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Discussione: Le Torri del silenzio

  1. #1
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    Predefinito Le Torri del silenzio

    I Parsi sono discendenti degli antichi persiani fuggiti in India nel VII secolo per sottrarsi all'invasione araba e all'islamizzazione della Persia. Sono seguaci dello Zoroastrismo e costituiscono la più piccola comunità religiosa dell'India. Attualmente sono circa 100.000 individui, la maggior parte dei quali vive a Mumbai e dintorni.

    I Parsi non sotterrano i loro cadaveri, non li cremano né li affidano ai fiumi, perché Terra, Fuoco e Acqua sono sacri e non possono essere contaminati. I morti vengono esposti e lasciati agli avvoltoi, affinché il loro corpo venga scarnificato e torni direttamente a far parte del ciclo biologico della natura. Questo rito avviene all'interno delle Torri del silenzio (dakhma), luoghi inaccessibili a tutti, compresi gli stessi Parsi, ad esclusione dei becchini. Costruite verso la fine del 1600 al di fuori della città, le Torri del silenzio di Mumbai (le uniche ancora in uso) si trovano oggi in pieno centro, in una delle zone più ricche ed eleganti della città, a Malabar Hill, nascoste da un folto giardino.




    Da qualche anno, la scarso numero di avvoltoi, decimati da epidemie o allontanati dall'inquinamento, sta rendendo sempre più problematico questo rito, tanto che si è pensato alla possibilità di ricorrere alle cremazioni. Nel frattempo, la comunità Parsi ha stanziato 200.000 euro l'anno per l'acquisto di avvoltoi da allevare e addestrare in cattività.

  2. #2
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    Predefinito

    Paul du Breuil

    LE TORRI DEL SILENZIO


    I Parsi ritengono che il dono delle proprie spoglie agli avvoltoi sia l'estremo atto di generosità della loro vita a Madre Natura. Oggigiorno esistono sessanta dakhma, la maggior parte nel Gujarat, poi a Pune, Calcutta e Bangalore. A Bombay, il parco funebre (doongawardi) sulla collina residenziale di Malabar Hill, conserva tre torri attive su sette, tra le quali la più antica risale a prima dell'anno 1673 (Fryer).



    Torre del silenzio - Malabar Hill, Bombay
    (Illustrated London News, 1875)


    La salma vi viene portata in una bara di ferro dopo tre o quattro ore dal decesso. Il cane, animale venerato, si avvicina al morto e, fiutandolo, scaccia il demone della Druj (Sag-did). Un rituale ha luogo in una cappella consacrata del doongawardi, in presenza di parenti e amici e generalmente tra le 8 del mattino e le 4 del pomeriggio. Fino ai giorni nostri nessun non-Parsi poteva vedere il viso del morto dopo che il padân (sudario) fosse stato posto, regola che ora molti trasgrediscono malgrado le proteste degli ortodossi. Poi, accompagnato dai parenti, il cadavere viene portato fino ai piedi della dakhma dove solo i becchini (Nâsâsâlar) possono issarlo sulla piattaforma rotonda della sommità. In tempi normali il corpo viene divorato dagli avvoltoi e dai corvi in meno di tre ore. Durante la mietitura, però, gli uccelli sono rari e l'accumulo dei cadaveri gettati sopra gli scheletri nel pozzetto centrale della torre pone problemi d'igiene alle dakhma, la più vicina delle quali è situata a trecento metri dai primi caseggiati di Malabar Hill.

    Dal 1970 sempre più Parsi scelgono il cimitero o la cremazione elettrica, ma i mobad ortodossi rifiutano le preghiere funebri alle anime dei corpi cremati di Bombay.


    Paul du Breuil, ''Lo zoroastrismo'' (Il melangolo, 1993 – pag. 113)

  3. #3
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    Predefinito Rif: Le Torri del silenzio



    La torre di Yazd, in Iran, è ora inattiva, ma è stata utilizzata fino agli anni Settanta. Là vive tuttora una comunità zoroastriana di circa 10.000 persone, il che ha reso necessaria la costruzione di un cimitero dove possano seppellire i morti rispettando i precetti della loro religione. Per impedire che, decomponendosi, contaminino la terra, i cadaveri vengono tumulati in bare di cemento.





