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  1. #21
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    Predefinito Rif: Razzismo integrale e razzismo morfologico

    Citazione Originariamente Scritto da Undertaker Visualizza Messaggio
    Il razzismo è una cazzata,da qualsiasi parte si guardi.
    E Evola era un coglione!
    Bang!
    Ultima modifica di Orco Bisorco; 28-08-11 alle 19:24

  2. #22
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    Predefinito Rif: Razzismo integrale e razzismo morfologico

    La domanda non ha molto senso. Sia Evola che l'Editore semplicememnte raccontano delle verità antiche. E le raccontano in modo funzionale alle rispettive epoche. In sostanza non vi è alcuna differenza.
    "L'ordine economico va organizzato in modo che l'uomo sincero prosperi più di qualunque altro". Silvio Gesell

  3. #23
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    Predefinito Rif: Razzismo integrale e razzismo morfologico

    Giò non so se ti è già capitato di leggere l'introduzione di Giovanni Damiano a I Lupi Azzurri, comunque seppur un po' lunghetta per gli standard forumistici penso possa essere molto utili ai fini della discussione nel presente thread


    I. Un razzismo senza razzisti e il paradosso dal quale partire. Perchè nell'oggi, a fronte dei continui e allarmati richiami alla vigilanza antirazzista e della costante segnalazione di episodi e atteg-giamenti considerati razzisti, resta il fatto che pressochè nessuno si definisca apertamente razzista o mostri di volersi esplicitamenre richiamare a concezioni propriamente razziste, nè, tantomeno, ciò accade per gruppi politici o anche solamente per associazioni culturali. Anzi, più ci si affatica nel denunciarlo più il razzista appare introvabile. Non solo: un altro cruciale «nervo scoperto» riguarda l' incertezza e la problematicità relative alla stessa definizione del razzismo (e quindi del razzista).

    Ad esempio, non si corre il rischio di svuotare di qualsiasi significato analitico la definizione di «razzismo» se essa viene estesa a tal punto da ricomprendere ogni tipo di discriminazione? E, d'altra parte, ricondurre il razzismo semplicemente alla categorizzazione, e al rifiuto dell'estraneo non finirebbe per confonderlo con la xenofobia, che e tutt'altra cosa? Ancora: conflitti con tendenze genocidarie come quello ruandese sono collocabili in un quadro categoriale di stampo razzista?

    Alla luce di queste brevissime considerazioni e pertanto opportuno fissare un punto iniziale tanto evidente da risultare pressochè banale: affinchè ci sia razzismo e necessario il concetto di razza.
    Ma una volta che s'inizia a parlare di razza si finisce inevitabilmente per sfociare nel razzismo? E quanto sostiene Daniele Petrosino:

    «già la definizione di un qualsiasi oggetto in termini di 'razza' appartiene al processo sociale e culturale che ha generato e genera il razzismo» (1).

    Dunque, con l'assunzione del concetto di razza avremmo già la «cosa» (il razzismo). Viene, cosi, stabilito un nesso necessario, automatico, che legherebbe razza e razzismo. Ma a questo punto diviene inevitabile chiarire come sono stati intesi i concetti di razza e razzismo Schematicamente: la razza e stata generalmente definita come un criterio di classificazione e suddivisione del genere umano te-dente ad assegnare:

    «a qualsiasi individuo che si ritenga faccia parte di tali 'razze' delle caratteristiche che a esse si attribuiscono» (1)

    Tale criterio, dapprima ancorato a caratteristiche prevalentemente fenotipiche (Buffon), viene via via sviluppato in senso scientifico, prima antropometrico (Cuvier, Broca, Lombroso, ecc.) poi gerarchizzante (con l'evoluzionismo darwiniano), e con l'apporto determinante della teoria dell'ereditarietà di Mendel. Parallelamente, sul versante socio-politico, il razzismo finisce per delinearsi e definirsi come superiorità e supremazia razziale (che e allla base di non poche teorie colonialistiche e imperialistiche). In realtà, già nel corso del Settecento in ambito illuminista (2) non erano mancati giudizi radicali sulla inferiorita della razza nera (Voltaire, Kant, Hume, ecc). Ma e nell'Ottocento che, grazie ai vari de Gobineau, Vacher de Lapouge, Chamberlain, ecc, prende piede il razzismo declinato nel senso della superiorità razziale, sino al razzismo biologico-scientista dei nazionalsocialisti (3).

