Attacco al biotestamento, prepariamoci al referendum - Europa


Attacco al biotestamento, prepariamoci al referendum

Cara Europa, leggo, su una copia di Avvenire di martedì scorso, portata in casa dalla governante filippina di mia madre, un articolo firmato Francesco D’Agostino sul testamento biologico, che comincia con questo squillo di tromba: «Riprende oggi in commissione al senato il dibattito sulla legge sul fine vita e, per molti laicisti, ritorna l’ora di affilare le armi. Bisogna convincere l’opinione pubblica che la legge (…) si radica sul principio della indisponibilità della vita e che questo è un principio clericale », non coerente coi valori adeguati al nostro tempo e fondati dall’Illuminismo, come ha ricordato Massimo Firpo nell’inserto culturale del Sole-24 Ore di domenica. Per il D’Agostino, gli intellettuali alla Firpo (laicisti anche loro) falsificherebbero pure la lettura che dei Lumi dà il papa attuale, che vi coglie «alcuni» aspetti «nichilistici se non perversi». Dunque, la grande armata bianca è scesa in campo a rivendicare, con le truppe mercenarie di Berlusconi, «i diritti di Dio», che «per i laicisti sono inesistenti». Così con la scusa dei diritti di Dio, preti e suore potranno gestire la nostra vita ad libitum, se noi non potessimo più farlo da soli. Mi chiedo se, nella viltà generale di un paese utilitarista, miscredente, pagano, ma clericale per ragioni di bottega, mentre subiamo l’ingiuria di un parlamento di nominati in attesa di rinomina, qualcuno di noi stia pensando a un referendum abrogativo, l’unica arma con la quale questa repubblica ci ha già consentito di aprirci spazi di libertà.
ALESSIA DELL’ARTI, MILANO
Cara signora, vedo che il direttore di Avvenire non ha atteso l’ora di affilare le armi, ma l’ha prevenuta. Vedo anche, però, che il suo squillo di guerra contro il mondo moderno, dall’Illuminismo al liberalismo alla democrazia laica, all’autonomia della persona, alla sovranità dello stato, da lui definito con presunto sprezzo «laicista», è temperato da una offerta di armistizio: una volta colpito in parlamento, ma su mandato di vescovi e atei devoti, l’«individualismo radicale» del testamento biologico («che – senta che prosa – potrebbe essere stato scritto da persone ipocondriache o non bene informate», si può affidare il tutto a «una saggia alleanza terapeutica medico-paziente» che non ignori completamente il testamento ma non ne assolutizzi «indebitamente» le disposizioni.
Ciò che sia «debito» lo stabilisce lui. In ogni caso, tale alleanza c’è da sempre, ed è il motivo per cui “laicisti” come me (ma io mi definisco molto peggio, «liberale», essendo il resto scatole vuote dell’incultura) hanno sempre concordato con Marino e Veronesi che il problema andasse lasciato all’alleanza paziente-medico-famiglia, senza intrusi quali preti e magistrati o predicatori dalla morale dubbia (lo era perfino quella di Martin Luther King, secondo le memorie di Jacqueline Kennedy).
All’alleanza terapeutica si sarebbe potuto e dovuto pensare fin dall’inizio, se l’orda non avesse travolto il limes della civiltà democratica, brandendo la legge della vendetta contro Beppino Englaro e devastando la memoria della sua tormentatissima figlia Eluana: alla cui memoria dedicherà ora un film il grande Marco Bellocchio, e spero sia un monumento all’Italia civile.
Un’orda uguale a quelle musulmane, che, ieri a Milano, un altro giorno a Brescia, un altro a Pordenone, un altro a Modena, sfregiano o uccidono le figlie in nome della perduta verginità al contagio con l’Occidente illuminista. Purtroppo, come dice del governo l’onorevole Lino Duilio citando Kierkegaard (e io aggiungo della gerarchia), «La nave non è più in mano al capitano, ma al cuoco di bordo, e dal suo megafono non escono direttive sulla rotta, ma i menù del giorno». I cuochi di bordo della santa alleanza trono-altare, scatenata contro il testamento biologico, hanno preferito la guerra, come già sulla maternità assistita, in nome di presunti principi non negoziabili.
Anch’io dunque, gentile signora, mi auguro come lei che a renderli negoziabili sia un referendum, quando saremo usciti dalle pesti finanziarie e il paese ritroverà la serenità e l’orgoglio per pensare ai suoi diritti civili. Oggi abbandonati alle invasioni barbariche.


Federico Orlando