14 GENNAIO 2018: Anniversario della morte del CARDINAL MANNING (RIP), SANT'ILARIO di Poitiers, VESCOVO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA e SAN FELICE di Nola, PRETE E MARTIRE; DOMENICA SECONDA DOPO L'EPIFANIA…
"Seconda domenica dopo l’Epifania."
Guéranger, L'anno liturgico - Seconda Domenica dopo l'Epifania
http://www.unavoce-ve.it/pg-epifania-dom2.htm
"Sant’Ilario, vescovo e dottore della Chiesa, 14 gennaio."
Guéranger, L'anno liturgico - 14 gennaio. Sant'Ilario, Vescovo e Dottore della Chiesa
http://www.unavoce-ve.it/pg-14gen.htm
"San Felice, Prete e martire, lo stesso giorno."
Guéranger, L'anno liturgico - San Felice, Prete e Martire
http://www.unavoce-ve.it/pg-14gen-2.htm
Santa Messa celebrata da Don Floriano Abrahamowicz a Paese (Tv) stamattina 14 GENNAIO 2018: DOMENICA SECONDA DOPO L'EPIFANIA…
"II domenica d. l'Epifania (Santa Messa)
https://www.youtube.com/watch?v=BOpC6IT9FLM
https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815
http://www.domusmarcellefebvre.it/santa-messa-1.php"
Sant'Ilario - Sodalitium
http://www.sodalitium.biz/santilario/
“14 gennaio, Sant’Ilario di Poitiers, Vescovo, Confessore e Dottore della Chiesa (Poitiers, 315 ca – Poitiers, 367).
Strenno difensore della fede cattolica contro l’eresia ariana, fu soprannominato “l’Atanasio dell’Occidente”. Pio IX gli conferì il titolo di Dottore della Chiesa.
Sant’Ilario, Vescovo di Poitiers, Confessore e Dottore della Chie¬sa, che se ne volò ai cielo il giorno precedente.
O Signore, che al popolo tuo desti per ministro di eterna salvezza il beato Ilario, deh! fa’ che come l’abbiamo avuto dottore sulla terra, così meritiamo di averlo intercessore in cielo. Così sia.”
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www.sursumcorda.cloud
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"Indice del Numero 95 di Sursum Corda, 14 gennaio 2018."
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Ligue Saint Amédée
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14 janvier : Saint Hilaire, Évêque de Poitiers et Père de l'Église (?367) :: Ligue Saint Amédée
“14 janvier : Saint Hilaire, Évêque de Poitiers et Père de l'Église (†367).”
“Deuxième Dimanche après l'Epiphanie.”
“Sermon du Père Joseph-Marie Mercier pour le Deuxième Dimanche après l'Epiphanie : Marie Médiatrice de toutes grâces.
http://prieure2bethleem.org/predica/...ier.mp3”
Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale
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“14 GENNAIO 2018: DOMENICA SECONDA DOPO L'EPIFANIA.”
“14 GENNAIO 2018: SAN FELICE di NOLA, PRETE E MARTIRE.”
“14 GENNAIO 2018: SANT'ILARIO, VESCOVO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA.”
“In memoria del Cardinale Henry Edward Manning († 14 gennaio 1892).
https://www.radiospada.org/2015/09/g...ing-1808-1892/
"[GLORIE DEL CARDINALATO] S.E.R. Cardinal Henry Edward Manning (1808-1892)
S.E.R. Cardinal Henry Edward Manning, arcivescovo di Westminster (1808-1892), prete anglicano sposato e poi vedovo nel 1837, si avvicinò progressivamente al cattolicesimo e dopo un colloquio con Pio IX, il 6 aprile 1851 abiurò lo scisma anglicano e fu riordinato sacerdote poco dopo il 14 giugno 1851. Figura assolutamente centrale nella rinascita del cattolicesimo romano e della sua gerarchia in Inghilterra, fedelissimo di Papa Pio IX, divenne arcivescovo di Westminster nel 1865. Diventato principe della Chiesa nel 1875, partecipò al conclave che elesse Leone XIII nel 1878. Cardinale nel 1875, è una delle figure più luminose del cardinalato ottocentesco. Di lui ci siamo lungamente occupati in alcune conferenze e ci occuperemo ancora con nuovi interventi. A conclusione di questa telegrafica nota biografica, riportiamo alcuni estrattii da un discorso tenuto al Concilio Vaticano il 25 maggio 1870 a favore della definizione dell’Infallibilità pontificia, vera cifra dell’episcopato e del cardinalato manninghiano.
[…]L’infallibilità del Romano Pontefice non è un’opinione libera tra i cattolici, liberamente ventilata o liberamente da ventilarsi. Siamo già tutti tenuti a crederla. Non è un’opinione ma una dottrina, perchè è già contenuta nella Rivelazione di Dio.
Da queste premesse, seguono evidentissimamente due cose: 1° manca di ogni forza e verità l’opposizione fatta in questi mesi sempre più forte che i padri conciliari stiano trasformando un’opinione in un dogma; E’ già stato provato che essa non è nè opinione, nè libera, ma dottrina, non ancora definita ma rivelata, teologicamente certa, almeno prossima alla fede. L’elevazione di una verità cattolica di questo tipo da dottrina non definita a dottrina definita nulla aggiunge alla sua certezza intrinseca, aggiungerà solo una certezza estrinseca; 2° Non solo manca di verità ma soffre di menzogna, la trita espressione che viene usata quando si parla di questa definizione: In necessariis unitas, in dubiis libertas. La dottrina dell’infallibilità pontificia non è in alcun modo dubbia e affinchè dalle nostre controversie e dal silenzio tenuto in concilio sul tema non sorgano dubbi, è necessario che sia promulgata solennemente.[…]
Questa fede soprannaturale (nell’Infallibilità pontificia) è viva e efficace in tutta la Chiesa discente, ed è bastata per quindici secoli senza una definizione.