    Nell'oggi, cadute completamente in discredito le teorie scientifiche razziali e venuta meno la concezione del razzismo come op-pressione e/o sfruttamento riconducibile a supposte superiorità razziali (4), ci si trova sempre più avviluppati in una contraddizione insormontabile.

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    Note

    (1) lvi,p. 1.

    (2) Cfr., al riguardo, A. Burgio, L'invenzione delle razze. Studi su razzismo e revisionismo storico, manifesto libri, Roma, 1998, pp. 43-81.

    (3) Ovviamente tale inquadramento, essendo per forza di cose sommario, non tie-ne conto di fenomeni altrettanto importanti per una storia del razzismo, a partire dall'antisemitismo e dal rapporto tra razza e nazionalismo.

    (4) Sia il regime segregazionista negli stati del sud degli USA che l'apartheid sudafricano (per inciso: «frutti avvelenati» propri della società multirazziale), pur perpetuandosi dopo la fine del secondo conflitto mondiale, affondano le loro radici in epoche precedenti. La cosiddetta «era di Jim Crow» (nome comune tra gli schiavi), ossia la segregazione de jure nel sudest degli USA, inizia sin dall'Ottocento (v. il caso Plessy vs Fergusson, del 1896, pietra miliare di questo processo). L'apartheid, compiutamente delineato durante il governo Verwoed (1958-1966), era già stato preparato da leggi quali il «Native Land Act» (1913), il «Native Urban Areas Act» (1923), il «Mines and Work Amendement Act» (1926) e il "Representation of Natives Act» (1936).
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    Da un lato, vige un assoluto «divieto di amnesia (1) nei confronti del razzismo. II ricordo del razzismo va costantemente ri-attualizzato al fine, propiziatorio, di favorire una continua presa di distanza dai «guasti» razzisti. Dall'altro, tale ri-attualizzazione, per non scadere in mera retorica antirazzista o in artificio strumentale-ideologico, ha bisogno, ovviamente, del razzismo. Ora, dichiarato scomparso il concetto di razza (in quanto fomite del razzismo, come segnalato sopra) e del tutto negato il concetto - sia in senso biologico che culturale – di superiorità razziale, si cade nell paradosso di razzismo senza razze che, congiunto all'altro paradosso del razzismo senza razzisti, provoca la contraddizione cui avevamo fatto cenno. Infatti, alla continua rammemorazione degli «orrori» del razzismo e ala reiterata denuncia del fatto che tali «orrori» sembrano sempre sul punto di riemergere corrisponde 1'indecidibilità di ciò che andrebbe considerato come razzismo. Da qui lo spaesamento e l'affanno già a suo tempo registrati da Pierre-Andre Taguieff. Da qui, inoltre, il moltiplicarsi delle «re-toriche del sospetto», tutte tese a «stanare» nuove, possibili (e al contempo necessarie, per alimentare il ricordo e la vulgata antirazzista) forme di razzismo.

    II. II Fronte Nazionale, fondato da Franco G. Freda nei 1990, costituisce una indubbia e forse unica eccezione rispetto a quanto detto sinora. Questo perchè il Fronte Nazionale 1. ha posto al centro del suo operato, politico-pedagogico"l'idea di razza e 2. si e definito, esplicitamente, nei termini di un «sodalizio razzista». Ma altrettanto chiaramente sia l'idea di razza sia il razzismo del Fronte Nazionale non hanno nulla a che fare ne con la razza come criterio classificatorio nè con il razzismo come superiorità gerarchica di una razza sulle altre. Per il peculiare razzismo morfologico del Fronte Nazionale la razza e una arcaica «idea-forma», ossia un principio di differenziazione (2), in se ulteriormente differenziato (le etnie).



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    Note

    (1) Riprendo questa espressione da J. Assmann, Mosi I'egizio. Decifrazione di una
    traccia di memoria, Adelphi, Milano, 2000, p. 24, nota 9.

