"Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)
Una notte sul Monte Calvo (1867), poema sinfonico di Modest P. Musorgskij. E' la "rappresentazione musicale" di un sabba.
Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 24-09-13 alle 21:58
"Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)
Il primo dei quattro "Mephisto valzer", composti da Franz Liszt e ispirati alle figure di Faust e Mefistofele (specie nella versione di Nikolaus Lenau), eseguito da Arthur Rubinstein.
Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 06-10-13 alle 00:18
"Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)
Le 8 forze della natura sono il risultato dell'interazione cosmica di Yin e Yang. Insieme esse formano gli otto trigrammi del bagua (o pakua) e combinate danno origine ai sessantaquattro esagrammi dell'I Ching.
L'otto č universalmente considerato il numero dell'equilibrio cosmico: la forma ottagonale č quella di templi buddisti imperniati su colui che fa girare la ruota del centro stesso dell'universo.
L'Apocalisse di Giovanni ha un valore di gematria di 3880 che č dieci volte il numero del sole (388). Cosě come il numero 8880 č dieci volte il numero di Cristo (888).
"Io sono l'Alfa e l'Omega, il primo e l'ultimo, il principio e la fine." Apocalisse, 22:13
Ultima modifica di GNU-GPL; 11-10-13 alle 22:49
I DERVISCI ROTANTI
"… Molte strade portano a Dio. Io ho scelto quella della danza e della musica…" (Mevlana)
I Dervisci fanno parte di una confraternita islamica sufi che ha scelto di percorrere un processo salvifico attraverso il distaccamento dalle passioni mondane e dalle ricchezze materiali.
L'iniziazione dei Dervisci č molto rigida e prevede 1.001 giorni di penitenza a scopo purificatorio, durante i quali vengono praticati digiuno, preghiera e meditazione. Per mantenere equilibrata e regolare la rotazione, gli iniziati sufi si allenano ad ancorare due dita del piede al pavimento. Roteando, appoggiano il peso corporeo sulle dita del piede sinistro, mentre la gamba destra dŕ slancio alla rotazione.
La musica č pervasa e dominata dal nay (flauto verticale), dai kudum (piccoli timpani di cuoio ricoperti di pelle di capra) e dagli halile (piatti di rame). I ruoli dei partecipanti sono rigorosamente divisi fra danzatori che, volteggiando, aspettano la wajd (trance) e musicisti, che eseguono la musica senza venirne influenzati.
Mentre il flauto e i tamburi iniziano a suonare, i Dervisci depongono la sopravveste nera, liberando il bianco candore dell'abito, simbolo dell'anima. L'alto copricapo a cilindro, nero o marrone, č la pietra tombale che l'Iniziato pone sulle sue passioni terrene. Il cerchio dell'ampia gonna che, roteando, si schiude come una corolla, č la sfera del cosmo che si avvolge all'infinito intorno al centro dell'universo. Lo scopo della danza (dhikr) č generare uno stato di estasi rituale e accelerare il contatto tra la mente del Sufi e la Mente Cosmica di cui egli si considera parte.
Poi inizia la danza, in cui ogni gesto racchiude specifici significati: una sintassi sacra, un'iconografia di segni, gesti, colori traduce la danza dei Dervisci in messaggio di fratellanza e amore. I danzatori girano, a lungo, in senso antiorario "intorno al loro cuore", la mano destra aperta verso il cielo per accogliere la grazia divina, quella sinistra aperta verso terra per donarla agli uomini, fino a raggiungere lo stato di estasi: il centro del Tutto, massima espressione della Creazione. Allora la musica si arresta, ma i danzatori continuano a roteare in un suggestivo silenzio estatico.
Si dice che, quando i Dervisci raggiungono l'estasi, i loro piedi non tocchino piů il suolo. E che poi, al suono di un flauto solitario, tornino lentamente alla realtŕ… e i loro piedi incontrino di nuovo la terra.