    Le costruzioni ai piedi della torre erano destinate ad accogliere parenti e amici del defunto per tutta la durata della cerimonia funebre. Nei secoli scorsi, un sacerdote assisteva alla scarnificazione e verificava quale occhio gli avvoltoi beccassero per primo: se era il destro l'anima sarebbe salita nel regno di Ahura Mazda, se invece era il sinistro sarebbe precipitata nel tenebroso abisso di Angra Mainyu, lo spirito distruttore.



  4. #4
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    Predefinito Rif: Le Torri del silenzio

    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 28-04-13 alle 00:05

  5. #5
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    Predefinito Rif: Le Torri del silenzio


    L’estinzione dei parsi in India

    di Matteo Miele, Royal University of Bhutan


    Il silenzio nel cimitero parsi di Delhi è interrotto dalle auto che si dirigono verso Khan Market. Il traffico lambisce il muro rosso, ma all’interno, più lontano dalla strada, vi è una piccola tregua riflessiva. Un cagnolino si aggira nei pressi delle tombe. Il cimitero è una testimonianza dell’antica comunità zoroastriana che oltre mille anni fa lasciò la Persia per trovare rifugio in India, dove vennero appunto chiamati parsi, ovvero persiani.

    Le parole “zoroastriano” o “mazdeo” lasciano i più perplessi. Un vago ricordo, o forse è solo un azzardo, riconduce all’oriente. Più comune, ma in ogni caso foriero di dubbi, è il termine “magi”. I tre saggi che seguendo la stella cometa arrivarono a Betlemme per adorare Gesù bambino erano sacerdoti zoroastriani, fedeli di quella religione monoteista fondata migliaia di anni fa (non si conosce con precisione il periodo storico, ma secondo la tradizione si deve risalire addirittura al XVIII secolo a.C.) da Zarathustra, conosciuto dai greci come Zoroastro. “Mazdeo” deriva invece da Ahura Mazda, il nome dell’unico Dio. Il mazdeismo era una delle più diffuse e importanti religioni del mondo antico, fino all’invasione islamica della Persia, quando molti di loro emigrarono in India. Secondo una leggenda, davanti al sovrano indiano Jadi Rana che gli voleva rifiutare l’asilo, paragonando il proprio paese ad un vaso ormai pieno di latte, un prete aggiunse dello zucchero nel recipiente. I parsi sarebbero stati come lo zucchero nel latte e gli venne così accordato il permesso di stabilirsi in India. Oggi però i parsi sono in costante diminuzione. In tutta l’India sono meno di centomila. Tra di essi si contano nomi importanti come il magnate Ratan Naval Tata. Anche Dadabhai Naoroji, uno dei padri del nazionalismo indiano, deputato e professore universitario in Gran Bretagna nel XIX secolo, era un parsi.

    A Delhi sono solo poche centinaia. La più grande comunità vive a Mumbai, la vecchia Bombay, dove sono ancora in funzione le torri del silenzio: invece della sepoltura, dove possibile, i defunti devono essere portati nelle torri del silenzio e lasciati agli avvoltoi e ai corvi.
    Complici di tale declino vi sono le poche nascite, ma anche la totale chiusura dell’ortodossia alle conversioni e ai matrimoni misti. In realtà la religione zoroastriana non ha mai negato la possibilità di convertirsi a coloro che non sono nati in una famiglia mazdea: tra gli zoroastriani rimasti in Iran (e a cui oggi è riconosciuto un seggio nel Majlis, il parlamento), infatti, tale divieto è sconosciuto. In India si è voluto preservare l’identità irrigidendo un sistema religioso, ponendo così confini sempre più stringenti alla definizione di parsi, creando una comunità etnica, definita su base religiosa, ma allo stesso tempo non coincidente totalmente con i fedeli mazdei. È stato vietato anche l’ingresso nei templi del fuoco ai non-parsi: anche questo divieto non c’è in Iran.

    E così, tentando di custodire un’identità millenaria, le autorità religiose più conservatrici stanno conducendo lentamente la comunità all’estinzione. Ervad Khushroo Madon, prete parsi di Mumbai, dice che gli ortodossi dovrebbero perlomeno riconoscere i figli di matrimoni misti dove la madre è parsi. I figli di padri parsi sono infatti generalmente accettati nella comunità, ma chi discende da parte di madre è invece escluso. Secondo Madon questa è una chiara discriminazione tra uomo e donna, in contrasto quindi con il principio di uguaglianza sostenuto dalla religione zoroastriana. Sempre secondo il religioso l’accettazione dei bambini e delle bambine nati da madri parsi e padri di altra fede, sarebbe un modo per arginare l’altrimenti inevitabile scomparsa di questa storica comunità, una lenta scomparsa testimoniata dal fatto che a Mumbai, a fronte di quarantacinque templi, soltanto una decina funziona regolarmente.