    (2) Differenziazione, va da sè, non meramente somatica ma innanzitutto “animica” e spirituele. D'altra parte, già Evola scriveva che «il razzista, dunque, riconosce la differenza e vuole la differenza. Esser differenti esser ognuno se stessi, non e un male, ml un bene» (J. Evola, Indirizzi per una educazione razziale, Edizioni di Ar, Padova, 1994, p. 23).
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    La razza e, pertanto, «la forma a priori di una cultura», il suo specifico modo d'essere. Ecco spiegato perchè «la varietà delle culture va dunque ricondotta alla varietà delle razze e delle etnie».

    L'idea di razza, insomma, intesa come «via regia» attraverso la quale riconquistare alla forma un mondo sempre più avviato sulla china della indifferenziazione, del trionfo dell' in-forme. L'idea di razza riacquista, in tal modo, un significato originario, col rimando ad una visione del mondo ordinata secondo la dottrina platonica del kosmos. II kosmos, ovvero un pluriverso razziale di contro all'universo del caos indifferenziato. Un pluriverso di forme (le razze) con-chiuse e compiute, tra loro non omologabili e nemmeno equivalenti. Ma neppure tra loro inferiori o superiori. Secondo la dottrina del Fronte Nazionale, infatti, ogni razza vale di per se, ogni razza e chiamata ad occupare il suo posto - differenziato - nel mondo, andando, cosi, a comporre appunto il kosmos.

    Da questi accenni si può agevolmente dedurre il «razzismo» del Fronte Nazionale. «Razzismo» lucidamente sintetizzato in queste poche righe:

    «chi sente vivere dentro di se come radici arcaiche i fondamenti della comunità razziale cui appartiene e razzista. Chi conferma il vincolo che lo richiama alla propria razza, lo avverte con i sentimenti, lo testimonia con i pensieri, lo rafforza con le opere e razzista».

    Per cui e in definitiva:

    «razzismo significa non disprezza delle altre razze ma fedeltà alla propria razza. riconoscimento della specifica forma di vita che la segna, rispetto di tutti i nessi, interiori ed esteriori, superiori ed inferiori che la ordinano».

    E allora, solo entro le singole razze sarà possibile parlare in termini di superiore ed inferiore. Ma ciò non vale nei rapporti tra razze (1). Non una ideologia della sopraffazione legittimata da presunte superiorita, dunque, ma il rispetto della propria e delle altrui razze. Questo, il «razzismo» del Fronte Nazionale.


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    Note

    (1)Una conferma a contrario: Evola stigmatizza la concezione pluralistica delle razze proprio perchè avrebbe come suo esito l'impossibilita di una gerarchia in grado di distinguere un «sopra» - le razze spirituali - e un «sotto» - le razze di natura (cfr. J. Evola, Appunti per una nuova teoria della razza, in «La Vita Italiana», XXVI, settembre 1938, pp. 346-347).
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    Sin qui l'impostazione dottrinaria e metapolitica, in breve normativa. Ma dottrina non inoperante o, peggio, nostalgica. Perchè tempestivamente «tradotta» in historicis. L'occasione, ossia il kairbs, il tempo debito, il momento giusto da cogliere per rendere attuale «il cielo delle idee» e dettato dall'emergere di un fenomeno ben preciso: il flusso immigratorio extraeuropeo. E quest'ultimo il «campo di applicazione» dell'idea-forma di razza. Colto dal Fronte Nazionale quasi al suo primo manifestarsi. Nel 1990. Già allora era chiaro, per chi aveva preveggenza (1), che una immigrazione massiva e incontrollata avrebbe precipitato nell' indifferenziazione le etnie europee, primo passo verso l'edificazione della società globale (2).


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    Note

    (1) Come testimoniato da questo dialogo: «P.M. L'attualità dell'argomento e uno dei capisaldi dell'accusa e dimostra la pericolosità del suo movimento. FREDA. Di-mostra la preveggenza, la capacità di lucidità e di previsione politica. P.M. E la pericolosità politica FREDA. Questo, cinque anni fa! Previsione e preveggenza: noi abbiamo previsto ciò che sarebbe intervenuto [...] P.M. La preveggenza gliela riconosciamo. Infatti e un requisito della pericolosità» (F. Freda, L'albero e le radici. Il processo cri-minale alle idee del Fronte Nazionale, Edizioni di Ar, Padova, 1996, p. 51).

