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  1. #21
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    E' un atteggiamento de facto "minimalista" considerare indifferente l'uso straordinario - che non può non essere infallibile - o ordinario - che invece può essere infallibile e definitivo, ma anche no - del Magistero del Papa.
    Sei davvero ridicolo. Prima annulli le prerogative del Papato e poi dai del “minimalista” a chi cerca di difenderle. Mah… contento tu…
    Minimalista, evidentemente, è chi tenta di rendere dubbio (cioè carta straccia) pressoché ogni pronunciamento del Vicario di Cristo...
    Una definizione, in quanto tale, è solenne, altrimenti non è una definizione.
    In questo senso la definizione della libertà religiosa che si trova all’interno di Dignitatis Humanae è certamente solenne.
    La definizione dogmatica è solenne sia quanto al modo che quanto alla sostanza.
    L'insegnamento del Magistero ordinario infallibile del Papa è solenne quanto alla sostanza di ciò che insegna, ma non è solenne quanto al modo (cioé non è pronunciamento ex cathedra).
    Solenne quanto alla sostanza? Cosa vuol dire che una sostanza è solenne?
    Se non si aderisce ad un insegnamento del Magistero straordinario infallibile si è scomunicati.
    Se non si aderisce ad un insegnamento del Magistero ordinario infallibile si è ugualmente scomunicati.
    E che c’entra?
    L'insegnamento del Magistero ordinario autentico e non definitivo del Papa non è solenne quanto alla sostanza di ciò che comunica al singolo fedele. Se il fedele nega ingiustamente il suo assenso commette un peccato di temerarietà, ma non incorre nella scomunica.
    “Non è solenne quanto alla sostanza di ciò che comunica”? E che vuol dire?

    Ripeto: se, come sostieni tu, non è necessaria una definizione ex cathedra perché un insegnamento sia definitivo allora perché è stato necessario definire dogmaticamente nei Concilii i dogmi della Fede cattolica, il Credo, ecc.?
    Il fatto che la Chiesa abbia esposto, spiegato, dichiarato, esplicitato, precisato, definito in modo solenne tante cose contenute nella Rivelazione e nella Tradizione apostolica è stato estremamente opportuno, se non necessario, per motivi pastorali. Ma tutto ciò non è stato necessario ai fini dell’infallibilità di ciò che si andava insegnando. L’infallibilità deriva dal semplice fatto che è la Chiesa che insegna queste cose.

    Il Magistero ordinario infallibile è ripetizione per sua stessa "natura": la verità insegnata è proposta come già definita o come sempre creduta o ammessa nella Chiesa, o come attestata dal consenso unanime e costante dei teologi per verità cattolica. Anche un insegnamento unanime dei Santi Padri della Chiesa è infallibile. Ma ovviamente chi ha l'autorità per dire che un insegnamento è sempre stato creduto o ammesso nella Chiesa o è sostenuto dal consenso unanime dei Santi Padri della Chiesa? Il Papa o il Papa in comunione coi vescovi.
    Non è vero che il Magistero ordinario infallibile è ripetizione per sua stessa natura. Vedi il caso di Ottaviani e la Mystici corporis.

    Non c'è problema,
    Appunto, e invece tu prima mi accusavi – del tutto infondatamente – di sostenere una posizione per cui il Papa avrebbe potuto alzarsi al mattino dicendo quello che vuole…

    ma ciò non avrebbe costituito una definizione dogmatica e non avrebbe automaticamente fatto dell'Immacolata Concezione un dogma di Fede. Non avrebbe reso tale insegnamento "definitivo". Lo so anch'io che l'Immacolata Concezione era dogma di Fede anche prima e che la definizione solenne non crea ex nihilo un dogma, ma lo proclama tale per farlo riconoscere da tutti come tale, in modo che - attorno ad esso - non vi possa più essere alcuna disputa o discussione, come invece prima c'era.
    Ma la proposizione "L'Immacolata Concezione si fonda sulla Divina Rivelazione" cos’ha di non definitivo?

    Lo Spirito Santo non è stato promesso ai successori di Pietro perchè proponessero, per sua rivelazione, una nuova dottrina, ma perchè custodissero religiosamente e fedelmente insegnassero, grazie alla sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, ossia il deposito della fede.
    Secondo te, in questa frase è espresso il concetto per cui il Magistero ordinario è infallibile solo quando ripete precedenti definizioni infallibili e non anche quando - senza ripetere - dice che una cosa è contenuta nella Rivelazione? Sono allibito.

    Perché si fonda sulla Divina Rivelazione e sulla Tradizione.
    E chi ti dice che la definizione si fonda sulla Rivelazione e sulla Tradizione?

    Ancora? Non "tagliuzzare" quello che dice l'enciclica: "Quante volte dunque questo magistero dichiara che questo o quel dogma è contenuto nel corpo della dottrina divinamente rivelata, ciascuno lo deve tenere per vero, poiché, se potesse essere falso, ne seguirebbe che Dio stesso sarebbe autore dell’errore dell’uomo, il che ripugna: "O Signore, se vi è errore, siamo stati da tè ingannati". Quindi, rimossa ogni ragione di dubitare, a chi mai sarà lecito ripudiare una sola di queste verità, senza che egli venga per questo stesso a cadere in eresia e senza che, essendo separato dalla chiesa, rigetti in blocco tutta la dottrina cristiana?"
    Si dia il caso che il peccato mortale d'eresia si abbia quando si neghi un dogma di Fede o una dottrina di fede semplicemente cattolica (o ecclesiastica), cioé materia non rivelata ma definita ex cathedra come da tenersi per fede.
    Puoi spiegare come questo tolga verità (e quindi infallibilità) alle dichiarazioni del Magistero riguardanti la Rivelazione o cose connesse alla Rivelazione?

    Vedi sopra.
    Sopra dove?

    E' dichiarazione ex cathedra solo ciò che consta manifestamente come tale e per constare come tale in maniera evidente e manifesta deve ricorrere alla definizione/dichiarazione ex cathedra così come definita dalla costituzione dogmatica Pastor Aeternus del Concilio Vaticano I.
    Sì vabè, in Dignitatis Humanae si fanno un mucchio di chiacchiere…

    La dottrina della libertà religiosa esisteva anche prima ed effettivamente affondava le sue radici nella Rivelazione. Il problema è che il Vaticano II ha cercato di alterare, pur non avendone l'autorità, questa dottrina, già definita ex cathedra.
    Perché cambi discorso? Stavamo discutendo di una ben specifica dottrina sulla libertà religiosa (quella del Vaticano II), non della dottrina precedente e cattolica. E stavamo chiarendo precisamente se il Vaticano II proponesse quella dottrina come connessa alla Rivelazione. Tu sostenevi di no (“ [il Concilio] non dice direttamente - come fai tu - che la libertà religiosa in foro esterno per gli acattolici è connessa alla Rivelazione”).
    Io ti ho risposto mostrandoti che il titolo che precede il punto 9 della dichiarazione Dignitatis Humanae recita “La dottrina della libertà religiosa affonda le radici nella Rivelazione”. Ora, gradirei sapere, sostieni ancora che il Vaticano II non presenti quella dottrina come connessa alla Rivelazione?

    La negazione di una dottrina solamente "certa" può essere un peccato mortale per temerarietà, non per eresia o per errore (pena: la scomunica)! Non siamo quindi di fronte ad un pronunciamento del Magistero infallibile.
    Come può una dottrina “del tutto certa” essere fallibile?

    Non è colpa mia se è stata la stessa commissione teologica e se è stato lo stesso Paolo VI a considerare non definitivi quegli insegnamenti "così palesemente autentici". Non è colpa mia se l'assenso agli insegnamenti dei documenti del Concilio Vaticano II dipende dal tenore delle singole proposizioni ed è "differenziato".
    Più che spiegarmi che non è colpa tua dovresti dirmi perché non è vero che non ha senso.
    Visto che siamo in tema, ti segnalo un articolo pubblicato due giorni fa su L’Osservatore Romano, quotidiano officiale della Santa Sede, da un teologo che fa parte dei rappresentanti del Vaticano nei colloqui con la Fraternità San Pio X: si intitola “Sull’adesione al concilio Vaticano II”. Ecco qualche estratto:

    “il fatto che un atto del magistero della Chiesa non sia esercitato mediante il carisma dell’infallibilità non significa che esso possa essere considerato «fallibile» nel senso che trasmetta una «dottrina provvisoria» oppure «autorevoli opinioni». Ogni espressione di magistero autentico va recepita come è veramente: un insegnamento dato da Pastori che, nella successione apostolica, parlano con il «carisma della verità» (Dei verbum, n. 8), «rivestiti dell’autorità di Cristo» (Lumen gentium, n. 25), «alla luce dello Spirito Santo» (Ibidem).
    Questo carisma, questa autorità e questa luce furono certamente presenti nel concilio Vaticano II; negare ciò all’intero episcopato cum Petro e sub Petro, radunato per insegnare alla Chiesa universale, sarebbe negare qualcosa dell’essenza stessa della Chiesa (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, dichiarazione Mysterium Ecclesiae, 24 giugno 1973, nn. 2-5)."


    "Gli altri insegnamenti dottrinali del Concilio richiedono dai fedeli il grado di adesione denominato «ossequio religioso della volontà e dell’intelletto». Un assenso «religioso», quindi non fondato su motivazioni puramente razionali. Tale adesione non si configura come un atto di fede, quanto piuttosto di obbedienza, non semplicemente disciplinare, bensì radicata nella fiducia nell’assistenza divina al magistero, e perciò «nella logica e sotto la spinta dell’obbedienza della fede» (Congregazione per la Dottrina della Fede, istruzione Donum veritatis, 24 maggio 1990, n. 23).”

    Qui il link per leggere l’intero articolo: L'Osservatore Romano, Sull .

    Non è folle per niente, anche perché non mi porti alcuna fonte a tuo sostegno. E non dirmi che l'enciclica di Leone XIII è una fonte a tuo favore, perché, come già ho detto, sei tu ad interpretarla male.
    Che tu abbia ‘detto’ è un conto, che tu abbia ‘dimostrato’ è un altro paio di maniche. L’insegnamento di Satis cognitum è chiaro, così chiaro che gli si potrebbe applicare l’antico brocardo: in claris non fit interpretatio.

    Ti ho già risposto. Nel Magistero ordinario autentico sono vincolato, ma - trattandosi di un vincolo minore e non assoluto - posso legittimamente sospendere o negare il mio assenso per ragioni particolarmente gravi.
    Oh finalmente! “Non è un vincolo assoluto”, “posso legittimamente negare l’assenso”. D’accordo. E allora perché fai la vittima e cerchi di far credere che sia problematico negare l’assenso? La tua azione – tu lo dici – è del tutto legittima.

    Se così fosse, allora vorrebbe dire che Dio non esiste perché Dio non può offrire la sua divina assistenza al Papa e alla Chiesa per sostenere A ed il contrario di A.
    Lo so benissimo. Così è necessario concludere che, sebbene “di diritto” quel pronunciamento abbia tutte le carte in regola per essere infallibile, “di fatto” non lo è, perché chi lo pose in essere non aveva l’autorità papale e quindi l’assistenza divina. Solo il Papa ha il dono dell’infallibilità.

    L'assenso viene sospeso o negato perché c'è una contraddizione col Magistero infallibile della Chiesa e dei Papi e con la Tradizione Cattolica, altrimenti non verrebbe né sospeso né negato. Ha senso chiederselo perché, se non si è dei superbi saccenti, che si ritengono superiori a tutti, persino al Papa, bisognerebbe ogni tanto rendersi conto che si discute inter nos cercando di uscire dalla crisi della Chiesa e non di acuirla spacciando mere ipotesi teologiche che cercano di spiegare ex post la contradditorietà degli insegnamenti del CVII col Magistero precedente per verità assolute.
    Appunto. Vedi che mi dai ragione? Non ha senso chiedersi “se” discutere quegli insegnamenti. Per te è scontato che si possa farlo. Anzi si deve farlo per uscire dalla crisi.
    Quanto all’inciso “… se non si è dei superbi saccenti, che si ritengono superiori a tutti, persino al Papa, …”, bè, che dire?, hai fatto la perfetta descrizione del lefebvriano! È lui, infatti, che si ritiene superiore al Papa (per i sedevacantisti attualmente non ci sono Papi) tanto che intende spiegargli che dottrine come la libertà religiosa, l’ecumenismo, ecc. a lui tanto care sono sbagliate, inaccettabili e che deve smettere di insegnarle…
    Però, bisogna ammetterlo, in una cosa voi lefebvriani siete coerenti. Siete fermi nella condanna del “dialogo” così come eminentemente illustrato da Amerio in Iota unum. Dice Amerio che non si può discutere alla pari con la Chiesa, la quale è, nei confronti di tutti, Maestra di Verità. Ed infatti, come appena ricordato, voi non discutete alla pari con Roma (che per voi va con la maiuscola e senza virgolette), ma pretendete (grande umiltà!) di spiegarle come stanno le cose e addirittura di convertirla…

    Se mai, aprili tu.
    Fatto.

    A me pare di aver ribattuto punto su punto. Gli è che dopo un po' non posso ripetere le stesse cose, dato che fai le stesse domande e affermazioni.
    Ti confermo che è solo una parvenza.


    Già risposto.
    Ma cosa vuoi aver risposto, stai scherzando vero? Se il Papa ha detto “tutte le volte” vuol dire che non c’è eccezione per alcuna “volta”, come volevi far credere…

    La proclamazione di tale dogma è stato possibile in primis proprio perché non contaddiceva affatto con la Divina Rivelazione e si accordava pienamente col depositum fidei.
    Come ogni proposizione, solenne o non solenne, di un Papa che riguarda il contenuto della Rivelazione.

    Mi posti un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede che sostenga l'infallibilità di Dignitatis Humanae? Grazie.
    Perché cambi discorso? In questo punto del dibattito stiamo parlando dell’insegnamento della nuova dottrina sulla libertà religiosa da parte del magistero ordinario universale. Ora, ripeto (visto che non hai risposto), il Concilio Vaticano I dice: “Con fede divina e cattolica si deve credere tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata, e che è proposto dalla chiesa come divinamente rivelato sia con giudizio solenne, sia nel suo magistero ordinario universale”.
    Ora, è indubbio che da oltre quarant’anni la chiesa conciliare proponga come connessa alla Rivelazione la dottrina sulla libertà religiosa. Ergo… è dottrina infallibile.

    Ti devo riportare le mille citazioni che circolano - sul web e non - riguardo alla resistenza al Papa? Eddai su.
    Eccolo qui, colui che bacchetta gli altri di essere superbi per ritenersi “superiori a tutti, persino al Papa”… un minuto dopo ammette imperturbabilmente di opporre resistenza nientemeno che al… Vicario di Gesù Cristo, ossia appunto il Papa.
    Non preoccuparti, non richiedevo nessuna delle ”mille citazioni”. Ricordavo quell’ammonimento, piuttosto solenne nel tono, nell’ingenua speranza di riportarti qui tra noi comuni mortali, nella realtà, dove al Papa si obbedisce e non si resiste.
    Ultima modifica di Timoteo; 07-12-11 alle 03:03

  2. #22
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo Visualizza Messaggio
    Sei davvero ridicolo. Prima annulli le prerogative del Papato e poi dai del “minimalista” a chi cerca di difenderle. Mah… contento tu…
    Minimalista, evidentemente, è chi tenta di rendere dubbio (cioè carta straccia) pressoché ogni pronunciamento del Vicario di Cristo...
    Accuso di "minimalismo" chi di fatto sminuisce la portata del dogma dell'infallibilità papale e il Magistero straordinario infallibile del Papa e della Chiesa, pervertendo il senso anche del Magistero ordinario infallibile...ritenere poi, in linea con le regole teologiche tradizionali comunemente accettate dalla Chiesa, che esista anche un Magistero non definitivo non è affatto 'minimalismo'.

    In questo senso la definizione della libertà religiosa che si trova all’interno di Dignitatis Humanae è certamente solenne.
    Perché?

    Solenne quanto alla sostanza? Cosa vuol dire che una sostanza è solenne?
    Vuol dire che l'insegnamento è definitivo ed è irreformabile.

    E che c’entra?
    C'entra perché la negazione di un insegnamento ordinario autentico comporta un peccato mortale di temerarietà e non la scomunica. Questo prova che si tratta di usi diversi del Magistero del Papa e della Chiesa. Il Magistero straordinario e ordinario infallibile è definitivo ed irreformabile. Il Magistero ordinario autentico non lo è.

    “Non è solenne quanto alla sostanza di ciò che comunica”? E che vuol dire?
    Vuol dire che non è un insegnamento definitivo e irreformabile.

    Il fatto che la Chiesa abbia esposto, spiegato, dichiarato, esplicitato, precisato, definito in modo solenne tante cose contenute nella Rivelazione e nella Tradizione apostolica è stato estremamente opportuno, se non necessario, per motivi pastorali. Ma tutto ciò non è stato necessario ai fini dell’infallibilità di ciò che si andava insegnando. L’infallibilità deriva dal semplice fatto che è la Chiesa che insegna queste cose.
    L'infallibilità della Chiesa, analogamente all'infallibilità papale, deriva anche dal fatto che la Chiesa decide di definire e vincolare tutti i cristiani nell'obbedienza nella Fede, in virtù del suo ufficio quale Corpo Mistico di Cristo, in materia di Fede e morale....

    Non è vero che il Magistero ordinario infallibile è ripetizione per sua stessa natura.
    Perché no? Se non lo è quale sarebbe la "definizione teologica" del Magistero ordinario infallibile del Papa e della Chiesa? Attendo.

    Vedi il caso di Ottaviani e la Mystici corporis.
    Non è un esempio pertinente e ti ho già spiegato il perché.