    fonte: il Post

    link a un racconto di Salgari: Le Torri del Silenzio

  6. #6
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    Predefinito Rif: Le Torri del silenzio

    Bombay, dicembre 1912


    I secondi padroni di Bombay, dopo gli Inglesi, sono i Parsi. […] Oggi sono nelle loro mani i più grandi capitali di Bombay. Dipende dai Parsi gran parte del movimento politico, escono dai Parsi i migliori commercianti e i migliori laureati. Eppure, nessuno è più del Parsi ligio al suo passato. Vestono come mille anni fa, quando vennero profughi da Persepoli; gli uomini con una larga zimarra bianca, sul capo un'alta tiara nera simile ad una; le donne si avvolgono di sete a vivi colori, giallo-zolfo, gridellino, rosso ciliegia, verde-salice, che danno rilievo ai capelli nerissimi e al pallore ambrato del volto. Come alle loro foggie millenarie, così sono ligi alla loro fede e ai loro riti: la dottrina di Zoroastro, ispirata alla religione degli elementi creatori e conservatori, il Sole prima di tutto, e il Fuoco, immagine del Sole sulla Terra. L'Inghilterra, che tollera tutti i riti, tollera anche la Torre del Silenzio e le usanze funebri dei Parsi, che sono certo le meno conciliabili col nostro sentimento occidentale.



    Torre del silenzio, Bombay
    (foto dall'album di Bourne e Shepherd, 1880 ca.)


    Un vallo senz'acqua circonda la torre e vi sono sospesi due ponti, che danno ad una porticina ovale, minuscola, unica apertura nella mole bianca. Ed ecco fra il candore dell'edifizio e l'azzurro del cielo un'enorme forma nera e sinistra: il primo avvoltoio; poi un secondo, un terzo; poi sei, sette coronano la Torre, danno al suo squallore un tetro motivo ornamentale. Questi grifoni funerari superano veramente l'orrore di ogni aspettativa; si direbbe che la Natura li abbia foggiati secondo il loro tetro destino; hanno ali immense, possenti al volo, fatte per gli abissi del cielo, ma che nel riposo lasciano pendere lungo il corpo, trascinano nella polvere con una sconcia stanchezza, artigli formidabili, ma senza la linea nobile dell'aquila, artigli fatti per affondare nella carne putrida, non per lottare con la preda viva. E alla base del petto, sopra una collarina di piume fìtte, si innesta un altro animale, un tronco di serpente ignudo, gialliccio, grinzoso, dalla testa calva, con un becco oscuro ed occhi dallo sguardo insostenibile, dove s'alterna la ferocia ingorda alla viltà e alla malinconia.

    La Dakma si corona di avvoltoi, non più calmi nel loro pensoso atteggiamento consunto, ma frementi, con i colli serpentini protesi verso una cosa nuova. Lungo la strada, a mezza costa della collina, biancheggia tra la polvere fulva e il verde del fogliame il corteo funerario. E' tutto candido; strana usanza opposta alla nostra, che ammanta di veli bianchi il dolore dell'ultimo addio...... "Entreremo anche noi nella Torre?", domando, non senza inquietudine d'una tale proposta. "Nessuno, nemmeno l'Imperatore, potrebbe penetrarvi; soltanto una speciale setta di necrofori e il dastur accompagnatore, possono entrare. Il modello è molto semplice". E il dottore mi disegna a matita un anfiteatro, diviso in tre circoli concentrici, suddiviso da raggi che formano tante cellette aperte. "Ecco: il cerchio interno, dalle celle minori, è per i bimbi, il mediano per le donne, l'esterno per gli uomini. Questo è il pozzo centrale, dove si raccolgono le ossa ignude, che un acquedotto sotterraneo trasporta al mare."