    (2) Nell'oggi comincia finalmente a farsi strada la consapevolezza che la globalizzazione procede su più dimensioni, tra le quali, non certo ultima per importanza, proprio quella sociale. Al riguardo scrive Giddens: «la globalizzazione non e affatto un fenomeno esclusivamente economico. Limitarla al mercato globale e un errore di fondo. La globalizzazione e anche sociale, politica e culturale» (A. Giddens, Cogliere l'occasione. Le sfide di un mondo che cambia, Carocci, Roma, 2000, p. 74). Inoltre, anche rispetto alia stessa globalizzazione economica continuano a persistere errori interpretativi di non poco conto. Ad esempio: non sempre viene sottolineata la cruciale distinzione tra mercato internazionale, nel quale le diverse economie nazionali mantengono ancora un ruolo egemone, e mercato globale, che vede invece proprio la sottomissione delle singole economie nazionali ad esigenze e vincoli transnazionali. Così come l'uso generalizzato del concetto di interdipendenza per connotare una delle novità dell'economia globale e fuorviante; l'ha notato con chiarezza V.E. Parsi: «per il fatto di includere obbligatoriamente, sia pure a titolo diverse tutte le differenti economie nazionali prescindendo dal loro grado di sviluppo, la globalizzazione riassume in se tanto la dipendenza quanto l'interdipendenza. In altri termini, i Paesi dipendenti, entrando nel mercato globalizzato, non transitano in una fase piu simile all'interdipendenza (carat-teristica dei legami tra Paesi 'ricchi'), ma restano Paesi dipendenti» (V.E. Parsi, Interesse nazionale e globalizzazione. I regimi democratici nelle trasformazioni del sistema post-westfaliano, Jaca Book, Milano, 1998, p. 111).
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    Lo scopo del Fronte Nazionale era, pertanto, quello di indicare, attraverso una appropriata attività politico-pedagogica, la possibilità di invertire il corso della decadenza etnica e razziale delle stirpi europee: ennesima testimonianza di quella prassi eroica, di matrice platonico-evoliana (]), costante punto di riferimento, pur nel mutare delle circostanze storiche, dell'operato di Freda.


    III A completamento di quanto scritto sinora ci e sembrato opportuno comunicare al lettore che nel 1963 Freda (poco più che ventenne) pubblicato su «Tradizione» (2), uno scritto dal titolo I tre gradi della dottrina della razza, di cui si ritiene utile, per il suo carattere «sintomatico», riprodurre qui la parte iniziale:

    «Parlare oggi di razza e di razzismo assume per i più lo stesso significato dell'evocazione di potenze 'infernali'. Razzismo suggerisce alla mente persecuzioni antisemite, camere a gas, forni crematori e via dicendo: lo spirito del Male. Per chi invece non unisce a questa rappresentazione del pensiero una pregiudiziale moralistica, ma isola il fenomeno in termini esclusivamente ideologici, il razzismo viene individuato nel prodotto del subrazionale, nell'emergenza di strati psichici abnormi, condizionati più o meno dai soliti 'complessi', manie, velleitarismi anacronistici. Se si tiene presente che I'uomo di civiltà di tipo tradizionale non aveva alcun bisogno di 'teorizzare' - come dicono i moderni - la razza, appunto perchè possedeva in se le valenze proprie della razza, che si traducevano per lui in norme 'elementari' di vita - tanto appariva naturale la differenza, la delimitazione, I' appartenenza irrevocabile a una de-terminata forma' -, appare ancor più terribile e grave la caduta dell'uomo moderno e la decomposizione da lui subita a tutti i livelli: fino a giungere alla negazione del senso profondo della razza, surrogandola con i 'miti' di un...



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    Note

    (1) Alcune decisive riflessioni sul retroterra platonico di Evola sono contenute in P. Di Vona, Metafisica e politka in Julius Evola, Edizioni di Ar, Padova, 2000, pp. 55-63. Sempre Di Vona ha osservato come lo stesso razzismo evoliano altro non fosse che il tentativo eroico di invertire il corso della storia per cosi riportare l'ltalia e l'Occidente ad una civiltà di tipo tradizionale (cfr. ivi, pp. 35-48).