    Appunto, e invece tu prima mi accusavi – del tutto infondatamente – di sostenere una posizione per cui il Papa avrebbe potuto alzarsi al mattino dicendo quello che vuole…
    Il problema non sussiste perché effettivamente l'Immacolata Concezione è una verità connessa alla Divina Rivelazione che è stata esplicitata tramite un pronunciamento ex cathedra, definitivo ed irreformabile, del Papa. Però, prima che il Papa definisse dogmaticamente l'Immacolata Concezione, Essa non era ancora riconosciuta ufficialmente come "dogma di Fede" o come dottrina definitiva ed irreformabile, nonostante vi fossero dei precedenti pronunciamenti papali che ne autorizzavano la credenza ed il culto.

    Ma la proposizione "L'Immacolata Concezione si fonda sulla Divina Rivelazione" cos’ha di non definitivo?
    Il fatto che il Papa non impegni la pienezza della sua apostolica autorità come Maestro e Pastore di tutti i cristiani e non vincoli tutta la Chiesa in materia di Fede e morale.

    Secondo te, in questa frase è espresso il concetto per cui il Magistero ordinario è infallibile solo quando ripete precedenti definizioni infallibili e non anche quando - senza ripetere - dice che una cosa è contenuta nella Rivelazione? Sono allibito.
    In questa frase è espresso il concetto che non si possono insegnare dottrine nuove che siano contrarie alla Divina Rivelazione e alla Tradizione Cattolica e pertanto qualsiasi insegnamento dev'essere vagliato, appunto, alla luce della Tradizione e della Divina Rivelazione. Quindi, il Magistero ordinario infallibile propone a credere una verità, una dottrina e un dogma in quanto sempre creduti ed ammessi nella Chiesa o in quanto già definiti ed irreformabili. Non può inventarsi alcunché di sana pianta.

    E chi ti dice che la definizione si fonda sulla Rivelazione e sulla Tradizione?
    Perché è già contenuto nel “depositum fidei” che il Papa sia infallibile ex cathedra. La proclamazione del dogma si limita ad esplicitarlo e a renderlo manifesto nella maniera più evidente possibile.

    Puoi spiegare come questo tolga verità (e quindi infallibilità) alle dichiarazioni del Magistero riguardanti la Rivelazione o cose connesse alla Rivelazione?
    Non toglie verità. Il Magistero ordinario può proporre a credere verità riguardanti la Rivelazione o connesse ad Essa, ma lo può fare esclusivamente perché già definite o sempre ammesse e credute nella Chiesa (ad es.: l'insegnamento unanime dei Santi Padri della Chiesa). Non può, ad esempio, insegnare una dottrina che non è sempre stata creduta ed ammessa nella Chiesa o che non è già stata definita infallibilmente ed in maniera irreformabile.


    Sopra dove?
    La risposta appena scritta sopra


    Sì vabè, in Dignitatis Humanae si fanno un mucchio di chiacchiere…
    Tu volevi fare una battuta, ma in realtà - in parte - hai detto una verità: è lo stesso Paolo VI a dire che, in molti documenti conciliari, viene usato - cosa, che io sappia, senza precedenti nella storia della Chiesa - lo "stile" della conversazione ordinaria (che non può certamente essere adeguato per definire dogmaticamente una verità di Fede).


    Perché cambi discorso? Stavamo discutendo di una ben specifica dottrina sulla libertà religiosa (quella del Vaticano II), non della dottrina precedente e cattolica. E stavamo chiarendo precisamente se il Vaticano II proponesse quella dottrina come connessa alla Rivelazione. Tu sostenevi di no (“ [il Concilio] non dice direttamente - come fai tu - che la libertà religiosa in foro esterno per gli acattolici è connessa alla Rivelazione”).
    Io ti ho risposto mostrandoti che il titolo che precede il punto 9 della dichiarazione Dignitatis Humanae recita “La dottrina della libertà religiosa affonda le radici nella Rivelazione”. Ora, gradirei sapere, sostieni ancora che il Vaticano II non presenti quella dottrina come connessa alla Rivelazione?
    No, non la presenta esplicitamente come tale, anzi, D.H. stessa arriva ad ammettere che "[la] Rivelazione non afferm[a] esplicitamente il diritto all'immunità dalla coercizione esterna in materia religiosa".

    Come può una dottrina “del tutto certa” essere fallibile?
    MiL - Messainlatino.it: Le note teologiche

    Si tratta di note teologiche del 1953, Pio XII regnante, tratte da un dizionario teologico cattolico, dotato di imprimatur ecclesiastico, pubblicato da "La Civiltà Cattolica". Insomma, non prendertela con me :sofico:
    Aggiungo solo che un insegnamento "certo", non è detto che sia fallibile. Non risulta essere infallibile perché non è definitivo, ma questo non significa che si possa anche non aderire ad esso.

    Più che spiegarmi che non è colpa tua dovresti dirmi perché non è vero che non ha senso.
    Visto che siamo in tema, ti segnalo un articolo pubblicato due giorni fa su L’Osservatore Romano, quotidiano officiale della Santa Sede, da un teologo che fa parte dei rappresentanti del Vaticano nei colloqui con la Fraternità San Pio X: si intitola “Sull’adesione al concilio Vaticano II”. Ecco qualche estratto:

    “il fatto che un atto del magistero della Chiesa non sia esercitato mediante il carisma dell’infallibilità non significa che esso possa essere considerato «fallibile» nel senso che trasmetta una «dottrina provvisoria» oppure «autorevoli opinioni». Ogni espressione di magistero autentico va recepita come è veramente: un insegnamento dato da Pastori che, nella successione apostolica, parlano con il «carisma della verità» (Dei verbum, n. 8), «rivestiti dell’autorità di Cristo» (Lumen gentium, n. 25), «alla luce dello Spirito Santo» (Ibidem).
    Questo carisma, questa autorità e questa luce furono certamente presenti nel concilio Vaticano II; negare ciò all’intero episcopato cum Petro e sub Petro, radunato per insegnare alla Chiesa universale, sarebbe negare qualcosa dell’essenza stessa della Chiesa (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, dichiarazione Mysterium Ecclesiae, 24 giugno 1973, nn. 2-5)."


    "Gli altri insegnamenti dottrinali del Concilio richiedono dai fedeli il grado di adesione denominato «ossequio religioso della volontà e dell’intelletto». Un assenso «religioso», quindi non fondato su motivazioni puramente razionali. Tale adesione non si configura come un atto di fede, quanto piuttosto di obbedienza, non semplicemente disciplinare, bensì radicata nella fiducia nell’assistenza divina al magistero, e perciò «nella logica e sotto la spinta dell’obbedienza della fede» (Congregazione per la Dottrina della Fede, istruzione Donum veritatis, 24 maggio 1990, n. 23).”

    Qui il link per leggere l’intero articolo: L'Osservatore Romano, Sull .
    Sì, lo conosco: se ne sta discutendo sul forum "Cattolici Romani".
    Quel che viene omesso però è che, in casi particolarmente gravi, si possa sospendere o negare tale ossequio. Fatto che viene neanche tanto implicitamente ammesso nella stessa istruzione della CDF - pubblicata all'epoca del Pontificato di Giovanni Paolo II - "Donum Veritatis", quando parla di ciò che deve fare un teologo cattolico quando ravvisa in atti del Magistero ordinario non definitivo qualcosa di contrario con quanto insegnato precedentemente. Link: Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo

    Questo è il passaggio a cui, nello specifico, mi riferisco:

    [...] il Magistero, allo scopo di servire nel miglior modo possibile il Popolo di Dio, e in particolare per metterlo in guardia nei confronti di opinioni pericolose che possono portare all’errore, può intervenire su questioni dibattute nelle quali sono implicati, insieme ai principi fermi, elementi congetturali e contingenti. E spesso è solo a distanza di un certo tempo che diviene possibile operare una distinzione fra ciò che è necessario e ciò che è contingente.

    La volontà di ossequio leale a questo insegnamento del Magistero in materia per sé non irreformabile deve essere la regola. Può tuttavia accadere che il teologo si ponga degli interrogativi concernenti, a secondo dei casi, l’opportunità, la forma o anche il contenuto di un intervento. Il che lo spingerà innanzitutto a verificare accuratamente quale è l’autorevolezza di questi interventi, così come essa risulta dalla natura dei documenti, dall’insistenza nel riproporre una dottrina e dal modo stesso di esprimersi.

    [...]

    Anche quando la collaborazione si svolge nelle condizioni migliori, non è escluso che nascano tra il teologo ed il Magistero delle tensioni. Il significato che a queste si conferisce e lo spirito con il quale le si affronta non sono indifferenti: se le tensioni non nascono da un sentimento di ostilità e di opposizione, possono rappresentare un fattore di dinamismo ed uno stimolo che sospinge il Magistero ed i teologi ad adempiere le loro rispettive funzioni praticando il dialogo.

    Nel dialogo deve dominare una duplice regola: là ove la comunione di fede è in causa vale il principio dell’«unitas veritatis»; là ove rimangono delle divergenze che non mettono in causa questa comunione, si salvaguarderà l’«unitas caritatis».

    Anche se la dottrina della fede non è in causa, il teologo non presenterà le sue opinioni o le sue ipotesi divergenti come se si trattasse di conclusioni indiscutibili. Questa discrezione è esigita dal rispetto della verità così come dal rispetto per il Popolo di Dio (cf. Rm 14, 1-15; 1 Cor 8; 10, 23-33). Per gli stessi motivi egli rinuncerà ad una loro espressione pubblica intempestiva.

    Ciò che precede ha un’applicazione particolare nel caso del teologo che trovasse serie difficoltà, per ragioni che gli paiono fondate, ad accogliere un insegnamento magisteriale non irreformabile.

    Un tale disaccordo non potrebbe essere giustificato se si fondasse solamente sul fatto che la validità dell’insegnamento dato non è evidente o sull’opinione che la posizione contraria sia più probabile. Così pure non sarebbe sufficiente il giudizio della coscienza soggettiva del teologo, perché questa non costituisce un’istanza autonoma ed esclusiva per giudicare della verità di una dottrina.

    In ogni caso non potrà mai venir meno un atteggiamento di fondo di disponibilità ad accogliere lealmente l’insegnamento del Magistero, come si conviene ad ogni credente nel nome dell’obbedienza della fede. Il teologo si sforzerà pertanto di comprendere questo insegnamento nel suo contenuto, nelle sue ragioni e nei suoi motivi. A ciò egli consacrerà una riflessione approfondita e paziente, pronto a rivedere le sue proprie opinioni ed a esaminare le obiezioni che gli fossero fatte dai suoi colleghi.

    Se, malgrado un leale sforzo, le difficoltà persistono, è dovere del teologo far conoscere alle autorità magisteriali i problemi suscitati dall’insegnamento in se stesso, nelle giustificazioni che ne sono proposte o ancora nella maniera con cui è presentato. Egli lo farà in uno spirito evangelico, con il profondo desiderio di risolvere le difficoltà. Le sue obiezioni potranno allora contribuire ad un reale progresso, stimolando il Magistero a proporre l’insegnamento della Chiesa in modo più approfondito e meglio argomentato.

    In questi casi il teologo eviterà di ricorrere ai «mass-media» invece di rivolgersi all’autorità responsabile, perché non è esercitando in tal modo una pressione sull’opinione pubblica che si può contribuire alla chiarificazione dei problemi dottrinali e servire la verità.

    Può anche accadere che al termine di un esame dell’insegnamento del Magistero serio e condotto con volontà di ascolto senza reticenze, la difficoltà rimanga, perché gli argomenti in senso opposto sembrano al teologo prevalere. Davanti ad un’affermazione, alla quale non sente di poter dare la sua adesione intellettuale, il suo dovere è di restare disponibile per un esame più approfondito della questione.

    Per uno spirito leale ed animato dall’amore per la Chiesa, una tale situazione può certamente rappresentare una prova difficile. Può essere un invito a soffrire nel silenzio e nella preghiera, con la certezza che se la verità è veramente in causa, essa finirà necessariamente per imporsi.


    Che tu abbia ‘detto’ è un conto, che tu abbia ‘dimostrato’ è un altro paio di maniche. L’insegnamento di Satis cognitum è chiaro, così chiaro che gli si potrebbe applicare l’antico brocardo: in claris non fit interpretatio.
    Mi pare di avertelo dimostrato. Nel caso ti fosse sfuggito: "Quante volte dunque questo magistero dichiara che questo o quel dogma è contenuto nel corpo della dottrina divinamente rivelata, ciascuno lo deve tenere per vero, poiché, se potesse essere falso, ne seguirebbe che Dio stesso sarebbe autore dell’errore dell’uomo, il che ripugna: "O Signore, se vi è errore, siamo stati da tè ingannati". Quindi, rimossa ogni ragione di dubitare, a chi mai sarà lecito ripudiare una sola di queste verità, senza che egli venga per questo stesso a cadere in eresia e senza che, essendo separato dalla chiesa, rigetti in blocco tutta la dottrina cristiana?"
    Si dia il caso che il peccato mortale d'eresia si abbia quando si neghi un dogma di Fede o una dottrina di fede semplicemente cattolica (o ecclesiastica), cioé materia non rivelata ma definita ex cathedra come da tenersi per fede.
    La prova che ho ragione? Il valore delle note teologiche che ti sto postando a più riprese: MiL - Messainlatino.it: Le note teologiche
    Guardati attentamente la colonnina in cui c'è scritto "CENSURA" e verifica alla negazione di quale insegnamento corrisponde.

    Oh finalmente! “Non è un vincolo assoluto”, “posso legittimamente negare l’assenso”. D’accordo. E allora perché fai la vittima e cerchi di far credere che sia problematico negare l’assenso? La tua azione – tu lo dici – è del tutto legittima.
    E' problematico perché si tratta pur sempre di un insegnamento del Papa. Lo si sospende o lo si nega a malincuore e nella speranza cristiana di esser nella Verità e non nell'eresia o nell'errore.

    Lo so benissimo. Così è necessario concludere che, sebbene “di diritto” quel pronunciamento abbia tutte le carte in regola per essere infallibile, “di fatto” non lo è, perché chi lo pose in essere non aveva l’autorità papale e quindi l’assistenza divina. Solo il Papa ha il dono dell’infallibilità.
    Se tu avessi ragione, allora vorrebbe dire che il Concilio Vaticano II ha proposto a credere che il diritto alla libertà religiosa in foro esterno per gli acattolici sia dottrina da sempre creduta ed ammessa nella Chiesa o già definita dogmaticamente ed irreformabilmente dal Magistero. Ma questo non risulta affatto dagli atti del Concilio e nemmeno nello stesso documento sulla libertà religiosa. A meno che tu non voglia sostenere che, con quella frase, che ritengo abbastanza ambigua, soprattutto alla luce anche di quanto viene affermato successivamente, il Concilio si sia voluto pronunciare ex cathedra (e spero che almeno tu sia d'accordo con me nel dire che un pronunciamento ex cathedra è un atto del Magistero straordinario infallibile).

    Appunto. Vedi che mi dai ragione? Non ha senso chiedersi “se” discutere quegli insegnamenti. Per te è scontato che si possa farlo. Anzi si deve farlo per uscire dalla crisi.
    Quanto all’inciso “… se non si è dei superbi saccenti, che si ritengono superiori a tutti, persino al Papa, …”, bè, che dire?, hai fatto la perfetta descrizione del lefebvriano! È lui, infatti, che si ritiene superiore al Papa (per i sedevacantisti attualmente non ci sono Papi) tanto che intende spiegargli che dottrine come la libertà religiosa, l’ecumenismo, ecc. a lui tanto care sono sbagliate, inaccettabili e che deve smettere di insegnarle…
    Però, bisogna ammetterlo, in una cosa voi lefebvriani siete coerenti. Siete fermi nella condanna del “dialogo” così come eminentemente illustrato da Amerio in Iota unum. Dice Amerio che non si può discutere alla pari con la Chiesa, la quale è, nei confronti di tutti, Maestra di Verità. Ed infatti, come appena ricordato, voi non discutete alla pari con Roma (che per voi va con la maiuscola e senza virgolette), ma pretendete (grande umiltà!) di spiegarle come stanno le cose e addirittura di convertirla…
    Mi dispiace che te la prenda, pensando che io volessi attaccarti a livello personale. Mi dispiace anche perché io ho usato una frase ipotetica apposta e sono sicuro che tu, pur essendo sedevacantista, non abbia l'ardire di ritenerti superiore al Papa. Quanto al resto che dici riguardo ai "lefebvriani", preferisco far finta di non leggere perché certe polemiche settarie mi lasciano perplesso e le ritengo deleterie.
    Il concetto da me espresso è chiarissimo: la contraddittorietà degli insegnamenti non definitivi del Concilio Vaticano II a noi risulta palese per via del contrasto tra quanto da sempre insegnamento dalla Chiesa e dai Papi e quanto è stato insegnato, per la prima volta, in quel concilio - che non si volle dogmatico, ma solamente pastorale (anche questa novità assoluta nella storia della Chiesa Cattolica Romana) - e negli anni successivi. Perché ciò è stato possibile? Cos'è successo? Da qui è giusto, attraverso una sana riflessione teologica, cercare una spiegazione e studiare la questione, senza pregiudizi né paraocchi. Senza pregiudizi né paraocchi vuol dire che noi dobbiamo ricordare che l'istanza ultima è quella della Chiesa e del Vicario di Cristo in Terra, con il loro Magistero infallibile e divinamente assistito. Ciò significa, fuor di retorica, che 'assolutizzare' qualsiasi ipotesi teologica che cerchi di spiegare, anche autorevolmente, la crisi della Chiesa significa commettere un peccato di superbia. O mi vorresti dire che la tesi di Cassiciacum la consideri infallibile? Io, pur essendo convinto e persuaso razionalmente della validità delle obiezioni teologiche fatte dai lefebvriani e da teologi come Romano Amerio, Francesco Spadafora e Brunero Gherardini o dalle stesse avanzate da don Curzio Nitoglia nella cosiddetta "ipotesi di Velletri", non mi azzardo a ritenere di avere la verità assoluta in tasca, in questo caso, perché si tratta di cose ben più grandi di me, che sono un semplice fedele cattolico. Se poi tu hai in materia certezze più grandi delle mie, beh che dire? Beato te.