Infatti le definizioni non sono per i fedeli precipuamente ma per gli infedeli e per gli incerti e i dubbiosi, come si legge negli Apostoli, la legge non è posta per il giusto ma per gli iniqui e i ribelli.[…] Abbiamo udito tra le tante cose incredibili di questi tempi, che vi sarebbero trenta condizioni richieste per la validità degli atti pontificali, sulle quali i teologi si accapigliano senza fine. Ma di queste condizioni o i cristiani le ignorarono per quindici secoli oppure son condizioni cui il Pontefice è legato davanti a Dio ma non davanti agli uomini. […]Infatti nell’assistenza promessa a Pietro sono contenute tutte le cose necessarie. In quest’assistenza, da cui il Papa è diretto affinchè non erri circa il fine, è certamente contenuta l’assistenza circa i mezzi, necessari per raggiungere quel fine.[…] Se al Concilio di Trento con una definizione decretoria fosse stato tolto ogni dubbio circa l’infallibile magistero del Romano Pontefice, non sarebbero potuti sorgere in alcun modo quei luttuosissimi mali che per due secoli in Germania, in Francia e in altre terre sino ad oggi, abbiamo letto, abbiamo udito, abbiamo visto. Ecco, reverendissimi padri, i frutti acerbissimi del silenzio! […] E’ più chiaro della luce del meriggio che, in seguito ad eventuali reticenze di questo Concilio, l’autorità della Chiesa docente ovunque verrebbe indebolita e poi abbattuta e le membra disperse, unite e dipendenti da un Capo privo di forza, facilmente cadrebbero sotto il potere dei governi e precipiterebbero negli abissi delle chiese dette “nazionali”.
Tuttavia, con la definizione di questo Concilio Vaticano che rafforzi con l’infallibile giudizio di tutta la Chiesa la suprema autorità del suo Capo, la giurisdizione della Sede apostolica che è fonte unica di verità e unità, aumenterà in forza al punto da trasmettere nuovo slancio e nuovo vigore al corpo episcopale, sarà confermata la fede e l’obbedienza di tutti i cristiani, sarà rafforzata l’unità dell Chiesa e la certezza del Magistero infallibile come la TESTUGGINE ROMANA impenetrabile grazie agli scudi uniti e inscalfibile da ogni parte prenderà e annienterà i dardi infuocati del Maligno.[…]
Mi sia lecito esprimere un desiderio del mio cuore non tanto a voi a innanzi a Nostro Signor Gesù Cristo. Permetta Dio che nella prossima festa del Principe degli Apostoli attorno al Soglio del suo successore, noi pastori radunati da tutto il mondo, deponiamo e seppelliamo per sempre nel sepolcro di Pietro tutte queste nefaste memorie che ci rattristarono e, come da una sola fonte da cui è sorta l’unità sacerdotale, su tutti noi si diffonda copiosissimamente la perfetta pace di Dio.[…]
a cura di Piergiorgio Seveso
Per ulteriori approfondimenti:
[Qui Radio Spada] Henry E. Manning, una stella del cardinalato ottocentesco | Radio Spada
http://radiospada.org/2015/04/qui-ra...rale-dei-papi/
https://i0.wp.com/radiospada.org/wp-.../cardinal.jpeg"
“SANTI E BEATI:
Sant' Ilario di Poitiers
http://www.santiebeati.it/dettaglio/25700
Sant' Ilario di Poitiers Vescovo e dottore della Chiesa 13 gennaio - Memoria Facoltativa Poitiers, Francia, 315? – 367.
Ilario, nato a Poitiers, in Francia, intorno al 315, era un pagano che cercò il senso della vita dapprima nelle dottrine neoplatoniche, poi - dopo la lettura della Bibbia - nel cristianesimo. Nobile proprietario terriero, sposato e con una bimba, poco dopo il battesimo fu acclamato vescovo di Poitiers. Combatté l'eresia ariana attraverso le sue opere, la più famosa delle quali è il 'De Trinitate". Approfondì gli studi anche durante sei anni di esilio. Tornato in sede ebbe come collaboratore il futuro vescovo di Tours, san Martino. Morì nel 367. Pio IX lo ha proclamato Dottore della Chiesa. (Avvenire)
Etimologia: Ilario = gaio, allegro, dal latino
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Sant’Ilario, vescovo e dottore della Chiesa: elevato alla sede di Poitiers in Aquitania, in Francia, sotto l’imperatore Costanzo seguace dell’eresia ariana, difese strenuamente con i suoi scritti la fede nicena sulla Trinità e sulla divinità di Cristo e fu per questo relegato per quattro anni in Frigia; compose anche celeberrimi Commenti ai Salmi e al Vangelo di Matteo.
Martirologio tradizionale (14 gennaio): Sant'Ilario, Vescovo di Poitiers, Confessore e Dottore della Chiesa, che se ne volò al cielo il giorno precedente.
(13 gennaio): A Poitiers, in Francia, il natale di sant'Ilario, Vescovo e Confessore, il quale, per aver difeso strenuamente la fede cattolica, fu relegato per quattro anni nella Frigia, e, fra gli altri miracoli, vi risuscitò un morto. I1 Sommo Pontefice Pio nono lo dichiarò e confermò Dottore della Chiesa universale. La sua festa però si celebra nel giorno seguente.
E' stato definito "l'Atanasio d'Occidente", e infatti i punti di somiglianza col battagliero vescovo di Alessandria sono molti. Contemporanei - Ilario nacque agli inizi del secolo IV a Poitiers e vi morì nel 367 - hanno dovuto combattere contro lo stesso avversario, l'arianesimo, partecipando alle polemiche teologiche con i discorsi e soprattutto con gli scritti. Anche Ilario, per ordine dell'imperatore Costanzo, allineatosi con le decisioni del sinodo ariano di Béziers del 356, venne mandato in esilio, in Frigia.