    (2) Periodico di studi e azione politica, anno I, n. 2, ottobre-novembre 1963, pp.
    25-30.
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    ...umanitarismo vago e informe. Non deve quindi destare meraviglia ( perchè l'intossicazione si e sviluppata entro tutti gli spazi politici) il fatto che anche l'ambiente a noi meno lontano — cioè l'ambiente neofascista — non solo si limiti a esprimere pesanti riserve sulla validità da attribuire ai principi della razza, ma giunga perfino a rifiutarla radicalmente... Inoltre I'esigenza — ma oramai divenuta una 'costante'— di assumere un habitus politico 'realistico' ha in-dotto gli esponenti, ufficiali e non-ufficiali, dell'ambiente in questione a negare la validità, se non addirittura l'esistenza, della componente razzista nel corpus dottrinale del fascismo storico - spiegando l'esistenza di istanze razziste, nel periodo ultimo del fascismo, come la risultante di particolari contingenze storiche (l'impero e l'alleanza con il Reich nazionalsocialista). Ci e sembrato quindi opportuno sviluppare in questa rivista l'esposizione del problema del razzismo [...] a partire dalla dottrina di Julius Evola, il pensatore più importante, se non l'unico, che abbia formulato in Italia un orientamento razzista differenziato dal carattere stretta-mente biologistico del razzismo tedesco [...]».


    E a corollario delle parole di Freda non suonano certo «eccentriche» alcune riflessioni relative al razzismo evoliano. Innanzitutto, occorre sgombrare il campo da un equivoco tanto pedissequa-mente ripetuto da essere assurto quasi a vulgata: il razzismo evoliano è anche ma non solo spiritualistico. Perchè considerare il razzismo evoliano in senso esclusivamente spiritualistico significa condannarlo senza rimedio all'astrattezza, significa ridurlo ad una formula tanto generica quanto vuota di contenuto. D'altronde, già la concezione «totalitaria» della razza propugnata da Evola indica la strada da seguire: la razza deve interessare l'intera realtà dell'uomo, dev'essere una visione totale dell' uomo. Da qui i tre gradi della dottrina razziale: corpo-anima-spirito. Ergo, il razzismo evoliano è anche biologico (1), non prescinde al dato corporeo nè lo cancella....


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    Note

    (1) Ad esempio, solo in questa prospettiva risulta comprensibile il favore manife-stato da Evola per una eventuale legislazione di tipo eugenetico (cfr. J. Evola, Sui limiti del razzismo: il problema dell'eredita, in «La Vita Italiana», XXVIII, febbraio 1940, pp. 178-179).
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    .....bensi lo subordina gerarchicamente all'animico e alio spirituale (1). Ciò comporta, immetricamente, la necessita di evitare ogni appiattimento del razzismo in senso esclusivamente biologico. Posizione puntualmente confermata da Evola con le sue serrate critiche al riduzionismo biologistico tipico del nazionalsocialismo(2). Per Evola, infatti, rimanere legati al grado più basso del razzismo (il corpo) significava far propria una visione scientista materialista e naturalistica della razza, una visione, quindi, incapace di elevazione spirituale. Dunque, essenziale co-implicazione dei tre gradi corpo-anima-spirito nel rispetto dei loro differenziati «valori» gerarchici. Con le parole di Evola:

    «per il nostro razzismo la razza e una entita che si manife-sta sia nel corpo, sia nello spirito.» (3)

    E ancora:

    «la razza esiste sia nel corpo, sia nello spirito. La razza e una forza profonda che si manifesta sia nell'ambito corporeo (razza del corpo), sia nell'ambito animico-spirituale (razza interna, razza dello spirito). La purità di razza, in senso completo, si ha quando queste due manifestazioni si corrispondono, vale a dire quando la razza del corpo e conforme alla razza dello spirito o razza interna, tanto da poterle servire come I'organo più adeguato di espressione» (4).