    Ma cosa vuoi aver risposto, stai scherzando vero? Se il Papa ha detto “tutte le volte” vuol dire che non c’è eccezione per alcuna “volta”, come volevi far credere…
    Non ho detto che c’è eccezione, affatto. Ho detto che il “tutte le volte” è riferito a tutte le volte che si proclama un dogma o una verità di Fede e se permetti, perché si abbia una definizione dogmatica, si deve avere un atto del Magistero straordinario infallibile.

    Come ogni proposizione, solenne o non solenne, di un Papa che riguarda il contenuto della Rivelazione.

    Perché cambi discorso? In questo punto del dibattito stiamo parlando dell’insegnamento della nuova dottrina sulla libertà religiosa da parte del magistero ordinario universale. Ora, ripeto (visto che non hai risposto), il Concilio Vaticano I dice: “Con fede divina e cattolica si deve credere tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata, e che è proposto dalla chiesa come divinamente rivelato sia con giudizio solenne, sia nel suo magistero ordinario universale”.
    Ora, è indubbio che da oltre quarant’anni la chiesa conciliare proponga come connessa alla Rivelazione la dottrina sulla libertà religiosa. Ergo… è dottrina infallibile.
    Ergo, mi sapresti dire in quale documento la Congregazione per la Dottrina della Fede affermerebbe una cosa del genere? Non è un cambiare discorso, voglio proprio sapere quali sono le tue fonti in cui viene attestato inequivocabilmente che l’insegnamento di D.H. fa parte del Magistero ordinario universale infallibile.


    Eccolo qui, colui che bacchetta gli altri di essere superbi per ritenersi “superiori a tutti, persino al Papa”… un minuto dopo ammette imperturbabilmente di opporre resistenza nientemeno che al… Vicario di Gesù Cristo, ossia appunto il Papa.
    Non preoccuparti, non richiedevo nessuna delle ”mille citazioni”. Ricordavo quell’ammonimento, piuttosto solenne nel tono, nell’ingenua speranza di riportarti qui tra noi comuni mortali, nella realtà, dove al Papa si obbedisce e non si resiste.
    Come già detto, mi dispiace che te la sia presa, sentendoti attaccato nel personale. Non era mia intenzione. Detto questo, la possibilità della resistenza al Papa che cade in un peccato d’eresia è stata contemplata dalla teologica cattolica e da non pochi autorevoli teologi: in primis, San Roberto Bellarmino. Storicamente, è accaduto che il Papa cadesse in tale peccato.
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Accuso di "minimalismo" chi di fatto sminuisce la portata del dogma dell'infallibilità papale e il Magistero straordinario infallibile del Papa e della Chiesa, pervertendo il senso anche del Magistero ordinario infallibile...ritenere poi, in linea con le regole teologiche tradizionali comunemente accettate dalla Chiesa, che esista anche un Magistero non definitivo non è affatto 'minimalismo'.
    Insomma, sminuirei "allargando" il tuo concetto di infallibilità. Complimenti per il sofisma.

    Perché?
    Se, come hai detto, "Una definizione, in quanto tale, è solenne" ne consegue che anche la definizione di libertà religiosa in DH è solenne.

    Vuol dire che l'insegnamento è definitivo ed è irreformabile.
    No. Una sostanza solenne non esiste. Semmai esiste un modo solenne di esporre una sostanza.

    C'entra perché la negazione di un insegnamento ordinario autentico comporta un peccato mortale di temerarietà e non la scomunica. Questo prova che si tratta di usi diversi del Magistero del Papa e della Chiesa. Il Magistero straordinario e ordinario infallibile è definitivo ed irreformabile. Il Magistero ordinario autentico non lo è.
    Non prova un bel niente. Tu fai dipendere - senza spiegare perché - l'infallibilità di un insegnamento dalla sanzione relativa al suo mancato accoglimento.


    Vuol dire che non è un insegnamento definitivo e irreformabile.
    Ripeto, dire che una sostanza è solenne non ha nessun significato.

    L'infallibilità della Chiesa, analogamente all'infallibilità papale, deriva anche dal fatto che la Chiesa decide di definire e vincolare tutti i cristiani nell'obbedienza nella Fede, in virtù del suo ufficio quale Corpo Mistico di Cristo, in materia di Fede e morale....
    Non capisco cosa c'entra questo con il discorso che stavamo facendo sull'utilità del Magistero straordinario. Comunque, se la Chiesa dice che una cosa è contenuta nella Rivelazione l'obbligo di credere è automatico per il fatto stesso che ci si riferisce alla Rivelazione.

    Perché no?
    Perché il Magistero non ha mai detto una cosa simile. E per altri motivi.

    Se non lo è quale sarebbe la "definizione teologica" del Magistero ordinario infallibile del Papa e della Chiesa? Attendo.
    Magistero ordinario, lo dice l’espressione, è l’insegnamento quotidiano della fede, che consiste nel trasmettere il deposito rivelato ed a esporne il contenuto, e che utilizza dei mezzi ordinari (encicliche, discorsi, decreti, motu proprio, ecc.).

    A conferma del fatto che il Magistero ordinario infallibile può non essere semplice ripetizione di insegnamenti infallibili puoi leggere l’intervento del card. Bertone su “Il valore e il grado di autorità della Dichiarazione Dominus Iesus", del 5/9/2000:

    Secondo alcuni la Nota dottrinale [del 1998] della CDF sostiene che il Magistero può proporre come definitive dottrine, che non sono insegnate infallibilmente.
    La conclusione che ne viene tratta è che, dato che non sono infallibili, tali dottrine potrebbero essere considerate provvisorie o rivedibili e quindi discutibili da parte dei teologi.
    Questa obiezione e la sua relativa conclusione, sono totalmente infondate e immotivate. Se una dottrina è insegnata come definitiva, e quindi irreformabile, ciò presuppone che sia insegnata dal Magistero con atto infallibile, anche se di diversa tipologia. Il vero problema perciò è un altro: una dottrina può essere insegnata dal Magistero come definitiva sia con un atto definitorio e solenne ( dal Papa "ex cathedra" e dal Concilio ecumenico) sia con un atto ordinario non solenne (dal Magistero ordinario e universale del Papa e dei Vescovi in comunione con lui). Entrambi questi atti sono tuttavia infallibili. È inoltre possibile che il Magistero ordinario del Papa confermi o riaffermi dottrine che appartengono d'altronde alla fede della Chiesa: in questo caso, il pronunciamento del Papa, pur non avendo il carattere di una definizione solenne, ripropone alla Chiesa dottrine infallibilmente insegnate come da credersi o da tenersi definitivamente, ed esige quindi dai fedeli un assenso di fede o definitivo
    ”.

    Link per leggere l'intervento: http://www.ratzinger.us/modules.php?...=print&sid=114.


    Non è un esempio pertinente e ti ho già spiegato il perché.
    Non hai spiegato un fico secco.

    Il problema non sussiste perché effettivamente l'Immacolata Concezione è una verità connessa alla Divina Rivelazione che è stata esplicitata tramite un pronunciamento ex cathedra, definitivo ed irreformabile, del Papa. Però, prima che il Papa definisse dogmaticamente l'Immacolata Concezione, Essa non era ancora riconosciuta ufficialmente come "dogma di Fede" o come dottrina definitiva ed irreformabile, nonostante vi fossero dei precedenti pronunciamenti papali che ne autorizzavano la credenza ed il culto.
    Bene, prendo atto che hai riconosciuto che l’accusa che mi muovevi era infondata.

    Il fatto che il Papa non impegni la pienezza della sua apostolica autorità come Maestro e Pastore di tutti i cristiani e non vincoli tutta la Chiesa in materia di Fede e morale.
    È il riferimento stesso alla Rivelazione che crea il vincolo. È questo che non vuoi capire. Quando so che una cosa appartiene alla Rivelazione non posso non crederci, sennò rinuncerei a credere a Dio stesso.



    In questa frase è espresso il concetto che non si possono insegnare dottrine nuove che siano contrarie alla Divina Rivelazione e alla Tradizione Cattolica e pertanto qualsiasi insegnamento dev'essere vagliato, appunto, alla luce della Tradizione e della Divina Rivelazione. Quindi, il Magistero ordinario infallibile propone a credere una verità, una dottrina e un dogma in quanto sempre creduti ed ammessi nella Chiesa o in quanto già definiti ed irreformabili. Non può inventarsi alcunché di sana pianta.
    Quindi per te il Magistero ordinario infallibile è necessariamente qualcosa di temporalmente successivo al Magistero straordinario (e riecco apparire la scissione del Magistero). E la Chiesa in principio – prima di tutte le definizioni solenni ecc. – ordinariamente non insegnava nulla di infallibile.

    Perché è già contenuto nel “depositum fidei” che il Papa sia infallibile ex cathedra. La proclamazione del dogma si limita ad esplicitarlo e a renderlo manifesto nella maniera più evidente possibile.
    No, salti un passaggio. Fai riferimento direttamente al deposito dimenticando che è la Chiesa che ti dice cosa è contenuto nel deposito. Che la definizione dell’infallibilità papale sia contenuta nel deposito te lo dice la Chiesa. Noi crediamo alle definizioni solenni non perché sono definizioni solenni ma perché vengono dalla Chiesa.

    Non toglie verità. Il Magistero ordinario può proporre a credere verità riguardanti la Rivelazione o connesse ad Essa, ma lo può fare esclusivamente perché già definite o sempre ammesse e credute nella Chiesa (ad es.: l'insegnamento unanime dei Santi Padri della Chiesa). Non può, ad esempio, insegnare una dottrina che non è sempre stata creduta ed ammessa nella Chiesa o che non è già stata definita infallibilmente ed in maniera irreformabile.
    Se non toglie verità (e quindi infallibilità), l’obiezione che avevi mosso non vale nulla.

    La risposta appena scritta sopra
    Nella tua risposta confermi che quelle dichiarazioni sono vere e infallibili.

    Tu volevi fare una battuta, ma in realtà - in parte - hai detto una verità: è lo stesso Paolo VI a dire che, in molti documenti conciliari, viene usato - cosa, che io sappia, senza precedenti nella storia della Chiesa - lo "stile" della conversazione ordinaria (che non può certamente essere adeguato per definire dogmaticamente una verità di Fede).
    No, macché battuta… Lo so che per i lefebvriani il Magistero del Concilio Ecumenico Vaticano II – laddove non ripete – è considerabile un mucchio di chiacchiere… Peccato che per Benedetto XVI non sia così, ritenendo egli ad esempio la nuova dottrina sulla libertà religiosa come qualcosa di fondamentale anche all’interno del sistema cattolico. Quanto a Paolo VI, sbaglio o – nelle sue uscite – paragonò il Vaticano II nientemeno che al Concilio di Nicea? Dubito che lo abbia fatto perché in esso si ripetono delle dottrine cattoliche.
    No, non la presenta esplicitamente come tale, anzi, D.H. stessa arriva ad ammettere che "[la] Rivelazione non afferm[a] esplicitamente il diritto all'immunità dalla coercizione esterna in materia religiosa".
    È difficile, e pure dannoso, discutere con chi nega l’evidenza. Ad ogni modo ricordo che DH collega libertà religiosa e Rivelazione per mezzo del riferimento alla dignità umana.

    MiL - Messainlatino.it: Le note teologiche
    Si tratta di note teologiche del 1953, Pio XII regnante, tratte da un dizionario teologico cattolico, dotato di imprimatur ecclesiastico, pubblicato da "La Civiltà Cattolica". Insomma, non prendertela con me :sofico:
    Aggiungo solo che un insegnamento "certo", non è detto che sia fallibile. Non risulta essere infallibile perché non è definitivo, ma questo non significa che si possa anche non aderire ad esso.
    Non vedo dove le note teologiche e le relative censure affermino che una dottrina “del tutto certa” contenga errori o come si possa dedurre una tale conclusione da esse. Ripeto la domanda quindi: come può una dottrina “del tutto certa” essere fallibile?

    Sì, lo conosco: se ne sta discutendo sul forum "Cattolici Romani".
    Quel che viene omesso però è che, in casi particolarmente gravi, si possa sospendere o negare tale ossequio. Fatto che viene neanche tanto implicitamente ammesso nella stessa istruzione della CDF - pubblicata all'epoca del Pontificato di Giovanni Paolo II - "Donum Veritatis", quando parla di ciò che deve fare un teologo cattolico quando ravvisa in atti del Magistero ordinario non definitivo qualcosa di contrario con quanto insegnato precedentemente. Link: Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo
    Questo è il passaggio a cui, nello specifico, mi riferisco:
    […]
    Non mi pare proprio che si tratti di un’omissione. Mi sembra anzi che il teologo in questione sostenga l’opposto.

    Mi pare di avertelo dimostrato. Nel caso ti fosse sfuggito: "Quante volte dunque questo magistero dichiara che questo o quel dogma è contenuto nel corpo della dottrina divinamente rivelata, ciascuno lo deve tenere per vero, poiché, se potesse essere falso, ne seguirebbe che Dio stesso sarebbe autore dell’errore dell’uomo, il che ripugna: "O Signore, se vi è errore, siamo stati da tè ingannati". Quindi, rimossa ogni ragione di dubitare, a chi mai sarà lecito ripudiare una sola di queste verità, senza che egli venga per questo stesso a cadere in eresia e senza che, essendo separato dalla chiesa, rigetti in blocco tutta la dottrina cristiana?"
    Si dia il caso che il peccato mortale d'eresia si abbia quando si neghi un dogma di Fede o una dottrina di fede semplicemente cattolica (o ecclesiastica), cioé materia non rivelata ma definita ex cathedra come da tenersi per fede.
    La prova che ho ragione? Il valore delle note teologiche che ti sto postando a più riprese: MiL - Messainlatino.it: Le note teologiche
    Guardati attentamente la colonnina in cui c'è scritto "CENSURA" e verifica alla negazione di quale insegnamento corrisponde.
    A proposito di note teologiche e di censure, vedi la domanda che ti ho posto sopra.

    E' problematico perché si tratta pur sempre di un insegnamento del Papa. Lo si sospende o lo si nega a malincuore e nella speranza cristiana di esser nella Verità e non nell'eresia o nell'errore.
    “…si tratta pur sempre di un insegnamento del Papa”. Oh! Un rigurgito di senso cattolico!…

    Se tu avessi ragione, allora vorrebbe dire che il Concilio Vaticano II ha proposto a credere che il diritto alla libertà religiosa in foro esterno per gli acattolici sia dottrina da sempre creduta ed ammessa nella Chiesa o già definita dogmaticamente ed irreformabilmente dal Magistero. Ma questo non risulta affatto dagli atti del Concilio e nemmeno nello stesso documento sulla libertà religiosa. A meno che tu non voglia sostenere che, con quella frase, che ritengo abbastanza ambigua, soprattutto alla luce anche di quanto viene affermato successivamente, il Concilio si sia voluto pronunciare ex cathedra (e spero che almeno tu sia d'accordo con me nel dire che un pronunciamento ex cathedra è un atto del Magistero straordinario infallibile).
    Leggendo mi è venuta in mente una cosa. La butto lì. I “pontefici” del concilio e post-concilio hanno tutti sostenuto, tra le altre cose, che vi fosse continuità tra preconcilio e concilio/postconcilio (si pensi all’ermeneutica della continuità suggerita da Ratzinger a coloro che ritengono problematiche alcune dottrine del Concilio, tra cui quella sulla libertà religiosa). Dunque per loro la nuova dottrina sulla libertà religiosa è in realtà quella sempre ammessa dalla Chiesa (magari esposta in termini moderni) e così non può che godere di quell’immunità dall’errore (infallibilità) di cui godono le dottrine sempre ammesse dalla Chiesa.
    Mi dispiace che te la prenda, pensando che io volessi attaccarti a livello personale. Mi dispiace anche perché io ho usato una frase ipotetica apposta e sono sicuro che tu, pur essendo sedevacantista, non abbia l'ardire di ritenerti superiore al Papa.
    Bè non puoi meravigliarti, dopo aver definito saccenti e superbe le persone che sostengono la mia posizione, che non mi senta chiamato in causa. Comunque accetto le scuse e ti informo che non me la sono affatto presa. Non sono permaloso.
    Preciso che io non mi ritengo superiore al Papa “pur essendo sedevacantista”, ma proprio perché sono sedevacantista. Se fossi lefebvriano inevitabilmente mi riterrei tale, perché in cuor mio vorrei che “il Papa” smettesse di insegnare certe cose.
    Quanto al resto che dici riguardo ai "lefebvriani", preferisco far finta di non leggere perché certe polemiche settarie mi lasciano perplesso e le ritengo deleterie.
    Scelta che condivido. Io non avrei mai aperto la polemica.
    Il concetto da me espresso è chiarissimo: la contraddittorietà degli insegnamenti non definitivi del Concilio Vaticano II a noi risulta palese per via del contrasto tra quanto da sempre insegnamento dalla Chiesa e dai Papi e quanto è stato insegnato, per la prima volta, in quel concilio - che non si volle dogmatico, ma solamente pastorale (anche questa novità assoluta nella storia della Chiesa Cattolica Romana) - e negli anni successivi. Perché ciò è stato possibile? Cos'è successo? Da qui è giusto, attraverso una sana riflessione teologica, cercare una spiegazione e studiare la questione, senza pregiudizi né paraocchi. Senza pregiudizi né paraocchi vuol dire che noi dobbiamo ricordare che l'istanza ultima è quella della Chiesa e del Vicario di Cristo in Terra, con il loro Magistero infallibile e divinamente assistito. Ciò significa, fuor di retorica, che 'assolutizzare' qualsiasi ipotesi teologica che cerchi di spiegare, anche autorevolmente, la crisi della Chiesa significa commettere un peccato di superbia. O mi vorresti dire che la tesi di Cassiciacum la consideri infallibile? Io, pur essendo convinto e persuaso razionalmente della validità delle obiezioni teologiche fatte dai lefebvriani e da teologi come Romano Amerio, Francesco Spadafora e Brunero Gherardini o dalle stesse avanzate da don Curzio Nitoglia nella cosiddetta "ipotesi di Velletri", non mi azzardo a ritenere di avere la verità assoluta in tasca, in questo caso, perché si tratta di cose ben più grandi di me, che sono un semplice fedele cattolico. Se poi tu hai in materia certezze più grandi delle mie, beh che dire? Beato te.
    L’unica mia certezza è che dalla Chiesa non può venire l’errore.