Il contatto con l'Oriente fu provvidenziale per il vescovo di Poitiers: nei cinque anni che vi trascorse ebbe modo di imparare il greco, di scoprire Origene e la grande produzione teologica dei Padri orientali, procurandosi una documentazione di prima mano, per il libro che gli ha valso il titolo di dottore della Chiesa (attribuitogli da Pio IX): il De Trinitate, intitolato dapprima più felicemente De Fide adversus Arianos, era infatti il trattato più importante e approfondito apparso fino ad allora sul dogma principale della fede cristiana. Anche nell'esilio non rimase inattivo. Con l'opuscolo Contra Maxentium attaccò violentemente lo stesso Costanzo, contestandone il cesaropapismo, la pretesa di immischiarsi nelle dispute teologiche e negli affari interni della disciplina ecclesiastica. Rientrato a Poitiers, il coraggioso vescovo riprese la sua opera pastorale, efficacemente coadiuvato dal giovane Martino, il futuro santo vescovo di Tours.
Nato nel paganesimo, Ilario aveva cercato a lungo la verità, chiedendo lumi alle varie filosofie e in particolare al neoplatonismo, che avrebbe poi fortemente influito sul suo pensiero anche più tardi. La ricerca di una risposta al suo interrogativo sul fine dell'uomo lo portò alla lettura della Bibbia, dove finalmente trovò quello che cercava; allora si convertì al cristianesimo.
Nobile proprietario terriero, quando si convertì era già ammogliato e padre di una bambina, Abre, che amava teneramente. Era stato battezzato da poco, che venne acclamato vescovo della sua città natale. Furono sei anni di intenso studio e predicazione, prima di partire per l'esilio, che come abbiamo ricordato ne perfezionò la formazione culturale teologica. Accanto alla voce squillante del polemista e del difensore dell'ortodossia teologica, vi è però in lui anche un'altra voce, quella del padre e del pastore. Umano nella lotta, e umanissimo nella vittoria, si prese cura dei vescovi che riconoscevano il proprio errore, e ne sostenne persino il diritto di conservare l'ufficio. Autore: Piero Bargellini.”
Guéranger, L'anno liturgico - 14 gennaio. Sant'Ilario, Vescovo e Dottore della Chiesa
http://www.unavoce-ve.it/pg-14gen.htm
“14 GENNAIO SANT'ILARIO, VESCOVO E DOTTORE DELLA CHIESA.
Dopo aver consacrato alla gloria dell'Emmanuele manifestato alla terra l'Ottava dell'Epifania, sempre intenta al divino Bambino e alla madre sua, fino al giorno in cui Maria porterà fra le braccia il frutto benedetto del suo seno al Tempio, dove deve essere offerto, la santa Chiesa celebra numerosi amici di Dio che ci segnano dal cielo la via che conduce dai gaudi della Natività al mistero della Purificazione.
Innanzitutto, ecco fin dall'indomani del giorno consacrato alla memoria del Battesimo di Cristo, Ilario, onore della Chiesa delle Gallie, fratello di Atanasio e di Eusebio di Vercelli nelle lotte che sostenne per la divinità dell'Emmanuele. Le persecuzioni sanguinose del paganesimo sono appena finite che comincia l'Arianesimo. Questo aveva giurato di sottrarre a Cristo - vincitore con i suoi martiri della violenza e della politica dei Cesari - la gloria e gli onori della divinità. La Chiesa non venne meno su questo nuovo campo di battaglia; numerosi Martiri sigillarono ancora con il proprio sangue, versato da principi ormai cristiani ma eretici, la divinità di Colui che si è degnato di apparire nella debolezza della carne. Ma a fianco di questi coraggiosi atleti brillarono, anch'essi martiri di desiderio, grandi Dottori che rivendicarono, con la dottrina e l'eloquenza, la fede di Nicea che era stata quella degli Apostoli. In primo piano appare Ilario, elevato - come dice san Girolamo - sul coturno gallico e ornato dei fiori della Grecia, il Rodano dell'eloquenza latina e l'insigne Dottore delle Chiese - secondo sant'Agostino.
Sublime per il genio, profondo nella dottrina, Ilario è ancora più grande nell'amore per il Verbo incarnato e nello zelo per la libertà della Chiesa; sempre divorato dalla sete del martirio, sempre invitto in quell'epoca in cui la fede, vittoriosa sui tiranni, sembrò un giorno sul punto di spirare, per l'astuzia dei principi e per la vile diserzione di tanti pastori.
VITA. - Sant'Ilario nacque in Aquitania fra il 310 e il 320. Unitosi prima in matrimonio, fu quindi elevato alla sede di Poitiers nel 353. A quell'epoca, l'imperatore Costanzo perseguitava i cattolici. Ilario si oppose con tutte le sue forze all'eresia ariana, ciò che gli meritò, nel 356, di essere esiliato in Frigia. È qui che scrisse i suoi dodici libri sulla Trinità. Nel 360 si trova a Costantinopoli dove chiede all'imperatore il permesso di discutere intorno alla fede con gli eretici. Questi ultimi, per sbarazzarsene, lo fanno rimandare a Poitiers. Nel 361 per opera sua tutta la Gallia, nel Concilio nazionale di Parigi, condanna l'empietà ariana. Muore nel 368. Pio IX lo dichiarò Dottore della Chiesa il 29 marzo 1851.
La lotta per la libertà della Chiesa.
Così ha meritato di essere glorificato il santo Vescovo Ilario, per aver custodito con la sua opera coraggiosa, fino a rischiare la vita, la fede nel principale dei misteri. Un'altra gloria che Dio gli ha concessa è quella di aver messo in luce il grande principio della Libertà della Chiesa, principio senza il quale la Sposa di Gesù Cristo è minacciata di perdere insieme la fecondità e la vita. Poco fa abbiamo onorato la memoria del santo Martire di Cantorbery; oggi celebriamo la festa di uno dei più illustri Confessori il cui esempio lo illuminò e lo incoraggiò nella lotta. L'uno e l'altro si ispiravano alle lezioni che avevano impartite ai ministri di Cristo gli stessi apostoli, quando comparvero per la prima volta davanti ai tribunali di questo mondo e pronunciarono la profonda massima che è meglio obbedire a Dio che agli uomini (At 5,29). Ma gli uni e gli altri erano così forti contro la carne e il sangue solo perché erano distaccati dai beni terreni e avevano compreso che la vera ricchezza del cristiano e del Vescovo risiede nell'umiltà e nella nudità della mangiatoia, come la sola forza vittoriosa nella semplicità e nella debolezza del Bambino che ci è nato. Avevano gustato le lezioni della scuola di Betlemme, e appunto per questo nessuna promessa di onori, di ricchezze e persino di pace poté sedurli.