    Torre del silenzio, interno (1881)


    La logica della barbara usanza? E' barbara, perché? Per i parsi il fuoco è la manifestazione divina, anzi, la divinità stessa, come per il cristiano l'Osta Consacrata. Rifuggono dunque dall'abbandonare il cadavere al rogo, come fanno gli Indu, per non offendere con la putredine la divinità; rifuggono dall'inumazione, perché l'Avesta, il loro testo sacro, proibisce di lasciare alla decomposizione lenta della terra quel corpo che fu l'agente di un'anima. Gli avvoltoi, gli uccelli sacri per rito millenario, sono forse i più adatti ad annientare la misera sostanza morta e a ritornarla nel ciclo vitale…

    Ecco il corteo. Forse venti persone, interamente vestite di bianco, con la testa, il volto velato di veli candidi. Quattro portatori recano il cadavere resupino, coperto da un sudario leggiero, sotto il quale traspaiono le spalle aguzze, il profilo fine. Le gambe scarne. I seguaci si tengono uniti a due a due con un fazzoletto attorto: il crati funerario, emblema di alleanza nella sventura. Al primo ponte tutto il corteo si arresta, come per intesa, e solo qualche figura bianca segue il cadavere: parenti più consanguinei, la madre, il padre, un fratello. La barella è deposta dinanzi alla porticina aperta; i seguaci sostano pochi secondi dinanzi al cadavere, forse per una preghiera d'addio. Di fronte è il dastur, il sacerdote parsi con due addetti. Non altri, non altro; nessun gemito, nessuna lacrima, nessun gesto tragico; forse anche nella religione dei Parsi, come in quella dei Bramini e dei Buddisti, è cancellato il senso che noi occidentali abbiamo dell'io, e la loro filosofia millenaria attenua lo strazio del distacco senza ritorno. La barella è scomparsa nella porticina, che si è chiusa silenziosa, le ombre candide ritornano a due a due, unite sempre dal lino funerario, si allontanano senza volgersi indietro, come il rito prescrive, dispaiono fra i tronchi di palmizi.




    Ma in alto, nell'aria, è il turbinio fitto, spaventoso delle ombre nere. Dalle profondità dell'azzurro si avvicinano, ingrandiscono, precipitano con al velocità della pietra che cade, i grifoni funerari; sull'azzurro del cielo, sul candore della torre, le ali fosche sembrano attratte e respinte da un turbine avverso, fanno pensare alle grandi ali degli angeli maledetti. Ma nessun grido, nessuna lotta, uno stridìo querulo e sommesso, quasi timoroso di svegliare un dormiente. "Nessuno strazio. Il cadavere è finito in venti minuti", mi spiega il dottor Faraglia "ed è spolpato con una delicatezza veramente religiosa; lo scheletro resta intatto nella sua cella, composto come se preparato per un gabinetto anatomico. Con un sol colpo di becco il cranio è aperto dove l'osso frontale s'incastra alla nuca…"


    Da Verso la cuna del mondo. Lettere dall'India di Guido Gozzano (EDT Edizioni di Torino, pag. 15 e seguenti)

  7. #7
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    Predefinito Rif: Le Torri del silenzio

    Citazione Originariamente Scritto da Silvia Visualizza Messaggio
    Da qualche anno, la scarso numero di avvoltoi, decimati da epidemie o allontanati dall'inquinamento, sta rendendo sempre più problematico questo rito, tanto che si è pensato alla possibilità di ricorrere alle cremazioni. Nel frattempo, la comunità Parsi ha stanziato 200.000 euro l'anno per l'acquisto di avvoltoi da allevare e addestrare in cattività.
    Destinati all'estinzione, soldi buttati via

  8. #8
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    Predefinito Rif: Le Torri del silenzio

    Ancora una volta mi cogratulo con Silvia e Torquemada per gli argomenti trattati. Facile intuire perchè questa sezione suscita così tanto interesse.
    Orientata verso l'immenso mare della bellezza

  9. #9
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    Grazie Gertrud...

  10. #10
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    Predefinito Rif: Le Torri del silenzio

    Citazione Originariamente Scritto da gertrud Visualizza Messaggio
    Ancora una volta mi cogratulo con Silvia e Torquemada per gli argomenti trattati. Facile intuire perchè questa sezione suscita così tanto interesse.
    Mi associo senza esitazione ai complimenti rivolti ai due "Tutors" della sezione, Silvia e Tomàs de Torquemada per il tenore culturale con il quale essi affrontano tematiche affascinanti.:giagia:

    Vengo sempre a leggere volentieri questi scritti e spesso sono avvolto nel mantello dello stupore.
    "Due cose hanno soddisfatto la mia mente con nuova e crescente ammirazione e soggezione e hanno occupato persistentemente il mio pensiero: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me" (Immanuel Kant)

 

 
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