    Non ho detto che c’è eccezione, affatto. Ho detto che il “tutte le volte” è riferito a tutte le volte che si proclama un dogma o una verità di Fede e se permetti, perché si abbia una definizione dogmatica, si deve avere un atto del Magistero straordinario infallibile.
    Prendo atto, quindi, che anche per te non ci sono eccezioni.

    Ergo, mi sapresti dire in quale documento la Congregazione per la Dottrina della Fede affermerebbe una cosa del genere? Non è un cambiare discorso, voglio proprio sapere quali sono le tue fonti in cui viene attestato inequivocabilmente che l’insegnamento di D.H. fa parte del Magistero ordinario universale infallibile.
    Se per avere la certezza che un insegnamento contenuto nel magistero ordinario universale è infallibile servisse l’attestazione (fallibilissima, peraltro, secondo i tuoi parametri) da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede che si tratta di insegnamento facente parte del Magistero ordinario universale infallibile, a che scopo il Vaticano I avrebbe detto che è infallibile tutto quello che il Magistero ordinario universale insegna in materia di fede e morale?


    Come già detto, mi dispiace che te la sia presa, sentendoti attaccato nel personale. Non era mia intenzione. Detto questo, la possibilità della resistenza al Papa che cade in un peccato d’eresia è stata contemplata dalla teologica cattolica e da non pochi autorevoli teologi: in primis, San Roberto Bellarmino. Storicamente, è accaduto che il Papa cadesse in tale peccato.
    Sorge innanzitutto spontanea una domanda. Ma come? Anche tu adesso dai credito a delle ipotesi teologiche?
    Ultima modifica di Timoteo; 08-12-11 alle 17:22

  4. #24
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo Visualizza Messaggio
    Insomma, sminuirei "allargando" il tuo concetto di infallibilità. Complimenti per il sofisma.
    Lo sminuisci dal momento in cui riduci la definizione ex cathedra ad una necessità pastorale e nulla più, mentre invece essa è il riflesso dell'assistenza divina promessa da Gesù Cristo a San Pietro nel momento in cui fondò su di lui la Chiesa.


    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo
    Se, come hai detto, "Una definizione, in quanto tale, è solenne" ne consegue che anche la definizione di libertà religiosa in DH è solenne.
    Ma la mia domanda è: come fai a ritenere che siano presenti in DH definizioni solenni? In base a quale ragione? Mi sapresti citare una fonte autorevole, a livello teologico, o una fonte del Magistero che dia credito a questa tua tesi?


    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo
    No. Una sostanza solenne non esiste. Semmai esiste un modo solenne di esporre una sostanza.
    Beh, forse potrà sembrare un po' improprio, ma è comunque corretto. Vedi qui: Arnaldo Vidigal Xavier Da Silveira 1

    e qui:

    Schema Magistero e Infallibilita

    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo
    Non prova un bel niente. Tu fai dipendere - senza spiegare perché - l'infallibilità di un insegnamento dalla sanzione relativa al suo mancato accoglimento.
    Non ci capiamo: è la natura di quel pronunciamento a determinare la relativa pena canonica in caso di negazione dello stesso. Perciò, usi diversi del Magistero comporteranno peccati diversi in caso di loro negazione da parte del fedele.


    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo
    Ripeto, dire che una sostanza è solenne non ha nessun significato.
    Per me ha senso, ma se per te non lo ha mi limiterò a parlare di insegnamenti definitivi e irreformabili o del loro contrario, direttamente, così ci capiremo al volo, ok?


    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo
    Non capisco cosa c'entra questo con il discorso che stavamo facendo sull'utilità del Magistero straordinario. Comunque, se la Chiesa dice che una cosa è contenuta nella Rivelazione l'obbligo di credere è automatico per il fatto stesso che ci si riferisce alla Rivelazione.
    Ma ciò non dev'essere contrastante con il contenuto del "depositum fidei" (la famosa frase paolina: "Se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema!") e l'insegnamento dev'esser dato o come già definito o come sempre ammesso e creduto nella Chiesa.

    Perché il Magistero non ha mai detto una cosa simile. E per altri motivi.
    Il Magistero distingue tra uso straordinario e uso ordinario. Nel primo caso, si ha uso straordinario perché si proclama un dogma, una definizione, una verità in virtù della piena autorità del Papa e/o della Chiesa tutta (cioé del Papa in comunione coi vescovi cattolici), vincolando totalmente ed assolutamente i credenti, in materia di Fede e morale. Nel secondo caso, si ha un uso ordinario perché ci si limita ad insegnare ai fedeli una dottrina che gode già del crisma dell'infallibilità: quindi si è di fronte ad una verità che o è già stata definita o risulta essere sempre stata creduta ed ammessa nella Chiesa. Questa è la distinzione che è stata fatta durante il Concilio Vaticano I e che si ritrova anche nei dizionari di teologia cattolica pre-conciliari, con tanto di imprimatur ecclesiastico.

    Magistero ordinario, lo dice l’espressione, è l’insegnamento quotidiano della fede, che consiste nel trasmettere il deposito rivelato ed a esporne il contenuto, e che utilizza dei mezzi ordinari (encicliche, discorsi, decreti, motu proprio, ecc.).
    E fin qui, di per sé, nulla da ridire, anche se, soprattutto, c'è da sottolineare che nel caso del Magistero ordinario non si ricorre direttamente all'uso di definizioni dogmatiche o ex cathedra.

    A conferma del fatto che il Magistero ordinario infallibile può non essere semplice ripetizione di insegnamenti infallibili puoi leggere l’intervento del card. Bertone su “Il valore e il grado di autorità della Dichiarazione Dominus Iesus", del 5/9/2000:

    Secondo alcuni la Nota dottrinale [del 1998] della CDF sostiene che il Magistero può proporre come definitive dottrine, che non sono insegnate infallibilmente.
    La conclusione che ne viene tratta è che, dato che non sono infallibili, tali dottrine potrebbero essere considerate provvisorie o rivedibili e quindi discutibili da parte dei teologi.
    Questa obiezione e la sua relativa conclusione, sono totalmente infondate e immotivate. Se una dottrina è insegnata come definitiva, e quindi irreformabile, ciò presuppone che sia insegnata dal Magistero con atto infallibile, anche se di diversa tipologia. Il vero problema perciò è un altro: una dottrina può essere insegnata dal Magistero come definitiva sia con un atto definitorio e solenne ( dal Papa "ex cathedra" e dal Concilio ecumenico) sia con un atto ordinario non solenne (dal Magistero ordinario e universale del Papa e dei Vescovi in comunione con lui). Entrambi questi atti sono tuttavia infallibili. È inoltre possibile che il Magistero ordinario del Papa confermi o riaffermi dottrine che appartengono d'altronde alla fede della Chiesa: in questo caso, il pronunciamento del Papa, pur non avendo il carattere di una definizione solenne, ripropone alla Chiesa dottrine infallibilmente insegnate come da credersi o da tenersi definitivamente, ed esige quindi dai fedeli un assenso di fede o definitivo
    ”.

    Link per leggere l'intervento: J. Ratzinger s Fan Club - Dominus Iesus - 3- Intervento di S. E. mons. Tarcisio Bertone.
    A me non sembra che Bertone dia ragione a te (curioso poi che tu, sedevacantista, citi Bertone, mentre invece non ti va bene che io riporti citazioni da dizionari teologici cattolici pre-conciliari che godono dell'imprimatur ecclesiastico dell'epoca). Quello a cui Bertone fa riferimento è questo: "Benché il magistero ordinario del Pontefice Romano non sia di per sé infallibile, se però insegna costantemente e per un lungo periodo di tempo una certa dottrina a tutta la Chiesa, si deve assolutamente ammettere la sua infallibilità; in caso contrario, la Chiesa indurrebbe in errore" (J. A. De Aldama, Mariologia, in Sacrae Theologiae Summa, BAC, Madrid, 1961, vol. III, p. 418). Per meglio comprendere ciò si deve tener presente la regola di San Vincenzo di Lerino: "Quod semper, quod ubique, quod ab omnibus". In pratica, e per farla breve, Bertone si riferisce al fatto che il Magistero ordinario del Papa o della Chiesa è infallibile qualora ripeta insegnamenti che o sono già stati definiti o risultano essere sempre creduti ed ammessi nella Chiesa (Quod semper, quod ubique, quod ab omnibus). Un esempio in tal senso che ti ho già fatto è l'insegnamento unanime dei Santi Padri della Chiesa su una materia di Fede e morale. Vedasi il cosiddetto "deicidio".
    Io ti chiedo, sinceramente, è il caso di Dignitatis Humanae? Non mi sembra proprio.


    Non hai spiegato un fico secco.
    Ti ho spiegato che un insegnamento certo non è un insegnamento infallibile ed infatti la negazione di esso comporta un peccato di temerarietà e non la scomunica, come invece comporterebbe la negazione. Non puoi nemmeno sostenere che faccia parte del Magistero ordinario infallibile perché, come ricordato sopra, esso insegna qualcosa di sempre creduto e già ammesso ed in maniera costante. Si può negare il religioso ossequio della volontà e dell'intelletto a quest'insegnamento solamente perché non è infallibile? Assolutamente no, perché non risulta che vi sia alcunché in tale insegnamento che ripugni alla verità cattolica.

    Bene, prendo atto che hai riconosciuto che l’accusa che mi muovevi era infondata.
    Timoteo, tu mi hai detto che era sufficiente scrivere in un'Enciclica che l'Immacolata Concezione si fonda sulla Divina Rivelazione per avere una definizione dogmatica in materia ed invece non è così. Se poi ho inteso male, mi dispiace.

    È il riferimento stesso alla Rivelazione che crea il vincolo. È questo che non vuoi capire. Quando so che una cosa appartiene alla Rivelazione non posso non crederci, sennò rinuncerei a credere a Dio stesso.
    Se non è mai stato insegnato in precedenti documenti papali o della Chiesa o se non trova la sua giustificazione in quanto è sempre stato creduto ed ammesso dalla e nella Chiesa, direi che non ci ritroviamo comunque di fronte ad un insegnamento definitivo, ma ad uno ordinario autentico non definitivo. Il che non significa che non possa essere riconosciuto, un giorno, in virtù di una costante ripetizione (su cui però non incide esclusivamente e meramente il "fattore-tempo") e/o di una definizione solenne del Papa o di un Concilio Ecumenico che decidano di imporre la propria voluntas definiendi, come insegnamento infallibile. Anche in questo caso la "storia" della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione di Maria Vergine è esemplare.


    Quindi per te il Magistero ordinario infallibile è necessariamente qualcosa di temporalmente successivo al Magistero straordinario (e riecco apparire la scissione del Magistero). E la Chiesa in principio – prima di tutte le definizioni solenni ecc. – ordinariamente non insegnava nulla di infallibile.
    Il Magistero ordinario infallibile dipende o da definizioni dogmatiche/ex cathedra o da quanto è sempre stato creduto ed ammesso nella Chiesa. Quanto è sempre stato creduto ed ammesso nella Chiesa gode della stessa infallibilità delle definizioni dogmatiche.


    No, salti un passaggio. Fai riferimento direttamente al deposito dimenticando che è la Chiesa che ti dice cosa è contenuto nel deposito. Che la definizione dell’infallibilità papale sia contenuta nel deposito te lo dice la Chiesa. Noi crediamo alle definizioni solenni non perché sono definizioni solenni ma perché vengono dalla Chiesa.
    Ma noi crediamo alla Chiesa e al Papa in virtù del fatto che, insegnandoci quelle cose, impegnino pienamente quell'autorità che noi sappiamo esser stata data loro direttamente da Gesù Cristo, quando istituì la Chiesa. Per farla breve, io credo nella Chiesa e nel Papa perché credo in Dio Uno e Trino.


    Se non toglie verità (e quindi infallibilità), l’obiezione che avevi mosso non vale nulla.
    Ma io non ho mosso un'obiezione del genere. Io ho detto che perché si consideri infallibile un insegnamento del Magistero ordinario vi dev'essere un insegnamento precedente che goda già del carattere di infallibilità e irreformabilità, cioé che sia già definitivo: pertanto o si è di fronte ad un qualcosa di già definito solennemente o di qualcosa che è sempre stato creduto ed ammesso nella Chiesa come tale.

    No, macché battuta… Lo so che per i lefebvriani il Magistero del Concilio Ecumenico Vaticano II – laddove non ripete – è considerabile un mucchio di chiacchiere… Peccato che per Benedetto XVI non sia così, ritenendo egli ad esempio la nuova dottrina sulla libertà religiosa come qualcosa di fondamentale anche all’interno del sistema cattolico. Quanto a Paolo VI, sbaglio o – nelle sue uscite – paragonò il Vaticano II nientemeno che al Concilio di Nicea? Dubito che lo abbia fatto perché in esso si ripetono delle dottrine cattoliche.
    Il paragone di Paolo VI, che io ricordi, è un paragone meramente di importanza storica, non un paragone di valore dogmatico. E' strano che si attribuiscano ad un Papa che, ahimè, ha sempre avuto un'indole modernista, fenomenologica, storicista ed una cultura teologica abbastanza scarsa e discutibile, per di più da te neanche considerato vero e legittimo Papa, profondi e solenni ragionamenti teologici tradizionali che - ripeto, purtroppo - non ha praticamente mai fatto.

    È difficile, e pure dannoso, discutere con chi nega l’evidenza. Ad ogni modo ricordo che DH collega libertà religiosa e Rivelazione per mezzo del riferimento alla dignità umana.
    Guarda che mi sono limitato a citare la stessa Dignitatis Humanae, né più né meno.

    Non vedo dove le note teologiche e le relative censure affermino che una dottrina “del tutto certa” contenga errori o come si possa dedurre una tale conclusione da esse. Ripeto la domanda quindi: come può una dottrina “del tutto certa” essere fallibile?
    Ma infatti io non ho detto che una dottrina certa contenga errori. Solo che non è infallibile, ad essa dato un semplice, prudente e religioso ossequio della volontà e dell'intelletto e non quell'assenso richiesto per ciò che gode del carattere di infallibilità e irreformabilità. E' vero, ho detto e ribadisco che se un atto del Magistero ordinario è meramente autentico e non definitivo può, in potenza, contenere l'errore o un margine di ambiguità. Ma perché si possa negare o sospendere l'ossequio vi devono essere gravi ragioni che io ho già esplicitato più volte. E non è questo il caso.


    Non mi pare proprio che si tratti di un’omissione. Mi sembra anzi che il teologo in questione sostenga l’opposto.
    E' un'omissione perché cita solamente un aspetto del Magistero ordinario autentico, dimenticando anche l'altro risvolto della medaglia. Non lo cita perché sa perfettamente che l'ossequio agli insegnamenti del CVII si potrebbe dare senza alcun problema se tali insegnamenti, per quanto mai prima definiti (il che, lo ripeto, non è una giustificazione sufficiente per non aderirvi), non fossero in evidente contraddizione con altri che invece o sono sempre stati ammessi e creduti nella Chiesa o sono stati già definiti solennemente ex cathedra.


    (sul resto risponderò in un post successivo)
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  5. #25
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo Visualizza Messaggio
    Leggendo mi è venuta in mente una cosa. La butto lì. I “pontefici” del concilio e post-concilio hanno tutti sostenuto, tra le altre cose, che vi fosse continuità tra preconcilio e concilio/postconcilio (si pensi all’ermeneutica della continuità suggerita da Ratzinger a coloro che ritengono problematiche alcune dottrine del Concilio, tra cui quella sulla libertà religiosa). Dunque per loro la nuova dottrina sulla libertà religiosa è in realtà quella sempre ammessa dalla Chiesa (magari esposta in termini moderni) e così non può che godere di quell’immunità dall’errore (infallibilità) di cui godono le dottrine sempre ammesse dalla Chiesa.
    Premessa: quella di cui si parla non si chiama semplicemente "ermeneutica della continuità", ma "ermeneutica della riforma e del rinnovamento nella continuità". Formula che, già di per sé, mi lascia abbastanza perplesso perché presuppone o sottende comunque una forma di "cambiamento". Semplice cambiamento di "pastorale", si dirà. Il che però, per quanto riguarda i documenti del CVII, diviene abbastanza inquietante.

    Ora vengo al dunque: a prescindere del fatto che effettivamente si creda in quello che dici, arriverò a dirti che magari fosse così. Magari il Papa dicesse chiaro e tondo che Dignitatis Humanae in quelle proposizioni contestate dai lefebvriani o che sono passate al vaglio della critica teologica tradizionalista in realtà esprime la dottrina della Chiesa di sempre.
    Dico magari perché almeno saremmo di fronte ad una posizione chiara, netta e limpida...il problema è che però - come fa rilevare giustamente mons. Brunero Gherardini e come hanno fatto rilevare prima di lui altri - al di là di una generica affermazione di un principio interpretativo dei testi del Concilio Vaticano II non si è andati. La supposta continuità con la Tradizione è stata affermata, ma non dimostrata né in generale né nello specifico dei singoli testi. Non si è nemmeno parlato di "continuità", ma di "riforma nella continuità" - formula ambigua e, a mio parere, anche abbastanza aliena dalla sana teologia cattolica tradizionale di stampo tomista. Si sono fatte affermazioni generiche di principio, non si è dimostrato nulla.

    Bè non puoi meravigliarti, dopo aver definito saccenti e superbe le persone che sostengono la mia posizione, che non mi senta chiamato in causa. Comunque accetto le scuse e ti informo che non me la sono affatto presa. Non sono permaloso.
    Ripeto, non mi riferivo a te e mi dispiace per l'equivoco. Però, purtroppo è vero che certi sedevacantisti nella loro polemica anti-lefebvriana hanno spesso esagerata. Per evitare ulteriori equivoci specifico che non mi riferisco a nessuno di questo forum.