Con quanta dignità questa nuova famiglia di eroi di Cristo sorge in seno alla Chiesa! Se la politica dei tiranni, che vogliono apparire cristiani malgrado il cristianesimo, rifiuta ad essi ostinatamente la gloria del martirio, con quale voce vibrante non proclamano la libertà dovuta all'Emmanuele e ai suoi ministri! Innanzitutto, sanno dire ai prìncipi, come il nostro grande Vescovo di Poitiers nel suo primo Memoriale a Costanzo: "Glorioso Augusto, la tua singolare sapienza comprende che non è giusto, non è possibile costringere con la violenza uomini che si rifiutano, con tutte le loro forze, di sottomettersi e di unirsi a coloro che non cessano di spargere i semi corrotti d'una dottrina adultera. L'unico scopo delle tue fatiche, e dei tuoi disegni, del tuo governo e delle tue veglie deve essere di far godere le dolcezze della libertà a tutti quelli che comandi. Non c'è altro modo di sedare i tumulti, e di riunire ciò che era stato violentemente diviso, fuorché rendere ciascuno esente dalla servitù e padrone della propria vita. Lascia dunque giungere alle orecchie della tua mansuetudine tutte le voci che gridano: io sono cattolico e non voglio essere eretico; sono cristiano, e non sono ariano: preferisco morire in questo mondo piuttosto che lasciar corrompere dal dominio d'un uomo la purezza immacolata della verità" (PL X, c. 557-558).
Supremazia della legge divina.
E quando si faceva risuonare agli orecchi d'Ilario il nome profanato della Legge per giustificare il tradimento di cui era oggetto la Chiesa da parte di coloro che preferivano le buone grazie di Cesare al servizio di Gesù Cristo, il santo Vescovo, nel suo Libro contro Ausenzio, richiamava coraggiosamente ai suoi colleghi l'origine della Chiesa, la quale ha potuto stabilirsi solo contro le leggi umane, e si gloria di infrangere tutte quelle che ostacolano la sua conservazione, i suoi sviluppi e la sua azione.
"Quale pietà ci ispirano tutte le brighe del nostro tempo, e come dobbiamo piangere considerando le folli opinioni di questo secolo, quando si incontrano uomini i quali pensano che le cose umane possano proteggere Dio e che cercano di difendere la Chiesa mediante l'ambizione secolare! Io chiedo a voi, o Vescovi: di quale appoggio si sono valsi gli Apostoli nella diffusione del Vangelo? Quali sono le potenze che li hanno aiutati a predicare il Cristo, a far passare quasi tutte le nazioni dal culto degli idoli a quello di Dio? Ottenevano forse qualche dignità dalla corte essi che cantavano inni a Dio nelle prigioni, stretti in catene, e dilaniati dai flagelli? Era forse con gli editti del principe che Paolo radunava la Chiesa di Cristo? Certo, agiva sotto il patrocinio d'un Nerone, d'un Vespasiano o d'un Decio, di principi il cui odio ha fatto fiorire la predicazione divina! Erano apostoli che vivevano con il lavoro delle proprie mani, che tenevano le loro assemblee in luoghi segreti, che percorrevano i villaggi, le città e le nazioni, per terra e per mare, a dispetto dei Senaticonsulti e degli Editti reali, e perciò non potevano aver le chiavi del Regno dei Cieli! E poi, non era certo la virtù di Dio che trionfava sulle passioni umane in quei tempi in cui la predicazione del Cristo si diffondeva in proporzione delle proibizioni a cui era soggetta!" (PL X c. 610-611).
La persecuzione senza il martirio.
Ma quando è giunto il momento di rivolgersi all'Imperatore stesso e di protestare apertamente contro l'asservimento della Chiesa, Ilario, il più dolce degli uomini, si riveste di quella divina indignazione di cui Cristo stesso parve animato contro i violatori del Tempio, e il suo zelo apostolico sfida tutti i pericoli per segnalare gli errori del sistema che Costanzo ha inventato per soffocare la Chiesa di Cristo dopo averla inaridita.
"È giunto il tempo di parlare, perché è finito il tempo di tacere. Bisogna che aspettiamo il Cristo, poiché è cominciato il regno dell'Anticristo. Che i pastori diano l'allarme, poiché i mercenari hanno preso la fuga. Diamo la vita per le nostre pecore, poiché sono entrati i ladri e il leone furioso gira intorno a noi. Andiamo incontro al martirio, poiché l'angelo di Satana è trasformato in angelo di luce.
Perché, o Dio onnipotente, non mi hai fatto nascere e compiere il mio ministero al tempo di Nerone o di Decio? Pieno del fuoco dello Spirito Santo, non avrei avuto timore dei supplizi, al ricordo di Isaia segato in due, e non mi avrebbe spaventato il fuoco al pensiero dei Fanciulli Ebrei che cantavano in mezzo alle fiamme; né mi avrebbero fatto paura la croce e le torture, ricordando il ladrone trasportato in paradiso dopo tale supplizio; non avrebbero indebolito il mio coraggio gli abissi del mare o il furore delle onde, perché l'esempio di Giona e di Paolo mi avrebbero insegnato che i tuoi fedeli possono vivere anche sotto i flutti.