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    Note

    (1) «La razza esiste non solo come un fatto biologico e somatico, bensì anche come una realtà interiore» (cosi J. Evola, Sul problema della «razza dello spirito, in «La Vita Italiana», XXX, febbraio 1942, p. 153).
    (2)Non a caso 1'interesse mostrato da Evola per le SS si spiega proprio con la considerazione che alla loro «formazione e organizzazione presiedono considera-ioni d'ordine biologico-razzista, etico e spirituale» (J. Evola, Le SS., guardia e «ordine» della rivoluzione crociuncinata, in «La Vita Italiana», XXVI, agosto 1938, p. 167). Insomma, non credo sia azzardato ipotizzare che per Evola le SS rappresentavano un tentativo, certo ancora in fieri, di superare le angustie biologistiche del nazionalsocialismo in vista dell'assunzione di uno sfondo dottrinario simile a quello da lui stesso proposto.
    (3) J. Evola, Sui rapporti fra Razza e Nazione e sulla «storia patria», in «La Vita Italians*, XXIX, giugno 1941, p. 641.
    (4) J. Evola, Indirizzi per una educazione razziale, cit., p. 35. Cfr, al riguardo, pure J. Evola, Sintesi di dottrina della razza, Edizioni di Ar, Padova, 1994, pp. 39-41, in particolare p. 40: «in via sia normale, sia normativa, il rapporto esistente fra i tre principii e piuttosto quello di una subordinazione gerarchica e di una espressione: attraverso le leggi del corpo si manifesta una realtà animica o psichica, la quale, a sua volta, e espressione di una realtà spirituale». Addirittura sembra che Evola vada anche oltre la concezione del corpo come mera espressione dei principi superiori quando scrive: «non e che noi concepiamo [...] la razza biologicamente intesa solo come effetto, manifestazione esterna e simbolo della razza spi-rituale. Noi abbiamo ben parlato della legge delle affinità elettive, di incontri di due tipi ben distinti di ereditarietà, l'una essendo proprio quella biologica e storica, la quale conserva una sua realtà distinta: tanto, che si e detto che, in certi casi, essa può divenire l'elemento centrale e determinante» (J. Evola, Spunti di polemica razziale, in «La Vita Italiana», XXX, giugno 1942, p. 553).
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    Per cui, a conclusione di queste brevi note, va ribadita l'insopprimibile interconnessione che lega i tre gradi della dottrina evoliana della razza e che ne garantisce l'organicità, la coerenza e la tenuta interna. Al contrario, qualsivoglia elevamento ad assoluto di uno dei tre gradi che compongono tale dottrina ne segnerà la perdita, irrecuperabile, di senso. Quindi, e giustamente, Evola sottolinea, insieme, la necessarietà dell'elemento biologico e il suo non esser sufficiente ai fini di una compiuta dottrina della razza (1). Bisogna si affermare «la necessita e la imprescindibilità, per la razza, di un substrato biologico»(2) e rendersi conto:

    “che la razza biologica deve essere senz'altro riconoscuta come criterio imprenscindibile per una prima circoscrizione e separazione(3)”

    Tuttavia, per una corretta impostazione della problematica razziale, si rivelerà altrettanto necessario il rimando ai superiori principi animico-spirituali.


    IV Due ultimi punti restano da chiarire: 1. il contenuto del volume e i criteri che ne hanno regolato lo sviluppo; 2. la 'giustificazione' della metafora dei «lupi azzurri».

    Riguardo al primo punto: il volume contiene praticamente tutti i documenti del Fronte Nazionale, a partire dallo Statuto fondativo, nonchè una serie di testi aggiuntivi (4). II criterio adoperato e stato...



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    Note

    (1) Cfr. J. Evola, Scienza, razza e scientismo, in «La Vita Italiana», XXX, dicembre 1942, p. 559.
    (2) Ibidem.
    (3) ivi, p. 560
    (4) In questo volume, le note contrassegnate da asterisco compreso entro parente-si quadre sono del curatore.
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    ...di tipo genealogico-gerarchico. Ossia si e riportato in primis lo Statuto) in quanto 'atto di nascita' del sodalizio. A seguire, le relazioni del reggente, dunque l'aspetto propriamente dottrinario e metapoli-tico del Fronte Nazionale. Le relazioni, a loro volta, riguardano sia l'impostazione 'aristocratica' del Fronte Nazionale (cfr. le relazioni dal titolo La politico, e Il membro), sia l'esposizione del «razzismo morfologico». I manifesti, invece, rappresentano la 'traduzione', in chiave immediatamente politico-propagandistica, delle proposizioni dottrinarie del Fronte Nazionale. I testi raccolti nel «corollario» costituiscono una ricognizione analitica delle tesi del Fronte Nazionale, mentre quelli presentati nell'appendice sono riconducibili alle vicende processuali che hanno interessato i membri del sodalizio (v. la «perizia ideologica» di Santarelli e gli scritti di Ingravalle, Taormina e del curatore), con, in più, due interventi risalenti al convegno «I1 diritto al diritto» che si segnalano per la loro particolare incisività.