    Preciso che io non mi ritengo superiore al Papa “pur essendo sedevacantista”, ma proprio perché sono sedevacantista. Se fossi lefebvriano inevitabilmente mi riterrei tale, perché in cuor mio vorrei che “il Papa” smettesse di insegnare certe cose.
    I lefebvriani non credo che si ritengano superiori al Papa. Ritengono che la Fede Cattolica e la Tradizione siano però superiori al Papa. E questo è innegabile.

    L’unica mia certezza è che dalla Chiesa non può venire l’errore.
    Perché allora i sedevacantisti criticano i cambiamenti introdotti da Papa Pio XII nel 1955 che riguardano la liturgia?


    Se per avere la certezza che un insegnamento contenuto nel magistero ordinario universale è infallibile servisse l’attestazione (fallibilissima, peraltro, secondo i tuoi parametri) da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede che si tratta di insegnamento facente parte del Magistero ordinario universale infallibile, a che scopo il Vaticano I avrebbe detto che è infallibile tutto quello che il Magistero ordinario universale insegna in materia di fede e morale?
    Non tutti i pronunciamenti della CDF, ex Sant'Uffizio, hanno il medesimo valore, analogamente agli atti del Magistero del Papa. Certi pronunciamenti sono infallibili perché promanano dallo stesso Magistero del Papa. Di base, secondo le note teologiche tradizionali, i pronunciamenti della CDF sono insegnamenti sicuri (cioé non si può insegnare il contrario e non ripugna che vi sia qualcosa di falso), poi, chiaramente dipende dalla materia trattata. Detto questo, ho semplicemente chiesto una fonte che dia credito a quello che dici, cioé che, attraverso un ragionamento chiaro e razionale, dimostri che D.H. sia infallibile perché insegnamento parte del Magistero ordinario infallibile universale, cioé del Papa in comunione coi vescovi (= della Chiesa docente).

    Sorge innanzitutto spontanea una domanda. Ma come? Anche tu adesso dai credito a delle ipotesi teologiche?
    Scusa, non l'ho capita.
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  6. #26
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Lo sminuisci dal momento in cui riduci la definizione ex cathedra ad una necessità pastorale e nulla più, mentre invece essa è il riflesso dell'assistenza divina promessa da Gesù Cristo a San Pietro nel momento in cui fondò su di lui la Chiesa.
    Il Magistero è sempre assisstito, sia nell'uso straordinario che nell'uso ordinario. Se per te questo è minimalismo non c'è problema. Se vuoi darmi del minimalista per digerire meglio il fatto che voi lefebvriani annullate le prerogative del Papato fai pure, per me non c'è nessun problema, non mi offendo. Non ribatterò più su questo punto.

    Ma la mia domanda è: come fai a ritenere che siano presenti in DH definizioni solenni? In base a quale ragione? Mi sapresti citare una fonte autorevole, a livello teologico, o una fonte del Magistero che dia credito a questa tua tesi?
    E' incredibile la serenità con cui provi a capovolgere le cose e a cambiare discorso. Tu stesso hai detto: ”Una definizione, in quanto tale, è solenne”. Ne consegue che anche la definizione di libertà religiosa in DH è solenne.

    Beh, forse potrà sembrare un po' improprio, ma è comunque corretto. Vedi qui: Arnaldo Vidigal Xavier Da Silveira 1
    e qui:
    Schema Magistero e Infallibilita
    Sì è improprio.

    Non ci capiamo: è la natura di quel pronunciamento a determinare la relativa pena canonica in caso di negazione dello stesso. Perciò, usi diversi del Magistero comporteranno peccati diversi in caso di loro negazione da parte del fedele.
    Devi spiegare come dal tipo di pena o di peccato tu deduci che un insegnamento è infallibile o meno. Dire ”usi diversi del Magistero comporteranno peccati diversi in caso di loro negazione da parte del fedele”, non dice nulla del perché certi insegnamenti non possano essere considerati infallibili.




    Per me ha senso, ma se per te non lo ha mi limiterò a parlare di insegnamenti definitivi e irreformabili o del loro contrario, direttamente, così ci capiremo al volo, ok?
    Sì ecco, molto meglio…

    Ma ciò non dev'essere contrastante con il contenuto del "depositum fidei" (la famosa frase paolina: "Se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema!") e l'insegnamento dev'esser dato o come già definito o come sempre ammesso e creduto nella Chiesa.
    Ma è la Chiesa che ti dice cosa è contenuto nel deposito (“…un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato”). Non puoi stabilirlo da solo. Non puoi stabilire te se quello che ha detto la Chiesa è contenuto nel deposito. Altrimenti fai come Lutero, la Chiesa (docente) non serve a nulla.
    Parlando con te mi accorgo come il disprezzo dell’autorità finisca per avvicinare moltissimo voi lefebvriani ai protestanti. Loro si appellavano al libero esame delle Scritture, voi al libero esame del Magistero della Chiesa.
    Il Magistero distingue tra uso straordinario e uso ordinario. Nel primo caso, si ha uso straordinario perché si proclama un dogma, una definizione, una verità in virtù della piena autorità del Papa e/o della Chiesa tutta (cioé del Papa in comunione coi vescovi cattolici), vincolando totalmente ed assolutamente i credenti, in materia di Fede e morale. Nel secondo caso, si ha un uso ordinario perché ci si limita ad insegnare ai fedeli una dottrina che gode già del crisma dell'infallibilità: quindi si è di fronte ad una verità che o è già stata definita o risulta essere sempre stata creduta ed ammessa nella Chiesa. Questa è la distinzione che è stata fatta durante il Concilio Vaticano I e che si ritrova anche nei dizionari di teologia cattolica pre-conciliari, con tanto di imprimatur ecclesiastico.
    Quello che la Chiesa ammette fa parte del suo Magistero ordinario…

    E fin qui, di per sé, nulla da ridire, anche se, soprattutto, c'è da sottolineare che nel caso del Magistero ordinario non si ricorre direttamente all'uso di definizioni dogmatiche o ex cathedra.
    E il Magistero non ha mai detto che le definizioni non solenni non siano infallibili.

    A me non sembra che Bertone dia ragione a te (curioso poi che tu, sedevacantista, citi Bertone, mentre invece non ti va bene che io riporti citazioni da dizionari teologici cattolici pre-conciliari che godono dell'imprimatur ecclesiastico dell'epoca). Quello a cui Bertone fa riferimento è questo: "Benché il magistero ordinario del Pontefice Romano non sia di per sé infallibile, se però insegna costantemente e per un lungo periodo di tempo una certa dottrina a tutta la Chiesa, si deve assolutamente ammettere la sua infallibilità; in caso contrario, la Chiesa indurrebbe in errore" (J. A. De Aldama, Mariologia, in Sacrae Theologiae Summa, BAC, Madrid, 1961, vol. III, p. 418). Per meglio comprendere ciò si deve tener presente la regola di San Vincenzo di Lerino: "Quod semper, quod ubique, quod ab omnibus".
    È molto difficile sai discutere con chi nega l’evidenza. Perciò, sinceramente, non so quanto riuscirò a reggere ancora. Bertone dice: “una dottrina può essere insegnata dal Magistero come definitiva sia con un atto definitorio e solenne sia con un atto ordinario non solenne. Entrambi questi atti sono tuttavia infallibili”. E tu ti ostini a negare che egli dica che anche il Magistero ordinario può definire infallibilmente.
    Cito Bertone perché per te le autorità moderniste sono le vere autorità della Chiesa. E perché pretendi di mostrare una “chiesa conciliare” compatta nel lasciar considerare pure chiacchiere non vincolanti i nuovi erronei insegnamenti usciti dal Vaticano II. Ma non è così. Tutt’altro.


    In pratica, e per farla breve, Bertone si riferisce al fatto che il Magistero ordinario del Papa o della Chiesa è infallibile qualora ripeta insegnamenti che o sono già stati definiti o risultano essere sempre creduti ed ammessi nella Chiesa (Quod semper, quod ubique, quod ab omnibus).
    Non è vero, tanto che Bertone, dopo aver detto che una dottrina può essere insegnata dal Magistero come definitiva anche con atto ordinario non solenne infallibile, dice “E’inoltre possibile che il Magistero ordinario del Papa confermi o riaffermi dottrine…”. Egli, dunque, non contempla la sola infallibilità per ripetizione.

    Un esempio in tal senso che ti ho già fatto è l'insegnamento unanime dei Santi Padri della Chiesa su una materia di Fede e morale. Vedasi il cosiddetto "deicidio".
    Io ti chiedo, sinceramente, è il caso di Dignitatis Humanae? Non mi sembra proprio.
    Cito te stesso: ”Anche un insegnamento unanime dei Santi Padri della Chiesa è infallibile. Ma ovviamente chi ha l'autorità per dire che un insegnamento è sempre stato creduto o ammesso nella Chiesa o è sostenuto dal consenso unanime dei Santi Padri della Chiesa? Il Papa o il Papa in comunione coi vescovi”.
    La Chiesa da sola, senza il consenso unanime dei Padri, basta per garantire l’infallibilità di un insegnamento. Ora, è quasi cinquant’anni che il “Papa” e l’”episcopato” in comunione con lui predicano la nuova libertà religiosa e negano il deicidio da parte dei giudei. Da quasi cinquant’anni nella Chiesa si credono e sono ammessi questi insegnamenti.

    Ti ho spiegato che un insegnamento certo non è un insegnamento infallibile ed infatti la negazione di esso comporta un peccato di temerarietà e non la scomunica, come invece comporterebbe la negazione. Non puoi nemmeno sostenere che faccia parte del Magistero ordinario infallibile perché, come ricordato sopra, esso insegna qualcosa di sempre creduto e già ammesso ed in maniera costante. Si può negare il religioso ossequio della volontà e dell'intelletto a quest'insegnamento solamente perché non è infallibile? Assolutamente no, perché non risulta che vi sia alcunché in tale insegnamento che ripugni alla verità cattolica.
    Ripeto, questa “spiegazione” non dà ragione del fatto che si debba considerare fallibile una dottrina “del tutto certa”. Tu devi spiegare perché la differenza nelle conseguenze renderebbe chiaro che una dottrina “del tutto certa” è fallibile.


    Timoteo, tu mi hai detto che era sufficiente scrivere in un'Enciclica che l'Immacolata Concezione si fonda sulla Divina Rivelazione per avere una definizione dogmatica in materia ed invece non è così. Se poi ho inteso male, mi dispiace.
    Non a questo mi riferivo dicendoti che hai riconosciuto che l’accusa che mi muovevi era infondata, ma al fatto che mi accusavi di sostenere una posizione per cui il Papa avrebbe potuto alzarsi al mattino dicendo quello che vuole.

    Se non è mai stato insegnato in precedenti documenti papali o della Chiesa o se non trova la sua giustificazione in quanto è sempre stato creduto ed ammesso dalla e nella Chiesa, direi che non ci ritroviamo comunque di fronte ad un insegnamento definitivo, ma ad uno ordinario autentico non definitivo. Il che non significa che non possa essere riconosciuto, un giorno, in virtù di una costante ripetizione (su cui però non incide esclusivamente e meramente il "fattore-tempo") e/o di una definizione solenne del Papa o di un Concilio Ecumenico che decidano di imporre la propria voluntas definiendi, come insegnamento infallibile. Anche in questo caso la "storia" della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione di Maria Vergine è esemplare.
    Continua a pensarla come vuoi, non so più cosa dirti…

    Il Magistero ordinario infallibile dipende o da definizioni dogmatiche/ex cathedra o da quanto è sempre stato creduto ed ammesso nella Chiesa. Quanto è sempre stato creduto ed ammesso nella Chiesa gode della stessa infallibilità delle definizioni dogmatiche.
    Quello che la Chiesa ammette fa parte del suo Magistero ordinario…

    Ma noi crediamo alla Chiesa e al Papa in virtù del fatto che, insegnandoci quelle cose, impegnino pienamente quell'autorità che noi sappiamo esser stata data loro direttamente da Gesù Cristo, quando istituì la Chiesa.
    Appunto.

    Per farla breve, io credo nella Chiesa e nel Papa perché credo in Dio Uno e Trino.
    È il contrario, noi crediamo nella Trinità (e non in un Dio fatto di un’unica persona) perché crediamo nella Chiesa che ce lo insegna.
    Ma io non ho mosso un'obiezione del genere. Io ho detto che perché si consideri infallibile un insegnamento del Magistero ordinario vi dev'essere un insegnamento precedente che goda già del carattere di infallibilità e irreformabilità, cioé che sia già definitivo: pertanto o si è di fronte ad un qualcosa di già definito solennemente o di qualcosa che è sempre stato creduto ed ammesso nella Chiesa come tale.
    No, tu hai preteso ampliare la citazione di Satis cognitum come se questo sostenesse la tua tesi, poi hai detto “Si dia il caso che il peccato mortale d'eresia si abbia quando si neghi un dogma di Fede o una dottrina di fede semplicemente cattolica (o ecclesiastica), cioé materia non rivelata ma definita ex cathedra come da tenersi per fede”. Al che io ti ho chiesto: “Puoi spiegare come questo tolga verità (e quindi infallibilità) alle dichiarazioni del Magistero riguardanti la Rivelazione o cose connesse alla Rivelazione?”. E tu hai risposto: “Non toglie verità”. Quindi la citazione allargata non ha dimostrato nulla.

    Il paragone di Paolo VI, che io ricordi, è un paragone meramente di importanza storica, non un paragone di valore dogmatico. E' strano che si attribuiscano ad un Papa che, ahimè, ha sempre avuto un'indole modernista, fenomenologica, storicista ed una cultura teologica abbastanza scarsa e discutibile, per di più da te neanche considerato vero e legittimo Papa, profondi e solenni ragionamenti teologici tradizionali che - ripeto, purtroppo - non ha praticamente mai fatto.
    Fai semplicemente ridere. Eh sì, anche qui bisogna distinguere tra paragone pastorale e paragone dogmatico… E poi comunque ci vorrebbe l’attestazione di qualcuno per sapere se si tratta dell’uno o dell’altro… Vabè dai, è inutile discutere…
    Chiediti almeno perché Montini diede tanta importanza al Vaticano II. Forse perché aveva fatto nuove affermazioni provvisorie?

    Guarda che mi sono limitato a citare la stessa Dignitatis Humanae, né più né meno.
    Sì e io ho rammentato che DH collega libertà religiosa e Rivelazione per mezzo del riferimento alla dignità umana.

    Ma infatti io non ho detto che una dottrina certa contenga errori. Solo che non è infallibile, ad essa dato un semplice, prudente e religioso ossequio della volontà e dell'intelletto e non quell'assenso richiesto per ciò che gode del carattere di infallibilità e irreformabilità. E' vero, ho detto e ribadisco che se un atto del Magistero ordinario è meramente autentico e non definitivo può, in potenza, contenere l'errore o un margine di ambiguità. Ma perché si possa negare o sospendere l'ossequio vi devono essere gravi ragioni che io ho già esplicitato più volte. E non è questo il caso.
    Ma possibile che non ti accorgi della contraddittorietà dell’affermazione? Rileggiti con calma: “io non ho detto che una dottrina certa contenga errori. Solo che non è infallibile”. Se non contiene errori come fa a non essere infallibile?



    E' un'omissione perché cita solamente un aspetto del Magistero ordinario autentico, dimenticando anche l'altro risvolto della medaglia. Non lo cita perché sa perfettamente che l'ossequio agli insegnamenti del CVII si potrebbe dare senza alcun problema se tali insegnamenti, per quanto mai prima definiti (il che, lo ripeto, non è una giustificazione sufficiente per non aderirvi), non fossero in evidente contraddizione con altri che invece o sono sempre stati ammessi e creduti nella Chiesa o sono stati già definiti solennemente ex cathedra.
    Assolutamente no. Per il teologo non si può sospendere o negare l’ossequio, e ciò per “obbedienza, non semplicemente disciplinare, bensì radicata nella fiducia nell’assistenza divina al magistero, e perciò «nella logica e sotto la spinta dell’obbedienza della fede»”.
    Egli poi non intende il Magistero autentico come te (pure chiacchiere se non si tratta di ripetizioni): “Ogni espressione di magistero autentico va recepita come è veramente: un insegnamento dato da Pastori che, nella successione apostolica, parlano con il «carisma della verità» (Dei verbum, n. 8), «rivestiti dell’autorità di Cristo» (Lumen gentium, n. 25), «alla luce dello Spirito Santo» (Ibidem)”


    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Premessa: quella di cui si parla non si chiama semplicemente "ermeneutica della continuità", ma "ermeneutica della riforma e del rinnovamento nella continuità". Formula che, già di per sé, mi lascia abbastanza perplesso perché presuppone o sottende comunque una forma di "cambiamento". Semplice cambiamento di "pastorale", si dirà. Il che però, per quanto riguarda i documenti del CVII, diviene abbastanza inquietante.
    Ora vengo al dunque: a prescindere del fatto che effettivamente si creda in quello che dici, arriverò a dirti che magari fosse così. Magari il Papa dicesse chiaro e tondo che Dignitatis Humanae in quelle proposizioni contestate dai lefebvriani o che sono passate al vaglio della critica teologica tradizionalista in realtà esprime la dottrina della Chiesa di sempre.
    Dico magari perché almeno saremmo di fronte ad una posizione chiara, netta e limpida...il problema è che però - come fa rilevare giustamente mons. Brunero Gherardini e come hanno fatto rilevare prima di lui altri - al di là di una generica affermazione di un principio interpretativo dei testi del Concilio Vaticano II non si è andati. La supposta continuità con la Tradizione è stata affermata, ma non dimostrata né in generale né nello specifico dei singoli testi. Non si è nemmeno parlato di "continuità", ma di "riforma nella continuità" - formula ambigua e, a mio parere, anche abbastanza aliena dalla sana teologia cattolica tradizionale di stampo tomista. Si sono fatte affermazioni generiche di principio, non si è dimostrato nulla.
    Concordo con chi dice che è stato affermato, ma non dimostrato. Ma appunto è stato affermato. Lo provano anche i richiami dei “pontefici” modernisti a leggere il concilio “alla luce della Tradizione”, segno che vogliono far apparire pre e post concilio un tutt’uno. Del resto questa affermata continuità si sposa perfettamente con l’opera di distruzione della Chiesa che i personaggi in questione conducono, nel senso che rendono quest’opera molto più efficace. Affermare la rottura sarebbe affermare di essersi distaccati da Cristo stesso dando luogo ad una nuova chiesa. Questo non è certo nel loro interesse.