Contro i tuoi nemici accaniti, avrei combattuto volentieri, perché non avrei avuto alcun dubbio che fossero veri persecutori quelli che mi avessero voluto costringere, con i supplizi, con il ferro ed il fuoco, a rinnegare il tuo Nome; per renderti testimonianza, sarebbe bastata solo la nostra morte. Avremmo combattuto apertamente e fiduciosamente contro coloro che ti rinnegano, contro i carnefici e i giustizieri, e i nostri popoli, venutine a conoscenza per il clamore della persecuzione, ci avrebbero seguiti come loro capi nel sacrificio che ti rende testimonianza.
"Ma oggi dobbiamo combattere contro un persecutore mascherato, contro un nemico che ci lusinga, contro l'Anticristo Costanzo che ha per noi non colpi mortali ma carezze, che non proscrive le sue vittime per dare loro la vera vita, ma le colma di carezze per dar loro la morte, che non dà la libertà delle prigioni oscure, ma una servitù di onori nei propri palazzi, che non lacera i fianchi, ma invade i cuori, che non stacca la testa con la spada, ma uccide l'anima con l'oro, che non pubblica editti per condannare al fuoco, ma accende per ciascuno il fuoco dell'inferno. Non discute, per timore di essere sconfitto, ma lusinga per dominare, confessa Cristo per rinnegarlo, procura una falsa unità perché non vi sia affatto la pace, infierisce contro alcuni errori per meglio distruggere la dottrina di Cristo, onora i Vescovi, perché cessino di essere Vescovi, costruisce chiese, mentre va distruggendo la fede.
Si finisca di accusarmi di maldicenza e di calunnia; il dovere dei ministri della verità è di dire soltanto cose vere. Se diciamo cose false, siano le nostre parole ritenute infami; ma se facciamo vedere che tutto ciò che diciamo è manifesto, non abbiamo oltrepassato la libertà e la modestia degli Apostoli, noi che accusiamo solo dopo lungo silenzio.
Io dico ad alta voce, o Costanzo, quanto avrei detto a Nerone e quanto avrebbero inteso dalla mia bocca Decio e Massimiano; tu combatti contro Dio, infierisci contro la Chiesa, perseguiti i santi, odi i predicatori di Cristo e distruggi la religione; sei un tiranno, se non nelle cose umane, almeno nelle cose divine. Ecco quanto avrei detto a te e ad essi. Ora, ascolta quanto fa solo per te. Sotto la maschera di cristiano, tu sei un nuovo nemico di Cristo; precursore dell'Anticristo, tu metti già in opera i suoi odiosi misteri. Vivendo contro la fede, ti ingerisci per dettare formule; distribuisci i vescovadi alle tue creature e sostituisci i buoni con i cattivi. Per un nuovo trionfo della politica, trovi il modo di essere persecutore senza fare dei martiri.
Quanto fummo più debitori alla vostra crudeltà, o Nerone, Decio e Massimiano! Con voi abbiamo vinto il diavolo. La pietà ha raccolto in ogni luogo il sangue dei martiri, e le loro ossa venerate rendono testimonianza da ogni parte. Ma tu, più crudele di tutti i tiranni, ci attacchi con molto maggior pericolo, e ci lasci minor speranza di perdono. A coloro che avessero avuto la disgrazia di esser deboli, non rimane nemmeno la scusa di poter mostrare all'eterno Giudice il segno delle torture e le cicatrici dei loro corpi lacerati, per farsi perdonare la debolezza in considerazione della necessità. Come il più scellerato degli uomini, tu temperi i mali della persecuzione in modo tale che togli l'indulgenza alla colpa e il martirio alla confessione.
Noi ti riconosciamo sotto le tue vesti di agnello, o lupo rapace! Con l'oro dello Stato decori il santuario di Dio, e gli offri quanto sottrai ai templi dei Gentili e quanto estorci con i tuoi editti e le tue esazioni. Ricevi i Vescovi con lo stesso bacio con il quale fu tradito Cristo. Chini il capo alla benedizione, e calpesti la fede; esenti dalle imposte i chierici per farne dei cristiani rinnegati e rinunci ai tuoi diritti con lo scopo di far perdere a Dio i suoi" (Libro contro Costanzo, PL X, c. 577-587).
Lotta contro il Naturalismo.
Ecco il coraggio del santo Vescovo di fronte ad un principe il quale finì per fare dei martiri. Ma Ilario non ebbe solo da lottare contro Cesare. In tutti i tempi la Chiesa ha avuto nel suo seno dei mezzi fedeli che l'educazione, un certo benessere e qualche prestigio di grandezza e di talento trattengono fra i cattolici, ma che lo spirito del mondo ha pervertiti. Essi si sono fatta una Chiesa umana, poiché, avendo il naturalismo falsato il loro spirito, sono divenuti incapaci di cogliere l'essenza soprannaturale della vera Chiesa. Abituati ai mutamenti della politica e agli abili raggiri con i quali gli uomini di Stato giungono a mantenere un effimero equilibrio attraverso le crisi, sembra loro che la Chiesa, anche nella proclamazione dei dogmi, debba tener conto dei suoi nemici, che potrebbe ingannarsi sull'opportunità delle sue risoluzioni e che in una parola la sua precipitazione può attirare su di essa e su quelli che comprometterà con sé, un funesto svantaggio. Alberi sradicati, dice un apostolo, poiché infatti le loro radici non affondano più nel suolo che li avrebbe nutriti e resi fecondi. Le promesse formali di Gesù Cristo, l'immediata assistenza dello Spirito Santo sulla Chiesa e l'aspirazione del vero fedele a sentir proclamare nella sua pienezza la verità che nutre la fede nell'attesa della visione, e la sottomissione passiva dovuta previamente ad ogni definizione che emana ed emanerà dalla Chiesa sino alla fine del mondo: tutto ciò non appartiene per essi all'ordine pratico. Nell'ebbrezza della politica mondana e degli appoggi che essa procura loro da parte di quelli che odiano la Chiesa, si compromettono davanti a Dio e davanti alla storia con i disperati sforzi che ardiscono fare per arrestare la promulgazione della verità rivelata.
La pace nell'unità e nella verità.
