignitatis Humanae? Grazie.

    Ti ricordo poi che, sempre il Concilio Vaticano I, afferma: “…quindi i pastori e i fedeli, di qualsiasi rito e dignità, sia considerati singolarmente che nel loro insieme, sono tenuti al dovere della subordinazione gerarchica e della vera obbedienza verso di essa, non solo in ciò che riguarda la fede e i costumi, ma anche in ciò che riguarda la disciplina e il governo della chiesa sparsa su tutta la terra”.
    Non mi sembra che i lefebvriani siano molto in linea con queste parole. Sono fallaci, non definitive e non vincolanti anche queste?
    Ti devo riportare le mille citazioni che circolano - sul web e non - riguardo alla resistenza al Papa? Eddai su.
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).

 

 
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