    Ripeto, non mi riferivo a te e mi dispiace per l'equivoco. Però, purtroppo è vero che certi sedevacantisti nella loro polemica anti-lefebvriana hanno spesso esagerata. Per evitare ulteriori equivoci specifico che non mi riferisco a nessuno di questo forum.
    Bene.

    I lefebvriani non credo che si ritengano superiori al Papa. Ritengono che la Fede Cattolica e la Tradizione siano però superiori al Papa. E questo è innegabile.
    Ma è il Papa la regola della Fede.

    Perché allora i sedevacantisti criticano i cambiamenti introdotti da Papa Pio XII nel 1955 che riguardano la liturgia?
    Si può essere sedevacantisti anche applicando quei cambiamenti.

    Non tutti i pronunciamenti della CDF, ex Sant'Uffizio, hanno il medesimo valore, analogamente agli atti del Magistero del Papa. Certi pronunciamenti sono infallibili perché promanano dallo stesso Magistero del Papa. Di base, secondo le note teologiche tradizionali, i pronunciamenti della CDF sono insegnamenti sicuri (cioé non si può insegnare il contrario e non ripugna che vi sia qualcosa di falso), poi, chiaramente dipende dalla materia trattata. Detto questo, ho semplicemente chiesto una fonte che dia credito a quello che dici, cioé che, attraverso un ragionamento chiaro e razionale, dimostri che D.H. sia infallibile perché insegnamento parte del Magistero ordinario infallibile universale, cioé del Papa in comunione coi vescovi (= della Chiesa docente).
    Che l’insegnamento di DH faccia parte del Magistero ordinario universale è sotto gli occhi di tutti e la sua infallibilità – se non si vuole ammettere che DH è infallibile di per sé – deriva dalla stessa appartenenza ad esso. Richiedere una fonte che attesti tutto questo, innanzitutto, rende irrilevante il Magistero (altro che minimalismo) e poi trasferirebbe il problema dell’infallibilità del Magistero all’infallibilità della fonte che attesta l’infallibilità del Magistero. Per cui sarebbe necessaria un’altra fonte che dia certezza sulla fonte precedente e così via.

    Scusa, non l'ho capita.
    Te la spiego subito. Tu hai fatto riferimento all’inopportunità di affidarsi a ipotesi teologiche due volte:
    1- “bisognerebbe ogni tanto rendersi conto che si discute inter nos cercando di uscire dalla crisi della Chiesa e non di acuirla spacciando mere ipotesi teologiche che cercano di spiegare ex post la contradditorietà degli insegnamenti del CVII col Magistero precedente per verità assolute”
    2- ”'assolutizzare' qualsiasi ipotesi teologica che cerchi di spiegare, anche autorevolmente, la crisi della Chiesa significa commettere un peccato di superbia. O mi vorresti dire che la tesi di Cassiciacum la consideri infallibile?
    Dopodiché ti sei messo a difendere la “resistenza al Papa” riferendoti a ipotesi teologiche:
    “Detto questo, la possibilità della resistenza al Papa che cade in un peccato d’eresia è stata contemplata dalla teologica cattolica e da non pochi autorevoli teologi: in primis, San Roberto Bellarmino”
    Perciò ti ho chiesto: anche tu adesso dai credito a delle ipotesi teologiche?

  7. #27
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo Visualizza Messaggio
    Il Magistero è sempre assisstito, sia nell'uso straordinario che nell'uso ordinario. Se per te questo è minimalismo non c'è problema. Se vuoi darmi del minimalista per digerire meglio il fatto che voi lefebvriani annullate le prerogative del Papato fai pure, per me non c'è nessun problema, non mi offendo. Non ribatterò più su questo punto.
    Va bene, chiudiamola qua sulla questione del minimalismo: meglio concentrarsi sui contenuti piuttosto che sulle possibili etichette.
    Chiedo a te però come tu possa considerare divinamente assistito il Magistero infallibile tanto quanto e alla stessa maniera di quello ordinario autentico e non definitivo. Questo punto potresti chiarirmelo meglio?

    E' incredibile la serenità con cui provi a capovolgere le cose e a cambiare discorso. Tu stesso hai detto: ”Una definizione, in quanto tale, è solenne”. Ne consegue che anche la definizione di libertà religiosa in DH è solenne.
    Ma non è una definizione, forse è questo che ti sfugge :gratgrat:


    Devi spiegare come dal tipo di pena o di peccato tu deduci che un insegnamento è infallibile o meno. Dire ”usi diversi del Magistero comporteranno peccati diversi in caso di loro negazione da parte del fedele”, non dice nulla del perché certi insegnamenti non possano essere considerati infallibili.
    La negazione di un insegnamento definitivo priva il fedele dell'appartenenza alla Chiesa Cattolica (apostasia - eresia - scisma, a seconda dei casi). Un peccato di temerarietà no. Il primo è un peccato contro la Fede cattolica, il secondo è un peccato di imprudenza, pertanto è meno grave, ma ugualmente mortale. Comunque, io non deduco dalla pena l'insegnamento, io vedo, in base alle fonti che conosco, che la negazione di un determinato insegnamento può comportare diversi tipi di peccato e noto che la negazione di alcuni insegnamenti comportano la scomunica - perché sono definitivi - altri no perché non lo sono. Non faccio, come dici tu, il procedimento inverso. Perciò, mi sembra capzioso accusarmi di dedurre dalla pena canonica l'infallibilità o meno di un insegnamento, visto che è esattamente il contrario che ho fatto.


    Ma è la Chiesa che ti dice cosa è contenuto nel deposito (“…un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato”). Non puoi stabilirlo da solo. Non puoi stabilire te se quello che ha detto la Chiesa è contenuto nel deposito. Altrimenti fai come Lutero, la Chiesa (docente) non serve a nulla.
    Parlando con te mi accorgo come il disprezzo dell’autorità finisca per avvicinare moltissimo voi lefebvriani ai protestanti. Loro si appellavano al libero esame delle Scritture, voi al libero esame del Magistero della Chiesa.
    Ma se sono io che ho scritto prima che sono il Papa e la Chiesa, attraverso il loro Magistero, ad insegnarci cos'è contenuto nel depositum fidei! Però la Verità cattolica è rivelata, oggettiva, non è creata dal nulla dal Papa o dalla Chiesa, pertanto, tanto la Chiesa che il Papa, hanno dei limiti posti da Dio stesso che non possono valicare nel loro trasmettere ed insegnare la dottrina. Ogni cattolico, dotato di sensus fidei, può, come insegnava San Vincenzo da Lerino, riconoscere quando anche un alto prelato, fosse anche il Papa, pronuncia una frase o un insegnamento che contrasta con la Fede cattolica. Del resto, quante volte accadde nella storia della Cristianità che furono gli stessi semplici fedeli a ribellarsi alle eresie che venivano pronunciate?


    Quello che la Chiesa ammette fa parte del suo Magistero ordinario…
    Ed infatti io ho scritto che quello che viene insegnato come sempre ammesso e sempre creduto (precisiamo, altrimenti non vale) nella Chiesa è parte del Magistero ordinario infallibile.

    E il Magistero non ha mai detto che le definizioni non solenni non siano infallibili.
    Non esistono definizioni che non siano solenni, per quel che ne so.
    E quella di D.H. non è una definizione, in senso proprio.

    È molto difficile sai discutere con chi nega l’evidenza. Perciò, sinceramente, non so quanto riuscirò a reggere ancora. Bertone dice: “una dottrina può essere insegnata dal Magistero come definitiva sia con un atto definitorio e solenne sia con un atto ordinario non solenne. Entrambi questi atti sono tuttavia infallibili”. E tu ti ostini a negare che egli dica che anche il Magistero ordinario può definire infallibilmente.
    Cito Bertone perché per te le autorità moderniste sono le vere autorità della Chiesa. E perché pretendi di mostrare una “chiesa conciliare” compatta nel lasciar considerare pure chiacchiere non vincolanti i nuovi erronei insegnamenti usciti dal Vaticano II. Ma non è così. Tutt’altro.
    Dimmi dove Bertone dice che il Magistero possa definire non solennemente perché io, sarò diventato improvvisamente analfabeta, non leggo nulla di tutto ciò. Io leggo che il Magistero può essere definitivo o nel suo uso straordinario infallibile (e quindi definitorio solenne) o nel suo modo ordinario infallibile, senza il ricorso ad una definizione solenne (infatti si legge: "atto ordinario non solenne"). Ripeto, forse ho dei problemi di lettura di cui non mi rendo conto, ma io non leggo nelle dichiarazioni di Bertone che si possa definire qualcosa non solennemente.

    Non è vero, tanto che Bertone, dopo aver detto che una dottrina può essere insegnata dal Magistero come definitiva anche con atto ordinario non solenne infallibile, dice “E’inoltre possibile che il Magistero ordinario del Papa confermi o riaffermi dottrine…”. Egli, dunque, non contempla la sola infallibilità per ripetizione.
    1) Una dottrina può essere insegnata dal Magistero come definitiva anche con atto ordinario non solenne infallibile? Vero, ma non si è in presenza di una definizione solenne, pertanto è un non senso dire che il Magistero possa definire non solennemente (come, oltre tutto?).

    2) Se il Papa conferma o riafferma una dottrina non la sta ripetendo?

    Questi sono i sinonimi del verbo "ripetere": replicare, ribadire, confermare, reiterare, ricorrere, riproporsi, risuccedere, riverificarsi (verifica direttamente: Virgilio Parole | Sinonimi e contrari).
    Non noti qualcosa? :see:

    Cito te stesso: ”Anche un insegnamento unanime dei Santi Padri della Chiesa è infallibile. Ma ovviamente chi ha l'autorità per dire che un insegnamento è sempre stato creduto o ammesso nella Chiesa o è sostenuto dal consenso unanime dei Santi Padri della Chiesa? Il Papa o il Papa in comunione coi vescovi”.
    La Chiesa da sola, senza il consenso unanime dei Padri, basta per garantire l’infallibilità di un insegnamento. Ora, è quasi cinquant’anni che il “Papa” e l’”episcopato” in comunione con lui predicano la nuova libertà religiosa e negano il deicidio da parte dei giudei. Da quasi cinquant’anni nella Chiesa si credono e sono ammessi questi insegnamenti.
    L'Immacolata Concezione è stata creduta da fedeli, teologi, Papi, Santi e persino Padri e Dottori della Chiesa di ogni genere nei secoli, dopo le animate dispute fra macolisti e immacolisti addirittura i Papi vietarono che se ne discutesse apertamente, ma prima che venisse considerato un dogma di Fede e, quindi, un insegnamento definitivo del Magistero sono passati secoli. Quindi, come già ti ho detto, non puoi farne una questione meramente legata al fattore-tempo, anche perché ti si potrebbe obiettare che la dottrina sulla libertà religiosa in foro esterno precedente è stata ammessa per molti più anni.


    Ripeto, questa “spiegazione” non dà ragione del fatto che si debba considerare fallibile una dottrina “del tutto certa”. Tu devi spiegare perché la differenza nelle conseguenze renderebbe chiaro che una dottrina “del tutto certa” è fallibile.
    Per il semplice motivo che non si tratta di un insegnamento definitivo ed un insegnamento certo non è contemplato, nelle note teologiche, tra gli insegnamenti definitivi ed infallibili.



    Non a questo mi riferivo dicendoti che hai riconosciuto che l’accusa che mi muovevi era infondata, ma al fatto che mi accusavi di sostenere una posizione per cui il Papa avrebbe potuto alzarsi al mattino dicendo quello che vuole.
    Perché non sarebbe la conseguenza di quello che tu hai detto?

    Continua a pensarla come vuoi, non so più cosa dirti…
    Nemmeno io a te, sinceramente. Posso solo cercare di rendere il più chiaro possibile il discorso.

    È il contrario, noi crediamo nella Trinità (e non in un Dio fatto di un’unica persona) perché crediamo nella Chiesa che ce lo insegna.
    Riguardo al dogma della Santissima Trinità hai ragione, ma io dicevo che noi crediamo nella Chiesa perché Dio, rivelandosi agli uomini, s'è incarnato in Gesù Cristo che ha l'ha fondata, istituendo Pietro suo Sommo Pontefice.

    No, tu hai preteso ampliare la citazione di Satis cognitum come se questo sostenesse la tua tesi, poi hai detto “Si dia il caso che il peccato mortale d'eresia si abbia quando si neghi un dogma di Fede o una dottrina di fede semplicemente cattolica (o ecclesiastica), cioé materia non rivelata ma definita ex cathedra come da tenersi per fede”. Al che io ti ho chiesto: “Puoi spiegare come questo tolga verità (e quindi infallibilità) alle dichiarazioni del Magistero riguardanti la Rivelazione o cose connesse alla Rivelazione?”. E tu hai risposto: “Non toglie verità”. Quindi la citazione allargata non ha dimostrato nulla.
    Ha dimostrato che in quel passo il Papa si riferisce al Magistero straordinario infallibile.

    Fai semplicemente ridere. Eh sì, anche qui bisogna distinguere tra paragone pastorale e paragone dogmatico… E poi comunque ci vorrebbe l’attestazione di qualcuno per sapere se si tratta dell’uno o dell’altro… Vabè dai, è inutile discutere…
    Chiediti almeno perché Montini diede tanta importanza al Vaticano II. Forse perché aveva fatto nuove affermazioni provvisorie?
    Io farò anche ridere, ma tu non mi rispondi né confuti il mio ragionamento

    Sì e io ho rammentato che DH collega libertà religiosa e Rivelazione per mezzo del riferimento alla dignità umana.
    Non lo fa attraverso una definizione solenne.

    Ma possibile che non ti accorgi della contraddittorietà dell’affermazione? Rileggiti con calma: “io non ho detto che una dottrina certa contenga errori. Solo che non è infallibile”. Se non contiene errori come fa a non essere infallibile?
    Perché non è un insegnamento definitivo.


    Assolutamente no. Per il teologo non si può sospendere o negare l’ossequio, e ciò per “obbedienza, non semplicemente disciplinare, bensì radicata nella fiducia nell’assistenza divina al magistero, e perciò «nella logica e sotto la spinta dell’obbedienza della fede»”.
    Egli poi non intende il Magistero autentico come te (pure chiacchiere se non si tratta di ripetizioni): “Ogni espressione di magistero autentico va recepita come è veramente: un insegnamento dato da Pastori che, nella successione apostolica, parlano con il «carisma della verità» (Dei verbum, n. 8), «rivestiti dell’autorità di Cristo» (Lumen gentium, n. 25), «alla luce dello Spirito Santo» (Ibidem)”
    Attenzione, va fatta una precisazione che era implicita nel mio discorso ma comprendo che possa fuorviare: il Magistero ordinario autentico è non definitivo, ma non sono semplici chiacchiere. Sono comunque insegnamenti o del Papa o del Papa in comunione coi vescovi, per quanto non infallibili. Per il fatto che non sono definitivi è ammesso che si possa sospendere o negare il proprio religioso ossequio secondo le modalità esposte nelle istruzione prima citata (ed essendo un documento della CDF direi che fa più fede delle parole da te citate, che comunque - in realtà - non sono in contrasto con quanto contenuto nell'istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, ma risultano semplicemente incomplete) per gravi motivi (e non per altri, che invece sono esposti e condannati nella parte successiva del documento da me citato). Riguardo, nello specifico, agli atti del Magistero ordinario autentico non definitivo dal Concilio Vaticano II in poi c'è stata, come rilevavano sia il cardinal Siri che mons. Spadafora, una svalutazione, un decadimento, del Magistero ordinario autentico che, abbassandosi al livello addirittura della conversazione ordinaria, s'è degradato, adottando uno stile - oltre che un contenuto - non adeguato alla sua natura che, per quanto non sia solenne e definitiva, è comunque autorevole.

    Al resto, dopo.
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).

  8. #28
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo Visualizza Messaggio
    Concordo con chi dice che è stato affermato, ma non dimostrato. Ma appunto è stato affermato. Lo provano anche i richiami dei “pontefici” modernisti a leggere il concilio “alla luce della Tradizione”, segno che vogliono far apparire pre e post concilio un tutt’uno. Del resto questa affermata continuità si sposa perfettamente con l’opera di distruzione della Chiesa che i personaggi in questione conducono, nel senso che rendono quest’opera molto più efficace. Affermare la rottura sarebbe affermare di essersi distaccati da Cristo stesso dando luogo ad una nuova chiesa. Questo non è certo nel loro interesse.
    Il criterio ermeneutico della continuità rispetto al Magistero precedente e la lettura dei documenti ecclesiastici e pontifici "alla luce della Tradizione" è, in linea teorica, corretto. Il problema è che oltre ad un'affermazione di principio ci vuole una dimostrazione logica, concettuale e razionale, altrimenti si scade nel ragionamento circolare fine a se stesso e nelle tautologie. Ebbene, quale accordo fra Cristo e Belial? Come si possono metter assieme proposizioni tra loro tanto diverse e contrarie? E' vero che ci sono anche affermazioni ambigue e incerte che, con un grande sforzo esegetico-interpretativo, possono essere viste anche in linea con la Tradizione, ma anche l'interpretazione contraria può trovare ampio spazio (circiterismo).
    L'ermeneutica della rottura s'è affermata di fatto nell'immediato del post-Concilio e non poteva esser altrimenti, vista anche la genesi stessa dei documenti del CVII, come magistralmente descritto e documentato da Roberto de Mattei in "Concilio Vaticano II: una storia mai scritta" (ed. Lindau).
    A questo Roma, purtroppo, non ha mai dato una risposta e continua a non rispondere.
    Se ci sia o meno il deliberato intento di voler demolire l'unica Chiesa di Cristo, cioé la Chiesa Cattolica, io non lo so e non lo posso sapere. So di certo però che, al di là di una responsabilità soggettiva, c'è sicuramente una indeledibile responsabilità oggettiva di tutti gli ultimi pontefici da Paolo VI in poi, per non tacere delle responsabilità anche di Giovanni XXIII.