Anche Ilario doveva incontrare sul suo cammino questi uomini atterriti dal consustanziale, come già altri si sono adirati per la transustanziazione e per l'infallibilità. Si oppose come un baluardo alle loro pusillanimità e ai loro volgari calcoli. Ascoltiamolo mentre è commentato dal più eloquente dei suoi successori: "E la pace? mi dite. Non turberai forse la pace e l'unione?". - "È un bel nome quello della pace ed è anche una bella cosa l'idea d'unità; ma chi ignora che, per la Chiesa e per il Vangelo non vi è altra unità e altra pace fuorché l'unità e la pace di Gesù Cristo?". - "Ma, gli si obiettava ancora, non sai forse con chi ti misuri, e non hai paura?". - "Sì, veramente ho paura; ho paura dei pericoli che corre il mondo; ho paura della terribile responsabilità che graverebbe su di me per la connivenza e la complicità del mio silenzio. Ho paura infine del giudizio di Dio, ne ho paura per i miei fratelli usciti dalla via della verità e ne ho paura per me, che ho il dovere di guidarveli". Si aggiungeva ancora: "Ma non vi sono delle reticenze lecite, degli adattamenti necessari?". Ilario rispondeva che la Chiesa non ha affatto bisogno di essere istruita, e che non può dimenticare la sua missione essenziale. Ora, ecco quella missione: "Ministri della verità, spetta a noi dichiarare ciò che è vero. Ministros veritatis decet vera proferre" (Opere del Cardinal Pie, vescovo di Poitiers).
* * *
Giustamente dunque, o glorioso Ilario, la Chiesa di Poitiers ti rivolgeva, fin dai tempi antichi, il magnifico elogio che la Chiesa Romana dedica al tuo illustre discepolo Martino: "O beato Pontefice, che amava con tutte le viscere Cristo Re, e non si piegava sotto il peso del comando! O anima santissima, che la spada del persecutore non ha separata dal corpo e che tuttavia non ha perduto la palma del martirio!". Se ti è mancata la palma, tu almeno non sei mancato alla palma; e la corona di Martire che cinge la fronte del tuo fratello Eusebio non si addice meno al tuo santo capo già circondato dell'aureola di Dottore. Tanta gloria è dovuta al tuo coraggio nella confessione di quel Verbo divino del quale onoriamo in questi giorni le umiliazioni dell'infanzia. Come i Magi, tu non hai tremato dinanzi a Erode; e se gli ordini di Cesare ti esiliarono su una terra straniera, il tuo cuore si consolò pensando all'esilio di Gesù nella terra d'Egitto. Ottienici la grazia di comprendere, a nostra volta, questi divini misteri.
Veglia anche sulla fede delle Chiese, e con la tua potente intercessione, conserva in esse la conoscenza e l'amore dell'Emmanuele. Ricordati di quella che hai governata e che si gloria ancora di esserti figlia. E poiché l'ardore del tuo zelo abbracciava tutta la Gallia, di cui fosti l'eroico difensore, proteggi la Francia cristiana. Che essa custodisca sempre il dono della fede; che i suoi Vescovi siano gli atleti coraggiosi della libertà ecclesiastica; e formi nel suo seno prelati insigni in opere e parole come Martino e come te, profondi nella dottrina e fedeli nella custodia del deposito.
dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 318-325.”
Guéranger, L'anno liturgico - San Felice, Prete e Martire
http://www.unavoce-ve.it/pg-14gen-2.htm
"LO STESSO GIORNO 14 GENNAIO SAN FELICE, PRETE E MARTIRE.
Agli splendori della sua Epifania, l'Emmanuele associa in questo giorno, insieme con Ilario di Poitiers, un umile amante delle virtù della mangiatoia. Sottratto da Dio stesso alla ferocia dei persecutori, Felice non merita tuttavia meno il titolo di martire per il suo coraggio invitto nei tormenti e in una prigionia che dovevano condurre naturalmente alla morte. Già iscritto in cielo nell'armata dei soldati del Signore, egli doveva a lungo allietare e fortificare la Chiesa con l'esempio di quella mirabile povertà, di quella umiltà e di quella carità ardente che gli fanno posto accanto alla culla del Re pacifico.
Egli ha amato e seguito il Dio Bambino nella sua volontaria oscurità ed ecco che questo Re degli angeli e degli uomini, manifestato al mondo, adorato dai re, condivide con lui la gloria della sua Epifania. Concederò al vincitore di sedere con me sul mio trono, dice il Signore (Ap 3,21). In che mai più che in Felice da Nola si è realizzata sulla terra la promessa del divin Capo alle sue membra?
Una povera tomba aveva appena ricevute le spoglie mortali dell'umile prete della Campania il quale sembrava dovesse attendervi nel silenzio e nell'oscurità che tanto aveva amati, il segnale dell'Angelo nel giorno della Resurrezione. Improvvisamente molti e stupendi miracoli rendono celebre quella tomba; il nome di Felice, recato in ogni dove, opera dappertutto gli stessi prodigi di grazia. È stata appena ridata la pace alla Chiesa e al mondo dall'avvento di Costantino al trono, che da ogni parte i popoli si dilaniano; innumerevoli moltitudini accorrono alla tomba del martire; Roma stessa si spopola in certi giorni, e la via Appia antica sembra non avere altra destinazione che recare ai piedi di Felice gli omaggi, la riconoscenza e l'amore del mondo intero. Cinque basiliche non bastano più all'immenso afflusso di popolo; ne sorge una nuova, e una nuova città copre la campagna solitaria dove furono un tempo deposti i preziosi resti del martire. Per tutto il IV secolo, che a tante altre grandezze unisce quella di essere occupato per tutta la sua durata dal grande movimento dei pellegrinaggi, la città di Nola in Campania rimane per l'Occidente il principale centro, dopo Roma, di quelle manifestazioni così cattoliche della fede cristiana. "Beata città di Nola, esclama un contemporaneo, testimone oculare di quelle meraviglie, beata città, che, per san Felice, è diventata la seconda dopo Roma stessa, Roma che una volta era la prima per il suo impero e le sue armi vittoriose, ed è la prima anche oggi per le tombe degli apostoli!" (Paulini, De sancto Felice natalium carmen II).
