CARO PRESIDENTE, NOI ESISTIAMO E TE LO DIMOSTRO
Da "IL GIORNALE" di sabato 1 ottobre 2011
Caro presidente, noi esistiamo e te lo dimostro
di Stefano Bruno Galli (*)
Facciamo un esercizio. Leviamo dal Pil - che è il fatturato del Paese - il 70%. Togliamo anche circa 60 miliardi di euro di risorse. E dalla copertura della manovra economica recentemente varata sottraiamo poco più del 70%.
Cosa succede?
Che il Paese va a rotoli, come la Grecia.
Questo è il punto. Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia, oggi coprono circa il 70% del Pil, ogni anno staccano un assegno a beneficio del resto del Paese di circa 60 miliardi di euro e copriranno circa il 72% della manovra da 45,5 miliardi di euro.
Intendiamoci: la Padania è una cultura diffusa che caratterizza una comunità di destino, rappresentata - appunto - dai padani.
È una realtà geografica, basata su una forte identità economica e produttiva.
Non bisogna dimenticare che la prima formulazione dell'idea di nazione fu proprio di matrice economica e produttiva.
Nel 1789, alla vigilia della Rivoluzione di Parigi, un mite abate, Joseph-Emmanuel Sieyès, pubblicò un opuscolo: Che cos`è il Terzo stato?
La risposta era semplice: tutto.
Il Terzo stato era la Francia che lavorava, produceva e pagava le tasse; era la nazione francese.
Lo stesso paradigma interpretativo può essere applicato alla Padania.
Si tratta di un aggregato di comunità territoriali fondate su una forte socialità - non priva di una forte religiosità - e su un'indubbia vocazione produttiva, di spirito quasi calvinista nella dedizione al lavoro.
L'ha spiegato - nei 1992 - un politologo di Harvard, Robert Putnam, che le tradizioni civiche e le virtù repubblicane di queste genti padane affondano le proprie radici nell'esperienza storica dell'età comunale del XII secolo.
Esperienza di libertà, di autonomia e di autogoverno, alternativa al feudalesimo che dominava nel resto della Penisola e in Europa.
Nel 1728, Charles Louis de Montesquieu rimase colpito dalla bellezza della pianura padana che «si estende - scrisse il giurista bordolese -fra le Alpi e l'Appennino:
queste due catene di montagne, unite all`inizio del Piemonte, divergono, formando un triangolo con il mare Adriatico, che ne è come la base, e racchiudono la più deliziosa pianura del mondo».
Al di là degli aspetti estetici, quando si allude alla Padania occorre pensare a un'area sulla quale insiste una mentalità collettiva omogenea, alimentata da usi, costumi etradizioni, sensibilità economiche e capacità produttive, senso di appartenenza e attaccamento alle comunità territoriali, virtù civiche e organizzazioni di interessi, riconducibili all'omogeneità.
La Padania non è un'invenzione politica.
È anzitutto una realtà geografica ed economico-produttiva.
Questo l'aveva ben capito, nel 1975, l'esponente del Partito comunista Guido Fanti.
All`indomani della conclusione della prima legislatura regionale, il presidente della regione Emilia-Romagna rilasciò un'intervista alla Stampa di Torino in cui auspicava un accordo tra Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia, per studiare le misure necessarie per superare la crisi economica in atto.
E parlò di Padania, intesa come area geografica delle cinque regioni del Po.
La strada maestra per uscire dalla crisi - secondo Fanti - era quella di superare le strutture del vecchio Stato burocratico e accentratore per fondare un nuovo Stato fortemente decentrato su base macroregionale.
La collaborazione organica delle regioni padane come chiave per lo sviluppo:
questa era l'idea che sosteneva il «Progetto Padania» di Fanti;
progetto concepito contro la gestione centralizzata dei processi economici e produttivi.
Che implicava un'organizzazione della vita pubblica su base territoriale, introducendo «dirompenti» contenuti federalisti.
A Fanti rispose, dalle colonne del Corriere della Sera, il professore della Cattolica di Milano, Gianfranco Miglio.
Che alimentò la discussione, criticò con fermezza teorica l'istituto regionale, auspicando l'articolazione della Penisola in tre grandi macroregioni.
Ciò lo riportava all'impegno giovanile dell'immediato dopoguerra nel movimento del Cisalpino, un settimanale sulle cui pagine insieme a Tommaso Zerbi - il professore lariano parlava già di Nord come «vacca da mungere».
L'idea di una Padania entità politica e amministrativa era seducente e affascinante.
E Miglio la considerava una prospettiva «inevitabile».
Tanto che riemerse alliinizio degli anni Novanta, quando il debito pubblico schizzò alle stelle, s'inasprì la pressione fiscale e la Fondazione Agnelli pubblicò una ricerca dal titolo «La Padania, una regione italiana in Europa».
Per dimostrare che la Padania esiste davvero. E anche i Padani.
(*) Storico delle dottrine politiche - Università degli Studi di Milano