    Ma è il Papa la regola della Fede.
    La regula Fidei è la Tradizione. Il Papa non è al di sopra di essa, ma è vincolato da essa.

    Si può essere sedevacantisti anche applicando quei cambiamenti.
    Se secondo i sedevacantisti i cambiamenti del 1955 sono stati sbagliati e costituiscono una prima apertura all'ecumenismo, allora si arriverebbe all'assurdo di sostenere che la sede vacante fosse tale anche con Pio XII in base al principio secondo cui "dal Papa non può venire - a prescindere - l'errore".
    Ma comunque sbaglio o i sedevacantisti non celebrano col Messale del 1962, preferendo quello precedente, nonostante la maggior parte di essi ritenga la sede vacante dal '65?


    Che l’insegnamento di DH faccia parte del Magistero ordinario universale è sotto gli occhi di tutti e la sua infallibilità – se non si vuole ammettere che DH è infallibile di per sé – deriva dalla stessa appartenenza ad esso.
    Il fatto che sia parte del Magistero ordinario universale non è garanzia della sua infallibilità. Il Magistero ordinario della Chiesa, cioé universale, può anche non essere infallibile e definitivo. Quindi questa non è un'argomentazione a favore. Sempre che tu ammetta che esista anche un grado non definitivo dell'insegnamento ecclesiastico o pontificio.


    Richiedere una fonte che attesti tutto questo, innanzitutto, rende irrilevante il Magistero (altro che minimalismo) e poi trasferirebbe il problema dell’infallibilità del Magistero all’infallibilità della fonte che attesta l’infallibilità del Magistero. Per cui sarebbe necessaria un’altra fonte che dia certezza sulla fonte precedente e così via.
    Scusa, ma io non ho fatto altro che chiederti dei documenti del Magistero che attestino questa interpretazione, né più né meno. Non ho chiesto una risposta all'infuori del Magistero. Ti ho chiesto di citarmi un pronunciamento papale o della stessa Chiesa o della CDF. O al limite un teologo che, argomentando razionalmente sulla base dei testi del Magistero, dimostri chiaramente ciò. Non sto relativizzando nulla, sto chiedendo delle prove che dimostrino ciò che si afferma.

    Te la spiego subito. Tu hai fatto riferimento all’inopportunità di affidarsi a ipotesi teologiche due volte:
    1- “bisognerebbe ogni tanto rendersi conto che si discute inter nos cercando di uscire dalla crisi della Chiesa e non di acuirla spacciando mere ipotesi teologiche che cercano di spiegare ex post la contradditorietà degli insegnamenti del CVII col Magistero precedente per verità assolute”
    2- ”'assolutizzare' qualsiasi ipotesi teologica che cerchi di spiegare, anche autorevolmente, la crisi della Chiesa significa commettere un peccato di superbia. O mi vorresti dire che la tesi di Cassiciacum la consideri infallibile?
    Dopodiché ti sei messo a difendere la “resistenza al Papa” riferendoti a ipotesi teologiche:
    “Detto questo, la possibilità della resistenza al Papa che cade in un peccato d’eresia è stata contemplata dalla teologica cattolica e da non pochi autorevoli teologi: in primis, San Roberto Bellarmino”
    Perciò ti ho chiesto: anche tu adesso dai credito a delle ipotesi teologiche?
    No, io ho detto che è inopportuno spacciare come certezze assolute quelle che sono ipotesi teologiche. Ed infatti io non ritengo di avere la certezza assoluta che l'ipotesi teologica da me sostenuta sia quella più adatta a spiegare la crisi della Chiesa. Ho una ragionevole certezza, ma riconosco che vi sia, al di sopra di essa, un'autorità più alta che, a differenza di me, un giorno, se sarà possibile, darà sulla questione una parola definitiva. In attesa di quella mi accontento di rilevare l'evidente contraddittorietà di certi insegnamenti conciliari con quelli pre-conciliari e di fronte a ciò cerco di rimanere fedele al deposito, sposando la Tradizione anziché l'innovazione contraddittoria.
    Quello che rimprovero alla tesi (già il fatto che si proclami "tesi" e non "ipotesi" la dice lunga, secondo me, ma transeat) sedevacantista, al di là del merito di essa, è che la portata della stessa è talmente forte e radicale da chiedere una certa prudenza per poter essere propagandata con non chalance, come invece si fa da circa vent'anni.
    La "forza", in un certo senso, dell'ipotesi portata avanti dai lefebvriani, ma anche da altri teologi, sta nel fatto che si ricorre ad ipotesi teologiche che tali rimangono ma che sono state espresse in passato da personalità autorevoli e, soprattutto, sono state sempre considerate lecite nel dibattito teologico dalla Chiesa stessa.
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  9. #29
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Va bene, chiudiamola qua sulla questione del minimalismo: meglio concentrarsi sui contenuti piuttosto che sulle possibili etichette.
    Chiedo a te però come tu possa considerare divinamente assistito il Magistero infallibile tanto quanto e alla stessa maniera di quello ordinario autentico e non definitivo. Questo punto potresti chiarirmelo meglio?
    Ci sarebbero tante cose da dire.
    Forse l’errore che non ti consente di avere una corretta visione del funzionamento del Magistero è il fatto di collegare la straordinarietà e la solennità all’infallibilità come cose necessariamente unite tra loro. Cioè per te la straordinarietà/solennità è necessaria per l’infallibilità. Di modo che laddove non c’è la prima non può esserci la seconda. Ma – in base a quello che insegna il Magistero – perché dovrebbe essere così?
    Ti invito ad osservare che il Vaticano I quando definisce il dogma dell’infallibilità pontificia non parla né di Magistero straordinario, né di giudizi solenni.

    Ma non è una definizione, forse è questo che ti sfugge :gratgrat:
    E cosa sarebbe?

    La negazione di un insegnamento definitivo priva il fedele dell'appartenenza alla Chiesa Cattolica (apostasia - eresia - scisma, a seconda dei casi). Un peccato di temerarietà no. Il primo è un peccato contro la Fede cattolica, il secondo è un peccato di imprudenza, pertanto è meno grave, ma ugualmente mortale. Comunque, io non deduco dalla pena l'insegnamento, io vedo, in base alle fonti che conosco, che la negazione di un determinato insegnamento può comportare diversi tipi di peccato e noto che la negazione di alcuni insegnamenti comportano la scomunica - perché sono definitivi - altri no perché non lo sono. Non faccio, come dici tu, il procedimento inverso. Perciò, mi sembra capzioso accusarmi di dedurre dalla pena canonica l'infallibilità o meno di un insegnamento, visto che è esattamente il contrario che ho fatto.
    Non hai ancora spiegato perché l’insegnamento per la cui negazione è prevista una censura diversa dall’eresia non può essere infallibile.

    Ma se sono io che ho scritto prima che sono il Papa e la Chiesa, attraverso il loro Magistero, ad insegnarci cos'è contenuto nel depositum fidei! Però la Verità cattolica è rivelata, oggettiva, non è creata dal nulla dal Papa o dalla Chiesa, pertanto, tanto la Chiesa che il Papa, hanno dei limiti posti da Dio stesso che non possono valicare nel loro trasmettere ed insegnare la dottrina. Ogni cattolico, dotato di sensus fidei, può, come insegnava San Vincenzo da Lerino, riconoscere quando anche un alto prelato, fosse anche il Papa, pronuncia una frase o un insegnamento che contrasta con la Fede cattolica. Del resto, quante volte accadde nella storia della Cristianità che furono gli stessi semplici fedeli a ribellarsi alle eresie che venivano pronunciate?
    Secondo me, lo sbaglio dal sapore protestante che fai, e che in generale fanno i lefebvriani, è di sentirti in diritto di “controllare” il Papa appellandoti direttamente alla Scrittura e alla Tradizione. Se questa fosse la regola è evidente che mai nessuno avrebbe ascoltato e creduto nel Magistero della Chiesa, perché ciascuno avrebbe stabilito con la propria coscienza cosa dice la Scrittura e la Tradizione: se ciò fosse stato conciliabile con il Magistero della Chiesa nessun problema; in caso contrario, invece, avrebbe prevalso l’esame privato delle Scritture e della Tradizione. In entrambi i casi il Magistero diviene irrilevante.

    Dal Catechismo di San Pio X:
    236. Chi può con autorità farci conoscere interamente e nel vero senso le verità contenute nella Scrittura e nella Tradizione?
    La Chiesa sola può con autorità farci conoscere interamente e nel vero senso le verità contenute nella Scrittura e nella Tradizione, perché a lei sola Dio affidò il deposito della Fede e mandò lo Spirito Santo che continuamente l'assiste, affinché non erri.


    Ed infatti io ho scritto che quello che viene insegnato come sempre ammesso e sempre creduto (precisiamo, altrimenti non vale) nella Chiesa è parte del Magistero ordinario infallibile.
    Prima dei primi giudizi solenni il magistero era fallibile?

    Non esistono definizioni che non siano solenni, per quel che ne so.
    E quella di D.H. non è una definizione, in senso proprio.
    E perché non dovrebbe esserlo?

    Dimmi dove Bertone dice che il Magistero possa definire non solennemente perché io, sarò diventato improvvisamente analfabeta, non leggo nulla di tutto ciò. Io leggo che il Magistero può essere definitivo o nel suo uso straordinario infallibile (e quindi definitorio solenne) o nel suo modo ordinario infallibile, senza il ricorso ad una definizione solenne (infatti si legge: "atto ordinario non solenne"). Ripeto, forse ho dei problemi di lettura di cui non mi rendo conto, ma io non leggo nelle dichiarazioni di Bertone che si possa definire qualcosa non solennemente.
    Una dottrina può essere “insegnata come definitiva” dal Magistero sia con una definizione espressa e diretta, sia ripetendo una dottrina definita in precedenza. Ora, Bertone dice innanzitutto: ”una dottrina può essere insegnata dal Magistero come definitiva sia con un atto definitorio e solenne sia con un atto ordinario non solenne”. Qui affronta due ipotesi: nella prima parla chiaramente di atto definitorio (qui dunque il Magistero insegna una dottrina come definitiva “definendola”); nella seconda, non lo dice chiaramente, ma si capisce che è lo stesso dal prosieguo. Bertone infatti continua dicendo: ” È inoltre possibile che il Magistero ordinario del Papa confermi o riaffermi dottrine che…”. Qui tratta l’ipotesi della ripetizione. Se l’avesse trattata anche nell’ipotesi precedente (la seconda) che senso avrebbe avuto dire ”E’ inoltre possibile che…”?

    1) Una dottrina può essere insegnata dal Magistero come definitiva anche con atto ordinario non solenne infallibile? Vero, ma non si è in presenza di una definizione solenne, pertanto è un non senso dire che il Magistero possa definire non solennemente (come, oltre tutto?).

    2) Se il Papa conferma o riafferma una dottrina non la sta ripetendo?

    Questi sono i sinonimi del verbo "ripetere": replicare, ribadire, confermare, reiterare, ricorrere, riproporsi, risuccedere, riverificarsi (verifica direttamente: Virgilio Parole | Sinonimi e contrari).
    Non noti qualcosa? :see:
    Vedi sopra.

    L'Immacolata Concezione è stata creduta da fedeli, teologi, Papi, Santi e persino Padri e Dottori della Chiesa di ogni genere nei secoli, dopo le animate dispute fra macolisti e immacolisti addirittura i Papi vietarono che se ne discutesse apertamente, ma prima che venisse considerato un dogma di Fede e, quindi, un insegnamento definitivo del Magistero sono passati secoli. Quindi, come già ti ho detto, non puoi farne una questione meramente legata al fattore-tempo, anche perché ti si potrebbe obiettare che la dottrina sulla libertà religiosa in foro esterno precedente è stata ammessa per molti più anni.
    Io non ne faccio affatto una questione legata al fattore tempo.

    Per il semplice motivo che non si tratta di un insegnamento definitivo ed un insegnamento certo non è contemplato, nelle note teologiche, tra gli insegnamenti definitivi ed infallibili.
    Vedi sotto.

    Perché non sarebbe la conseguenza di quello che tu hai detto?
    Sei tu semmai che devi provare che dalle cose che ho detto consegua una cosa del genere.

    Nemmeno io a te, sinceramente. Posso solo cercare di rendere il più chiaro possibile il discorso.
    Eh già…

    Riguardo al dogma della Santissima Trinità hai ragione, ma io dicevo che noi crediamo nella Chiesa perché Dio, rivelandosi agli uomini, s'è incarnato in Gesù Cristo che ha l'ha fondata, istituendo Pietro suo Sommo Pontefice.
    Grazie.

    Ha dimostrato che in quel passo il Papa si riferisce al Magistero straordinario infallibile.
    E perché? Perché ha parlato di eresia?

    Io farò anche ridere, ma tu non mi rispondi né confuti il mio ragionamento
    Il tuo ragionamento consiste nel dire che Montini ha l’indole modernista incapace di esprimere “ragionamenti teologici tradizionali” quando le sue affermazioni sostengono posizioni diverse dalla tua, salvo diventare subito teologo e profondo conoscitore delle distinzioni dottrinali quando fa comodo a te… Cosa ci sarebbe da confutare?

    Non lo fa attraverso una definizione solenne.
    Ho capito, quella sulla libertà religiosa non è una definizione. E cosa sarebbe?

    Perché non è un insegnamento definitivo.
    Ma hai già detto che non contiene errori (“io non ho detto che una dottrina certa contenga errori”). Ora, una dottrina che non contiene errori è, per definizione, infallibile. Infallibile = immune da errore.

    Attenzione, va fatta una precisazione che era implicita nel mio discorso ma comprendo che possa fuorviare: il Magistero ordinario autentico è non definitivo, ma non sono semplici chiacchiere. Sono comunque insegnamenti o del Papa o del Papa in comunione coi vescovi, per quanto non infallibili. Per il fatto che non sono definitivi è ammesso che si possa sospendere o negare il proprio religioso ossequio secondo le modalità esposte nelle istruzione prima citata (ed essendo un documento della CDF direi che fa più fede delle parole da te citate, che comunque - in realtà - non sono in contrasto con quanto contenuto nell'istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, ma risultano semplicemente incomplete) per gravi motivi (e non per altri, che invece sono esposti e condannati nella parte successiva del documento da me citato). Riguardo, nello specifico, agli atti del Magistero ordinario autentico non definitivo dal Concilio Vaticano II in poi c'è stata, come rilevavano sia il cardinal Siri che mons. Spadafora, una svalutazione, un decadimento, del Magistero ordinario autentico che, abbassandosi al livello addirittura della conversazione ordinaria, s'è degradato, adottando uno stile - oltre che un contenuto - non adeguato alla sua natura che, per quanto non sia solenne e definitiva, è comunque autorevole.
    Non capisco cosa c'entri questo giro di parole con quello che ha detto il teologo in questione. Forse è un modo per fargli dire quello che non ha detto? Siri e Spadafora avranno pur fatto i loro rilievi (Siri diceva che i documenti del concilio vanno letti in ginocchio), ma questo che c’entra con quello che ha detto il teologo in questione?
    Quest’ultimo ha detto chiaramente che non si può sospendere o negare l’ossequio, e ciò per “obbedienza, non semplicemente disciplinare, bensì radicata nella fiducia nell’assistenza divina al magistero, e perciò «nella logica e sotto la spinta dell’obbedienza della fede»”.
    E ha detto altresì: “Ogni espressione di magistero autentico va recepita come è veramente: un insegnamento dato da Pastori che, nella successione apostolica, parlano con il «carisma della verità» (Dei verbum, n. 8), «rivestiti dell’autorità di Cristo» (Lumen gentium, n. 25), «alla luce dello Spirito Santo» (Ibidem)”

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Il criterio ermeneutico della continuità rispetto al Magistero precedente e la lettura dei documenti ecclesiastici e pontifici "alla luce della Tradizione" è, in linea teorica, corretto. Il problema è che oltre ad un'affermazione di principio ci vuole una dimostrazione logica, concettuale e razionale, altrimenti si scade nel ragionamento circolare fine a se stesso e nelle tautologie. Ebbene, quale accordo fra Cristo e Belial? Come si possono metter assieme proposizioni tra loro tanto diverse e contrarie? E' vero che ci sono anche affermazioni ambigue e incerte che, con un grande sforzo esegetico-interpretativo, possono essere viste anche in linea con la Tradizione, ma anche l'interpretazione contraria può trovare ampio spazio (circiterismo).
    L'ermeneutica della rottura s'è affermata di fatto nell'immediato del post-Concilio e non poteva esser altrimenti, vista anche la genesi stessa dei documenti del CVII, come magistralmente descritto e documentato da Roberto de Mattei in "Concilio Vaticano II: una storia mai scritta" (ed. Lindau).
    A questo Roma, purtroppo, non ha mai dato una risposta e continua a non rispondere.
    Ma mi hai preso per uno che pensa che sia possibile dimostrare la continuità tra dottrine pre e post conciliari? E perché cavolo penserei che la Sede apostolica è vacante allora? Ti ho detto che, anche per me, è verissimo il fatto che questa continuità sia stata solo affermata, e mai dimostrata. Tuttavia, ai fini del nostro discorso sul Magistero, sottolineo che la continuità è stata ed è affermata dai “papi” modernisti. Dunque per loro la nuova dottrina sulla libertà religiosa è in realtà quella sempre ammessa dalla Chiesa (magari esposta in termini moderni) e così non può che godere di quell’immunità dall’errore (infallibilità) di cui godono le dottrine sempre ammesse dalla Chiesa.