Abbiamo citato Paolino, il cui nome è per sempre inseparabile da quello di Felice e che incontreremo nuovamente nel Tempo dopo la Pentecoste, per dare anch'egli al mondo, sotto l'ispirazione del divino Spirito, mirabili esempi di rinuncia. Nel fiore della sua brillante giovinezza, già circondato di onori e di gloria, Paolino un giorno è venuto presso la tomba di Felice; ha compreso a quella tomba la vera grandezza e penetrato la nullità delle glorie umane: il senatore romano, il console, il discendente di Paolo Emilio e di Scipione, si vota al suo vincitore; sacrificherà tutto, ricchezze, onori e patria, all'ambizione di abitare presso quella tomba; dotato d'un talento poetico ammirato in Roma, non avrà più ispirazione che per cantare ogni anno, nei giorno della sua festa, la grandezza del beato Felice, e per proclamarsi lo schiavo, l'umile portinaio del servo di Cristo. Questo è nei suoi santi il trionfo dell'Emmanuele; questa è la gloria delle membra, nei giorni in cui il divin capo sembra manifestare se stesso solo per mostrare essi, secondo la sua promessa, assisi su uno stesso trono e a ricevere come lui gli omaggi dei popoli e dei re [1].
"Questo giorno, diremo con il cantore delle tue grandezze, o Felice, è il ventesimo da quello in cui l'Emmanuele nascendo nella carne, nuovo sole vincitore delle brume, riportò la luce e fece svanire le tenebre". Il suo splendore è anche il tuo. Fa' che, riscaldati dai suoi fecondi raggi, noi abbiamo a crescere come te in lui. Ridiventati bambini presso la mangiatoia, c'è in noi il seme del Verbo: che abbia a fruttificare nell'innocenza d'un cuore rinnovato. Con te, il giogo di Cristo è leggero per i deboli; con te il Dio Bambino s'addolcisce e dà le sue carezze alle anime penitenti. Ci deve essere dunque caro anche questo giorno che ti vide nascere al cielo; perché con te, noi moriamo al mondo e nasciamo all'Emmanuele.
[1] Si sono attribuiti a san Felice da Nola gli Atti completamente leggendari d'un altro Felice, che sarebbe stato fratello del santo che porta lo stesso nome ed è festeggiato il 30 aprile (Anal. Boll. 14, 19-29).
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 325-327."
Guéranger, L'anno liturgico - Seconda Domenica dopo l'Epifania
http://www.unavoce-ve.it/pg-epifania-dom2.htm
“DOMENICA SECONDA DOPO L'EPIFANIA
Il miracolo di Cana.
Il terzo Mistero dell'Epifania ci mostra la realizzazione dei piani della divina misericordia sul mondo, come pure ci manifesta una terza volta la gloria dell'Emmanuele. La Stella ha guidato l'anima alla fede, l'Acqua santificata del Giordano le ha conferito la purezza, il Banchetto nuziale la unisce al suo Dio. Abbiamo cantato lo Sposo che usciva radioso incontro alla Sposa; l'abbiamo sentito chiamarla dalle vette del Libano; ora che l'ha illuminata e purificata, vuole inebriarla del vino del suo amore.
Si è preparato un banchetto, un banchetto nuziale; la Madre di Gesù vi assiste; poiché, dopo aver cooperato al mistero della Incarnazione del Verbo, è giusto che sia associata a tutte le opere del suo Figliuolo, a tutti i favori che egli prodiga ai suoi eletti. Ma nel bel mezzo del banchetto viene a mancare il vino. Fin'allora la Gentilità non aveva conosciuto il dolce vino della Carità; la Sinagoga non aveva prodotto che graspi selvatici. Cristo è la vera Vite, come dice egli stesso. Egli solo poteva dare quel vino che allieta il cuore dell'uomo (Sal 103), e offrirci a bere di quel calice inebriante che David aveva cantato (Sal 22).
Maria dice al Salvatore: "Non hanno più vino". Spetta alla Madre di Dio far presenti a lui le necessità degli uomini, dei quali pure è la madre. Tuttavia, Gesù le risponde con una apparente freddezza: "Che importa a me e a te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora". Questo perché, in quel grande Mistero, egli avrebbe agito non più come Figlio di Maria, ma come Figlio di Dio. Più tardi, nell'ora che deve venire, apparirà agli occhi di quella stessa Madre, morente sulla croce, secondo l'umanità che aveva ricevuta da essa. Maria ha compreso subito l'intenzione divina del suo Figliuolo, e proferisce le parole che ripete sempre a tutti i suoi figli: Fate quello che vi dirà.
Ora c'erano il sei grandi recipienti di pietra, ed erano vuoti. Il mondo, infatti, era giunto alla sua sesta età, come insegnano sant'Agostino e gli altri dottori insieme con lui. In queste sei età, la terra aspettava il suo Salvatore, che doveva ammaestrarla e salvarla. Gesù ordina di riempire d'acqua i recipienti; ma l'acqua non era adatta per il banchetto dello Sposo. Le figure, le profezie dell'antico mondo erano quell'acqua; e nessun uomo, fino all'avvento della sesta età in cui Cristo che è la Vite doveva comunicarsi, avrebbe stretto alleanza con il Verbo divino.
Ma quando è venuto l'Emmanuele, egli non ha che una parola da dire: "Attingete subito". Il vino della nuova Alleanza, quel vino che era riservato per la fine, riempie esso solo i recipienti. Assumendo la nostra natura umana, natura debole come l'acqua, egli ne ha voluto la trasformazione e l'ha elevata fino a sé, facendoci partecipi della natura divina (2Pt 4,1); ci ha resi capaci di stringere l'unione con lui, di formare l'unico corpo di cui egli è il Capo, la Chiesa di cui è lo Sposo, e che amava da tutta l'eternità d'un amore così ardente che è disceso dal cielo per celebrare queste nozze con essa.