    Relativamente al titolo del volume: la metafora «lupo azzurro» traduce letteralmente l'espressione antico-irlandese cu («lupo») glas («azzurro»), impiegata a designare il proscritto - per effetto dell'analogia semantica tra Findividuo espulso dalla propria comunità e il lupo (1).
    «Lupi azzurri» sono dunque i membri del Fronte Nazionale: \l messi al bando in quanto inassimilabili.

    Giovanni Damiano


    Note

    1) J. Haudry, Gli Indoeuropei, Edizioni di Ar, Padova, 2001, p. 81. Su cti glas e l'evoluzione del termine germanico *wargaz («lupo», «fuorilegge»), all'interno dell'analogia sopraindicata, vedi E. Campanile, Meaning and Prehistory of Old Irish Cu Glas, in «The Journal of Indo-European Studies», vol. 7, 1979, pp. 225-248. (Debbo alia cortesia di Fabrizio Sandrelli la cognizione di questo scritto.) Sullo strettissimo rapporto che corre tra la messa al bando e il lupo si sofferma anche G. Agamben, Homo sacer. IIpotere sovrano e la nuda vita, Einaudi, Torino, 1995, pp. 116-123.

  4. #24
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    Predefinito Rif: Razzismo integrale e razzismo morfologico

    Citazione Originariamente Scritto da cristiano72 Visualizza Messaggio
    Giò non so se ti è già capitato di leggere l'introduzione di Giovanni Damiano a I Lupi Azzurri, comunque seppur un po' lunghetta per gli standard forumistici penso possa essere molto utili ai fini della discussione nel presente thread.
    Grazie per averla postata, cris.
    La lessi anni fa, quando acquistai "I Lupi Azzurri" e, a dire il vero, ho aperto il 3d proprio pensando all'introduzione del prof. Giovanni Damiano.

  5. #25
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    Predefinito Rif: Razzismo integrale e razzismo morfologico

    Citazione Originariamente Scritto da Undertaker Visualizza Messaggio
    Il razzismo è una cazzata,da qualsiasi parte si guardi.
    Dillo a lui.

    Bisogna adattarsi al presente, anche se ci pare meglio il passato.

  6. #26
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    Predefinito Rif: Razzismo integrale e razzismo morfologico

    Citazione Originariamente Scritto da Italiano Visualizza Messaggio
    Dillo a lui.

    Questo non è razzismo è delinquenza e i delinquenti sono di tutti i colori!

    @Angelus Mortis:Bang?Perchè secondo te Evola aveva ragione?Se è così è meglio che ti dai al ping pong!
    Primo Ministro di TPol...[MENTION]
    Proudly member of the Bilderberg Group-Chtulhu Section..

  7. #27
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    Predefinito Rif: Razzismo integrale e razzismo morfologico

    Citazione Originariamente Scritto da Undertaker Visualizza Messaggio
    Questo non è razzismo è delinquenza e i delinquenti sono di tutti i colori!

    @Angelus Mortis:Bang?Perchè secondo te Evola aveva ragione?Se è così è meglio che ti dai al ping pong!
    E qual è la verità allora? Siamo tutti uguali? Ma per favore!

  8. #28
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    Predefinito Rif: Razzismo integrale e razzismo morfologico

    Citazione Originariamente Scritto da Undertaker Visualizza Messaggio
    Questo non è razzismo
    A parti invertite verrebbe considerato tale.

    è delinquenza e i delinquenti sono di tutti i colori!
    Vero ma in proporzione tendono ad essere più di certi colori che di altri.

    Police statistics shed fresh light on link between crime and race - Telegraph

    A parte questo, il mio "dillo a lui" era rivolto al bianco nella foto.
    Se Gran Bretagna, Francia, Olanda, Svezia, Germania, ecc... fossero state nazioni "razziste" (ovvero se avessero avuto il buon senso dei giapponesi), non avrebbero importato milioni di inassimilabili selvaggi e barbari ed oggi non sarebbero afflitte da gravi problemi di ordine pubblico, criminalità ed estremismo religioso.
    Il britannico umiliato nella foto o questa donna, forse adesso pensano la stessa cosa.
    Ultima modifica di Italiano; 29-08-11 alle 23:59
    Bisogna adattarsi al presente, anche se ci pare meglio il passato.

 

 
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