    Se ci sia o meno il deliberato intento di voler demolire l'unica Chiesa di Cristo, cioé la Chiesa Cattolica, io non lo so e non lo posso sapere. So di certo però che, al di là di una responsabilità soggettiva, c'è sicuramente una indeledibile responsabilità oggettiva di tutti gli ultimi pontefici da Paolo VI in poi, per non tacere delle responsabilità anche di Giovanni XXIII.
    Proprio cosi.

    La regula Fidei è la Tradizione. Il Papa non è al di sopra di essa, ma è vincolato da essa.
    La Tradizione è solo la regola remota della Fede, non la regola prossima. La regola prossima è il Papa. Noi cattolici – se non vogliamo diventare protestanti – non possiamo “tenere sotto controllo” il Papa appoggiandoci direttamente sulla Scrittura e sulla Tradizione.

    Se secondo i sedevacantisti i cambiamenti del 1955 sono stati sbagliati e costituiscono una prima apertura all'ecumenismo, allora si arriverebbe all'assurdo di sostenere che la sede vacante fosse tale anche con Pio XII in base al principio secondo cui "dal Papa non può venire - a prescindere - l'errore".
    Ma comunque sbaglio o i sedevacantisti non celebrano col Messale del 1962, preferendo quello precedente, nonostante la maggior parte di essi ritenga la sede vacante dal '65?
    Ci sono varie realtà sedevacantiste e talvolta anche singoli sacerdoti. La questione nulla ha a che fare con la verità e l’errore.

    Il fatto che sia parte del Magistero ordinario universale non è garanzia della sua infallibilità. Il Magistero ordinario della Chiesa, cioé universale, può anche non essere infallibile e definitivo. Quindi questa non è un'argomentazione a favore. Sempre che tu ammetta che esista anche un grado non definitivo dell'insegnamento ecclesiastico o pontificio.
    Ma nel caso in esame, quello della nuova dottrina sulla libertà religiosa, il MOU del post-concilio si rifà alla definizione del concilio.

    Scusa, ma io non ho fatto altro che chiederti dei documenti del Magistero che attestino questa interpretazione, né più né meno. Non ho chiesto una risposta all'infuori del Magistero. Ti ho chiesto di citarmi un pronunciamento papale o della stessa Chiesa o della CDF. O al limite un teologo che, argomentando razionalmente sulla base dei testi del Magistero, dimostri chiaramente ciò. Non sto relativizzando nulla, sto chiedendo delle prove che dimostrino ciò che si afferma.
    Cioè a te serve che il Magistero attesti quello che dice il Magistero?

    No, io ho detto che è inopportuno spacciare come certezze assolute quelle che sono ipotesi teologiche. Ed infatti io non ritengo di avere la certezza assoluta che l'ipotesi teologica da me sostenuta sia quella più adatta a spiegare la crisi della Chiesa. Ho una ragionevole certezza, ma riconosco che vi sia, al di sopra di essa, un'autorità più alta che, a differenza di me, un giorno, se sarà possibile, darà sulla questione una parola definitiva. In attesa di quella mi accontento di rilevare l'evidente contraddittorietà di certi insegnamenti conciliari con quelli pre-conciliari e di fronte a ciò cerco di rimanere fedele al deposito, sposando la Tradizione anziché l'innovazione contraddittoria.
    Quello che rimprovero alla tesi (già il fatto che si proclami "tesi" e non "ipotesi" la dice lunga, secondo me, ma transeat) sedevacantista, al di là del merito di essa, è che la portata della stessa è talmente forte e radicale da chiedere una certa prudenza per poter essere propagandata con non chalance, come invece si fa da circa vent'anni.
    La "forza", in un certo senso, dell'ipotesi portata avanti dai lefebvriani, ma anche da altri teologi, sta nel fatto che si ricorre ad ipotesi teologiche che tali rimangono ma che sono state espresse in passato da personalità autorevoli e, soprattutto, sono state sempre considerate lecite nel dibattito teologico dalla Chiesa stessa.
    Bene, prendo atto, visto che lo hai confermato, che dai credito a delle ipotesi teologiche. Ora, nessuno considera infallibile p. Guérard, né la sua Tesi. Una tesi è, semplicemente, una proposizione che si enuncia come vera. Vi sono posti a sostegno argomenti razionali ed ognuno ha il diritto di considerarla vera finché non se ne dimostri la falsità. Tutto qui. Non vedo lo scandalo, né la superbia sinceramente.

  10. #30
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    Predefinito Rif: Splendide parole del card. Manning sull'infallibilità pontificia

    Citazione Originariamente Scritto da Timoteo Visualizza Messaggio
    Ci sarebbero tante cose da dire.
    Forse l’errore che non ti consente di avere una corretta visione del funzionamento del Magistero è il fatto di collegare la straordinarietà e la solennità all’infallibilità come cose necessariamente unite tra loro. Cioè per te la straordinarietà/solennità è necessaria per l’infallibilità. Di modo che laddove non c’è la prima non può esserci la seconda. Ma – in base a quello che insegna il Magistero – perché dovrebbe essere così?
    Il Magistero straordinario è necessariamente infallibile. È infallibile “per se”. Il Magistero ordinario invece non lo è, ma può esserlo. Per questo è riconosciuto ed attestato che esiste un Magistero ordinario infallibile, dal carattere definitivo quanto alla sostanza di ciò che insegna, ed un Magistero ordinario meramente autentico, dal carattere non definitivo. Tu riconosci questa distinzione o no? Oppure per te il Magistero è sempre infallibile e sempre definitivo?

    Ti invito ad osservare che il Vaticano I quando definisce il dogma dell’infallibilità pontificia non parla né di Magistero straordinario, né di giudizi solenni.
    La Costituzione dogmatica “Pastor Aeternus” definisce chiaramente quali sono le quattro condizioni dell’infallibilità ex cathedra del Romano Pontefice e, stando agli atti del Concilio Vaticano I, si distingue l’uso del Magistero attraverso definizioni solenni dal suo uso ordinario. È del tutto evidente che ci si riferisce, nel primo caso, al Magistero straordinario del Romano Pontefice.

    E cosa sarebbe?
    È una semplice dichiarazione, come del resto attesta il documento stesso (non a caso si chiama “Dichiarazione sulla Libertà religiosa Dignitatis Humanae”).

    Non hai ancora spiegato perché l’insegnamento per la cui negazione è prevista una censura diversa dall’eresia non può essere infallibile.
    Una proposizione è eretica se si oppone apertamente a una verità definita come tale dalla Chiesa e/o dal Papa. Una proposizione è erronea se si oppone a una grave conclusione teologica, che deriva da una verità rivelata e da un principio di ragione, attestata dalla Chiesa e/o dal Papa. In entrambi i casi si è di fronte alle negazione di insegnamenti definitivi che rientrano nel campo dell’infallibilità. Una proposizione è temeraria se nega un insegnamento non definitivo del Magistero, una sentenza comune tra i teologi o su cui non è possibile insegnare il contrario.

    Secondo me, lo sbaglio dal sapore protestante che fai, e che in generale fanno i lefebvriani, è di sentirti in diritto di “controllare” il Papa appellandoti direttamente alla Scrittura e alla Tradizione. Se questa fosse la regola è evidente che mai nessuno avrebbe ascoltato e creduto nel Magistero della Chiesa, perché ciascuno avrebbe stabilito con la propria coscienza cosa dice la Scrittura e la Tradizione: se ciò fosse stato conciliabile con il Magistero della Chiesa nessun problema; in caso contrario, invece, avrebbe prevalso l’esame privato delle Scritture e della Tradizione. In entrambi i casi il Magistero diviene irrilevante.

    Dal Catechismo di San Pio X:
    236. Chi può con autorità farci conoscere interamente e nel vero senso le verità contenute nella Scrittura e nella Tradizione?
    La Chiesa sola può con autorità farci conoscere interamente e nel vero senso le verità contenute nella Scrittura e nella Tradizione, perché a lei sola Dio affidò il deposito della Fede e mandò lo Spirito Santo che continuamente l'assiste, affinché non erri.
    Questa è un’obiezione analoga a quella che, seppur da sponde diverse, fece padre Cavalcoli alla FSSPX, quando li accusò di essere “protestantizzanti”. Io non posso far altro che riproporre le stesse argomentazioni che la Fraternità San Pio X usò in risposta alle obiezioni di p. Cavalcoli: Risposta a Padre Cavalcoli

    La Tradizione è regola immediata della Fede. Le obiezioni dei cosiddetti “lefebvriani” non sono di principio, ma di merito e contenuto rispetto a ciò che è sempre stato creduto, ammesso e insegnato nella Chiesa dai Papi e dai Concili ecumenici.
    Del resto, se non fosse corretta la citazione che i “lefebvriani” fanno continuamente della famosa frase di San Vincenzo di Lerino, in base a cosa tu considereresti eretiche od erronee le proposizioni contenute nei documenti del Concilio Vaticano II? Ovviamente, lo fai in base al Magistero tradizionale. E addirittura trai da ciò la conclusione che la sede sia vacante, nonostante nessuna autorità della Chiesa l’abbia mai proclamata tale. Perché? Perché tu, da cattolico, hai la certezza totale che il Magistero abbia sempre insegnato con costanza e definitivamente una certa dottrina riguardo a determinati argomenti: libertà religiosa, rapporto con le religioni non cristiane, cosiddetto “ecumenismo”, ecclesiologia, cristologia, liturgia, rapporto tra Tradizione e Scrittura, ecc.
    È il tuo “sensus fidei” a suggerirti che negli insegnamenti del Concilio Vaticano II c’è qualcosa che non va. È la tua stessa Fede a dirti che quelle proposizioni sono sbagliate. Lo stabilisci in maniera soggettivistica? No, perché ti basta confrontare il contenuto del depositum fidei, così come ce lo ha trasmesso la Chiesa per secoli, con quanto è stato promulgato durante il CVII. Quindi l’obiezione che tu mi fai la si può anche a te.

    Prima dei primi giudizi solenni il magistero era fallibile?
    I giudizi solenni vi sono sempre stati, sin dall’inizio.

    E perché non dovrebbe esserlo?
    Perché non rispetta le quattro condizioni dell’infallibilità. Una definizione dogmatica è tale perché solennemente proclama che una determinata verità dev’essere creduta da tutti i fedeli.

    Una dottrina può essere “insegnata come definitiva” dal Magistero sia con una definizione espressa e diretta, sia ripetendo una dottrina definita in precedenza. Ora, Bertone dice innanzitutto: ”una dottrina può essere insegnata dal Magistero come definitiva sia con un atto definitorio e solenne sia con un atto ordinario non solenne”. Qui affronta due ipotesi: nella prima parla chiaramente di atto definitorio (qui dunque il Magistero insegna una dottrina come definitiva “definendola”); nella seconda, non lo dice chiaramente, ma si capisce che è lo stesso dal prosieguo. Bertone infatti continua dicendo: ” È inoltre possibile che il Magistero ordinario del Papa confermi o riaffermi dottrine che…”. Qui tratta l’ipotesi della ripetizione. Se l’avesse trattata anche nell’ipotesi precedente (la seconda) che senso avrebbe avuto dire ”E’ inoltre possibile che…”?
    Nel primo caso ci si riferisce al Magistero ecclesiastico, nel secondo al Magistero pontificio.

    Io non ne faccio affatto una questione legata al fattore tempo.
    E allora?

    Sei tu semmai che devi provare che dalle cose che ho detto consegua una cosa del genere.
    Sembra che per te ogni atto del Magistero del Papa sia infallibile…


    E perché? Perché ha parlato di eresia?
    Sì.

    Il tuo ragionamento consiste nel dire che Montini ha l’indole modernista incapace di esprimere “ragionamenti teologici tradizionali” quando le sue affermazioni sostengono posizioni diverse dalla tua, salvo diventare subito teologo e profondo conoscitore delle distinzioni dottrinali quando fa comodo a te… Cosa ci sarebbe da confutare?
    Vabbè, se vuoi far finta di non capire non posso farci nulla. Montini non ha fatto un paragone tra il valore teologico di Nicea e quello del Vaticano II, ma di tipo prettamente storico.

    Ho capito, quella sulla libertà religiosa non è una definizione. E cosa sarebbe?
    Già risposto.

    Ma hai già detto che non contiene errori (“io non ho detto che una dottrina certa contenga errori”). Ora, una dottrina che non contiene errori è, per definizione, infallibile. Infallibile = immune da errore.
    Una dottrina “certa”, analogamente a tutto quanto è insegnamento non definitivo, dev’essere accolta con religioso e prudente ossequio della volontà e dell’intelletto da parte del fedele, ma non è detto che essa sia necessariamente infallibile e ciò a causa del suo carattere non definitivo.

    Non capisco cosa c'entri questo giro di parole con quello che ha detto il teologo in questione. Forse è un modo per fargli dire quello che non ha detto? Siri e Spadafora avranno pur fatto i loro rilievi (Siri diceva che i documenti del concilio vanno letti in ginocchio), ma questo che c’entra con quello che ha detto il teologo in questione?
    Quest’ultimo ha detto chiaramente che non si può sospendere o negare l’ossequio, e ciò per “obbedienza, non semplicemente disciplinare, bensì radicata nella fiducia nell’assistenza divina al magistero, e perciò «nella logica e sotto la spinta dell’obbedienza della fede»”.
    E ha detto altresì: “Ogni espressione di magistero autentico va recepita come è veramente: un insegnamento dato da Pastori che, nella successione apostolica, parlano con il «carisma della verità» (Dei verbum, n. 8), «rivestiti dell’autorità di Cristo» (Lumen gentium, n. 25), «alla luce dello Spirito Santo» (Ibidem)”
    No, il teologo in questione non tocca minimamente il problema o meno della sospensione dell’ossequio, probabilmente volutamente. Comunque, ad ogni modo, credo che faccia fede quanto scritto nell’istruzione sulle vocazione ecclesiale del teologo della CDF piuttosto che un articolo pubblicato da “L’Osservatore Romano”. No?

    Ma mi hai preso per uno che pensa che sia possibile dimostrare la continuità tra dottrine pre e post conciliari? E perché cavolo penserei che la Sede apostolica è vacante allora? Ti ho detto che, anche per me, è verissimo il fatto che questa continuità sia stata solo affermata, e mai dimostrata. Tuttavia, ai fini del nostro discorso sul Magistero, sottolineo che la continuità è stata ed è affermata dai “papi” modernisti. Dunque per loro la nuova dottrina sulla libertà religiosa è in realtà quella sempre ammessa dalla Chiesa (magari esposta in termini moderni) e così non può che godere di quell’immunità dall’errore (infallibilità) di cui godono le dottrine sempre ammesse dalla Chiesa.
    Hai ragione quando dici che gli ultimi Papi hanno affermato la continuità, o meglio, il rinnovamento nella continuità (concetto che comunque, a livello dottrinale, non mi sembra conforme alla teologia cattolica tradizionale). Non hai ragione quando dici che gli ultimi Papi abbiano affermato che quanto espresso nella dichiarazione D.H. sia quanto sempre ammesso e creduto dalla Chiesa perché ciò non è mai avvenuto.

    La Tradizione è solo la regola remota della Fede, non la regola prossima. La regola prossima è il Papa. Noi cattolici – se non vogliamo diventare protestanti – non possiamo “tenere sotto controllo” il Papa appoggiandoci direttamente sulla Scrittura e sulla Tradizione.
    La Tradizione è regola immediata della Fede. La regula fidei è regula veritatis. Essa consiste nella conformità alla tradizione apostolica, a ciò che si può cogliere dalle consuetudini – scritte e non scritte – della Chiesa, alla professione di Fede, alle tradizioni liturgiche costanti, ai pronunciamenti degli antichi concili e del vescovo di Roma, cioè del Papa, agli scritti dei Santi Padri della Chiesa e al sensus fidelium. I Papi sono vincolati da ciò. Se vogliamo dirla in altri termini, un Papa è vincolato da quanto i suoi predecessori hanno stabilito ed insegnato nel corso dei secoli.

    Ci sono varie realtà sedevacantiste e talvolta anche singoli sacerdoti. La questione nulla ha a che fare con la verità e l’errore.
    Mica tanto, visto che questo farebbe scricchiolare l’impalcatura sedevacantista secondo cui il Papa non possa sbagliare praticamente mai, nemmeno in casi del genere. E, d’altronde, se Giovanni XXIII è stato legittimamente eletto Papa, perché non celebrare col Messale del 1962? Oppure già allora la sede era vacante?

    Ma nel caso in esame, quello della nuova dottrina sulla libertà religiosa, il MOU del post-concilio si rifà alla definizione del concilio.
    E quindi? Questo non lo rende comunque definitivo.

    Cioè a te serve che il Magistero attesti quello che dice il Magistero?
    Beh, se c’è l’esigenza di un’ermeneutica dei documenti conciliari, significa che c’è bisogno di un’interpretazione autorevole ed autentica. E questa non può venire che dal Magistero.

    Bene, prendo atto, visto che lo hai confermato, che dai credito a delle ipotesi teologiche. Ora, nessuno considera infallibile p. Guérard, né la sua Tesi. Una tesi è, semplicemente, una proposizione che si enuncia come vera. Vi sono posti a sostegno argomenti razionali ed ognuno ha il diritto di considerarla vera finché non se ne dimostri la falsità. Tutto qui. Non vedo lo scandalo, né la superbia sinceramente.
    Sì, te lo confermo, ma non sto dicendo nulla di straordinario. L’ho sempre detto e lo ripeto. L’ho scritto anche, se non erro, ad inizio discussione.
    Lo tesi “proclama” vacante la sede papale, affermando l’illegittimità del Papa regnante. Ecco, una cosa del genere non dirmi che non possa suscitare scandalo e turbamento nei fedeli.
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).

 

 
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