San Matteo, l'Evangelista dell'umanità del Salvatore, ha ricevuto dallo Spirito Santo l'incarico di annunciarci il mistero della fede mediante la Stella; san Luca, l'Evangelista del Sacerdozio, è stato scelto per istruirci sul mistero della Purificazione mediante le Acque; spettava al Discepolo prediletto rivelarci il mistero delle Nozze divine. Perciò, suggerendo alla santa Chiesa l'intenzione di questo terzo mistero, si serve della seguente espressione: Questo il primo dei miracoli di Gesù, ed egli vi manifestò la sua gloria. A Betlemme, l'Oro e l'Incenso dei Magi profetizzarono la divinità e la Regalità nascoste del Bambino; sul Giordano, la discesa dello Spirito Santo e la voce del Padre proclamarono Figlio di Dio l'artigiano di Nazareth; a Cana, agisce Gesù stesso e agisce da Dio: "Infatti - dice sant'Agostino - Colui che trasformò l'acqua in vino nelle idrie non poteva essere se non quello stesso che, ogni anno, opera un simile prodigio nella vite". Cosicché da quel momento - come nota san Giovanni - "i suoi discepoli credettero in lui", e cominciò a formarsi il collegio apostolico.
MESSA
EPISTOLA (Rm 12,6 16). - Fratelli: Avendo doni secondo la grazia che ci è stata donata, chi ha la profezia (l'eserciti) secondo la regola della fede; chi il ministero, amministri; chi l'insegnamento, insegni; chi ha l'esortazione, esorti; chi distribuisce (lo faccia) con semplicità; chi presiede, con sollecitudine; chi fa opere di misericordia, con ilarità. La vostra carità non sia finta. Odiate il male; affezionatevi al bene. Amatevi scambievolmente con amore fraterno, prevenendovi gli uni gli altri nel rendervi onore. Non pigri nello zelo, ferventi nello spirito, servite al Signore. Siate allegri per la speranza, pazienti nella tribolazione, assidui nella preghiera. Provvedete ai bisogni dei santi; praticate l'ospitalità. Benedite quelli che vi perseguitano: benedite e non vogliate maledire. Rallegratevi con chi gioisce; piangete con chi piange, avendo gli stessi sentimenti l'uno per l'altro. Non aspirate alle cose alte, ma adattatevi alle umili.
La pace, che nel mondo dei santi è la caratteristica dei figli di Dio, costituisce parimenti l'unità della Chiesa, che è in essa, fin da questa terra, veramente Sposa. Per essa è un solo corpo, le cui diverse membra vedono conservata la loro molteplicità sotto l'impulso dell'unico vero capo, e le loro diverse funzioni ricondotte tutte, nella loro varietà, all'unica direzione, all'amore del Cristo Sposo. L'Epistola che è stata letta non ha altro oggetto se non di mostrarci l'impero della carità, regina delle virtù, le applicazioni di quella pace essenziale al cristianesimo, di specificarne in particolare le forme e le condizioni, di adattarne la pratica ad ogni situazione sociale, ad ogni circostanza della vita. Ed è tale l'importanza di queste considerazioni per la Madre nostra, la santa Chiesa, che essa vi ritornerà fra otto giorni, riprendendo, nella terza Domenica dopo l'Epifania, al punto stesso in cui lo interrompe oggi, il testo dell'Apostolo.
Prima delle sacre nozze, molto lontano dalla vita divina nella pace di Dio che esse apportano al mondo, vi era per il genere umano la divisione nella morte.
VANGELO (Gv 2,1-11). - In quel tempo: C'era un banchetto nuziale in Cana di Galilea e v'era la madre di Gesù. E alle nozze fu invitato Gesù coi suoi discepoli. Ed essendo venuto a mancare il vino, dice a Gesù la madre: Non hanno più vino. E Gesù a lei: Che ho da far con te, o donna ? L'ora mia non è ancora venuta. Dice la sua madre ai servitori; Fate tutto quello che vi dirà. Or c'erano lì sei idrie di pietra, preparate per le purificazioni dei Giudei, le quali contenevano da due a tre metrete ciascuna. Gesù disse loro: Empite d'acqua le idrie. E le empirono fino all'orlo. E disse ad essi: Ora attingete e portate al maestro di tavola. E portarono. Or come ebbe il maestro di tavola assaggiata l'acqua mutata in vino, che non sapeva donde venisse (ma lo sapevano i servitori che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: Tutti da principio pongono il vino migliore, e quando son già brilli danno l'inferiore; mentre tu hai serbato il migliore fino ad ora. Così Gesù fece il primo dei suoi miracoli in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui.
Meravigliosa sorte la nostra! Dio si è degnato, come dice l'Apostolo, di mostrarci le ricchezze della sua gloria su vasi di misericordia (Rm 9,23). Le idrie di Cana, immagini delle anime nostre, erano insensibili, e non destinate certo a tanto onore. Gesù ordina ai suoi ministri di versarvi dell'acqua; e già con quell'acqua le purifica; ma pensa di non aver fatto ancora nulla se non le riempie fino all'orlo di quel vino celeste e nuovo che si doveva bere solo nel regno del Padre suo. Così la divina carità, che risiede nel Sacramento d'amore, ci viene comunicata; e, per non venir meno alla sua gloria, l'Emmanuele che vuoi sposare le anime nostre le eleva fino a sé. Prepariamoci dunque per questa unione, e secondo il consiglio dell'Apostolo, rendiamoci simili a quella Vergine casta che è destinata a uno Sposo senza macchia (2Cor 11).
PREGHIAMO
O Dio onnipotente ed eterno, che governi il corso delle cose celesti e terrestri, accogli clemente le suppliche del tuo popolo, e concedi ai nostri giorni la tua pace.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 240-243.”
Luca, Sursum Corda!